GPII 1982 Insegnamenti - L'incontro con i vescovi del Portogallo - Fatima (Portogallo)

L'incontro con i vescovi del Portogallo - Fatima (Portogallo)

Titolo: Siate guide della comunità e garanti della comunione in quest'epoca di trasformazione culturale

Testo:

Venerabili e cari fratelli nell'Episcopato.


1. Qui a Fatima, nell'ambiente dove la vostra Conferenza Episcopale usa celebrare le sue abituali riunioni, il successore di Pietro ha oggi la fortuna e la gioia di incontrarvi e di riunirsi con voi. Questa circostanza, per se stessa secondaria, riveste pero un significato: essere qui fisicamente in mezzo a voi fa diventare concreto il sentimento di quando fui qui spiritualmente e qui rimarro d'ora in avanti, sempre in questo luogo dove vi riunite collegialmente.

In quanto a me, voglio approfittare di questa ora di convivio fraterno, nel programma della mia pellegrinazione a Fatima e visita pastorale in Portogallo, per riflettere con voi su alcuni aspetti della missione come Pastori del vostro popolo e sulla Conferenza Episcopale. Il Concilio Vaticano II, come ben sapete, elevo l'importanza delle Conferenze Episcopali come elemento di comunione e espressione degli "affectus collegialis" dell'Episcopato in se stesso, in dipendenza ed unito con il successore di Pietro.

E' in questa unione affettiva che oggi vi saluto, qui, amati fratelli, con bacio di pace: saluto il signor Presidente, Dom Manuel de Almeida Trindade, e ognuno di voi, Vescovi che formate la Conferenza Episcopale Portoghese.

La presenza viva e sentita di nostra Signora in questo Santuario contribuisce a dare al nostro incontro una espressiva immagine di quella "sala superiore", dove, dicono gli Atti degli Apostoli, gli Undici "erano assidui alla preghiera con Maria, Madre di Gesù" (cfr. 1,14) e dove, probabilmente, Pietro e gli altri apostoli si trovavano con nostra Signora nella mattina della Pentecoste.

Questo momento breve ma denso che viviamo, qui, "con Maria", sia per noi e per la Chiesa del Portogallo tempo di vera Pentecoste. Per questo ci assista con la sua luce e con la sua forza lo Spirito del Padre e del Figlio.


2. Per quanto mi è possibile conoscere la realtà umana del vostro Paese, dal contatto con alcuni di voi e con i vostri fedeli a Roma, mi hanno impressionato alcuni aspetti legati soprattutto al momento storico che il Portogallo sta vivendo.

Si tratta certamente di un momento di transizione. E come in tutti i momenti di transizione, soprattutto quando questa per essere rapida e profonda, assume le vere caratteristiche di trasformazione culturale, si presentano - a volte alternativamente, altre volte confusamente - entusiasmo e ansietà, audacia e paura, apertura ad un futuro affrontato con ottimismo e necessità di riaffermare, se non di recuperare, i solidi valori del passato. Tali valori, non raramente, sono sacrificati nei momenti di euforia.

Ammiro in questo Portogallo, desideroso di essere una nazione moderna, inserita nell'Europa contemporanea, la interessante coesistenza di caratteristiche tradizionali, con radici in una storia molto antica e ricca di tradizioni, con altre caratteristiche dipendenti dall'apertura al futuro.

Quanto alla problematica pastorale, forzatamente influenzata da quello che succede sul piano umano e civile, non mi sorprende di scorgere nel Portogallo attualmente una notevole convivenza di un profondo sentimento religioso, del quale le moltitudini che sto vedendo in Fatima sono appena un aspetto, ma che si manifesta ancor più nella vita delle parrocchie di certe zone del Paese e, d'altra parte, un innegabile segno di quello che, per abbreviare, denominerei secolarizzazione: agnosticismo negli ambienti intellettuali, universitari e di larga parte della gioventù; una certa concezione di vita o un certo umanesimo senza Dio; gravi problemi nell'ambiente familiare, soprattutto per quello che si pensa rispetto alla indissolubilità del matrimonio; allentamento della coscienza morale e conseguente rilassamento dei costumi; ricerca del benessere a qualunque prezzo, ecc.

La Chiesa, per quello che esiste di spirituale e religioso, di etico e umano in queste realtà non le può ignorare. Essa possiede criteri e argomentazioni che la portano a prendere posizione davanti ai molti problemi concreti che produce questa congiuntura di transizione o, più esattamente, di trasformazione. Essa ha interesse a non lasciarsi sconvolgere dalle contraddizioni e dalle sfide che presenta tale congiuntura.

Al contrario, cerca d'identificare queste sfide per poter dare una risposta prima che diventino insolubili.


3. In questo punto i Pastori della Chiesa hanno un ruolo di primaria importanza che, in virtù del carisma episcopale e di un mandato di Dio, appartiene solo a loro. Nessuno assumerà questo ruolo, se essi non lo assumeranno.

Questa carica di Vescovo è legata profondamente con il carisma di Pastore, uno dei principali doni della vocazione episcopale.

