GPII 1981 Insegnamenti - Agli ammalati riuniti presso la Grotta di Lourdes


Per il 400° anniversario della nascita di san Vincenzo de Paoli

Titolo: Lettera al Superiore dei Lazzaristi

Al Reverendo Padre Richard Mc Cullen, Superiore generale della Congregazione della Missione.

Sono passati quattrocento anni - era il 24 aprile 1581 nel villaggio di Pouy nelle Landes - dalla nascita di san Vincenzo de Paoli. La Chiesa è così debitrice al terzo figlio di Jean Depaul e di Bertrande Demoras che deve sottolineare questo anniversario. Nel corso dei secoli, infatti, mentre ancora vivono e più ancora dopo la loro morte, i santi testimoniano la presenza amorevole e l'azione salvifica di Dio nel mondo. Il quattrocentesimo anniversario della nascita di Vincenzo de Paoli è veramente una occasione - per le famiglie religiose nate dal suo carisma come per il popolo cristiano - per meditare sulle meraviglie realizzate dal Dio della tenerezza e della pietà attraverso un uomo che si è abbandonato a lui senza riserva nei legami irrevocabili del sacerdozio.

Desiderando vivamente manifestare alla Congregazione della Missione, alla Compagnia delle Figlie della Carità, alle Conferenze di san Vincenzo de Paoli ed a tutte le opere di ispirazione vincenziana, quanto la Chiesa apprezza il lavoro apostolico che esse compiono ad imitazione del loro Fondatore, tengo ad esprimere loro, per vostro tramite, i pensieri che questo avvenimento mi suggerisce ed i miei incoraggiamenti più fervidi ad accendere sempre e dovunque il fuoco della carità evangelica (cfr. Lc 12,49) che bruciava nel cuore di san Vincenzo.

In primo luogo, la vocazione di questo geniale iniziatore della azione caritativa illumina ancor oggi la strada dei suoi figli e delle sue figlie, dei laici che vivono del suo spirito, dei giovani che cercano la chiave di una esistenza utilmente e radicalmente consumata nel dono di sé. L'itinerario spirituale di Vincenzo de Paoli è affascinante. Dopo la sua ordinazione sacerdotale ed una strana avventura di schiavitù a Tunisi, sembra volgere le spalle al mondo dei poveri recandosi a Parigi nella speranza di acquisire un beneficio ecclesiastico. Riesce ad ottenere un incarico di distributore di elemosine della regina Margherita. Questo incarico gli fa toccare con mano la miseria umana, specialmente nel nuovo Ospedale della Carità. E' allora che Padre Bérulle, fondatore dell'Oratorio in Francia scelto quale guida spirituale per il giovane prete venuto dalle Landes, gli offre - con una serie di iniziative apparentemente poco coerenti - l'occasione di scoprire cose che saranno alla base delle grandi realizzazioni della sua vita. Berulle manda dapprima Vincenzo ad esercitare le funzioni di curato nei suburbi parigini, a Clichy la Garenne.

Quattro mesi più tardi, lo invia presso la famiglia De Gondi quale precettore dei figli del Generale delle prigioni. La Provvidenza aveva i suoi disegni.

Accompagnando sempre i Gondi nei loro castelli e nelle loro tenute di campagna, Vincenzo de Paoli compie la sconvolgente scoperta della miseria spirituale e materiale dei "poveri dei campi". Allora si chiede se ha ancora il diritto di riservare il suo ministero sacerdotale all'educazione dei giovani di buona famiglia mentre i contadini vivono e muoiono in un tale abbandono religioso.

Sapendo delle inquietudini spirituali di Vincenzo, Bérulle lo indirizza alla parrocchia di Chatillon des Dombes. In questa parrocchia del tutto trascurata, il nuovo pastore compie una esperienza determinante. Chiamato una domenica dell'agosto del 1617 presso una famiglia i cui membri sono tutti malati, comincia ad organizzare la disponibilità dei vicini e degli uomini di buona volontà: la prima "Carità", che servirà da modello a tante altre, era nata. E la convinzione che il servizio dei poveri doveva essere la sua vita vivrà in lui ormai fino al suo ultimo respiro. Questo breve richiamo al "cammino interiore" di Vincenzo de Paoli durante i primi vent'anni del suo sacerdozio ci mostrano un sacerdote estremamente attento alla vita dei suoi tempi, un sacerdote che si lascia guidare dagli avvenimenti o piuttosto dalla Provvidenza divina, senza "scavalcarla", come egli amava dire. Una tale disponibilità non è forse, oggi come ieri, il segreto della pace e della gioia evangelica, la via privilegiata alla santità? Per meglio servire i poveri, Vincenzo volle "aggregarsi agli ecclesiastici liberi da tutti i benefici per poter dedicarsi interamente, con il beneplacito dei Vescovi, alla salvezza dei poveri dei campi, attraverso la predicazione, il catechismo e le confessioni generali, senza ricevere alcuna retribuzione di qualsiasi tipo". Questo gruppo di sacerdoti, in breve tempo denominati "lazzaristi" dal nome del celebre Priore san Lazzaro unitosi verso il


1632, si sviluppa rapidamente e si diffonde in una quindicina di diocesi per costituire le missioni parrocchiali e fondarvi le "Carità". La Congregazione della Missione si estese in Italia, in Irlanda, in Polonia, in Algeria, nel Madagascar.

