GPII 1982 Insegnamenti - Agli alunni della pontificia accademia ecclesiastica - Roma

Agli alunni della pontificia accademia ecclesiastica - Roma

Titolo: Con la scienza acquisite la sapienza che è dono eminente dello Spirito

Testo:


1. E' sempre per me motivo di gioia incontrarmi con voi, carissimi Alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica, e incoraggiarvi nel vostro impegno di preparazione al servizio che sarete chiamati a svolgere.

Vi saluto cordialmente, rivolgendo innazitutto il pensiero al vostro amato Presidente, Monsignor Cesare Zacchi, che, con esperienza e generosa dedizione, guida la vostra formazione di sacerdoti, in vista delle future responsabilità.

Provenienti dai cinque continenti, voi siete espressione della cattolicità della Chiesa, del suo universale slancio apostolico, della sua missione di salvezza, rivolta a tutti i popoli: "Andate ed ammaestrate tutte le genti" (Mt 28,19), secondo l'espressione del divino Maestro.


2. I recenti Esercizi Spirituali che avete compiuto nello spirito e quasi sotto lo sguardo di san Francesco, in luoghi a lui cari, mi offrono un gradito spunto per aprirvi il mio animo, esortandovi a mantenervi sempre interiormente docili all'azione dello Spirito Santo e impegnati nel coltivare la vita interiore, che deve costantemente conservare il primo posto nella nostra sollecitudine. Tale dimensione spirituale deve permeare il tessuto della vostra vita quotidiana e penetrare negli orientamenti fondamentali che presiedono alle vostre scelte e che caratterizzano i vostri comportamenti. E' infatti nello stile di vita che si manifesta e si prova la vera tempra del vostro spirito sacerdotale.

So che la vostra giornata, la quale ha per centro ideale la Celebrazione Eucaristica e la Liturgia delle Lodi, è in Accademia intessuta, in gran parte, da impegni scolastici, al fine di aiutarvi nell'acquisto di quella solida cultura, che è oggi pure indispensabile per il compito che vi attende.

Nel quadro del vostro "curriculum" formativo un posto particolare va senza dubbio riconosciuto alla dottrina perenne della Chiesa, presentata a questa nostra età dal Concilio Vaticano II, senza dimenticare le importanti applicazioni e i più recenti sviluppi del cammino post-conciliare, con speciale riguardo al Magistero Pontificio ed alle linee direttrici dell'attività della Santa Sede, a livello ecclesiale e internazionale.

Questa scienza, tuttavia, pur necessaria, per sé sola non è sufficiente a rendervi idonei alle responsabilità che la Santa Sede intende affidarvi. La cultura dev'essere integrata con una personalità armoniosa ed eminentemente aperta agli ideali sacerdotali. Anche se non siete destinati al ministero diretto tra le anime o all'insegnamento di discipline ecclesiastiche, vi è sempre richiesto un ministero specificamente apostolico e perciò pastorale, e quindi di essere uomini di profonda saggezza, dotati di sicuro discernimento, capaci di ascoltare la voce dello Spirito nella Chiesa, in dialogo costruttivo con le varie Chiese locali e con tutti gli uomini di buona volontà. E' necessario, pertanto, che chiediate e vi applichiate ad acquisire, insieme con la scienza, quella interiore Sapienza, che è dono eminente dello Spirito, e per questo si impone che, nella vostra giornata, sia coltivato con speciale cura il tempo - e dev'essere, anzi, qualitativamente il più forte ed intenso - consacrato alla preghiera e alla meditazione personale.


3. A queste condizioni voi potrete essere i servitori fedeli e prudenti che la Chiesa e la Sede Apostolica attendono, e cioè, servitori della comunione ecclesiale, rappresentanti di Colui che presiede nella carità e conferma i fratelli nella fede, scrutatori attenti dei segni dei tempi, pastori sensibili alle situazioni ecclesiali ed aperti agli appelli della giustizia, operatori di pace nelle nazioni e fra le nazioni.

Affinché possiate prepararvi con questo spirito al ministero che vi attende, vi affido, oggi, festa dell'Annunciazione, alla santissima Vergine, additando a voi tutti il suo esempio di fede e di docilità al volere di Dio. La statua di Maria santissima, "Mater Ecclesiae", vi contempla maternamente quando salite le scale dell'Accademia Ecclesiastica. Ed io rivolgo devotamente a Maria, insieme con voi, la preghiera che voi recitate guardandola: "Ad te sunt oculi nostri. Tu filios adiuva".

E con questa invocazione, di cuore vi benedico.




1982-03-25 Data estesa: Giovedi 25 Marzo 1982




Alle esequie del cardinale Pericle Felici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il concilio della Chiesa ebbe in lui un servitore fedele

Testo:

"Tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate" (Lc


12,40).

1. Ancora una volta, cari fratelli e sorelle, l'esperienza ci fa toccare con mano la verità di questo monito, tanto noto, del Vangelo.

