GPII 1982 Insegnamenti - L'unzione degli infermi nella cattedrale - Southwark (Gran Beretagna)

L'unzione degli infermi nella cattedrale - Southwark (Gran Beretagna)

Titolo: Nessuno stato ha il diritto di opporsi ai valori morali radicati nella natura stessa dell'uomo

Testo:

Fratelli e sorelle.


1. Sia lodato Gesù Cristo! Sia lodato Gesù Cristo che ci invita a partecipare alla sua vita attraverso il Battesimo. Sia lodato Gesù Cristo che ci chiama ad unire le nostre sofferenze alle sue, perché possiamo essere uniti a lui nel render gloria al Padre del cielo.

Oggi vi saluto nel nome di Gesù. Vi ringrazio tutti per l'accoglienza che m'avete dato. Desidero che sappiate quanto ho desiderato questo incontro con voi, specialmente con quelli di voi che sono malati, inabili o infermi. Anch'io sono stato colpito dalla sofferenza ed ho conosciuto la debolezza fisica che deriva dalla menomazione e dalla malattia.


2. E' proprio perché ho sperimentato la sofferenza che sono in grado di affermare con sempre maggior convinzione ciò che san Paolo dice nella seconda lettura: "Né morte, né vita, né angeli, né altre autorità o potenza celeste, né il presente né l'avvenire, né le forze del cielo né le forze della terra, niente e nessuno ci potrà strappare da quell'amore che Dio ci ha rivelato in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,38-39).

Cari amici, non esiste forza né potere che possa fermare l'amore di Dio per voi. La malattia e la sofferenza sembrano contraddire quello che vale per l'uomo e che desidera. E tuttavia, nessuna malattia, nessuna menomazione, nessuna infermità potrà mai privarvi della vostra dignità di figli di Dio, di fratelli e sorelle di Gesù Cristo.


3. Morendo sulla croce, Cristo ci rivela il senso da dare alle nostre sofferenze.

Nella sua Passione troviamo l'ispirazione e la forza per allontanarci da ogni tentazione di rancore e per crescere, attraverso il dolore, ad una vita nuova. La sofferenza è un invito ad assomigliare al Figlio facendo la volontà del Padre. Ci viene offerta la possibilità di imitare Cristo che mori per redimere l'umanità dal peccato. Così il Padre ha voluto che la sofferenza arricchisca il singolo e tutta la Chiesa.


4. Noi riconosciamo che l'Unzione degli Infermi è intesa a beneficio di tutta la persona. Lo troviamo dimostrato nei testi liturgici della celebrazione sacramentale: "Sia quest'olio medicina per tutti quelli che vengono unti con esso: siano sanati nel corpo, nell'anima e nello spirito e siano liberati da ogni male".

L'unzione è quindi fonte di forza sia per l'anima che per il corpo. La preghiera della Chiesa chiede che il peccato e le conseguenze del peccato siano cancellate (cfr. DS 1969). Invoca anche il recupero della salute, ma sempre al fine che la salute del corpo porti ad un'unione più profonda con Dio attraverso l'accrescimento della grazia.

Negli insegnamenti riguardanti questo Sacramento, la Chiesa ci propone la verità contenuta nella prima lettura tratta da san Giacomo: "Se qualcuno di voi è malato, chiami i responsabili della comunità. Essi preghino per lui e lo ungano con olio, invocando il Signore. Questa preghiera, fatta con fede, salverà il malato e il Signore gli darà sollievo. Inoltre, se il malato avesse commesso dei peccati, gli saranno perdonati" (Jc 5,14-15).


5. Ci si dovrebbe accostare a questo Sacramento con uno spirito di grande fiducia, come il lebbroso nel Vangelo che abbiamo appena letto. Persino la disperata condizione di uomo che viveva non gli ha impedito di avvicinare Gesù con fiducia.

Anche noi dobbiamo credere nell'amore risanatore di Dio e dobbiamo riaffermare che nulla ci separerà da quell'amore. Sicuramente Gesù desidera dire: "Si, lo voglio: sii mondato" (Mt 8,3); sii guarito; sii forte, sii salvato.

Cari fratelli e sorelle, poiché vivete la Passione di Cristo, rinvigorite la Chiesa con la testimonianza della vostra fede. Proclamate con la vostra pazienza, con la vostra sopportazione, con la vostra gioia il mistero della potenza redentrice di Cristo. Troverete il Cristo crocefisso dentro la vostra malattia e la vostra sofferenza.


6. Come la Veronica soccorse Cristo sulla via del Calvario, così i cristiani hanno accettato di prendersi cura di quelli che soffrono come occasione privilegiata di soccorrere Cristo stesso. Io lodo e benedico tutti coloro che lavorano per gli ammalati negli ospedali, nelle case e nei centri di assistenza per malati gravi.

Vorrei dire a voi medici, infermieri, cappellani ed a tutto il personale ospedaliero: la vostra è una nobile vocazione. Ricordate che è a Cristo che portate soccorso quando alleviate le sofferenze dei vostri fratelli e delle vostre sorelle.


