GPII 1982 Insegnamenti - L'omelia al Pontificio Collegio Filippino - Roma

L'omelia al Pontificio Collegio Filippino - Roma

Titolo: Gesù ci chiede di prepararci alla nostra missione di evangelizzazione

Testo:

Vostre Eminenze, fratelli Vescovi amatissimi.

Il mio messaggio è oggi diretto soprattutto ai sacerdoti che costituiscono il corpo studentesco del Collegio filippino qui a Roma. E' in particolar modo per voi, miei fratelli sacerdoti, che sono venuto qui. Nello stesso tempo penso a tutto il popolo filippino, ricordando con gioia la mia visita nel vostro paese, un ricordo che, in unità a Cristo, offro al Padre in questo Sacrificio eucaristico.


1. Questo pomeriggio Gesù ci raduna in unità quali suoi discepoli. Noi stiamo celebrando ora la nostra unione con lui. Stiamo celebrando l'unità di Cristo con la sua Chiesa, un patto d'amore che è significato nel sacramento del matrimonio. E come nella festa di nozze di Cana la nostra celebrazione di oggi è completa: essendo discepoli di Cristo noi ci siamo radunati attorno a Gesù, per essere rafforzati dalla compagnia con lui, per entrare più profondamente nella sua amicizia e per condividere la sua Cena Pasquale. Nello stesso tempo sappiamo che la Madre di Gesù è qui presente. Ci sentiamo in pace; ci sentiamo sicuri a riguardo del viaggio che ci attende nella nostra vita, poichè ci siamo radunati sotto la protezione di Maria, "Nuestra Senora de la Paz y Buen Viaje", alla quale questo Collegio è dedicato.


2. L'avvenimento di oggi evoca l'intera realtà della storia religiosa del popolo filippino. Dei giovani vengono mandati dai loro Vescovi a questo Collegio perché possano prepararsi ad entrare nella tradizione ormai centenaria di fedeltà e di evangelizzazione. Questi giovani giungono qui per prepararsi alla causa del Vangelo. Come Giovanni XXIII sottolineo in occasione della inaugurazione di questo Collegio, questa istituzione costituisce anche un vincolo particolare tra le Filippine e la Sede di Pietro.

Qui, per grazia di Dio, gli ideali del sacerdozio devono essere vissuti dai singoli sacerdoti che sono sostenuti da una comunità che, insieme, abbraccia e promuove quegli stessi ideali. Da qui questi ideali devono essere trasmessi ai seminari e alle parrocchie, ovunque nelle Filippine. Qui i giovani sacerdoti possono riflettere profondamente su ciò che significa essere mandati a proclamare il Vangelo della salvezza. Quale grande speranza costituisce dunque questo istituto per tutto il popolo filippino; esso rappresenta la loro speranza e le loro suppliche a Dio per avere sacerdoti che siano alla sequela di Cristo.

Nel mio discorso ai sacerdoti e ai seminaristi a Cebu, ho detto quanto la Chiesa ha bisogno di sacerdoti. Ed oggi vorrei aggiungere quanto il Collegio Filippino può fare per aiutare i sacerdoti ad adempiere alla loro missione e incontrare perciò i bisogni della Chiesa. Qui voi avete l'opportunità di formare, mediante l'Eucaristia, una vera comunità che si esprime nella preghiera, nella carità e nello zelo. Mentre vi preparate a divenire ministri di riconciliazione per il Popolo di Dio, autentici araldi della conversione interiore, voi avete la meravigliosa opportunità di imparare, facendone voi stessi esperienza, l'amore al sacramento della Penitenza e di dare ad esso quella priorità che esso deve avere nella Chiesa di oggi. Nella vostra comunità avete anche l'opportunità di guardare al futuro, riflettendo alla luce della Parola di Dio, sulla situazione ecclesiale che vi attende nelle vostre rispettive diocesi. Nella preghiera e nella meditazione mediante la vostra dedizione allo studio, il Signore vi parlerà ed infiammerà i vostri cuori dello zelo per il benessere del popolo filippino.

Comincerete a rendervi conto sempre di più quanto urgente sia la causa dell'evangelizzazione, quanto la Chiesa abbia bisogno di voi per continuare la sua specifica missione. Ma nello stesso tempo vedrete che esistono condizioni per un reale sacerdozio, per una reale ed effettiva collaborazione con Cristo Sacerdote Supremo.