Siamo ancora tutti sotto l'impressione dolorosa e sgomenta per la inattesa scomparsa dell'amato nostro fratello, il Cardinale Pericle Felici, l'indimenticabile Segretario Generale del Concilio Ecumenico Vaticano II ed al presente Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e Presidente della Pontificia Commissione per la Revisione del Codice di Diritto Canonico.

Il Signore, padrone della vita e della morte, ce l'ha improvvisamente sottratto mentre era nel suo impegno operoso di servizio alla Chiesa e nel vivo stesso di un atto di sacerdotale ministero in terra di Puglia, e noi crediamo che, se così ha disposto, ciò risponde a superiori, anche se a noi incomprensibili, ragioni di bontà e di amore misericordioso. Ecco, proprio questo pensiero, ispirato a viva fede, cioè il diretto riferimento ad un parametro essenziale del nostro Credo - "Sive vivimus, sive morimur Domini sumus" (Rm 14,8)! -, deve guidarci e spiritualmente rianimarci durante l'odierna Liturgia: il Signore Iddio toglie e, nello stesso tempo, conserva; ci sottrae la presenza fisica di un fratello assai caro ed insieme ce lo mostra - e ne abbiamo, più che speranza, sicura certezza - rivestito di vita nuova nel nome e per virtù dell'unigenito suo Figlio risorto.

Sarà questo stesso pensiero di fede a sostenere il nostro animo, umanamente affranto, ed a tramutare la mesta cerimonia di stamane in realtà di fraterna unione e consolazione.


2. Ho accennato agli uffici o funzioni, indubbiamente importanti, che al compianto Cardinale furono affidati dai miei predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI negli anni della sua maturità. Ma il Cardinale Felici deve essere considerato e ricordato anche per quel che fu e quel che fece negli anni precedenti, come sacerdote tanto ricco di qualità naturali ed umane, quanto arricchito, grazie ad un serio impegno formativo, di quelle doti che sono proprie del vero "homo Dei" (1Tm 6,11). Allora accanto alla sua indole schietta, alla semplicità del tratto, al suo buon senso di autentico laziale e, magari, al suo "humour" e alla sua vena poetica, si presentano a tutto rilievo ed in esemplare validità la sua solida impostazione di "prete romano", la sua competenza giuridica e la sua passione per la legislazione antica e nuova della Chiesa, il suo lavoro in campo didattico-educativo come Rettore del Pontificio Istituto per gli studi giuridici in sant'Apollinare ed apprezzato Padre Spirituale presso il Seminario Romano Maggiore. Ben potrebbero parlare e testimoniare, a questo riguardo, i numerosi giovani ed ex-alunni di un tempo, che oggi sono sacerdoti e dimostrano, nell'adempimento dei loro ministeri ecclesiali, di aver fatto tesoro delle alte lezioni ricevute dal loro superiore e direttore di spirito.


3. Ma io sento per lui un debito speciale di gratitudine viva e sincera. Come tanti, anzi come tutti i Vescovi partecipanti alle singole sessioni del Concilio Vaticano II, dall'11 ottobre 1962 all'8 dicembre 1965, io ho tuttora nitida dinanzi al mio sguardo la figura del solerte Segretario Monsignor Felici, il quale, incaricato già nelle precedenti fasi ante-preparatoria e preparatoria del complicato e meticoloso lavoro di coordinazione e di selezione nella "mole delle carte" relative alla vastissima problematica conciliare, seppe costantemente dimostrare assidua applicazione, capacità di ascolto, rispetto per le altrui opinioni, chiarezza di visione dei problemi e, all'occorrenza, longanime pazienza, oltre che filiale obbedienza e fedeltà assoluta ai Sommi Pontefici. Fu, il suo, un lavoro quotidiano ed indefesso che non ebbe soste, perché ovviamente il Segretario non era tale solo nell'Aula all'interno di questa Basilica, ma doveva riprendere e continuare lo stesso lavoro, quando quello altrui era terminato.

E letteralmente - bisogna aggiungere - esso continuo ancora nel periodo non certo facile del post-Concilio, procedendo nella duplice direzione della pubblicazione di tutti gli Atti ufficiali dell'assise ecumenica e della presidenza della speciale Commissione, che ha il compito di interpretare i decreti conciliari.

Né posso dimenticare l'altro importante settore, a cui ho accennato all'inizio, di primo responsabile della Commissione per l'approntamento del nuovo Codice Canonico, un settore per il quale sono del pari necessarie - oltre ad un profondo senso giuridico - non comuni capacità di organizzazione e di sintesi, e nel quale i frutti "Deo adiuvante" già s'intravvedono.

E' precisamente a questo lavoro, come agli altri incarichi, a lui affidati in seno alla Curia Romana, che io riguardo quando parlo del debito di personale riconoscenza verso il caro Porporato, che ho potuto tanto apprezzare per la competenza, per l'attaccamento, per lo stile - direi - del suo servizio e della sua collaborazione. Egli, come seppe esser sempre degno della fiducia dei miei predecessori, così mi è stato fedelmente vicino in questi anni del mio pontificato, a cominciare da quella sera del 16 ottobre 1978, quando annuncio al mondo il nome del nuovo eletto alla Sede di Pietro.


