GPII 1982 Insegnamenti


GIOVANNI PAULO II


INSEGNAMENTI 1982







Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Signore risparmi la Polonia dalla violenza e le conceda pace

Testo:


1. Eccoci all'Anno del Signore 1982! "A Lui appartengono il tempo e i secoli. / A Lui la gloria e il potere / per tutti i secoli in eterno" (Liturgia del Sabato Santo).

Saluto insieme con voi, cari fratelli e sorelle, l'Anno Nuovo, rendendo anzitutto gloria a Dio che solo è eterno, non essendo limitato da alcun tempo.

Egli solo è la Verità e l'Amore. Egli è l'Onnipotenza e la Misericordia. Egli solo è Santo.

Egli è colui che è.

E' Padre, Figlio e Spirito Santo nell'assoluta Unità della Divinità.

Saluto quindi insieme con voi questo nuovo anno nel Nome del Signore nostro Gesù Cristo: non vi è infatti alcun altro Nome in cui potremmo essere salvati.

Nel Nome di Gesù Cristo abbraccio questo anno, affinché sia tempo di salvezza per la Chiesa. e per il mondo.

Nel Nome di Cristo dico a questo anno: "Ti benedica il Signore e ti protegga. / Il Signore faccia brillare il suo volto su di te / e ti sia propizio. / Il Signore rivolga su di te il suo volto / e ti conceda pace" (Nb 6,24-26).

Sono le parole della Liturgia odierna.


2. Queste parole, pronunciate nel primo giorno dell'anno nuovo, sono indirizzate a ciascun uomo e, nello stesso tempo, a tutti gli uomini, sono indirizzate alle Nazioni ed agli Stati, a tutta la famiglia umana: "Il Signore ti conceda pace".

Queste parole ripete oggi la Chiesa dalla profondità stessa del mistero dell'Incarnazione: dal mistero della Nascita di Dio nel corpo umano.

Queste parole sono collegate oggi dalla Chiesa con la Divina Maternità di Maria: le iscrive, per così dire, nel Cuore della Madre.

Attraverso il Cuore della Madre pronuncio queste parole di Capodanno con un pensiero a tutti gli uomini e a tutti i popoli sparsi sul globo terrestre.

Ecco la Madre della pace! Madre di Dio e degli uomini! Madre delle nazioni e dei popoli: "tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1,48).


3. In modo particolare pronuncio questa benedizione, propria della Liturgia odierna, col pensiero alla mia patria, alla nazione di cui sono figlio: Il Signore ti conceda pace.

E in special modo racchiudo queste parole nel cuore della Madre. Da seicento anni questa Madre è presente sulla terra polacca mediante la sua immagine di Jasna Gora. L'anno 1982 è l'anno del grande giubileo.

Dinanzi alla Madre di Jasna Gora ripeto col pensiero alla mia patria: Il Signore ti risparmi la violenza, ti risparmi lo stato d'assedio, ti conceda pace! Mentre ringrazio tutti gli uomini, che nel corso di questi giorni pregano per la Polonia, chiedo loro di continuare a pregare. Si tratta di un problema importante non soltanto per un paese, ma importante per la storia dell'uomo.

La preghiera diventi la forza dei miei connazionali come tante volte nel corso dei secoli. Che non venga dissipata l'eredità dei diritti dell'uomo, di vera libertà e di pace, che è opera di generazioni! Che non venga dissipata l'eredità di questi ultimi difficili mesi! Sulla soglia del Nuovo Anno depongo questa eredità nel Cuore della Madre: nel Cuore della Madre di Jasna Gora.

Ai presenti nella piazza che recano striscioni di "Solidarnosc" Vedo, qui, nella piazza di san Pietro, tante scritte "Solidarnosc".

Grazie, molte grazie per queste espressioni di solidarietà con "Solidarnosc".

Questa parola è l'espressione di un grande sforzo che gli uomini del lavoro hanno compiuto nella mia patria, per assicurare la vera dignità del lavoratore. Infatti, i lavoratori hanno diritto di istituire sindacati autonomi il cui compito è di custodire appunto i loro diritti sociali, familiari e individuali.

Sempre la Chiesa ha insegnato tale dottrina e specialmente dai tempi della "Rerum Novarum" fino alla "Laborem Exercens" come una elementare interpretazione della giustizia e della pace sociale. La parola "Solidarnosc", che qui si vede su tanti striscioni, ci indica lo sforzo che mira ad una tale giustizia e ad una tale pace. perciò essa è largamente conosciuta e accolta con stima in tutto il mondo.