3. A Cebu ho parlato di tre di queste condizioni. Vi è soprattutto la necessità della unità interiore con Cristo - quel tipo di unione interiore alla quale Cristo ha chiamato gli Apostoli. Essi erano i suoi migliori amici, i compagni che egli si era scelto personalmente, coloro con i quali egli aveva condiviso i suoi pensieri ed ai quali alla fine egli affido la missione che aveva ricevuto dal Padre. Una seconda condizione per un sacerdozio effficace è la necessità assoluta dell'unità con il Vescovo, nella fraternità del presbiterio. Gesù desidera che la nostra unità visibile nel sacerdozio rifletta la sorgente del suo dinamismo interiore: la sua unione con il Padre. Da tempi antichissimi i Padri della Chiesa proclamano questa verità con eloquenza ed insistenza. La terza condizione per un fruttuoso servizio al Popolo di Dio è il dono totale del nostro essere a Cristo. Nel dare interamente noi stessi a lui - mediante il dono che facciamo con il nostro celibato - riceviamo come dono da Cristo il potere di amare più profondamente tutti coloro che costituiscono il "corpo di Cristo". Chiamandoci al sacerdozio, Gesù ci chiama ad un amore generoso e pronto al sacrificio.


4. In ragione del nostro Battesimo in Cristo, siamo chiamati dal Padre alla santità, come ci ricorda san Paolo nella lettura di oggi pomeriggio: "Prima che il mondo fosse creato, egli ci ha scelto, ci ha scelto in Cristo, per essere santi e immacolati e vivere nell'amore" (Ep 1,4). Queste parole acquistano per noi qui presenti una particolare intensità. Vivere da figli adottivi significa molto più per noi se pensiamo che siamo identificati con Gesù, l'unico Figlio del Padre, nel suo ruolo di Sacerdote Supremo, costituito come tale nel momento dell'Incarnazione nel grembo della Vergine Maria. Maria presiede al destino di questo Collegio, proprio come ha presieduto per secoli all'evangelizzazione delle Filippine. Ella è vicina a tutti coloro che condividono il sacerdozio di suo Figlio. Nel Vangelo di oggi ella rompe il silenzio che di solito la circonda per dire queste parole di consiglio: "Fate ciò che egli vi dirà" (Jn 2,5). Il Vangelo racconta come seguendo il suggerimento di Maria e in obbedienza alle parole di Cristo sortirono effetti insperati. Gesù compi il "primo segno" del suo ministero evangelico.

Oggi Maria ci ripete: "Fate quello che egli vi dirà". E mediante la fedeltà a lei e in obbedienza a Gesù, sicuramente continueremo ad avere risultati.

Noi crediamo che Gesù compirà altri "segni" della sua potenza e del suo amore, per incontrare le necessità della sua Chiesa, nonostante le inadeguatezze dei suoi servitori.


5. Se ascoltiamo attentamente, Gesù ci dice di prepararci alla nostra missione di evangelizzazione, così che possiamo proseguire nella predicazione del Vangelo di salvezza, nell'annuncio della Buona Novella che è rivolta a tutti i popoli, nella proclamazione, nelle parole stesse di Gesù, che "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio, affinché chi crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna. Perché Dio ha mandato suo Figlio nel mondo, non per condannare il mondo, ma perchè il mondo possa essere salvato mediante lui" (Jn 3,16-17). Se ascoltiamo Maria e obbediamo a Gesù il nostro ministero di evangelizzazione sarà benedetto.

Per questa ragione siamo convinti che questo è un giorno di speranza per questo Collegio e per gli studenti e tutto il personale. Con l'aiuto di Dio questo istituto adempierà in verità al suo provvidenziale ruolo al servizio della continuità dell'evangelizzazione in tutte le Filippine. E' un giorno di speranza per tutta l'Asia, nella luce di Cristo che splende dalle Filippine.


6. Cari fratelli, ricordate sempre che la Madre di Gesù e qui con voi; ella è con noi oggi e continuerà ad essere con voi nella vostra preparazione alla vostra futura missione in patria. Ella vi accompagnerà nel vostro viaggio di evangelizzazione nel vostro paese. Comportatevi secondo le sue parole: ascoltate Gesù quando vi invita ad approfondire l'unità interiore con lui, l'unità con i vostri Vescovi e una rinnovata dedizione all'amore generoso e fedele nel servizio all'evangelizzazione. Sarà sempre così. Dovunque siate potete sempre dire: la Madre di Gesù e qui!




1982-01-30 Data estesa: Sabato 30 Gennaio 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Pongo il problema della Polonia dinanzi alla coscienza del mondo

Testo:


1. Desidero anche oggi - in occasione della preghiera dell'"Angelus" - esprimere un particolare saluto agli Episcopati, che sono venuti a Roma l'anno scorso per visitare le "memorie" degli Apostoli.