7. Sono vicino con tutto il cuore a tutti coloro che riconoscono e difendono la legge di Dio che governa la vita umana. Non dobbiamo mai dimenticare che ogni uomo, dal momento del concepimento fino all'ultimo respiro è figlio di Dio ed ha diritto alla vita. Questo diritto dovrebbe essere difeso dalla sollecita cura del corpo medico ed infermieristico e dalla protezione della legge. Ogni vita umana è voluta dal nostro Padre celeste ed è parte del suo disegno d'amore. Nessuno Stato ha il diritto di opporsi ai valori morali che sono radicati nella natura dell'uomo stesso. Tali valori sono l'eredità preziosa della civiltà. Se la società comincia a negare il valore dell'individuo o a subordinare la persona umana a considerazioni pragmatiche o utilitaristiche, comincia a distruggere le difese che salvaguardano i valori fondamentali della società stessa.


8. Oggi elevo una pressante supplica a questa Nazione. Non dimenticate gli ammalati e gli anziani. Non abbandonate gli handicappati ed i malati gravi. Non relegateli ai margini della società. Perché se lo fate, ignorate che essi incarnano una verità importante. Gli ammalati, i vecchi, gli handicappati e gli infermi ci insegnano che la debolezza è una parte creativa della vita umana e che la sofferenza può essere accettata senza perdita di dignità. In assenza di queste persone fra di voi, potreste essere tentati di pensare alla salute fisica, alla forza ed al potere come ai soli valori importanti da conseguire nella vita. Ma la saggezza di Cristo e la potenza di Cristo sono visibili nella debolezza di coloro che partecipano alle sue sofferenze.

Mettiamo i malati e gli handicappati al centro della nostra vita.

Custodiamoli e riconosciamo con gratitudine il debito che dobbiamo loro. Quando penseremo di dare loro qualcosa, finiremo per accorgerci che ad essi noi siamo debitori. Iddio benedica e conforti tutti quelli che soffrono. E Gesù Cristo, Salvatore del mondo e medico degli ammalati, faccia brillare la sua luce attraverso la debolezza umana come guida per noi e per tutta l'umanità. Amen.


Miei cari fratelli e sorelle in Cristo.

Parlando di sofferenza, tristezza e morte, non possiamo dimenticare coloro che hanno sofferto e sono morti durante il conflitto armato nell'Atlantico Meridionale.

Ricordiamo nelle nostre preghiere le vittime delle due parti. Che il Padre di misericordia e di ogni consolazione assista i colpiti e tutte le famiglie segnate dalla tragedia.


Possa egli concedere il riposo eterno a tutti quelli che sono morti in Cristo ed a quelli che li piangono nella speranza cristiana, e preghiamo affinché i negoziati possano preparare la strada ad una pace giusta e durevole. Chiediamo questo per Cristo nostro Signore. Amen.


1982-05-28 Data estesa: Venerdi 28 Maggio 1982




L'incontro con i Vescovi della Gran Bretagna - Southwark (Gran Bretagna)

Titolo: Dalla piena coscienza della collegialità nuovo vigore per la guida del popolo di Dio

Testo:

Miei cari fratelli nell'Episcopato.


1. Nell'incontrarci questa sera, i nostri pensieri si rivolgono immediatamente a nostro Signore Gesù Cristo. Nel Vangelo, Cristo ci dice che non è solo. Egli è in comunione con suo Padre: "Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo..." (Jn 8,29). In un'altra occasione egli dice: "...io non sono solo perché il Padre è con me" (Jn 16,32). La consapevolezza di Cristo di essere uno con il Padre pervade la sua vita e la sua missione. E' fonte di forza per lui. Perfino al culmine della sua passione, egli sa di non essere abbandonato, anche se, nella sua natura umana, soffre le pene della solitudine.


2. Cristo sa anche che i suoi discepoli hanno la sua medesima necessità: non debbono affrontare la propria missione da soli. perciò ha fatto loro la promessa, una promessa che pervade la vita di tutta la Chiesa, per sempre: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Questa promessa era la replica della promessa che Dio aveva fatto in passato. Mosè aveva udito Dio dire: "Io saro con te" (Ex 3,12). Era una promessa fatta in termini precisi, così egli potè condurre il Popolo di Dio alla libertà.


Geremia, che stava per lasciarsi prendere dal panico di fronte alla grandiosità della propria missione profetica, venne rassicurato da Dio: "Io sono con te per proteggerti" (Jr 1,8). Anche l'apostolo Paolo ha udito parole rassicuranti: "Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere, perché io sono con te..." (Ac 18,9).


3. Ed oggi, nel contesto della collegialità che stiamo celebrando, desidero offrirvi come spunto di meditazione la promessa di Cristo di rimanere con la sua Chiesa, l'assicurazione di Cristo che voi non siete soli.