"Solidarnosc" appartiene all'attuale patrimonio dei lavoratori della mia patria e direi anche delle altre nazioni.

Questo patrimonio, insieme con tutta l'eredità della storia e della cultura millenaria, depongo nel cuore della Madre a Jasna Gora.

E lo depongo nel tesoro delle esperienze dei lavoratori di tutto il mondo: esso fa parte del bene comune della giustizia e della pace! Al "Comitato Amici della Polonia" Ho parlato della mia patria, ho parlato nella lingua italiana perché vedo un'altra iscrizione: "Comitato Amici della Polonia", e questi sono italiani.

Difficilmente, in questo periodo, i miei connazionali possono arrivare a Roma.

Allora vorrei tornare su quel discorso, sulla "Solidarnosc", sulla solidarietà, sulla mia patria, poiché mi trovo qui in piazza san Pietro, in Italia, in questa terra, in questa patria che mi ha accolto come suo, come una volta ha accolto san Pietro. Vi ringrazio di nuovo per questa accoglienza, per questa solidarietà che va oltre la mia persona individuale. Vi ringrazio. Sono profondamente commosso e grato a tutti i presenti e a tutti i figli e le figlie della dilettissima terra italiana. Quindi a tutti ripeto: buon anno, che il Signore ci benedica e ci dia la pace e la giustizia nel mondo.




1982-01-01 Data estesa: Venerdi 1 Gennaio 1982




L'Omelia alle esequie del Cardinale Seper - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Grandezza di una vita donata a Cristo dal Padre

Testo:

"Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, / siano con me dove sono io" (Jn 17,24).

Queste parole di supremo conforto, pronunciate da Cristo nell'ora del distacco supremo, trovano straordinaria eco nel nostro cuore commosso, venerati fratelli e figli amatissimi, mentre circondiamo le spoglie mortali del Cardinale Francesco Seper per porgergli l'estremo saluto e raccomandarne l'anima eletta al Signore.


1. "Quelli che mi hai dato".

Siamo stati tutti compresi in questo piano ineffabile del Padre, che, nell'atto dell'Incarnazione del Verbo nel seno di Maria Vergine per opera dello Spirito Santo, ci ha resi fratelli del Salvatore, ci ha incorporati a lui, ci ha fatti sua porzione e sua eredità. "Dominus pars hereditatis meae et calicis mei" (Ps 15,5). Il Natale che abbiamo appena celebrato, la Maternità Divina di Maria che ieri abbiamo proclamato con la Liturgia romana, ci hanno ricondotto a questo mistero centrale della fede: siamo "figli nel Figlio", chiamati, come dice san Paolo, "a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo" (Ep 3,6). Questo è l'annuncio che ha trasformato il mondo, e continua a trasformare i cuori: facciamo parte del Corpo di Cristo, siamo sua conquista, perché siamo stati affidati a lui dal Padre.

Un disegno di amore segue le nostre singole vite, dalla nascita alla tomba, che diventa preludio di un'eterna armonia, accesso all'eterna vita. Col Figlio, per sempre. Per contemplare eternamente il Volto del Padre. "Quelli che mi hai dato".

Il nostro fratello Francesco è stato "dato" anche lui a Cristo dal Padre, e come tale è vissuto. Ricordiamo in lui l'uomo di Chiesa che è appartenuto a Cristo, da sempre, e fino alla morte; che ha fatto della propria fedeltà a Cristo il programma della sua vita, semplice e rettilinea, umile e coraggiosa.


2. Dato a Cristo: fin dalla sua vocazione sacerdotale, sbocciata da una umile famiglia di sarti, venuti da Osijek a Zagabria, ove egli compi gli studi primari e secondari. Dato a Cristo: nella sua preparazione filosofica e teologica, compiuta qui a Roma nel Collegio Germanico-Ungarico e nella Pontificia Università Gregoriana, che lo condusse all'ordinazione presbiterale. Dato a Cristo: nell'insegnamento della religione e nell'adempimento dell'ufficio di segretario del Cardinale Stepinac, di Rettore del Seminario maggiore arcidiocesano di Zagabria, e di parroco di Cristo Re in quella città. Dato a Cristo: nel vincolo intimamente trasformante e santificatore dell'ordinazione episcopale e della successione apostolica, come Arcivescovo di Zagabria, chiamato a raccogliere un'eredità segnata dalla Croce. In quegli anni difficili, egli fu sempre l'uomo di Dio, profondamente retto e onesto, generoso e dedicato, "forma factus gregis ex animo" (cfr. 1P 5,3).

