GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ridurre gli armamenti nucleari in attesa della loro eliminazione



1. Già più volte nel corso di quest'anno, durante il quale la Chiesa ha ricordato il 90° anniversario della "Rerum Novarumn", abbiamo dedicato la nostra preghiera dell'"Angelus" ai vari problemi riguardanti il lavoro umano. Oggi raccomanderemo a Dio, mediante l'intercessione della Madre di Cristo, il lavoro dei giovani.


2. I giovani sono la speranza dell'umanità e della Chiesa: essendo essi coloro che dovranno edificare e dirigere il mondo di domani, è necessario che si preparino a questo compito, pieno di responsabilità.

L'inserimento dei giovani nel mondo del lavoro costituisce un problema a volte dolorosamente insolubile, sia a motivo della saturazione di manodopera, sia perché taluni non hanno una formazione professionale sufficiente, sia anche perché il lavoro che esercitano, pur procurando un certo profitto, non basta a soddisfare le loro legittime aspirazioni umane e sociali. Nei Paesi ricchi la loro angoscia dinanzi alla tecnocrazia invadente li conduce facilmente al rifiuto della società in cui vivono. Nei Paesi poveri, invece, la mancanza di adeguata preparazione professionale e di mezzi adatti deprime i loro animi, non potendo essi dare un contributo alla crescita della propria Patria.

Importanza fondamentale riveste la formazione - specialmente quella professionale - della gioventù, problema che investe direttamente i responsabili della società, i genitori, e gli educatori, ed impegna anche la Chiesa.


3. Non basta "qualificare" i giovani lavoratori, ossia renderli idonei all'ufficio e alle specifiche abilitazioni richieste dalla macchina moderna e dalla strumentazione; non basta preparare dei tecnici, ma bisogna formare delle personalità! Tale formazione non si esaurisce nel rendere il giovane operaio un complemento intelligente - ma subordinato - al suo strumento; ma deve fare di lui un uomo completo, pensante, responsabile, edotto non solo nelle realtà meccaniche, economiche e sociali, ma anche in quelle morali e religiose. Il giovane che lavora prende la vita sul serio, dimostra di avere il senso del dovere, di conoscere il valore del tempo, della fatica e del denaro; di fare del lavoro non solo una legge di vita, ma un principio di sviluppo personale e sociale. "Il giovane lavoratore vale più di tutto l'oro del mondo!": sono queste le parole del Cardinale Cardijn, tanto esperto e benemerito nel campo dei giovani lavoratori.


4. Avendo tutto ciò davanti agli occhi, preghiamo oggi per i giovani, che si preparano al lavoro, e per coloro che incominciano a lavorare in qualsiasi mestiere. Il lavoro li aiuti a ritrovare se stessi ed a realizzare la vocazione della loro vita. Diventi un servizio creativo a somiglianza di quello compiuto da Colei che sempre dice di sé: "Eccomi, sono la serva del Signore".


5. Domenica 29 novembre, ho fatto riferimento al messaggio da me inviato ai Capi di Stato degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica, alla vigilia del negoziato di Ginevra per la riduzione degli armamenti nucleari in Europa.

Nello stesso spirito di profonda preoccupazione di fronte alla terrificante ipotesi di una guerra atomica, ho chiesto alle medesime Alte Autorità ed anche a quelle della Gran Bretagna e della Francia, nonché al Presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, di voler ricevere nei prossimi giorni Delegazioni della Pontificia Accademia delle Scienze, incaricate di illustrare un Documento scientifico, frutto di uno studio accurato condotto dalla stessa Accademia con la collaborazione anche di altri eminenti studiosi, sulle conseguenze che l'impiego di tali armamenti avrebbe.

Ho infatti la profonda convinzione che, di fronte agli effetti scientificamente previsti come sicuri di una guerra nucleare, l'unica scelta, moralmente e umanamente valida, è rappresentata dalla riduzione degli armamenti nucleari, in attesa della loro futura eliminazione completa, simultaneamente effettuata da tutte la parti, mediante accordi espliciti e con l'impegno di accettare controlli efficaci.

Nella nostra preghiera dell'"Angelus" raccomandiamo ora alla Madonna anche la causa della pace.

Non può essere versato altro sangue polacco (Al termine della recita dell'"Angelus" il Santo Padre si è così rivolto ai pellegrini polacchi presenti in Piazza S. Pietro:) Gli avvenimenti delle ultime ore mi inducono a chiedere ancora una volta a tutti di pregare per la nostra Patria. Ricordo quello che ho detto in settembre: non può essere versato altro sangue polacco perché già troppo ne è stato versato specialmente durante la seconda guerra mondiale. Si deve fare tutto il possibile per costruire pacificamente l'avvenire della Patria. In vista del prossimo giubileo della Madonna di Czestochowa, raccomando la Polonia e tutti i miei connazionali a Colei che è data come difesa alla Nazione.

