GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Collevalenza

Recita dell'"Angelus" - Collevalenza

Titolo: Il messaggio dell'amore è il mio compito nella Sede di Pietro



1. "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1,30-33).

Ricordiamo oggi queste parole che la Vergine di Nazareth ha ascoltato nell'annunciazione. Le ricordiamo, recitando l'"Angelus" nella festa di Cristo Re.

Colui, che era stato concepito nel grembo della Vergine, è il Re.

E benché, accusato davanti a Pilato di affermare di essere re, abbia risposto: "Il mio regno non è di questo mondo" (Jn 18,36), benché non abbia ereditato il trono terrestre di Davide, tuttavia Egli regna "per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".

Proprio perché tale regno "non è di questo mondo" e va misurato con un metro diverso da quello di tutti gli altri regni terrestri e delle dominazioni temporali.


2. Esso si misura col metro dell'Amore, col metro dell'Amore misericordioso. Un anno fa ho pubblicato l'enciclica "Dives in Misericordia". Questa circostanza mi ha fatto venire oggi al Santuario dell'Amore misericordioso. Con questa presenza desidero riconfermare, in qualche modo, il messaggio di quella enciclica. Desidero leggerlo di nuovo e di nuovo pronunciarlo.

Fin dall'inizio del mio ministero nella sede di san Pietro a Roma, ho ritenuto questo messaggio come mio particolare compito. La Provvidenza me l'ha assegnato nella situazione contemporanea dell'uomo, della Chiesa e del mondo. Si potrebbe anche dire che appunto questa situazione mi ha assegnato come compito quel messaggio dinanzi a Dio, che è Provvidenza, che è mistero imperscrutabile, mistero dell'Amore e della Verità, della Verità e dell'Amore. E le mie esperienze personali di quest'anno, collegate con gli avvenimenti del 13 maggio, da parte loro mi ordinano di gridare: "misericordiae Domini, quia non sumus consumpti" (Lm 3,22).

Perciò oggi prego qui insieme con voi, cari fratelli e sorelle. Prego per professare che l'Amore misericordioso è più potente di ogni male, che si accavalla sull'uomo e sul mondo. Prego insieme con voi per implorare quell'Amore misericordioso per l'uomo e per il mondo della nostra difficile epoca.


3. Proprio nella solennità di Cristo Re dello scorso anno un violento terremoto si abbatteva sulle regioni della Basilicata e della Campania, provocando morte, dolore, distruzione. In questo momento, qui presso il santuario dell'Amore misericordioso, ricordiamo nella fervida preghiera ed affidiamo all'infinito amore di Dio Padre le anime dei fratelli e delle sorelle che in quella terribile circostanza perdettero la vita. Ma dobbiamo ricordare e pregare anche per i superstiti, per coloro che in quel triste avvenimento perdettero tutto: la casa, i beni, i campi, il posto di lavoro, le chiese, i paesi. Ad un anno di distanza tanti gravi problemi di carattere sociale sono ancora irrisolti. Per questo oggi, mentre rivolgo ai fratelli ed alle sorelle delle zone colpite dal sisma il mio affettuoso saluto di incoraggiamento, sento il bisogno di indirizzare un caldo invito ed un pressante appello a tutti, perché ognuno, secondo le sue possibilità e il suo campo di competenza, dia un generoso, fattivo contributo perché le legittime aspettative di quelle care popolazioni non siano ulteriormente deluse.


4. "Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti" (1Co 15,20).

Oggi, mentre cerchiamo di abbracciare con il cuore e con la preghiera il mistero del regno di Cristo, ritroviamo in esso in modo particolare coloro, che ci hanno lasciato, "quelli che sono morti". Tutto il mese di novembre è dedicato al ricordo di questi: vicini e lontani, di tutti.

Soltanto in questo regno che Dio ha stabilito in Gesù Cristo, questi nostri morti permangono nell'unione con noi. E noi con loro.

"...Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo" (1Co 15,22).

Professiamo la fede nella comunione dei santi e nella vita eterna! Il regno che "non è di questo mondo" (Jn 18,36) non tiene conto dei limiti della morte e del sepolcro, ai quali, in ogni luogo della terra, è sottomesso "questo mondo" e l'uomo che in esso vive.

Quando professiamo questo regno, riconfermiamo la presenza nel mondo di Colui, per il quale tutto esiste: Deum, cui omnia vivunt, venite adoremus! (Al termine della recita dell'"Angelus", il Santo Padre ha aggiunto:) Vorrei ora invitarvi ad unire le vostre preghiere alle mie per un'altra intenzione che mi sta particolarmente a cuore.

Ho appreso con viva pena che, nei giorni scorsi, undici Padri Saveriani hanno dovuto abbandonare il Burundi, e desidero far loro giungere una parola di conforto per il sacrificio di aver lasciato il campo del proprio apostolato Ma soprattutto non posso non pensare con trepidazione a quelle popolazioni ed all'intera Chiesa burundese, che restano così prive dell'aiuto di tali sacerdoti.