4. Ma ritorniamo all'evento conciliare, rispetto al quale il Cardinale Felici appare essere stato, per unanime riconoscimento, uno dei protagonisti. Senza insistere su una tale valutazione (non sarebbe questa la sede), vorrei solo osservare che tutta l'attività, da lui svolta nella sua vita, cioè prima, durante e dopo il Concilio, corrisponde a quella nota che fu specifica del Vaticano II: la nota dell'ecclesialità. Davvero il Concilio della Chiesa ebbe nel suo Segretario il servitore della Chiesa, per la quale opero attivamente, disinteressatamente, nel suo impegno di scoprire, insieme con l'assemblea dei fratelli Vescovi, i genuini ed originari lineamenti della Chiesa di Cristo, sacramento di salvezza e di unità per le genti (cfr. LG 1).

Egli seppe anche instaurare, nei giorni e nei mesi di questa appassionata ricerca, forme di contatto aperto e cordiale con i confratelli, che fiorirono tanto spesso in sincera amicizia e furono anch'esse riprova del vincolo di collegialità, di cui si discuteva nell'Aula.


5. Stiamo ora per passare dalla Liturgia della Parola alla Liturgia eucaristica, alla quale ci avvia non soltanto ciò che ho detto finora, ma anche e soprattutto il monito, ascoltato nella lettura evangelica. Monito salutare, monito singolare è quell'"estote parati", che il Signore a noi rivolge (Lc 12,40)! Esso, infatti, non deprime, ma solleva e conforta, perché, pur se ci ricorda il dovere della preparazione e della vigilanza "nell'attesa della sua venuta", è preceduto molto da vicino dalla proclamazione della beatitudine riservata a coloro che "sono preparati".

Faremo bene, fratelli carissimi, a meditare spesso questa parola insieme ammonitrice e confortatrice di Cristo Gesù: essa configura una delle beatitudini evangeliche e vale, pertanto, a dare sollievo al nostro spirito dinanzi ai lutti improvvisi, che ci colpiscono in proprio o nella persona dei fratelli. Si, sono "beati quei servi che il Signore, alla sua venuta, troverà vigilanti" (Lc 12,37 cfr. Lc 38 Lc 43).

Una tale beatitudine, che è premessa e garanzia dell'eterna beatitudine in Dio, può essere sicuramente attribuita al Cardinale Felici, non essendo egli né impreparato né disattento alla voce del Signore. Appena qualche minuto prima dell'improvvisa chiamata, aveva con cuore presago accennato alla partenza da questa terra, che è comune sorte dei mortali, e ne aveva preso spunto - egli, alunno del Seminario Romano, dove è tradizionale ed assai sentita la devozione verso la Madonna della fiducia - per dichiarare dinanzi ai fedeli la certezza di trovare in attesa Maria.

Era forse un presentimento? Noi non lo sappiamo, ma sappiamo, speriamo e crediamo che, chiudendo gli occhi sulla scena di questo mondo, egli li ha riaperti all'incontro con la Madre celeste e, da lei guidato, con Gesù Salvatore e Signore.

Così sia!




1982-03-25 Data estesa: Giovedi 25 Marzo 1982




Al Seminario Romano Maggiore - Roma

Titolo: Come Maria, rispondiamo "si" alle responsabilità cui ci chiama il Signore

Testo:

Grazie a questo artistico "Oratorio" abbiamo contemplato il mistero dell'Annunciazione, uno dei più importanti della nostra fede, uno dei più ricordati. Lo riviviamo infatti ogni giorno, recitando per tre volte l'"Angelus".

Lo riviviamo oggi, in questa grande solennità, perché è il mistero della Incarnazione: "il Verbo si fece carne". Mistero insondabile, profondità immensa.

Il divino e l'umano. L'Incarnazione: Dio si è fatto uomo.

Abbiamo contemplato questo mistero, questo contenuto della fede, in modo artistico: non era solamente un concerto, era una para-liturgia vespertina della festa dell'Annunciazione. Ringraziamo per questa para-liturgia, alla quale abbiamo partecipato tutti con grande profitto spirituale. Abbiamo contemplato l'Annunciazione e abbiamo insieme contemplato un altro mistero divino e umano: il mistero della vocazione. Questo mistero della vocazione è profondamente iscritto nel contenuto dell'Annunciazione perché nella vocazione c'è sempre Dio che chiama e l'uomo chiamato, e nell'Annunciazione è Dio che chiama e la Vergine di Nazaret che è chiamata. Possiamo, seguendo le componenti dell'"Oratorio", ritrovare i diversi elementi successivi della vocazione. Sono tali e tanti! ma alcuni sono caratteristici, tipici in special modo, e li troviamo nel contenuto dell'Annunciazione; in questo Oratorio, anzi, erano punti di una speciale concentrazione artistica. Vorrei prenderne alcuni in considerazione.