Dato a Cristo: la sua quadratura, la sua spiritualità, la sua pastoralità, il suo amore alla Chiesa rifulsero negli anni del Concilio Vaticano II, a cui diede un rilevante contributo. Lo ricordo - e con me quanti altri di voi! - membro della Commissione preparatoria per i sacramenti, nonché della Commissione "de doctrina fidei et morum" quale componente della Commissione preparatoria centrale; ricordo i suoi interventi, calibrati e sapienti.

Dato a Cristo: come in un crescendo, questa sua dedizione a Cristo Signore e alla sua verità, amata al di sopra di ogni vento alla moda, si esplico in pienezza nell'adempimento del grave, difficile, delicato incarico di Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, a lui affidato dal mio predecessore Paolo VI, e pienamente riconfermato due volte, da Giovanni Paolo I e da me. In un periodo estremamente complesso, egli fu guida saggia ed illuminata per quel Dicastero, che dovette intervenire in questioni cruciali di fede e di morale.

Anche i lavori della Commissione Teologica Internazionale, iniziati con lui come suo primo Presidente, e quelli della Pontificia Commissione Biblica, testimoniano la vastità, la profondità, la delicatezza dei suoi interessi e del suo impegno nel servizio ecclesiale. E mi è caro anche ricordare la sua presenza, sempre discreta ed efficace, nelle varie assemblee del Sinodo dei Vescovi, della cui Segreteria Generale fece anche parte.

"Quelli che mi hai dato". Davanti a questo corpo, che stiamo per affidare alla terra in attesa della risurrezione, davanti a quest'uomo che ha svolto nel silenzio e nella discrezione un'opera che la realtà della morte disvela ai nostri occhi in una dimensione direi sovrumana, noi comprendiamo la bellezza, la grandezza, il merito di una esistenza interamente donata a Cristo dal Padre, e così realizzata pienamente. Siano rese grazie al Signore, che dà alla sua Chiesa uomini di tale tempra. Così fu la tempra del Cardinale Seper, forte e incrollabile come quella della sua nativa Croazia, a cui ha fatto veramente onore in tutta la sua vita a servizio di Cristo e della Chiesa.


3. "Che siano con me dove sono io".

La morte compone nei suoi tratti definitivi l'umana esistenza, dandole il suo estremo significato. Lo sappiamo bene: non è una fine, ma un inizio: l'inizio della vita eterna, che il Signore riserva ai suoi servitori buoni e fedeli (cfr. Mt 25,21 Mt 25,23). "Che siano con me". E perciò la morte collega l'uomo, che ha fatto del Vangelo il suo modello e il suo anelito, là dov'è Cristo: con lui e accanto a lui, che ha promesso di "cingere le sue vesti, per mettere a tavola i suoi servi e passare a servirli" (cfr. Lc 12,37); con lui e accanto a lui, che col Padre "tergerà ogni lacrima dai loro occhi" (cfr. Ap 7,17 Ap 21,4 Is 25,8); con lui e accanto a lui, Verbo di Dio, e "non v'è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui dobbiamo rendere conto" (He 4,13). A questo rendiconto si è già presentato il nostro fratello Francesco al momento della sua morte: e noi preghiamo in questa Messa che si compiano per lui le promesse di Gesù, che abbiamo ascoltato al Vangelo: a lui lo affidiamo "perché sia con lui dove egli è".

Il Cardinale Seper è stato con Lui, fedelmente, nell'evolversi costante della sua vita consacrata a Dio e alla Chiesa, in servizi non mai facili ne accomodanti, in una perseveranza alimentata sempre dalla preghiera e dall'intimità eucaristica, in una oblazione che ha raggiunto il culmine al giungere di "sorella Morte". Noi preghiamo perché quell'adesione continua a Cristo, vissuta giorno per giorno, pur vedendo "come in uno specchio, in maniera confusa", si cambi per grazia divina, che ardentemente imploriamo, nella visione "a faccia a faccia", quando "conosceremo perfettamente, così come anche noi siamo conosciuti" (cfr. 1Co 13,12). "Che siano con me dove sono io".


