GPII 1982 Insegnamenti - A movimenti di pensionati e di anziani - Città del Vaticano (Roma)

A movimenti di pensionati e di anziani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La grandezza di una civiltà si misura dall'attenzione alle persone anziane

Testo:

Signor Cardinale, carissimi fratelli e sorelle.


1. E' una gioia particolare per me essere oggi in mezzo a voi, Pensionati ed Anziani di tante diocesi italiane, che avete voluto celebrare a Roma un importante Convegno, per riconfermare i vostri ideali accanto alla tomba del Principe degli Apostoli, e per ricevere l'incoraggiamento e la benedizione del Papa.

Dirigo, anzitutto, il mio saluto al signor Cardinale Giovanni Colombo, Presidente Onorario dell'Unione Interdiocesana dei vostri Movimenti, al quale mi legano sentimenti di viva considerazione e di affetto, anche per aver messo a vostro servizio l'esperienza del suo diuturno ministero pastorale.

Il mio saluto si rivolge poi a ciascuno di voi: esso vuol essere un invito alla gioia che nasce - come ci suggerisce la Liturgia odierna - dalla certezza che il Signore Gesù "ci ha redenti col suo sangue da ogni tribù e lingua e popolo e nazione" (Ap 5,9), per cui ciascuno dev'essere interiormente convinto di quell'amore indefettibile da parte di Dio, che sempre ci accompagna lungo le diverse tappe del nostro cammino. Su tale fondamento si costruisce l'ottimismo cristiano che ci consente di essere vigilanti, attivi e partecipi in ogni momento, con la conseguenza di sentirci anche utili ed apprezzati.

Voi lo sapete, non esiste "un'età di quiescenza" per compiere la volontà di Dio, che è quella che noi diventiamo santi. Tutte le tappe del cammino terrestre hanno dunque la loro maniera di rispondere all'amore di Cristo e di rendergli testimonianza.

Se spesso, sul piano umano, la fase ultima della vita non è consonante realizzazione degli ideali della giovinezza, dobbiamo riconoscere tuttavia che "tutto è grazia". L'essenziale, allora, secondo l'esortazione di san Paolo, è di "completare in noi ciò che manca alle sofferenze di Cristo, a favore del suo Corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).


2. Tale sicuro orientamento spirituale consente di cogliere frutti preziosi anche da un punto di vista umano. Vi è, infatti, una dimensione dell'uomo, la più importante, che è fatta di valori culturali e spirituali, dei quali non si può calcolare il prezzo con criteri economici, e che costituisce, peraltro, ciò che rende gli uomini essenzialmente uomini. La grandezza di una civiltà si misura dall'attenzione che essa porta a questi ideali ed a queste ricchezze, e, per conseguenza, alle garanzie che sa offrire alle persone anziane di poter sempre incrementare il proprio inserimento anche operativo come membri di una comunità.

Con quanto si è detto fin qui, si è già accennato alla prima finalità dei vostri Movimenti, che è quella di prestare anzitutto attenzione all'uomo ed alla sua dignità di creatura ad immagine di Dio e di redento in Cristo, animato dal soffio dello Spirito Santo.


3. Vorrei ora dire una parola circa la seconda importante finalità: il vostro inserimento nella compagine familiare.

La presenza degli anziani nella propria famiglia risulta anche oggi di grande importanza per rendere viva ed efficace quella fondamentale cellula della Chiesa e della società civile. Ogni fase dell'esistenza umana presenta compiti, apporti e significati indispensabili in seno alla famiglia.

Tale presenza rende possibile l'auspicato incontro tra le generazioni - altra linea direttiva del vostro cammino - per una comprensione scambievole sempre più profonda, conferendo al tempo stesso agli anziani, sul piano della fede, una particolare responsabilità per quanto riguarda la missione evangelizzatrice loro affidata nei riguardi dei membri più giovani della famiglia.


4. A questo proposito, non posso che compiacermi del vostro proposito di curare al massimo la formazione spirituale dei vostri gruppi, per conferire alla vostra azione non una risonanza di massa, ma piuttosto configurandola come animazione in profondità. Questa preparazione nella fede, vi consentirà di collaborare in maniera efficace - com'è vostro intento - con i "Movimenti Anziani" della società civile, che vanno sorgendo sempre più numerosi, in risposta alle molteplici e crescenti necessità.

Da ultimo, desidero esprimere la mia soddisfazione per aver costituito un'Unione Interdiocesana che affronti i problemi della terza età in un quadro di collaborazione sincera e di aiuto scambievole, traendo ispirazione dal Magistero pontificio ed offrendo piena adesione ai piani pastorali delle singole diocesi.

Per tutto ciò, esprimo il mio apprezzamento alla vostra Federazione, incoraggiandone le provvide iniziative.

Per voi qui presenti, e per quanti sono da voi rappresentati, formo un cordiale auspicio che traggo dal Salmista: "Nella vecchiaia i giusti daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi, per annunziare quanto è retto il Signore" (Ps 92,15). La vostra vita cristiana sia garanzia di una fruttuosa anzianità, ricca di consolazioni e soprattutto di una testimonianza evangelizzatrice.