"Non temere". Ecco l'elemento costitutivo della vocazione: perché l'uomo teme. Teme non soltanto di essere chiamato al sacerdozio, ma teme anche di essere chiamato alla vita, ai suoi compiti, ad una professione, al matrimonio. Teme.

Questo temere rivela anche un senso di responsabilità, ma non di una responsabilità matura. Si deve vincere il timore per arrivare alla responsabilità matura; si deve accogliere la chiamata, si deve ascoltare, si deve ricevere, si deve misurare con le proprie forze e si deve rispondere: Si, si. Non temere, non temere perché hai trovato la Grazia, non temere la vita, non temere la tua maternità, non temere il tuo matrimonio, non temere il tuo sacerdozio perché hai trovato la Grazia. Questa certezza, questa consapevolezza ci aiuta come ha aiutato Maria. Ecco: "La terra e il paradiso attende il tuo si, o Vergine purissima". Sono le parole di san Bernardo, famose parole, bellissime. Attende il tuo si, Maria.

Attende il tuo si, mamma che devi partorire; attende il tuo si, uomo che devi assumere una responsabilità personale, familiare, sociale; attende il tuo si, o tu che sei chiamato in questo Seminario ad essere sacerdote. Il tuo si. Questo si maturo, come frutto dell'unione di due fattori: la Grazia - hai trovato la Grazia - e le tue forze - sono pronto a collaborare, sono pronto a dare me stesso -. Ecco la risposta di Maria; ecco la risposta di una mamma; ecco la risposta di un giovane: un si che basta per tutta la vita. Oggi si teme, qualche volta, di assumere una responsabilità impegnativa per tutta la vita, non solamente nel sacerdozio ma anche nel matrimonio. Ecco, questo si per tutta la vita è a misura d'uomo. Per prima cosa è il metro della sua dignità di persona; e poi è a misura delle sue forze e del suo sforzo. Ci vuole fedeltà per adempiere il si per tutta la vita.

Non ti abbandonero, così dicono la moglie al marito e il marito alla moglie nel primo istante del loro matrimonio. Così dice un seminarista e poi un sacerdote nel giorno della sua ordinazione: non ti abbandonero! E poi, il "Magnificat": "l'anima mia magnifica il Signore". Questo "Magnificat" è già un frutto, il primo, per preparare poi agli ulteriori frutti e al frutto ultimo, escatologico. E' a misura di uomo, della persona umana: un frutto escatologico, un compimento definitivo della vita umana in Dio.

"Magnificat": e in questo momento l'anima mia magnifica il Signore. E' un pregustare l'inizio di quel frutto escatologico, di quel "Magnificat" ultimo a cui siamo chiamati tutti.

Ma c'è forse un altro punto: ed ecco tutti gli uomini nascono al tuo si.

Si deve sapere questo: un tale si ad imitazione di Maria, un tale si crea la gioia, una nuova vita, un soffio, una benedizione. Un si come quello di Maria: quale benedizione! quale pienezza del bene nel mondo! anche con tutto quello che è sofferenza, che è peccato in questo mondo. Un si di Maria: quanta benedizione! quanta gioia! quanta felicità! quanta salvezza! quanta speranza! E così, analogicamente, secondo una dovuta proporzione, il tuo si, la tua fedeltà - marito, moglie, giovane, medico, professore - il tuo si differente crea una gioia, il mondo rinasce; e la vita umana - nelle diverse dimensioni, nella dimensione sociale, nei diversi ambienti, familiari, parrocchiali, professionali - diventa più umana, grazie ad un tale si.

Ecco, così ho contemplato il mistero dell'Annunciazione e, insieme, il mistero della vocazione cristiana e specialmente della vocazione sacerdotale. E doveva essere così, in quest'ambiente. Vedo che il Seminario Romano compie certamente la sua propria funzione, che è quella di preparare i seminaristi al sacerdozio, cioè di coltivare le vocazioni sacerdotali; ma in senso più largo il Seminario apre anche le porte a tutti: giovani e adulti. Entrando in questa Chiesa, ho trovato diverse persone, anche molto giovani. Il Seminario apre le sue porte a tutte le persone che vogliono riflettere sulla propria vocazione; che vogliono vedere la propria vita come una chiamata del Signore e vogliono poi realizzarla come una vocazione determinata; che vogliono riflettere sulla possibile vocazione, su quello che il Signore non gli ha ancora detto, ma vuole dirgli; e intanto rispondono: "aspetta una più profonda preparazione della mia anima per dirmi questa parola e poi aspetta il mio si".