Eleviamo con filiale fiducia la nostra implorazione al Signore, per l'intercessione della Vergine santissima, per la Chiesa, per quegli zelanti Pastori e per l'intero popolo del Burundi.

Rivolgo ora un affettuoso saluto a coloro che stanno partecipando o ascoltando questo "Angelus": a tutti i presenti in questa piazza, e in particolare ai Gruppi giovanili dell'Amore misericordioso, alle coppie di sposi, che qui, a Collevalenza, hanno partecipato ai vari incontri di spiritualità, agli uomini ed alle donne dei Corsi di Cristianità, ai fedeli della parrocchia di Collevalenza e delle altre tre parrocchie vicine, affidate alle cure dei Figli dell'Amore misericordioso.

A tutti il mio affettuoso, beneaugurante ricordo.

Data: 1981-11-22
Domenica 22 Novembre 1981


Alle Ancelle e ai Figli dell'Amore misericordioso - Collevalenza

Titolo: Rivelare all'uomo d'oggi il mistero del Padre e del suo Amore

Carissimi fratelli e sorelle All'inizio di questo desiderato incontro con voi, Ancelle e Figli dell'Amore misericordioso, amo rivolgervi le parole di san Paolo ai Corinzi: "Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso" (2Co 1,3).

La consolazione, che procura al mio cuore questo pellegrinaggio, è certamente anche la vostra, derivante dalla certezza di essere fedelmente accolti dalla bontà divina, anche "in ogni nostra tribolazione". Se Dio ed il suo Amore sono per noi la consolazione che nessuno può sottrarci - "nessuno vi potrà togliere la vostra gioia" (Jn 16,22) - siamo chiamati al tempo stesso ad alimentare in noi la sollecitudine insopprimibile di partecipare a tutti un tale amore.

1. Per liberare l'uomo dai timori esistenziali, da quelle paure e minacce che sente incombenti da parte di individui e Nazioni, per rimarginare le tante lacerazioni personali e sociali, è necessario che alla presente generazione - alla quale pure si estende la Misericordia del Signore cantata dalla Vergine santissima (cfr. Lc 1,50) - sia rivelato "il mistero del Padre e del suo amore". L'uomo ha intimamente bisogno di aprirsi alla misericordia divina, per sentirsi radicalmente compreso nella debolezza della sua natura ferita; egli necessita di essere fermamente convinto di quelle parole a voi care e che formano spesso l'oggetto della vostra riflessione, cioè che Dio è un Padre pieno di bontà che cerca con tutti i mezzi di confortare, aiutare e rendere felici i propri figli; li cerca e li insegue col amore instancabile, come se Lui non potesse essere felice senza di loro. L'uomo, il più perverso, il più miserabile ed infine il più perduto, è amato con tenerezza immensa da Gesù, che è per lui un padre ed una tenera madre.


2. Da questi brevi cenni risulta che la vostra vocazione sembra rivestire un carattere di viva attualità. E' vero che la Chiesa, durante i secoli, mediante anche l'opera dei vari Ordini e Congregazioni religiose, ha sempre proclamato e professato la misericordia divina, essendone amministratrice sollecita in campo sacramentale ed in quello dei rapporti fraterni, ma vorrei rilevare soltanto che la vostra speciale professione attinge direttamente il nucleo di una tale missione, e vi abilita istituzionalmente ad esercitarla.

Auspico di cuore che lo spirito del vostro Istituto, il quale reca con sé il fervore degli inizi, si esprima sempre in una pietà solida, in una disinteressata dedizione ed in un ardente impegno apostolico, come ne fanno fede le grandiose costruzioni sorte in pochi decenni attorno a questo Santuario, e le folle che qui accorrono per rinnovare ed accrescere la propria vita cristiana.

Incoraggio di cuore quanto viene compiuto nel campo dell'assistenza e della santificazione del clero diocesano. Tale compito rientra nel fine specifico della Congregazione dei Figli dell'Amore misericordioso, per la cui realizzazione le Ancelle prestano la loro delicata collaborazione. Si legge infatti nel Libro delle Usanze che traduce in pratica le Costituzioni: "Aiuteranno i sacerdoti in tutto, più con i fatti che con le parole", e tutto ciò con spirito di lieta e generosa dedizione. Un particolare impegno viene esercitato per incoraggiare tra i sacerdoti diverse e progressive forme di una certa vita comune (cfr. "Presbysterorum Ordinis", PO 8).

Le Ancelle, d'altra parte, svolgono nelle loro Case tutta una serie di provvide assistenze che testimoniano una generosa elasticità nell'adattamento alle esigenze caritative dei luoghi ed alle domande dell'Autorità ecclesiastica.


