GPII 1981 Insegnamenti - Ai Vescovi della Costa d'Avorio in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)


Per il 750° anniversario della morte di santa Elisabetta - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera alla Chiesa in Ungheria

Mi rivolgo di nuovo a voi con grande gioia, diletti fratelli e sorelle ungheresi, in occasione del 750.mo anniversario della beata morte di santa Elisabetta della dinastia di Arpad, figlia degna di ammirazione della Nazione e della Chiesa ungheresi. Desidero infatti rendermi spiritualmente presente tra di voi in Sarospatak, suo probabile luogo di nascita, dove in questi giorni e in quest'anno numerosi pellegrini festeggiano il fiore profumato, sbocciato dalla dinastia di santo Stefano.

Mentre cantate "della vita di donna Elisabetta" e ricordate le sue "tante opere di bene", evocate la splendida figura di una giovane donna e madre, che ha vissuto appena 24 anni. Assieme a voi osservo anch'io la bambina Elisabetta dal carattere vivace, che da sua madre dalla tragica sorte imparo presto ad amare Gesù e Maria. La vediamo presto in Turingia, nel castello di Wartburg, famoso per i Minnesanger, ove con il suo essere dinamico e con il suo amore senza pregiudizi conquista quanti le stanno attorno. Voleva solo assecondare la volontà di Cristo, l'amore di Cristo irradiava dalla sua persona. Davanti al Crocifisso tolse la propria corona dicendo: "Come potrei io portare la corona d'oro, quando il Signore porta la corona di spine? E la porta per me!".

La sua vita si realizza nell'amore del langravio Ludovico. Elisabetta, di appena 14 anni, e Ludovico di 21 anni, si amavano in Dio e si aiutavano a vicenda per amare sempre di più Dio. Accettavano con profonda gratitudine dal Creatore il dono della nuova vita. Chi potrebbe restare indifferente di fronte alla gioia avvincente di una madre di 15 anni e all'immenso amore di Ludovico e Elisabetta! La giovane madre, sollecitata dall'amore di Cristo, visitava i poveri, gli ammalati, i bambini abbandonati. Se san Paolo è diventato tutto per tutti perché tutti si salvino, Elisabetta è diventata madre di tutti per condividere la buona novella di Cristo. "Sub castro Warthberch altissimo erat magna domus, in qua plurimos ponebat infirmos. Consolans eos et tractans cum eis de patientia et salute anime ac singulorum desiderio tam in potu, quam cibariis in omnibus satisfaciebat, vedens etiam ornamenta sua in alimoniam eorum. In aedem domo habuit multos puerulos pauperes, quibus bene providit, tam benigne et dulciter se circa ipsos habent, ut eam omnes matrem appellarent, et circa eam intrantem domum se collocarent ad eam currendo. Inter eos scabiosos, infirmos, debiles et magis sordidos et deformatos specialius dilexit, capita eorum manibus attrectans et in sinu suo locans" ("De dictis quattuor ancillarum", cap. II. 771ss).

Il segreto della gioia e del servizio inesauribili rivela ella stessa alle sue ancelle: "Che grande fortuna per noi poter lavare il Signore e poter preparare il letto per Lui". Come san Francesco d'Assisi, suo esempio, non ebbe paura dei lebbrosi, riteneva un privilegio poterli curare. Elisabetta e Ludovico con gli occhi dell'anima vedevano Cristo in ogni persona malata.

Elisabetta con gli occhi bene aperti osservava le ferite causate dalle ingiustizie sociali. Nel periodo della carestia apriva senza esitazioni la dispensa del langravio per sfamare i poveri arrivati da terre lontane, e nello stesso tempo procurava anche un lavoro ad essi. Sorpassando le barriere della propria epoca ella stessa lavorava mentre educava i suoi figli e adempiva ai doveri del suo rango. La gioia non si è spenta mai dal suo cuore, donava con gioia evangelica: "Tutto ciò che possiamo dobbiamo donarlo con gioia e di buon grado".

