GPII 1982 Insegnamenti - Durante l'ordinazione episcopale di monsignor Noè - Città del Vaticano (Roma)

Durante l'ordinazione episcopale di monsignor Noè - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La luce che dal Tabor illumina la Chiesa riappare anzitutto nell'opera dei Vescovi

Testo:

"Questi è il mio Figlio diletto: ascoltatelo" (Mc 9,7).


1. Questa voce è discesa dalla nube luminosa, ed ha avvolto col suo forte suono gli apostoli.

Il Figlio diletto.Colui che è "irradiazione della gloria del Padre e impronta della sua sostanza, e sostiene tutto con la potenza della sua parola" (He 1,3), svela anche oggi davanti a noi, che l'adoriamo nella celebrazione dell'Eucaristia, la sua gloria e il suo splendore di Figlio unigenito del Padre.

Egli è qui. Splendido della gloria che il Padre stesso gli ha dato, prima che il mondo fosse (cfr. Jn 17,5); coronamento supremo della rivelazione di Dio all'umanità; chiave di volta dell'Antico Patto; in lui trovano compimento la Legge e i Profeti, e da lui prende inizio la Chiesa. Mosè ed Elia parlano con lui, a indicare la sua centralità in tutta la storia della salvezza; e gli apostoli assistono, sia pure sopraffatti dalla luce che li investe, perché nei secoli saranno loro i testimoni, autentici e autorizzati, della venuta del Figlio, che dovranno annunciare ai popoli.

"Questi è il mio Figlio diletto: ascoltatelo".

Non prende anche noi, in quest'ora, la gioia, lo stupore, il timore, l'ammirazione che presero allora l'animo di Pietro, Giacomo e Giovanni? Il Figlio diletto è qui. Anche per noi. E' dato per noi. Vive per noi. Viene a morire per noi. Viene a darci l'amore del Padre e, con esso, tutto il resto. "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?" (Rm 8,31).

Dio ce l'ha dato, lo ha sacrificato per noi uomini, portando all'estremo compimento ciò che, solo in figura, e non fino all'immolazione, egli stesso aveva chiesto ad Abramo. "Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami... e offrilo in olocausto" (Gn 22,1): Dio non ha cuore di chiedere ad Abramo, fino alla fine, l'offerta del suo unico figlio. Ma per noi ha dato il suo Figlio, Cristo nostro fratello. E Gesù si offre: "dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amo fino alla fine (Jn 13,1).

Da questa offerta, da questo dono reciproco dell'amore senza confini, senza paragoni del Padre e del Figlio per noi, è nata la Chiesa, è nata l'Eucaristia, è nato il Sacerdozio e il Sommo Sacerdozio, sono nati gli altri sacramenti, e ha fatto irruzione nel mondo la vita eterna.

"Questi è il mio Figlio diletto: ascoltatelo".


2. Carissimi fratelli.

Stiamo per vivere insieme una nuova ordinazione episcopale. Per la preghiera e l'imposizione delle mani, fatta da me e dai confratelli nell'episcopato, lo Spirito Santo prenderà possesso, in modo unico e definitivo, della persona e dell'anima di "questo Eletto". Ne farà un segno, un testimone, uno strumento per l'edificazione della sua santa Chiesa. "Vis corpus Christi, Ecclesiam eius, aedificare et in eius unitate... permanere?", chiedero tra poco a "questo Eletto". E su di lui invochero la grazia di Dio Padre, pregandolo "ut... summum sacerdotium tibi exhibeat: affinché eserciti il sommo sacerdozio in modo irreprensibile davanti a te, ti serva notte e giorno, renda sempre il tuo volto a noi propizio, offra i doni della tua santa Chiesa" ("Pontificale Romanum", "Orat: Consecr.").

Questa offerta, questo servizio, questo sommo sacerdozio continua e ripresenta nella Chiesa l'offerta e il servizio di Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote: ne prolunga il ministero di santità e di grazia, con la celebrazione dei Divini Misteri, con la predicazione del Vangelo, con la trasmissione dello Spirito Santo. Questo Eletto sarà chiamato d'ora innanzi anche lui a camminare più da presso a Cristo, Liturgo, Maestro e Re, per la santificazione degli uomini.

Sarà chiamato ad una più intima comunione con la Parola di Dio per trasmetterla agli altri. Sarà posto sul suo capo il libro delle Scritture; e come commenta profondamente lo Pseudo-Dionigi, ripreso poi da san Tommaso, ciò si fa per i Vescovi "in quanto essi manifestano in modo unico e dottrinale tutto ciò che Dio ha detto, fatto e svelato, ogni detto e azione santa... Infatti il Vescovo imitatore di Dio... non solo è illuminato nella scienza vera tramandata da Dio... ma anche la tramanda lui stesso agli altri" (cfr. "De Ecclesiastica Hierarchia", V, III, 7: PL 3, 513; san Tommaso II-II 184,5).