4. Si conclude il ciclo terreno di una vita per dischiudersi nell'eternità dell'amore e della gloria. Gesù, infatti, in quel momento delle supreme consegne, ha così continuato: "Perché vedano la mia gloria... Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato" (Jn 17,24s).

"Questi sanno". Qui sta il segreto di questa vita. Il nostro fratello Francesco ha saputo: la fedeltà alla vocazione sacerdotale e alla successione apostolica; la guida ferma e paterna del gregge acquistato dal Sangue prezioso di Gesù; la responsabilità direttiva nella Chiesa, prolungata nel tempo in un servizio senza risparmio di tempo e di fatica, incurante delle conseguenze per la salute fisica, delle decisioni ingrate, degli allettamenti contrari alla "sana dottrina per il prurito di udire qualcosa" (2Tm 4,3), e unicamente sollecita della ortodossia e dell'ortoprassi; tutto ciò trova spiegazione qui: "questi sanno che tu mi hai mandato". Sanno che Cristo è l'unico Maestro, venuto dal seno del Padre per aprirci la definitiva rivelazione del piano divino della salvezza, per essere per noi "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6); sanno "come comportarsi nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità" (cfr. 1Tm 3,15); sanno che "la Parola di Dio non è incatenata" (2Tm 2,9). "Questi sanno". E noi ancora preghiamo che tale fede, la fede del Cardinale Seper, alimentata in se stesso da una vita integerrima, e custodita nelle anime con l'impegno del lavoro quotidiano per autentico mandato della Chiesa, riceva ora il premio anelato da sempre, in quel mare immenso e senza fondo d'amore e di luce, nel quale sappiamo che le nostre anime sono chiamate ad immergersi per tutta l'eternità: "Ho fatto conoscere loro il tuo nome / e ancora lo faro conoscere / perché l'amore con il quale mi hai amato / sia in essi e io in loro" (Jn 17,26).

Si, fratelli e figli. Questa la nostra speranza, questa la nostra preghiera nel momento di prendere commiato dal nostro fratello Francesco, e affidarlo all'Amore misericordioso di Dio. Noi chiediamo al Signore che lo introduca per sempre in questa chiarità, in questa fornace d'amore, da cui siamo avvolti nel disegno di Dio che ci ha dati a Cristo già "prima della creazione del mondo", e a cui siamo avviati nel cammino della vita. E siamo certi che da quella chiarità, da quella fornace l'anima del nostro fratello Francesco continuerà a dedicarsi e a intercedere per la sua terra, per la Chiesa, per noi che rimaniamo a "custodire - come ha fatto lui - il buon deposito con l'aiuto dello Spirito Santo che abita in noi" (2Tm 1,14).


Amen. 1982-01-02 Data estesa: Sabato 2 Gennaio 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Insostituibile ruolo degli anziani nella famiglia e nella società

Testo:


1. Desidero, cari fratelli e sorelle, che i nostri pensieri e i nostri cuori si rivolgano oggi alle persone anziane. Il tempo di Natale mette davanti agli occhi le figure di Simeone e di Anna, i quali hanno accolto nel tempio di Gerusalemme l'Emmanuele. L'avevano atteso nel lungo avvento di tutta la loro vita, ed ebbero la fortuna di vederlo alla fine dei giorni della loro esistenza terrena.

Quanto eloquenti sono le parole di Simeone: "Ora lascia, o Signore, che il tuo servo / vada in pace secondo la tua parola; / perché i miei occhi han visto la tua salvezza, / preparata da te davanti a tutti i popoli, / luce per illuminare le genti / e gloria del tuo popolo Israele" (Lc 2,29-32).

Tra le parole che sono state pronunciate su Cristo, queste sono particolarmente suggestive. Sono ispirate dalla fede di una grande attesa, ma anche da una grande saggezza propria dell'età avanzata.

Anna, anch'essa chiamata nel Vangelo "profetessa", nonostante avesse ottantaquattro anni di età "non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere" (Lc 2,37).


2. Queste due splendide testimonianze legate al periodo del Natale formino oggi la nostra meditazione e preghiera.

La Chiesa desidera far sentire la sua voce a sostegno delle persone anziane, tanto benemerite, ma, talvolta, anche tanto disattese. Ripeto perciò oggi a voi, quanto ebbi a dire, nel novembredel 1980, nella Cattedrale di Monaco: "Il Papa s'inchina con rispetto davanti agli anziani e invita tutti a farlo con lui.