Ho in mente gli Episcopati della Tanzania e del Sudan in Africa.

Desidero salutare le Chiese ed anche le Nazioni, nelle quali queste Chiese, guidate dai loro Pastori, inseriscono il lievito evangelico della giustizia e della pace.


Nella Tanzania vi sono 25 Circoscrizioni Ecclesiastiche. L'Arcivescovo della sede metropolitana di Dar-es-Salaam è il Cardinale Laurean Rugambwa, il primo africano elevato alla Porpora da Papa Giovanni XXIII nel 1960. I Cattolici della Tanzania sono


3.600.000, vale a dire il 21% della popolazione.

Nel Sudan le diocesi sono 7 ed i Vescovi incontrano difficoltà, soprattutto per la scarsità di sacerdoti e di personale. In tutto il paese ci sono soltanto una cinquantina di sacerdoti diocesani; i missionari sono 130, ed appartengono in buona parte ai Comboniani (circa 70), ai quali esprimo il mio incoraggiamento per la loro dedizione, che estendo anche ai salesiani e agli appartenenti alla Congregazione degli "Apostles of Jesus" che lavorano in quella cara nazione.


2. Dato che ieri e oggi, in diversi paesi del mondo, viene celebrata la giornata della solidarietà con la nazione polacca, desidero, come Vecovo di Roma e nello stesso tempo come figlio della mia nazione, manifestare viva gratitudine per tutte le testimonianze di questa solidarietà.

Ringrazio per ogni aiuto materiale, che viene mandato in Polonia sia dalle singole persone come dalle diverse istituzioni sociali e caritative.

L'Episcopato e la Chiesa in Polonia fanno tutti gli sforzi perché tali aiuti giungano ai più bisognosi.

Ringrazio per ogni sostegno spirituale, specie per quello che si esprime in diverse forme di preghiera, che corrisponde alla comprensione che i problemi riguardanti la Polonia hanno importanza non soltanto per tale singolo paese e per tale singola società. Il rispetto dei diritti della nazione e, nell'ambito di essa, il rispetto dei diritti dell'uomo come cittadino sono dappertutto nel mondo la condizione della vera giustizia sociale e della pace. Tra questi diritti una particolare importanza hanno assunto, nel corso dei due ultimi anni, i fondamentali diritti degli uomini del lavoro e il diritto alla difesa di questi diritti mediante i sindacati autogestiti ed autonomi, conosciuti sotto il nome "Solidarnosc". Si tratta degli uomini, che lavorano nell'industria, nell'agricoltura, oppure nelle diverse professioni intellettuali; con ciò si collegano gli adeguati diritti nel campo della vita culturale.

I Vescovi polacchi, nella loro ultima lettera, hanno manifestato la piena espressione della sollecitudine e dell'aspettativa di tutta la società, richiedendo l'abolizione dello stato d'assedio e di tutte le forme di limitazione e di violazione dei diritti civili, adottate in tale Stato.

Ringraziamo tutti coloro ai quali, nel mondo intero, questa causa sta veramente a cuore e nella coscienza.

La solidarietà con la nazione polacca assume una ancor più grande eloquenza etica se si consideri che questa nazione in misura rilevante (si potrebbe dire: sproporzionata) ha portato sulle sue spalle il peso dell'ultima guerra ed ha affrontato terribili sacrifici per la causa giusta. Ha combattuto ed ha sofferto per garantire la propria esistenza sovrana: affinché essa possa vivere in modo sovrano sulla propria terra, che è impregnata del sangue e del sudore dei suoi figli e delle sue figlie.

Ponendo questo problema dinanzi alla coscienza del mondo, non cesso, insieme con milioni di uomini, di raccomandarlo a Dio per l'intercessione della chiaromontana Madre della patria.

Ai giovani delle scuole cattoliche Sono presenti in questa piazza i membri delle Scuole Cattoliche di Roma e del Lazio, appartenenti alla Federazione degli Istituti d'Istruzione e di Educazione Dipendenti dall'Autorità Ecclesiastica (FIDAE), i quali vogliono esprimere la loro solidarietà al Vescovo di Roma e alla nazione polacca.

Desidero manifestarvi, carissimi fratelli e sorelle, il mio ringraziamento per questo vostro gesto, che si concretizza anche nella preghiera e nella raccolta di fondi per la mia patria d'origine. La mia benedizione apostolica accompagni le vostre iniziative.