In Elisabetta dobbiamo vedere anche la donna forte della Bibbia, che non viene distrutta dalla sofferenza, bensì ne venne resa partecipe del mistero pasquale. Elisabetta, che era in attesa di un altro figlio, dovette combattere una dura battaglia per lasciar andare il marito da crociato in Terra Santa. Gli sposi affezionati, nella preghiera chiedono e trovano la forza per accettare la volontà di Dio. Come simbolo della loro eterna unione sponsale, con comune volontà offrono al servizio di Dio il loro figlio nascente. La giovane madre di tre figli, appena ventenne, nel giro di poche settimane, perdeva il suo sposo fedele, mentre i suoi parenti la privavano dell'uso dei suoi beni materiali. Elisabetta, constatando di non poter vivere nel castello di Wartburg secondo la propria coscienza, lo lascia con libera decisione, affidando a Dio il futuro suo e dei figli. Voleva imitare Cristo, che "scelse di essere come servo.. Abbasso se stesso e fu ubbidiente a Dio sino alla morte in Croce" (Ph 2,7-8); ora nella luce della grazia scopriva che anche per lei era arrivato il momento benedetto del "kenozis". Diseredata, abbandonata canta un Te Deum esultante. "Nudata enim omnibus temporalibus in multiplici corporis cruciata Christum sequebatur non cum aliis mulieribus de longe spectans, sed cominus glaudius tribulationum animam eius pertransivit" ("De dictis"... Prol. 80-84).

Dopo aver assicurato con saggia determinazione il futuro dei suoi figli, indossa il semplice saio grigio di san Francesco; il venerdi santo solennemente rinuncia alla propria volontà e come terziaria francescana, la prima in terra tedesca, vive esclusivamente per la preghiera e per il servizio del prossimo.

Venivano da lei a torrenti gli ammalati, i disperati ed ella - vivendo incessantemente nella presenza di Dio - a molti ridava la salute e la pace di Dio.

"Vedete, io ve l'ho detto: bisogna rendere felici gli uomini". Dopo aver dato senza riserve "la sua vita per i propri amici" (Jn 15,13) sul letto di morte confida: "Devi sapere che sono stata molto felice".


750 anni fa, nella notte tra il 16 e 17 novembre, nel 1231 con un sorriso felice è andata incontro a sorella morte, la quale l'ha unita per l'eternità con il Cristo e con i suoi.

Erano trascorsi appena 4 anni, quando nel 1235 Papa Gregorio IX canonizzava la famosa langravia.

Diletti fratelli e sorelle ungheresi! Santa Elisabetta da allora è una fiaccola luminosa per quanti imitano il Cristo nel servizio per il prossimo. Ma prima di tutto ella è un fulgido esempio per voi, cattolici ungheresi del XX secolo, per voi, giovani, per voi, sposi, messaggeri odierni dell'amore di Dio.

Mi rivolgo a voi, giovani cattolici. Osservate Elisabetta d'Ungheria e cercate di scoprire il mistero della sua vita. Incontrerete il Cristo, che già conoscete, ma forse non amate abbastanza. Ascoltate la chiamata divina che viene dal profondo del vostro cuore, "siate saldamente radicati e stabilmente fondati nell'amore" (Ep 3,17). Abbiate il coraggio di dare la vita a Cristo e in Lui ai fratelli. "I poveri li avete sempre con voi" (Jn 12,8); guardate attorno attentamente; nell'ambiente in cui vivete, poi negli ospedali, nei focolari familiari spenti, negli istituti di carità, troverete un fratello anziano, un malato solitario, un invalido rifiutato dai parenti, un malato nel corpo e nella mente; in essi potrete servire il Cristo. "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avrete fatto a me" (Mt 25,40) Perché voi possiate accettare questa missione apostolica nello spirito di santa Elisabetta, dovete approfondire la vostra fede in Cristo usando regolarmente i mezzi di grazia offerti dalla Chiesa. "Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori" (Ep 3,17). Siate rappresentanti dell'amore misericordioso del Padre, perché assieme ai vostri fratelli credenti e a quanti stanno cercando in Dio il senso della loro esistenza "siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità, e conoscere l'amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio" (Ep 3,18-19).

Meditate in quest'anno giubilare sulla vita familiare felice di santa Elisabetta voi sposi, madri e padri di famiglia! Siate vicini gli uni agli altri con fedeltà irremovibile. Siate convinti che l'amore di Dio e la vita cristiana coerente non solo non è un ostacolo, bensì è una fonte inesauribile dell'amore coniugale. Santificatevi vicendevolmente, aiutatevi vicendevolmente nell'imitazione di Cristo. Ricordatevi che il popolo della Turingia considera santo oltre Elisabetta anche Ludovico! Pregate tutti i giorni anche insieme, sapendo che Cristo è presente con voi. In Cristo potete diventare quello che in virtù del sacramento del matrimonio dovete essere: un corpo solo e un'anima sola.