Su questi voti invoco abbondanti i doni ed i conforti celesti, auspice e protettrice la Vergine santissima, mentre a ciascuno di voi ed a tutte le vostre famiglie imparto la mia benedizione apostolica.




1982-05-21 Data estesa: Venerdi 21 Maggio 1982




L'omelia alla Messa "pro pace et iustitia servanda" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La pace: dono di Cristo, impegno per i cristiani

Testo:

Venerati fratelli, diletti figli.


1. La Concelebrazione Eucaristica, che ci vede oggi riuniti intorno all'altare di Cristo, ha per scopo principale l'invocazione della pace tra i due Paesi che attualmente la ben nota controversia nell'Atlantico australe divide ed oppone, con dolorose conseguenze nel presente ed anche più gravi prospettive per il futuro, se una pacifica soluzione non dovesse celermente trovarsi.

Ammaestrati dalla parola ispirata del Salmista, secondo cui "se il Signore non costruisce la casa, / invano vi faticano i costruttori" (Ps 126 [127],1), noi, mentre auspichiamo che siano rinnovati gli sforzi per trovare mediante la trattativa una onorevole composizione della contesa, ci raccogliamo in preghiera sotto gli occhi di Dio, per implorare da lui il dono del bene preziosissimo della pace, presupposto insostituibile di ogni autentico progresso umano.


2. Non ci nascondiamo gli ostacoli che, in questo momento, si frappongono al conseguimento di una meta tanto essenziale al bene ed ai veri interessi dei due popoli, e tuttavia con ferma fiducia riaffermiamo la nostra convinzione: la pace è doverosa, la pace è possibile.

E' doverosa la pace, perché ogni abitante della terra, qualunque sia il Paese da cui ha tratto i natali, o la lingua nella quale ha imparato ad esprimere pensieri e sentimenti, o il "credo" politico e religioso a cui ispira la propria vita, sempre appartiene a quell'unica famiglia del "genere umano" che già l'antico saggio pagano considerava come una "infinita societas" - una società senza confini - "quam conciliavit ipsa natura" (cfr. M.T. Cicerone, "De amic.", 5).

Come potrà non essere di ciò convinto il credente, il quale riconosce in ogni suo simile l'immagine di Colui "che da uno solo ha creato tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra" (Ac 17,26)? E se la ribellione degli inizi ha introdotto tra gli uomini le lacrimevoli divisioni e le lotte cruente, di cui è intessuta la storia, il credente sa ancora che il Figlio stesso di Dio s'è mosso dagli abissi della sua eternità per "ricomporre l'unità della famiglia umana disgregata dal peccato" e per formare un popolo nuovo "radunato nel vincolo d'amore della Trinità" (cfr. "Prefazio VIII" delle Domeniche Ordinarie).

Per questo, quando ormai si accingeva a dare inizio alla sua Passione, il Signore Gesù potè elevare al Padre la commovente preghiera: che "tutti siano una cosa sola, come io e tu siamo una cosa sola" (cfr. Jn 17,21), suggerendo in tal modo una certa similitudine tra l'unione delle Persone divine e l'unione degli esseri umani nella verità e nella carità. Per questo, in tale circostanza, egli potè altresi promettere: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi". La pace è un dono di Cristo che per noi cristiani diventa un impegno.


3. E' doverosa, dunque, la pace - ed è anche possibile. Non induce forse a ritenerla tale quella dote peculiare dell'uomo, grazie alla quale egli è posto al di sopra di tutte le creature irrazionali, meritando l'appellativo di "re del creato"? Tale dote è la ragionevolezza, la capacità cioè di discernere il bene dal male; di riconoscere i propri diritti, ma insieme, anche quelli degli altri, e quindi i propri doveri nei riguardi di questi; di orientare la propria vita verso i giusti traguardi, correggendo all'evenienza gli errori nei quali fosse capitato di incorrere.

Il ricorso alla ragione fa dell'uomo un essere civile, che non è ridotto a poter risolvere le divergenze con i propri simili solo con l'uso della forza, ma che è in grado di ricercarne, e di ritrovarne la soluzione mediante il dialogo, il confronto, la trattativa.

In questa linea di pensiero si poneva il grande Agostino quando, scrivendo ad un magistrato romano, osservava essere titolo di gloria più alto "ipsa bella verbo occidere, quam homines ferro" ("Ep. 229", ad Darium): "uccidere la guerra con la parola della trattativa, anziché uccidere gli uomini con la spada", ecco l'impegno che l'uomo deve fare proprio, con indomito coraggio, con tenace speranza, con generosa volontà.

Certo, si tratta di possibilità non sempre facile: in non pochi casi anzi, come appunto quello presente, le difficoltà possono essere di tale genere da apparire quasi, praticamente, non sormontabili. Ma insormontabili mai sono, se le Parti sanno dare, entrambe, prova di vicendevole comprensione dei propri ed altrui diritti e interessi vitali, ivi compreso l'onore nazionale legittimamente inteso; se sanno dare prova, cioè, di una visione più ampia, che abbracci anche il bene di altri popoli e dell'umanità; di lungimiranza nel considerare le conseguenze del proprio operato; di magnanima buona volontà, che nulla toglie al doveroso senso di responsabilità verso il proprio Paese e i propri Concittadini. Richieste esigenti, ma necessarie: perché veramente "umane" ed essenziali per il bene dell'umanità.