Se il tempo non fosse breve e il programma non incalzasse cederei al desiderio di scendere con voi nelle profondità di questo carisma, così come lo rivela san Giovanni nell'ammirevole capitolo X del suoVangelo. In una parabola e nella rispettiva spiegazione, Gesù parla del Pastore alla luce della sua condizione di Buon Pastore. Ci sarebbe molto da dire sul Pastore che conosce le pecore per nome; che per loro dà la vita; che le difende contro i ladri, o contro il lupo. Potremo rileggere insieme sant'Agostino o san Gregorio Magno, in alcune delle loro pagine più belle sui pascoli, che il primo chiama "officium amoris" e il secondo, riferendosi alla cura delle anime, chiama "ars artium".

Qui voglio appena sottolineare una funzione del Pastore: quella di guidare il gregge. Guidare è andare avanti. Avanti per conoscere il cammino; misurare la profondità dei torrenti, scoprire i pericoli, garantire il cammino; avanti per stimolare ed infondere coraggio; avanti per indicare la via sicura ed evitare disguidi. Nelle fasi di instabilità e trasformazione, è indispensabile e preziosa la funzione di queste guide ed è benedetto il popolo che le trova nei suoi Vescovi.

Se per grazia dello Spirito Santo, e per le virtù e doti coltivate con fatica e preghiera e per la solida preparazione, i Vescovi di un paese saranno capaci di discernere, con chiaroveggenza, il succedere degli avvenimenti, molti troveranno fra loro quello che, nel mezzo delle realtà ambigue, perché polivalenti, faccia la critica delle situazioni, delle tendenze, delle correnti di pensiero e delle ideologie e arresti così il caminino incerto. Se le guide sono padri, sapranno spingere a seguire nuovi cammini, anche se difficili, abbandonando le attrattive dei sentieri più facili, ma quasi sempre ingannevoli.

La Chiesa, e specialmente questa sua parte che è in Portogallo, e quella sulla quale pesa l'onere del sommo pontificato sanno che voi, Vescovi portoghesi, siete coscienti della vostra missione di Pastori e guide. Continuate a metterla in pratica senza esitazioni, soprattutto quando si tratta di indicare la via sicura, fra il groviglio dei possibili cammini.

A questo proposito, ripeto che la Chiesa non si arroga il diritto di imporre a nessuno la sua dottrina; ma ha il diritto-dovere di proporla, con umiltà e con amore. Parafrasando Paolo VI nella "Evangelii Nuntiandi", posso dire che, se noi Vescovi proporremo con chiarezza la via della Chiesa, chi, per preconcetto disprezzerà tale proposta può peccare, ma la nostra coscienza non ci rimprovererà di niente. Se, al contrario, per stanchezza o timore, rispetto umano o incertezza delle proprie convinzioni, tralasceremo di esporre quello che sappiamo essere la verità, chi per questa causa rimane nell'ignoranza del Vangelo e di Cristo, forse non pecca, ma noi non saremo senza colpa.


4. A una determinata altezza il carisma del Pastore-guida s'incontra profondamente unito a quello di educatore della fede. Guidare una persona o una collettività, orientare un processo di trasformazione, è nella prospettiva di un Vescovo, educare alla fede.

Quanto più osservo la fede del vostro popolo, soprattutto della gente semplice, tanto più ammiro le radici antiche che essa radica nell'anima della gente. Per la sua spontaneità e sincerità, per i cenni concreti che suscita e per le attitudini che provoca nelle relazioni con Dio e con il suo Figlio Gesù, con la sofferenza e con la propria morte, con le altre persone e con gli avvenimenti, con il mondo presente e con il futuro. Dall'altra parte, vedo questa fede esposta ai pericoli e perfino, come scrisse Paolo VI nella "Evangelii Nuntiandi", assediata da molte forze corrosive, minacciata nella sua integrità e perfino nella sopravvivenza; questo perché, per talune circostanze storiche, che qui non possiamo analizzare, questa fede non è sempre così solida quanto spontanea, né tanto profonda quanto sincera.

Il vostro primo impegno innanzi alla fede del vostro popolo, è riconoscerla e apprezzarla; di rispettare le sue manifestazioni autentiche; di difenderla contro i fermenti che la mettono in pericolo; di rinforzarla, liberandola da eventuali elementi di credenze e superstizioni e dandole un contenuto più dottrinale. In una parola, è l'impegno di educarla alla luce della Parola di Dio e del Magistero della Chiesa, di nutrirla con una vera catechesi.

Riconoscendo gli sforzi che avete fatto e fate per incrementarla, vi esorto a proseguire nel cammino, soprattutto per quello che si riferisce alle iniziative in relazione con la formazione cristiana dei giovani e degli adulti.

Non è meno minacciata la fede dei figli di questa Nazione che, istruiti nelle scienze, nelle tecniche e nelle arti, avrebbero bisogno di avere il livello della Fede stessa corrispondente a quello del sapere umano. Tanto più, che grazie al proprio "status" intellettuale, saranno chiamati ad occupare posti di responsabilità, di influenza e di decisioni, nella società civile.

Sono diverse, nei due casi, le esigenze e i mezzi per approfondire la fede, ma uguale è il dovere dei Pastori. Con lo sforzo che avete fatto e continuerete a fare, come maestri di fede, per farla diventare nei vostri fedeli più cosciente e meno condizionata, più radicata e meno superficiale, più impegnata e meno individualista, più operante e meno intimista, procurerete non solo un beneficio per loro, ma anche un beneficio per la società. Questo vale specialmente per quelli che, nei più diversi settori, sono investiti di responsabilità sociali.