La ricorrenza della Giornata Mondiale della lebbra Si celebra oggi la XXIX "Giornata Mondiale del Malato di lebbra", la quale vuole proporre alla nostra riflessione ed attenzione la situazione dolorosa nella quale vivono oltre 15.000.000 di persone, colpite dal morbo di Hansen. Sono nostri fratelli e nostre sorelle, che hanno bisogno della nostra comprensione, del nostro amore, del nostro aiuto. I membri della Chiesa debbono essere particolarmente impegnati in quest'opera di autentica promozione umana e debbono sentirsi veramente solidali con coloro che sono affetti da tale malattia.

La mia benedizione apostolica vada a quanti daranno il loro generoso e fattivo contributo per quest'opera altamente meritoria.

Ai bambini della Suola materna statale di Sezze Desidero infine rivolgere un cordiale saluto alla Scuola materna statale di Sezze, che commemora il centenario della Beatificazione di san Carlo da Sezze; ed altresi alla "Famiglia Modenese" di Roma, spiritualmente unita alla diocesi di origine, nel ricordo del celeste patrono, san Geminiano.

A tutti il mio saluto e la mia benedizione.




1982-01-31 Data estesa: Domenica 31 Gennaio 1982




L'omelia alla parrocchia di san Giovanni Bosco - Roma

Titolo: Il compito educativo, carisma salesiano, è al centro della pastorale parrocchiale

Testo:


1. "...Allora Gesù chiamo a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: "In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli..."" (Mt 18,2-3).

Carissimi fratelli e sorelle, queste parole di Cristo erano certamente insolite per i suoi ascoltatori. Soprattutto, erano una sorpresa per i suoi discepoli, che "si avvicinarono a Gesù dicendo: Chi è dunque il più grande nel regno dei cieli?".

E costituiscono una sorpresa anche per noi. Cristo ha legato in modo particolare ed eccezionale il mistero del regno dei cieli con la figura del bambino.

Egli, invece di rispondere con le parole alla domanda fatta dai discepoli, ha risposto con un esempio vivo.

Questo esempio affascina con la sua semplicità; esso è evangelico in tutta la sua sostanza. Cristo ha spiegato il mistero del regno di Dio servendosi di diverse parabole. Si può dire che il bambino sia diventato una di esse; infatti, il bambino sembra spiegare il mistero del regno di Dio in modo particolarmente limpido.

Eppure il mistero rimane sempre mistero.


2. San Giovanni Bosco fu nella storia della Chiesa tra quelli che meglio capirono la parabola di Cristo sul regno dei cieli, espressa con l'esempio del bambino.

Egli fu uno dei migliori conoscitori della sua anima, ed uno dei più grandi educatori della gioventù.

Il santo comprese che in ogni giovane essere umano, nel ragazzo, nella ragazza, il regno di Dio è offerto in modo particolare come compito per l'uomo.

Bisogna accoglierlo soprattutto in questo senso, secondo tale prospettiva, se si vuole in definitiva, entrare in esso. Il Signore Gesù dice: "Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me" (Mt 18,5), Gesù stesso è dato a noi, ed è assegnato in compito all'anima del bambino, poiché mediante Gesù, e soltanto in virtù sua, il regno di Dio si inizia nell'uomo e si sviluppa.

Giovanni Bosco colse questa verità in modo straordinario, così come la può cogliere soltanto un santo. In essa egli ha trovato il principale carisma della sua vita sacerdotale, la propria speciale vocazione. Ad essa attingeva risorse vigorose, addirittura incomprensibili. Egli amo il regno di Dio presente nell'anima del bambino, e tale amore evangelico non solo fece di questo semplice sacerdote un educatore geniale, ma anche un sapiente maestro di educatori. In questo modo egli divenne creatore di molti centri moderni per la gioventù, ed illuminato Fondatore di quella Congregazione che coltiva la sua spiritualità ed il suo carisma, trasmettendoli di generazione in generazione, da più di un secolo.


3. Il giorno 31 gennaio, la Chiesa venera la memoria di san Giovanni Bosco. E proprio in questo giorno mi è dato visitare la vostra parrocchia che il Vescovo di Roma ha affidato ai suoi figli spirituali: i Salesiani.

Sono veramente lieto di essere qui con voi, cari fedeli del quartiere "Don Bosco", e desidererei rimanervi a lungo per conoscere più a fondo la vostra vita, e condividere, con le gioie, le tante difficoltà, talvolta gravose, che vi assillano.