Vincenzo non cessa di inculcare nei suoi discepoli "lo spirito di nostro Signore", che egli riassume in cinque virtù fondamentali, la semplicità, la dolcezza nei confronti del prossimo, l'umiltà verso se stessi, ed inoltre come condizione di queste tre virtù, la mortificazione e lo zelo che ne sono in qualche modo gli aspetti dinamici. Le sue esortazioni a coloro che egli inviava a predicare il Vangelo sono piene di saggezza spirituale e di realismo pastorale: non si tratta di essere amati di per se stessi, ma di far amare Gesù Cristo. E in un tempo in cui troppi sacerdoti infarciscono complicati discorsi di greco e di latino, egli esige la semplicità, un linguaggio concreto e convincente, nel nome del Vangelo.

Possano i lazzaristi di oggi - sempre fedeli al loro Padre Vincenzo - seminare abbondantemente la parola di Dio attraverso le loro predicazioni e contribuire senza posa a "fortificare l'identità sacerdotale e la sua autentica dinamica evangelica" nel Popolo di Dio, come ho augurato io stesso, il Giovedì santo del


1979, nella mia lettera a tutti i sacerdoti della Chiesa! Possa l'esempio di san Vincenzo stimolare ancora tutti coloro che hanno la grave responsabilità di preparare per le comunità cristiane urbane e rurali i ministri ordinati di cui esse hanno assoluto bisogno! Nell'istituzione delle missioni, Vincenzo de Paoli ha inoltre acquisito l'evidenza che questo metodo di evangelizzazione porterà i suoi frutti solo se si avvarrà di sacerdoti preparati e zelanti. E' così che i lazzaristi si consacrarono molto presto alla formazione di sacerdoti come alle missioni popolari e fondarono dei seminari conformemente ai pressanti appelli del Concilio di Trento. Il primo ritiro di ordinandi, organizzato da san Vincenzo stesso nel 1628 dietro richiesta del Vescovo di Beauvais, fu il punto di partenza di esercizi preparatori alle ordinazioni ed anche di una certa formazione permanente del clero grazie alle conferenze ecclesiastiche del martedi a san Lazzaro. Queste iniziative, che entusiasmarono Monsignor Olier, donarono alla Chiesa dei sacerdoti esemplari, parecchi dei quali, tra cui il celebre Bossuet, furono chiamati all'Episcopato. A questo clero di Parigi e della provincia, Vincenzo de Paoli comunicava il suo spirito evangelico ed il suo respiro missionario, e l'orientava all'assillo della fraternità sacerdotale e del servizio dei più poveri, in uno spirito di filiale dipendenza dai Vescovi. Come rivelare l'amore di Dio al mondo - se i messaggeri di questo amore non sono uniti fra di loro? san Vincenzo non esorta tutti i sacerdoti di oggi a vivere il loro sacerdozio in gruppi fraterni indissolubilmente devoti ed apostolici, alla fede aperta alla collaborazione con i laici e penetrata dal senso del loro sacerdozio ministeriale, che viene da Cristo per il servizio delle comunità cristiane? Infine, un altro aspetto del dinamismo e del realismo di san Vincenzo de Paoli fu di dare alle "Carità", che si erano in seguito moltiplicate, una struttura unitaria ed efficace. Louise di Marillac, vedova di Antoine La Gras, inizialmente avviata alla vita spirituale dal Signore di Sales, guidata in seguito da Vincenzo stesso, ricevette da lui l'incarico di sovrintendere e di sostenere le "Carità". Ella compi meravigliosamente questo suo compito ed il suo esempio fece decidere parecchie "brave figlie della campagna" che prestavano il loro contributo alla vita delle "Carità" a seguire il suo esempio di offerta totale a Dio ed ai poveri. Il 29 novembre 1633 vide la luce la Compagnia delle Figlie della Carità. E Vincenzo de Paoli dono ad esse una regola originale e molto esigente: "Voi avrete per monastero la camera dei malati; per cella una camera d'affitto; per cappella la chiesa parrocchiale, per chiostro le vie della città; per clausura l'obbedienza; per grata il timore di Dio; per velo la santa modestia". Lo spirito della Compagnia è così riassunto: "Voi dovete fare ciò che il Figlio di Dio ha fatto sulla terra. Voi dovete donare la vostra vita ai poveri ammalati, la vita del corpo e la vita dell'anima". Alla sequela di Louise di Marillac, migliaia e migliaia di donne hanno consumato la loro vita intera al servizio umilissimo dei sofferenti, dei mendicanti, dei prigionieri, degli emarginati, degli handicappati, degli analfabeti, dei bambini abbandonati.

Figlie di san Vincenzo, esse sono, dopo di lui e come lui, il cuore di Cristo nel mondo dei poveri come in quello dei ricchi che esse cercano di rendere buoni per i poveri. Senza aver conosciuto i movimenti femministi dei nostri tempi, san Vincenzo ha saputo trovare nelle donne della sua epoca delle collaboratrici intelligenti e generose, fedeli e costanti. La storia della Compagnia chiarisce singolarmente l'aspetto senza dubbio più profondo della femminilità: quello della sua vocazione alla tenerezza ed alla pietà, di cui l'umanità avrà sempre bisogno.

Perché ha sempre i poveri nel suo cuore. E le società moderne fanno sorgere nuove forme di povertà.