La luce che dal Tabor illumina la Chiesa continua a irradiarsi gerarchicamente, per divino mandato e ministero, anzitutto attraverso l'opera dei Vescovi. Siamo dunque anche noi immersi stasera nella nube luminosa, anche noi con gli apostoli vediamo misticamente la gloria di Cristo, anche noi udiamo la voce del Padre. E la raccogliamo proclamando al mondo, come gli apostoli, come i loro successori nei secoli, che solo Gesù è il Salvatore, solo Gesù è il Redentore dell'uomo, solo lui è il Figlio di Dio.

"Questi è il mio Figlio diletto: ascoltatelo".


3. A questa ininterrotta catena di voci, che proclamano nel tempo la salvezza di Cristo, d'ora in poi sarà associato anche lei, Monsignor Virgillio Noè. Lei sta per partecipare della stessa unzione di Cristo, Liturgo, Profeta e Re: lei pure, come tutti i confratelli nell'episcopato, riceverà il Vangelo per "predicare la parola di Dio con molta pazienza e dottrina"; riceverà l'anello per "custodire la Chiesa, sposa di Dio, nella santità e con fede intemerata"; riceverà il pastorale, "simbolo del ministero di pastore, per avere cura di tutto il gregge" (cfr. "Pontificale Romanum").

Le affido trepidante e commosso questi simboli della nuova dignità e potestà, di cui sarà ornato nella Chiesa di Dio. E come non pensare, in questo momento, che lei mi è stato al fianco nel corso di innumerevoli sacre Liturgie, qui in san Pietro, e a Roma e fuori Roma, come custode fedele e attento dei riti pontificali, fin dall'inizio del mio servizio alla Chiesa? così lo è stato al fianco di Paolo VI, che l'ha chiamata, e del compianto Giovanni Paolo I. E ora le affido questi simboli non solo con la persuasione che Ella porta degnamente a questo atto la sua ben nota sensibilità liturgica; ma anche perché Ella deve compiere nella Chiesa un servizio del tutto particolare, per la dignità, per la cura, per l'avvaloramento continuo del Culto Divino, nella Sacra Congregazione che ha come suo titolo di onore e suo merito di lavoro "i Sacramenti e il Culto Divino".

E' lo splendore stesso del culto dovuto all'unico ed eterno Sacerdote, che Ella deve promuovere e diffondere: è la bellezza della Sposa immacolata di Cristo, che Ella deve far rifulgere, insieme con tutta la compagine del Dicastero in tutte le sue componenti e in tutti i suoi gradi, aiutandomi in tal modo in quello che reputo uno dei compiti più nobili e più sacri del mio ministero pontificale.

Nell'adempimento del quotidiano dovere non abbia altro davanti che la gloria del Figlio diletto di Dio. E se ci tremano le forze, se ci batte il cuore il pensiero di tanta responsabilità, affidata alle nostre umili forze, non abbiamo timore. Andiamo avanti, sempre. Lavoriamo, sacrifichiamoci.

Il Signore è con noi.

"Si, io sono il tuo servo, Signore, / io sono tuo servo, figlio della tua ancella;... / a te offriro sacrifici di lode / e invochero il nome del Signore. / Adempiro i miei voti al Signore / davanti a tutto il suo popolo / negli atri della casa del Signore" ("Salmo Responsoriale", Ps 115).

Si, venerabile fratello; si, venerati fratelli e figli: non abbiamo timore. Il Signore è con noi. Rimaniamo con lui: "a te offriro sacrifici di lode - e invochero il nome del Signore".


Amen. 1982-03-06 Data estesa: Sabato 6 Marzo 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il signore conceda al Guatemala una pace stabile e sicura

Testo:


1. "L'uomo è veramente libero e responsabile"? In occasione della preghiera dell'"Angelus Domini" oggi vogliamo meditare ancora sul tema del prossimo Sinodo dei Vescovi: "Riconciliazione e penitenza nella missione della Chiesa", avendo davanti agli occhi il primo schema di lavoro, preparato dalla Segreteria del Sinodo. Non soltanto i Vescovi invitati al Sinodo sono chiamati alla riflessione su detto tema, ma in un certo modo tutti noi: la Chiesa intera.

Il tema ha un significato fondamentale. Esso ci pone domande basilari, e richiede da noi risposte altrettanto impegnative. La prima domanda è quella ricordata all'inizio: "L'uomo è veramente libero e responsabile"?


2. Perché porsi questa domanda? Perché solo se l'uomo è libero, se può decidere di sé e delle sue azioni, se è responsabile del bene e del male di esse, solo allora l'invito alla penitenza e alla riconciliazione con Dio è pienamente giustificato nei confronti dell'uomo medesimo.

L'uomo, al quale si rivolge Cristo quando proclama: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15), ha avuto la semplice e fondamentale consapevolezza che tale invito è giustificato; che deve fare penitenza, confessare i propri peccati, e convertirsi.