Non vi paralizzi, poi, il pensiero di per sé giusto, che non è di vostra competenza, come Vescovi, dare contributi tecnici, di ordine politico o economico, per la trasformazione sociale del vostro Paese. Abbiate la certezza che, esercitando il vostro magistero ed educando alla fede le persone e le comunità che vi sono state affidate da Dio, state preparando cristiani che, trasformati interiormente, trasformeranno il mondo, attraverso soluzioni tecniche che proprio a loro compete offrire alla comunità.

In questa linea di comportamento, la Chiesa possiede e fa conoscere un umanesimo fondato nella Verità rivelata, una visione del mondo basata sul Vangelo, una scala di valori illuminata dalla fede. Non temete e non esitate ad assumere tutto questo, sicuri di star realizzando, come maestri di fede, un servizio agli uomini.


5. E' impossibile non sfiorare, a questo punto, un altro aspetto di particolare interesse della missione episcopale. Mi riferisco al vostro ruolo di costruttori, garanti e mantenitori della comunità ecclesiale.

Con parole chiare e incisive il Divino Maestro, nell'ora suprema dell'addio agli Apostoli, espresse il valore teologico e spirituale dell'unità della Chiesa. La Storia, a sua volta, ha dimostrato ripetutamente che la Chiesa è portatrice di un grande potenziale di energia, e rivela prodigiosa efficacia nella sua missione quando dà testimonianza di unità; e che, disgraziatamente, rimane paralizzata, quando le manca questa testimonianza. Il Concilio Vaticano II, nella costituzione dogmatica "Lumen Gentium", inquadra molto felicemente questa dimensione ecclesiale, nel definire la Chiesa come comunione dei fedeli con Dio e tra loro, per essere come conseguenza, germe, principio e fermento di comunione nel seno dell'umanità.

La vostra missione di Vescovi è di essere principio e segno di questa comunione, e di esserne artefici pazienti e perseveranti.

Come è ovvio, comunione in primo luogo dei Vescovi tra loro e nel seno della Conferenza Episcopale. Il servizio pastorale che esercitate esige, al livello più profondo, una solida comunione tra di voi. Fondamenta di questa comunione, ben più forte di quello che potrebbe dividervi, sono l'unico Signore che vi ha chiamato, l'unica verità che servite, l'unica salvezza in Gesù Cristo che annunciate e la carità fraterna che vi mantiene uniti. Che l'impegno collegiale e di collaborazione, del quale avete dato testimonianza in molte occasioni nel passato, continui a essere incrementato con lo studio comune e la singola iniziativa locale di sviluppo nazionale, in spirito di vera responsabile comunione.

E' in seno ai vostri Presbitèri che si prolungherà la edificazione della comunità ecclesiale.

I documenti conciliari fecero nuova luce sull'antica realtà del collegio presbiteriale riunito intorno al Vescovo nel governo pastorale di ogni Chiesa.

Preconizzando la creazione del Consiglio Presbiterale e raccomandando altri modi di collaborazione, il Concilio vuole che si traduca in gesti e azioni concrete l'armonia tra il Vescovo e i suoi padri come la Liturgia e Teologia hanno sempre espresso con ammirevoli concetti.

Per essere affettiva ed effettiva allo stesso tempo, questa comunione deve essere cercata e coltivata ogni giorno. Essa esige sforzi da ogni parte e non di rado il superamento di barriere e resistenze. La testimonianza chiara e visibile di questa comunione è portatrice di stimoli per la comunione ad altri livelli.

In secondo luogo, penso alla comunione che, per mezzo dei vostri presbiteri, si deve creare tra i fedeli.

Vi sono molti focolai di tensione che rendono fragile e instabile questa comunità. L'etichetta di "conservatori" e "progressisti", le opzioni tra una visione della Chiesa più spirituale e altra di maggior impegno, o la preferenza per questo o quel movimento ecclesiale: non è raro che tutto questo e molto di più ancora sia occasione di rotture profonde nella comunità ecclesiale. Senza parlare della tentazione, sempre viva, di creare o per lo meno lasciare che si creino nella Chiesa opposizioni e confronti di classe che esplodono funestamente nella società.

E' dovere dei Vescovi, in unione con il loro Presbiterio, non solo di non aggravare i fermenti di divisione, ma di rinforzare i vincoli di unità. La costituzione della comunione ecclesiale non consiste - come ben sapete - nel disconoscere o minimizzare i conflitti, i germi di separazione. Consiste nel rivelare e far prevalere con tal credibilità le forze di comunione, nel creare e mettere in azione questi fermenti di unità affinché le cose che uniscono siano poi ben più importanti di quelle che dividono.

A questo punto lo sforzo sostenuto da un Vescovo per costituire l'unità, sarà compensato dalla luminosa testimonianza di questa stessa unità.


6. Non voglio chiudere queste considerazioni senza confidarvi qualche speranza, nella certezza che essa corrisponda alle vostre ansie e che il nostro incontro vi stimolerà a intensificare gli sforzi nei campi che ora ricordo.

Il primo campo è quello delle "vocazioni per il ministero presbiteriale e per la vita consacrata".

La Chiesa si è abituata a ricevere dal vostro Paese numerosi sacerdoti e religiosi o religiose, disponibili per il servizio ecclesiale, sia nella vostra stessa patria, che nell'attività missionaria in altri Paesi.