Rivolgo il mio affettuoso saluto, innanzitutto, al signor Cardinale Vicario e al Cardinale Righi-Lambertini, Titolare di questa Chiesa, al Vescovo Ausiliare del Settore, Monsignor Giulio Salimei, il quale, a conclusione della Visita pastorale, vi ha inviato una bella lettera che anch'io ho avuto modo di leggere. Ad essi associo i cari religiosi della Comunità Salesiana, con il Superiore don Enzo Policai ed il Parroco don Savino Losappio, che hanno preparato con generosa dedizione questo festoso incontro.

Il benemerito e responsabile ministero dei Salesiani è affiancato dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, presenti nell'ambito della parrocchia in due Istituti, con quasi novanta religiose, impegnate nei vari compiti della scuola, della catechesi e dell'assistenza.

Saluto tutti i Gruppi laicali operanti nella vasta comunità ecclesiale: i cento Catechisti tanto benemeriti, i Gruppi della Liturgia e del Movimento dei Focolari, dei Neo Catecumenali, dei Coniugi, del Rinnovamento dello spirito.

Desidero non dimenticare nessuno; a tutti dirigo il mio pensiero di affetto nel Signore. Con tale proposito saluto ogni categoria della parrocchia, con particolare riguardo agli Anziani, agli Ammalati ed ai Giovani, che costituiscono un nucleo straordinariamente popoloso nella compagine del quartiere. Amo, infine, abbracciare spiritualmente tutti voi presenti e quanti non hanno potuto partecipare a questo incontro, per assicuravi che conosco la realtà viva di questa famiglia parrocchiale, alla quale, con la grazia del Signore, vorrei lasciare un ricordo lieto di una partecipazione intensa, che sia di vivo incoraggiamento e profondo incitamento.

Cresciuta attorno al grande Tempio innalzato in onore di don Bosco, la vostra parrocchia, eretta già nel 1953, è passata in questi anni da 12.000 fedeli a quasi 100.000, raggiungendo il numero più elevato della diocesi. Nei mesi scorsi, con parte del suo territorio, è stata eretta un'altra parrocchia.

Mi sono ben note le varie difficoltà di ambiente dovute in gran parte ad una crescita irregolare ed accelerata, senza i necessari servizi ospedalieri, sportivi, ricreativi, di spazio verde. Conosco i problemi dei giovani, colpiti particolarmente dal fenomeno della disoccupazione, con evidenti tensioni e disagi; e quelli degli anziani, che spesso rimangono privi di assistenza.

In questa cornice di vasti e non facili problemi sociali, i Padri Salesiani sono chiamati a svolgere un lavoro immenso ed oneroso. Come Vescovo di quest'alma città, intendo rendere testimonianza allo zelo pastorale ed all'insonne generosità dei figli e delle figlie di don Bosco, mentre li ringrazio di cuore per quanto fanno a favore dell'incremento spirituale, morale e sociale di questa eletta porzione della mia diocesi. Sono loro vicino, incoraggiandoli nel loro impegno di formare illuminate e robuste coscienze di uomini e di cristiani, i quali sappiano ciò che si debba volere, e siano pronti a realizzarlo, nella cornice di un'autentica liberta cristiana.

Lo spirito ed il carisma di don Bosco devono indirizzare pastori e fedeli in quest'opera di formazione individuale, per il bene dell'intera comunità, e per lo svolgimento dei diversi necessari compiti.

A onor del vero, il "luogo ordinario" di lavoro dei Salesiani sono i grandi istituti educativi. La parrocchia è qualcosa di diverso. Nondimeno, il compito educativo tocca il nucleo vivo della pastorale e dell'apostolato parrocchiale, trattandosi - come sopra ho accennato - di formare delle coscienze, delle intelligenze, delle volontà, offrendo loro contenuti autentici e mete valevoli. Bisogna quindi che il carisma salesiano sia fruttuosamente attivo anche nella vita e nell'attività parrocchiale.


4. La liturgia odierna, non solo nel brano del Vangelo di san Matteo, ma anche nelle due letture precedenti, offre alla meditazione alcuni temi, che sono vicini alla vocazione di san Giovanni Bosco e dei suoi fiifli spirituali.

La prima lettura, tratta dal libro del Siracide, afferma anzitutto l'importanza del rapporto con Dio, per raggiungere quella saggezza umana e divina che rappresenta l'apice della vita cristiana: "Ogni sapienza viene dal Signore...

/ Se desideri la sapienza, osserva i comandamenti; / allora il Signore te la concederà". (1,1.23). Don Bosco era convinto che senza una profonda vita di fede, nulla di valido è raggiungibile nell'esercizio del sempre attuale "sistema preventivo".