Ebbene, le vocazioni sacerdotali in questo Seminario si formano in un ambiente vocazionale più largo perché ci vuole un vasto clima spirituale in cui si veda la vita come vocazione, come chiamata divina, a misura di una vera chiamata divina, a misura di Maria. Ci vuole quest'atmosfera, ci vuole quest'ambiente spirituale affinché possano crescere anche queste vocazioni sacerdotali, affinché possano maturare. In quest'atmosfera c'è anche la mutua preghiera, la preghiera per le vocazioni sacerdotali, religiose. Qui, in questa Cappella, domina l'immagine della Madonna, la Madonna della Fiducia. L'immagime riassume in certo modo il mistero dell'Annunciazione e della vocazione. Ecco Colei che ha trovato fiducia nel Signore. Se il Signore ti dice: devi essere un sacerdote; se il Signore ti dice questo vuol dire che il Signore ha fiducia in te: puoi temere? non si può soltanto temere, si deve maturare per assumere la responsabilità, perché la Madonna della Fiducia vuol dire Colei che ha avuto immensa fiducia in Dio. Con questa fiducia Essa è stata capace di diventare Madre di Dio, e anche questo è stato a misura d'uomo. Si, una volta. Si, una vocazione specialissima e così può essere a misura d'uomo: essere sacerdote di Cristo, sacerdote per tutta la vita, sacerdote per l'eternità. E' bene che in questa Cappella del Seminario Romano noi troviamo lo sguardo materno della Madonna della Fiducia, perché su questo sguardo possiamo prepararci con fiducia a ciò cui il Signore ci chiama: voi, carissimi seminaristi, e voi tutti, carissimi amici. Concludo con queste considerazioni che sono il frutto della para-liturgia odierna e offro la mia benedizione a tutti.




1982-03-25 Data estesa: Giovedi 25 Marzo 1982




Ai partecipanti al congresso teologico internazionale di pneumatologia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La fede nello Spirito Santo è il cuore della nostra fede cristiana

Testo:


1. "La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi" (2Co 13,13).

Permettetemi, cari fratelli e sorelle in Cristo, di riprendere queste parole dell'apostolo Paolo ai fedeli di Corinto, per salutarvi con gioia, al termine di questo importante Congresso internazionale di pneumatologia: congresso importante per la commemorazione conciliare che gli ha dato inizio, importante anche per i temi fondamentali che ha affrontato, importante inoltre per la presenza veramente ecumenica di molti eminenti uomini appartenenti non solamente alla Chiesa cattolica, ma anche ad altre confessioni cristiane, ortodossa, luterana, riformata, anglicana e metodista, importante, infine, perché lo Spirito Santo che ne è stato l'oggetto, ne è stato anche, come ha detto il Presidente del Comitato preparatorio, il soggetto, nel senso che voi vi siete messi al suo ascolto.

Venendo a visitarvi nel luogo stesso dei vostri lavori, la sala del Sinodo dei Vescovi, ho voluto manifestare concretamente a tutti, membri del comitato promotore e del comitato scientifico del congresso, moderatori, relatori, direttori dei gruppi di studio, così come a tutti gli intervenuti, la mia gioia per queste giornate così ricche consacrate al mistero dello Spirito Santo, e la mia fiducia che esse porteranno frutti per la Chiesa. Perché la nostra Chiesa è la Chiesa dello Spirito Santo. E la fede nello Spirito Santo è al cuore della nostra fede cristiana, come professa il Credo dei santi Concili. lo Spirito Santo che è al cuore della santificazione dei discepoli di Cristo. E' lui che anima il loro zelo missionario e la loro preghiera ecumenica. E' lo Spirito che è la sorgente e il motore del rinnovamento della Chiesa di Cristo.

I vostri interventi qualificati lo hanno sottolineato con l'autorita che è quella di sapienti specialisti della Sacra Scrittura, della patristica, della liturgia, della teologia dogmatica e spirituale, della storia, dell'ecumenismo. E io mi rallegro con voi del significato che riveste questo congresso, e della portata che assume per la vita di tutti i cristiani, alla soglia del terzo millennio della Chiesa.


2. Io stesso ho vivamente desiderato che un tale congresso si tenesse, quest'anno, a Roma. E voi sapete perchè: era opportuno e anche necessario approfondire la conoscenza di questo mistero della nostra fede, quella dei nostri Padri nella fede, così come l'hanno esposta nei grandi Concili di cui noi abbiamo celebrato la memoria all'epoca dell'ultima Pentecoste, 1600 anni dopo il primo concilio di Costantinopoli, e 1550 anni dopo quello di Efeso.

Quel giorno, in presenza di numerosi Vescovi, di venerabili delegati del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e dei rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali, ho ripetuto la mia convinzione, che avevo già espresso nella Lettera apostolica del 25 marzo 1981: "E' pertanto mia intenzione che questi avvenimenti siano vissuti nel loro profondo contesto ecclesiologico. Non dobbiamo infatti soltanto ricordare questi grandi anniversari come fatti del passato, ma rianimarli anche con la nostra contemporaneità, e collegarli in profondità con la vita e i compiti della Chiesa della nostra epoca, così come essi sono stati espressi nell'intero messaggio del Concilio alla nostra epoca, il Concilio Vaticano II" ("Insegnamenti, IV, 1 [1981] 821).