Accettate con gratitudine il più bel dono del Dio Creatore: il dono della vita che è sacra sin dal primo istante del concepimento. Trasformate il vostro focolare in chiesa domestica, educate i vostri figli alla fede. "L'azione catechetica della famiglia ha un carattere particolare e, in un certo senso, insostituibile" (CTR 68).

Santificate i vostri figli, insegnate loro ad amare Cristo e la sua Chiesa, a servire disinteressatamente il Popolo di Dio. Approfondite in voi la convinzione che con l'esempio della vostra vita e con la trasmissione della vostra fede date il meglio ai vostri figli. Potete diventare genitori di futuri santi, come anche la terza figlia di Elisabetta, Gertrude, è venerata come beata dai Premostratensi. Conservate l'intima atmosfera della chiesa domestica, ma nello stesso tempo siate aperti verso il grande compito di costruire il Regno di Dio.

Siate un centro irradiante d'amore universale.

La società moderna ha particolarmente bisogno di uomini e donne rivestiti di Cristo, i quali con gioia e disinteresse si dedicano al servizio del prossimo, i quali come madri e come padri abbracciano e aiutano i poveri dei nostri tempi bisognosi di affetto, di comprensione, di fede, di beni materiali e spirituali. Siate convinti che partecipate attivamente nell'unica missione apostolica della Chiesa.

Guardate tutti Santa Elisabetta, diletti Fratelli e Sorelle ungheresi! Riconoscete in lei la meravigliosa chiamata dell'amore di "Dio, ricco di misericordia" (Ep 2,4). Siate orgogliosi che Elisabetta, figlia della terra magiara, sia diventata una santa conosciuta e amata in tutto il mondo. Ella ha pensato in dimensioni che superano la sua epoca, con cuore geniale ha intuito la forza unificatrice dell'amore e la profonda esigenza dell'unità. La verità di Cristo l'ha resa libera affinché potesse costruire l'unità tra due popoli, innalzare un ponte tra classi sociali contrastanti, unire in sé varie manifestazioni dell'ideale di santità e infine armonizzare i cuori umani.

Chiedete dunque l'intercessione della grande santa Elisabetta, di questa santa così attuale, per la vostra diletta Nazione, per il nobile Popolo ungherese, per l'unità tra i popoli costruita sull'.amore e rispetto mutui.

"Nel nome di Gesù Cristo crocifisso e risorto, nello spirito della sua missione messianica, che continua nella storia dell'umanità, eleviamo la nostra voce e supplichiamo perché, in questa tappa della storia si riveli ancora una volta quell'amore che è nel Padre, e per opera del Figlio e dello Spirito Santo si dimostri presente nel mondo contemporaneo. Supplichiamo per intercessione di Colei che non cessa di proclamare "la misericordia di generazione in generazione", ed anche di coloro per i quali si sono compiutamente realizzate le parole del Discorso della montagna: "Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia"" (DM 15).

Affinché l'anno giubilare di santa Elisabetta possa essere per tutti un anno di rinnovamento che trasforma la vostra esistenza, diletti fratelli e sorelle Ungheresi, vi affido alla protezione della "Magna Domina Hungarorum" e vi invio con affetto particolare la mia benedizione apostolica.

Data: 1981-11-19
Giovedì 19 Novembre 1981


Alla plenaria della Sacra Congregazione per i religiosi e gli Istituti secolari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Promuovere una vita autenticamente religiosa per una fruttuosa opera di evangelizzazione

Cari fratelli nell'Episcopato, Cari figli e figlie, E' sempre una grande gioia per me venire a conoscenza dell'opera promossa e realizzata dalla vostra Congregazione per far si che la vita religiosa brilli di un più vivo splendore in seno alla Chiesa e porti il suo contributo specifico all'evangelizzazione. Per questa Assemblea plenaria, avete scelto come tema una revisione della natura, del ruolo e della funzione delle Conferenze o Unioni dei Superiori generali degli Istituti religiosi, sul piano nazionale e internazionale, alla luce dei documenti conciliari e in modo particolare del Documento "Mutuae Relationes" sui rapporti tra i Vescovi e i religiosi nella Chiesa.

