GPII 1981 Insegnamenti - Al Patriarca della Chiesa ortodossa etiopica - Città del Vaticano (Roma)


Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Perenne attualità del mandato missionario della Chiesa

"In mezzo ai popoli narrate la gloria del Signore"(Ps 95,3).

1. Oggi, domenica nella quale celebriamo la Giornata Missionaria Mondiale, la nostra comune preghiera dell'"Angelus" fa riferimento a quella missione e a quell'annuncio, che fu portato a Nazaret dall'arcangelo Gabriele: Missus est angelus... ad virginem (Lc 1,26-27), come leggiamo nel Vangelo di san Luca del quale oggi, 18 ottobre, celebriamo la festa. Ecco, il Figlio viene mandato da Dio che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Ed ecco, in seguito, questo Figlio, dopo aver completato nel mistero pasquale la sua missione, manda gli apostoli. Egli dice loro: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15); "Andate... e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).

Le ultime parole di Gesù Cristo prima del suo ritorno al Padre, costituiscono un "mandato missionario".


2. Quel mandato missionario che la Chiesa ha adempiuto attraverso i secoli, sin dai tempi apostolici, rimane continuamente in vigore. Lo ha rilevato il Concilio Vaticano II mediante la Costituzione sulla Chiesa "Lumen Gentium" e, in seguito, mediante il Decreto sulle missioni "Ad Gentes".

L'odierna domenica è dedicata in modo particolare alle missioni, affinché noi rinnoviamo in noi stessi la coscienza di aver tutti una parte nei compiti delle missioni e dei missionari della Chiesa.

Alla vigilia di questa importante Giornata c'è stato uno speciale Convegno, che ha visto riuniti tutti i componenti della Sacra Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

Mi piace ricordare, a questo proposito, che essi hanno discusso un problema molto attuale, qual e quello della famiglia nel contesto missionario, con le opportunità ed anche le difficoltà che oggi si avvertono nell'incarnare nelle varie culture il disegno di Dio creatore e redentore sulla comunità coniugale.

Debbo anche elogiare il lavoro che è stato svolto, perché arricchisce di contenuto l'odierna Giornata.


3. Essendomi dato di pregare oggi insieme con voi, cari fratelli e sorelle, riuniti in Piazza san Pietro, desidero che questa nostra preghiera giunga ad ogni stazione missionaria in tutto l'orbe terrestre. Che essa ci aiuti a metterci in stretto contatto con ogni missionario e missionaria, Vescovo, Sacerdote, religioso e religiosa, con tanti laici che lavorano con non minore dedizione nelle missioni, prestando molteplici servizi. Desidero pure rivolgermi qui col pensiero e col cuore alle inestimabili schiere di catechisti e di catechiste, sulle cui spalle poggia una parte così fondamentale del lavoro missionario.

E ci sono poi altre schiere che, pur non trovandosi in territorio missionario, dedicano le loro energie alla causa dell'annuncio del Vangelo: penso ai numerosi componenti e dirigenti delle Pontificie Opere Missionarie, ed anche ad altri cristiani esemplari, i quali promuovono altre forme di cooperazione "per le missioni".

Desidero che nei cuori di tutti coloro che in qualsiasi modo servono le missioni risuoni oggi, mediante il nostro "Angelus", quel gioioso annuncio: Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito, perché il mondo venisse da Lui salvato (cfr. Jn 3,16).


4. Durante la scorsa settimana si è aperto l'anno commemorativo del quarto centenario della morte di santa Teresa di Gesù. Il Cardinale Anastasio Ballestrero ha presieduto, in qualità di mio Inviato speciale, alle celebrazioni inaugurali nella città di Alba de Tormes, ove riposa il corpo della santa, e ad Avila, città natale. Santa Teresa è la prima donna che è stata proclamata Dottore della Chiesa.

Auguro di cuore che l'anno celebrativo, teste iniziato, susciti un rinnovato interesse per la figura di questa grande santa, così che larghe schiere di anime, nutrite spiritualmente dalla sua dottrina, siano infiammate dal vivo desiderio di progredire generosamente sulle vie della santità.

(Dopo l'"Angelus" il Papa ha voluto così salutare alcuni dei gruppi presenti sulla Piazza:)

1. Rivolgo ora un affettuoso saluto ai partecipanti alle celebrazioni del secondo centenario della Missione Passionista in Bulgaria, oggi presenti in questa piazza.