E' ciò che voi avete fatto, e me ne rallegro. Dopo aver studiato la pneumatologia del primo Concilio di Costantinopoli, la tradizione sullo Spirito Santo nelle Chiese di Oriente e Occidente, e i diversi aspetti della pneumatologia biblica, tanto nell'antico che nel nuovo Testamento, avete proseguito i vostri lavori sullo Spirito Santo attraverso la riflessione teologica e esaminando l'esperienza della Chiesa oggi. Avete concluso i vostri lavori significativamente sullo "Spirito Santo, principio dell'unità della Chiesa", e su "lo Spirito Santo e il rinnovamento del mondo": vasto programma, che ha le sue radici nella fede del credo: "Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita... con il Padre e il Figlio, è adorato e glorificato. Credo in Gesù Cristo concepito per opera dello Spirito Santo, nato da Maria Vergine".

Questa fede che è la nostra oggi, è la fede dei santi Concili di Costantinopoli e di Efeso. E' la fede che non ha cessato di essere professata e vissuta nel corso dei secoli passati, con la grazia di Dio. Questa fede è dunque come un arco solidamente teso su tutto lo svolgimento della storia della Chiesa.

Certo, lungo i secoli e a seconda dei luoghi, l'unità della Chiesa ha conosciuto dolorose vicissitudini. Ma sempre questa fede dei grandi Concili ha continuato, malgrado le scissioni e le divisioni, a rendere testimonianza all'unità originaria, come dicevo nell'omelia dell'ultima Pentecoste. E, così facendo, questa stessa fede è un potente appello a ritrovare, a partire da ciò che noi abbiamo di più fondamentale e di più caro in comune, la pienezza della nostra unità, infine ricostituita, dalla forza dello Spirito. Questa fede prende del resto un rilievo tanto più significativo in quanto è la chiave dell'opera del Concilio ecumenico Vaticano II. Sotto l'impulso dei miei predecessori Giovanni XXIII e Paolo VI, con il concorso di tutti i Vescovi della Chiesa cattolica, e in dialogo con numerosi fratelli di Chiese e comunità ecclesiali questo Concilio non ha voluto esprimere, nella nostra epoca, ciò che lo Spirito Santo dice alle Chiese? Perché "questo Spirito, che è unico e identico nel Capo e nei membri, vivifica, unifica e muove tutto il corpo... ringiovanisce la Chiesa con la forza dello Spirito, la rinnova perpetuamente e la conduce infine all'unione perfetta con il suo Sposo. Perché lo Spirito e la Sposa dicono al Signore Gesù: "Vieni" (cfr. Ap 22,17). Così la Chiesa universale come un "popolo raccolto nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (San Cipriano, "De Orat. Dom.", 23: PL 4, 553)" (LG 7,4).


3. così, cari fratelli e sorelle in Cristo, vorrei ringraziarvi, e di tutto cuore, di aver risposto all'invito fraterno che vi era fatto, e di avere dato generosamente una parte del vostro tempo e dei vostri lavori, e questo in modo esemplare, visto il carattere ecumenico e interdisciplinare delle vostre ricerche, condotte in un impegno di intelligenza della fede. Perché l'uomo di fede non è in niente limitato da ciò che egli crede. Al contrario, la nostra fede allarga i nostri orizzonti di pensiero e sollecita la nostra riflessione esigente. E io vorrei, da parte mia, che tali incontri si moltiplicassero, tanto è grande il loro bisogno oggi. Ai nostri giorni infatti, sessioni di ricerca, lavori di seminari, congressi di studio sono divenuti più indispensabili che nel passato, tanto si è ampliato il campo delle ricerche e si sono precisati i metodi di ricerca, tanto è forte l'aspirazione a comunicare con gli altri ricercatori e insegnanti di tutti i continenti. Si, lo dico con convinzione, il lavoro teologico serio e competente è piu che mai necessario alla Chiesa e a tutti i fedeli per sostenere la loro fede.

Già il mio predecessore Paolo VI lo diceva, in occasione del quinto anniversario della chiusura del Concilio ecumenico Vaticano II: "All'indomani di un concilio che fu preparato da numerose acquisizioni del sapere biblico e teologico, resta da fare un lavoro considerevole, in particolare per approfondire la teologia della Chiesa e per elaborare un'antropologia cristiana a misura dello sviluppo delle scienze umane e delle questioni che esse pongono all'intelligenza credente" ("Iam Quinque Annos"). Troppe volgarizzazioni superficiali e insufficientemente fondate sono in grado di scuotere la fede del popolo cristiano, questa fede dei santi concili, trasmessa dalla tradizione vivente della Chiesa, autentificata dal suo magistero, che ha ricevuto a questo fine, secondo sant'Ireneo, " un carisma certo di verità" ("Adversus Haereses", IV, 26, 2: PG 7, 1053).