(Il Papa ha poi aggiunto:) Rivolgo un cordiale saluto anche a quanti in questi giorni stanno partecipando in Roma all'incontro di studio, organizzato dalla Presidenza centrale dell'Azione Cattolica Italiana.

A tutti voi, carissimi fratelli e sorelle, il mio sincero auspicio che, nella riflessione sulla storia del proprio passato, tutta l'Azione Cattolica viva, con continua e rinnovata generosità, il suo impegno per il presente mediante una efficace e dinamica testimonianza di apostolato nelle molteplici strutture della società odierna e nei vari livelli.

Con tali voti vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1981-12-13
Domenica 13 Dicembre 1981


L'omelia alla parrocchia del Sacro Cuore Immacolato di Maria - Roma

Titolo: Evitiamo ogni specie di male aprendoci alla gioia e alla preghiera



1. L'anima mia magnifica il Signore / e il mio Spirito esulta in Dio, mio salvatore, / perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. / Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente / e Santo è il suo nome..." (Lc 1,46-49).

Cari fratelli e sorelle! Permettete che, in occasione della visita alla vostra parrocchia, dedicata al Cuore Immacolato di Maria, io faccia riferimento a queste parole della Genitrice di Dio, che la liturgia odierna ha accolto come salmo responsoriale.

La solennità dell'Immacolata Concezione e appena trascorsa, imprimendo il suo segno beato su tutto il periodo di Avvento. Perciò oggi - quasi come a prolungamento di questa festa - mi è dato di visitare la parrocchia dedicata al Cuore Immacolato di Maria, per poter pronunciare, insieme con la vostra Comunità, le parole dell'adorazione di Dio, che potevano uscire solo dal cuore della "Piena di Grazia", e solo nel cuore della "Piena di Grazia" potevano risuonare con un'eco tanto profonda, come richiedeva il loro significato.

"Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente" dice Colei, che all'Annunciazione ha chiamato se stessa "serva" e nel Magnificat si è espressa in maniera analoga: "Ha guardato l'umiltà della sua serva".

Oh, quanto amiamo questa serva del Signore! Quanto profondamente affidiamo a Lei tutto e tutti, la Chiesa, il mondo! Quanto ci dice questa sua "umiltà"! Essa costituisce quasi lo spazio adeguato perché in Lei possa rivelarsi Dio. Perché possa da Lei nascere Dio. Perché possa per Lei, "di generazione in generazione" operare Dio.

Le parole di Maria sono veramente piene di Avvento! E' difficile "sentire" meglio la vicinanza di Dio se non ascoltiamo queste parole!


2. Desidero esprimere la mia gioia perché tra queste "generazioni", di cui la Genitrice di Dio afferma che la "chiameranno beata", si trova la vostra parrocchia dall'inizio stesso della sua esistenza, che risale al 1936.

Desidero in questa circostanza porgere il mio saluto al Cardinale Vicario, al Vescovo Ausiliare della Zona, Monsignor Alessandro Plotti, al Rev.do P. Gustavo Alonso, Superiore Generale dei Missionari Figli del Cuore Immacolato di Maria o Clarettiani, ed ai Componenti il Consiglio Generale; al parroco, P. Tullio Vinci, al vice-parroco, P. Renato Logar, a tutti i buoni e zelanti religiosi che danno il loro contributo di preghiera, di sacrificio e di dedizione per le opere pastorali della parrocchia.

Un saluto anche alle religiose, che operano nell'ambito della parrocchia: le Suore Serve di Maria della Congregazione di Pistoia; le Suore della Carità di santa Antida Thouret; le Suore di Carità del principe Palagonia; le Missionarie Riparatrici del Sacro Cuore.

Un saluto alle Associazioni maschili e femminili, al Consiglio pastorale, ai padri, alle madri, ai giovani, alle giovani, ai bambini, agli anziani, agli infermi; a tutti gli undicimila fedeli della Comunità parrocchiale.

Il mio cordiale ed affettuoso saluto!


3. L'Avvento parla a noi nella liturgia odierna con le parole del Magnificat mariano. Parla anche con un'altra figura che ritorna continuamente nella liturgia di Avvento. E' Giovanni, figlio di Zaccaria e di Elisabetta, il quale predica nei pressi del Giordano.

Ecco la testimonianza di Giovanni. Anzitutto di se stesso! "Sei Elia? - Non lo sono! Sei tu il profeta? No! Chi sei? - Io sono voce di uno che grida nel deserto".