La storia documenta come sia stato proprio lo stesso Fondatore dei Passionisti, san Paolo della Croce - di cui ricorre domani la memoria liturgica - a volere che i suoi figli spirituali estendessero il loro apostolato anche alle missioni, accettando la diocesi di Nicopoli, nella Bulgaria del Nord.

Nel rendere il doveroso plauso all'ardore missionario della Congregazione della Passione, invito tutti i fedeli a pregare il Signore perché tale opera apostolica possa continuare in piena serenità.

Aggiungo un particolare saluto e un fervido augurio per tutta la Nazione Bulgara, la quale, proprio in questi giorni, celebrerà il milletrecentesimo anniversario della fondazione dello Stato di Bulgaria, rievocando così le proprie nobili origini, radicate nell'antica cultura cristiana del suo popolo.


2. Un cordiale saluto indirizzo anche ai partecipanti all'VIII Convegno regionale della cooperazione di credito, organizzato dalla "Federazione delle Casse Rurali ed Artigiane" dell'Emilia-Romagna.

A voi tutti il mio apprezzamento, il mio augurio e la mia benedizione apostolica.


3. Un particolare saluto desidero poi rivolgere ai membri di "Comunione e Liberazione", che ieri ed oggi hanno partecipato a Roma ad un convegno di studio per il novantesimo anniversario dell'enciclica "Rerum Novarum".

Carissimi giovani! Voi avete meditato insieme sulla identità cristiana e sull'impegno per l'uomo nella società contemporanea, alla luce della Parola di Dio e del Magistero della Chiesa. Tanto più potrete dare un efficace apporto alla promozione ed alla elevazione dell'uomo d'oggi, quanto più scoprirete e realizzerete il vostro "essere cristiani", con letizia, fierezza ed impegno.

Rendete sempre tale testimonianza cristiana nel mondo della scuola, del lavoro, della cultura..., perché la società odierna sappia che Cristo porta un messaggio di autentica e totale liberazione! Di cuore vi imparto la mia benedizione apostolica.

Data: 1981-10-18
Domenica 18 Ottobre 1981


Ai membri della "Milizia dell'Immacolata" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sulle orme del padre Kolbe per testimoniare la verità

Carissimi!

1. Il motivo che vi ha spinti a chiedere questa particolare udienza è la commemorazione del quarantesimo anniversario della morte del beato Massimiliano Maria Kolbe e del decimo anniversario della sua beatificazione. Voi, infatti, appartenete alla "Milizia dell'Immacolata" da lui fondata, e avete voluto solennizzare queste due date così importanti e significative con un incontro con il Papa.

Ed io, come potete immaginare, sono veramente lieto di accogliervi con tutto l'affetto e l'effusione del mio cuore, per la bellezza e per la grandezza dell'ideale che cercate di vivere seguendo l'esempio e la dottrina di Padre Massimiliano Kolbe, illustre figlio della mia Patria, la Polonia, esempio trascinatore per la sua intelligenza e la sua santità.

Porgo pertanto il mio caloroso saluto al Ministro Generale dei Minori Conventuali, ai Superiori e religiosi, e a tutti voi, ognuno in particolare, che rappresentate i tanti nuclei della "Milizia" sparsi in tutto il mondo. Vi saluto e vi ringrazio per essere venuti a Roma, dove il 16 ottobre del 1917 Padre Massimiliano, come voi sapete, fondo la Milizia dell'Immacolata.

Vi ringrazio soprattutto per aver voluto commemorare qui con me le due date della morte e della beatificazione, che suscitano in me un'ondata di ricordi e di commozione. Quante volte, infatti, mi recai in pellegrinaggio in quel luogo di tortura e di gloria, nel "bunker della fame" del campo di Oswiecim, dove egli mori il 14 agosto di quaranta anni fa, vittima dell'odio ma nello stesso tempo vincitore con il suo amore! E come ricordo l'ultima mia visita, il 7 giugno 1979, durante il viaggio in Polonia, quando, entrato nella stanza allucinante mi inginocchiai su quel "Golgota del mondo moderno". Voi mi fate pure ricordare con intensa nostalgia il giorno solenne della sua beatificazione, il 17 ottobre 1971, quando mi trovai attorno all'altare del Signore con il Santo Padre Paolo VI ed il Cardinale Stefan Wyszynski, e la visita compiuta il 26 febbraio di quest'anno alla Città dell'Immacolata a Nagasaki, da lui stesso fondata.