3. Ed ora, cari fratelli e sorelle, vorrei rivolgervi una viva esortazione ad essere saggiamente fedeli alla vostra vocazione.

Consapevoli della necessità che l'uomo moderno ha di incontrarsi con l'amore del "Padre delle misericordie", e lieti di essere consacrati alla diffusione di un tale amore, offrite, anzitutto, nell'ambito della vostra grande Famiglia, una testimonianza serena e convincente di carità fraterna. "Congregavit vos in unum Christi amor": è Cristo Signore che si è interessato a ciascuno di voi e vi ha riuniti in Congregazioni distinte, ed in un'unica Famiglia, per compiere, con differenti modalità, lo stesso cammino di perfezione, nello svolgimento della missione evangelizzatrice. Il compito di proclamare la misericordia del Salvatore richiede una testimonianza probante di unione, di scambievole amore misericordioso, come Gesù stesso ha esortato con la forza tragica della sua ultima ora: "Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Jn 15,12). Tale amore fraterno è in se stesso una prova ed una evangelizzazione della misericordia: "Siano anch'essi una sola cosa in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).

Per costruire l'anima, prima ancora che le strutture di una Congregazione, è necessario realizzare un amore che richiede spesso sacrificio e rinuncia personale, in sintonia con quanto testimoniato da Cristo, soprattutto col suggello della sua estrema donazione.

Tale richiamo suggerisce l'invito ad approfondire sempre più le radici del vostro spirito di Famiglia, mediante una immedesimazione intensa nei sentimenti di Cristo Crocifisso e di Cristo Eucaristia, le cui immagini recate nel vostro emblema: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che erano in Gesù Cristo... che umilio se stesso... fino alla morte di croce" (Ph 2,5).

Non è possibile essere Araldi della misericordia senza l'assimilazione intensa del senso e del valore delle estreme donazioni di un amore divino infinitamente più potente della morte: il Crocifisso e l'Eucaristia; di un amore inesauribile, "in virtù del quale il Signore desidera sempre unirsi ed immedesimarsi con noi, andando incontro a tutti i cuori umani", come scrivevo un anno fa nella lettera enciclica "Dives in Misericordia" (DM 13), che voi vi proponete di ricordare tra pochi giorni con un solenne convegno internazionale.

Nella contemplazione di un tale amore, è meno difficile resistere ad un'aura secolarizzante che, sotto il pretesto di un certo tipo di presenza nel mondo, potrebbe aver impoverito la fede e reso meno viva la fiducia e meno soprannaturale la carità; è più facile alimentare il buon spirito trasmessovi, per realizzare in voi la beatitudine dei "misericordiosi", al fine non solo di ottenere, ma anche di irradiare misericordia.

Quel Santuario voluto per esaltare e continuamente celebrare i tratti più squisiti dell'Amore misericordioso, consideratelo come costante punto di riferimento, culla della vostra vocazione, centro e segno della vostra particolare spiritualità. In essi sia sempre proclamato il lieto annunzio dell'Amore misericordioso, mediante la Parola, la Riconciliazione e l'Eucaristia. E' parola evangelica quella che voi qui pronunciate per confortare e convincere i fratelli circa l'inesauribile benevolenza del Padre celeste. E rendere possibile l'esperienza di un amore divino più potente del peccato, l'accogliere i fedeli nel Sacramento della Penitenza o Riconciliazione, che so qui amministrato con costante impegno. E rinvigorire tante anime affaticate e stanche, alla ricerca di un ristoro che rechi dolcezza e robustezza nel cammino, offrire loro il Pane Eucaristico.

Tale sublime ministero della Misericordia, come pure ogni vostra aspirazione ed attività, affido a Maria santissima, da voi venerata sotto il titolo di Mediatrice, invocandola con fervore, affinché voglia maternamente propiziare ed affrettare per voi il dono del suo figlio Gesù e, d'altra parte, la vostra piena apertura verso di Lui.

La mia esortazione ed il mio saluto raggiungano ugualmente quanti, Ancelle e Figli delle varie Comunità d'Italia, di Spagna e di Germania, non sono qui presenti, con particolare pensiero di conforto e di incoraggiamento per le due giovani Comunità missionarie del Brasile. Auspico alla vostra cara Madre Fondatrice, che è qui in mezzo a voi, di vedervi tutti decisamente incamminati verso la santità, secondo le sue aspirazioni materne.

Rivolgo poi un particolare saluto, beneaugurante letizia e prosperità cristiane, ai vostri amici ed a quanti sostengono le vostre iniziative apostoliche, mentre imparto a tutti ed a ciascuno la mia affettuosa benedizione apostolica.

Data: 1981-11-22
Domenica 22 Novembre 1981


Alla diocesi di Todi

Titolo: Da Gesù, Verbo incarnato il senso autentico della vita

Carissimi cittadini di Todi!