L'uomo contemporaneo, invece, è incline a pensare di se stesso in maniera diversa.

Infatti attorno a lui, si è molto sviluppato tutto un complesso di fattori che condizionano la sua condotta, e che esercitano un influsso con forza premeditata e programmata. L'uomo contemporaneo è indotto a cedere a molteplici manipolazioni.

Inoltre, lo sviluppo dei diversi rami della scienza circa la struttura psico-fisica dell'uomo stesso indica diverse sfere di condizionamenti e limitazioni interiori.

L'uomo quindi è incline a pensare che, in fin dei conti, non è veramente libero e responsabile. Egli è sottoposto alla tentazione di riconoscere se stesso come "oggetto" condizionato in modo multiplo, come "risultante" delle diverse forze che, dal di dentro e dal di fuori, non gli consentono di essere libero.


3. Che valore ha, dunque, l'invito di Cristo alla conversione e alla fede nel Vangelo? Che senso hanno la riconciliazione con Dio e la penitenza, nella continua missione della Chiesa? Eppure - e, forse anche, soprattutto! - l'invito è indirizzato all'uomo, ad ogni uomo, affinché ritrovi se stesso! Affinché creda in se stesso. Affinché si convinca interiormente che, nonostante tutto il gioco dei molteplici condizionamenti, egli è un soggetto vero, un vero "io" che decide di sé, delle proprie azioni, del bene e del male di queste opere.

Affinché non sfugga alla sua vera libertà e alla sua vera dignità! Benedette parole di Cristo, che, ponendo l'uomo davanti all'esigenza della conversione, risvegliate in lui il senso fondamentale della sua umanità.

Che vi sia dato giungere a tutte le coscienze e a tutti i cuori! Preghiamo per questa intenzione.


4. Vi è poi un'altra intenzione che desidero affidare alle vostre preghiere, mentre rivolgo un pensiero di simpatia e di sollecitudine anche al caro popolo del Guatemala, così gravemente tribolato da crescenti tensioni e da una lotta fratricida che soffoca le sue giuste, legittime aspirazioni ad una civile pacifica convivenza e ad un ordinato progresso.

Più volte i Vescovi hanno espresso la loro profonda preoccupazione per l'insicurezza che funesta la vita della nazione, elevando la voce contro le ingiustizie sociali e contro le violenze che non hanno risparmiato neppure la Chiesa con l'uccisione, o il sequestro, di sacerdoti o di religiosi o religiose.

"La Chiesa - hanno dichiarato quei Pastori recentemente - supplica con veemenza, nel nome di Dio, che si ponga termine a questo orrendo incubo di morte e di distruzione... Essa persevera in un atteggiamento di dialogo franco e sincero alla ricerca della pace, della concordia e dell'unione di tutti i Guatemaltechi...

Le idee, infatti, non si impongono né si vincono con la mitragliatrice, bensi con idee e concetti superiori, e l'unica forza che distrugge l'errore è la verità, così come l'unica forza che distrugge l'odio è l'amore".

Preghiamo perché questo invito cristiano venga accolto da tutti i nostri fratelli del Guaternala e che il Signore conceda presto a quel tormentato Paese una pace stabile e sicura, nella libertà e nella giustizia a vantaggio di tutti.

Agli alunni delle scuole elementari di Grezzana (Verona).

Rivolgo un affettuoso saluto al gruppo di studenti delle Scuole Elementari di Grezzana, in diocesi di Verona, convenuti a Roma coi loro Insegnanti e Genitori.

Grazie carissimi ragazzi, per la vostra offerta di preghiere per il Papa, il quale v'incoraggia nell'impegno di crescita nella fede e nello studio, emulando gli esempi di quanti hanno resa grande la vostra regione; e poiché sono a conoscenza che la vostra terra è collegata con Piazza san Pietro per mezzo di una Radiotelevisione locale, estendo il mio pensiero e la mia benedizione a tutti i veronesi in ascolto.




1982-03-07 Data estesa: Domenica 7 Marzo 1982




Annunciato in piazza san Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il 13 maggio a Fatima

Testo:

Dopo aver compiuto gli esercizi spirituali nella settimana or ora terminata, desidero darvi una notizia, che affido alla vostra preghiera quaresimale: il 13 maggio prossimo intendo essere a Fatima, al fine di ringraziare la Vergine santissima che mi ha maternamente protetto nella circostanza dell'attentato e naturalmente anche al fine di chiedere tutte le grazie e tutti gli aiuti della Madonna per la Chiesa e per l'umanità.

Sono grato alle Autorità civili del Portogallo, e specialmente al signor Presidente della Repubblica, come pure al Cardinale Patriarca di Lisbona ed a tutto l'Episcopato portoghese per il loro cordiale invito.