Giovanni è voce. Ha detto mirabilmente sant'Agostino: "Giovanni è la voce. Del Signore (Gesù) invece si dice: "In principio era la Parola". Giovanni è la voce che passa, Cristo è la Parola eterna che era in principio. Se alla voce togli la parola, che cosa resta? Dove non c'è senso intellegibile, ciò che rimane e semplicemente un vago suono. "La voce senza la parola colpisce l'udito, ma non edifica il cuore..."" (Sermo 293,3: Pl 38,1328).

Così dunque Giovanni non è il Messia, né Elia, né il profeta. E tuttavia predica e battezza. "Perché dunque battezzi?", domandano gli inviati da Gerusalemme. Questa era la causa principale della loro inquietudine. Giovanni predicava ripetendo le parole di Isaia: "Preparate la via del Signore", e il battesimo che ricevevano i suoi ascoltatori era il segno che le parole giungevano ad essi, e ne provocavano la conversione; quindi gli inviati da Gerusalemme domandavano: "Perché battezzi?" (Jn 1,25).

Giovanni risponde: "Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo" (Jn 1,26s).

Giovanni è un precursore: sa che Colui, il quale è aspettato, viene "dopo di lui".

Giovanni è annunciatore di Avvento. Egli dice: "Colui che voi non conoscete sta in mezzo a voi".

Avvento non è soltanto attesa. E' annunciazione della Venuta. Giovanni dice: "Colui che deve venire è già venuto".

Le parole di Giovanni presso il Giordano sono piene di Avvento; come una volta le parole di Maria sulla soglia della casa di Zaccaria, quando venne a visitare Elisabetta, sua parente, la madre di Giovanni.

Le parole di Giovanni sono piene di Avvento, anche se risuonano circa trent'anni più tardi. La liturgia unisce l'Avvento, espresso con le parole di Maria, all'Avvento delle parole di Giovanni. La venuta del Messia, che nascerà nella notte di Betlemme dai seno della Vergine, e la sua venuta, nella potenza dello Spirito Santo, nei pressi del Giordano, dove Giovanni predicava e battezzava.


4. L'avvento di Giovanni si manifesta con un singolare atteggiamento. Egli dice: io non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo a Colui che viene dopo di me (cfr. Jn 1,27).

Questo è un compito molto importante. L'Avvento infatti significa un atteggiamento. Si esprime mediante un atteggiamento.

Giovanni nei pressi del Giordano, definisce questo atteggiamento con le parole citate. Mediante queste parole vediamo che cosa egli dice di sé, chi sente di essere dinanzi a Colui che egli preannunciava.

Si sa che il legaccio del sandalo veniva sciolto dal servo al suo padrone. E Giovanni dice: "Non sono degno di sciogliere il legaccio del suo sandalo". Non sono degno! Egli si sente più piccolo di un servo.

Questo è l'atteggiamento dell'Avvento. La Chiesa lo accetta in pieno e ripete sempre con le labbra di tutti i suoi sacerdoti e di tutti i fedeli: "Signore, non sono degno...".

E pronuncia queste parole sempre dinanzi alla venuta del Signore, dinanzi all'avvento eucaristico di Cristo: "Signore, non sono degno". Il Signore viene proprio verso coloro che sentono profondamente la loro indegnità e la manifestano.

Le nostre parole, quando inchiniamo il capo ed il cuore davanti alla Santa Comunione, sono piene di Avvento. Impariamo sempre di nuovo questo atteggiamento.


5. Ciò che leggiamo oggi nella liturgia della prima lettera di san Paolo ai Tessalonicesi, ci spiega ancor più ampiamente quale debba essere in ciascuno di noi quell'atteggiamento di Avvento, nel quale si compie la Venuta, l'Avvento di Dio.

L'apostolo scrive: "State sempre lieti, pregate incessantemente, / in ogni cosa rendete grazie... / Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie; / esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono. / Astenetevi da ogni specie di male" (1Th 5,16-22).

Sono questi, per così dire, gli elementi costitutivi dell'atteggiamento interiore, mediante il quale l'Avvento perdura nel nostro cuore. Come abbiamo sentito, esso è composto di gioia e di costante preghiera. L'una e l'altra sono collegate con lo sforzo di evitare ogni specie di male. Al tempo stesso, questo atteggiamento interiore si manifesta come apertura ad ogni verità della profezia sia di quella che proviene da Dio, e ciò si compie per via della rivelazione e della fede, sia anche di quella che proviene per via della ricerca onesta da parte dell'uomo. Atteggiamento, che si esprime nella disposizione a fare tutto ciò che è buono, nobile. Perseverando in tale disposizione, l'uomo consente allo Spirito Santo di operare in lui e non permette che sia spenta in lui la luce, che egli accende nell'anima.