Il principio di collegialità ci mostra come la convinzione che Cristo applica a se stesso - "Io non sono solo" - si applica anche a noi. Attraverso l'opera dello Spirito Santo, Cristo è con voi ed in voi, quando voi reggete, come suoi vicari (cfr. LG 27), le Chiese affidate alla vostra cura pastorale. Egli è vicino a voi attraverso il ministero di colui al quale la Chiesa attribuisce in modo particolare il titolo di Vicario di Cristo e di Servo dei Servi di Dio.


4. Tutti voi insieme, come Conferenza - gli Ordinari di Rito Latino, come pure il Vescovo Hornyak, amato pastore dei fedeli ucraini - conoscete la solidarietà del Vescovo di Roma nei vostri confronti, nella preghiera e nell'amore fraterno. E come membri del Collegio Episcopale mondiale, sapete di avere il sostegno del successore dell'apostolo Pietro, che è stato reso "il principio e il fondamento perpetuo e visibile dell'unità della fede e della comunione", precisamente "affinché lo stesso Episcopato fosse uno e indiviso" (LG 18). Nelle settimane passate il Papa è stato vicino a voi, come è stato vicino ai vostri fratelli nell'Episcopato dell'Argentina, nel grande bisogno pastorale che entrambi i vostri popoli stanno sperimentando, in conseguenza del conflitto armato nell'Atlantico del Sud.

Allo stesso tempo, voi, ed i Vescovi dell'Argentina, avete avuto l'assicurazione delle preghiere e del fraterno sostegno dei vostri fratelli Vescovi in tutto il mondo. La Messa che è stata concelebrata nella Basilica di san Pietro il 22 maggio è stata, fra gli altri aspetti, un esempio del potere della collegialità che trascende i naturali confini, le culture, le lingue e perfino le generazioni. L'appello per la pace che è stato fatto allora è stato un atto di collegialità in favore di tutta la Chiesa e di tutta l'umanità. Il Collegio Episcopale sostiene i propri singoli membri. I problemi dei singoli Vescovi e delle Conferenze, come avete potuto sperimentare, sono i problemi di tutto il Collegio. Voi non siete soli.


5. Voi, a vostra volta, siete chiamati a collaborare per il bene della Chiesa universale. Alcuni di voi hanno avuto il privilegio, così come l'ho avuto io, di prender parte al Concilio Vaticano II. Tutti voi avete contribuito, in un modo o nell'altro ai lavori del Sinodo dei Vescovi o a quelli delle vostre Conferenze Episcopali. Alcuni di voi hanno partecipato alle attività collegiali coordinate nella Curia Romana.


6. Allo stesso tempo l'Episcopato universale, con il quale avete lavorato per il bene di tutta la Chiesa, collabora con il Pontefice di Roma per importanti problemi che riguardano le vostre Chiese locali. Anche questo aspetto è una parte vitale della collegialità: voi non soltanto collaborate per il bene degli altri, ma accettate la collaborazione del Collegio nei vostri singoli ministeri. Tale collaborazione è offerta in vari modi, spesso in espressioni non giuridiche, ed è un grande aiuto per voi. In questo aspetto della collegialità voi stessi ricevete un aiuto per leggere con attenzione i "segni dei tempi", per discernere chiaramente "ciò che lo Spirito dice alle Chiese" (Ap 2,7).

E' in questo contesto di collegialità che noi vediamo come le Chiese locali ed i loro Pastori danno il proprio contributo alla Chiesa universale, ed anche come esse ricevono l'intuito combinato dell'Episcopato universale. Questo intuito assiste i singoli Vescovi, rendendoli sempre più solleciti per il bene della Chiesa tutta; allo stesso tempo aiuta i Vescovi a salvaguardare, nelle proprie Chiese locali, quell'unità della fede e della disciplina che è comune a tutta la Chiesa (LG 23), e che deve essere autenticata dalla sua autorità universale. Nel principio di collegialità, i Vescovi trovano, allo stesso tempo, il sostegno fraterno ed un criterio di responsabilità per la loro sacra missione. Le parole di Gesù sono certamente piene di significato per noi, suoi servi: Io non sono solo.


7. Nel vostro ministero di Vescovi, voi sapete quanto i vostri sacerdoti dipendano da voi, e quanto voi dipendiate dai vostri sacerdoti. Insieme - e non da soli - siete stati incaricati di proclamare il Vangelo e di formare il Corpo di Cristo. I sacerdoti sono vostri fratelli ed i collaboratori del vostro Ordine episcopale. La fratellanza con loro garantisce l'efficacia del vostro ministero, e la loro unione con voi garantisce la loro unione con Cristo.


8. Ed ora una parola sui religiosi. Il Concilio Vaticano II ed i suoi documenti applicativi hanno molto contribuito ad illustrare il compito genuino dei religiosi nell'apostolato delle Chiese locali. Anche qui il vostro ruolo riveste una grande importanza, non soltanto per il coordinamento dell'attività pastorale, ma anche per garantire che lo splendido contributo dei religiosi e delle religiose sia utilizzato adeguatamente nello spirito della condivisa responsabilità per il Vangelo, "perché la parola del Signore si diffonda e sia glorificata" (2Th 3,1).