2. Ricordando queste date, sembra di vedere in mezzo a noi la persona di Padre Massimiliano, serio e severo, affabile e sorridente; e ancora risentiamo l'elogio che di lui tesseva Paolo VI nella memorabile omelia della beatificazione: "Beato vuol dire salvo e glorioso. Vuol dire cittadino del cielo, con tutti i segni peculiari del cittadino della terra; vuol dire fratello e amico, che sappiamo ancora nostro, anzi più che mai nostro...; vuol dire avvocato e protettore nel regno della carità; vuol dire finalmente campione esemplare, tipo di uomo, al quale possiamo uniformare la nostra arte di vivere..." ("Insegnamenti di Paolo VI", IX (1971) 906). Lo stesso Paolo VI menzionava ancora Padre Massimiliano nella Lettera Apostolica "Gaudete in Domino" (22 maggio 1975) come "immagine luminosa per la nostra generazione,... genuino discepolo di san Francesco".

Di fronte ad un esempio tanto eletto e tuttavia anche tanto umano e a noi vicino, la riflessione si fa più personale e più responsabile per voi, che appartenete alla Milizia dell'Immacolata.

Gli Statuti, approvati nel loro aggiornamento l'8 novembre 1974, affermano che l'associazione "vuol estendere quanto è più possibile il dolcissimo Regno del Sacro Cuore di Gesù tramite l'Immacolata, o piuttosto essere al servizio dell'Immacolata in questa missione che Ella ha come Madre della Chiesa".

Questo fu l'ideale di Padre Massimiliano, per cui consacro la vita, le capacità intellettuali, le forze fisiche, la instancabile attività. L'appartenenza alla Milizia significa una consacrazione totale al Regno di Dio, alla salvezza delle anime, per mezzo di Maria Immacolata.


3. Vi esorto pertanto a vivere con sempre più fervoroso impegno questo vostro ideale. Nella nostra società, la vostra consacrazione all'Immacolata vi deve rendere testimoni sereni, fiduciosi, coraggiosi. Come Padre Massimiliano siate innamorati ed appassionati della verità. La Chiesa oggi ha bisogno essenzialmente di unità nella verità. Infatti, è la verità che dà il coraggio delle grandi decisioni, delle scelte eroiche, delle dedizioni definitive! E' la verità che da la forza per vivere le virtù difficili, le beatitudini evangeliche, la purezza giovanile e la castità consacrata e coniugale! E' la conoscenza e l'amore della verità che fa sgorgare le vocazioni sacerdotali, religiose, missionarie e spinge alla carità, fino all'immolazione di sé come fece Padre Massimiliano! E la verità è Cristo conosciuto, seguito, testimoniato: "Io sono la luce del mondo" (Jn 8,12) disse il Divin Maestro e soggiunse: "Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,14). Le due affermazioni si equivalgono tracciando chiaramente la linea di condotta e la responsabilità di ogni cristiano: "Chi segue me, non cammina nelle tenebre" (Jn 8,12 Jn 12,46).

Dalla verità nasce logicamente l'anelito alla santità, che fu il supremo ideale di Padre Massimiliano. così egli scriveva: "Non è superbia voler essere santi quanto più è possibile e santificare il più gran numero di anime, confidando unicamente in Dio attraverso l'Immacolata" ("Gli scritti di Massimiliano Kolbe", Città di Vita, Firenze 1978, Vol. II, p. 715). Dalla verità sgorga il senso di totale fiducia e di abbandono all'Altissimo, specialmente nelle tribolazioni e nei turbamenti che accompagnano la storia umana.


4. Carissimi! Siate forti nella fede e vivete con entusiasmo gli impegni della Milizia dell'Immacolata, a cui appartenete, seguendo l'insegnamento e gli esempi di Padre Massimiliano Kolbe. "Soffrire, lavorare, amare e gioire": questo fu il suo programma ed è la sintesi della sua vita. Sia così anche per voi, con l'aiuto della Vergine santissima. E vi accompagni sempre la mia benedizione, che con grande affetto imparto a voi e a tutti gli iscritti alla vostra Milizia.