1. Nelle mie visite apostoliche, eccomi giunto anche da voi, qui, nella vostra magnifica città, accettando di buon grado il vostro invito, così gentile e premuroso, fattomi pervenire in occasione del pellegrinaggio al vicino Santuario di Collevalenza! Grande è la mia gioia nel trovarmi in mezzo a voi! Saluto in primo luogo il Signor Sindaco con i componenti della Giunta comunale, i responsabili dei vari Organismi regionali e provinciali, tutte le Autorità civili, militari, scolastiche, che in modo diverso ma con uguale impegno svolgono la loro attività a vantaggio della cittadinanza: a tutti loro vada l'espressione della mia stima e l'augurio sincero di poter sempre svolgere efficacemente, nella comune concordia e nella serenità, i loro compiti al servizio dell'uomo nel suo sviluppo terreno.

Saluto poi il Vescovo, Monsignor Decio Lucio Grandoni, che con amore e con dedizione regge questa diocesi, e con lui saluto i suoi collaboratori, i sacerdoti ed i religiosi, che incontrero fra pochi istanti, e, poi, le religiose ed i laici più intimamente impegnati nel lavoro pastorale. A tutti porgo l'augurio di fedeltà religiosa e di copiose soddisfazioni spirituali nei rispettivi campi di apostolato.

Con speciale intensità di sentimenti saluto tutto voi, carissimi fratelli e sorelle che rappresentate davanti ai miei occhi la diocesi di Todi con le sue speranze e con i suoi problemi, con le sue aspirazioni e con la sua tenacia: i padri e le madri di famiglia, che hanno oggi doveri tanto assillanti e difficili da compiere; le persane anziane, che con la loro saggezza ed esperienza sono parte validissima nella compagine sociale e familiare; i giovani, che subiscano maggiormente le scosse dei tempi attuali e devono essere sempre più compresi ed amati; i bambini ed i fanciulli, oggetto di tenerezza e segno di fiducia; gli insegnanti e gli educatori, sui quali pesa una nobilissima responsabilità; i lavoratori di tutte le categorie, che con la loro quotidiana fatica sono alla base dell'efficienza e del progresso della società; i malati ed i sofferenti, che con il loro dolore impegnano i fratelli nel prezioso esercizio della carità.

Ringrazio tutti, uno per uno, personalmente. per la vostra presenza e commosso dalla vostra bontà, vi ripeto le parole di san Paolo: "Il Signore sia con tutti voi! Il Signore della pace vi dia Egli stesso la pace, sempre e in ogni modo!" (2Th 3,16).


2. In questa vostra città assai nota, che era centro di diocesi già nel secondo secolo, vorrei avere più tempo a disposizione per respirarne la mistica atmosfera, per ammirarne le bellezze artistiche e i monumenti, carichi di storia, che ricordano profonde tradizioni civili e religiose; soprattutto vorrei entrare nelle botteghe del vostro lavoro, nei centri delle vostre attività, per incontrarmi con voi, per ascoltare le vostre voci, vedere i vostri volti, confortare i vostri infermi, carezzare i vostri bambini.

Sono venuto per assicurarvi che Cristo vi ama e che desidera unicamente la vostra felicità! E desidera che continuiate ad amarvi, a comprendervi, ad aiutarvi a vicenda nelle varie necessità! Che la bontà e la carità regnino in voi, nelle vostre case, nelle vostre organizzazioni, nelle scuole, nei luoghi del lavoro, dello studio, del divertimento. Che Cristo regni sempre nei vostri cuori e nelle vostre famiglie. Che siano abbondanti in tutti voi i frutti dello Spirito, e cioè: l'amore, la gioia, la pace, la pazienza, la benevolenza, la fedeltà, la mitezza, il dominio di sé (cfr. Ga 5,22).

Auguro di cuore che nelle vostre case risplenda sempre la fiaccola della bontà e della fede cristiana!


3. Mi piace ora lasciarvi anche un pensiero che vi serva come ricordo e come proposito. Ciò che fa più impressione oggi, nella società moderna in cui viviamo, è forse la perdita in molti del vero senso della vita. In un vasto settore dell'odierna società si è oscurato o talvolta è stato smarrito il significato trascendente dell'esistenza. E, non conoscendo più perché e per chi si vive, è facile essere travolti dall'impeto delle passioni, dall'egoismo, dalla crudeltà, dall'anarchia dei sensi, dalla distruzione della droga, dalla disperazione.

Dobbiamo rivolgere lo sguardo a Cristo: solo Lui "è la luce che splende nelle tenebre; Egli è la luce vera che illumina ogni uomo" (Jn 1,


5.9).

