GPII 1982 Insegnamenti - Nel ricordo della strage - Bologna

Nel ricordo della strage - Bologna

Titolo: La società nuova e migliore non si può costruire sull'odio

Testo:

O Dio Padre di infinita misericordia, che ci hai donato il tuo Figlio, morto e risorto per la salvezza del mondo, ascolta la nostra supplice implorazione.

Noi siamo qui raccolti, nel luogo in cui il 2 agosto del 1980 le vite di tanti nostri fratelli e sorelle furono proditoriamente e vilmente stroncate nel sangue della violenza.

Il ricordo e il peso di quella orrenda strage sono tuttora profondamente incisi nella nostra coscienza di cittadini e di cristiani.

Dona tu, nell'eterno amore, la pace e la gioia senza fine alle vittime innocenti, il cui sangue, come quello di Abele, grida a te, da questo suolo.

Asciuga tu le lacrime umanamente inconsolabili dei loro congiunti, che attendono e chiedono verità e giustizia, e dà ad essi la grazia di saper perdonare con la forza del Cristo Crocifisso.

Penetra tu nel cuore di coloro che, macchiandosi di un si disumano delitto, hanno profanato e colpito l'Uomo, creato a tua immagine e somiglianza.

Apri i loro occhi accecati e distorti dall'odio, perché comprendano che la società nuova e migliore non si può costruire sull'odio e sul disprezzo, e tanto meno, sullo sterminio dei fratelli.

Conforta quanti, ogni giorno, compiono nel silenzio e nel nascondimento il loro dovere, portando così il loro prezioso e meritorio contributo per il progresso spirituale e civile dell'umanità.

Volgi il tuo sguardo benigno a questa città, che in questi anni ha dovuto pagare un alto tributo di sangue e di dolore; sappia essa ritrovare nelle sue feconde radici cristiane la forza per continuare con nuovo slancio il suo cammino sulle vie della pace, della solidarietà, della concordia.

Affidiamo questa nostra preghiera alla potente intercessione della beata Vergine Maria, Madre di Cristo e Madre nostra.


Amen. 1982-04-18 Data estesa: Domenica 18 Aprile 1982




Messaggio per la Giornata Mondiale per le Vocazioni

Titolo: Invito ogni comunità cristiana e ogni credente a dare incremento alle vocazioni consacrate

Testo:

Venerati fratelli nell'Episcopato e carissimi figli e figlie del mondo intero!


1. "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10).

Queste parole del Signore precedono immediatamente la lettura evangelica della quarta domenica di Pasqua, nella quale celebriamo la diciannovesima Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni consacrate in modo speciale a Dio, nel servizio della Chiesa e per la salvezza del mondo.

In tale brano del Vangelo (Jn 10,11-18), che vi invito a meditare nel profondo del vostro cuore, Gesù ripete per cinque volte che il Buon Pastore è venuto ad offrire la vita per il suo gregge, un gregge che dovrà comprendere l'umanità intera: "e diverranno un solo gregge e un solo pastore" (Jn 10,16).

Con queste parole il Signore Gesù ci rivela il mistero della vocazione cristiana e, in particolare, il mistero di ogni vocazione totalmente consacrata a Dio e alla Chiesa. Questa, infatti, consiste nell'essere chiamati ad offrire la propria vita, affinché altri abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. Così ha fatto Gesù, primizia e modello di ogni chiamato e consacrato: "Ecco, io vengo a fare la tua volontà" (He 10,9 cfr. Ps 39 [40],8). E per questo egli ha dato la vita, affinché altri abbiano la vita. Così deve fare ogni uomo e ogni donna, chiamati a seguire Cristo nella donazione totale di sé.

La vocazione è una chiamata alla vita: a riceverla e a donarla.


2. Di quale vita intende parlare qui il Signore Gesù? Ci parla di quella vita che viene da Colui che egli chiama Padre suo (cfr. Jn 17,1) e Padre nostro (cfr. Mt 6,9); il quale e la "sorgente della vita" (Ps 35 [36],10), il Padre, che "con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bontà ha creato l'universo e ha decretato di elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina" (LG 2).

Vita che "si è fatta visibile" (1Jn 1,2) nello stesso Signore Gesù, il quale la possiede nella sua pienezza: "In lui era la vita" (Jn 1,4) - "Io sono... la vita" (Jn 14,6), e vuole donarla in abbondanza (cfr. Jn 10,10).

Vita, che continua ad essere offerta agli uomini mediante lo Spirito Santo; lo Spirito, "che è Signore e dà la vita", secondo la fede che professiamo nel Credo della Messa e che "è sorgente di acqua zampillante per la vita eterna" (LG 4; cfr. Jn 4,14 Jn 7,38-39).

E' dunque la vita del "Dio vivente" (Ps 41 [42],3), che viene da lui donata a tutti gli uomini rigenerati nel Battesimo e chiamati ad essere suoi figli, sua famiglia, suo popolo, sua Chiesa. E' quella vita divina che celebriamo in questo tempo liturgico, rivivendo il mistero pasquale del Signore Risorto; è quella vita divina che presto celebreremo, rivivendo il mistero sempre operante della Pentecoste.


3. La Chiesa è nata per vivere e per dare la vita.

Come il Signore Gesù è venuto per dare la vita, così ha istituito la Chiesa, suo Corpo, affinché in esso la sua vita si diffonda nei credenti (cfr. LG 7). Per vivere e dare la vita, la Chiesa riceve dal suo Signore ogni dono, mediante lo Spirito Santo: la Parola di Dio è per la vita; i Sacramenti sono per la vita; i ministeri ordinati dell'Episcopato, del Presbiterato, del Diaconato, sono per la vita; i doni o carismi della consacrazione religiosa, secolare, missionaria, sono per la vita.