L'apostolo scrive: "Non spegnete lo Spirito".

L'atteggiamento di Avvento si esprime nell'apertura interiore all'azione dello Spirito Santo; nell'ubbidienza a quest'azione.

Ed ecco, quando perseveriamo in un simile atteggiamento, il Dio della pace ci santifica fino alla perfezione, e il nostro spirito, l'anima e il corpo si conservano irreprensibili per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo (cfr. 1Th 5,23).

Paolo apostolo, nella prima lettera ai Tessalonicesi, ha insegnato così ai primi cristiani. Il suo insegnamento è sempre attuale; l'atteggiamento di Avvento dà all'uomo la certezza che Dio è venuto nel mondo in Gesù Cristo; che è entrato nella storia dell'uomo; che è in mezzo a noi; e che, al tempo stesso, dà all'uomo la maturità dell'incontro con Dio durante la vita terrena e la maturità dell'incontro definitivo con Lui! Impariamo un tale atteggiamento! Impariamolo di anno in anno, di giorno in giorno! A tanto ci invita e predispone tutta la liturgia dell'Avvento.


6. Chi è Colui che è già venuto, e che viene costantemente e che deve venire definitivamente? Ecco, è Colui il quale porta il lieto annunzio ai poveri, che fascia le piaghe dei cuori spezzati, che proclama la liberazione agli uomini costretti interiormente o esteriormente alla schiavitù.

Colui che promulga l'anno di misericordia del Signore (cfr. Is 61,1s).

Bisogna che qui, nella parrocchia del Cuore Immacolato di Maria, Lui sia atteso con gioia; che tutti ripetano con Maria: "il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore" (Lc 1,47).

Che questo atteggiamento interiore di Avvento fiorisca in tutti: nelle persone anziane che si avvicinano ai limiti della vita, e nei giovani, che incominciano questa vita. Bisogna che tale atteggiamento penetri nelle vostre Comunità e negli ambienti; che diventi un clima della vita familiare. Che in esso cresca e maturi ogni uomo tra tutte le esperienze e le prove, che la vita non risparmia. Che in esso, nell'atteggiamento di Avvento, trovino il sostegno tutti coloro che soffrono: "La mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza" (Is 61,10).

Il Cuore Immacolato di Maria ottenga a ciascuno di voi questa gioia di salvezza, che è più grande di tutto ciò che può offrirci il mondo!

Data: 1981-12-13
Data estesa: Domenica 13 Dicembre 1981


Ai Vescovi spagnoli in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)


Titolo: Evangelizzazione e rinnovamento della fede

Cari fratelli nell'Episcopato della Provincia ecclesiastica di Compostela,

1. Dopo essermi intrattenuto con ciascuno di voi individualmente, e dopo essermi accostato ai problemi delle vostre rispettive diocesi, mi rallegro di potervi dare il benvenuto a questo incontro di comunione con i Pastori delle cinque circoscrizioni ecclesiali della Galizia.

E' questo un momento di comunione, di profondo significato ecclesiale, tra il successore di Pietro, che voi venite ad incontrare, e voi fratelli che, uniti a lui sotto la sua autorità, avete la responsabilità immediata della guida e della santificazione delle vostre Chiese particolari. Perciò anche ogni membro delle vostre diocesi: sacerdoti, seminaristi, religiosi, religiose e laici sono presenti a questa mutua carità che ci unisce e che è nello stesso tempo un atto di fede nello Spirito di Gesù. Egli ci presiede e ci riunisce nella realtà misteriosa della comunione con il Padre.


2. Essendo Pastori del territorio che ha come centro spirituale Compostela, voi siete uniti in un vincolo tutto particolare con l'apostolo Giacomo, il primo degli apostoli che sparse il suo sangue sull'altare della fedeltà a Gesù Cristo (Ac 12,2). Egli è vostro padre nella fede, l'intercessore e il protettore della vostra gente, il patrono della Spagna, che ha contribuito in maniera determinante a costruire la sua storia e a mantenerla unita mediante i vincoli di una medesima fede che professano tutti i popoli e le regioni della vostra Patria.

In occasione della vostra visita "ad limina", voi venite a venerare nello stesso tempo la tomba degli apostoli che portarono la fede alla Chiesa di Roma che presiede nella carità. Vorrei dunque stringere sempre più i vincoli con tutta la Chiesa di Cristo, qui presso il sepolcro di Pietro, che il Maestro costitui come fondamento ecclesiale, affidando a lui stesso le chiavi del Regno dei cieli (cfr. Mt 16,18s), quale Pastore di tutto il Popolo di Dio (cfr. Jn 21,15ss; LG 22).