1982-03-07 Data estesa: Domenica 7 Marzo 1982




L'omelia alla Messa nella parrocchia dell'Immacolata Concezione alla Cervelletta - Roma

Titolo: La fede si manifesta nel sacrificio dei cuori

Testo:


1. La liturgia della Domenica seconda di Quaresima è, in un certo senso, la liturgia dei tre monti.

Sul primo ascoltiamo, come riferisce il Libro della Genesi, le parole rivolte da Dio ad Abramo: "Prendi tuo figlio, il tuo unico figlio che ami, Isacco, va' nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indichero" (Gn 22,2).

La prova di Abramo.

"Dio mise alla prova Abramo" (Gn 22,1).

Questa fu la prova della sua fede.

Nel luogo indicato, Abramo costrui l'altare, colloco su di esso la legna e sulla legna depose il suo figlio Isacco: il figlio unigenito. Il figlio della promessa. Il figlio della speranza.

Abramo fu pronto ad offrirlo in olocausto a Dio, a spargere il suo sangue e bruciare il suo corpo sul rogo.

Nel momento decisivo ricevette il divieto da Dio: "Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio" (Gn 22,12).

Nel vicino cespuglio Abramo trovo un ariete e lo offri sull'altare preparato. La prova della fede si compi. La grande prova. La pesante prova.

Adeguata alla grande promessa. Dio rinnovo la sua promessa dinanzi ad Abramo, dopo averlo sottoposto alla prova: "rendero molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare" (Gn 22,17).

La discendenza non tanto secondo la carne quanto secondo lo spirito. I discendenti di Abramo nella fede sono, in un certo senso, i seguaci delle tre grandi religioni monoteistiche del mondo: il giudaismo, il cristianesimo, l'islam.

"Saranno benedette per la tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce" (Gn 22,18).

I discendenti della fede di Abramo credono che Dio ha la potenza di provare l'uomo. Ha il diritto all'offerta dal suo spirito.


2. La liturgia della Domenica seconda di Quaresima ci conduce su un altro monte, in Galilea. Oltre la pianura di Galilea si eleva, maestosamente, il monte Tabor: il monte della Trasfigurazione, secondo la tradizione cristiana.

Su questo monte Gesù di Nazaret, che è venuto tra i discendenti di Abramo come il Messia mandato da Dio, fu trasformato miracolosamente dinanzi agli occhi dei suoi Apostoli: Pietro, Giacomo e Giovanni. Agli occhi degli Apostoli, ha manifestato se stesso trasfigurato nella gloria e, insieme con lui, Mosè ed Elia.

Al miracolo della visione si è aggiunto il miracolo dell'udito. Essi udirono la voce, che usci dalla nube: "Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo" (Mc 9,7); le stesse parole che già aveva udito Giovanni il Battista nei pressi del Giordano, in occasione della prima venuta di Gesù Cristo, dopo il suo battesimo.

La teofania del monte Tabor ha un carattere pasquale. Preannunzia la gloria di Cristo Risorto. Nello stesso tempo, essa prepara gli Apostoli alla morte dell'Agnello di Dio. Alla Teofania del Golgota.


3. Sul monte Golgota, il terzo monte, ci conduce Paolo apostolo con le parole della lettera ai Romani. La Teofania del Golgota è indicata dalle seguenti parole: "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8,31-32).

Sappiamo che il Padre ha dato il suo Figlio sul Golgota; sappiamo che proprio così si chiamava quella collina, fuori le mura di Gerusalemme, sulla quale Dio "non ha risparmiato il proprio Figlio" (Rm 8,32).

E mediante ciò, ha dimostrato "fino alla fine" di "essere con noi"; "come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?", si chiede l'Apostolo (Rm 8,32).

Questo Dio, che non permise ad Abramo di sacrificare nella morte il suo figlio Isacco, non ha risparmiato il proprio Figlio.

Non ha confermato per questo, fino alla fine, la nostra elezione? "Chi accuserà gli eletti di Dio?", si chiede l'Apostolo (Rm 8,33).

Lui stesso ha preso nelle sue mani la causa della giustificazione dell'uomo... "Dio giustifica" (Rm 8,33). E se è così, chi può condannare l'uomo? (cfr. Rm 8,34).

Una simile sentenza potrebbe emettere soltanto Cristo, che sul Golgota ha conosciuto il peso dei peccati degli uomini.

Ma sul Golgota Gesù Cristo subi la morte per noi "anzi - scrive l'Apostolo - ...è risuscitato, sta alla destra di Dio e intercede per noi" (Rm 8,34).


4. La liturgia dell'odierna domenica ci invita a salire sopra un monte, il luogo della teofania dell'antica e della nuova alleanza. Su questi monti siamo invitati, conformemente allo spirito della Quaresima, a meditare sulle grandi opere di Dio (cfr. Ac 2,11): i misteri della nostra redenzione, della nostra giustificazione in Cristo.