"Io ritengo - egli scriveva - che senza religione, nulla si possa fare di buono tra i giovani... la forza che noi abbiamo è una forza morale... noi parliamo principalmente al cuore della gioventù e la nostra parola è la Parola di Dio" ("Memorie Biografiche" 13, 557; 5, 225).

Inoltre, il libro del Siracide ci invita oggi ad una grande confidenza nel Signore, anche nel momento della lotta e della difficoltà: "Figlio, se ti presenti per sevire il Signore, / preparati alla tentazione... / Affidati a lui ed egli ti aiuterà; / segui la via diritta e spera in lui" (2,1.6).

L'invito alla fiducia nella Provvidenza e nell'Amore del Signore appare insistente e continuo nel messaggio pedagogico di don Bosco: "Non c'è rosa senza spine... nelle gioie e nelle pene sia fatta la volontà di Dio, il Quale non ci abbandonerà mai, nemmeno quando ci ruggirà intorno la più furiosa tempesta.

Coraggio dunque, coraggio sempre, non stanchiamoci mai di fare il bene" ("Memorie Biografiche" 15, 176). Ed ancora: "non dubitiamo di nulla; io ho sperimentato che quanto più mancano gli appoggi umani, tanto più Dio vi mette del suo... In mezzo alle prove più dure ci vuole grande fede in Dio... Se l'Opera è vostra, o Signore, voi la sosterrete; se l'Opera è mia sono contento che cada" ("Memorie Biografiche" 7, 319).

Ho voluto ricordare, prendendo lo spunto della prima lettura odierna, alcuni degli innumerevoli consigli dati da don Bosco nell'esercizio instancabile del suo ministero, perché un consiglio saggio ha una grande importanza nel lavoro educativo e nella pastorale. Esso non manchi mai, nell'ambito della vostra comunità, da parte di tutti coloro che assolvono compiti di ministero e di formazione. I pastori delle anime nel confessionale, durante l'incontro con i parrocchiani, nelle consulenze circa la vita matrimoniale, ed in tante altre circostanze; come pure i genitori nell'educazione domestica, devono saper offrire un consiglio retto ed illuminato dalla fede. Così anche i coetanei nei confronti dei propri coetanei, secondo quanto richiede una buona amicizia, sappiano prestare l'aiuto del consiglio leale ed onesto.


5. Anche in ciò che abbiamo ascoltato nella lettera di san Paolo, si può trovare una sintesi concisa del programma del buon educatore: "Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi" (Ph 4,8-9).

San Giovanni Bosco, cento anni fa, fu un meraviglioso rappresentante e realizzatore di quella insostituibile tradizione educativa che si ispira alla Parola divina. L'uomo, per maturare spiritualmente è chiamato ad attingere alle risorse di quella Sapienza eterna, mediante la quale il Regno di Dio è innestato già nell'anima del bambino.

Tale opera della Sapienza e della Grazia genera la gioia. Ecco le parole di san Paolo: "Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù" (Ph 4,4-7).

Si! l'opera della Sapienza e della Grazia genera la gioia, genera la pace.

Nel giorno festivo di san Giovanni Bosco, il quale ha preparato tanta gioia e pace per intere generazioni di giovani, desidero, in occasione della mia visita a questa grande parrocchia salesiana in Roma, augurare calorosamente che non manchino mai tali frutti spirituali alla vostra comunità, in questa e nelle successive età.

Oggi, forse più che mai, si sente il bisogno di quella pace e di quella gioia, in cui si manifesta il Regno di Dio, già presente nei cuori dei fanciulli.

Il Dio della pace sia sempre con voi.


Amen. 1982-01-31 Data estesa: Domenica 31 Gennaio 1982




Alla Giunta provinciale romana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Aiutate le persone bisognose a sentirsi protagoniste del servizio che gli rendete

Testo:

Signor Presidente, Egregi membri della Giunta provinciale di Roma, Signore e Signori.


1. Sono sinceramente lieto di questo incontro da voi sollecitato con amabile cortesia non appena si è potuta formare la nuova Amministrazione, Ne sono lieto, perché nella richiesta di Udienza ho ravvisato l'attestazione della disponibilità ad un dialogo sereno ed aperto con l'Autorità ecclesiastica, da cui è lecito sperare frutti benefici per la popolazione di questa terra, a voi ed a me tanto cara.

Siate pertanto i benvenuti nella casa del Papa! A voi rivolgo il mio saluto, unito ad un caldo ringraziamento per i sentimenti che, a nome di tutti, ha così degnamente espresso il vostro Presidente. Mi è caro, in particolare, ricambiare i vostri voti augurali: che il nuovo anno rechi a tutti voi ed ai vostri familiari pace e prosperità, e vi offra altresi l'opportunità di dedicarvi con profitto al disimpegno del mandato che la fiducia della cittadinanza vi ha affidato.