Questo sguardo di riflessione sull'epopea vincenziana ci farà dire senza difficoltà che san Vincenzo è un santo moderno. Certamente, se dovesse tornare oggi, il suo campo di attività non sarebbe più lo stesso. Oggi si è riusciti a guarire bene le malattie che egli aveva imparato a curare. Ma egli troverebbe a colpo sicuro il cammino dei poveri, dei nuovi poveri, nelle concentrazioni urbane dei nostri tempi, come un tempo nelle campagne. Si può immaginare quanto questo araldo della tenerezza e della misericordia di Dio sarebbe capace di intraprendere utilizzando con saggezza tutti i moderni mezzi che sono a nostra disposizione? In una parola, la sua vita assomiglierebbe a quella che fu sempre: un Vangelo largamente aperto, con lo stesso seguito di poveri, di malati, di peccatori, di bambini infelici, di uomini e donne disposti ad amare e servire i poveri. Tutti affamati di verità e di amore, quanto di nutrimento e di cure corporali! Tutti in ascolto di Cristo che dice ancora: "Imparate da me che sono mite ed umile di cuore!" (Mt 11,29).

Possa il quattrocentesimo anniversario della nascita di Vincenzo de Paoli illuminare abbondantemente il Popolo di Dio, rianimare l'ardore di tutti i suoi discepoli e far echeggiare nel cuore di numerosi giovani la chiamata al servizio esclusivo della carità evangelica! Questi sono i sentimenti e gli auguri che vorrei esprimere alla grande e cara famiglia dei Lazzaristi e delle Figlie della Carità e a tutti i movimenti vincenziani, ai quali imparto la mia affettuosa benedizione apostolica.

Data: 1981-07-25
Sabato 25 Luglio 1981


Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cercate il regno di Dio e la sua giustizia



1. Quando ci riuniamo, in questo giorno, per la nostra comune preghiera dell'"Angelus Domini", non possiamo dimenticare che questo è pure il giorno in cui la Chiesa ricorda i santi Gioacchino ed Anna, genitori di Maria di Nazaret. E perciò il primo sentimento che risveglia i nostri cuori vuol essere di gratitudine verso coloro che hanno dato la vita alla Madre di Dio.

Aggiungiamo che sant'Anna gode una venerazione particolare nell'ambito della Città del Vaticano, poiché a Lei e dedicata la parrocchia che si trova all'interno delle sue mura.


2. La lettura del Vangelo della liturgia di oggi ci ricorda di nuovo (così come la domenica scorsa) una delle parabole sul Regno di Dio: "Il Regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

"Il Regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trova una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra..." (Mt 13,44-45).

Così dunque, a somiglianza di un tesoro o di una perla di grande valore il Regno di Dio - il Regno dei cieli - fu nascosto in quella casa nazaretana in cui Maria, figlia di Gioacchino ed Anna, si preparava al momento dell'Annunciazione.


3. E noi, quando meditiamo quel momento dell'Annunciazione nella preghiera dell'"Angelus Domini", preghiamo che il Regno di Dio - il Regno dei cieli - sia similmente nascosto nei nostri cuori, nelle nostre famiglie, nell'intero campo della nostra vita. Preghiamo anche per i nostri fratelli e sorelle, affinché non sprechino questo tesoro, questa perla di grande valore; non la perdano per nessun motivo, perché: "qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?" (Mt 16,26).

Carissimi! "Cercate prima il Regno di Dio..." (Mt 6,33).


4. Desidero ancora - nell'odierna circostanza - ringraziare Cristo Signore, perché il Congresso Eucaristico di Lourdes, conclusosi Giovedì scorso ha contribuito certamente al rafforzamento del Regno di Dio nelle anime di molti.


5. Mi riferisco ora all'Italia, sempre così cara al mio cuore: mentre prendo viva parte alla gioia dei familiari per la liberazione delle persone, per le quali abbiamo trepidato in queste settimane, vi invito a pregare perché anche le altre, che sono tuttora tenute segregate dalla violenza, possano finalmente fare ritorno alle proprie case.


6. E andando col pensiero alla situazione internazionale, prego inoltre per tutti i luoghi, dove distruzioni, lutti e sofferenze turbano la pacifica convivenza delle popolazioni, particolarmente per il diletto Libano, così duramente tormentato.


7. Desidero infine ripetere le parole di Cristo a tutti - anche a coloro ai quali queste parole sembrano lontane ed estranee: Cercate il Regno di Dio! Cercate il Regno di Dio - e la sua giustizia! "Cercate il Regno di Dio e la sua giustizia - e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33).

(Al termine il Santo Padre ha così salutato i fedeli presenti:) Rivolgo un saluto particolare a tutti i gruppi convenuti in Piazza san Pietro dai diversi Paesi del mondo ed assicuro loro la mia preghiera.

(Il Papa si è inoltre così rivolto ai pellegrini polacchi:) Saluto i miei connazionali che, come negli anni precedenti, arrivano a Roma particolarmente numerosi nel periodo estivo. Questo riguarda soprattutto i giovani. Ringrazio tutti coloro che vengono alle tombe degli apostoli e pregano per me. Specialmente quest'anno ho bisogno di queste preghiere. Anch'io, nella mia solitudine vi ricordo e prego molto ardentemente per la Patria e per tutti i polacchi.

Data: 1981-07-26
Domenica 26 Luglio 1981


Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Impariamo da Maria ad avvicinarci a Dio



1. "Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero" (Ps 144,18).