Come, infatti, non indietreggiare atterriti di fronte alle prospettive di distruzione e di morte, che riserva oggi ogni guerra, anche se condotta con le armi cosiddette convenzionali, alle quali tuttavia la tecnologia moderna ha conferito micidiali possibilità di devastazione e di sterminio? Ogni persona responsabile deve riflettere seriamente su tali prospettive, di fronte alle quali già il mio predecessore di venerabile memoria Pio XII usciva nell'accorato ammonimento: "Con la pace nulla è perduto, tutto può esserlo con la guerra".


4. Su tali pensieri deve ritornare soprattutto il cristiano, che ha aperto il proprio cuore al messaggio di Colui che il profeta Isaia salutava come il "principe della pace" (9,5). Non si aspettava forse questo l'apostolo Paolo dalla comunità cristiana primitiva? Abbiamo ascoltato poco fa l'esortazione che egli rivolgeva ai cristiani del suo tempo e, in loro, a quelli di ogni epoca: "Esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti: e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù" (Ph 4,6-7).

Abbiamo, del resto, ben presenti alla mente le riflessioni del medesimo Apostolo sull'opera pacificatrice di Cristo, il quale venne nel mondo per "fare dei due un popolo solo, abbattendo il muro della separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia", e in tal modo diventando "la nostra pace", così che ormai "per mezzo di lui possiamo presentarci gli uni e gli altri al Padre in un solo Spirito" (cfr. Ep 2,14 Ep 2,18).

Ecco, fratelli e figli carissimi: mai come durante la celebrazione dell'Eucaristia noi sperimentiamo la verità di queste parole. Nel mistero di Cristo, che per noi rinnova la sua Pasqua di morte e di risurrezione, noi "possiamo presentarci gli uni e gli altri al Padre in un solo Spirito".

Abbiamo patrie umane diverse, tradizioni culturali diverse, mentalità ed interessi diversi: eppure ci sentiamo membri di un'unica famiglia soprannaturale, la famiglia dei figli di Dio, che il Sangue di Cristo ha redento ed affratellato.

E sentiamo di poter convivere serenamente fra noi, senza dover per questo rinunciare alle peculiarità connesse con la nostra personale e nazionale storia, ma tali peculiarità riuscendo anzi a confrontare fra loro, nel tentativo di costruire una superiore sintesi, che significhi maggiore ricchezza di umanità per tutti.

Di questa esperienza tipicamente cristiana io vi chiedo, venerabili fratelli e figli carissimi, di farvi testimoni e portavoce. Proclamate davanti a tutti con la parola e con l'esempio che è possibile, pur rispettando le giuste esigenze del patriottismo, salvaguardare quella superiore unità di pensieri, di intenti, di realizzazioni, che ha le sue radici nella comune natura umana ed il suo coronamento nella vocazione alla medesima figliolanza divina.

Voglia Iddio che questo messaggio di umana e cristiana sapienza raggiunga le menti ed i cuori di tutti, nell'Argentina come nella Gran Bretagna.

Che la reciproca buona volontà dei responsabili, tesa alla ricerca del vero bene dei due popoli, possa condurre al superamento delle attuali tensioni ed all'avverarsi dell'auspicio ispirato: "giustizia e pace si baceranno" (Ps 84 [85],11).

Noi per questo preghiamo con tutto l'ardore dell'animo, affidando la nostra supplica all'intercessione di Colei per la quale gli uomini di ogni razza e di ogni lingua non hanno che un nome, quello di figli.

Regina della pace, prega per noi.




1982-05-22 Data estesa: Sabato 22 Maggio 1982




A rappresentanti della stampa internazionale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate sempre leali informatori piuttosto che infidi persuasori

Testo:

Egregi Signori dell'Associazione Stampa Estera in Italia, Giornalisti accreditati presso la Sala Stampa della Santa Sede e Rappresentanti della Stampa cattolica italiana.


1. Vi sono cordialmente grato per questa visita, che mi rinnova la gioia di intrattenermi con una qualificata rappresentanza del mondo dell'informazione, gioia già provata in altri incontri con i vostri Colleghi, e anche con molti di voi, sia in occasione dei miei pellegrinaggi apostolici, sia in questa stessa Sede romana. Ho sempre attribuito particolare importanza a questo genere di incontri, perché ritengo di vitale interesse per una convivenza che voglia dirsi civile il responsabile esercizio dei compiti connessi con la vostra professione. Colgo pertanto volentieri anche questa occasione per riflettere, insieme con voi, sulla natura e sulle finalità della vostra missione di informatori e per animarvi a perseverare con rinnovato impegno nell'adempimento leale e generoso dei doveri ad essa inerenti.

A questo proposito mi piace richiamare alla vostra attenzione un documento del Concilio Vaticano II, che non sempre è stato ben compreso e adeguatamente applicato. Intendo riferirmi al decreto conciliare "Inter Mirifica" su gli strumenti della comunicazione sociale, che in un suo denso paragrafo, il quinto, traccia quasi un trattato sull'informazione, precisandone la nozione e stabilendone la conseguente normativa etica.