Nel vostro impegno pastorale, l'ordinata e fruttuosa collaborazione fra i Vescovi ed i religiosi, sarà una conferma della vostra gioiosa esperienza di non essere soli nell'opera di evangelizzazione e di catechesi.


9. E che dire dei laici? Io sono profondamente convinto che le aumentate possibilità dell'apostolato dei laici siano una fonte particolare di forza per voi, Pastori del Popolo di Dio. Il Concilio Vaticano II è stato chiaro nell'affermare quanto i laici contribuiscano al benessere di tutta la Chiesa. Nel medesimo contesto afferma che "i pastori, infatti, sanno di non essere stati istituiti da Cristo per assumersi da soli tutta la missione della salvezza della Chiesa" (LG 30). Nel piano di Dio, nell'adempimento del loro proprio ruolo, i laici si propongono di offrire un grande servizio di amorevole sostegno ai loro Pastori in Cristo.

In tutto ciò, il compito dei Vescovi rimane straordinario. E' un ministero di pesante responsabilità, ma la presenza di Cristo, e la giusta misura di corresponsabilità assunta dalla comunità, sono più che sufficienti a convincere noi tutti, Vescovi, che non siamo soli.


10. Sono moltissimi i modi nei quali siamo chiamati a servire come Vescovi - tanti sono i campi della nostra missione pastorale: come maestri, che conducono il Popolo di Dio "per il giusto cammino per amore del suo nome" (Ps 23,3); come guide della liturgia, che offrono "lodi nella grande assemblea" (Ps 35,18); come Pastori amorevoli e partecipi, che conoscono le loro pecore e che sono conosciuti ed amati da loro. In tutti questi diversi campi il principio di collegialità trova la sua giusta applicazione, e la vita e il ministero del Vescovo sono segnati dall'esperienza di Cristo, il Pastore Supremo, che proclama incessantemente al mondo: io non sono solo.


11. Ed oggi, cari fratelli, il Vescovo di Roma desidera accentuare con forza questo punto: che, come Cristo, voi non siete soli. Con voi il Vescovo di Roma è Pastore del Popolo di Dio, e per voi egli è il servo pastore universale. Come vi conferma nella fede, così egli sostiene voi ed il vostro popolo - come pure i vostri confratelli argentini ed il loro popolo - in tutti gli sforzi che possano portare alla riconciliazione totale e alla pace. Con l'apostolo Pietro, io dico ancora: "Pace a voi tutti che siete in Cristo" (1P 5,14).

Ed insieme, miei fratelli Vescovi - e non da soli - noi dobbiamo proclamare che la pace è possibile, che è un dovere umano e cristiano, che la riconciliazione è la strada per la pace, e che Cristo stesso è la nostra giustizia e la nostra pace. Nelle gioie e nelle ansietà, nella speranza e nella sofferenza, l'Episcopato Cattolico è congiuntamente responsabile nei confronti di Gesù Cristo per il modo in cui proclama, nel suo nome e per suo mandato, il suo Vangelo di pace, ed esercita il suo "ministero della riconciliazione" (2Co 5,18).

Con il nostro clero, i religiosi ed i laici, ed uniti l'uno all'altro, proclamiamo il messaggio salvifico e di riconciliazione del Vangelo, con la profonda convinzione che - come Gesù e con Gesù - noi non siamo soli. Nella collegialità dell'Episcopato cattolico troviamo rinnovata forza e vigore per guidare il Popolo di Dio. E che in Cristo Gesù possiamo sempre essere consci che non siamo soli.




1982-05-28 Data estesa: Venerdi 28 Maggio 1982




Incontro con religiose e religiosi - Southwark (Gran Bretagna)

Titolo: La città secolare ha bisogno della vostra testimonianza vivente

Testo:

Cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. Desidero esprimere la mia particolare gioia per questo incontro. siete presenti così numerosi voi tutti che rappresentate i religiosi d'Inghilterra e del Galles.

Alla vigilia di Pentecoste siete qui per rinnovare i voti religiosi. Col Papa, il successore di Pietro, proclamerete davanti a tutta la Chiesa che credete nella vostra consacrazione; che è la chiamata di Cristo che vi ispira gioia e pace.

"Rallegratevi sempre nel Signore" (Ph 4,4).


2. Voi continuate degnamente una tradizione che risale agli albori della storia del Cristianesimo in Inghilterra. Agostino e i suoi compagni erano monaci benedettini. Le grandi fondazioni monastiche del periodo anglosassone e medievale non erano solo strutture essenziali per l'evangelizzazione: erano anche centri di sapere e culle di cultura e di civiltà. Luoghi come Canterbury, Jarrow, Glastonbury e st. Albans sono segni del ruolo che i gruppi monastici svolsero nella storia d'Inghilterra. Uomini come Bede di Jarrow, Boniface di Devon divenuto l'apostolo della Germania, e Dunstan di Glastonbury, Arcivescovo di Canterbury nel 960; donne come Hilda di Whitby, Walburga e Lioba, e molte altre - sono nomi famosi nella storia inglese. Né possiamo dimenticare Anselmo o Nicola Breakspear, nato a Abbots Langley, che divenne Papa Adriano IV nel 1154.