Richiamiamo alla memoria queste parole del Salmo della odierna liturgia nel momento in cui ci riuniamo, come ogni domenica, per la comune preghiera dell'"Angelus Domini": l'"Angelus" recitato dal Papa in Piazza san Pietro, al quale partecipate voi tutti, cari fratelli e sorelle, raccolti in questo luogo, come pure tutti coloro che si uniscono a noi mediante la radio e la televisione.

E sebbene anche oggi io presieda dall'ospedale a questa preghiera, essa è, come sempre, la stessa espressione della nostra comunione davanti al Signore.

E' l'espressione della nostra vicinanza al Signore! Infatti: "Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero".


2. Siamo qui per avvicinarci a Dio; per ritrovare la sua vicinanza. La preghiera opera proprio questo: avvicina noi a Dio - ed avvicina Dio a noi.

E questo insegna a noi tutti, in modo semplice e al tempo stesso perfetto, Maria di Nazaret. Quando ci riuniamo per l'"Angelus Domini" - allora non tanto pronunciamo le parole di questa preghiera, quanto facciamo rivivere nella memoria e nel cuore quelle stesse parole, con le quali Lei, la Vergine, ha parlato con Dio in quel momento ineffabile, quando, dalla bocca di Gabriele, essa apprese della sua vocazione ad esser Madre del Verbo Eterno.

Dio non fu mai così vicino all'uomo - e l'uomo mai così vicino a Dio - come proprio in quel momento: nell'istante del mistero della Incarnazione!


3. Recitando l'"Angelus" impariamo dunque da Maria la vicinanza di Dio. Impariamo che Egli "è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero".

E preghiamo che questa vicinanza di Dio non ci abbandoni mai e in nessun luogo: sia nei giorni festivi, sia anche nella vita quotidiana; sia presso il lavoro, sia anche durante il riposo; sia nella gioia, sia anche nella sofferenza o nella malattia.

Cari fratelli e sorelle! E voi qui riuniti! E tutti ovunque vi troviate! Vi auguro di trovare la vicinanza di Dio "cercandolo con cuore sincero". Vi auguro che nella vostra vita non si spenga mai la preghiera! Che non si asciughi mai la sorgente della vicinanza di Dio e il rapporto con Lui.


4. Ciò chiediamo a Maria nell'"Angelus" di oggi, per noi e per tutti gli uomini. E dato che si avvicina il terzo anniversario della morte di Papa Paolo VI noi raccomandiamo a Dio già fin da oggi la sua anima, che il Signore ha chiamato a sé il 6 agosto 1978 nella solennità della sua Trasfigurazione.


5. Nel ricordare il tragico attentato terroristico di Bologna - esattamente un anno fa - vi invito a pregare insieme con me per le vittime di quel gesto esecrando, per le famiglie che tuttora le piangono, per quanti sono segnati nel corpo e nello spirito da quella tremenda esperienza e chiedo al Signore che conceda alla diletta Italia la serenità degli animi, forte volontà di progresso, e concordia di intenti e di opere.

Saluto in varie lingue ai fedeli raccolti in Piazza san Pietro Saluto con grande affetto tutti i pellegrini, e i gruppi particolari che si trovano in Piazza san Pietro o qui presso il Policlinico "Gemelli": vi porto nel cuore, e vi ringrazio delle vostre preghiere.

A tutti auguro ogni bene nel Signore.

(Omissis: Seguono i saluti in varie lingue:) (Il Papa si è poi così rivolto ai pellegrini polacchi:) Infine desidero rivolgermi nella mia lingua materna ai miei connazionali, che nel periodo estivo, accorrono a Roma ancor più numerosi e lo fanno quest'anno nonostante non possono fare visita da vicino al loro connazionale, il Papa. Sono molto grato per i vostri pellegrinaggi, a tutti, anziani e giovani, da qualunque parte veniate, ed insieme a voi, ringraziando per la preghiera che innalzate nella mia intenzione, riprendo quotidianamente la preghiera per la nostra Patria, sia per un buon raccolto e felice messe, sia per tutto ciò, che è indispensabile per l'ordine sociale e quel rinnovamento, al quale con decisione aspira tutta la nostra società. Che la Regina di Polonia protegga la nostra Patria e tutti i connazionali.

Data: 1981-08-02
Domenica 2 Agosto 1981


Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ricordo di Paolo VI, Maestro della Fede



1. La nostra preghiera dell'"Angelus Domini", momento di intensa comunione di spirito tra me e voi che mi ascoltate, vuole anche oggi trovare alimento dalla Parola di Dio. Ringraziamo Dio perché "ci dona il privilegio di chiamarlo Padre" (I Preghiera). Anche l'Antico Testamento contiene la rivelazione della paternità divina, ma è Gesù che ci ha espressamente insegnato ad invocare il "Padre nostro", perché in Gesù stesso diventiamo veramente figli di Dio.


2. Dio stesso ha manifestato Gesù come suo Figlio, "l'Eletto" (Lc 9,35), sia nel Battesimo, sia nella Trasfigurazione, che abbiamo celebrato nella liturgia del 6 agosto. Sul Tabor, come già al Giordano, è risonata la voce del Padre: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo" (Mt 17,5).

Quando si è incarnato nel seno di Maria Vergine, il Figlio di Dio si è fatto nostro fratello, e noi tutti, in Lui, siamo divenuti "figli nel Figlio"; e perciò Dio ha infuso in noi "uno spirito di figli adottivi" (cfr. Rm 8,15).

E questa grande verità chiede a noi la coerente risposta: la risposta della fede.