L'informazione vi è definita quale ricerca e diffusione pubblica e tempestiva degli eventi, tradotti in notizia. Vi si enuncia poi categoricamente il diritto all'informazione come insito nell'odierna società umana e di esso si individuano le cause remote nell'odierno sviluppo della società stessa e nelle sempre più strette relazioni d'interdipendenza tra i membri di essa. Se ne precisa quindi lo scopo ultimo, che è quello di offrire agli uomini d'oggi la conoscenza adeguata e continua degli eventi, che è ad essi necessaria o utile per contribuire efficacemente al bene comune e per procurare un più rapido progresso della società. Vi si indicano, infine, le norme di un retto esercizio dell'informazione: rispetto al contenuto, essa dovrà essere sempre vera e - fatte salve la giustizia e la carità - anche completa; rispetto alle modalità, essa dovrà essere onesta e conveniente, nello scrupoloso ossequio per le norme morali, per i legittimi interessi e per la dignità dell'uomo, sia nella ricerca delle notizie che nella loro divulgazione.


2. Volendo pertanto riassumere in una sola parola i vari aspetti della vostra specifica missione, quali essi sono delineati in questo testo conciliare, tale parola potrebbe essere "servizio": servizio verso gli uomini e verso la società, che nel decreto citato vengono appunto indicati quali soggetti primari del diritto all'informazione. Voi informatori siete, infatti, chiamati ad assicurare agli uomini le necessarie conoscenze perché le loro libere scelte, sia provvisorie che durevoli, possano avvenire in una visione per quanto possibile oggettiva degli eventi: requisito, questo, indispensabile perché tali libere scelte contribuiscano di fatto al bene comune e ad un autentico progresso della società.

E' pur vero, per altro, che nel perseguire questo vostro intento voi costituite anche un potere, che non senza ragione è stato qualificato come il "quarto potere". Esso è andato progressivamente crescendo, da quando l'informazione è passata dalla stampa alla radio e alla televisione, spingendosi poi, grazie alla tecnocronica e all'informatica, verso quella che potremmo definire l'"onninformazione" globale ed istantanea della telematica.


3. Scaturiscono di qui i problemi etico-morali che si pongono alle vostre coscienze di onesti informatori: come cioè adeguare il vostro potere alla vostra missione di servizio, in modo che quello si eserciti e di fatto si svolga non contro né fuori di questa.

Voi avete, ad esempio, il diritto e il dovere di difendere questo vostro prezioso potere, opponendovi a quanti ingiustamente tentassero di coartarlo dall'esterno: e ciò per quanto concerne sia il libero accesso alle fonti di informazione, sia la vostra libertà di opinione e di espressione, sia la possibilità di liberamente raggiungere i lettori, gli ascoltatori e gli spettatori con i vostri servizi. Ma voi avete anche, e soprattutto, il diritto e il dovere di assicurare la vostra propria libertà interiore, grazie alla quale potervi sottrarre al condizionamento derivante da ogni egoistico interesse personale o da indebite pressioni di poteri economici e ideologici o anche da malsane sollecitazioni di ordine scandalistico.

Occorre, a questo scopo, elaborare un codice di deontologia giornalistica che - tradotto o meno in carte nazionali o internazionali - sia come iscritto nelle vostre coscienze, sicché ogni operatore della comunicazione sociale si senta impegnato a rifuggire quasi d'istinto la tentazione di valersi del proprio potere per manipolare e strumentalizzare i recettori, ben sapendo che ciò lo farebbe scadere dal rango di leale informatore a quello di infido "persuasore".

E questo non basta. Se infatti il vostro potere è orientato al servizio dell'uomo, ciascuno di voi deve sentirsi spronato a contribuire ad un'opera positiva di sensibilizzazione e di educazione dei recettori per la loro crescita pienamente umana e cristiana. Ovviamente questo non significa che voi dobbiate selezionare le notizie in modo da presentare all'uomo d'oggi una visione artificiosamente edificatoria della vita: il male purtroppo c'è, e non lo si elimina certo facendo si che quanti vi vivono a contatto lo ignorino. Esula altresi dalla vostra funzione sociale di informatori ogni insegnamento "cattedratico" e, molto più, ogni predica o invettiva.

A voi spetta, piuttosto, di vivere e di operare in una visione realistica del mondo d'oggi e dei suoi eventi e, insieme, di avere ben radicati nello spirito i valori ideali, alla luce dei quali questi eventi vanno valutati e giudicati. Tali valori sono, per tutti indistintamente, quelli in forza dei quali l'uomo è costituito nella sua più autentica dignità di "uomo". Per quelli, poi, che hanno la fede o che almeno lealmente la rispettano, essi sono anche i valori del Vangelo di Cristo, per i quali l'uomo è costituito nella sua più alta dignità di cristiano, cioè di figlio del Padre e di fratello di tutti gli uomini in Cristo, Fratello primogenito.


4. Nel rispetto, dunque, di questi valori, voi cercherete sempre nei vostri servizi di chiamare bene il bene, e male il male. Bene, quindi, la giustizia e la carità; male ogni violenza, ogni odio ed ogni egoismo. Bene l'onestà ed ogni virtù, anche se praticata nell'indigenza; male l'immoralità ed ogni vizio, anche quando vi si indulge nel benessere e nel lusso. Infine: relative tutte le effimere realtà di questo nostro mondo che passa; assoluti tutti e soli i beni duraturi della patria celeste, a cui siamo avviati.