Sarebbe assurdo pensare che Dio non chiama più, in Portogallo, come nelle altre terre, giovani cristiani, capaci e generosi, per il ministero sacerdotale o per la vita religiosa. Importa ed è urgente saper chiamare questi giovani proponendogli un ideale esigente ma chiaro, una identità ben definita, un campo di azione capace di indicargli il dono per tutta la vita. I Vescovi, più di qualsiasi altro, devono assumere l'impegno di far arrivare al maggior numero possibile di giovani cristiani l'invito di Cristo; e dopo l'impegno, non minore, di proporgli un quadro di formazione, un appoggio al loro ideale e una tale prospettiva di impegno della vita, dal quale essi si lascino trascinare.

Continuate a prestare la massima attenzione alla "catechesi". Solo essa, se sarà ben orientata, nel metodo e nei contenuti, potrà assicurare al vostro popolo la possibilità di crescere nella fede.

Avete nei Vescovi portoghesi, del passato antico e recente, modelli di Pastori attenti alla necessità della catechesi e dedicati a promuoverla nei loro fedeli, con senso di opportunità, estrema attenzione quanto alle verità da trasmettere e sensibilità pastorale alla ricerca del linguaggio adatto alle persone da catechizzare. Come simbolo evoco la figura ammirevole del venerabile frate Bartolomeu dos Martires, il grande Arcivescovo di Braga, protagonista nel Concilio di Trento, ricco di virtù e di zelo apostolico.


7. Divido con voi, infine, la mia preoccupazione pastorale in quanto alla "famiglia" ed ai suoi valori autentici.

Ho coscienza di trovarmi in un Paese che ha sempre considerato l'istituzione familiare e gli autentici valori della famiglia come pilastri della sua civilizzazione. E' risaputo che, al centro della cultura che il Portogallo irradio oltre le sue frontiere, e nello scoprire nuovi mondi, si trovo sempre l'amore e il rispetto per questi valori.

Come ebbi modo di notare nella esortazione apostolica "Familiaris Consortio", questi valori non perdono la loro attualità: per essi passa il cammino per un umanesimo pieno e cristiano; e l'insufficiente coltivazione degli stessi è certamente una delle radici della grave crisi morale che inquieta tutti noi.

La trasformazione, alla quale prima mi sono riferito, caratteristica dell'attuale momento storico del Portogallo, tocca direttamente la famiglia. La chiama come interlocutrice per riconoscere e riconfermare i suoi veri valori e spogliarsi dei falsi valori che, per sventura, si fossero in essa infiltrati. La tocca anche, colpendola in quello che le è essenziale: la comunione interpersonale, l'amore come dono di se stessi, come mutuo aiuto, come perdono e come autosuperazione, l'unità, l'eternità, la fedeltà e la fecondità di questo amore, l'intimità e la generosità del focolare, il rispetto unito alla stima e l'affetto nell'educazione dei figli, ecc.

Voglio invitarvi a dare sempre un posto importante alla famiglia nelle vostre preoccupazioni di Pastori e guide. Continuate a esaminare insieme qual è la reale situazione della famiglia nelle varie classi sociali di questo Paese: i grandi valori che in essa esistono, i mali che l'affliggono e gli aiuti che essa richiede. E, con l'ampia cooperazione delle varie istanze competenti, ecclesiali o extra-ecclesiali, elaborate un piano a lungo termine non solamente per la difesa e la salvaguardia, ma anche e soprattutto per la promozione positiva della famiglia.

Ho incluso in questa Pastorale familiare tutti i settori, dall'educazione all'amore fino all'aiuto da dare alle famiglie scosse da crisi più o meno gravi e profonde.

Già sapete che, nell'incentivare quanto avete realizzato su questo punto, offrirete con la vostra specifica missione un notevole servizio alla Chiesa, la quale ha nelle famiglie le sue cellule vive. Indirettamente, beneficierete, in questo campo, anche la società portoghese.

Venerabili e amati fratelli.

Ringrazio Dio che, sempre ricco di grazie, mi ha offerto questo incontro con voi. Non occorre ripetervi che, nella vita e attività del Papa, i momenti che passa con i suoi fratelli Vescovi, trattando con essi le questioni essenziali della vita e l'azione della Chiesa, in una linea di corresponsabilità collegiale vivida, sono i più densi. Egli non può dimenticare che, nel definirlo come principio visibile di unione, la "Lumen Gentium" aggiunge che egli lo è, prima di tutto, per i Vescovi.

Per questo, dopo aver ringraziato Iddio, voglio ringraziare anche voi, per aver voluto questa riunione. A ognuno di voi ed alla Chiesa locale rappresentata da ognuno di voi, al suo presbiterio, ai suoi religiosi e religiose, alle vostre famiglie e persone, va il saluto del mio cuore e di cuore vi benedico "in Domino". Chiedo a Dio che vegli sopra di voi, sulle vostre ansie pastorali, sui vostri successi e le vostre fatiche. Che egli vi assista nel vostro lavoro e vi benedica sempre.

E da queste alture di Fatima, che nostra Signora vi protegga sotto il suo occhio materno, in quanto in tutto il Paese vi dedicate alla costruzione del Regno di suo Figlio.