Dono che eccelle fra tutti, in virtù dell'Ordine sacro, è il Sacerdozio ministeriale, che partecipa all'unico Sacerdozio di Cristo, il quale offri se stesso sulla Croce e continua ad offrirsi nella Eucaristia per la vita e la salvezza del mondo. Sacerdozio ed Eucaristia: mistero mirabile di amore e di vita, rivelato e perpetuato da Gesù con le parole dell'Ultima Cena: "Fate questo in memoria di me" (Lc 22,19 1Co 11,24 cfr. Concilio Tridentino, DS 1740 DS 1752). Mistero mirabile di divina fecondità perché il Sacerdozio è stato donato per la moltiplicazione spirituale di tutta la Chiesa, principalmente mediante l'Eucaristia (cfr. Concilio Fiorentino, DS 1311 PO 5). Ogni vocazione sacerdotale deve essere compresa, accolta, vissuta come intima partecipazione a questo mistero di amore, di vita, di fecondità.


4. "La vita genera la vita".

Con queste parole mi sono rivolto al Congresso Internazionale dei Vescovi e degli altri Responsabili delle vocazioni consacrate, in occasione della precedente Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni (cfr. "Omelia", 10 maggio 1981: "Insegnamenti", IV, 1 [1981] 1147ss). Lo ripeto volentieri a tutti: la Chiesa vivente è madre di vita e quindi anche madre di vocazioni, che sono donate da Dio per la vita. Le vocazioni sono un segno visibile della sua vitalità.

Al tempo stesso sono condizione fondamentale per la sua vita, per il suo sviluppo, per la sua missione che deve svolgere a servizio dell'intera famiglia umana, "mettendo a disposizione degli uomini le energie di salvezza che la Chiesa, sotto la guida dello Spirito Santo, riceve dal suo Fondatore" (GS 3).

Invito ogni comunità cristiana, e ogni singolo credente, a prendere coscienza della propria grave responsabilità di dare incremento alle vocazioni consacrate. Tale dovere si compie "anzitutto con una vita perfettamente cristiana" (OT 2). La vita genera la vita. Con quale coerenza potremmo pregare per le vocazioni, se la preghiera non è effettivamente accompagnata da una sincera ricerca di conversione? Invito con forza e con particolare affetto le persone consacrate, affinché vogliano compiere un esame della propria vita. La loro vocazione, totalmente consacrata a Dio e alla Chiesa, deve vivere nel ritmo del "ricevere-donare". Se molto esse hanno ricevuto, molto debbono donare. La ricchezza della loro vita spirituale, la generosità della loro donazione apostolica, costituiscono un elemento molto favorevole per il manifestarsi di altre vocazioni. La loro testimonianza e cooperazione corrispondono alle amabili disposizioni della Provvidenza divina (cfr. OT 2).

Invito infine con sincera fiducia tutte le famiglie credenti a riflettere sulla missione che esse hanno ricevuto da Dio per l'educazione dei figli alla fede e alla vita cristiana. E' una missione che comporta responsabilità anche circa la vocazione dei figli. "I figli, mediante questa educazione, devono venire formati in modo che, giunti alla loro maturità, possano seguire con pieno senso di responsabilità la vocazione loro, compresa quella sacra" (GS 52). La cooperazione tra famiglia e Chiesa, anche per le vocazioni, trova radici profonde nel mistero e "ministero" stesso della famiglia cristiana: "Infatti, la famiglia che è aperta ai valori trascendenti, che serve i fratelli nella gioia, che adempie con generosa fedeltà i suoi compiti ed è consapevole della sua quotidiana partecipazione al mistero della Croce gloriosa di Cristo, diventa il primo e il migliore seminario della vocazione alla vita di consacrazione al Regno di Dio" (FC 53).

Al termine di queste considerazioni ed esortazioni, vi invito ad elevare con me la seguente preghiera:.

Signore Gesù, Pastore Buono, che hai offerto la tua vita, affinché tutti abbiano la vita, dona a noi, comunità credente sparsa in tutto il mondo, l'abbondanza della tua vita e rendici capaci di testimoniarla e di comunicarla agli altri.

Signore Gesù, dona l'abbondanza della tua vita a tutte le persone consacrate a te, per il servizio della Chiesa, rendile felici nella loro donazione, infaticabili nel loro ministero, generose nel loro sacrificio; e il loro esempio apra altri cuori a sentire e seguire la tua chiamata.

Signore Gesù, dona l'abbondanza della tua vita alle famiglie cristiane, affinché siano ferventi nella fede e nel servizio ecclesiale, favorendo così il sorgere e lo svilupparsi di nuove vocazioni consacrate.

Signore Gesù, dona l'abbondanza della tua vita a tutte le persone, particolarmente ai giovani e alle giovani, che tu chiami al tuo servizio; illuminale nelle scelte; aiutale nelle difficoltà; sostienile nella fedeltà; rendile pronte e coraggiose nell'offrire la loro vita, secondo il tuo esempio, affinché altri abbiano la vita.

Nella certezza che la Vergine santissima, Madre di Dio e della Chiesa, vorrà avvalorare con la sua potente intercessione questa supplica e renderla gradita al suo figlio Gesù, invoco su tutti voi, venerati fratelli nell'Episcopato, sui sacerdoti, sui religiosi e sulle religiose e su tutto il popolo cristiano, e in particolare sugli alunni dei Seminari e degli Istituti religiosi, l'abbondanza delle grazie celesti, e in pegno di esse imparto di gran cuore la propiziatrice benedizione apostolica.

Dal Vaticano, il 2 Febbraio, Festa della Presentazione del Signore, dell'anno 1982, quarto di pontificato.


IOANNES PAULUS PP. II




1982-04-20 Data estesa: Martedi 20 Aprile 1982



La preghiera alla Madonna di Jasna Gora

Testo:

Nel periodo della Pasqua la Chiesa in Polonia celebra le feste dei suoi principali patroni.