Su questi monti ci conviene imparare questi misteri, assimilarli con il cuore e con l'anima, plasmare il nostro spirito, trasformarlo secondo l'aspetto che Cristo gli dà.

L'odierna domenica di Quaresima ci insegna che siamo chiamati a una grande trasformazione spirituale.

Dobbiamo partecipare alla Trasfigurazione di Cristo, così come i suoi discepoli sul Monte Tabor.

Dobbiamo prepararci alla santa Pasqua.

Il maestro di questo atteggiamento, mediante il quale Cristo scende nel nostro cuore, compiendo una trasformazione e la conversione, è Abramo: il Padre di tutti i credenti.


5. Infatti sembrano echeggiare nel nostro cuore le parole del Salmista: "Ho creduto anche quando dicevo: / Sono troppo infelice" (115 [116],10).

Non era forse lui così infelice mentre andava verso il monte indicato da Dio, per sacrificare il proprio figlio? Non è stata soltanto la fede che gli permise allora di ripetere: "Preziosa agli occhi del Signore / è la morte dei suoi fedeli" (Ps 115 [116],15)? Da Abramo la famiglia umana ha iniziato ad imparare la fede, che si manifesta nell'interiore atteggiamento dello spirito umano: si manifesta nel sacrificio del cuore.

Gesù Cristo è il Maestro definitivo e perfetto di un tale atteggiamento: "consummator fidei nostrae" (cfr. He 12,2)!


6. Il frutto della liturgia della seconda Domenica di Quaresima deve essere la prontezza ad offrire i sacrifici spirituali, nei quali si manifesta la nostra fede. Lo chiediamo con le parole del Salmo: "Si, io sono il tuo servo, Signore, / io sono tuo servo, figlio della tua ancella; / hai spezzato le mie catene. / A te offriro sacrifici di lode / e invochero il nome del Signore. / Adempiro i miei voti al Signore / davanti a tutto il suo popolo" (Ps 115 [116],16-18).


7. In tale spirito vi siete riuniti oggi con il vostro Vescovo voi, parrocchiani della parrocchia dell'"Immacolata Concezione alla Cervelletta" di Tor Sapienza, fondata come è noto dal mio predecessore, san Pio X, nel 1911.

Nel manifestarvi la mia gioia sincera per essere qui in mezzo a voi, in questa Domenica di Quaresima, sento il desiderio di rivolgere un particolare saluto, anzitutto, agli zelanti religiosi della Congregazione della Missione di san Vincenzo de' Paoli, che dal 1950 dedicano le loro energie e la loro sollecitudine per la vostra cura pastorale. Saluto, pertanto, l'attuale parroco, Don RiccardoMartorelli; Don Dante Petrini, che per undici anni ha svolto fra di voi l'ufficio di parroco; e gli altri confratelli che con generoso impegno collaborano per la crescita spirituale di tutta la vostra comunità parrocchiale.

Saluto tutti i ventimila fedeli della parrocchia: i padri, le madri, i giovani, le giovani, i bambini, le persone anziane, gli ammalati.

Un pensiero va anche alle Suore di nostra Signora della Neve, che danno un prezioso contributo nella catechesi sacramentale e nell'assistenza agli infermi.

Uno speciale sentimento di apprezzamento desidero esprimere ai vari Gruppi di Laici, inseriti responsabilmente nelle diverse iniziative parrocchiali: il Consiglio Pastorale, i Catechisti della Prima Comunione, della Cresima e dell'Oratorio; i Giovani del "Dopo Cresima"; la "Legio Mariae"; le Comunità Neocatecumenali; le Zelatrici.

Auspico che si maturi in voi sempre più il senso della ecclesialità, cresca il desiderio della unione e della collaborazione tra le varie componenti della parrocchia, in un continuo approfondimento della fede e in una sempre più rinnovata adesione alla persona ed al messaggio di Gesù, centro della nostra vita.


8. Così dunque, cari fratelli e sorelle, parrocchiani dell'"Immacolata Madre di Cristo", insieme con voi oggi ho fatto la visita al monte della fede di Abramo, al monte della Trasfigurazione in Galilea e al colle del Golgota.

Seguendo lo spirito della liturgia della Quaresima abbiamo conosciuto la grandezza della nostra Redenzione e della Giustificazione nel Sacrificio di Cristo.

Che nello stesso spirito maturi la nostra fede: mediante le opere di tutte le ore, mediante le prove della vita quotidiana, e a volte mediante le grandi prove e esperienze, nella quali lo spirito umano viene provato come l'oro col fuoco.

A noi, redenti e giustificati nel Sangue di Cristo nessuna prova né esperienza chiudono la prospettiva della vita.

La svelano ancor più profondamente in Dio.

Impariamo questa prospettiva, offrendo i sacrifici spirituali di tutto ciò di cui si compone la nostra vita.