Nel periodo Normanno questo esercito di Cristo raggiunse un nuovo splendore con la fondazione dei Monasteri cistercensi, domenicani, francescani, carmelitani e agostiniani.

Più tardi la vita religiosa sopporto grandi sofferenze. Le comunità religiose inglesi vennero disperse e distrutte o dovettero rifugiarsi in paesi stranieri. E' impossibile nominare qui tutti i religiosi e le religiose di questo periodo che seguirono nostro Signore fino a dare la vita a difesa della propria fede. A quel periodo infelice appartenne anche una donna straordinaria dello Yorkshire, Mary Ward, che fu la promotrice delle Congregazioni femminili secolari.

Il secolo scorso ha visto una rinascita straordinaria di vita religiosa.

Vennero fondate centinaia di conventi, scuole, orfanotrofi, ospedali ed altri servizi sociali religiosi. Congregazioni missionarie hanno diffuso la fede in paesi lontani.

Ai tempi nostri il Concilio Vaticano II si è rivolto a voi con un invito perché la vita religiosa sia adeguatamente rinnovata attraverso un ritorno al carisma originale di ciascun Istituto ed attraverso un positivo adeguamento alle mutate condizioni dei tempi (cfr. PC 2).


3. Fratelli e sorelle, possiamo scorgere ciò che la Chiesa, e la società in senso più ampio, si aspettano da voi oggi.

L'uomo d'oggi guarda a voi e ripete ciò che i visitatori greci a Gerusalemme dissero all'apostolo Filippo: "Vogliamo vedere Gesù" (Jn 12,21). Si, in voi il mondo vuol vedere Gesù. La vostra professione pubblica dei consigli evangelici è una risposta radicale alla chiamata di Dio a seguirlo. Di conseguenza la vostra vita intende offrire una chiara testimonianza della realtà del Regno di Dio già presente nelle attività degli uomini e delle nazioni.

Poiché voi rinnovate oggi qui davanti a Dio ed alla Chiesa, e davanti a milioni di vostri compatrioti, la vostra consacrazione religiosa, voglio meditare con voi sulla grandezza e sulla dignità della vostra chiamata.


4. La maggior parte delle persone vi conosce per quello che fate. I visitatori che vengono alle vostre Abbazie e ai vostri Conventi vi vedono celebrare la liturgia o vi seguono nella preghiera e nella contemplazione. Gente di ogni età e di ogni condizione trae beneficio direttamente dai vostri numerosi e diversi servizi alla società ecclesiale e civile. Insegnate, vi prendete cura degli ammalati, dei poveri, dei vecchi, degli handicappati; portate la Parola di Dio ai vicini ed ai lontani; aiutate i giovani a raggiungere una maturità umana e cristiana.


5. Molti sanno quello che fate e vi ammirano e vi apprezzano per questo. Ma la vostra vera grandezza deriva da quello che siete. Forse quello che siete è meno noto e meno compreso. Infatti, quello che voi siete può essere compreso solo alla luce della "novità di vita" rivelata dal Cristo Risorto. In Cristo siete una "nuova creazione" (cfr. 2Co 5,17).

Ad un certo punto della vostra vita, la chiamata del Signore ad una particolare intimità ed unione con lui nella sua Missione Redentrice vi si rivelo così chiaramente che superaste tutte le esitazioni. Avete accantonato i dubbi e le difficoltà e vi siete impegnati ad una vita di fedeltà totale ai più alti ideali del Vangelo. La vostra libera decisione è stata sostenuta dalla grazia e la vostra perseveranza nel tempo è una magnifica testimonianza della vittoria della grazia sulle forze che tentano di offuscare la novità della vostra vita in Cristo. Questa "novità di vita" è un dono di Cristo alla sua Chiesa. E' una prova della santità della Chiesa, espressione della sua vitalità.


6. Attraverso la professione dei consigli evangelici siete legati alla Chiesa in un modo tutto particolare (cfr. LG 44). Lasciate che accenni allora ad alcuni degli aspetti della vostra vita di religiosi, che assumono un particolare significato nella situazione attuale del pellegrino Popolo di Dio. Esiste oggi una tentazione diffusa all'incredulità ed alla disperazione. Voi, invece, vi siete impegnati ad essere uomini e donne di profonda fede e di incessante preghiera. A voi, in modo particolare, può essere rivolta l'esortazione di san Paolo a Timoteo: "Combattete la buona battaglia della fede: guadagnate la vita eterna alla quale siete stati chiamati quando avete fatto la vostra professione alla presenza di molti testimoni" (1Tm 6,12). Credete nel Cristo Risorto. Credete che Cristo vi ha chiamato perché vi ama. Nei momenti di buio e di sofferenza, credete che Cristo vi ama ancora di più. Credete nell'ispirazione e nel carisma specifico del vostro Istituto. Credete nella vostra missione all'interno della Chiesa. Che la vostra fede splenda davanti al mondo, come una lampada nel buio; fatela splendere come una luce che guiderà una società confusa alla scoperta dei valori essenziali. Che la gioia spirituale della vostra vita personale e la vostra testimonianza comunitaria di vero amore cristiano siano fonte di ispirazione e di speranza. Che si riconosca la vostra consacrazione.