3. Carissimi. Come ho già ricordato domenica scorsa, tre anni fa, proprio nel giorno della Trasfigurazione, tornava a Dio la grande anima del mio predecessore Paolo VI. Come non ringraziare ora il Signore per averlo dato alla sua Chiesa proprio come il Maestro della Fede? Egli ci ha ripetuto che Dio è Padre; che Gesù Cristo è il Figlio di Dio, Salvatore e Redentore; che lo Spirito Santo "è Signore e dà la vita". Paolo VI ci ha confermato nella fede durante l'intero suo pontificato, e ce l'ha inculcata soprattutto nell'"Anno della Fede", culminato con la solenne, intrepida, ardente proclamazione del "Credo del Popolo di Dio".

Accogliamo da lui questa eredità come il suo estremo, eloquente testamento spirituale.

Che anche la nostra odierna recita dell'"Angelus" sia un forte atto di fede in Cristo, Figlio di Dio; fede che affidiamo alle mani di Maria. "Virgo Fidelis"! (Al termine della recita della preghiera mariana il Santo Padre ha detto:) Rivolgo un affettuoso saluto a tutti i pellegrini e gruppi particolari, convenuti in Piazza san Pietro o qui presso il Policlinico "Gemelli", invocando dal Signore per essi e per le loro famiglie ogni desiderato bene.

Con speciale effusione rivolgo il mio pensiero vivo e beneaugurante ai giovani della sesta Tendopoli Mariana, riuniti presso il Santuario del Divino Amore, assicurando la mia spirituale presenza, il mio incoraggiamento a sempre più coerente testimonianza cristiana, e l'apostolica benedizione.

(Omissis. Saluti in altre lingue) (Poi rivolgendosi ai pellegrini polacchi il Papa ha poi aggiunto:) Mi rivolgo, infine, nella mia lingua materna ai pellegrini giunti dalla Polonia e a tutti i miei connazionali. Vi auguro che sulla soglia della Sede apostolica possiate attingere quella forza della fede che da un millennio unisce intere generazioni di polacchi. Insieme a voi penso sempre alle questioni della nostra Patria. Prego, come ho già detto domenica scorsa, perché l'annata sia feconda e felice il raccolto. E - se così si può dire -condivido con tutti la sincera preoccupazione perché a nessuno, nel nostro Paese, venga a mancare il pane e tutto ciò che è indispensabilmente necessario per vivere. Che Dio benedica la nostra Patria, la quale incessantemente affido alle materne mani di Maria, Madre della Chiesa e Regina della Polonia.

Sia lodato Gesù Cristo.

Data: 1981-08-09
Domenica 9 Agosto 1981


Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Responsabilità dei cristiani nell'annuncio del Vangelo

Cari fratelli e sorelle in Cristo! La Giornata Missionaria Mondiale è un avvenimento importante nella vita della Chiesa. Si può dire che la sua importanza cresce incessantemente.

Forse non mai come oggi il compito affidato alla Chiesa dal suo Fondatore, "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19 cfr. Mc 16,15), ha assunto una tale ampiezza e urgenza. Più che mai la Chiesa deve fare proprie le parole dell'apostolo: "Guai a me se non predicassi il Vangelo!" (1Co 9,16).

1. Per una Chiesa missionaria La Giornata Missionaria Mondiale è l'occasione per eccellenza per una generale presa di coscienza del dovere missionario e per ricordare a tutti i membri della Chiesa, qualunque sia la loro funzione ed il loro posto, che essi sono coinvolti in questo dovere. Tutti devono meditare i testi vigorosi del Concilio Vaticano II, dove si afferma che la Chiesa intera è missionaria, che l'opera di evangelizzazione è il dovere fondamentale del Popolo di Dio (AGD 35) e che ad ogni discepolo di Cristo spetta la sua parte nel compito di diffondere la fede (LG 17). Occorre incessantemente riprendere l'insegnamento del Concilio, espresso in tanti suoi documenti, approfondito dal Sinodo dei Vescovi del 1974 e sintetizzato dal Papa Paolo VI nella sua esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" dell'8 dicembre 1975. Se ancora una volta vi invito a tornare su questi documenti, tanto spesso citati, è perché sono convinto della loro importanza, che dev'essere sempre maggiormente approfondita.

La Giornata Missionaria Mondiale è una occasione per ognuno di fare in questa materia un esame di coscienza e di esporre al Popolo di Dio la dottrina della Chiesa: infatti è in gioco l'avvenire dell'evangelizzazione del mondo. Se tutti i cristiani fossero persuasi dei loro doveri missionari, le difficoltà sarebbero meno pesante In questo senso, è motivo di grande speranza il vedere moltiplicarsi nel mondo piccole comunità cristiane, dinamiche e aperte, le quali hanno compreso la propria responsabilità nell'annuncio del Vangelo, pegno della promozione di un mondo migliore.

Un altro fenomeno, che ci rallegra e per il quale dobbiamo ringraziare il Signore è la nascita di un movimento missionario nelle giovani Chiese, che da evangelizzatrici diventano evangelizzate. In molti Paesi di missione, il numero di missionari che partono per recare il messaggio evangelico ai non-cristiani, sia in altre regioni del loro Paese, sia in altri Paesi, sia in altri continenti, aumenta di giorno in giorno. In ciascun continente, si trovano attualmente missionari provenienti da ogni Paese del mondo.