Che la partecipazione all'Eucaristia ci unisca - ogni volta, e oggi particolarmente - in questa comunità, alla quale il Padre rivela e dà il proprio Figlio: "Questi è il Figlio mio prediletto, ascoltatelo" (Mc 9,7).


Amen. 1982-03-07 Data estesa: Domenica 7 Marzo 1982




Nella sala del trono - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'udienza ad un gruppo di deputati degli Stati Uniti

Testo:

Cari amici, Sono felice di avere l'opportunità questa mattina di dare il benvenuto alla vostra distinta delegazione condotta dal Deputato David Obey. So che siete venuti in Europa per una missione di studio riguardante la situazione in Polonia.

Negli ultimi giorni avete stabilito molti utili contatti, e attraverso il vostro studio dell'economia e di altri fattori state ora preparando un aggiornamento del piano di assistenza umanitaria degli Stati Uniti per la Polonia.

Quando ritornerete a casa avrete molte utili informazioni da fornire al Congresso e ai cittadini degli Stati Uniti.

In questo momento, la questione dell'assistenza umanitaria alla Polonia, così come quella per tutti gli altri paesi bisognosi, è realmente un problema di grande importanza. Il fatto che vi stiate impegnando per darvi tale alta priorità va a credito vostro e del vostro paese. Sono profondamente consapevole della solidarietà del popolo americano verso quello polacco in questo difficile momento per la Polonia. Giorno dopo giorno posso personalmente vedere le espressioni di solidarietà e gli aiuti concreti che arrivano dagli Stati Uniti, ed in particolare dal cuore dei suoi abitanti - un popolo preoccupato di rispondere generosamente e ripetutamente ai bisogni di quelli che sono afflitti da sofferenze di diversa natura; un popolo preoccupato di testimoniare l'unità della famiglia umana; un popolo impegnato a trasformare le crisi internazionali in un esercizio di amore e preoccupazione fraterni.

Si, sono profondamente grato al popolo americano per quello che già ha fatto e continua a fare di fronte ad una grande sfida. E voglio esprimere il mio sentito grazie a voi e al Congresso degli Stati Uniti nei confronti del quale voi siete nella posizione di poter riferire con informazioni di prima mano l'ampiezza dei bisogni della Polonia e la piaga dei rifugiati polacchi all'estero.

Nel manifestarvi sentimenti di profonda gratitudine, so di parlare per milioni di persone che possono formulare solo silenziosamente nella preghiera i loro sentimenti di gratitudine. Da parte mia chiedo a Dio di ricompensarvi per la vostra sollecitudine e generosità, di sostenervi in una causa che continua ad essere intimamente legata alla dignità degli esseri umani - sia coloro che assistono che coloro che sono assistiti. Che Dio benedica voi e le vostre famiglie, e i vostri nobili e zelanti sforzi.


[Traduzione dall'inglese]




1982-03-08 Data estesa: Lunedi 8 Marzo 1982




All'assemblea internazionale del terz'Ordine regolare - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Come san Francesco professate fedeltà e sottomissione alla Chiesa

Testo:

Cari figli e care figlie!


1. Ringrazio suor Elisabetta Delor, Presidente della vostra assemblea, per le sue parole piene di sentimento e di semplicità francescana. E sono lieto di salutare tutti voi, Superiori e Superiore Generali di circa duecento Congregazioni francescane e di salutare anche coloro che vi accompagnano e vi assistono nei vostri lavori. Un saluto particolarmente caloroso va evidentemente ai due Superiori generali della Polonia, che sono riusciti a unirsi a voi superando numerose difficoltà.

Dopo i vostri due incontri dell'anno passato ad Assisi, avete voluto tenere l'attuale assemblea a Roma, allo scopo di sottolineare che, come il vostro Padre san Francesco, voi professate "fedeltà e sottomissione alla santa Madre Chiesa e al Pontefice. Questo atteggiamento è tanto più significativo dal momento che il vostro obiettivo è quello di rinnovare la Regola degli Istituti del Terz'Ordine Regolare di san Francesco, conformemente agli orientamenti del Concilio Vaticano II, e di sottometterne il progetto all'approvazione della Sede Apostolica.

Al fine di redigere questo progetto di Regola, vi siete rifatti alle parole stesse di san Francesco; ma questa fedeltà materiale non è che il segno e l'espressione di un ritorno alle sorgenti vive del carisma francescano, quale si manifesta nella vita di san Francesco e dei suoi primi fratelli, in quella dei numerosi santi e sante del movimento francescano attraverso i secoli, e in modo tutto particolare nella vita degli appartenenti alla branca multiforme del Terz'Ordine Regolare. Le fonti vive del vostro carisma sono ancora l'intensa vita di preghiera e di contemplazione e il vigore apostolico delle vostre Congregazioni, con la sollecitudine rinnovata di una conversione evangelica permanente. La fonte viva è soprattutto l'azione dello Spirito Santo nelle vostre fraternità, azione di cui san Francesco vi ha detto che bisogna desiderare al di sopra di qualsiasi altra cosa (cfr. "Reg. B", 1 l, 8) e di cui mi piace cogliere un segno in questa vostra assemblea.