L'anzianità è un coronamento delle tappe della vita. Essa porta il raccolto di ciò che si è appreso e vissuto, il raccolto di quanto si è operato e raggiunto, il raccolto di quanto si è sofferto e sopportato. Come al finale di una grande sinfonia ritornano i temi dominanti della vita per una potente sintesi sonora. E questa risonanza conclusiva conferisce saggezza... bontà, pazienza, comprensione: amore" (Discorso, 1: "Insegnamenti", III, 2 [1980] 1366).

Gli anziani perciò sono quanto mai preziosi, e direi indispensabili, alla famiglia ed alla società. Di quale aiuto non sono essi ai giovani genitori e ai piccoli con la loro scienza ed esperienza! Il loro consiglio e la loro azione tornano anche a vantaggio di tanti gruppi, dove anch'essi sono inseriti, e di tante iniziative nell'ambito della vita ecclesiale e civile. Siamone tutti riconoscenti!


3. Ma anch'essi hanno bisogno, a loro volta, di essere sostenuti e confortati nelle difficoltà in cui possono venire a trovarsi a causa della salute e della solitudine. Esprimo vivo apprezzamento a tutte quelle persone che sanno trovare il tempo e il modo di avvicinare ed assistere gli anziani più bisognosi, perché abbandonati o dimenticati negli ospizi, talora privi di calore umano.

In particolare rivolgo un pensiero di gratitudine e di incoraggiamento ai giovani, che si dedicano all'assistenza spirituale e sociale degli anziani. Si tratta di iniziative prese sia da singoli, sia da movimenti ed associazioni organizzati, che si ispirano alla fede cristiana la quale fa vedere sotto il volto del bisognoso il volto stesso di Gesù.

A tutti questi giovani, rinnovo oggi il mio apprezzamento, il mio affetto e il mio benedicente auspicio a continuare in questa loro opera tanto meritoria e tanto nobile.

[Omissis. Saluto ai fedeli della Colombia, in lingua spagnola] Ad un folto pellegrinaggio di giovani argentini, figli di emigrati friulani Sono presenti oggi con noi numerosi studenti argentini, figli di emigrati friulani, che hanno voluto prendere parte alla preghiera dell'"Angelus" insieme con i loro familiari.

Carissimi, nel rivolgervi un saluto cordiale, desidero esprimervi il mio apprezzamento per la considerazione in cui mostrate di tenere la terra dei vostri avi e le tradizioni che la distinguono. L'attaccamento al ricco patrimonio dei valori umani e cristiani, propri del Friuli, è garanzia di sereno e proficuo inserimento nella realtà culturale e sociale del grande paese, al quale oggi appartenete. Sentitevi, pertanto, impegnati ad emulare gli esempi di fede, di laboriosità, di onestà, di altruismo, che hanno offerto nel corso dei secoli le forti e generose popolazioni della vostra terra d'origine.L'antico ceppo, temprato dalle vicende di tante stagioni, attende di conoscere, nella primavera dei vostri giovani anni, la gioia di una nuova, promettente fioritura.

A voi, cari studenti argentini, e a tutti i vostri familiari Vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

Alle religiose Un particolare saluto ed una parola d'incoraggiamento rivolgo poi alle partecipanti al Convegno organizzato dalla Federazione Italiana delle Religiose Educatrici, sul tema: "Educazione ai valori - il ruolo della Religiosa Educatrice".

Continuate, carissime sorelle, con rinnovato impegno la vostra importante missione, guidando a maturità umana e cristiana, con alto senso di responsabilità e di dedizione, la gioventù che vi è affidata.

Con la mia benedizione apostolica.




1982-01-03 Data estesa: Domenica 3 Gennaio 1982




Ai vescovi dell'Emilia-Romagna in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Annunciare il messaggio di Cristo in modo integrale e convincente

Testo:

Signor Cardinale, e voi tutti venerabili fratelli della Conferenza Episcopale dell'Emilia-Romagna.


1. Rivolgo a voi il mio più cordiale benvenuto in occasione di questa visita "ad limina Apostolorum", che avete preparato con tanta cura ed avete intrapreso con grande spirito di fede, come ho già avuto modo di rilevare nel corso dei recenti incontri personali.