In questi giorni del mese di aprile: san Wojciech (sant'Adalberto), e poi, nel mese di maggio, san Stanislao. Ambedue sono riuniti intorno alla Madre di Dio a Jasna Gora, che il 3 maggio veneriamo come Regina della Polonia.

Desidero unire la mia preghiera del giubileo, che recito qui oggi mercoledi, in modo particolare alla preghiera che recitano i miei connazionali nell'anniversario dei loro santi patroni.

Desidero racchiudere in essa tutte le speranze e le sofferenze dei loro cuori nell'Anno del Signore 1982.

Sono passati ormai mille anni dal Battesimo di Mieszko, si avvicinano i mille anni dalla data in cui è venuto a noi il Vescovo Vojciech (Adalberto) da Praga e da Roma, per dare a Cristo la testimonianza definitiva subendo la morte dalle mani dei pagani, vicino alla foce del Baltico.

Vescovo e Martire! La patria si è aperta largamente a questa testimonianza. Presso le reliquie del Martire è cresciuta la prima metropoli polacca di Gniezno.

Si è formata la struttura portante della storia della Nazione e dello Stato.

Nei cuori degli uomini si è rafforzato il Vangelo della verità e della libertà. E continua a permanere. L'uomo non può vivere senza verità e libertà. Né la Nazione. Né lo Stato.

Tale è anche il senso di questi difficili mesi e giorni che vivo insieme con voi, cari connazionali, ai piedi della Signora di Jasna Gora, sulle storiche vie di san Wojciech (Adalberto).

Il prezzo della verità e della libertà dell'uomo appartiene al retaggio della Pasqua. Questo prezzo si è iscritto una volta per sempre nella Croce e Risurrezione di Cristo.

Cristo dice: abbiate fiducia, io ho vinto il mondo!




1982-04-21 Data estesa: Mercoledi 21 Aprile 1982




A sacerdoti della diocesi di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La missione del sacerdote sta nell'eucaristia

Testo:

Carissimi sacerdoti di Roma.


1. Nella significativa circostanza del sessantesimo, cinquantesimo e venticinquesimo anniversario della vostra Ordinazione presbiterale avete vivamente desiderato un incontro personale col vostro Vescovo. Ed io sono ben lieto di accogliervi con tutto il mio affetto! Mentre vi porgo il mio saluto più cordiale, vi esprimo anche la mia riconoscenza per questo vostro gesto di fede e di comunione. Ogni Vescovo, nel suo ministero pastorale, si sente come sostenuto dai suoi sacerdoti, partecipa alle loro gioie e alle loro sollecitudini; e perciò anch'io sono felice di vivere con voi questa data così importante, di unirmi alla vostra preghiera di ringraziamento, di porgervi le mie congratulazioni ed i miei auguri.


2. La vostra presenza è necessariamente fonte di riflessione. Voi rappresentate infatti tre generazioni di sacerdoti di questo nostro secolo, così movimentato, eppure così esaltante nella sua storia. I più anziani ricordano ancora i tempi di Pio X e la prima Guerra mondiale, e con i confratelli del cinquantesimo di sacerdozio hanno percorso un cammino difficile, attraverso vasti mutamenti e rivolgimenti politici e sociali, tra aspre vicende di conflitti bellici e di rivoluzioni ideologiche. E, con quelli che festeggiano i venticinque anni di Ordinazione, tutti avete partecipato e tuttora prendete parte alle varie problematiche suscitate dalle esigenze di "aggiornamento" e di "dialogo" volute dal Concilio Vaticano II. La storia del mondo e la storia della Chiesa è passata attraverso la vostra vita di sacerdoti, di ministri dell'Altissimo.


3. Il primo sentimento che deve sgorgare dal vostro animo è quello del rigraziamento al Signore che vi ha scelti, vi ha consacrati, vi ha illuminati, vi ha custoditi. In mezzo a tante vicissitudini del mondo, voi siete stati i "mediatori" tra Dio e gli uomini, nel nome e soprattutto con l'efficacia di Cristo, il Redentore. Se, dopo tanti anni di servizio, dopo migliaia e migliaia di sante Messe celebrate dovete dire con sempre più profonda convinzione: "Domine, non sum dignus!", al tempo stesso dovete anche godere di intima gioia per il vostro sacerdozio e ringraziare continuamente per il dono formidabile e immeritato che Dio vi ha fatto: qui sta la vostra grandezza, la vostra dignità, la vostra vera ricchezza! "Grande mysterium et magna dignitas sacerdotum - scrive l'Imitazione di Cristo - quibus datum est quod Angelis non est concessum" (Libro IV, capitolo V,1). Solo in cielo potremo comprendere totalmente quale immensa degnazione sia da parte di Dio l'averci scelti ad essere suoi unici ed autentici ministri; ma già fin d'ora, la meditazione sul mistero che portiamo deve esserci di sprone, di difesa, di gaudio e di fiducia.


4. Di qui il proposito, che vi lascio come esortazione e come ricordo: continuate ad essere sacerdoti seri ed impegnati, convinti che la missione essenziale del sacerdote sta nell'Eucaristia. Il Concilio Vaticano II in molte occasioni ha ribadito il millenario insegnamento della Chiesa circa l'identità del Sacerdote: "I sacerdoti - dice la costituzione "Lumen Gentium" - soprattutto esercitano il loro sacro ministero nel culto eucaristico" (n. 28), e nel decreto "Presbyterorum Ordinis" si legge: "Nel mistero del Sacrificio Eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l'opera della nostra Redenzione e quindi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana" (n. 13). Facendo eco al Concilio, io stesso ho scritto: "L'Eucaristia è la principale e centrale ragion d'essere del Sacerdozio... Il sacerdote svolge la sua missione principale e si manifesta in tutta la sua pienezza celebrando l'Eucaristia" ("Dominicae Cenae", 2; 4 marzo 1980: "Insegnamenti" III, 1 [1980] 582-583). Giunti a questa tappa importante, il vostro più bel proposito sia di continuare a fare dell'Eucaristia il Centro focale della vostra vita, a celebrarla "digne, attente ac devote", sicuri che proprio attraverso la rinnovazione mistica del Sacrificio della Croce, si realizza la Redenzione dell'uomo e della storia intera. Così ammonisce l'Imitazione di Cristo: "Ecce, Sacerdos factus es et ad celebrandum consecratus! Vide nunc, ut fideliter et devote in suo tempore Deo sacrificium offeras et teipsum irreprehensibilem exhibeas" (Libro IV, capitolo V,2).