Egregi Signori, a questa vostra eletta missione mi è caro di richiamarvi in questa vigilia della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, la cui annuale celebrazione fu disposta dal decreto conciliare "Inter Mirifica", per risvegliare in ciascuno una più viva coscienza dei propri doveri nei confronti dei Mass-media. Quest'anno ho voluto attirare la comune attenzione sugli anziani e sui loro problemi, che presentano oggi caratteristiche nuove rispetto al passato. Sono certo che non mancherete di prendere in considerazione il messaggio che, per la circostanza, ho preparato.

Mi piace concludere questo incontro porgendo a voi ed ai vostri colleghi - anche a quelli assenti per motivi professionali - l'augurio sincero di "buon lavoro". Sarà "buono" il vostro lavoro, se potrà raccogliere, oltre al consenso del pubblico, quello ben più decisivo della coscienza, che vi rassicura circa il positivo contributo recato alla crescita dei singoli e della società.

Con questi sentimenti vi imparto di cuore l'apostolica benedizione.




1982-05-22 Data estesa: Sabato 22 Maggio 1982




Al pellegrinaggio dell'arcidiocesi di Foggia e delle diocesi di Bovino e di Troia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La devozione a Maria veicolo di fedeltà a Cristo e alla Chiesa

Testo:


1. Sono particolarmente lieto, amatissimi fedeli dell'arcidiocesi di Foggia e delle diocesi-sorelle di Bovino e di Troia, nell'accogliervi oggi in un'udienza speciale, che vuol segnare, nelle vostre intenzioni, un pellegrinaggio di devozione alla Sede Apostolica di Pietro e, nello stesso tempo, un punto culminante delle celebrazioni centenarie in onore della "Madonna dei Sette Veli".

Di tale iniziativa, ispirata a viva fede ed a profonda pietà, io sinceramente mi compiaccio, mentre ricambio di cuore il saluto devoto che mi avete ora rivolto per bocca del vostro Pastore, Monsignor Salvatore De Giorgi. Vorrei salutare, oltre all'Arcivescovo ed al Vescovo Ausiliare ciascuno di voi: ma siete tanto numerosi, che ciò non è proprio possibile. Sappia, tuttavia, ognuno di voi che non solo è compreso nel saluto, ma anche e soprattutto è personalmente ringraziato sia per l'omaggio di questa visita, sia per i sentimenti tanto nobili ed apprezzabili che l'hanno determinato.


2. Voi siete una rappresentanza cospicua e significativa della Chiesa di Dio, che esiste e vive nella vostra Regione. Anche se la sede di Foggia per quanto riguarda la sua erezione canonica, risale soltanto al secolo scorso, antichissima è la presenza cristiana nella Terra dell'"Apulia Daunia", come testimoniano, fra l'altro, le storiche sedi di Bovino e di Troia. Luoghi e memorie, eventi e templi, persone ed istituzioni costituiscono, in mezzo a voi, una valida testimonianza di fedeltà alla tradizione dei padri e, quindi, di permanenza e di progresso nella fede cattolica. La prova? Se ce ne fosse bisogno, basterebbe solo il riferimento alla profondità della devozione mariana, che è poi uno dei motivi che vi hanno condotto fin qui.

Reduce dalla visita pastorale al Santuario di Fatima, dove per grazia del Signore ho potuto vivere un'intensa esperienza di vita ecclesiale, io non posso non richiamare anche dinanzi a voi, nella circostanza dell'odierno incontro, la saldezza del vincolo che sussiste tra una retta e radicata venerazione verso la santa Madre di Dio e la coerenza e trasparenza della professione cristiana. Chi è integralmente fedele a Cristo è integralmente fedele anche alla sua Madre Maria.

L'adesione a Cristo lo inclina, direi "naturalmente", quasi per moto spontaneo a riconoscere ed a considerare la Madre di Cristo anche come propria Madre (cfr. Jn 19,25-27).

Io sono ben lieto di riconoscere come il culto intenso e commosso, con cui voi vi sentite legati a Maria santissima, venerata sotto quel titolo misterioso di "Madonna dei Sette Veli", rientra in quest'ordine di idee e conferma l'accennato rapporto tra devozione mariana e cristianesimo vissuto.


3. Molto opportunamente il Concilio Vaticano II, nella costituzione "Lumen Gentium", ha illustrato alcuni capisaldi di ciò che la Chiesa crede e professa intorno alla dignità ed all'ufficio della Madre di Dio, alla quale ha dedicato un intero capitolo. Questo fin dal titolo ci ricorda quale sia la funzione della beata Vergine nel mistero di Cristo e della Chiesa, funzione che, iniziata fin dal primo istante dell'immacolata concezione, trova i suoi "momenti forti" nel "fiat" da lei pronunciato al momento dell'annunciazione dell'Angelo e nello "stabat" espressivo della sua intenzionale presenza sul colle del Calvario, per continuare tuttora dal cielo in una corrente di misericordia e di grazia.

"Alma Madre del Redentore, sua socia singolarmente generosa in confronto degli altri..., Ella, proprio soffrendo insieme col suo Figlio che moriva sulla Croce, coopero in maniera del tutto singolare all'opera del Salvatore" (cfr. LG 54-59 LG 62).