Siate riconoscibili come religiosi e religiose. La città secolare ha bisogno di testimonianze viventi come la vostra.



7. Oggi molti sono tentati di vivere secondo un falso ordine di valori. Voi, invece, siete uomini e donne che hanno scoperto la perla di grande valore (cfr. Mt 13,46), un tesoro che non va perso (cfr. Lc 12,22-34). Attraverso la povertà volontariamente accolta ad imitazione di Cristo - essere poveri nello spirito e nei fatti, singolarmente e comunitariamente (cfr. PC 13) - voi cercate la libertà dalla tirannia della società dei consumi. La castità praticata "per il bene del Regno di Dio" (Mt 19,12) è un dono speciale di Cristo a voi, e un vostro dono a tutta la Chiesa.

La verginità o il celibato non sono solo amore preferenziale di Dio, ma anche libertà nel dono totale di sé al servizio universale, senza condizioni né discriminazioni. La vostra castità, se contraddistinta da generosità e gioia vere, insegna agli altri a distinguere fra il vero amore e le sue numerose contraffazioni. Attraverso l'obbedienza, che è dedizione completa di voi stessi alla volontà di Dio, cercate di diventare "uomini perfetti, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (Ep 4,13). Paradossalmente, rinunciando a voi stessi, crescete nella maturità umana e cristiana. Voi rivelate che molte idee di libertà del giorno d'oggi sono in effetti distorte. Aiutate la società a riscattarsi dagli effetti di uno sfrenato egoismo.


8. La testimonianza della consacrazione religiosa assume una dimensione speciale per quelli di voi che vivono la forma contemplativa della vita religiosa. Le vostre esistenze sono nascoste con Cristo in Dio. Lo lodate nel silenzio, con la preghiera e la penitenza. Fate scendere le sue grazie e le sue benedizioni sul Popolo di Dio (cfr. PC 7). Molti hanno una idea solo limitata di quello che fate, ma molti di più, compresi dei cattolici, non riescono a riconoscere la grandezza della vostra speciale vocazione ed il suo ruolo insostituibile nella vita della Chiesa. La vita contemplativa procura al Popolo di Dio "frutti abbondantissimi di santità" (PC 7). La preghiera contemplativa sostiene la Chiesa nella sua lotta per condurre gli uomini ad una giusta comprensione della dignità umana e dei valori spirituali. Nel nome della Chiesa Io vi ringrazio. Vi chiedo di pregare sempre di più per il pellegrino Popolo di Dio e per il mondo. E a coloro che si sentono chiamati alla vita contemplativa, ripeto l'invito di Gesù a due discepoli esitanti: "Venite e vedrete". Andarono e videro e rimasero con lui (cfr. Jn 1,39).


9. La "testimonianza nascosta" dei contemplativi è fiancheggiata dalla vigorosa spinta apostolica delle comunità religiose attive. Sulle orme del Maestro, con lo zelo di fare la volontà del Padre, e confidando nel vostro particolare carisma, date una dimostrazione meravigliosa della "preminente grandezza della virtù di Cristo regnante e la infinita potenza dello Spirito Santo, mirabilmente operante nella Chiesa" (LG 44).

Le comunità religiose hanno una responsabilità particolare ad essere sensibili ai segni dei tempi ed a cercare di soddisfare i bisogni che ne derivano, preoccupazione propria del ministero della Chiesa. Imitate la fede ed il coraggio dei vostri Fondatori. Siate pronti al sacrificio come essi lo furono. Aiutate i Vescovi nel loro ministero pastorale, confidando sulla promessa di Cristo che protegge e guida la sua Chiesa.


10. Religiosi e religiose, aprite il vostro cuore. Rendete grazie al Signore per la vostra meravigliosa vocazione. Per mezzo vostro Gesù vuol continuare la preghiera di contemplazione fatta sulla montagna. Vuol essere visto annunciare il Regno di Dio, sanare gli ammalati, portare alla conversione i peccatori, benedire i bambini, far del bene a tutti, ed obbedire sempre alla volontà del Padre che lo ha mandato (cfr. LG 46). In voi la Chiesa ed il mondo devono poter vedere il Signore vivente.