Le giovani Chiese, che a loro volta sono diventate missionarie, danno prova della loro maturità nella fede. Hanno capito che una Chiesa particolare che non sia missionaria, non è pienamente cattolica. In effetti, se è missionaria la Chiesa tutta intera, lo devono essere parimenti le Chiese particolari: "Queste sono formate ad immagine della Chiesa universale. E' in esse ed a partire da esse che esiste la Chiesa una e unica" (LG 23). Una Chiesa chiusa in se stessa, senza apertura missionaria, è una Chiesa incompleta o una Chiesa malata.

L'esempio del risveglio missionario nelle Chiese giovani può richiamare questa verità alle Chiese antiche, le quali, dopo aver sviluppato uno sforzo ammirevole, sembrano a volte abbandonarsi allo scoraggiamento ed al dubbio circa il loro dovere missionario.


2. Il servizio missionario del Papa Spetta al Papa richiamare questo dovere missionario a tutti i suoi fratelli in Cristo. In quanto Pastore supremo di una Chiesa interamente missionaria, egli deve essere il primo missionario, sforzandosi di imitare l'esempio di Cristo, "il primo ed il più grande evangelizzatore" (EN 7), e mettendosi sotto la guida dello Spirito Santo, "l'Agente principale dell'evangelizzazione" (1Co 75).

Fin dall'inizio del mio pontificato, ho meditato le parole del Concilio Vaticano II, dove si dice che al successore di Pietro "è stato affidato, in modo particolare, il grande compito di propagare il nome cristiano" (LG 23; cfr. EN 67). Sull'esempio del mio predecessore Paolo VI, mi sono messo in viaggio per visitare numerosi Paesi, tra i quali alcuni in cui Cristo è appena conosciuto o l'annuncio missionario del Vangelo è ancora incompiuto. I miei viaggi in America Latina, in Africa ed in Asia hanno avuto "una finalità eminentemente religiosa e missionaria", come dicevo prima di partire per l'Africa. Ho voluto annunciare io stesso il Vangelo, facendomi in qualche modo catechista itinerante, ed incoraggiare tutti coloro che sono al suo servizio, sia che provengano dai propri Paesi, sia che provengano da altri per mettersi al servizio di una Chiesa locale. A tutti ho voluto rendere omaggio ed esprimere i miei sentimenti di riconoscenza a nome della Chiesa universale.

Questi viaggi mi hanno permesso di ammirare la fede, le ricchezze spirituali e la vitalità delle giovani Chiese, di condividere le loro gioie, le loro necessità e le loro sofferenze, di incoraggiarle nei loro sforzi per radicare la fede cristiana nella cultura loro propria. Il contatto con queste masse umane che ancora ignorano Cristo mi ha convinto ancor più di prima circa l'urgenza dell'annuncio evangelico. Il mondo ha tanto bisogno di Cristo! E coloro che stanno agli avamposti di questo compito evangelico lo sanno meglio di chiunque altro. La collaborazione di tutte le Chiese nell'evangelizzazione del mondo non deve affievolirsi.


3. La funzione evangelizzatrice della famiglia Facendo appello alla collaborazione di tutti per l'opera missionaria, vorrei indirizzarmi innanzitutto alle famiglie cristiane. Il nostro tempo ha bisogno che si rimetta in valore l'importanza della famiglia, della sua vitalità e del suo equilibrio. Ciò è vero sul piano umano: la famiglia è la cellula di base della società, il fondamento delle sue qualità profonde. E ciò è vero anche per il Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa; è per questo che il Concilio ha dato alla famiglia il bel titolo di "Chiesa domestica" (LG 11).

L'evangelizzazione della famiglia costituisce dunque l'obiettivo principale dell'azione pastorale, e questa a sua volta non raggiunge pienamente il proprio scopo, se le famiglie cristiane non diventano esse stesse evangelizzatrici e missionarie: l'approfondimento della coscienza spirituale personale fa si che ciascuno, genitori e figli, abbia il proprio ruolo e la propria importanza per la vita cristiana di tutti gli altri membri della famiglia.