Vi accolgo, quindi, con viva benevolenza, sapendo in voi rappresentate e come presenti le vostre amatissime popolazioni, che vantano antiche tradizioni di fede, risalenti ai primi secoli dell'èra cristiana. Esse si riallacciano ad un nome prestigioso e caro, quello di sant'Apollinare, evangelizzatore e patrono della regione. Attorno a lui, eccellono le figure dei primi Vescovi delle vostre diocesi, che devono considerarsi come fondatori della Chiesa di Dio (cfr. Ep 2,20) in Emilia-Romagna, e dei martiri e dei santi, i quali hanno dissodato con la loro eroica testimonianza un terreno fecondo, nei secoli, di frutti preziosi di vita cristiana.

Nell'assicurarvi la mia attenzione affettuosa e partecipe per la vostra illuminata attività pastorale che si svolge in un clima di non lieve difficoltà, anche per la presenza militante di ideologie avverse ad una visione cristiana dell'uomo e della storia, desidero esprimere il mio vivo apprezzamento per la saggezza e la costanza, la lungimiranza e la dedizione, con cui esercitate il vostro mandato di insegnare, di santificare e di reggere le porzioni del Popolo di Dio a voi affidato (cfr. CD 11). Responsabili della fede nella vostra Chiesa particolare, voi affrontate il principalissimo ed irrinunciabile compito di proporre "l'intero mistero di Cristo, ossia quelle verità che non si possono ignorare senza ignorare Cristo stesso" (cfr. CD 12), ed alimentate così nelle vostre diocesi un'autentica "religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre" (Jc 1,27), mediante la collaborazione soprattutto dei sacerdoti che formano la schiera dei vostri "necessari collaboratori e consiglieri" (PO 7).


2. Conosco sia gli aspetti positivi e consolanti della vostra fatica, sia le difficoltà gravi e talvolta preoccupanti, in mezzo alle quali si esercita il vostro ministero pastorale.

La vostra Regione costituisce una zona di particolare rilievo culturale, politico ed economico, all'interno della nazione italiana. In essa infatti operano, accanto al glorioso Studio Bolognese che ha meritato a quella nobille città la ben nota caratteristica di "Dotta", altre tre Università: quella antica di Ferrara che ha avuto particolari rapporti culturali con Cracovia al tempo di Niccolo Copernico, e le altre più recenti, ma non meno meritevoli, di Modena e Parma. E' presente anche una fiorente economia che abbraccia sia il campo della produzione agricola che quello industriale, commerciale e turistico, quest'ultimo altamente sviluppato lungo le coste adriatiche.

La situazione più propriamente religiosa della regione è ancorata a nobili espressioni di fede, che hanno raggiunto nel corso di quest'ultimo secolo - anche tra tensioni e polemiche susseguenti al periodo risorgimentale - affermazioni di luminosa esemplarità. E' nota l'azione perspicace, svolta in passato da gruppi scelti di cattolici dell'Emilia-Romagna, per la difesa delle libertà essenziali della persona, delle coscienze e della famiglia, azione assicurata dal deciso intendimento di promuovere i più alti valori etici nella società. D'altra parte, la detta situazione religiosa risente al presente del clima politico e culturale dominante, imposto da dottrine e prassi aperte ad una concezione materialistica, e da una mentalità edonistica, favorita dall'accresciuto benessere economico.

In tale contesto, che meriterebbe più approfondita indagine, i valori cristiani, non sempre dichiarati tali, sono tuttora profondamente radicati nella maggioranza della popolazione. La lealtà e la proverbiale schiettezza, tipiche anche del temperamento emiliano-romagnolo, la fedeltà agli impegni assunti ed alla parola data, la sacralità della famiglia sono tenute in gran conto, come sono onorate la laboriosità e la generosità verso i poveri ed i bisognosi. La stessa pratica cristiana è presente anche nei meno assidui, in alcuni momenti fondamentali ed in circostanze di particolare significato familiare e sociale. In tutti è radicata una profonda devozione alla Vergine santissima. Nei fedeli, poi, più responsabili e vicini alla Chiesa, si notano segni consolanti di una crescente consapevolezza e di più generoso impegno nelle attività apostoliche.