La fede non ha niente da temere dal lavoro dell'intelligenza teologica, essa al contrario lo richiede, purché sia condotto con il rigore che si impone a dei ricercatori e lo spirito di fede senza del quale non c'è teologia degna di questo nome. Gli scambi che stimolano i vostri lavori non sono, del resto, le migliori garanzie della loro qualità, come l'impegno che avete di avvantaggiarne con discernimento tutto il Popolo di Dio? L'Apostolo lo diceva ai suoi cari Corinzi: "A ciascuno la manifestazione dello Spirito è data in vista del bene comune" (1Co 12,7). E' in effetti, secondo l'espressione del Concilio ecumenico Vaticano II, "in questo senso della fede risvegliato e nutrito dallo Spirito di verità che il Popolo di Dio, fedelmente sottomesso alla condotta del magistero sacro, accoglie veramente, non già una parola umana, ma la Parola di Dio (cfr. 1Th 2,13), che aderisce indefettibilmente alla fede che fu una volta per tutte trasmessa ai santi (cfr. Gd 3), che approfondisce correttamente questa stessa fede e la mette più pienamente in opera" (LG 12).


4. Auguro dunque di tutto cuore che i vostri lavori siano ampiamente di aiuto ai cristiani, altrettanto bene sul piano della ricerca disinteressata della verità che sul piano della sua messa in pratica, quotidianamente, nella vita della Chiesa attraverso il mondo. I vostri studi hanno contribuito a mettere in rilievo questa azione multiforme dello Spirito Santo, all'opera dalle origini fino alla fine dei tempi, "che riempie l'universo" (Sg 1,7), come anche questo universo interiore dei nostri animi di cui egli è l'ospite invisibile, nello stesso tempo in cui esso vivifica l'insieme della Chiesa. Evocato dai simboli piu espressivi dell'acqua, del vento e del fuoco, fonte di vita, forza di animazione, e principio di purificazione, è questo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede né lo riconosce, ma che voi conoscete, ci dice san Giovanni, perché egli abita in voi (cfr. Jn 14,17).

L'avete visto all'opera nell'Antico Testamento e nel Nuovo, all'origine della missione dei profeti e degli apostoli, al punto di inizio della Creazione, al principio dell'Incarnazione, al cuore della Redenzione. Avete studiato i Padri greci e quelli latini, i simboli e le professioni di fede, la tradizione orientale e la tradizione occidentale. Avete fatto conoscere i diversi insegnamenti in materia di pneumatologia, che sia cattolica, ortodossa, luterana, riformata, anglicana o metodista. Avete contemplato con meraviglia le ricchezze della teologia e i tesori della spiritualità cristiana. Avete scrutato il mistero dei rapporti del Padre, del Figlio e dello Spirito attraverso la difficile lettura delle versioni orientale e occidentale del simbolo della fede. Avete riflettuto sull'uomo, così come l'antropologia biblica ce lo rivela, "sarx e pneuma" (carne e spirito). Avete visto lo Spirito al punto di partenza della missione come al cuore della vita della Chiesa. L'avete contemplato all'opera, sia per sostenere istituzioni ecclesiali che per suscitare i carismi nelle comunità cristiane, per dare alla Chiesa i ministeri di cui essa ha bisogno per sostenere la sua vita di fede, al cuore del senso della fede di tutto il Popolo di Dio. Mistero trinitario, mistero del Cristo, mistero della Chiesa! Ovunque, voi avete ritrovato con meraviglia questo dinamismo di gioia di cui la fonte é lo Spirito e di cui lo slancio missionario riempie il tempo e lo spazio, per formare il nuovo Popolo di Dio e incamminarlo verso la sua pienezza escatologica: "A questo scopo, ci dice il Concilio ecumenico Vaticano II, Dio invierà lo Spirito del suo Figlio, Signore e Vivificatore, che è, per tutta la Chiesa e per ciascuno dei credenti, principio di riunione e di unità nell'insegnamento degli Apostoli, nella comunione, nella frazione del pane e nelle preghiere (cfr. Ac 2,42)" (LG 13).

Agendo al cuore della vita sacramentale e liturgica, ispiratore della legge nuova, promotore dell'azione missionaria, artigiano e restauratore dell'unità, lo Spirito Santo è anche misteriosamente presente nelle religioni e culture non cristiane. E anche questo voi avete cercato di esplicitare. L'azione dello Spirito Santo può suscitare un progresso a partire da addentellati, progresso che essi implicano, e lo stesso Concilio Vaticano II invita i figli della Chiesa presenti in questi raggruppamenti umani a "essere familiari con le proprie tradizioni nazionali e religiose, (a) riscoprire con gioia i semi del Verbo che vi si trovano nascosti" (AGD 11).

Dello Spirito Santo anche, si potrebbe dire, ciascuno ne ha la sua parte, e tutti l'hanno tutto intero, tanto la sua generosità è inesauribile.