Ora, nel richiamare la realtà e l'attualità di una tale funzione materna, il Concilio non ha voluto proporre o riproporre soltanto una lezione di contenuto teologico-dottrinale, ma si è anche preoccupato di alimentare e di corroborare con essa la pietà dei fedeli. E', dunque, giusto e corrisponde all'insegnamento autentico del Magistero riguardare costantemente a Maria in questo suo essenziale collegamento con Gesù Redentore, al quale diede l'umana carne e presto e presta un'arcana collaborazione nell'edificazione della sua Chiesa.

Io non dubito, cari fedeli delle Chiese della Capitanata, che voi, venuti a Roma nel quadro delle accennate celebrazioni mariane, saprete e vorrete ispirare a questi alti insegnamenti la devozione e l'affetto che vi avvince a Maria santissima. Fate in modo che un tale culto vi sia via facile e sicura per andare a Cristo, dimostrando così ancora una volta la validità dell'enunciato "Ad Iesum per Mariam!". Fate in modo che la confermata adesione a Cristo, propiziata da Maria, vi renda membra vive ed operanti all'interno del suo corpo, che è la Chiesa (cfr. Col 1,24). Siate insomma anche voi, guardando ed imitando Maria, esemplarmente presenti nel mistero del Cristo e della Chiesa.


4. So che quest'anno un illustre vostro Conterraneo, il Cardinale Pietro Parente, in risposta all'invito di prender parte alle celebrazioni in corso nella vostra Città, vi ha indirizzato un messaggio mariano, illustrando il significato del sacro Simulacro della Vergine, che è indissolubilmente legato all'origine e alla storia di Foggia. So anche che in suo luogo venne tra voi, a chiusura del Congresso Mariano Diocesano, il Cardinale Pericle Felici, che fu colto da improvviso malore dopo avervi parlato e subito si spense, lasciando un messaggio di emblematica risonanza. Accanto a queste autorevoli voci, non posso omettere di ricordare lo speciale itinerario pedagogico-pastorale, che il vostro Arcivescovo, riprendendo il programma del suo compianto predecessore, Monsignor Giuseppe Lenotti, ha delineato non solo per la Comunità diocesana in generale, ma anche per le singole parrocchie e per tutte le famiglie. E' un itinerario che intorno alla data giubilare della Sacra Icona, o Iconavetere, ha disposto numerose iniziative particolari tra le quali emergono la "peregrinatio" dell'Icona stessa nelle singole località, varie forme di catechesi e numerosi corsi di Missioni popolari, al fine di sviluppare, ai diversi livelli, la vita di fede e di comunione.

Mi sia consentito, pertanto, di esprimere un fervido augurio, perché dette iniziative, intraprese nel nome di Maria santissima, conseguano per suo materno soccorso, come per la generosità della vostra risposta, i frutti di bene sperati.

Due anni fa, allorché venne costituita una nuova provincia ecclesiastica nella vostra Terra, la sede di Foggia fu elevata al grado ed alla dignità di Chiesa Metropolitana (cfr. AAS 71 [1979] 563-564). Fu, quello, un doveroso riconoscimento, anche in rapporto alla crescita urbanistica e sociale che la Città aveva ormai da tempo registrato nel più vasto contesto regionale ed anche nazionale. Ma, come ogni onore, detto titolo è pure un onere: sarà, dunque, un dovere tanto per il popolo cristiano quanto per il Pastore e per i sacerdoti suoi collaboratori, di far si che l'attribuzione della più alta funzione canonica trovi corrispondenza e conferma in un felice incremento della vita religiosa e morale, evangelicamente ispirata ed esemplare anche per i fedeli delle Chiese suffraganee.



5. Tra poco io procedero, secondo il voto amabilmente a me manifestato, all'incoronazione del sacro Simulacro della "Madonna dei Sette Veli". Anche questo gesto, che vuole essere un atto di riparazione per l'evento doloroso del marzo


1977, può suggerire un più forte e consapevole impegno di fede e di amore. Mentre deporro la nuova corona d'oro sul capo della Vergine santa, ciascuno di voi, in spirituale comunione con me e con i fratelli, rinnovi la sua consacrazione a Maria e voglia insieme pregarla perché, da lei guidato, sia unito e si mantenga sempre unito al Signore Gesù con la fedeltà del vero discepolo, con l'affetto del vero fratello. Così sia.




1982-05-22 Data estesa: Sabato 22 Maggio 1982




Messaggio per le vedove del movimento "Speranza e vita"

Titolo: Trovate in Maria la tenerezza di Dio

Testo:

Alle vedove del movimento "Speranza e vita", in pellegrinaggio internazionale a Lourdes.


1. Maria, Madre immacolata. in questo luogo di grazia in cui è invocata da milioni di figli e particolarmente da coloro che conoscono la prova, accoglie oggi con un amore speciale tutte voi, vedove, venute a Lourdes da paesi molto diversi. In quanto donne cogliete meglio di altri che questa Donna "benedetta tra tutte le donne" può in realtà comprendere pienamente ciò che voi vivete come esperienza di amore e di sofferenza. E' naturale che rivolgiate verso di Lei il vostro sguardo e il vostro cuore per trovare nel suo esempio e nel suo amore di Madre le vere risposte alla vostra vita e le più alte ispirazioni per l'apostolato del vostro movimento "Speranza e vita".