5. Carissimi sacerdoti! Santa Teresa di Gesù, la grande Maestra di spirito, di cui celebriamo il quarto Centenario della morte, così conclude il suo "Castello Interiore": "Il Signore, più che alla grandezza delle opere, guarda all'amore con cui si compiono.

Se faremo quanto sta a noi, egli ci darà la grazia di fare sempre più giorno per giorno" (VII M, capitolo IV, n. 15). E' l'augurio che anch'io formulo per voi tutti: che giorno per giorno possiate fare sempre di più, per il bene della Chiesa, per la salvezza del mondo, per la vostra santificazione. Vi raccomando a Maria santissima; come per questi anni trascorsi continui ad illuminarvi, ad allietarvi, a confortarvi, a difendervi, insieme con i santi apostoli Pietro e Paolo, in modo da essere consolazione per la diocesi e motivo di nuove vocazioni.

E vi accompagni anche la mia benedizione apostolica, che con grande effusione vi imparto e volentieri estendo a tutte le persone care.




1982-04-22 Data estesa: Giovedi 22 Aprile 1982




Alle collaboratrici domestiche dei sacerdoti - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Voi donate la vita ad una causa grande, quella del sacerdozio cattolico)

Testo:

Signore, Signorine, care Collaboratrici domestiche dei sacerdoti.


1. Sono molto felice di unirmi alla vostra riunione festosa, di incontrarvi con i vostri cari cappellani, di portarvi i miei personali incoraggiamenti, come aveva già fatto in più occasioni il mio molto venerato predecessore Papa Paolo VI.

Lasciate che vi dica la mia prima impressione nel vedervi così numerose, provenienti da numerosi paesi d'Europa e anche dal Madagascar: le donne hanno il loro posto nella Chiesa! Al capitolo sesto della lettera ai Romani, l'apostolo Paolo ringrazia in particolare una decina di donne per la loro devozione e le loro fatiche al servizio delle prime comunità cristiane. Chi potrebbe contare al giorno d'oggi le donne con responsabilità di attività catechistiche, caritative e altre, a carattere parrocchiale, diocesano e anche nazionale? E questo in tutti i continenti. Siate felici e fiere di appartenere a questa stirpe di donne che hanno apportato all'opera di evangelizzazione il meglio di loro stesse, e molto spesso una autentica santità.

Ma vorrei soprattutto, in questo incontro molto importante per il vostro Movimento, meditare con voi su ciò che io chiamerei volentieri spiritualità delle Collaboratrici domestiche dei sacerdoti. Come ogni spiritualità essa trova la sua origine nelle convinzioni di fede, si incarna in obblighi specifici e, attraverso uno spiegamento di attitudini evangeliche e di qualità umane particolari, partecipa alla testimonianza che la Chiesa vuole rendere a Cristo redentore dell'umanità.


2. Voi siete nubili, o vedove, o qualche volta ancora con l'impegno della famiglia, o anche mamme o sorelle di sacerdoti, quando siete state chiamate a portare il vostro aiuto a un sacerdote o ad un'equipe sacerdotale. Avete allora percepito di dare la vostra vita per una grande causa: quella del sacerdote cattolico, indispensabile alla visibilità e alla vitalità delle comunità parrocchiali. Ma come essere in questa vocazione di laici cristiani senza mantenere vive in voi le convinzioni di fede circa l'identità del sacerdote, la missione del ministro di Cristo che agisce in suo nome per il suo Corpo che è la Chiesa, il significato delle sue responsabilità pastorali? Non ringrazierete mai abbastanza il Signore di avervi fatto la grazia di scegliere di servire il sacerdote. E' sicuramente in momenti riservati ogni giorno alla preghiera, e anche nelle vostre riunioni e nei vostri ritiri, che bisogna approfondire questa bella vocazione, reale servizio alla Chiesa.


3. Questa spiritualità di venerazione profonda del sacerdote si incarna in ognuna di voi nell'umile compimento dei vostri doveri quotidiani. Siate innanzitutto felici di mantenere in ordine la casa del sacerdote, di liberarlo da compiti materiali che assorbirebbero una parte del suo tempo così necessario al lavoro apostolico e che convengono meglio al vostro carisma di donne. Si, per i sacerdoti responsabili di parrocchia o di tutto un settore come per i loro fedeli, la vostra presenza, la vostra accoglienza, i vostri servizi sono fonte di felicità umana e spirituale e danno alla casa presbiterale un'attrattiva e un irradiamento particolari.

A questo ruolo si può aggiungere - e ve lo auguro di tutto cuore - una assennata collaborazione, secondo le vostre forze fisiche e secondo i vostri rispettivi talenti, alle attività che rendono una parrocchia vivente e irradiante: l'insegnamento catechistico, l'animazione di gruppi di preghiera e di movimenti d'apostolato, la diffusione della stampa d'ispirazione cristiana, la visita a persone malate o isolate, la preparazione di cerimonie liturgiche, ecc. Di nuovo, mi felicito con il vostro Movimento di aver fatto molto per dare alle Collaboratrici domestiche dei sacerdoti, non solamente un titolo nuovo, ma uno stile di vita ed uno statuto ispirati al decreto conciliare sull'apostolato dei laici.