Gesù è il Verbo incarnato, il Rivelatore e il Redentore, che annunzia con parola assoluta e definitiva, perché divina, il senso autentico della vita, dono prezioso dato da Dio, che è l'Amore misterioso e misericordioso, che dobbiamo accettare e far fruttificare, in funzione e nella prospettiva della felicità eterna. "lo sono la luce del mondo - disse Gesù - chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Jn 8,12). E' di questa luce fondamentale ed essenziale che hanno vivo bisogno gli uomini, sempre, ma particolarmente oggi.

Come il cieco di Gerico, ricordato dal Vangelo, l'uomo moderno deve rivolgersi a Gesù, con totale fiducia. "Che cosa vuoi che io faccia per te?" - gli domando il Divino Maestro; il cieco rispose: "Signore, che io possa di nuovo vedere!". E Gesù lo guari, dicendogli: "Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato!" (cfr. Lc 18,35-43).

Solo Cristo può illuminarci in modo pieno sul problema della vita e della storia: siatene sempre convinti e testimoniate con coerenza e coraggio questa vostra fede!


4. Carissimi amici! Trovandomi nella vostra città, è d'obbligo, almeno in conclusione, citare fra' Jacopone da Todi, il poeta e il mistico a tutti noto, che attraverso tante contrastate vicende, espresse con appassionato accento lirico il suo ardente amore a Cristo, con spirito talvolta tormentato e talvolta francescanamente lieto e sereno. Nella "lauda" sul "Pianto della Madonna", egli descrive, in commovente sintesi, la passione e la morte di Cristo in Croce e fa sgorgare dalla sensibilità materna di Maria, desiderosa di morire con Gesù, le più tenere invocazioni: "O figlio, figlio, figlio! - Figlio amoroso giglio - figlio dolce e piacente - figlio mio delicato!". E Gesù dall'alto della croce le esprime la sua ultima volontà, che così si può parafrasare: "Mamma, perché piangi? Io voglio che tu rimanga per aiutare questi miei fratelli!".

E' una lirica stupenda, ma è soprattutto un messaggio valido per sempre.

Siamo stati affidati a Maria! Pregatela anche voi, stringetevi al suo materno affetto, invocatela con fiducia e fervore, affinché mantenga sempre viva nei vostri animi la fede nell'Amore misericordioso di Cristo! Con questo auspicio, di gran cuore vi imparto la propiziatrice benedizione apostolica, che volentieri estendo a tutte le persone a voi care!

Data: 1981-11-22
Domenica 22 Novembre 1981


Al clero di Todi e Orvieto

Titolo: La misericordia divina sia il vostro programma sacerdotale

Carissimi sacerdoti, Ho desiderato di incontrarmi con voi, appartenenti al clero secolare e regolare delle diocesi di Todi e di Orvieto, unite nella persona del Vescovo, per manifestarvi la mia profonda affezione e il mio incoraggiamento nella vostra vita e nel vostro ministero sacerdotale. Sono lieto di vedervi raccolti in questa insigne Cattedrale tudertina, la quale, insieme a quella ancor più nota di Orvieto, riassume mirabilmente la fede, l'arte e la storia delle popolazioni di questa terra. Mi fa anche piacere di sapervi desiderosi di vivere con me un momento di fraterna e gioiosa comunione ecclesiale. Vi saluto con viva cordialità, tutti desidero abbracciare, confortare e ringraziare per la vostra calorosa accoglienza. Saluto, in particolare, il vostro Vescovo, Monsignor Decio Lucio Grandoni, e i due Vicari generali

1. Avrei tante cose da dirvi e tante da ascoltare da voi, ma il tempo breve non me lo consente; mi limitero perciò ad esporvi alcuni pensieri che mi vengono suggeriti dalle circostanze dell'odierna visita al Santuario dell'Amore misericordioso a Collevalenza.

Parlando a sacerdoti, in cura d'anime, che sono segni viventi ed efficaci della misericordia di Dio, non trovo considerazioni più stimolanti di quelle che discendono da questa virtù, che è al centro della Chiesa, come fontana zampillante, a cui tutti si accostano per dissetarsi. Mai come in questo tempo, l'uomo ha avuto tanto bisogno della misericordia che è necessaria e per il progresso spirituale di ogni anima e per quello umano, civile e sociale. Essa infatti, se è vissuta in pienezza, potrà rinnovare il tessuto dei rapporti all'interno dei vostri presbiteri e darà alle vostre comunità diocesane maggiore consistenza e afflato d'amicizia, di bontà, di concordia, di mutua stima e fiducia, e di volonterosa collaborazione. Vivendo questa spiritualità, vi potranno essere tra voi disparità di vedute, diversità di libere opinioni, molteplicità di iniziative pastorali, ma non vi mancherà mai l'unità di fede, di carità e di disciplina; non vi farà mai difetto il senso della comprensione e dell'indulgenza verso le manchevolezze altrui. In particolare voi, sacerdoti anziani, troverete il modo di comprendere i vostri confratelli più giovani; e voi giovani saprete stabilire con i vostri Superiori relazioni di sincerità e di fiducia, senza togliere a chi dirige il dovere della responsabilità e a voi stessi il merito dell'obbedienza. E' in questo studio di reciproca misericordia che si compie e si celebra il mistero della redenzione nella Chiesa. Fate di essa, sia nel suo interiore carisma di perdono e di amore, sia nel suo esteriore esercizio di servizio ad ogni necessità dei confratelli, il vostro programma sacerdotale, per vivere in pienezza di fede e di letizia il mistero del Cristo morto e risorto.