Sono lieto che questa vostra visita a Roma abbia luogo alla vigilia dell'Anno Santo di san Giacomo di Compostela (1982), di cui conosco bene il profondo significato ecclesiale. Non solo perché le antiche vie di Santiago furono il canale regolare insieme con Roma e la Terra Santa, per le moltitudini di pellegrini europei di ogni età e condizione, che nel Medioevo andarono in pellegrinaggio presso l'apostolo e nei quali emerse precisamente, dopo san Benedetto, la coscienza dell'Europa; ma anche perché continui ad essere anche oggi - come ha dimostrato l'ultimo Anno Santo del 1976 - un avvenimento religioso profondamente radicato nel popolo.

Sarà necessario non lasciar passare questa buona opportunità pastorale, perché sia un anno di intensa evangelizzazione e rinnovamento della vita di fede nelle vostre comunità ecclesiali. così come nei tanti pellegrini che si accosteranno all'apostolo.


3. So che, per dare un nuovo impulso alla vita ecclesiale nelle vostre diocesi, i Vescovi - insieme ai presbiteri, i religiosi e i laici - hanno celebrato negli anni dal 1974 al 1979 il Concilio pastorale della Galizia. E' stato vostro intento infondere un nuovo vigore nelle vostre comunità, seguendo le direttive del Concilio Vaticano II. Perciò vi siete occupati di temi tanto importanti come il ministero della parola; il laico nella Chiesa e nella costruzione cristiana del mondo; la liturgia rinnovata nella pastorale della Chiesa; i sacerdoti, i religiosi, e la pastorale vocazionale nella Galizia; la promozione della giustizia e delle opere di carità (cfr. Concilio pastorale della Galizia, proposizioni).


4. Permettetemi che tra tutti questi temi vi sottolinei particolarmente l'importanza della catechesi nelle parrocchie, tradizionalmente curata con autentico zelo nelle vostre diocesi. Poiché, se è ben vero che si può e si deve catechizzare in ogni ambito, anche nella famiglia, nelle scuole e nei collegi, "la comunità parrocchiale deve continuare ad essere l'animatrice della catechesi e il suo luogo privilegiato". Perciò, tutta la parrocchia, grande o piccola, "ha il grave dovere di formare dei responsabili completamente dediti all'animazione catechetica - sacerdoti, religiosi, religiose e laici - di prevedere l'attrezzatura necessaria per ogni aspetto della catechesi, di moltiplicare e di adattare i luoghi di catechesi nella misura possibile e utile, di vigilare sulla qualità della formazione religiosa e sull'integrazione dei diversi gruppi nel corpo ecclesiale" (CTR 67).

E' un'opera che continua ad avere ai nostri giorni tutta la sua importanza ed urgenza, per edificare sempre più solidamente la fede del popolo e orientarlo progressivamente verso la pienezza della vita in Cristo.

Di qui nasceranno laici che, fedeli alla loro propria vocazione, prendano parte alla realtà del mondo, imprimendo ad essa un orientamento di fede e diano testimonianza nella vita privata e pubblica; laici che siano protagonisti immediati del rinnovamento degli uomini e delle cose e che, con la loro presenza attiva in quanto credenti, collaborino alla progressiva consacrazione del mondo a Dio (cfr. Jc 2,17 LG 34; Giovanni Paolo II, Omelia nella Cattedrale di Oaxaca, 29 gennaio 1979).


5. E'ovvio d'altra parte, che questa opera di catechesi, di formazione e animazione cristiana dei laici nell'apostolato, richiede con urgenza nuove vocazioni in numero sufficiente alla vita sacerdotale e consacrata. So che questo problema vi preoccupa profondamente e che voi vi sforzate di dare ad esso una soluzione adeguata. Vi lodo e vi incoraggio a non risparmiare i vostri sforzi in questo campo. Sottolineate l'importanza di questa intenzione ai vostri sacerdoti e alle anime consacrate, perché seminino generosamente il buon seme e chiedano al Padrone della messe che invii nuovi operai alla sua messe. Si tratta di un problema di capitale importanza per la Chiesa e che deve essere considerato come assolutamente prioritario.

Non posso non disconoscere le difficoltà esistenti nel trasmettere ai giovani l'invito della Chiesa. Perciò niente deve paralizzare il vostro entusiasmo e le vostre iniziative. Anche la gioventù dei nostri tempi è attratta dalle mete ardue, dai grandi ideali. Non si è esaurita nella gioventù la generosità. Ma io desidero che ad essa si propongano mete che valga la pena di raggiungere; non ideali nei cui modelli essa non si può riconoscere.