1982-05-13 Data estesa: Giovedi 13 Maggio 1982




L'omelia della Messa - Fatima (Portogallo)

Titolo: Il messaggio di Fatima si comprende alla luce dell'amore materno di Maria

Testo:


1. "E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa" (Jn 19,27).

Con queste parole si chiuse il Vangelo dell'odierna liturgia a Fatima.

Il nome del discepolo era Giovanni. Proprio lui, Giovanni, figlio di Zebedeo, apostolo ed evangelista, senti dall'alto della croce le parole di Cristo: "Ecco la tua madre". Prima invece Cristo aveva detto a sua Madre: "Donna, ecco il tuo figlio".

Era questo un mirabile testamento.

Lasciando questo mondo Cristo diede a sua Madre un uomo che fosse per lei come un figlio: Giovanni. Lo affido a lei. E, in conseguenza di questo dono e di questo affidamento, Maria divento madre di Giovanni. La Madre di Dio è divenuta madre dell'uomo.

Da quell'ora Giovanni "la prese nella sua casa" e divento il custode terreno della Madre del suo Maestro; è infatti diritto e dovere dei figli aver cura della madre. Soprattutto pero Giovanni divento per volontà di Cristo il figlio della Madre di Dio. E in Giovanni divento figlio di lei ogni uomo.


2. "La prese della sua casa" può anche significare, letteralmente, nella sua abitazione.

Una particolare manifestazione della maternità di Maria riguardo agli uomini sono i luoghi, nei quali Ella s'incontra con loro; le case nelle quali Ella abita; case nelle quali si risente una particolare presenza della Madre.

Tali luoghi e tali case sono numerosissimi. E sono di una grande varietà: dalle edicole nelle abitazioni o lungo le strade, nelle quali risplende l'immagine della Madre di Dio, alle Cappelle e alle Chiese costruite in suo onore.

Ci sono pero alcuni luoghi, nei quali gli uomini sentono particolarmente viva la presenza della Madre. A volte questi posti irradiano ampiamente la loro luce, attirano la gente da lontano. Il loro raggio può estendersi ad una diocesi, a un'intera nazione, a volte a più nazioni e persino a più continenti. Sono questi i Santuari mariani.

In tutti questi luoghi si realizza in modo mirabile quel singolare testamento del Signore Crocifisso: l'uomo vi si sente consegnato e affidato a Maria; l'uomo vi accorre per stare con lei come con la propria Madre; l'uomo apre a lei il suo cuore e le parla di tutto: "la prende nella sua casa", cioè dentro tutti i suoi problemi, a volte difficili. Problemi propri ed altrui. Problemi delle famiglie, delle società, delle nazioni, dell'intera umanità.


3. Non è così il Santuario di "Lourdes" nella vicina Francia? Non lo è "Jasna Gora" in terra polacca, il Santuario della mia Nazione, che celebra quest'anno il suo giubileo di seicento anni? Sembra che anche li, come in tanti altri Santuari mariani sparsi nel mondo, con una forza di particolare autenticità risuonino queste parole dell'odierna liturgia: "Fu splendido onore della nostra gente" (Jdt 15,10), ed anche le altre: "Di fronte all'umiliazione della nostra stirpe / ...hai sollevato il nostro abbattimento / comportandoti rettamente davanti al nostro Dio" (Jdt 13,20).

Queste parole risuonano a Fatima così come un'eco particolare delle esperienze non solo della nazione portoghese, ma anche di tante altre nazioni e popoli che si trovano sul globo terrestre: sono anzi l'eco della esperienza di tutta l'umanità contemporanea, di tutta la famiglia umana.


4. Vengo dunque qui oggi perché proprio in questo giorno dello scorso anno, in piazza san Pietro a Roma, si è verificato l'attentato alla vita del Papa, misteriosamente coinciso con l'anniversario della prima apparizione a Fatima, che ebbe luogo il 13 maggio del 1917.

Queste date si sono incontrate tra loro in modo tale che mi è parso di riconoscervi una speciale chiamata a venire qui. Ed ecco, oggi sono qui. Sono venuto a ringraziare la Divina Provvidenza in questo luogo che la Madre di Dio sembra avere così particolarmente scelto. "Misericordiae Domini, quia non sumus consumpti" (Lm 3,22), ripeto ancora una volta con il profeta.

Sono venuto soprattutto per confessare qui la gloria di Dio stesso: "Benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra", dico con le parole dell'odierna liturgia (Jdt 13,18).

E verso il Creatore del cielo e della terra alzo anche quello speciale inno di gloria, che è lei stessa, l'Immacolata Madre del Verbo incarnato: "Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra... Davvero il coraggio che ti ha sostenuto non cadrà dal cuore degli uomini che ricorderanno per sempre la potenza di Dio. Dio dia esito felice a questa impresa a tua perenne esaltazione" (Jdt 13,18-20).

Alla base di questo canto di lode, che la Chiesa eleva con gioia qui come in tanti luoghi della terra, si trova l'incomparabile scelta di una figlia del genere umano come Madre di Dio.

E dunque sia adorato soprattutto Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Sia benedetta e venerata Maria, tipo della Chiesa, in quanto "dimora della santissima Trinità".