2. Ma la carità pastorale esige che voi sappiate usare tale misericordia a sollievo delle anime affidate alle vostre sollecitudini. Si può dire che i sacerdoti sono i primi e diretti promotori delle opere di misericordia corporale e spirituale. E' proprio vero! Ma che cosa comporta tutto questo? Tutto ciò comporta un nuovo concetto della funzione del pastore, il quale deve saper "com-patire" (Ph 2,1), deve avere in cuore una buona compassione (Ep 4,32), non deve chiudersi dinanzi ad un fratello che si trova nella necessità; in una parola, deve farsi buon samaritano (cfr. Lc 10,30-37). E' fuori dubbio che la funzione pastorale esige l'esercizio di una autorità: il pastore è capo, è guida, è maestro; ma subito subentra una seconda esigenza ed è quella del servizio. L'autorità nel pensiero di Cristo non è a beneficio di chi la esercita, ma a vantaggio di coloro ai quali si rivolge. L'autorità è un dovere e soprattutto un ministero verso gli altri, per condurli alla vita eterna. Questa funzione pastorale, se completa con tale spirito, porta alla sua espressione più piena, cioè al dono totale di sé, al sacrificio; proprio come Gesù ha detto e ha fatto di se: "Il Buon Pastore dà la vita per il suo gregge" (Jn 10,11). In questa visione è racchiusa una somma di qualità pastorali: l'umiltà, il disinteresse, la tenerezza (ricordate il discorso di Paolo ai cristiani di Mileto, (cfr. Ac 20,17-38); ma anche una somma di esigenze dell'arte pastorale, come lo studio della teologia pastorale, della psicologia, della sociologia per evitare faciloneria nei rapporti con le singole anime e con le comunità.

In particolare, questo amore misericordioso voi lo attuate nell'amministrazione dei Sacramenti, luogo privilegiato di misericordia e di perdono. Come è noto, il Padre che ci ha resi figli nel Battesimo resta fedele al suo amore anche quando, per propria colpa, l'uomo si separa da lui. La sua misericordia è più forte del peccato, e il Sacramento della Confessione ne è il segno più espressivo, quasi un secondo Battesimo, come lo chiamano i Padri della Chiesa. Nella Confessione, la stessa grazia del Battesimo si rinnova infatti per un nuovo e più ricco inserimento nel mistero di Cristo e della Chiesa. Anche la fragilità e l'infermità fisica dell'uomo sono, per la misericordia di Cristo, occasione di grazia; come avviene anche nell'Unzione degli infermi che riesprime e rinnova l'inserimento totale del cristiano malato nel mistero pasquale, quale segno efficace di sollievo e di perdono. Infatti in questo Sacramento il Cristo fa sua la fragilità dell'uomo e la riscatta, perché nella debolezza della creatura si manifesti pienamente la potenza di Dio (cfr. 2Co 12,9-10).

Ma per il malato anche l'Eucaristia è Sacramento della misericordia divina, essendo viatico per l'ultimo viaggio è destinato così a sostenerlo nel passaggio da questa vita al Padre e a munirlo della garanzia della risurrezione, secondo le parole del Signore: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risuscitero nell'ultimo giorno" (Jn 6,54). E' un atto di vero amore confortare i malati con questo Sacramento, l'ultimo, prima che essi vedano Dio al di là dei segni sacramentali e partecipino gioiosi al banchetto del Regno.


3. Carissimi sacerdoti, nell'amministrazione di questi Sacramenti della misericordia siate sempre diligenti e fervorosi, senza risparmiare energie e tempo, profondamente consapevoli che "la Chiesa vive una vita autentica, quando professa e proclama la misericordia - il più stupendo attributo del Creatore e Redentore - e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore, di cui essa è depositaria e dispensatrice" (DM 13). Abbiate nel vostro slancio pastorale quella pazienza e quella bontà, di cui il Signore stesso ci ha lasciato l'esempio, essendo venuto non per giudicare, ma per salvare (cfr. Jn 3,17). Come il Cristo, anche voi siate intransigenti con il male, ma misericordiosi verso le persone. Nelle difficoltà, che possono incontrare, i fedeli devono trovare nelle parole e nel cuore di voi pastori l'eco della voce del Redentore "mite ed umile di cuore" (Mt 11,29).