Non c'è alcun dubbio che, sul piano religioso come sul piano umano, l'azione della famiglia dipende dai genitori, dalla coscienza che hanno delle proprie responsabilità, dal loro valore cristiano. E' ad essi, pertanto, che vorrei particolarmente indirizzarmi. Con le loro parole e con la testimonianza della loro vita, come insegna l'esortazione apostolica "Catechesi Tradendae", i genitori sono i primi catechisti dei loro figli (cfr. CTR 68). In questa azione, la preghiera deve occupare il primo posto, e mi si permetterà di insistere su questo punto. La preghiera, infatti, malgrado il bel rinnovamento costatato qua e là, continua ad essere difficile per molti cristiani, che pregano poco. Essi si chiedono: a che cosa serve la preghiera? è compatibile col nostro senso moderno dell'efficienza? Non c'è forse qualcosa di meschino nel rispondere con la preghiera ai bisogni materiali e spirituali del mondo? Davanti a queste difficoltà, sappiamo mostrare incessantemente che la preghiera cristiana è inseparabile dalla nostra fede in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, dalla nostra fede nel suo amore e nella sua potenza redentrice, che è all'opera nel mondo. Perciò la preghiera vale innanzitutto per noi: Signore, "aumenta la nostra fede!" (Lc 17,6). Essa ha come scopo la nostra conversione, cioè, come spiegava già san Cipriano, la disponibilità interiore ed esteriore, la volontà di aprirsi all'azione trasformante della Grazia. "Dicendo: Sia santificato il tuo nome..., noi domandiamo insistentemente poiché siamo stati santificati col Battesimo, di perseverare in ciò che abbiamo cominciato ad essere... Venga il tuo Regno: domandiamo che il Regno di Dio si realizzi in noi nel senso in cui imploriamo che il suo nome sia santificato in noi... Aggiungiamo poi: Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, perché noi possiamo fare ciò che Dio vuole... La volontà di Dio è ciò che Cristo ha fatto ed insegnato (San Cipriano, "De oratione dominica"). La verità della preghiera implica la verità della vita; la preghiera è insieme la causa ed il risultato di un modo di vivere, che si colloca alla luce del Vangelo. In questo senso, la preghiera dei genitori, come quella della comunità cristiana, sarà per i figli una iniziazione alla ricerca di Dio ed all'ascolto dei suoi inviti. La testimonianza di vita trova allora tutto il suo valore. Essa suppone che i figli apprendano in famiglia, come conseguenza normale della preghiera, a guardare cristianamente il mondo, secondo il Vangelo! Ciò suppone anche che essi in famiglia, imparino concretamente che nella vita ci sono preoccupazioni più fondamentali del denaro, delle vacanze o del divertimento! Allora l'educazione impartita ai figli potrà aprirli al dinamismo missionario come ad una dimensione integrante della vita cristiana, poiché i genitori e gli altri educatori saranno essi stessi impregnati di spirito missionario, inseparabile dal senso della Chiesa. Col loro esempio, ancor più che con le parole, essi insegneranno ai propri figli ad essere generosi verso i più deboli, a partecipare la loro fede ed i loro beni materiali con i bambini ed i giovani che ancora ignorano Cristo o che sono le prime vittime della povertà e dell'ignoranza.

Allora, i genitori cristiani diventeranno capaci di considerare lo sbocciare di una vocazione sacerdotale o religiosa missionaria come una delle più belle prove dell'autenticità dell'educazione cristiana da loro impartita, e pregheranno che il Signore chiami uno dei loro figli. La sollecitudine missionaria si manifesta così come un elemento essenziale della santità della famiglia cristiana. Come affermava il mio venerato predecessore Giovanni Paolo I: "Con la preghiera familiare, l'Ecclesia domestica diventa una realtà effettiva e porta alla trasformazione del mondo. E tutti gli sforzi dei genitori per impregnare i loro figli dell'amore di Dio e per sostenerli con l'esempio della loro fede, costituiscono un apostolato tra i più importanti del XX secolo" ("Allocuzione a Vescovi americani in visita ad limina", 21 settembre 1978; AAS 70, (1978), 767).

In questa occasione vorrei raccomandare ai genitori e a tutti gli educatori cattolici un'opera importante, istituita più di un secolo fa (1843), per aiutarli nella educazione missionaria, dei propri figli, la quale mette a loro disposizione i mezzi adeguati. Intendo riferirmi alla Pontificia Opera della Santa Infanzia, che ha per scopo di favorire la diffusione dello spirito missionario tra i fanciulli.


4. Le Pontificie Opere Missionarie al servizio della missione universale L'organizzazione dell'azione missionaria durante il mese di ottobre, il mese delle missioni, di cui la Giornata Mondiale è il punto culminante, è affidata alle Pontificie Opere Missionarie, poiché l'istituzione di questa giornata è dovuta alla loro iniziativa. In questi ultimi anni, le Pontificie Opere Missionarie sono state erette in tutte le giovani Chiese. Dappertutto esse hanno come obiettivo di "infondere nei cattolici, fin dalla loro infanzia, uno spirito veramente universale e cattolico" (AGD 38). Come è detto negli Statuti, che ho approvato l'anno scorso (26 giugno 1980), ciò costituisce il loro fine primario e principale. Esse sono l'istituzione destinata anche a promuovere la cooperazione missionaria di ogni Chiesa particolare, di ogni Vescovo, di ogni parrocchia, di ogni comunità, di ogni famiglia e di ogni persona. Essendo questo un dovere per tutti, si può chiedere a ciascuno di sostenere con priorità l'azione delle Pontificie Opere Missionarie.

La sollecitudine missionaria si esprime in diverse maniere. "Essendo l'evangelizzazione anzitutto un'azione dello Spirito Santo, bisogna riservare il primo posto alla preghiera e al sacrificio", come ho appena sottolineato e come gli Statuti di queste Opere ben a ragione ricordano. Di più, occorre uno sforzo comune ed intenso per far sorgere e maturare le vocazioni missionarie. Se il mondo ha più che mai bisogno del Cristo e del suo Vangelo, il numero dei predicatori della Buona Novella deve crescere in proporzione.

La cooperazione missionaria ha anche per scopo di sostenere materialmente l'evangelizzazione. Trascurare o criticare questo aspetto potrebbe essere un sottile pretesto per dispensarsi dall'essere generosi. Le necessità finanziarie delle giovani Chiese, che appartengono quasi tutte ai Paesi del Terzo Mondo, sono ancora enormi, nonostante i loro sforzi per giungere ad una autonomia finanziaria. Ad esse occorre un aiuto sia per i Seminari, che assicurano la formazione e il mantenimento dei futuri sacerdoti, sia per far vivere gli attuali collaboratori della missione o per permettere la costruzione di Chiese, Scuole, Dispensari o Centri indispensabili per l'azione sociale. Per far fronte a queste necessità quotidiane ed essenziali, le giovani Chiese devono poter contare su un aiuto regolare e sicuro. E' questa la ragione per cui faccio appello a tutti, affinché contribuiscano al fondo centrale delle Pontificie Opere Missionarie, che hanno precisamente per scopo di assicurare loro questo contributo regolare.