5. Sin dal tempo in cui Gesù, morendo sulla croce, disse a Giovanni: "Ecco la tua Madre"; sin dal tempo in cui "il discepolo la prese nella sua casa", il mistero della maternità spirituale di Maria ha avuto il suo adempimento nella storia con un'ampiezza senza confini. Maternità vuol dire sollecitudine per la vita del figlio. Ora, se Maria è madre di tutti gli uomini, la sua premura per la vita dell'uomo è di una portata universale. La premura di una madre abbraccia l'uomo intero. La maternità di Maria ha il suo inizio nella sua materna cura per Cristo.

In Cristo Ella ha accettato sotto la croce Giovanni e, in lui, ha accettato ogni uomo e tutto l'uomo. Maria tutti abbraccia con una sollecitudine particolare nello Spirito Santo. E' infatti lui, come professiamo nel nostro "Credo", colui che "dà la vita". E' lui che dà la pienezza della vita aperta verso l'eternità.

La maternità spirituale di Maria è dunque partecipazione alla potenza dello Spirito Santo, di Colui che "dà la vita". Essa è insieme l'umile servizio di Colei che dice di sé: "Eccomi, sono la serva del Signore" (Lc 1,38).

Alla luce del mistero della maternità spirituale di Maria, cerchiamo di capire lo straordinario messaggio, che comincio a risuonare nel mondo da Fatima sin dal 13 maggio 1917 e si prolungo per cinque mesi fino al 13 ottobre dello stesso anno.


6. La Chiesa ha sempre insegnato e continua a proclamare che la rivelazione di Dio è portata a compimento in Gesù Cristo, il quale ne è la pienezza, e che "non è da aspettarsi alcun'altra rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del Signore" (DV 4). La Chiesa valuta e giudica le rivelazioni private secondo il criterio della loro conformità con tale unica Rivelazione pubblica.

Se la Chiesa ha accolto il messaggio di Fatima è soprattutto perché esso contiene una verità e una chiamata, che nel loro fondamentale contenuto sono la verità e la chiamata del Vangelo stesso.

"Convertitevi, (fate penitenza) e credete al Vangelo" (Mc 1,15), sono queste le prime parole del Messia rivolte all'umanità. Il messaggio di Fatima è nel suo nucleo fondamentale la chiamata alla conversione e alla penitenza, come nel Vangelo. Questa chiamata è stata pronunciata all'inizio del XX secolo, e, pertanto, a questo secolo è stata particolarmente rivolta. La Signora del messaggio sembra leggere con una speciale perspicacia i "segni dei tempi", i segni del nostro tempo.

L'appello alla penitenza è materno e, al tempo stesso, forte e deciso.

La carità che "si compiace della verità" (1Co 13,6), sa essere schietta e decisa.

La chiamata alla penitenza si unisce, come sempre, con la chiamata alla preghiera.

Conformemente alla tradizione di molti secoli, la Signora del messaggio di Fatima indica il "Rosario", che giustamente si può definire "la preghiera di Maria": la preghiera, nella quale Ella si sente particolarmente unita con noi. Lei stessa prega con noi. Con questa preghiera si abbracciano i problemi della Chiesa, della Sede di san Pietro, i problemi di tutto il mondo. Inoltre, si ricordano i peccatori, perché si convertano e si salvino, e le anime del purgatorio.

Le parole del messaggio sono state rivolte a fanciulli dai 7 ai 10 anni d'età. I fanciulli, come Bernardetta di Lourdes, sono particolarmente privilegiati in queste apparizioni della Madre di Dio. Da qui il fatto che anche il suo linguaggio è semplice, a misura della loro comprensione. I bambini di Fatima sono diventati gli interlocutori della Signora del messaggio ed anche i suoi collaboratori. Una di essi vive ancora.


7. Quando Gesù disse sulla Croce: "Donna, ecco il tuo figlio" (Jn 19,26) - in modo nuovo apri il cuore di sua Madre, il Cuore Immacolato, e le rivelo la nuova dimensione dell'amore e la nuova portata dell'amore, al quale era chiamata nello Spirito Santo con la forza del sacrificio della Croce.

Nelle parole di Fatima ci sembra di ritrovare proprio questa dimensione dell'amore materno, che col suo raggio comprende tutta la strada dell'uomo verso Dio: quella che conduce attraverso la terra, e quella che va, attraverso il purgatorio, oltre la terra. La sollecitudine della Madre del Salvatore è la sollecitudine per l'opera della salvezza: l'opera del suo Figlio. E' sollecitudine per la salvezza, per l'eterna salvezza di tutti gli uomini. Mentre si compiono ormai 65 anni da quel 13 maggio 1917, è difficile non scorgere come questo amore salvifico della Madre abbracci nel suo raggio, in modo particolare, il nostro secolo.

Alla luce dell'amore materno comprendiamo tutto il messaggio della Signora di Fatima. Ciò che più direttamente si oppone al cammino dell'uomo verso Dio è il peccato, il perseverare nel peccato, e, infine, la negazione di Dio. La programmata cancellazione di Dio dal mondo dell'umano pensiero. Il distacco da lui di tutta la terrena attività dell'uomo. Il rifiuto di Dio da parte dell'uomo.