Data: 1981-10-18
Domenica 18 Ottobre 1981


Agli studenti del Pontificio Collegio Germanico Ungarico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solo una Chiesa rafforzata dalla fede può essere una Chiesa in dialogo

Cari alunni, cari Padri e fratelli della Società di Gesù, care sorelle, cara famiglia del Collegio!

1. Nella prima lettera ai Tessalonicesi che da oggi in poi sarà letta nella liturgia domenicale, l'Apostolo Paolo scrive con Silvano e Timoteo: "Si, avevamo decisamente stabilito di venire da voi..." (2,18).

Nell'intervallo tra i due viaggi pastorali in due delle vostre Patrie, in Germania e in Svizzera, era stato annunciato che il Papa avrebbe fatto visita anche al Pontificio Collegio Germanico Ungarico. Voi sapete che cosa ha reso impossibile questa visita e il programmato viaggio in Svizzera. Ma voi sapete anche "che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Rm 8,28). E infine oggi ci è stato concesso il desiderato incontro che avviene con gioia più profonda e con gratitudine e disponibilità verso Dio ancora maggiori.

Insieme alla lettura di oggi vedo anch'io in voi una "comunità... che vive in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo" (1Th 1,1), e come Paolo "ringrazio Dio per voi tutti a causa del vostro impegno nella fede, per la vostra operosità nella carità, per la vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo" (1Th 1,2s). Pieno di gioia posso esclamare insieme all'apostolo: "Noi sappiamo bene, fratelli amati da Dio, che siete stati eletti da lui" (Rm 1,4). Questa elezione divina in Cristo vale per tutti i membri del nuovo Popolo di Dio; ma in un modo particolare essa vale per coloro che sono chiamati ad una più fedele sequela ed imitazione del Cristo.

Voi, cari sacerdoti e seminaristi del Collegio Germanico Ungarico, siete stati scelti per questa particolare chiamata. L'eredità storica del vostro Collegio giustifica l'orgoglio gioioso di appartenervi; ma essa vi sollecita anche ad un umile impegno. Voi siete stati chiamati, nell'intenzione dei fondatori, per annunciare la Buona Novella nelle vostre Patrie e in particolare per servire quell'unità che Gesù predicava e di cui la cristianità (non solo voi!) sente profondamente il bisogno. Che le vostre Patrie, una volta punti di partenza della divisione, possano essere ora anche punti di partenza per la riconciliazione.


2. Per sottolineare la particolare importanza dell'istanza ecumenica nei nostri giorni, era stato mio particolare desiderio compiere proprio nell'Anno Giubileo della Confessio Augustana una visita pastorale in Germania dove Dio mi ha concesso di fare incontri ricchi di favorevoli auspici con i rappresentanti delle altre Chiese cristiane - cosa che noi speriamo ardentemente avvenga, per grazia di Dio, anche nel desiderato viaggio in Svizzera.

La mia memorabile visita nella Repubblica Federale tedesca in occasione del VII Centenario della morte di sant'Alberto Magno è valsa naturalmente soprattutto per i miei fratelli e sorelle nella fede, per una più approfondita esperienza della comunione ecclesiale nel comune rendimento di grazie a Dio e nello scambio fraterno; è valso per un rinnovamento e una riflessione sulla vita religiosa nelle famiglie e nelle comunità. Ma proprio per quanto detto questa visita è servita allo stesso tempo alla grande aspirazione dell'Ecumenismo: "ut unum sint" (Jn 17,21). Perché solo una Chiesa viva e radicata nella sua fede può essere una Chiesa di vero dialogo.


3. La lettura dell'Antico Testamento nella liturgia odierna ci riporta davanti agli occhi quanto immeritata è la nostra elezione e quale radicalità essa richiede: "Io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore e non c'è alcun altro; fuori di me non c'è altro Dio" (Is 45,4-5).

Il Vangelo che abbiamo appena udito ci mostra come il Signore contrapponga alle esigenze del mondo la totalizzante chiamata di Dio: "Date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio!" (Mt 22,21).