2. Voi siete infatti convenuti da tutti i continenti; rappresentate una trentina di Paesi spesso diversi per cultura e modo di vivere. Inoltre, le vostre stesse Congregazioni differiscono profondamente tra di loro. Solo lo Spirito Santo, che è Comunione, è capace di assicurare la vostra unità attraverso una tale diversità.

In questo modo si viene a manifestare nello stesso tempo il carattere universale - e dunque ecclesiale - del carisma francescano. Esso è universale semplicemente perché è profondamente radicato nel Vangelo e nella Chiesa. Proprio per questo è talmente ricco che non può esprimersi totalmente se non attraverso molteplici Ordini, Congregazioni e Organizzazioni. In questo vasto concerto di molteplici armonie, il Terz'Ordine Regolare, con i suoi numerosi Istituti, occupa un posto scelto, accanto ai rami dell'Ordine Primario, delle Suore Clarisse e dell'Ordine Secolare di san Francesco.

Infine, non è casuale che voi tenete questa importante assemblea - senza dubbio la prima di questo genere in tutta la storia del movimento francescano - nel corso dell'ottavo centenario della nascita di san Francesco. Voi avete desiderato in questo modo significare che questo centenario non è solamente occasione di festeggiare un glorioso passato, ma soprattutto quello di predisporre le condizioni per un nuovo slancio e un nuovo progresso dei vostri Istituti.

E' in questo spirito che vorrei indirizzarvi ora alcune parole per rendere maggiormente sicuro il vostro cammino verso il rinnovamento quale è stato voluto dal Concilio Vaticano II.


3. Nell'aprile del 1226, Francesco si trovava a Siena, ove si faceva curare per una grave malattia. Il suo stato peggiorava al punto che i fratelli temevano di perderlo. Allora Francesco detto loro brevemente le sue ultime volonta: "Scrivo che benedico tutti i miei fratelli, coloro che sono nella nostra religione e coloro che vi entreranno fino alla fine dei secoli.- Poiché, a causa della debolezza e dei dolori della malattia, non sono in grado di parlare, faccio brevemente conoscere la mia volontà ai miei fratelli con questi tre detti, cioè: che nel segno e nel ricordo della mia benedizione e del mio testamento essi si amino sempre vicendevolmente; che essi amino ed osservino sempre nostra Signora, la santa Povertà; che si mantengano sempre fedeli e sottomessi ai prelati e a tutti i chierici di santa Madre Chiesa".

Ecco dunque le tre raccomandazioni che vi ha fatto il vostro Padre nel momento in cui egli si vedeva prossimo alla morte. Meditiamole brevemente insieme.


4. "Che si amino sempre di un amore vicendevole".- Davanti alla prospettiva della sua morte ormai prossima, san Francesco ha certamente meditato tutto ciò che Gesù ha detto e fatto nel corso delle ultime ore da lui vissute sulla terra. Da anni si era conformato a Cristo nella sua vita; e voleva divenire a lui conforme anche nella morte. Si può dunque pensare che questa consegna è come l'eco delle parole del Signore ai suoi discepoli nel suo discorso d'addio: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati" (Jn 13,34). Che vi amiate come fratelli e sorelle, tale è la volontà del vostro Padre san Francesco, ma bisogna aggiungere che Francesco non aveva altra volontà che quella di Gesù.

Figli e figlie carissimi, avete certamente percepito l'importanza di questo amore vicendevole per la vostra assemblea. Vi dicevo poco fa che solo lo Spirito Santo può mantenere l'unità. Aggiungo subito che il cemento fondamentale di questa unità è l'amore fraterno. Voi non potete limitarvi a formare un gruppo di studi e di ricerche. Voi siete innanzitutto dei fratelli e delle sorelle che si incontrano per amarsi di un amore vicendevole in Cristo.

Notate che questo è anche il vostro primo apostolato: vivere in mezzo agli uomini una vita evangelica nell'amore fraterno. Possano gli uomini del nostro tempo, guardando voi, ritrovare l'ammirazione che si aveva per i primi cristiani: "Guardate come si amano!". Allora voi diverrete, nel nostro mondo lacerato, profeti efficaci della sua unità mediante la comunione fraterna.


5. La seconda consegna che san Francesco vi ha lasciato è quella di "amare e osservare sempre nostra Signora la santa Povertà". Se egli chiama qui la povertà una "signora" (domina) e la proclama "santa", non è perchè egli vede in essa la Sposa del "santissimo Signore" (Dominus) Gesù Cristo? Essa è stata la sua compagna fedele dalla sua nascita, nella crescita, fino alla sua morte sulla croce. E ciò è sufficiente a spiegare perchè Francesco abbia amato la povertà di un amore infiammato.