Ben volentieri vi raggiungo col pensiero e anch'io mi inginocchio davanti a Nostra Signora di Lourdes, per pregare con voi, per le vostre famiglie e anche per tutte le vedove che nel mondo intero. condividono la vostra condizione.


2. Secondo l'apostolo Paolo nella sua lettera a Timoteo, le vedove hanno costituito, fin dalle prime generazioni cristiane, un gruppo vivo di cui la Chiesa si è in particolar modo preoccupata, portando avanti in questo l'atteggiamento di Cristo. I testi che ne parlano vi sono divenuti molto familiari. Chi non ricorda il gesto di compassione e la tenerezza del Signore verso la vedova di Nain alla quale risuscito il figlio appena morto (cfr. Lc 7,11-15), o ancora lo sguardo di ammirazione di Cristo per la generosità della vedova indigente (cfr. Lc 21,1-4)? Gli Atti degli Apostoli riportano come il fatto di aver trascurato le vedove provoco nella Chiesa primitiva delle tensioni e che questa fu l'occasione di dare ai diaconi una responsabilità (cfr. Ac 6,1). Questa attenzione alle vedove nelle diverse comunità cristiane è stata veramente percepita come un particolare esercizio di carità evangelica per il fatto che queste donne vivevano una realtà umana e spirituale profondamente segnata dal mistero della croce. La Chiesa contemporanea, a sua volta, si sforza di rinnovare il suo sguardo e il suo servizio nei riguardi delle vedove.


3. Le circostanze molto diverse che segnano la vita delle vedove comportano sempre due realtà fondamentali: l'amore che ha condotto queste donne al matrimonio, con tutta la gioia e la speranza che questo rappresenta, e la morte, che ha tolto loro il compagno di tutta la vita, al quale sono unite con legami di amore e di fedeltà che trovano una continuazione nell'affetto dei loro figli. Quando la morte dello sposa sopravviene dopo lunghi anni di vita familiare, la vedovanza - malgrado la sofferenza che essa comporta - è colmata dalla grande ricchezza delle esperienze e dei ricordi che, unita alla fede, può essere d'aiuto alla vita di una vedova. Ma vi sono casi in cui la morte del marito sopravviene in modo imprevisto o violento quando un giovane focolare è nel pieno della formazione, e la giovane donna che aveva messo tutta la sua speranza nell'amore condiviso ne risente un profondo smarrimento. Tentare di comprendere il dramma interiore, il dolore, la solitudine, lo scoraggiamento che toccano la vita affettiva e spirituale di queste vedove, vuol dire rendersi capaci di aprire loro, con saggezza e rispetto, le strade che la Chiesa offre loro, e anche preservarle dai pericoli che spesso le minacciano.

Bisogna comprendere anche le circostanze esteriori difficili che numerose di loro devono affrontare, specialmente se sono madri di famiglia. Di colpo. si trovano sole, obbligate sia a lavorare sia ad educare i loro figli, sovraccaricate psichicamente e fisicamente. Sono delle situazioni che devono portare i pastori e i fedeli a guardare con simpatia queste donne coraggiose e ad avvicinarsi ad esse.

Ma bisogna anche considerare tutto ciò che le vedove possono apportare, non solamente alle loro famiglie, ma alle comunità cristiane e alle società umane.

La maturità che la prova ha provocato, le molteplici responsabilità, l'esperienza costituiscono una preziosa ricchezza di cui molti possono beneficiare.


4. Il sostegno principale di cui una vedova ha bisogno è quello di una comunità che l'aiuti ad assumere e a valorizzare la sua nuova condizione di vita, che le dia appoggio nei momenti difficili, che renda chiaro il suo cammino affinché essa possa considerare con serenità il disegno di Dio per se: che sia un nuovo matrimonio, o la libera accettazione del suo stato di vedovanza per viverlo in pienezza, o ancora la consacrazione della propria vita a Dio in questo stato di vita particolare. L'appartenenza ad una comunità fondata sulla fede favorisce la crescita spirituale e la ricerca umile e sincera della volontà di Dio. Essa può anche impedire alla vedova di fare ricorso alla soluzione di un nuovo matrimonio prematuro o infelice.

Il vostro movimento, con gli incontri, i ritiri, il bollettino che propone, vi offre un aiuto prezioso. Ma è tutta la comunità cristiana che deve interessarsi alla situazione delle vedove affinché esse dispongano dell'aiuto e degli appoggi necessari. A questo proposito, mi permetto di richiamare ai miei fratelli nel sacerdozio, ma anche a tutti i cristiani di ricordare le parole dell'apostolo Giacomo: "La devozione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre consiste in questo: visitare gli orfani e le vedove nelle loro prove, guardarsi da ogni impurità del mondo" (Jc 1,27).