1. L'ampia consultazione che ha preparato questa riunione vi ha portato alla formulazione di precise indicazioni sulla sollecitudine dei religiosi a vivere sempre meglio la loro vocazione e sul desiderio dei Pastori di promuovere il loro rinnovamento attraverso un atteggiamento di benevolo incoraggiamento, di attenzione piena di comprensione, di sostegno morale e di sicurezza dottrinale.

Essa ha mostrato nello stesso tempo i reciproci sforzi intrapresi da tre anni alla luce del Documento "Mutuae Relationes" la cui pubblicazione è stata accolta da tutti con riconoscenza e disponibilità che si sono manifestate attraverso uno studio approfondito per una sua migliore attuazione. Ben volentieri, vi incoraggio a proseguire su questa strada nell'approfondimento di questo importante tema.


2. La base dei vostri lavori e dei vostri scambi, voi l'avete ben compreso, è il legame profondo col Cristo, la Chiesa e l'evangelizzazione. E' la Chiesa in quanto tale che ha ricevuto da Cristo il compito dell'evangelizzazione; la diversità dei ministeri deve contribuire alla realizzazione di questa missione che non si può compiere al di fuori di essa: l'incontro con Gesù Cristo è legato alla qualità della vita ecclesiale.

In questa Chiesa, i Vescovi, successori degli apostoli, assicurano, in unità con il successore di Pietro e sotto la sua autorità, la continuità perenne dell'opera di Cristo, Pastore eterno. Questo ministero dei Vescovi è il fondamento di tutti i servizi ecclesiali: "Nessuno ha il potere di esercitare le funzioni del magistero, della santificazione o della autorità se non in cooperazione e in comunione con loro" ("Mutuae Relationes", 9,a). I Pastori di tutto il gregge, sono per tutti autentici maestri e guide alla perfezione e dunque anche i garanti della fedeltà alla vocazione religiosa nello spirito di ogni Istituto, educatori delle vocazioni e validi tutori per le famiglie religiose secondo il carattere loro proprio sui piani spirituale e apostolico (cfr. Ep 28).

Dunque lo stato di vita costituito dalla pratica dei consigli evangelici, pur non concernendo la struttura gerarchica della Chiesa, appartiene tuttavia fermamente alla sua vita e alla sua santità (LG 44). Per la Chiesa è un tesoro prezioso, la testimonianza evidente del dono totale all'amore e al servizio di Dio. Come ricorda Paolo VI nell'esortazione apostolica "Evangelica Testificatio", (3), "senza questo segno concreto, la carità della Chiesa tutta rischierebbe di raffreddarsi, il paradosso salvifico del Vangelo rischierebbe di affievolirsi, il "sale" della fede di diluirsi in un mondo in via di secolarizzazione".


3. Alla luce di questi principi e orientamenti dati dal Documento "Mutuae Relationes" (60-65), voi avete esaminato la attuale situazione delle Unioni e delle Conferenze dei Superiori generali (dei religiosi, delle religiose o misti), i loro rapporti con le diverse istanze ecclesiali, i frutti già raccolti, i mezzi indirizzati al fine di moltiplicarli come pure le difficoltà o le tentazioni che si presentano qui e là insieme ai mezzi per porvi rimedio.

I Vescovi si mostrano sempre più coscienti del valore della vita religiosa e della loro responsabilità a questo riguardo. La loro sollecitudine per una migliore conoscenza dello stato religioso in quanto tale e non solo nella sua azione apostolica, si manifesta, tra l'altro, nei loro sforzi per dare ai seminaristi e ai sacerdoti una informazione sempre più profonda e più completa.

Come ho già detto nel messaggio rivolto alla precedente Plenaria, è essenziale che essi provvedano a procurare ai religiosi un aiuto spirituale qualificato grazie a sacerdoti di valore. E' inoltre necessario che il clero diocesano rispetti sempre il carattere proprio dei diversi Istituti per quanto riguarda la loro spiritualità, la loro finalità apostolica, la loro vita comunitaria. Solo religiosi autentici possono collaborare fruttuosamente ad una autentica evangelizzazione.

Garanti della dottrina e della liturgia, i Pastori provvederanno dunque con cura a dare a tutto il loro gregge, ma specialmente a quella sua porzione scelta costituita dai religiosi e dalle religiose, un nutrimento spirituale e dottrinale sano e ricco, badando a preservarli da deviazioni dottrinali e da abusi pratici che potrebbero nuocere alla fecondità apostolica e all'esistenza stessa della vita consacrata.