Nessuno meglio di voi conosce le reali condizioni in cui vive il Popolo di Dio affidato alle vostre cure. La mia esortazione è diretta, anzitutto, a sostenere il vostro coraggio, il vostro ottimismo, e ad alimentare la vostra gioia. Vi diro insieme con san Paolo: "Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come Vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata col suo sangue" (Ac 20,28).


3. Da una riflessione anche fugace sulla condizione delle Chiese particolari a voi affidate, affiora chiara alla mente l'importanza di un impegno perseverante per illuminare con amore e pazienza le coscienze, affinché sia liberato il terreno da inveterati pregiudizi di fronte ai contenuti del messaggio evangelico. Nel desiderio, quindi, di entrare nel vivo delle vostre responsabilità, vorrei richiamare alla vostra attenzione due punti particolari: l'insostituibile ruolo della predicazione omiletica per una evangelizzazione in profondità, e il compito rilevante della stampa cattolica.

Il comando di Gesù agli Apostoli "andate e insegnate a tutte le genti" (Mt 28,19) è rivolto anzitutto ai Vescovi ed ai sacerdoti, scelti dalla misericordia del sovrano Pastore, nonostante le proprie insufficienze, per proclamare con autorità la Parola di Dio (cfr.EN 68). Su noi incombe la grande responsabilità di annunziare ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo contemplato (cfr. 1Jn 1,1), e di trasmettere ciò che abbiamo ricevuto.

Risuonano sempre ammonitrici le parole di san Paolo ai Romani: "Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora come potranno invocarlo... senza averne sentito parlare?... La fede dipende dalla predicazione" (10,13-17). Sono espressioni dense di significato ed estremamente attuali. L'evangelizzazione, mediante la luce che promana dalla divina Parola, induce alla conversione ed apre la strada alla santificazione per mezzo dei Sacramenti.

Tra i vari modi di realizzare l'evangelizzazione, la predicazione omiletica ha un posto eminente, perché parte integrante della celebrazione eucaristica, e direttamente legata alla proclamazione liturgica della Parola di Dio. E' necessario quindi "dedicare grande attenzione all'omelia... sempre accuratamente preparata, sostanziosa ed appropriata" (CTR 48).

Occorre non lasciare sfuggire occasione per evangelizzare, felici sempre di poter annunziare la verità che illumina e salva, perché, come affermava l'Apostolo: "E' Cristo che noi predichiamo, ammonendo ed istruendo l'uomo con sapienza, per rendere ciascuno perfetto in Cristo Gesù" (Col 1,28).

In particolare, si possono sottolineare alcune direttive per rendere sempre più efficace l'omelia.


4. E' necessario, anzitutto, conoscere ed aver presente il contesto socio-culturale, in cui vivono i fedeli, per poter offrire un insegnamento aderente alla realtà vissuta, ed efficace. Talvolta, nelle nostre chiese sono presenti, per vari motivi di tradizione o per un non mai sopito bisogno di valori trascendenti, anche persone chiuse ad ogni tipo di fede. Nella più vasta area dei credenti, coesistono anime semplici e docili, fedeli dalle problematiche sottili, cattolici contestatori e tendenti ad esagerata autonomia sia in campo dottrinale che morale. A tutti bisogna annunziare il messaggio di Cristo in modo integrale e convincente, in tutti bisogna trasfondere la gioia della salvezza.

La predicazione omiletica, inevitabilmente rivolta ad un pubblico così eterogeneo, per essere chiara nell'esposizione e completa nel contenuto, richiede una preparazione remota, mediante studio perseverante e serio ed una adesione fedele al Magistero autentico e perenne della Chiesa, per non confondere mai le anime con ipotesi ed interpretazioni dottrinali errate, o con una visione globale di tipo orizzontale (CTR 49).

All'esercizio esteriore della predicazione è necessario anteporre quello interiore dell'ascolto, dello studio e della meditazione della verità divina, nell'umile silenzio di chi sa di essere prima discepolo che maestro.