Comprendo pienamente la gravità dei problemi che vi stanno dinanzi.

Vorrei che vi fosse di conforto l'assicurazione del leale contributo, che l'Autorità ecclesiastica intende recare, sul piano pastorale che le è proprio, al benessere della popolazione, al ravvivamento della sua coscienza civile, morale e religiosa, alla sua costante elevazione umana e spirituale, in conformità con la vocazione storica, che ne costituisce il patrimonio più vero e qualificante.


2. La provincia, che voi siete chiamati ad amministrare, è erede di memorie auguste e venerande, che ne fanno una terra nota in ogni parte del mondo e cara ad ogni cuore che non sia insensibile ai valori della civiltà. Si può dire che non v'è, in questo territorio, centro urbano, per quanto piccolo, non v'è località o paesaggio, che non abbia il proprio nome registrato in documenti famosi, sui quali si affatica l'umano sapere. E quale ricchezza, poi, di monumenti amati e studiati dagli storici, dagli archeologi, dai letterati, dagli artisti, dai santi di ogni epoca! E' un patrimonio inestimahile, la cui custodia e la cui promozione sono poste anche nelle vostre mani.

A voi spetta, infatti, nell'ambito delle competenze e mediante gli organi dell'Ente Provincia, di concorrere ad armonizzare la vita di un capoluogo così caratteristico, com'è la città di Roma, con quella delle città e dei piccoli centri, che sorgono nella campagna circostante, ove più sentiti sono ancora i valori semplici e genuini della vita, più autentico il rapporto umano, più immediato il contatto con la natura e con le fresche bellezze del creato.

Compito vostro specifico è di conciliare, per cosl dire, le possibilità offerte da una grande metropoli come Roma con quelle tenute in serbo da una "provincia" tanto singolare com'è quella che si distende intorno. La facilità, che oggi è data alle persone di spostarsi dal capoluogo ai piccoli centri e viceversa per ragioni di lavoro o di turismo festivo, presenta aspetti positivi non trascurabili per quel che concerne lo scambio di esperienze, l'integrazione delle mentalità, il reciproco arricchimento umano. Spetta a voi di prendere le iniziative opportune per far si che tali possibilità si traducano in concrete attuazioni, capaci di promuovere lo sviluppo omogeneo del territorio e l'equilibrato rapporto delle comunità umane, in esso stanziate.


3. Una parte cospicua delle vostre responsabilità è costituita da attività di carattere educativo-assistenziale, mediante le quali la vostra Amministrazione intende venire incontro alle situazioni di bisogno, in cui versano le famiglie o i singoli cittadini. Non è necessario che io spenda parole per esprimere il mio apprezzamento nei confronti di un genere di servizio che, andando a vantaggio di chi è più debole e provato, non può non suscitare un'eco di particolare simpatia nel mio animo di pastore.

Ciò che mi permetterei di sottolineare è piuttosto il dovere di adoperarsi per far si che tali forme di assistenza arrivino a realizzare sempre meglio l'idea implicita nel significato etimologico del termine: "ad-sistere" indica infatti lo stare vicino, il mettersi accanto a chi è nel bisogno per venirgli in aiuto. Si tratta cioè di muoversi nella linea di un'assistenza che faccia percepire alla persona bisognosa una vicinanza cordiale e partecipe, grazie alla quale essa sia indotta a riprendere animo e fiducia, perché sa di poter contare su qualcuno.

Non v'è dubbio che un tale genere di rapporto non è favorito da servizi calati, per così dire, dall'alto, in strutture complesse ed anonime, che finiscono per condizionare e mortificare le persone che ad esse si rivolgono. Sembra invece che risultati migliori possano attendersi da forme di presenza attuate mediante strutture di proporzioni ridotte, nelle quali la persona, chiamata a partecipare attivamente, possa sentirsi la vera protagonista del servizio. Ciò avviene quando l'assistenza è strutturata in modo da responsabilizzare le singole famiglie in difficoltà, offrendo loro sostegni adeguati, o quando ci si impegna ad allargare intorno a chi è nel bisogno la cerchia della solidarietà sociale, perché egli stesso sia stimolato ad affrontare i propri problemi, senza essere sradicato - per quanto possibile - dal contesto umano, nel quale è cresciuto.

Di tale atteggiamento il cristiano ha un modello insuperabile nel Maestro divino, che incarnandosi - è il mistero suggestivo che abbiamo contemplato nel Natale - s'è "posto accanto" ad ogni essere umano, per camminare con lui, offrendo un aiuto, senza creare peraltro alcuna dipendenza.