5. La maggior preoccupazione deve essere quella di sostenere le vedove nella vita della loro propria famiglia secondo la missione affidata da Dio dalle origini a tutte le famiglie. Una cura particolare deve essere rivolta ai bambini. La donna deve rappresentare per loro insieme la tenerezza e l'affetto materno, e la forza e la sicurezza paterne. Le vedove sono diventate i veri capi-famiglia: alle autorità civili spetta di riconoscere loro e di far pienamente rispettare questa condizione, per evitare che i loro diritti siano gravemente lesi. L'esortazione apostolica Familiaris consortio (FC 22-24) parla in modo speciale del posto delle donne nella comunità familiare. L'esperienza che vivono a questo proposito le donne vedove deve arricchire quella degli altri, la pastorale familiare deve tenerne conto. Così la pienezza della personalità femminile potrà manifestarsi nel mondo e nella Chiesa.

Ma a loro volta, le famiglie delle vedove devono offrire senso e gioia alla loro vita. Grande è la responsabilità di ragazzi divenuti adulti di fronte alla loro madre vedova! Sono loro che portano la prima e principale responsabilità di vegliare su di essa. "Se qualcuno non si prende cura dei suoi, soprattutto di coloro che vivono con lui, egli ha rinnegato la fede: egli è peggio di un infedele" (1Tm 5,8). Colgo dunque l'occasione di ricordare specialmente ai figli la cui madre è vedova questo dovere filiale così importante che costituisce uno dei comandamenti della legge divina: "Onora tuo padre e tua madre". Troppo spesso si constata, soprattutto nei paesi ricchi, la triste situazione di vedove anziane che, non potendo più restare nella casa dei propri figli, passano i loro ultimi anni nella solitudine, frammezzata da rare visite, anche se le case per anziani che le accolgono sono confortevoli.


6. "La vera vedova, dice l'apostolo Paolo, mette la sua speranza nel Signore" (cfr. 1Tm 5,5). Con lo sguardo volto spesso verso l'Aldi-là, verso la Casa del Padre che il loro sposo ha già raggiunto, le donne vedove possono portare questa speranza in un mondo che molto spesso l'ha perduta o l'ha posta in idoli effimeri incapaci di colmare la sete di amore e di comunione che alberga nel cuore dell'uomo. "Speranza e vita", sono i termini stessi con i quali avete voluto definire il vostro movimento e questa è già una potente testimonianza per molti.

Avete, più che chiunque altro, la missione di testimoniare la vostra fede nella vita perché ne conoscete la destinazione trascendente e la dimensione d'eternità. E voi restate allo stesso tempo al servizio della vita cercando di illuminare quella di ciascun membro della vostra famiglia. E' un impegno che la morte del vostro sposo non abolisce, ma trasforma.


7. La vedova, continua l'apostolo, "persevera notte e giorno nella preghiera e nell'orazione" (cfr. 1Tm 5,5). E' un magnifico richiamo a coltivare in profondità la vostra vita interiore fino ad intrattenere un contatto vitale e intimo con il Cristo, lo Sposo della Chiesa e delle anime. che abita in voi e nel quale ritrovate tutti coloro che a lui sono uniti nella comunione dei santi. Vi trasmette la sua propria vita, e con essa la forza e la gioia. La Vergine Santissima si presenta a voi come modello ed educatrice della vera preghiera, ella che "conservava tutte queste parole e le meditava nel suo cuore" (Lc 2,51).

Si, c'è in voi una notevole capacità di preghiera. A volte, in ragione delle stesse circostanze della vostra vita, avete dei lunghi momenti di solitudine, e alcune possono essere tentate di colmare questo pesante vuoto con attività simili a quelle che San Paolo ricorda nella sua lettera a Timoteo (cfr. 1Tm 5,13). Ma questa solitudine esteriore vinta talvolta in un lavoro assorbente e in molteplici servizi, può anche trasformarsi in una preghiera più frequente, alimentata dalla lettura della Sacra Scrittura e esprimentesi nella partecipazione alla celebrazione eucaristica e in altri impegni di fede. La semplice e bella preghiera del rosario può essere per voi una compagnia inestimabile, come anche la preghiera delle Ore (cfr. FC 60-61).


8. La Chiesa, infine, vi spinge - e il vostro movimento vi insiste - a mettere la vostra carità al servizio del prossimo partecipando così alla missione di Gesù Cristo per costruire la sua Chiesa e la nuova umanità che vuole offrire a suo Padre. L'apostolato è l'espressione della maturità della vostra vita. Il ministero di evangelizzazione affidato alle famiglie cristiane deve ricevere da voi un nuovo impulso (cfr. ibidem, FC 52-54). Siete particolarmente capaci di comprendere la solitudine e il dolore. Tenete compagnia a coloro che sono soli, e sarete voi stesse meno sole. Portate il vostro conforto a chi soffre e sarete voi stesse consolate. Portate la testimonianza di una carità attiva e la vostra vita risplenderà di pace e di gioia.

Volgiamo di nuovo lo sguardo verso la Santissima Vergine Maria. Vi rimetto nelle sue mani e affido, voi, le vostre famiglie, il vostro movimento, al suo cuore di Madre. Non avete rifugio più sicuro e più caloroso; in ella trovate la tenerezza del cuore di Dio che batte per voi. In segno di questo stesso amore, vi indirizzo la mia Benedizione apostolica.


[Traduzione dal francese]




1982-05-22 Data estesa: Sabato 22 Maggio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - A movimenti di pensionati e di anziani - Città del Vaticano (Roma)