Sulla scia degli esempi a voi lasciati dalle luminose figure di sacerdoti e Vescovi - tra cui ricordo il degno e zelante Presule Monsignor Alfonso De Sanctis, a cui si deve l'erezione del Santuario dell'Amore misericordioso - continuate la vostra opera di animazione cristiana fra queste care popolazioni di Todi e di Orvieto. Curate la vita di preghiera e di bontà per essere ministri esemplari e portatori di gioia e di serenità a tutti. Coltivate l'intimità con Cristo, mediante una sincera e profonda vita interiore, ricordandovi sempre che la vostra missione è di essere testimoni del soprannaturale e annunciatori di Cristo agli uomini del nostro tempo, i quali avvertono sempre più, anche se le apparenze possono talvolta far pensare il contrario, il richiamo e il bisogno di Dio.

Affido questi voti alla Vergine santissima, Madre della Misericordia.

Ella non mancherà di proteggervi e di assicurare al vostro sacerdozio la sua materna e potente intercessione. Faccia Ella rifiorire il numero di coloro che aspirano al sacerdozio e seguono il divino Agnello dovunque Egli vada.

Con la mia Apostolica Benedizione.

Data: 1981-11-22
Domenica 22 Novembre 1981




Ai Vescovi dell'Africa del nord in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nel dialogo con il mondo islamico abbiate sempre presente la vostra identità

Cari fratelli nell'Episcopato, Permettetemi di esprimere la gioia che provo nel ricevervi di nuovo tutti insieme, riuniti intorno al caro e venerato Cardinale Duval, in occasione della vostra visita "ad limina". Questo incontro mi offre l'occasione di assicurarvi che sono vicino alle vostre preoccupazioni e alla vita delle vostre diocesi. Il mio desiderio è soprattutto che voi sappiate che il Papa comprende e apprezza l'impegno spirituale della Chiesa nel Maghreb.

Il numero dei vostri fedeli è oggi molto ridotto rispetto a quello del passato. Per la maggior parte si tratta di persone, spesso giovani, venute a lavorare per qualche anno al massimo nel vostro Paese nelle amministrazioni pubbliche o nel settore privato. Anche se qualche famiglia si è trasferita stabilmente, voi siete tuttavia, con i sacerdoti e i religiosi, l'elemento permanente di queste comunità cristiane che raggruppano quasi esclusivamente stranieri di tutte le nazionalità provenienti da ambienti profondamente diversi.

Il vostro compito è, tra gli altri, quello di assicurare a ciascuno di loro con l'aiuto di tutti i sacerdoti, per i quali questo è il ministero primario, l'accompagnamento pastorale necessario perché il loro periodo di presenza nel vostro Paese sia, per quanto è possibile, occasione per rendere una testimonianza cristiana autentica tra gli abitanti che li accolgono. Questa testimonianza si arricchirà senza dubbio della scoperta dell'ambiente culturale e spirituale del mondo musulmano.

E' in effetti una delle caratteristiche essenziali della vita della Chiesa nel Maghreb quella di essere invitati ad entrare in un costruttivo dialogo tra cristianità e Islam. Tengo molto ad incoraggiarvi a proseguire su questa via difficile in cui, anche se le sconfitte possono essere molte, la speranza è sempre più forte. Per mantenerla occorrono convinzioni cristiane molto temprate. Più che altro è estremamente augurabile che i cristiani partecipino, secondo il vostro incoraggiamento, a una catechesi permanente che integri le ricchezze bibliche o più esattamente ad una lettura della parola di Dio nella Chiesa con l'aiuto di teologi e di maestri spirituali veramente competenti. Ma, non lo si dirà mai abbastanza, un simile dialogo è all'inizio un rapporto d'amicizia: occorre saper dare adesso il tempo necessario per un approccio e una conoscenza. E' necessaria allora una discrezione nutrita dalla preoccupazione di regolare con discernimento la lenta evoluzione della mentalità. La serietà dell'impegno in questo dialogo si misura attraverso una testimonianza vissuta, resa ai valori nei quali si crede, e, per il cristiano, nella testimonianza di Colui che ne è il fondamento, Gesù Cristo. Questo è il motivo per cui il cristiano possiede una tensione ideale, nel rispetto profondo della persona e delle convinzioni dell'interlocutore e nell'incrollabile attaccamento alla propria fede. Questo dialogo sincero e questa testimonianza esigente comportano una parte d'abnegazione spirituale: come non proclamare la speranza che si è ricevuta nel partecipare alla festa delle nozze dell'Agnello in cui sarà un giorno riunita l'umanità intera? Occorre infine, tra l'altro, mantenere un tale dialogo nella sua verità e che una tale speranza dimori intima e ferma, senza cedere alla pusillanimità generata da una dottrina incerta.