Nella luce di tale esempio trascendente, mi è caro rinnovare a voi tutti il mio augurio di buon lavoro, ispirato sempre e soltanto dalla preoccupizione di soddisfare nel miglior modo possibile le attese che in voi ripone la cittadinanza di questa amata Provincia di Roma, a cui invio di cuore, anche in questa circostanza, il mio saluto e la mia benedizione.




1982-02-01 Data estesa: Lunedi 1 Febbraio 1982




Al Collegio di Difesa della NATO - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La possibilità della pace guidi ogni vostra attività

Testo:

Cari amici, E' un piacere dare ancora una volta il benvenuto in Vaticano a voi, membri del Collegio di Difesa della NATO, e alle vostre famiglie. Apprezzo l'opportunità di salutarvi e di rivolgervi alcune brevi considerazioni. Come in passato, anche quest'anno mi sento obbligato a parlarvi di pace, poiché, in virtù delle possibilità che vi sono state offerte per lo studio e il dialogo, avete il dovere di portare un particolare contributo alla grande opera della pace.

Gli eventi degli scorsi mesi hanno reso tutti sempre più coscienti dei complessi ostacoli che continuano ad impedire i sinceri sforzi per creare giustizia ed armonia nella società odierna. E' vero che il nostro mondo è oppresso da divisioni e tensioni, dall'oppressione e dalle stragi - orribili realtà che sono così profondamente radicate e così estese che alcuni dei nostri fratelli e sorelle disperano che la pace sia mai raggiunta. Hanno semplicemente perso la speranza. Ma noi non possiamo cedere al fatalismo e alla disperazione. Al contrario, dobbiamo rispondere alla situazione con costante speranza e instancabile sforzo. La pace è possibile. può essere realizzata. Noi credenti siamo convinti di questa verità perché la nostra fede ci dice che Dio è il fondamento della pace. Dio desidera dare la sua pace al mondo. Vuole portare la pace in ogni nazione, a tutte le genti ed in ogni cuore.

Per disegno divino, tuttavia, Dio non crea la pace indipendentemente dall'uomo, ma continuamente e precisamente in cooperazione con l'uomo. La pace è un dono di Dio che ci è affidato. Come ho affermato nel mio messaggio per le recente Giornata Mondiale per la Pace, "sebbene la pace sia un dono, l'uomo non è mai dispensato dalla responsabilità di cercarla e di sforzarsi di stabilirla con un impegno individuale e collettivo attraverso i secoli. Il dono divino della pace è, perciò, in tutti i momenti anche una conquista ed una realizzazione umana, perché ci viene offerto afffinché che noi possiamo accettarlo liberamente e metterlo progressivamente in opera con il nostro potere creativo" (Ioannis Pauli PP. II Nuntius ob diem ad Pacem fovendam dicatum, 5, die 21 dec. 1981: , IV, 2 1981, 1186-1187). Siccome la pace non è solo un dono di Dio, ma anche una conquista ed una realizzazione umana, diventa uno scopo per cui sia i credenti che i non credenti - in realtà tutte le persone di buona volontà - possono unire gli sforzi e collaborare per il miglioramento del mondo intero.

Incontrandoci oggi, mi ricordo felicemente della recente liberazione dalla prigionia del Generale James Dozier. La sua liberazione è stato un momento di grande gioia per tutte quelle persone che avevano sperato e pregato per il suo rilascio. Ci ha dato una nuova ragione per credere che il flagello del terrorismo possa essere fermato. Ed ha rinnovato la nostra convinzione che i mezzi non-violenti sono l'unico modo per raggiungere durature riforme politiche e sociali in qualsiasi paese.

Come membri del Collegio di Difesa della NATO, possano le vostre attività essere sempre motivate da una profonda fiducia nella possibilità della pace e da un profondo rispetto per la dignità di ogni essere umano. Prego che il Dio Onnipotente vi assista in ogni sforzo per costruire un futuro contraddistinto dall'armonia, dalla giustizia e dalla pace.

Dio benedica voi e le vostre famiglie.


[Traduzione dall'inglese]




1982-02-01 Data estesa: Lunedi 1 Febbraio 1982




Ai Vescovi della provincia ecclesiastica di Saragozza in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Trasmettere la fede alle nuove generazioni

Testo:

Amatissimi fratelli nell'Episcopato della provincia ecclesiastica di Saragozza.


GPII 1982 Insegnamenti - L'omelia al Pontificio Collegio Filippino - Roma