Questa frase fissata dal Vangelo supera il contesto della disputa di Gesù con i farisei e diventa un concetto chiave per il superamento della divisione tra il nostro essere nel mondo e il nostro tendere a Dio. Chi prende sul serio la nostra interdipendenza col cosmo e con la società umana deve guardarsi del trascurare la richiesta di Dio. Chi fa di Dio il consapevole centro della sua vita deve considerare che egli ha nello stesso tempo il compito di rispondere alle esigenze della convivenza umana e della creazione di Dio.

Cari alunni del Collegio Germanico Ungarico! Nello sforzo personale di considerare congiuntamente la nostra tensione a Dio e il nostro domicilio nel mondo e vivere di conseguenza, vi può aiutare il fatto che il vostro Collegio è stato fondato da sant'Ignazio di Loyola, la cui spiritualità ci viene comunicata in questa casa. Secondo il "principium et fundamentum" che egli ci ha lasciato nel suo Libro degli Esercizi, l'uomo è stato creato "per lodare Dio nostro Signore, onorarlo e servirlo e salvare in questo modo la propria anima. Le altre cose sulla terra sono create per l'uomo, per aiutarlo nel conseguimento del suo scopo" (Exercitia spiritualia, n. 23).

Possa la vostra vita rendere sempre al corpo, alla natura, al mondo, alle strutture umane ciò che spetta loro, senza mai venire assorbiti da queste, ma al contrario rendendo in tutto omaggio a Dio come Ignazio ci insegna: "Sume, Domine, et suscipe!" (Exercitia spiritualia, n. 234). Quindi siate degni della vostra vocazione sacerdotale; siate per i fedeli e per il mondo un vivente "sursum corda".

In questi anni di collegio voi siete liberi da quel lavoro che più tardi sarà la vostra fatica e la vostra gioia. Per il futuro servizio all'annuncio della Parola siete ora chiamati all'ascolto della Parola, al fedele e a volte anche arduo studio. Forse avete anche timore che il lungo contatto con i libri vi renderà difficile il rapporto con gli uomini. Ma considerate anche la chance che vi viene offerta di procurarvi un solido bagaglio spirituale in tranquillo raccoglimento prima di assumere su di voi "l'assillo quotidiano, la preoccupazione per tutta la Chiesa" (2Co 11,28). Il rapporto e la familiarità con gli uomini si imparano nel contatto con chi ora è vicino a noi. Donate loro quella attenzione vigile, rispettosa, sensibile, generosa con la quale nel nome di Gesù desiderate rivolgervi in futuro ai vostri fedeli.


4. Il mosaico dell'abside della vostra Chiesa ci mostra Maria Regina degli apostoli, sposa dello Spirito Santo, Madre della Chiesa. Nell'odierna Giornata delle Missioni raccomandiamo a Lei coloro che una volta erano alunni di questo Collegio e ora, seguendo la particolare chiamata di Dio, sono diventati missionari come frati oppure - secondo l'indicazione del "Fidei Donum" e con l'approvazione generosa dei loro Vescovi - come sacerdoti diocesani. Il loro spirito missionario possa animare anche coloro che da qui, conformemente allo spirito di fondazione del Collegio, tornano nello loro Patrie dopo aver assimilato il pensiero e l'animo universale della Chiesa che viene infuso loro così abbondantemente in questa città cosmopolita, e lo suscitano a loro volta nel proprio ambito.

Con grande gioia ho potuto sperimentare il pensiero e l'animo missionario, la preghiera e il sacrificio della Chiesa in Germania durante la mia visita pastorale - come tensione del singolo, delle famiglie, delle comunità, delle diocesi e nelle opere interdiocesane "Missio" e "Adveniat". Attraverso questo impegno delle singole Chiese locali, la costante preghiera e il sacrificio di tutti i fedeli, può diventare sempre più vero ciò a cui ci esorta il salmista nell'odierna liturgia: "Cantate al Signore da tutta la terra! In mezzo ai popoli narrate la sua gloria, a tutte le nazioni dite i suoi prodigi!" (Ps 95,1-3).

Cari fratelli e sorelle! Il Collegio Germanico Ungarico raccoglie qui a Roma presso la Cattedra di Pietro i sacerdoti e i seminaristi di diverse lingue e nazioni. Questo diventa così in modo particolare un luogo di incontro, di formazione di legami, di unità tra le diverse Chiese locali d'Europa. Possa il Collegio continuare ad approfondire e a rafforzare quell'unità della Chiesa di cui Roma è segno e punto centrale.