Nell'esperienza delle Chiese, esso è il fermento invisibile, che si riconosce dai suoi frutti, quali san Paolo ci aiuta a discernere nella vita spirituale dei cristiani: nella loro preghiera che ritrova il suo senso di lode e di gratitudine, e insieme la sua audacia fiduciosa; nelle comunità viventi, piene di gioia e di carità, che lo Spirito Santo suscita e trasfigura; nello spirito di sacrificio; nell'apostolato coraggioso e nell'azione fraterna al servizio della giustizia e della pace. In tutto, lo Spirito Santo stimola la ricerca del senso della vita, il perseguimento ostinato del bello, del bene al di là del male; lo si riconosce attraverso la speranza della vita che sgorga più forte della morte, e attraverso questa acqua zampillante che mormora già in noi: "Vieni verso il Padre".

Lo Spirito Santo agisce nelle persone - nelle più semplici come in quelle che sono di un rango più elevato - e nelle comunità, a cominciare dalle piccole Chiese domestiche che sono le famiglie. E' a lui che si deve il risveglio delle vocazioni nella Chiesa - vocazioni di preti, di religiosi, di persone consacrate, di laici apostoli -, ma più in generale il risveglio della vita cristiana concepita come vocazione. Si, grazie a Dio, si assiste oggi a un tale risveglio, e si ricorre più volentieri allo Spirito Santo! Bisogna parlare, a questo proposito, della necessità di una sana teologia, d'una sana ecclesiologia, che mostri il posto dei carismi nell'unità della Chiesa, in unione con i ministeri istituiti dallo Spirito, e di una profonda teologia spirituale.

Con voi, io spero che gli studi di questo Congresso contribuiranno a rafforzare in tutti saggezza, fiducia, gioia e speranza, nella fede in questa presenza dello Spirito Santo, di cui voi avete valorizzato, certo, il contesto culturale, storico e teologico, ma anche la portata ecumenica e la finalità salvifica. Auguro che i pastori ne escano rafforzati, nell'esercizio del loro ministero e del loro magistero, che i teologi ne siano incoraggiati nel proseguimento dei loro lavori, che tutti i fedeli ne siano confermati nella loro fede, e che tutti coloro che non la condividono ne risentano come un segreto desiderio e un'ardente attesa.


5. C'e una grazia speciale che noi aspettiamo dallo Spirito Santo e sulla quale io mi permetto di insistere. Il Concilio Vaticano II riconosce che nella nostra epoca, lo Spirito Santo, "principio dell'unità della Chiesa", sta suscitando presso i credenti di diverse confessioni cristiane un movimento crescente verso la piena comunione nella stessa fede (UR 2 UR 4). L'ecumenismo è prima di tutto un "movimento spirituale"; è per questo che non può nascere né mantenersi senza la "conversione interiore" del "cuore", vale a dire senza il rinnovamento permanente al quale la Chiesa è chiamata da Cristo (cfr. UR 6). Conversione a una "speranza contro ogni speranza" (cfr. Rm 4,18) e alla carità fraterna (cfr. UR 7 UR 12). La piena unità dei cristiani non è un avvenimento che la ragione umana possa prevedere: noi possiamo solamente sperarla come un dono dello Spirito di Cristo. Non ci è neanche possibile conoscere in anticipo i cammini concreti che permetteranno di raggiungere l'unità futura, così attesa, di tutte le Chiese cristiane. Qui ancora, "lo Spirito viene in soccorso alla nostra debolezza; perché noi non sappiamo neanche cosa domandare; ma lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili" (Rm 8,26). Per ciò che ci concerne noi non dobbiamo che affidarci senza riserve alla guida misteriosa dello Spirito Santo.


6. Vi posso ben confidare, terminando, che il Papa stesso prega ardentemente lo Spirito Santo: per mettersi al suo ascolto nell'accoglimento della Parola di Dio e della tradizione vivente della Chiesa, ma anche nella preghiera personale, per essere docile alle indicazioni dello Spirito Santo, per servirlo con la più grande disponibilità, al fine di realizzare l'opera che egli affida al successore di Pietro, per il bene di tutta la Chiesa, per la sua fedeltà, la sua unità, il suo rinnovamento spirituale; e questo in unione con i pastori della Chiesa. Pregate anche per me. Ieri, festeggiando l'Annunciazione del Signore, abbiamo contemplato Maria, in cui il Verbo di Dio si è fatto carne per opera dello Spirito Santo. Ella è come la sposa dello Spirito Santo, tutta disponibile per accogliere e realizzare la sua opera. Che Ella ci ottenga da Dio una disponibilità sempre piu grande a questo Spirito.

Ho cominciato con san Paolo. Permettetemi di terminare con lui: "Non contristate lo Spirito Santo di Dio, che vi ha segnati con il suo sigillo per il giorno della redenzione" (Ep 5,30). "Poiché lo Spirito è la nostra vita, che lo Spirito ci faccia anche agire" (Ga 5,25).

Con questo augurio pieno di affetto, imploro su voi la benedizione di Dio: che Dio onnipotente vi benedica, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo!




1982-03-26 Data estesa: Venerdi 26 Marzo 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Agli alunni della pontificia accademia ecclesiastica - Roma