Non temete di proclamare apertamente davanti al resto della Chiesa, specialmente davanti ai giovani, la validità del vostro modo di vita e la sua bellezza. Si deve rivelare alla comunità cattolica il grande privilegio di seguire la chiamata di Cristo alla vita religiosa. I giovani devono conoscervi più da vicino. Verranno a voi se vi vedranno seguaci generosi e lieti di Gesù Cristo, il cui stile di vita non offre ricompense materiali e non si adegua ai modelli del mondo. Saranno attratti dalla sfida esaltante e senza compromessi di Cristo di lasciare tutto per seguirlo.


11. Per concludere, desidero salutare i religiosi della Comunità Anglicana che sono qui presenti. Anche voi siete ispirati dalla chiamata evangelica a seguire Cristo più da vicino. Avete espresso il desiderio di dare il benvenuto al Papa e di sentirlo parlare. Vi ringrazio. Affido alle vostre preghiere il desiderio ardente di milioni di cristiani di tutto il mondo: che possiamo essere completamente uniti nella fede e nell'amore.

A tutti voi esprimo la mia gratitudine ed il mio rispetto. Affido tutti i religiosi d'Inghilterra e del Galles alla protezione amorevole di Maria, Madre della Chiesa, e Serva di Dio per eccellenza. Rallegratevi sempre nel Signore! Di nuovo, dico, rallegratevi! Possa il rinnovo pubblico dei vostri voti dare inizio ad una nuova Pentecoste nella vostra vita e nella Chiesa di questo Paese.

Sia lodato Gesù Cristo!




1982-05-29 Data estesa: Sabato 29 Maggio 1982




Nella Cattedrale - Canterbury (Gran Bretagna)

Titolo: Accettate l'impegno di pregare e lavorare per la riconciliazione e l'unità della Chiesa

Testo:


1. I passi che l'Arcivescovo Runcie ed io abbiamo letto sono tratti dal Vangelo secondo Giovanni e contengono le parole che nostro Signore Gesù Cristo disse alla vigilia della Passione. Mentre era a cena con i discepoli, così pregava: "Fa' che siano tutti una cosa sola; come tu, Padre, sei in me e io sono in te, anche essi siano in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21).

Queste parole sono caratterizzate particolarmente dal Mistero Pasquale del nostro Salvatore, dalla sua Passione, morte e risurrezione. Nonostante siano state pronunciate una volta sola, esse durano attraverso le generazioni. Cristo prega ininterrottamente per l'unità della sua Chiesa, perché la ama con lo stesso amore che ha avuto per gli apostoli e i discepoli che si trovavano con lui durante l'Ultima Cena. "Io non prego soltanto per loro, ma anche per quelli che crederanno in me dopo aver ascoltato la loro parola" (Jn 17,20). Cristo rivela una prospettiva divina nella quale il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono presenti. Presenti anche nel più profondo mistero della Chiesa: l'unità dell'amore che esiste tra Padre, Figlio e Spirito Santo penetra nei cuori di coloro che Dio ha scelto come suoi, ed è fonte della loro unità.

Le parole di Cristo riecheggiano in particolare oggi, in questa santa Cattedrale che ci ricorda la figura del grande missionario sant'Agostino, che fu mandato qui da Papa Gregorio il Grande affinché i figli e le figlie dell'Inghilterra potessero credere in Cristo.

Cari fratelli, tutti noi siamo particolarmente sensibili a queste parole della preghiera sacerdotale di Cristo. La Chiesa del nostro tempo è quella che partecipa in particolare alla preghiera di Cristo per l'unità, e che cerca la via verso questa unità, obbediente allo Spirito che parla con le parole del Signore.

Noi desideriamo essere obbedienti, specialmente oggi, in questo storico giorno atteso da generazioni per vari secoli. Desideriamo obbedire a quello che Cristo chiama lo Spirito di verità.


2. Durante la festa di Pentecoste dell'anno scorso Cattolici ed Anglicani si sono uniti a Ortodossi e Protestanti, sia a Roma che a Costantinopoli, per commemorare il Concilio di Costantinopoli I professando la propria fede comune nello Spirito Santo, Signore e datore di vita. Ancora una volta, alla vigilia di questa grande festa di Pentecoste, siamo riuniti in preghiera per implorare il nostro Padre celeste di mandare ancora sopra la Chiesa lo Spirito Santo, lo Spirito di Cristo.

Infatti, secondo le parole del Credo di quel Concilio noi consideriamo la Chiesa come l'opera per eccellenza dello Spirito Santo: si dice infatti "crediamo la Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica".

I passi del Vangelo di oggi hanno in particolar modo richiamato la nostra attenzione su due aspetti del dono dello Spirito Santo che Gesù ha invocato sui propri discepoli: egli è lo Spirito della verità e lo Spirito dell'unità. Il giorno della prima Pentecoste lo Spirito Santo discese su quel piccolo gruppo di discepoli per confermarli nella verità della salvezza del mondo da parte di Dio, attraverso la morte e la risurrezione di suo Figlio, e per unirli nell'unico Corpo di Cristo, che è la Chiesa. Così sappiamo che quando noi diciamo "Fa' che siano tutti una cosa sola" come lo sono Gesù e il Padre, questo avviene perché "il mondo possa credere", e con la fede possa essere salvato (cfr. Jn 17,21). Infatti non possiamo avere altra fede che quella della Pentecoste, la fede in cui gli Apostoli furono confermati dallo Spirito di verità. Noi crediamo che il Signore Risorto abbia il potere di salvarci dal peccato e dalla forza delle tenebre. Crediamo anche che siamo stati chiamati per "diventare un solo corpo, uno spirito in Cristo" (Prece Eucaristica III).