Per tutti i Superiori, i Collaboratori e gli alunni, passati e presenti di questo stimato Collegio, dovunque essi servano in questo momento la Chiesa di Gesù Cristo, preghiamo in questo giorno di festa con le parole dell'odierna liturgia: "Dio Onnipotente, tu sei nostro Signore e Padrone. Rendi la nostra volontà pronta a seguire ciò che comandi e donaci un cuore che ti serva fedelmente". Amen. Data: 1981-10-18
Domenica 18 Ottobre 1981


Ai Vescovi di Angola e di Sao Tome e Principe in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dalle buone famiglie nascono gli uomini che saranno il lievito della società

Diletti fratelli nell'Episcopato, E' con grande gioia che vi ricevo oggi, nella vostra prima visita "ad limina Apostolorum" dopo l'indipendenza dei vostri Paesi, cioè: di Sao Tomè e Principe il 12 luglio 1975 e dell'Angola l'11 novembre dello stesso anno. A causa dei ben noti eventi non mi è stato possibile incontrare il primo gruppo di Vescovi della vostra amata terra, il venti giugno scorso, con Sua Eminenza Dom Eduardo Andrè Muaca, Arcivescovo di Luanda e Presidente della Conferenza Episcopale. Ma in voi vedo rappresentata la comunità angolana e quella di Sao Tomè e Principe in una nuova fase della sua vita quale popolo con valori propri nel concerto delle nazioni. A tutti ed a ognuno di voi rivolgo i miei saluti affettuosi accompagnati da preghiere all'Onnipotente perché vi illumini e vi fortifichi nella missione apostolica, tutta rivolta al benessere integrale dell'uomo, in questo momento storico tanto importante per i vostri Paesi.

1. Sono convinto della unità esistente nel vostro Episcopato e questa visita al successore di Pietro evidenzia tale nota di vitalità della Chiesa. Infatti, come ricorda il Concilio Vaticano II, il Romano Pontefice "è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della massa dei fedeli. I singoli Vescovi, invece, sono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari, formate ad immagine della Chiesa universale, e in esse e da esse è costituita l'una e unica Chiesa cattolica. Perciò i singoli Vescovi rappresentano la propria Chiesa, e tutti insieme col Papa rappresentano tutta la Chiesa in un vincolo di pace, di amore e di unità" (LG 23).


2. La Chiesa in Angola come a Sao Tomè e Principe è una realtà viva e vitale. E faremo quanto è nelle nostre possibilità perché possa continuare ad aumentare questa sua vitalità al servizio del benessere di tutti, particolarmente dei più bisognosi, senza esclusivismi. Ai Vescovi, in quanto successori degli apostoli, è stata affidata dal Signore la missione di annunciare il messaggio del Vangelo a tutti gli uomini. Questo, che per noi pastori è un dovere, è riconosciuto dalla Ius gentium e codificato nella Magna Carta delle Nazioni come un diritto naturale dell'uomo.

L'opera che cercate di realizzare nel campo catechetico, particolarmente in riferimento alla gioventù ed alla famiglia, è degna di speciale menzione.

Desidero esortarvi vivamente a proseguire in questa direzione, possibilmente con nuove iniziative in uno spirito creativo di servizio alla comunità nelle circostanze del concreto momento storico.


3. Una delle difficoltà maggiori della vostra comunità è la scarsezza di sacerdoti. E' meritoria la cura che riservate alle vocazioni sacerdotali e religiose. Esse sono infatti di importanza decisiva per l'evangelizzazione ed il consolidamento della vita di fede dei popoli. Tutte le iniziative in questo settore così fondamentale godono del mio più grande appoggio e il mio più cordiale incoraggiamento.

Come sapete, le vocazioni nascono, si sviluppano e maturano all'interno della famiglia. Sono quasi sempre frutto di famiglie nelle quali si vive intensamente secondo i principi della fede. E' dunque necessario volgersi alla famiglia, sulla scia dell'ultimo Sinodo dei Vescovi. Dalle buone famiglie nascono gli uomini che saranno il fermento di una società più giusta, più fraterna, di una società migliore. Le vocazioni maturano in un laicato cosciente, pienamente realizzato nella fede, responsabile della sua funzione nell'ambiente in cui vive.