Vorrei ora proseguire le mie parole in tedesco, una lingua alla quale molte di voi appartengono.

Care Collaboratrici domestiche dei sacerdoti!


4. L'atteggiamento religioso di cui ho parlato finora, diviene concreto nei singoli compiti che vi si pongono. Esso esige da voi tutte il costante sviluppo di una condotta morale e delle virtù umane. Penso a questo proposito soprattutto ad un profondo spirito di fede e all'autentico atteggiamento di servizio che devono distinguervi. La vostra visione di fede vi fa riconoscere dietro la superficie umana dei sacerdoti le tracce di Cristo, vero Sacerdote supremo e Pastore. Questa fede vi ricorda che tutti i membri della comunità cristiana sono creature di Dio che hanno il loro posto nel suo cuore e che tutte le molteplici attività di una parrocchia rappresentano possibili vie all'annuncio della Lieta Novella.

Vorrei inoltre incoraggiarvi a sviluppare quelle qualità umane che rispondono così bene al vostro stato di vita. Penso in questo caso ad una sincera attenzione per ogni persona, ad un modo di essere naturale, aperto, libero da ogni familiarità non gradita, ad una tranquilla serenità e pazienza, gentilezza e prontezza a vedere in primo luogo il lato positivo di tutto e in ogni occasione.

L'esempio di tante sante donne che in modo eminente nel corso dei secoli hanno collaborato ai compiti della Chiesa deve infondervi entusiasmo e coraggio per l'adempimento del vostro incarico tanto prezioso e importante.


5. Vi ringrazio cordialmente per la vostra visita e formulo i migliori auguri per il futuro del vostro Movimento. A voi, che avete la gioia di essere a Roma, e a tutti i vostri fratelli e sorelle di lavoro rimasti nelle loro sedi di città o di campagna ma a voi uniti in questo momento di spirito e di cuore, imparto la mia benedizione apostolica.

Prima di terminare non posso non dire anche solo poche parole nella mia lingua nativa. Rivolgo un cordiale saluto al gruppo di collaboratrici domestiche venute dalla Polonia e dagli altri paesi slavi. Sono lieto che siate qui in questo gruppo internazionale di rappresentanti di una professione, anzi di una vocazione, molto delicata e molto importante per la Chiesa, per i sacerdoti, per la parrocchia. Siete a Roma presso il sepolcro di san Pietro, nella capitale della cristianità. Siete qui col desiderio di pregare, di meditare, di approfondire, nello scambio reciproco di esperienze, la vostra spiritualità, il vostro legame con la Chiesa, che servite in un modo specifico; desiderate anche scoprire e definire quale è il vostro posto nella Chiesa e realizzare voi stesse in questo servizio.

Ringrazio di cuore voi tutte per il vostro lavoro, le vostre offerte e le vostre preghiere. Portate la vostra esperienza di Roma nei vostri paesi e testimoniatela a tutte quelle donne che, come voi, nella loro ricerca di Cristo, hanno scelto la stessa strada specifica. Portate loro queste parole. Portate a loro, ai vostri connazionali, ai vostri parenti come a tutti i sacerdoti il cordiale saluto e la benedizione del Papa.

Vi affido a Maria, signora della casa di Nazaret.




1982-04-22 Data estesa: Giovedi 22 Aprile 1982




Alla grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Messa per i pellegrini irlandesi

Testo:

Cari fratelli e sorelle irlandesi, Mercoledi scorso ho avuto la gioia di dare il benvenuto alla Garda Siochàna na hEireann durante l'Udienza Generale. Questo mi ha dato l'opportunità di esprimervi nuovamente la mia gratitudine e per incoraggiarvi nelle vostre vite cristiane. Oggi abbiamo l'occasione per essere ancora insieme nel vostro cammino di fede. Siamo insieme con la Beata Vergine Maria, al suo altare in Vaticano, per chiederle di condurci a Gesù e di riunirci attorno alla persona di suo Figlio, che è il nostro Signore Salvatore.


1. In verità, sperimentiamo questa mattina la realtà della scena descritta per noi nel Vangelo. Raccolti come i discepoli sulla collina presso il Mare di Galilea, abbiamo Gesù tra noi. E' il centro della nostra assemblea, il centro delle nostre stesse vite. Come i discepoli sappiamo di essere oggetto delle sue cure e preoccupazioni. Egli è il Buon Pastore che ci ama profondamente e teneramente.

Siamo venuti ad ascoltarlo, a guardarlo mentre ringrazia suo Padre; siamo venuti per prendere parte al suo grande atto di ringraziamento. Siamo venuti per poter anche noi, come i discepoli, essere nutriti dalla sua parola e dal pane che ci offre per la vita eterna. Ognuno di noi è venuto a questa assemblea Eucaristica colmo di quel sentimento che il salmista esprime stamane: "Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi" (Ps 26,13).


2. L'essere tutti insieme, con Maria, in compagnia di Gesù, ci da una grande gioia e una meravigliosa sicurezza. Siamo mossi dallo Spirito Santo a dar voce alla nostra fede, alla nostra fiducia e alla nostra speranza in Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio di Maria: "Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avro paura? Il Signore è difesa della mia vita..." (Ps 26,1).

La presenza di Cristo ci fortifica e ci sostiene. Gesù è con noi come lo fu con gli apostoli durante tutte le difficoltà che incontrarono nel testimoniare il suo nome.

E proprio come i Discepoli incontrarono molte difficoltà parlando a nome di Gesù, anche noi arriveremo a capire sempre più che l'autentica vita cristiana chiede uno sforzo costante. Ci sono ostacoli di diversa natura, ma Dio è in noi con la sua grazia, spingendoci sempre alla fedeltà, invitandoci costantemente a vivere in sintonia con il messaggio che abbiamo ricevuto.