L'omelia ha al tempo stesso carattere biblico, cristologico ed ecclesiale, e deve sospingere perciò l'uditore alla conversione, alla vita sacramentale, a propositi di testimonianza cristiana. Essa quindi, come del resto tutta la predicazione e la pastorale in genere, se non può essere autoritaria, dovrà essere autorevole, suscitando il consenso ed arricchendo i fedeli. Tale autorevolezza deriva da una proposizione intera della verità rivelata, che in se stessa ha insita la forza di avvincere e trasformare i cuori. La voce quindi del predicatore deve avere anche il timbro della sicurezza umile ma coraggiosa che proviene dalla personale certezza circa le verità proposte. Amo qui ripetere le parole del mio predecessore Paolo VI: "Non dobbiamo permettere che il nostro popolo, ancora tanto ricco di bontà, di religiosità... ceda per debolezza di spirito e per falso calcolo utilitario a ideologie, le quali, se avessero a prevalere, sarebbero rovina certamente della libertà o fors'anche della prosperità, e spingerebbero all'apostasia tante anime, che Cristo ha chiamato alla sua redenzione, alla sua dignità, alla sua felicità" ("Insegnamenti", II [1964] 125).

Concludendo questo tema particolare, vi esorto a considerare vostro compito principale quello di suscitare e di mantenere nelle vostre diocesi un'autentica passione per la catechesi in genere: "siate certi che, se la catechesi è fatta bene nelle Chiese locali, tutto il resto si farà più facilmente" (CTR 63).


5. Vi è infine il problema della stampa cattolica, tanto importante per la diffusione dei principi cristiani e per la difesa nella società delle posizioni dei cattolici, e tanto opportuna per la formazione di un'opinione pubblica sana ed aperta ad ogni buona causa.

In una società ampiamente culturalizzata, è assolutamente necessario preoccuparsi della presenza della stampa d'indirizzo cattolico, qualificata e per categorie. Il confiitto tra la verità e l'errore, tra la visione trascendente ed eterna, e la concezione immanente e temporale, oggi avviene in maniera prevalente e direi determinante sul terreno dei mezzi d'informazione sociale, i quali sono uno dei poteri più forti che incidono sul destino dell'umanità.

Oggi più che mai si avverte l'importanza dell'opera formativa della stampa cattolica, diretta ad illuminare le coscienze, a dissipare false interpretazioni, insinuazioni e manipolazioni, nel rispetto per le opinioni altrui e nel dialogo fiducioso, sorretto dal convincimento che ogni uomo, redento ed amato dal Signore, è chiamato alla verità. Essa, infatti, dovrà sempre preoccuparsi di formare il lettore, maturando in esso quella sana mentalità che classifica i fatti secondo principi superiori, e che in un senso o in un altro, li rende fermento di revisione, di conversione, di testimonianza operosa. La stampa cattolica è chiamata a provocare nel lettore quel procedimento di giudizio, che lo introduce nella verità liberatrice e salvatrice, entrando così nella sfera religiosa di un elevato magistero.

E' facile comprendere così l'importanza del "quotidiano cattolico", che la vostra nobile regione ha motivi tutti propri di valutare a pieno, avendo dato vita, in ore agitate, a insigni testimonianze in questo settore. Se è vero che il giornale cattolico non è cosa superflua, ma strumento necessario di evangelizzazione, mi sia con sentito raccomandare al vostro zelo ed a quello di tutto l'Episcopato italiano il quotidiano "Avvenire", per potenziarlo, migliorarlo ed ampliarne con ogni generoso impegno la diffusione. Il quotidiano cattolico può costituire, in effetti, un "pulpito" meraviglioso per l'evangelizzazione.

Il quotidiano di ispirazione cristiana rappresenta poi un valido contributo ai cattolici per capire il proprio tempo e per inserirsi nella società di oggi, in rapida trasformazione, come fermento, partecipando attivamente agli avvenimenti ed alla storia. Negli avvenimenti quotidiani infatti, sono in gioco i destini dell'umanità.

Quanto ho creduto utile sottoporre alla vostra considerazione, costituisca oggetto del vostro illuminato e maturo proposito, nella consapevolezza che Cristo è con noi e che ci ha scelti quali amici e continuatori della sua missione (cfr. Jn 15,16). Egli ci assisterà nel compimento del dovere di ogni giorno.

E' questo invito alla fiducia che desidero lasciarvi come ricordo di questo incontro e come segno di quella comunione fraterna che la visita "ad limina" vuole confermare ed approfondire. E la mia benedizione apostolica sia invocazione fervida delle benedizioni del Signore, che apportino quotidianamente a voi ed ai vostri fedeli ogni consolazione e letizia.




1982-01-04 Data estesa: Lunedi 4 Gennaio 1982





GPII 1982 Insegnamenti