Al momento possedete un solo Seminario Maggiore, a Huambo. Le vocazioni, per grazia di Dio, stanno aumentando. Desidero raccomandarvi l'adeguata formazione spirituale dei seminaristi, di coloro che saranno i vostri immediati collaboratori. Essi abbiano sempre un posto prioritario nei vostri piani pastorali.

I sacerdoti, i religiosi e le religiose, che consacrano tutta la loro vita al servizio assoluto e incondizionato di Dio e dell'amore al prossimo, meritano tutta la vostra sollecitudine affinché realizzino se stessi in autentica gioia, sebbene a volte si vengano a trovare in un mare profondo e tempestoso.

Con il cuore esultante di gioia, costato come una delle caratteristiche della vostra Chiesa, la promozione sollecita e instancabile di vari centri di vita contemplativa, rivelando così il primato dei valori spirituali davanti al pericolo di una secolarizzazione materialistica dell'uomo d'oggi, il quale, più che mai, sente la necessità dei valori dello spirito.


4. Apprezzo vivamente il vostro zelo attento ed efficace nel campo della missione specifica della Chiesa che, aliena da ingerenze che siano fuori della sua competenza, presta servizi non indifferenti alla causa della umanità in generale e al popolo nel cui ambito opera come Maestra, con particolare sollecitudine per i figli più bisognosi.

Desidero esprimere il desiderio che l'umanità di tutti i vostri concittadini riconosca e desideri beneficiare con fiducia dell'opera della Chiesa.

Da parte nostra incontreranno sempre una porta aperta con una migliore e più sincera volontà di servizio.

Continuate nella vostra opera con rinnovato entusiasmo. Ad ognuno di voi, ai sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi e all'amato popolo di Angola e di Sao Tomè e Principe i migliori auguri di prosperità e di sviluppo integrale, in pegno dei quali vi imparto la benedizione Apostolica

Data: 1981-10-20
Martedi 20 Ottobre 1981





Agli alunni del Seminario Romano Maggiore - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Seminario esprime la vitalità di una Diocesi

Desidero dirvi anzitutto la gioia profonda che provo in questo momento nel trovarmi in mezzo a voi che siete la pupilla dei miei occhi e la speranza della Chiesa di Roma. Saluto con effusione di cuore voi tutti: sia i seminaristi romani sia quelli provenienti da varie parti d'Italia e anche da altri Paesi, tra cui due seminaristi polacchi. Un cordiale speciale pensiero va al Cardinale Poletti, a Monsignor Rettore e tutti gli altri Superiori, che vi hanno qui accompagnati, all'inizio del nuovo anno scolastico.

1. Questo incontro, che avviene nella celebrazione della Santa Messa, è occasione quanto mai propizia per confessare insieme la nostra fede in Gesù Cristo, sommo ed eterno Sacerdote, e per vivere un momento privilegiato di intensa comunione ecclesiale, alla quale già ci hanno predisposti le letture bibliche, che abbiamo ora ascoltato. Esse infatti ci esortano a rinnovare nei nostri cuori l'espressione di un sempre più profondo amore vicendevole: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo; dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici" (Jn 15,12-13). Si tratta qui dell'amore proprio del cristiano, dell'amore redentore che libera dalla schiavitù del peccato e chiama all'intimità e all'amicizia col Cristo: "Non vi chiamo più servi, ma... amici" (Jn 15,15). Solo l'evangelista Giovanni, il "discepolo dell'amore", poteva rivelarci nella sua stupenda pienezza questo amore ineffabile, davvero singolare, che si palesa nella gioia: "... la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena" (Jn 15,11); questo amore confidente si apre alla speranza, superando ogni timore: "... voi non avete ricevuto uno Spirito da schiavi per ricadere nella paura" (Rm 8,15). E' questo un amore che alberga in "coloro che sono guidati dallo Spirito" (Rm 8,14); in coloro cioè che sono afferrati nel loro essere e nel loro operare dalla potenza di Dio e fatti passare dalla morte alla vita; in coloro che, diventati figli adottivi, possono rivolgersi a Dio chiamandolo Padre (Rm 8,15).