Per questa stessa ragione non bisogna farsi illusioni con prospettive di un sacerdozio meno esigente nel sacrificio e nella denuncia o slegato dall'obbligo del celibato ecclesiastico, come se questo potesse aumentare il numero dei fedeli alla sequela di Cristo (cfr. OT 2 Giovanni Paolo II, Omelia a Rio de Janeiro, 2 luglio 1980)


6. Perché questi obiettivi siano realizzabili, abbiate ogni cura per i vostri seminari e fate in modo che siano veramente tali. Aiutate sempre i vostri sacerdoti, perché vivano il loro ideale e la loro missione con profondo spirito di fede e di gioioso impegno. Proteggete la famiglia cristiana, perché prenda sul serio la sua responsabilità nel campo delle vocazioni alla vita consacrata alla causa di Cristo e del Vangelo. Che i confessori e i direttori spirituali del clero secolare e regolare siano sempre attenti alla voce di Dio, che chiama in tutte le epoche, chi vuole, quando vuole e come vuole. (cfr. Giovanni Paolo II, Omelia a Filadelfia, 4 ottobre 1979, e a Rio de Janeiro, 12 luglio 1979).


7. So che le vostre diocesi sono formate soprattutto da uomini e donne che vivono del lavoro dei campi e sul mare. E che molti di loro si vedono obbligati a emigrare per mantenersi degnamente e guadagnare quanto è necessario per la loro famiglia. Tutto ciò pone problemi seri dal punto di vista umano e pastorale.

In effetti, l'emigrazione comporta una perdita per il Paese o il luogo che si abbandona, produce un vuoto difficile da colmare, obbliga i coniugi ad una separazione forzata che pone a volte in pericolo la stabilità e la coesione della famiglia e di frequente li pone a situazioni di ingiustizia senza che abbiano la possibilità di difendersi (cfr. LE 23 LE 21 LE 10).

Impegnatevi per quanto vi è possibile nella promozione della dignità di ogni lavoro e in particolare del lavoro agricolo e marittimo. Siate vicini alle famiglie emigrate, formatele convenientemente nelle loro comunità di origine, perché possano affrontare adeguatamente le nuove circostanze della vita. Stabilite contatti con i Pastori delle comunità che le accolgono, perché non si sentano sradicate. Si tratta di un campo molto importante nel quale sono possibili molte e disparate iniziative, che vi saranno suggerite dal vostro zelo pastorale.


8. Portate con voi infine, cari fratelli, la mia parola di incoraggiamento. Vi ringrazio in nome della Chiesa per il vostro impegno e per i sacrifici che offrite nel compimento della vostra missione pastorale. Non scoraggiatevi mai. E estendete la mia gratitudine a tutti i vostri collaboratori nella missione di predicare e testimoniare il Vangelo. Prego affinché il Signore vi sostenga tutti con la sua grazia e corrobori la vostra fedeltà alla Chiesa di Cristo. Maria santissima, Madre di Gesù e Madre nostra, vi sostenga sempre. E sia pegno di questa costante protezione divina la benedizione apostolica che con affetto vi imparto.

Data: 1981-12-14
Lunedì 14 Dicembre 1981


Ai Vescovi della Sardegna in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Unite i doni di ciascuno per il bene comune

Carissimi fratelli nell'Episcopato!

1. Oggi ho la grande gioia di potermi incontrare con tutti voi, Arcivescovi e Vescovi che presiedete alle undici diocesi della Regione sarda. Vi porgo il mio fraterno e affettuoso saluto nel Signore! Insieme con voi mi è presente anche il popolo a voi affidato che, per mezzo vostro, desidero salutare cordialmente. Mi immagino la vostra Sardegna, "isola rupestre e antica - come la defini Paolo VI di venerata memoria -, ricca di monumenti di arte e di fede... nobile e forte, generosa e paziente, laboriosa e fiera", (Insegnamenti di Paolo VI, VIII, (1970) 350); mi raffiguro le vostre città, i territori dove svolgete la vostra missione insieme con i sacerdoti e i religiosi, i villaggi e le montagne, le coste marine e le altre isole, dove operai, minatori, pescatori e pastori lavorano con fatica e tenacia per il mantenimento delle loro famiglie e per il progresso della Regione; cerco di comprendere sia le difficoltà del vostro ministero di maestri e di guide, sia le varie situazioni dei fedeli inseriti nella società attuale, con le sue luci e le sue ombre; vedo il bene compiuto in grande abbondanza, l'infaticabile impegno del clero, il dinamismo di tanti laici qualificati, la particolare cura per le vocazioni sacerdotali e religiose, l'ansia apostolica per l'animazione della vita cristiana, per l'avvicinamento dei lontani, per la pastorale del turismo, fenomeno così importante e significativo per la vostra Isola. E pertanto vi manifesto il mio apprezzamento, la mia stima, la mia piena adesione alla vostra sollecitudine ed anche il mio incoraggiamento, unito al ricordo nella preghiera.