L'esempio dei cristiani nei Paesi meno favoriti, i quali, nonostante la loro povertà, versano il proprio obolo, deve far riflettere quelli dei Paesi ricchi, che spesso non danno che una piccola parte del loro superfluo.

E' motivo di gioia costatare come presso molti cristiani vada sempre più crescendo la sollecitudine per la necessità dei Paesi e delle Chiese del Terzo Mondo, come pure il moltiplicarsi in modo sempre più notevole di iniziative particolari per venire in aiuto a persone o a progetti in queste regioni. E' questo il segno di un senso missionario e di un senso di giustizia che sono cresciuti. Ciò nonostante, conviene assegnare un posto privilegiato alle Pontificie Opere Missionarie, perché esse sostengono l'annuncio diretto del Vangelo, che è il dovere fondamentale e proprio della Chiesa. E' appunto in questo annuncio che sta il fondamento del vero sviluppo e della vera liberazione umana.

Ora, mediante i loro programmi di aiuto universale, le Pontificie Opere Missionarie si fanno carico delle necessità di tutte le giovani Chiese, senza esclusione alcuna. Questa universalità è il loro carattere proprio. E' questa la ragione per cui la sollecitudine degli operai apostolici per il proprio Paese o per i progetti di cui si è personalmente informati, non deve diventare esclusivistica, ma integrarsi con l'insieme dello sforzo di evangelizzazione al servizio di tutte le giovani Chiese. Al presente sono i pastori di queste Chiese che portano il peso materiale dell'iniziativa missionaria. Pertanto, nella cooperazione missionaria, bisogna pensare prima di ogni altra cosa alle giovani Chiese, e proprio a tutte. Questo modo di cooperazione potrà forse avere per conseguenza che ci si senta meno impegnati personalmente e che bisognerà donare in maniera più disinteressata. Ma questo modo di donare può rivelarsi più evangelico e più efficace.

Soltanto un fondo di solidarietà centrale può evitare il pericolo di dimenticare alcune Chiese, soprattutto quelle più povere, o certe loro necessità essenziali. Soltanto mediante un programma di aiuto appropriato alle varie necessità, si può evitare lo scoglio di particolarismi e degli aiuti. E' precisamente quanto cerca il Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie, che è composto da rappresentanti di tutte le Chiese e dispone dei consigli e delle informazioni della Sacra Congregazione per l'Evangelizzazione dei popoli.

Di conseguenza, il mese di ottobre deve essere dappertutto il mese della missione universale, il mese del vicendevole aiuto missionario sotto l'egida delle Pontificie Opere Missionarie. Per questa ragione, i Vescovi sono invitati, secondo i nuovi Statuti di queste Opere, "a pregare i responsabili delle opere cattoliche e i fedeli a rinunciare alle collette, aventi carattere particolare, durante questo periodo". Già nel passato, parecchi Vescovi, seguendo l'esempio della Santa Sede, hanno dato direttive a questo proposito.

Infine - avrete certamente a cuore di ricordarlo - la cooperazione missionaria non deve essere compromessa dalla presente crisi economica, di cui soffrono tutti i Paesi del mondo. Che questa crisi non divenga per i cristiani dei Paesi ricchi una scusa per diminuire la propria generosità! Ch'essi non dimentichino che i Paesi e le Chiese del Terzo Mondo sono toccati ancor più di loro da questa crisi! Per concludere, vorrei ricordarvi che la celebrazione del Congresso Eucaristico Internazionale di Lourdes, nel prossimo mese di luglio, dovrebbe stimolare lo slancio missionario della Chiesa. L'Eucaristia, la quale fa la Chiesa ed è "la sorgente e il culmine di tutta la vita cristiana" (LG 11), è il Sacramento che significa e realizza l'unità tra tutti i membri della Chiesa.

L'Eucaristia li rende solidali gli uni gli altri, li spinge a condividere la loro fede, le loro ricchezze spirituali, le loro sofferenze e il loro pane materiale.

Per questo, coloro che partecipano all'Eucaristia sono invitati a partecipare anche alla missione del Cristo, a portare il suo messaggio a tutti gli uomini: la liturgia eucaristica deve dunque essere al centro della celebrazione della Giornata Mondiale per le Missioni.

Possa il Signore, che ha dato alla sua Chiesa l'ordine di fare discepoli da tutte le nazioni, manifestare anche mediante i nostri sforzi quel potere che gli è stato dato in cielo e sulla terra (cfr. Mt 28,18-19)! Che la Beata Vergine Maria, Patrona delle missioni, ci aiuti a corrispondere alla esortazione del Cristo risorto! A voi, cari fratelli nell'Episcopato, a tutti i missionari che si prodigano senza risparmio per la messe, a voi Comunità diocesane, e a coloro, in particolare, che sapranno comprendere questo appello e corrispondervi con una generosità ispirata dall'interiore rinnovamento, invio di gran cuore la benedizione apostolica.

Dal Vaticano, il 7 giugno dell'anno 1981, terzo di pontificato.


GPII 1981 Insegnamenti - Agli ammalati riuniti presso la Grotta di Lourdes