Benché il tema della vostra Assemblea non concerna direttamente la vita contemplativa, voglio qui confermare tutta la riconoscenza della Chiesa per il sostegno inestimabile conferito nell'evangelizzazione dalle preghiere e dai sacrifici dei monaci e delle monache. So che i Pastori condividono tutti questo punto di vista e che ciascuno di loro desidera ardentemente beneficiare nella sua diocesi della presenza di uno o di più monasteri.

Desidero inoltre incoraggiare in modo particolare i religiosi laici associati all'opera pastorale dei Vescovi; la loro collaborazione è una ricchezza, specialmente per l'educazione cristiana e la catechesi dei giovani.


4. I religiosi non dovranno mai temere di mettere in rilievo gli elementi essenziali della loro vita: l'unione con Dio, nella preghiera e nella contemplazione, la pratica dei consigli evangelici, la vita fraterna. La sollecitudine pastorale non dovrà mai prevalere indebitamente su questi valori fondamentali, ma dovrà nutrirsi di essi.

Dovranno inoltre sviluppare il loro senso ecclesiale per un migliore inserimento nella Chiesa particolare e nella Chiesa universale. Soprattutto bisogna che essi evitino una separazione che porterebbe a dividere la Chiesa in compartimenti tra loro quasi non comunicanti a causa di una erronea concezione della esenzione. Questa non può causare alcuna difficoltà nelle relazioni in seno alle Chiese particolari; perché per le opere di apostolato, i religiosi, come tutti i fedeli, sono posti sotto la giurisdizione dei Vescovi.

Questo riferimento ai Vescovi è particolarmente necessario nel momento attuale in cui un buon numero di Istituti soffrono di una insufficienza delle vocazioni e in cui si compiono raggruppamenti di case o ristrutturazioni di opere.

Di queste misure devono sempre essere informati in collaborazione con l'Ordinario che ha la responsabilità pastorale degli orientamenti apostolici.


5. Su tutte queste questioni, le Unioni dei Superiori generali possono rivelarsi di grande utilità se esse rispondono adeguatamente alla finalità stabilita al tempo della loro erezione. E' allora desiderabile che esse rivedano periodicamente la loro attività e il loro funzionamento secondo le condizioni stabilite nei loro Statuti.

Il ruolo delle Conferenze è di primaria importanza per l'accoglimento degli orientamenti della Santa Sede; compete loro spesso di farle conoscere, di diffonderle, di studiarle in vista di una loro migliore applicazione da parte dei religiosi.

I temi scelti dalle Assemblee generali saranno determinati di preferenza al fine di valorizzare e di promuovere i valori propri della vita religiosa.

Il ruolo delle Unioni è particolarmente apprezzabile nei rapporti degli Istituti tra di loro e con la Gerarchia, per quanto riguarda l'azione pastorale.

E' altamente desiderabile che le questioni relative al raggruppamento delle Case e alla ristrutturazione delle Opere siano esaminate secondo il piano dell'Unione perché la cooperazione permetta una migliore ripartizione di coloro che lavorano per il Vangelo.

Il dialogo con l'Episcopato è grandemente facilitato là dove esistono commissioni miste o analoghi organismi di Vescovi e di religiosi e dove quest'ultimi partecipino ai consigli della pastorale. Le forme di dialogo possono essere multiformi e varie; esse sono fruttuose quando si fondano sulla carità e la mutua fiducia.

Per terminare, desidero di tutto cuore che i Pastori, i Superiori religiosi e le loro Unioni collaborino strettamente al fine di aiutare i religiosi e le religiose a portare nel mondo attuale una testimonianza fedele, generosa e serena: essi costituiscono in modo particolare l'immagine di Cristo, imitando più da vicino e rappresentando continuamente, a causa del loro stato di vita, la forma di vita del Signore e dei suoi discepoli (cfr. LG 44).

Che la vergine Maria, Madre della Chiesa, modello delle anime consacrate, vi aiuti tutti nel compimento di questo compito magnifico: tale è la mia preghiera per voi mentre vi benedico di tutto cuore, e benedico, tramite le vostre persone, tutti coloro, uomini e donne, che praticano la vita religiosa in tutto il mondo

Data: 1981-11-20
Venerdi 20 Novembre 1981


Ai Vescovi della Campania in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vocazioni e formazione permanente del clero esigenze prioritarie nelle diocesi campane

Signor Cardinale, Venerati confratelli nell'Episcopato!