2. La Sardegna ha indubbiamente dei connotati geografici, psicologici, linguistici che la rendono un "mondo" particolare, una specie di piccolo continente, con strutture ed atteggiamenti originali e diversi. Tuttavia, si può e si deve dire che le radici del popolo sono profondamente religiose e cristiane: tale è la cultura sarda, e tale si è mantenuta attraverso i secoli. Si deve pure dire che tale senso religioso e cristiano, come ormai in tutte le Regioni della terra, è insidiato, e nello stesso tempo anche purificato, dai vari fenomeni della società moderna, come l'urbanizzazione, il turismo internazionale, la mentalità consumistica, il permissivismo morale, il pericolo della disoccupazione, della disaffezione, dell'inflazione. Sono fenomeni ben noti, che hanno provocato in ogni luogo la cosiddetta "crisi dei valori". Ebbene, è in tale quadro che la visita "ad limina" costituisce un punto di riferimento fondamentale: siete venuti dal successore di Pietro, dal Vicario di Cristo, per ascoltare la sua voce di conforto e di conferma, per accogliere i suoi sentimenti di apprezzamento e di incoraggiamento, per ricominciare poi con nuovo slancio e nuovo fervore il vostro lavoro nelle diocesi a voi affidate. Nessun timore deve sorprendere e agitare i vostri cuori! La Chiesa, in nome di Cristo, non si spaventa delle difficoltà, e va avanti, trepidante ma sicura di dover essere la luce per gli uomini, i quali attraverso gli affanni della vita e i contrasti della storia, aspirano all'Eterno e all'Infinito; certa di dover essere il lievito nella massa dell'umanità. Perciò, parafrasando san Paolo nella sua lettera a Timoteo, vi dico: annunziate la Parola, insistete in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonite, rimproverate, esortate con ogni magnanimità e dottrina... Vigilate attentamente, sappiate sopportare le sofferenze, compite la vostra opera di annunziatori del Vangelo, adempite il vostro ministero! (cfr. 2Tm 4,1-5).


3. Per l'efficacia del vostro ministero, sempre confidando nell'aiuto del Signore, che dà forza a quanti in Lui sperano (cfr. Is 40,28-31), desidero suggerirvi alcune direttive pratiche, che ritengo utili nelle circostanze attuali.

- Curate in primo luogo e in modo particolare le vocazioni sacerdotali.

Ho appreso che ogni diocesi ha il suo Seminario minore, con alunni dalla Scuola media al Liceo. C'è poi il Seminario regionale, con sede e direzione a Cagliari, che praticamente ha formato quasi la totalità del Clero sardo, creando un clima di fraternità e di aiuto reciproco. Mi compiaccio di questa realtà consolante e vi esorto a potenziare sempre più tali istituzioni. Certamente c'è stata ovunque una diminuzione di alunni nei nostri Seminari minori e maggiori, determinato da tante cause, non ultima l'atmosfera di secolarizzazione di cui è impregnata la società.

Tale situazione significa che ora e in futuro la presenza nei Seminari non ha più motivazioni ambientali, sociologiche, tradizionali, ma è una vera scelta personale, decisiva, coraggiosa, che avviene dopo la misteriosa chiamata del Signore, verificata dal Vescovo e col contributo convergente e cosciente della famiglia e di tutta la comunità cristiana. Inoltre, la situazione sociale, diventata notevolmente più difficile, esige un maggior fervore personale ed apostolico sia nel Clero, in qualunque mansione si trovi, sia nell'ambiente del Seminario stesso. Mentre l'Opera diocesana delle vocazioni deve incrementare sempre più e sempre meglio il suo lavoro, specialmente mediante la preghiera e la pastorale dei ministranti, dei lettori, dei giovani cantori, il Seminario da parte sua deve impegnarsi con grande serietà e metodo alla formazione dei ragazzi e dei giovani, in maniera che essi possano specificare chiaramente la propria vocazione e formarsi positivamente e decisamente alla vita apostolica, qualora abbiano scelto di essere sacerdoti. A questo proposito, è sommamente importante che i responsabili del Seminario, specialmente il Direttore spirituale, siano sacerdoti illuminati da una sana ed equilibrata pedagogia e, soprattutto, infiammati di amor di Dio.