Ma c'è di più. Se Gesù ha sposato Madonna Povertà, e a causa nostra: "Propter vos egenus factus est" scriveva san Paolo ai Corinzi (2Co 8,9); è a causa nostra che egli si è fatto povero! Solo la povertà totale gli ha permesso di abbattere le barriere che ci separavano da lui e divenire nostro fratello primogenito, per così dire, su un piano di uguaglianza. La povertà di Gesù, il quale spoglio se stesso e assunse la condizione di servo (cfr. Ph 2,7), è la misura del suo amore per noi. Se volete dunque seguire Cristo alla maniera di san Francesco, dovete penetrare in questa esigenza radicale dell'amore che si spoglia di tutto per essere interamente accessibile al fratello più umile e più lontano. Solo la totale povertà può disporre il vostro cuore ad amare Dio e ad amare gli uomini nostri fratelli di un amore simile a quello di Gesù. E, d'altro canto, solo il desiderio profondo di amare Dio e gli uomini può condurre alla povertà del cuore. La conversione all'amore e la conversione alla povertà vanno di pari passo.

Vivete la vostra povertà in questa prospettiva di amore, vivrete in questo modo nella gioia! Poiché essa vi impedirà di fare delle vostre fraternità delle comunità ripiegate su se stesse; essa, al contrario, le dischiuderà perché irradino calore al di là di se stesse.


6. Infine san Francesco vi raccomanda di mantenervi sempre "fedeli e sottomessi ai prelati e a tutti i chierici della santa Madre Chiesa". Su questo punto, come su tutti gli altri, il vostro Padre ha predicato con l'esempio molto più che non con la parola. Per tutta la sua vita egli ha mantenuto relazioni filiali e fiduciose con il Vescovo d'Assisi; ha sempre sottoposto i suoi progetti all'approvazione della Santa Sede; ha voluto che vi fosse un Cardinale, incaricato in modo particolare dal Papa di proteggere e correggere i fratelli; onorava ogni sacerdote a causa del Corpo e del Sangue del Signore di cui egli è ministro (cfr. "Testamentum s. Francisci").

Ma è altrettanto valido il contrario. La Chiesa è stata fedele a Francesco e al movimento francescano. Essa ha contribuito a conferirgli quell'irraggiamento che ha avuto ed ha ancor'oggi in tutto il mondo.

Essere fedeli ai prelati e ai chierici - cioè ai Vescovi e ai sacerdoti - significa innanzitutto essere loro vicini con il cuore nelle responsabilità che portano nella Chiesa; sostenerli con la vostra preghiera e rimanere in comunione con loro nella fede che essi hanno il dovere di trasmettervi.

Essere fedeli e sottomessi, significa anche che voi dovete mettere al lavoro la vostra ingegnosità e la vostra creatività per trasmettere nel concreto della vita i grandi orientamenti impartiti dal Concilio, dal Papa e dai Vescovi.

L'obbedienza che vi è chiesta è attiva e responsabile (cfr. "Admon." 3). Impiegate dunque generosamente le vostre forze al servizio della Chiesa locale e della Chiesa universale. Non lasciate soli i vostri Pastori. Partecipate al loro apostolato secondo il vostro carisma, come del resto tanto efficacemente hanno fatto i discepoli di san Francesco, vicini al popolo dei villaggi e delle città e ad esso adeguati. Il cantiere dell'evangelizzazione è immenso, nei paesi di antica cristianità, talvolta in via di scristianizzazione, nelle giovani Chiese e nei territori di missione! Cari fratelli e cari figli, spero che queste poche riflessioni, ispirate dal Testamento di Siena, vi stimoleranno e vi aiuteranno a perfezionare il vostro progetto di rinnovamento della Regola per tutti gli Istituti del Terz'Ordine Regolare. Da molti anni avete studiato e meditato gli scritti di san Francesco, dei maestri spirituali francescani, e la storia tanto varia del movimento francescano. Vi sentite ormai in grado di riprendere tutto questo insieme in un testo, senza dubbio breve, ma dinamico e profondamente ispiratore per le vostre forme di vita. Quando sarà venuto il momento di sottomettere questo progetto all'esame e all'approvazione della Sede Apostolica, siate certi che accogliero con gioia il frutto di tanto lavoro.

Continuate dunque i vostri lavori nella gioia e nella pace, tanto care a san Francesco. Siate convinti che lo Spirito Santo e la Chiesa attendono da voi questa testimonianza di fedeltà vivente al carisma e al messaggio del Poverello d'Assisi. Come san Francesco, vi benedico di tutto cuore!




1982-03-08 Data estesa: Lunedi 8 Marzo 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Durante l'ordinazione episcopale di monsignor Noè - Città del Vaticano (Roma)