1. Il nostro incontro odierno, che corona la visita "ad limina", compiuta da voi, Pastori della Campania, è per me motivo di profonda gioia interiore, perché mi dà l'occasione di esprimervi, ancora una volta, i sentimenti di affetto e di stima, che provo sia per voi sia per i fedeli delle trentacinque diocesi, affidate al vostro servizio pastorale. Esso mi richiama alla memoria il pellegrinaggio, da me compiuto al Santuario di Pompei ed a Napoli del 21 ottobre 1979, e, specialmente, la breve, ma intensa e commossa visita che, il 25 novembre dello scorso anno, subito dopo il terremoto, compii nelle zone devastate, tra cui Napoli ed Avellino.

Questo incontro comune vuole essere anche come la sintesi ideale di quanto abbiamo detto insieme nelle udienze private, con ciascuno di voi, che, mediante la visita "ad limina", avete inteso riaffermare la perfetta unione di mente e di cuore che esiste fra le Chiese particolari della vostra Regione e la Chiesa di Roma; fra voi, Vescovi della Chiesa della Campania, e il Vescovo di Roma, successore di Pietro.

Questa unione nella fede e nella carità, testimonianza concreta della unità voluta da Gesù (cfr. Jn 17,11 Jn 17, immagine efficace della vita della Chiesa Madre di Gerusalemme (cfr. Ac 4,32), deve continuare animare indirizzare le vostre diocesi, ispirare altresì tutte le molteplici iniziative di carattere pastorale che voi, nella vostra sollecitudine episcopale, intendete promuovere. Ad evitare dispersioni di energie, diversità di indirizzi nelle scelte, iniziative saltuarie disarticolate, si avverte sempre più la necessità di un autentico coordinamento unitario non solo livello diocesano, ma altresì livello regionale. Occorre, per il bene della Chiesa, saper superare, nell'unita nella carità, un certo tipo di non bene intesa autonomia, che potrebbe manifestarsi, alla prova dei fatti, o inutile o inefficiente.


2. Dai nostri colloqui personali è emersa una esigenza prioritaria: quella della preparazione e della formazione dei candidati al sacerdozio e della stessa cura e formazione permanente del clero. Su una popolazione di più di cinque milioni e mezzo di abitanti, in Campania operano circa duemila e cinquecento sacerdoti, oltre ai duemila e trecento religiosi. A tutti codesti fratelli, che sono "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1) e dedicano la loro vita per la diffusione del Vangelo, va il mio affettuoso ricordo, il mio apprezzamento, la mia parola di incoraggiamento, perché, pur in mezzo a tante difficoltà, siano sempre fedeli allo loro altissima vocazione e si prodighino volentieri, anzi - come afferma san Paolo di se - consumino se stessi per le anime (cfr. 2Co 12,15). Non mancherà certamente il vostro impegno, la vostra sollecitudine, la vostra cura, carissimi confratelli nell'Episcopato, perché il problema delle vocazioni, quello della preparazione dei seminaristi e della formazione permanente del Clero siano in cima ai vostri pensieri. Penso in questo momento, con sincero affetto, ai trecento seminaristi dei dieci Seminari minori, ai centocinquanta dei Seminari maggiori di Napoli e di Benevento, come pure alla Facoltà Teologica dell'Italia meridionale, con le sue due Sezioni; che tali Istituti continuino tutti ad essere autentiche fucine di profonda formazione spirituale e di seria preparazione culturale e teologica, perché i sacerdoti della Campania possano corrispondere pienamente alle attese della Chiesa e della società contemporanea.

Né posso dimenticare i diaconi permanenti, che vengono formati e preparati nell'"Istituto Diocesano per l'iniziazione ai ministeri", in Napoli: mentre esprimo il mio compiacimento per tale iniziativa, la quale risponde ad un preciso voto del Concilio Vaticano II, auspico che tale preparazione e formazione sia sempre organica e completa, perché i candidati al Diaconato possano adeguatamente compiere il loro servizio ecclesiale, rendendo una vera collaborazione al clero, con disinteressato impegno e generosa dedizione nei vari campi della pastorale, che saranno loro affidati dalle Autorità competenti.

Una particolare parola di incoraggiamento desidero in questo momento rivolgere alle circa seimila religiose della Campania, che nelle varie attività catechistiche, educative, assistenziali, o nel silenzio orante della clausura, danno una preziosa testimonianza del valore perenne della totale donazione a Dio, mediante la povertà, la castità e l'obbedienza consacrate.