3. Seguendo l'esempio degli Apostoli, dobbiamo continuare a proclamare, con parole ed opere, il Lieto Annunzio del Mistero Pasquale. Il Lieto Annunzio della nuova vita in Cristo, della Pasqua di pace e riconciliazione, è stato affidato a tutti noi. Deve essere vissuto e proclamato non solo nei templi pubblici delle nostre chiese, ma anche in ogni casa privata, in ogni "chiesa domestica" che è la casa.

Il Lieto Annunzio della Resurrezione di Cristo deve essere vissuto e proclamato in ogni casa d'Irlanda.

Negli Atti degli Apostoli ci viene detto che gli Apostoli "non cessavano di insegnare e di portare il lieto annunzio che Gesù è il Cristo" (Ac 5,42). Si, il Lieto Annunzio non deve mai essere interrotto fin che dura il nostro pellegrinaggio terreno. Con l'aiuto di Dio, rimanete sempre uniti tra di voi, con Cristo nel mezzo. E siate sempre custodi del Lieto Annunzio, guardiani della pace di Cristo. Amen.

[Traduzione dall'inglese]


1982-04-23 Data estesa: Venerdi 23 Aprile 1982




Udienza alle due delegazioni - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Mediazione papale tra Argentina e Cile nella controversia sulla zona australe

Testo:

Eccellentissimi Signori Sottosegretario e Ambasciatori, e altri membri delle distinte Delegazioni accreditate per lo svolgimento dei lavori della Mediazione.

Le preoccupazioni di ogni giorno e in particolare delle ultime settimane per il grave conflitto tra una delle vostre Nazioni ed un'altra grande e non meno cara Nazione, non mi hanno fatto dimenticare l'impegno assunto, già più di tre anni fa, di aiutare i vostri Paesi a trovare la soluzione alla controversia sulla zona australe.

A proposito di questo conflitto, che ha tenuto e continua a tenere gli animi in sospeso davanti al timore di un deplorevole scontro bellico, mi sono ripetutamente espresso anche in pubblico negli ultimi venti giorni, manifestando il vivo desiderio - che rinnovo ora - che si trovi, grazie alla buona volontà di ambedue le parti, una soluzione soddisfacente basata sulla giustizia e il diritto internazionale, che escluda il ricorso alla forza.

In questo momento non desidero diffondermi su questo tema, anche se lo seguo con ansia e non cesso di supplicare il Signore: "Dona nobis pacem", dona a noi, e conservaci, la pace.

Mi riferisco ora, senz'altro, all'oggetto specifico della nostra riunione di oggi.

Signore e signori.

Ben sapete che fin dai primi giorni del mio pontificato ho assunto una vivissima preoccupazione e un costante impegno non solo per evitare che la controversia tra i vostri Paesi giungesse a degenerare in un disgraziato conflitto armato, ma anche per trovare il modo di risolvere definitivamente questa controversia.

Ringraziamo tutti la Provvidenza perché non permise che accadesse qualcosa di irreparabile in quegli incandescenti mesi di novembre e di dicembre del 1978. Ricordate, cari figli dell'Argentina e del Cile, che allora ho fatto mie le vostre ansie e non ho risparmiato sforzi per dare alle vostre due Nazioni tutto l'aiuto possibile. Poi, avendo ricevuto la richiesta dei due Governi, accompagnata da impegni concreti ed esigenti, ho accettato il compito di mediare avendo come scopo quello di suggerire e proporre una soluzione giusta ed equa, e pertanto onorevole, che concluda definitivamente la controversia.


1. Non è necessario che mi soffermi in considerazioni sul cammino laborioso percorso in questi tre ultimi anni durante i quali, voi, illustri membri delle due delegazioni, avete sopportato il peso dell'oscuro lavoro di ogni giorno. Tutti pensavamo e speravamo di giungere ad una felice conclusione in molto meno tempo.

Non è stato così e, al contrario, durante questo duro periodo si è mantenuta l'ansia dei due popoli e non è scemato l'interesse dell'opinione pubblica, anche a livello mondiale. D'altra parte, si sono verificati a volte, purtroppo, fatti non del tutto conformi con lo spirito degli impegni assunti al momento della richiesta di mediazione: fatti che hanno aumentato la preoccupazione di tutti e hanno fatto temere il ritorno di una psicosi di opposizione.

Tutta una concomitanza di circostanze spinge ora ad accelerare il passo e a moltiplicare gli intenti perché le affermazioni di buona volontà, sincere e ripetute da ambo le parti, si traducano in realtà concrete e soddisfacenti. Per questo desidero farvi oggi un richiamo caloroso, affettuoso e cordiale: è necessario che ricaviate il maggior frutto possibile dal tempo a nostra disposizione; è necessario non lasciar più passare dei giorni senza cercare di approfittare di tutte le nostre possibilità.


2. Durante questi tre anni sono stati molto numerosi i colloqui con l'Ufficio della mediazione, il quale mi ha tenuto molto al corrente di questo problema che è sempre stato oggetto del mio particolare interesse. Conoscete i miei personali interventi. Vi ricordo soltanto i più significativi: i miei incontri con voi nel settembre del 1979 e nel novembre e dicembre dell'anno seguente.

In quest'ultima occasione, il 12 dicembre 1980, ho consegnato ai signori Ministri degli Esteri dei vostri Paesi la mia proposta, dopo aver illustrato in un discorso pubblico, di risonanza internazionale, i criteri che la ispiravano.

- L'anelito alla promozione della pace; - il desiderio assillante di vedere stabilite permanentemente tra i vostri popoli ottime relazioni, conformi alla loro fratellanza radicale e perenne; - la speranza di poter segnalare le vostre Nazioni come esempio orientatore per il mondo intero in questo particolare problema; tutto questo mi ha guidato quando - prestando attenzione a voci autorizzate dei Paesi che rappresentate, che me lo chiedevano - mi sono deciso a proporre un accordo dignitoso, che potesse avere le caratteristiche di una transazione tra i diritti e le aspirazioni argentine e cilene.