In realtà l'eterna salvezza dell'uomo è solo in Dio. Il rifiuto di Dio da parte dell'uomo, se diventa definitivo, guida logicamente al rifiuto dell'uomo da parte di Dio (cfr. Mt 7,23 Mt 10,33), la dannazione.

può la Madre, la quale con tutta la potenza del suo amore, che nutre nello Spirito Santo, desidera la salvezza di ogni uomo, tacere su ciò che mina le basi stesse di questa salvezza? No, non lo può! Per questo, il messaggio della Signora di Fatima, così materno, è al tempo stesso così forte e deciso. Sembra severo. E' come se parlasse Giovanni Battista sulle sponde del Giordano. Invita alla penitenza. Avverte. Chiama alla preghiera. Raccomanda il Rosario.

Questo messaggio è rivolto ad ogni uomo. L'amore della Madre del Salvatore arriva dovunque giunge l'opera della salvezza. Oggetto della sua premura sono tutti gli uomini della nostra epoca, ed insieme le società, le nazioni e i popoli. Le società minacciate dalla apostasia, minacciate dalla degradazione morale. Il crollo della moralità porta con sé il crollo delle società.


8. Cristo disse sulla Croce: "Donna, ecco il tuo figlio". Con questa parola apri, in modo nuovo, il Cuore di sua Madre. Poco dopo, la lancia del soldato romano trafisse il costato del Crocifisso. Quel Cuore trafitto è diventato il segno della redenzione compiuta mediante la morte dall'Agnello di Dio.

Il Cuore Immacolato di Maria, aperto dalla parola: "Donna, ecco il tuo figlio", si incontra spiritualmente col Cuore del Figlio aperto dalla lancia del soldato. Il Cuore di Maria è stato aperto dallo stesso amore per l'uomo e per il mondo, con cui Cristo ha amato l'uomo ed il mondo, offrendo per essi se stesso sulla Croce, fino a quel colpo di lancia del soldato.

Consacrare il mondo al Cuore Immacolato di Maria significa avvicinarci, mediante l'intercessione della Madre, alla stessa Sorgente della Vita, scaturita sul Golgota. Questa Sorgente ininterrottamente zampilla con la redenzione e con la grazia. Continuamente si compie in essa la riparazione per i peccati del mondo.

Incessantemente essa è fonte di vita nuova e di santità.

Consacrare il mondo all'Immacolato Cuore della Madre, significa ritornare sotto la Croce del Figlio. Di più: vuol dire consacrare questo mondo al Cuore trafitto del Salvatore, riportandolo alla fonte stessa della sua Redenzione.

La Redenzione è sempre più grande del peccato dell'uomo e del "peccato del mondo".

La potenza della Redenzione supera infinitamente tutta la gamma del male, che è nell'uomo e nel mondo.

Il Cuore della Madre ne è consapevole, come nessun altro in tutto il cosmo, visibile ed invisibile.

E per questo chiama.

Chiama non solo alla conversione, chiama a farci aiutare da lei, Madre, per ritornare alla fonte della Redenzione.


9. Consacrarsi a Maria significa farsi aiutare da lei ad offrire noi stessi e l'umanità a "Colui che è Santo", infinitamente Santo; farsi aiutare da lei - ricorrendo al suo Cuore di Madre, aperto sotto la croce all'amore verso ogni uomo, verso il mondo intero - per offrire il mondo, e l'uomo, e l'umanità, e tutte le nazioni, a Colui che è infinitamente Santo. La santità di Dio si è manifestata nella redenzione dell'uomo, del mondo, dell'intera umanità, delle nazioni: redenzione avvenuta mediante il Sacrificio della Croce. "Per loro io consacro me stesso", aveva detto Gesù (Jn 17,19).

Con la potenza della redenzione il mondo e l'uomo sono stati consacrati.

Sono stati consacrati a Colui che è infinitamente Santo. Sono stati offerti ed affidati all'Amore stesso, all'Amore misericordioso.

La Madre di Cristo ci chiama e ci invita ad unirci alla Chiesa del Dio vivo in questa consacrazione del mondo, in questo affidamento mediante il quale il mondo, l'umanità, le nazioni, tutti i singoli uomini sono offerti all'Eterno Padre con la potenza della Redenzione di Cristo. Sono offerti nel Cuore del Redentore trafitto sulla Croce.

La Madre del Redentore ci chiama, ci invita e ci aiuta ad unirci a questa consacrazione, a questo affidamento del mondo. Allora infatti ci troveremo il più vicino possibile al Cuore di Cristo trafitto sulla Croce.


10. Il contenuto dell'appello della Signora di Fatima è così profondamente radicato nel Vangelo e in tutta la Tradizione, che la Chiesa si sente impegnata da questo messaggio.

Essa vi ha risposto col Servo di Dio Pio XII (la cui ordinazione episcopale era avvenuta precisamente il 13 maggio 1917), il quale volle consacrare al Cuore Immacolato di Maria il genere umano e specialmente i popoli della Russia.

Con quella consacrazione egli non ha soddisfatto forse all'evangelica eloquenza dell'appello di Fatima? Il Concilio Vaticano II, nella costituzione dogmatica sulla Chiesa "Lumen Gentium" e nella costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo "Gaudium et Spes", ha illustrato ampiamente le ragioni del legame che unisce la Chiesa con il mondo di oggi. Al tempo stesso, il suo insegnamento sulla particolare presenza di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, è maturato nell'atto con cui Paolo VI, chiamando Maria anche "Madre" della Chiesa, ha indicato in modo più profondo il carattere della sua unione con la Chiesa, e della sua sollecitudine per il mondo, per l'umanità, per ogni uomo, per tutte le nazioni: la sua maternità.