3. Il disastroso terremoto che il 23 novembre dello scorso anno si abbatté sulla Basilicata e sulla Campania, seminando lutti e distruzioni, è stato oggetto speciale delle nostre udienze. Ognuno di voi mi ha voluto informare sulla reale entità delle rovinose conseguenze del sisma, su quanto è stato finora fatto per venire incontro alle legittime esigenze dei nostri fratelli colpiti, e su quali prospettive si presentino per il futuro, che si auspica migliore e più sereno.

Rimangono tuttavia molteplici e gravi problemi di carattere materiale, spirituale e pastorale. Moltissimi dei nostri fratelli e sorelle hanno perduto la casa, i loro beni, frutto di lunghi e sudati risparmi; hanno perduto il loro posto di lavoro, e sono pertanto preoccupati per il loro avvenire e per quello delle loro famiglie. I giovani, in particolare, sono alla ricerca di una sistemazione, e soffrono nell'anima per tante speranze rimaste finora deluse. Questa somma di problemi di carattere sociale ed umano con evidente drammaticità incide profondamente anche negli aspetti della vita religiosa delle zone colpite. E' necessario ed urgente ridare a questi nostri carissimi fratelli e sorelle il senso di una autentica fiducia fondata sulla solidarietà di tutti, perché è dovere di tutti contribuire alla soluzione dei loro problemi fondamentali. Occorrerà ricostruire tutto: case, posti di lavoro, paesi. I Vescovi dei luoghi colpiti dal sisma debbono essere gli animatori e i sostenitori di tutte quelle iniziative di solidarietà, che possano contribuire alla ricostruzione delle regioni devastate.

Il drammatico evento deve rappresentare per tutti uno sprone, un invito all'azione indefessa, e anche ad una pastorale organica, unitaria, solidale e, per certi aspetti, nuova, perché nuovi ed imprevisti sono i problemi che il terremoto ha provocato o ha messo in chiara evidenza. Tali problemi sono collegati con quello più generale, che sociologicamente viene denominato come il "problema del Mezzogiorno d'Italia": esso è di carattere non solo regionale, ma nazionale, e deve essere quindi studiato ed affrontato, "viribus unitis", con la Conferenza Episcopale Italiana, la quale non mancherà certamente di offrire validi aiuti ed opportuni contributi a tale scopo. Esprimo l'auspicio più cordiale che, grazie anche all'azione di incoraggiamento dai voi generosamente sviluppata, possa essere eliminato il cronico flagello della disoccupazione ed assicurata ad ogni famiglia una adeguata fonte di onesto guadagno, con una conveniente abitazione, così che per l'amata terra campana arridano finalmente giorni migliori.

E' in questo ampio contesto che deve essere approfondita ed incoraggiata la promozione apostolica del laicato della Campania e la sua specifica formazione, nell'ambito dell'impegno primario della evangelizzazione e della catechesi; nel superamento di una religiosità, che, lungi dal mantenersi per forza di inerzia, proceda da una profonda e radicata convinzione, fondata sulla meditazione continua della Parola di Dio, sulla cosciente e attiva partecipazione della vita dei Sacramenti, sul docile ascolto del Magistero ecclesiastico, concretizzandosi in una coerente e coraggiosa testimonianza della propria identità di cristiani; nella urgenza di riaccendere una "cultura", che sappia rispondere alle migliori tradizioni cristiane locali, per un proficuo dialogo con un mondo pluralista sempre più emergente; nel recupero di quell'anima religiosa inconfondibile della gente campana, che ha trovato in san Alfonso Maria de' Liguori il suo fedele interprete e il suo efficace ispiratore, mediante le missioni popolari, la poesia, i canti, le varie opere di formazione religiosa. Il laicato cattolico della Campania potrà e dovrà dare un apporto determinante ed originale nella ricostruzione materiale e spirituale di tutta la vostra regione e in particolare, delle zone colpite dal terremoto. E' l'invito pressante, che oggi rivolgo, in questa privilegiata circostanza del mio incontro con voi, Pastori della diletta Campania.