- Curate poi il buon andamento del Consiglio presbiterale. La principale preoccupazione del Vescovo deve essere la santità dei suoi sacerdoti. E certamente il primo mezzo di santificazione è il ministero quotidiano di ogni singolo presbitero, in modo che si senta sempre impegnato, fervoroso, dinamico. Nella Lettera che scrissi per il Giovedì Santo del 1979 dicevo: "E' necessario avere un profondo spirito di fede... Infatti per gli uomini è unicamente necessario il sacerdote che è pienamente cosciente del significato del suo sacerdozio: il sacerdote che crede profondamente, che manifesta apertamente la sua fede, che prega con fervore, che insegna con convinzione intima, che serve, che nella sua vita mette in pratica il programma delle Beatitudini, che sa amare disinteressatamente, che sta vicino a tutti, ma specialmente ai più bisognosi" (n. 7). Per riuscire a coordinare una "pastorale d'insieme", in modo che ogni sacerdote possa esprimere se stesso ed essere giustamente valutato, possa far sentire le sue difficoltà ed avere un aiuto ed un sostegno, è sommamente utile il Consiglio presbiterale. Certamente, tale Consiglio, che non elimina il compito del Capitolo dei Canonici, può essere o diventare una forma di ascetica per il Vescovo, perché è impegnativo e assillante. Infatti bisogna saper ascoltare; saper individuare, considerare, rispettare, valutare le attitudini e i doni di ciascuno, e farli convergere per il bene comune; bisogna nello stesso tempo anche proporre, dirigere ed esigere sempre con carità e prudenza, perché la responsabilità ultima rimane sempre del Vescovo. Ma il Consiglio presbiterale può servire a creare quel clima di fraternità e di amicizia necessari perché ognuno sia sempre santamente impegnato nel proprio lavoro.

A questo proposito non posso non ricordare l'opera assidua ed indimenticabile del Signor Manzella, l'apostolo della Sardegna, che catechizzo per circa quarant'anni, percorrendola in lungo e in largo: egli, prima come Direttore spirituale nel Seminario di Sassari, e poi nelle sue "missioni", ebbe sempre come ideale appassionato l'amore e l'aiuto al clero, sostenendolo con la sua fede integerrima e con la sua opera infaticabile. E proprio l'intera esistenza del Signor Manzella dimostra quanto è necessaria la sintonia tra Clero e religiosi nelle varie attività parrocchiali, diocesane e regionali e come è facile realizzarla, se si vuole, secondo le direttive date recentemente dal documento "Mutuae Relationes".


4. Carissimi confratelli! Concludendo questa mia amichevole conversazione, mi piace ricordare le parole che disse Paolo VI durante il pellegrinaggio apostolico nella vostra Isola: "Non turbetur cor vestrum" (Jn 14,1 Jn 14,27) - diceva -. "Non lasciatevi prendere da alcun turbamento". Il momento che attraversiamo - la Chiesa, il mondo - è un momento di grandi mutazioni. Possiamo soffrire di vertigini, come quando si naviga nella burrasca. E per di più in questo momento, la Chiesa, dopo il Concilio, si è prefissa di riavvicinare il mondo; il mondo qual è. Vi può essere il pericolo che, per avvicinare il mondo, ci assimiliamo al mondo anche nei suoi aspetti irriducibili all'integrità del nostro cristianesimo. Occorre anche a questo riguardo, vigilare" (Op. cit. ). Vi aiuti e vi ispiri nel vostro quotidiano ministero Maria santissima, che è particolarmente venerata nel Santuario di Bonaria ed è tanto invocata dal buon popolo sardo: Ella interceda affinché tutti i fedeli della Sardegna siano nella Chiesa "attivi, perseveranti, disciplinati, uniti, fiduciosi" (Paolo VI, ib.). Vi aiutino gli antichi martiri venerati nelle Chiese locali, tra cui san Ponziano Papa (+ 235), i santi Salvatore da Horta (+ 1567) e Ignazio da Laconi (+ 1791) e i Servi di Dio Suor Maria Gabriella Sagheddu e Nicola da Gesturi, di cui sono in corso le cause di Beatificazione.

E vi accompagni anche la mia propiziatrice benedizione apostolica, che di gran cuore vi imparto e che estendo a tutti i cari fedeli della Sardegna!

Data: 1981-12-15
Martedi 15 Dicembre 1981







GPII 1981 Insegnamenti - Recita dell'"Angelus" - Città del Vaticano (Roma)