In questo modo si è approfondita ancora di più la comprensione del senso della consacrazione, che la Chiesa è chiamata a fare ricorrendo all'aiuto del Cuore della Madre di Cristo e Madre nostra.


11. Con che cosa si presenta, oggi, davanti alla Genitrice del Figlio di Dio, nel suo Santuario di Fatima, Giovanni Paolo II, successore di Pietro, prosecutore dell'opera di Pio, di Giovanni, di Paolo, e particolare erede del Concilio Vaticano II? Si presenta, rileggendo con trepidazione quella chiamata materna alla penitenza, alla conversione: quell'appello ardente del Cuore di Maria risuonato a Fatima 65 anni fa. Si, lo rilegge con la trepidazione nel cuore, perché vede quanti uomini e quante società, quanti cristiani, siano andati nella direzione opposta a quella indicata dal messaggio di Fatima. Il peccato ha guadagnato un così forte diritto di cittadinanza nel mondo e la negazione di Dio si è così ampiamente diffusa nelle ideologie, nelle concezioni e nei programmi umani! Ma proprio per questo, l'invito evangelico alla penitenza e alla conversione, pronunciato con le parole della Madre, è sempre attuale. Ancora più attuale di 65 anni fa. E ancor più urgente. perciò esso diventa l'argomento del prossimo Sinodo dei Vescovi, nell'anno venturo, Sinodo al quale già ci stiamo preparando.

Il successore di Pietro si presenta qui anche come testimone delle immense sofferenze dell'uomo, come testimone delle minacce quasi apocalittiche, che incombono sulle nazioni e sull'umanità. Queste sofferenze egli cerca di abbracciare col proprio debole cuore umano, mentre si pone di fronte al mistero del Cuore della Madre, del Cuore Immacolato di Maria.

Nel nome di queste sofferenze, con la consapevolezza del male che dilaga nel mondo e minaccia l'uomo, le nazioni, l'umanità, il successore di Pietro si presenta qui con una fede più grande nella redenzione del mondo, in questo Amore salvifico che è sempre più forte, sempre più potente di ogni male.

Se dunque il cuore si stringe per il senso del peccato del mondo e per la gamma delle minacce, che si addensano sull'umanità, questo stesso cuore umano si dilata nella speranza col compiere ancora una volta ciò che hanno già fatto i miei predecessori: consacrare cioè il mondo al Cuore della Madre, consacrargli specialmente quei popoli, che ne hanno particolarmente bisogno. Questo atto vuol dire consacrare il mondo a Colui che è infinita Santità. Questa Santità significa redenzione, significa amore più potente del male.

Mai nessun "peccato del mondo" può superare questo Amore.

Ancora una volta. Infatti l'appello di Maria non è per una volta sola.

Esso è aperto alle sempre nuove generazioni, secondo i sempre nuovi "segni dei tempi". Si deve incessantemente ad esso ritornare. Riprenderlo sempre di nuovo.


12. Scrisse l'Autore dell'Apocalisse: "Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: "Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo, ed egli sarà il Dio-con-loro"" (Ap 21,2ss).

Di tale fede vive la Chiesa.

Con tale fede cammina il Popolo di Dio.

"La dimora di Dio con gli uomini" è già sulla terra.

E in essa è il Cuore della Sposa e della Madre, Maria, ornato con il gioiello dell'immacolata concezione: il Cuore della Sposa e della Madre aperto sotto la Croce dalla parola del Figlio ad un nuovo grande amore dell'uomo e del mondo; il Cuore della Sposa e della Madre consapevole di tutte le sofferenze degli uomini e delle società di questa terra.

Il Popolo di Dio è pellegrino sulle strade di questo mondo nella direzione escatologica. Compie il pellegrinaggio verso l'eterna Gerusalemme, verso la "dimora di Dio con gli uomini".

Là, Dio "tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate" (cfr. Ap 21,4).

Ma ora "le cose di prima" durano ancora. Proprio esse costituiscono lo spazio temporale del nostro pellegrinaggio.

perciò guardiamo verso "Colui che siede sul trono, che dice: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose"" (cfr. Ap 21,5).

Ed insieme all'evangelista ed apostolo cerchiamo di vedere con gli occhi della fede "il cielo e la terra nuovi" perché il cielo di prima e la terra di prima sono già passati...

Ma finora "il cielo di prima e la terra di prima" perdurano intorno a noi e dentro di noi. Non possiamo ignorarlo. Questo ci consente pero di riconoscere quale immensa grazia è stata concessa all'uomo quando, in mezzo a questo peregrinare, sull'orizzonte della fede dei nostri tempi si è acceso questo "Segno grandioso: una Donna" (Ap 12,1)! Si, veramente possiamo ripetere: "Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra! ...comportandoti rettamente, davanti al nostro Dio, ...hai sollevato il nostro abbattimento".

Veramente! Sei benedetta! Si, qui e in tutta la Chiesa, nel cuore di ogni uomo e nel mondo intero: sii benedetta o Maria, Madre nostra dolcissima!




1982-05-13 Data estesa: Giovedi 13 Maggio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - L'incontro con i vescovi del Portogallo - Fatima (Portogallo)