Tenendo presente la "buona disposizione" che i vostri Governi hanno dichiarato nella richiesta di mediazione, "per considerare le idee che la Santa Sede può esprimere", "soprattutto gli aspetti controversi del problema della zona australe, con il desiderio di contribuire ad un accordo pacifico e accettabile da entrambe le parti" (n. 10 del primo Accordo di Montevideo, cioè della richiesta di mediazione) e ricordando anche la permanenza della cornice prevista per detta mediazione (n. 8 del medesimo Accordo), mi sembra ora opportuno parteciparvi alcuni voti relativi alla soluzione della controversia, che continua ad avere tante ripercussioni negative nella vita delle vostre Nazioni.

a) In primo luogo, vi propongo che ora riprendiate i vostri colloqui congiunti ed entriate già nella fase conclusiva dei lavori, con lo scopo di conseguire, mediante un dialogo esaustivo e sereno, l'idoneo fruttificare della mia Proposta, mediante la stipulazione di un Trattato - naturalmente accettabile da entrambe le Parti - che svolga il testo concreto e completo della stessa.

Desidererei, perciò, che i Governi delle vostre due Nazioni - unite inseparabilmente dalla natura, come ho sottolineato nel dicembre 1980, mai affrontatisi in una guerra - si attenessero ad impartirvi le opportune istruzioni per attivare un dialogo profondo ed efficace tra di voi con questa finalità, certamente aiutati da coloro che ho designato per assistervi.

La stipulazione di questo Trattato di pace e di amicizia perenni - dovrà essere il coronamento dei vostri colloqui; - costituirà la conclusione irriformabile di una divergenza fastidiosa, escludendo anche l'ipotesi di future rivendicazioni; - e sigillerà l'inizio di una collaborazione veramente più stretta e feconda tra i due popoli fratelli.

Credo che la considerazione di tale realtà, tanto desiderabile quanto promettente, vi incoraggerà da sé a fare il possibile per superare le difficoltà che d'ora in avanti potrete incontrare e vi persuaderà del fatto che vale la pena di accettare sacrifici, che non ledono interessi fondamentali, rinunciando anche ad aspirazioni considerate in se stesse legittime.

Si tratta di un bene tanto prezioso che non può fare a meno di spingere ad accettare questa visione realistica delle cose, benché essa abbia aspetti dolorosi, soprattutto se vengono esaminati fuori del contesto generale dell'accordo proposto.

b) La proposta presentata ai vostri Governi offre tutto un mosaico di temi concreti, il cui svolgimento completo sarà il premio che seguirà gli sforzi che dovrete affrontare. Mi sembra, ciononostante, che riceverete un grande stimolo se coglierete fin dall'inizio qualcosa che vi confermi la bontà del vostro compito.

A tal fine, considero che sarebbe molto conveniente che cerchiate di concordare al più presto quello che deve essere un solido fondamento di questa amicizia feconda che consacrerà il Trattato finale, e che inoltre eviti un "vacuum iuris" - un vuoto di diritto - nel vostro sistema particolare di regolamento della controversia, allo scadere del Trattato sottoscritto nel 1972. Mi riferisco come potete supporre, alle norme relative al regolamento pacifico delle possibili controversie presenti e future.

perciò, ricordando il passato in ciò che ha avuto di utile e di positivo, lasciando pero da parte discussioni sterili e pregiudizi sull'efficacia o inefficacia dei diversi dispositivi sperimentati finora, vi prego di dedicare un'attenzione preferenziale - ma non esclusiva - allo sviluppo del primo punto specifico della Proposta, cioè, la clausola del Trattato finale relativa ad un sistema per il regolamento pacifico delle controversie in qualsiasi settore delle vostre mutue relazioni, che, di conseguenza, escluda, in modo esplicito, il ricorso alla forza o alla minaccia dell'uso della forza.

Vi prego di studiare il tema e di presentare formule volte alla conciliazione dei vostri rispettivi punti di vista, come farà anche l'Ufficio della mediazione. Si tratta di un tema fondamentale, al quale attribuisco una importanza preponderante. Il conseguimento di una rapida intesa su questo punto e la sicurezza del fatto che non si avranno mai, per nessun motivo, scontri violenti tra i vostri due Paesi costituirà inoltre una base molto adeguata per affrontare in un clima di maggiore serenità altre questioni più complicate o complesse.

c) Con riferimento a questo clima, che deve facilitare i vostri negoziati, mi permetto di rinnovarvi il richiamo che vi ho rivolto lo scorso 1° febbraio mediante il mio rappresentante, a proposito dell'osservanza del secondo Accordo di Montevideo. Mi riferiro solo all'ultimo dei tre impegni che in tale occasione hanno assunto i vostri Governi, un impegno che comporta l'astensione dall'adozione di mezzi che possano alterare l'armonia in qualsiasi settore delle mutue relazioni. Si tratta di un impegno che comporta sicure difficoltà per quanto concerne la determinazione della sua attuazione precisa in ogni settore, soprattutto in quelli che sono più intimamente in relazione con i problemi della controversia australe. Sono convinto, ciononostante, che sia un impegno fondamentale; compiuto in buona fede, dovrebbe giungere ad evitare ogni atteggiamento negativo o meno amichevole di una Parte contro l'altra; e d'altro canto, il prodursi di un tale atteggiamento, dovrebbe impedire che questa controversia giunga a costituire un incidente.

Purtroppo, si sono prodotti episodi spiacevoli tra i vostri due Paesi anche immediatamente dopo il mio ultimo richiamo, al quale i vostri Governi avevano dato una risposta che invitava alla speranza. Gli stessi mezzi di comunicazione sociale hanno sottolineato le ripercussioni negative che possono avere tali episodi. Se si ripetessero in futuro, potrebbero porre in pericolo non solo il clima desiderabile per i lavori, ma anche la continuità della mediazione.