4. La triste vicenda del terremoto ci ha obbligato a parlare di "ricostruzione". E tale immagine trova la sua analogia in quella della Chiesa, considerata come "edificio di Dio" (1Co 3,9), che deve essere continuamente costruita sul fondamento di Cristo. Occorrerà cioè che la fede, interiormente assimilata e dinamicamente realizzata, sproni a conservare intatti quei valori umani e cristiani, che per secoli sono stati tramandati, da generazione a generazione, come un tesoro prezioso: la fiducia nella Provvidenza divina, la santità della famiglia, il rispetto della vita, la solidarietà con gli altri, specie nel bisogno e nella sofferenza, e, in maniera speciale e singolare, la tenera e filiale devozione alla Madonna santissima, che ha nell'antico Santuario di Montevergine e in quello di Pompei, fondato dal Beato Bartolo Longo, i suoi due luoghi privilegiati, noti in tutto il mondo. Ed è alla Vergine santissima, Madre di Dio e della Chiesa, che affido la vostra regione, la quale è stata feconda di eminenti figure di santi, quali san Gennaro, sant'Alfonso Maria de' Liguori e san Gerardo Maiella, per citare soltanto i più noti e più profondamente radicati nella devozione popolare.

Mentre rinnovo i sentimenti della mia affettuosa stima e sincera cordialità per voi, cari confratelli nell'Episcopato, e per i fedeli della Regione Campana, invoco su tutti di cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1981-11-21
Sabato 21 Novembre 1981


Ai partecipanti al Congresso Italo-Tedesco promosso dal Consiglio Sindacale della Fondazione "Konrad-Adenauer" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Tutelare i legittimi interessi dei lavoratori per il pieno conseguimento del bene comune

Illustri Signore e Signori,

1. In occasione del 90° anniversario dell'enciclica "Rerum Novarum" vi siete radunati qui a Roma, nel quadro della Fondazione "Konrad-Adenauer", per un Convegno italo-tedesco. Il tema è l'attualità della dottrina sociale cristiana e la partecipazione dei lavoratori. Mi rallegro per questa vostra iniziativa e vi esprimo il mio cordiale benvenuto in questo incontro in Vaticano.

Per l'udienza generale del 13 maggio di quest'anno, avevo preparato un discorso che poi non ho potuto tenere. In questo discorso erano contenute le seguenti parole: "E' merito di Papa Leone XIII l'aver cercato di dare alla dottrina sociale della Chiesa un carattere organico e sintetico". La soluzione della "questione operaia" costituiva il punto centrale dei suoi sforzi. Nella sua enciclica leggiamo le memorabili parole: "I lavoratori non devono essere considerati e trattati come schiavi; va vista come sacra la dignità della loro persona che è stata nobilitata dalla loro dignità di cristiani" (n. 16). Per difendere questa dignità personale del lavoro, minacciata dalla nuova economia industriale, Leone XIII richiese il contributo della Chiesa, l'aiuto dello Stato e l'iniziativa personale dei lavoratori. E' significativo che già nel 1891 Papa Leone XIII vedeva nel responsabile contributo dei lavoratori stessi un essenziale passo in avanti per il superamento della lotta di classe e per la costruzione di una società degna dell'uomo (cfr. n. 36.43).

2. Nei passati novant'anni molte cose sono mutate, anche nel mondo del lavoro. La dottrina sociale della Chiesa ha accompagnato attentamente questo mutamento e ha cercato di contribuirvi. Nella mia ultima enciclica "Laborem Exercens" ho espresso la convinzione che oggi siamo "alla vigilia di nuovi sviluppi nelle condizioni tecnologiche, economiche e politiche che, secondo molti esperti, influiranno sul mondo del lavoro e della produzione non meno di quanto fece la rivoluzione industriale del secolo scorso" (LE 1). Nella stessa enciclica ho insistentemente sottolineato come oggi a livello mondiale vi siano "nuove modalità di ingiustizia" e "ben più vaste di quelle che, nel secolo scorso, stimolarono l'unione degli uomini del lavoro per una particolare solidarietà nel mondo operaio" (LE 8).

Si tratta oggi di assicurare nuovamente la dignità del lavoro umano nelle mutate situazioni economiche, politiche e culturali a livello nazionale e internazionale. Non è compito della Chiesa proporre programmi concreti. Ma è suo compito e suo dovere richiamare sempre di nuovo il fatto che il lavoro umano non è una merce ma che l'uomo "mediante il lavoro non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, diventa più uomo" (LE 9). Da ciò consegue necessariamente il principio della priorità dell'uomo nei confronti delle cose, del lavoro di fronte al capitale (cfr. LE 12).


GPII 1981 Insegnamenti - Ai Vescovi della Costa d'Avorio in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)