2. E' appunto questo straordinario ed ineffabile amore, che si diparte da Cristo e si effonde nei cuori, a compiere prodigi nella Chiesa e ad affascinare i cuori di tanti giovani fino a farli mettere alla sua difficile, ma suggestiva sequela. E' proprio per corrispondere a questo amore che voi, carissimi seminaristi, avete deciso di dedicare la vostra vita a Cristo, desiderando diventare partecipi del suo Sacerdozio. Tutto questo non può non riempire il mio animo di profonda emozione e di slancio amorevole verso di voi. Se ogni Vescovo trova nel suo Seminario tutto ciò che fa intimo un focolare, che fa degna una scuola, che fa esaltante e trepidante un incontro, che fa lieta la speranza e fervente la preghiera: tutto ciò avviene in modo del tutto particolare quando questo Vescovo e quello di Roma, Pastore universale su cui si posano gli occhi del mondo intero.

Come è noto, il Seminario è l'espressione della vitalità di una diocesi.

Esso è il termine delle zelanti fatiche dei parroci e degli educatori operanti nelle strutture parrocchiali e nelle scuole; è un chiaro segno che vi sono comunità cristiane in grado di far maturare nel proprio grembo coloro che un giorno, rivestiti del carattere sacerdotale, continueranno in mezzo a loro l'opera di Cristo; è un indice che le famiglie ricche di virtù e di spirito di sacrificio hanno meritato la grazia di donare i propri figli alla Chiesa; è una prova che il mondo moderno nonostante le ombre che talvolta l'offuscano, è ricco di speranze e di certezze, perché può contare su giovani coraggiosi disposti a dare la propria vita per il suo riscatto.

L'accresciuto vostro numero, anche se non ancora nella misura richiesta dalle necessità dell'apostolato, non significa forse che questo tempo post-conciliare non sarà privo di valorosi sacerdoti che lavoreranno per tradurre in pratica gli insegnamenti e le direttive di quella Assise ecumenica? Potete quindi ben immaginare quale tenerezza susciti nel mio animo l'avervi qui davanti agli occhi e nel sapervi impegnati a diventare ministri di Cristo, araldi del Vangelo e messaggeri di verità e di fraternità in mezzo al Popolo di Dio. Per questo il Papa vi ama, vi predilige e vi è accanto continuamente col pensiero e con la preghiera. A vostra volta, anche voi dunque amate il Papa e la Chiesa che vi apprestate a servire, e abbiate di Cristo, nostro Signore benedetto, un amore appassionato per essere di lui veri discepoli, assidui imitatori, umili seguaci, fedeli amici, intrepidi testimoni e apostoli infaticabili, come lo possono e lo debbono essere coloro che, col sacerdozio, sono chiamati a diventare "alter Christus". Sappiate inoltre conservare quel patrimonio di fede, di virtù, di sapere e di santità che il Seminario Romano Maggiore ha accumulato attraverso i secoli. Soprattutto, lo studio amoroso del Signore Gesù riempia le vostre menti e i vostri cuori fino alla pienezza, cioè "finché non sia formato Cristo in voi" (Ga 4,19). Per diventare autentici sacerdoti, oggi più che mai è necessario testimoniare davanti al mondo le virtù teologali della fede, della speranza e della carità fraterna da cui discendono, a loro volta, tutte le altre virtù di cui deve essere ornato chi si prepara al sacerdozio.


3. Vi sia di sostegno in questa vostra opera di formazione l'ausilio della Vergine santissima della Fiducia, vostra celeste Patrona. Sono certo che non vi stancherete di invocarla ogni giorno mediante la recita del Rosario, come è pia tradizione del vostro Seminario, e della giaculatoria: "Mater mea, fiducia mea".

Ella non mancherà di proteggervi e di assistervi nelle difficoltà che potrete incontrare lungo l'itinerario che conduce all'altare.

Ed ora continuando la celebrazione liturgica, nella quale riviviamo il dramma dell'amore crocifisso e in cui si consuma e si sigilla la perfetta unità ecclesiale, preghiamo il Signore che accenda nel cuore di numerosi altri giovani l'ideale del sacerdozio e faccia gustare loro la bellezza e la gioia di abitare nella sua casa, secondo le parole del Salmista: "Quanto sono amabili le tue dimore, o Signore degli eserciti!" (Ps 83,1).

Data: 1981-10-22
Giovedì 22 Ottobre 1981



GPII 1981 Insegnamenti - Al Patriarca della Chiesa ortodossa etiopica - Città del Vaticano (Roma)