Certamente, accettandola non si poteva pensare che i suoi lavori si sarebbero svolti in circostanze sfavorevoli. Pensavo allora che l'impegno cui si alludeva prima supponesse il consolidamento concreto di condizioni di convivenza idonee e che inoltre migliorasse quelle esistenti durante i negoziati bilaterali dei mesi precedenti, poiché si trattava di un impegno assunto dietro richiesta del mio inviato. Ero convinto, infatti, del fatto che questo impegno - tanto valorizzato da me nel momento di accettare la mediazione - aveva in sé la virtualità sufficiente per configurare le migliori condizioni generali di convivenza in tutti i settori e ambiti fino alla definitiva composizione della controversia.

Si è messo in chiaro, ciononostante, che vi sono divergenze su determinati aspetti molto importanti al fine di assicurare questa convivenza e evitare tali episodi. perciò, a prescindere dai punti di vista mantenuti in relazione a norme di comportamento accordate in precedenza alla richiesta di mediazione, chiedo ora ai vostri Governi - per mezzo vostro - che riflettano molto seriamente su questo problema, e con migliore spirito di comprensione e di concordia, si sforzino di compiere e di far compiere scrupolosamente questo impegno. Per facilitare questo incarico, mi permettero ora di dare alcune indicazioni che, a mio modo di vedere, possono aiutare ad evitare nuovi episodi o, per lo meno, a ridurre il loro verificarsi, nel convincimento che ciò non influenzerà positivamente o negativamente le posizioni delle Parti, né creerà precedenti invocabili nella prospettiva di una composizione definitiva della controversia: mediante esse si cerca unicamente di migliorare e garantire il più possibile le condizioni di convivenza che considero adeguate e necessarie per un buon svolgimento dei lavori di mediazione.

A tal fine, converrà che i vostri Governi tengano presente la realtà del passato e anche le esperienze che hanno reso possibile una buona convivenza.

Riferendomi in particolare alla convivenza nella zona australe, sottomessa alla mediazione e conseguentemente dipendente da un accordo completo e definitivo su tutti i problemi che la mediazione stessa abbraccia, li prego che si sforzino di evitare innovazioni che interessino l'oggetto della controversia (cioè, le questioni terrestri, marittime e aree incluse nell'ambito della mediazione: le quali, in virtù del principio "nihil innovetur", non devono essere soggette a variazioni unilaterali). Da un punto di vista generale, sarà opportuno che entrambi i Governi facciano in modo di controllare sempre la gestione dei fatti suscettibili di arrivare a trasformarsi in incidenti: perciò, cercate di evitare che questi fatti siano esaltati e fate in modo che autorità e organismi inferiori non si pronuncino precipitosamente al loro riguardo - anche se cadono nelle loro rispettive competenze - e si limitino ad informare in questi casi le autorità governative, le quali, in definitiva, sono responsabili della gestione di tutto ciò che può essere posto in relazione allo svolgimento della mediazione; in ogni modo, è desiderabile che, al verificarsi di tali fatti, tutto finisca in una segnalazione e deplorazione, concepita in termini che non abbiano ripercussioni sulle buone relazioni tra i due Paesi.

Chiedo, infine, ai due Governi che essi stessi e, per loro ordine, le autorità e gli organismi inferiori, assumano con ogni cura un atteggiamento di prudenza e stimolino il sentimento di autodelimitazione in ciò che considerano l'esercizio e la difesa dei diritti legittimi, soprattutto nella zona sottoposta alla mediazione, avendo come obiettivo quello di non dare luogo a nessun tipo di attrito con l'altra Parte. Tutto ciò, anche, fermo restando che tale attitudine non suppone una abdicazione di questi diritti, e neppure crea dei precedenti.


3. Ho detto a suo tempo che il testo della Proposta comportava che gli uni e gli altri moderassero o temperassero le proprie richieste, perché in altro modo sarebbe impossibile giungere ad un accordo. Evidentemente questo criterio è applicabile anche in relazione a tutto ciò che era antecedente.

Vi invito, pertanto, signori Ambasciatori e altri membri di entrambe le Delegazioni, a farvi interpreti di queste idee, presso coloro che vi hanno accreditato per questa nobile missione, e anche del mio incalzante e affettuoso richiamo perché, dopo aver ricevuto le indicazioni pertinenti, possiate lavorare con decisione in un clima di comprensione e di concordia.

Come sarebbe conveniente che l'opinione pubblica dei vostri Paesi potesse avere una adeguata presentazione dei vantaggi che perseguiamo e percepisse anche il mio vivo desiderio che le idee che ho appena espresso aiutino entrambe le parti per un migliore svolgimento della mediazione. Questo è uno degli obiettivi del mio richiamo di oggi e sarei molto lieto che le mie parole non diano luogo a interpretazioni o a supposizioni che, non essendo conformi a questo desiderio di aiuto indiscriminato, possono pregiudicare il cammino sollecito e sereno dei lavori che dovete compiere.

Tenete presente le speranze che i vostri popoli stanno alimentando dall'8 gennaio 1979, quando videro con entusiamo l'affacciarsi di una grande promessa di pace tra il Cile e l'Argentina. Non possiamo deluderli. Siate coscienti dell'importanza dei prossimi mesi. Di qui, il mio invito alla maggiore sollecitudine possibile, che corrisponde - ne sono sicuro - al vostro comune desiderio di arrivare presto ad una soluzione finale di tanti sforzi e sollecitudini.

Abbiate la certezza che raccomandando a Dio, Datore di ogni bene, il vostro programma di lavoro e ognuno di voi, egli, luce di ogni luce, illuminerà la vostra attività personale.

La mia cordiale benedizione accompagni questo ricordo nell'orazione.




1982-04-23 Data estesa: Venerdi 23 Aprile 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Nel ricordo della strage - Bologna