Un tale spirito s'incarna all'inizio nel servizio disinteressato teso ad una partecipazione allo sviluppo di questi Paesi e alle aspirazioni dei loro popoli.

Tengo a sottolineare qui la qualità dell'opera compiuta da tanti di coloro che operano nella discrezione e nell'abnegazione e da coloro che li hanno sostenuti.

Vorrei ora soffermarmi su tre aspetti della vita delle vostre comunità.

Il soggiorno temporaneo nel vostro Paese, nei giovani soprattutto, può essere essenziale per l'avvenire della loro fede e per l'atteggiamento che avranno in seguito ritornando nella loro Patria. So quanti sacerdoti si prodigano per portare loro un aiuto pastorale adatto, guidandoli nella comprensione dell'lslam e degli abitanti di quel Paese, suscitando in loro una coscienza rinnovata dell'impegno della vita battesimale nella scelta di uno stile di vita evangelico. E' vero che, come fu il caso di Raymond Lulle e più recentemente di Charles de Foucauld e Albert Peyriguère e di numerosi altri, l'incontro con l'Islam può favorire una più profonda interiorizzazione della fede. Non è raro che la grazia della contemplazione e della preghiera sia presente nella vita di questi Paesi. Che i vostri sacerdoti, anche se sono spesso stanchi del rinnovarsi quasi permanente dei membri delle loro comunità, possano avanzare con la certezza che la grazia di Dio non mancherà di far crescere ciò che essi hanno seminato! So anche che, in numerose riprese, nella vostra Conferenza Episcopale, avete affrontato la situazione spirituale di quelle donne cristiane, il cui numero va crescendo, che hanno scelto di unirsi con musulmani per fondare una famiglia.

Si, per ragioni diverse la maggior parte di loro non ha suggellato questa unione nella Chiesa, tuttavia non è raro che, una volta inserite nel contesto familiare e sociale musulmano, esse conoscano una specie di conversione interiore causata dalle esigenze dell'educazione dei loro figli e dall'atteggiamento da prendere davanti a un modo di vita tutto impregnato di usanze religiose islamiche. Questo avviene soprattutto quando si tratta dei Sacramenti, di questioni delicate che voi vi sforzate di risolvere con l'aiuto dei vostri sacerdoti, in uno spirito di lealtà, nel rispetto delle regole morali e canoniche. Eventualmente, lo sapete, gli organismi della Curia romana sono là per recarvi l'aiuto della loro competenza. Occorre che queste persone sappiano che la sollecitudine della Chiesa è loro vicina e che le comunità cristiane ne siano ugualmente persuase. La presenza di donne cristiane in seno a famiglie musulmane, caratterizzata dalla fedeltà e dalla rettitudine, costituisce malgrado le incomprensioni che possono nascere, un contributo, che non si deve sottovalutare, allo sviluppo del dialogo di cui parlavo prima. Dite loro che il Papa prega specialmente per loro! Vorrei infine dire una parola sulla vita delle religiose. Per numerosi musulmani la Chiesa sono loro: beati sono coloro che vedono la santità della Chiesa nei loro tratti! Sovente anziane e inquiete per un cambiamento problematico - che sembra ritornare qui e là - sono disseminate dappertutto, in tutti i Paesi, lontane le une dalle altre e dedite al servizio in scuole e dispensari poveramente equipaggiati. Tuttavia conservano il loro sorriso per amore di coloro ai quali hanno consacrato la loro esistenza. Voi le circondate a buon diritto del vostro affetto: esse hanno bisogno in effetti di un sostegno pastorale regolare e qualificato. In particolare esse devono partecipare il più frequentemente possibile, malgrado il loro isolamento, all'Eucaristia. Celebrare così la Messa per due o tre religiose, uniche cristiane in un luogo solitario, permette al sacerdote di misurare meglio, nel mistero che rinnova quello di Nazareth, la ricchezza di speranza della Redenzione! Anche a loro dite che il Papa prega per loro e con loro! Infine, prima di separarci, voglio incoraggiarvi ancora nel proseguimento della vostra opera. Numerose volte ho pronunciato la parola speranza. In effetti per quanto povere di aiuti umani siano le vostre comunità e per quanto precario possa sembrare, in ragione delle circostanze, il loro avvenire, esse sono tuttavia forti della libertà spirituale che le anima, della devozione dei loro membri e soprattutto del loro ruolo privilegiato di ambasciatori di Cristo e della Chiesa universale accanto ai popoli musulmani in mezzo ai quali la Divina Provvidenza le ha poste.

Invocando il nome del Signore, voglio benedire voi e, tramite voi, tutti i membri delle vostre Chiese!

Data: 1981-11-23
Lunedì 23 Novembre 1981


GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Collevalenza