3. Tra pochi istanti rinnoveremo insieme i voti battesimali. Desideriamo celebrare questo rito, che è lo stesso per gli Anglicani e per i Cattolici, come testimonianza del sacramento del battesimo, mediante il quale siamo stati uniti a Cristo. Nello stesso tempo ci rendiamo umilmente conto del fatto che la fede della Chiesa alla quale apparteniamo porta i segni della nostra separazione. Insieme rinnoveremo la nostra rinuncia al peccato per confermare che noi crediamo che Cristo ha vinto il dominio di Satana sul "mondo" (Jn 14,17). Professeremo di nuovo la nostra intenzione di allontanarci da tutto ciò che è male, e di volgerci verso Dio, autore di tutto ciò che è bene e fonte di tutto ciò che è santo. Mentre ripetiamo la nostra professione di fede in Dio Uno e Trino - Padre, Figlio e Spirito Santo - riponiamo una grande speranza nella promessa di Gesù: "Il Padre vi manderà nel mio nome un consigliere, lo Spirito Santo. Egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che ho detto" (Jn 14,26). La promessa di Cristo ci dà fiducia nel potere di questo stesso Spirito Santo, che sanerà la divisione introdottasi nella Chiesa nel corso dei secoli a partire dalla prima Pentecoste.

Così il rinnovo dei voti battesimali diventerà un impegno per fare del nostro meglio per collaborare con la grazia dello Spirito Santo, il quale soltanto ci può guidare al giorno in cui professeremo tutti insieme la pienezza della nostra fede.


4. Formuliamo con fiducia allo Spirito Santo la nostra preghiera per l'unità, poiché Cristo ci ha promesso che lo Spirito, il Consigliere, sarà con noi per sempre (cfr. Jn 14,16). Con fiducia e coraggio l'Arcivescovo Fisher decise di rendere visita al Papa Giovanni XXIII durante il Concilio Vaticano II, e gli Arcivescovi Ramsey e Coggan andarono a trovare il Papa Paolo VI. Con la stessa fiducia ho risposto alle sollecitudini dello Spirito Santo per essere oggi con voi qui a Canterbury.


5. Miei cari fratelli e sorelle della Comunità Anglicana, "che io amo e desidero ardentemente" (Ph 4,1), sono molto felice di essere in questa importante Cattedrale a parlare direttamente con voi: questo edificio stesso è dimostrazione eloquente dei nostri lunghi anni di retaggio comune e dei tristi anni di separazione che ad esso seguirono. Sotto questo tetto san Thomas Becket pati il suo martirio. Di nuovo ricordiamo Agostino, Dunstan e Anselmo, e tutti quei monaci che compirono il loro servizio in questa Chiesa con la stessa fedeltà. I maggiori eventi della storia della salvezza sono raffigurati nelle antiche vetrate che vediamo sopra di noi. Qui abbiamo inoltre venerato il manoscritto dei Vangeli che fu mandato a Canterbury da Roma 1300 anni fa. Con l'esempio incoraggiante dei molti che hanno professato la loro fede a Gesù Cristo durante i secoli - spesso a costo della vita, un sacrificio che ancora oggi viene talvolta richiesto, come ci ricorda la nuova cappella che stiamo per visitare - in questo luogo santo io mi appello a voi, fratelli cristiani, e specialmente ai membri della Chiesa d'Inghilterra, ed a quelli della Comunità Anglicana di tutto il mondo, affinché accettiate l'impegno che l'Arcivescovo Runcie ed io assumiamo oggi nuovamente di fronte a voi. Tale impegno consiste nel pregare e operare per raggiungere la riconciliazione e l'unità della Chiesa secondo il pensiero e il desiderio del nostro Salvatore Gesù Cristo.


6. E' questa la prima volta che un Papa visita Canterbury: io vengo a voi nell'amore - l'amore di Pietro a cui il Signore aveva detto: "Ho pregato per te, perché tu sappia conservare la tua fede; e tu, una volta ravveduto, da' forza ai tuoi fratelli" (Lc 22,32). Vengo anche nell'amore di Gregorio che mando sant'Agostino in questo luogo per dare al gregge del Signore la cura di un pastore (cfr. 1P 5,2). Come deve fare ogni ministro del Vangelo, io ripeto oggi le parole del Signore: "Io sto in mezzo a voi come un servo" (Lc 22,27). Insieme a me stesso porto a voi, cari fratelli e sorelle della Comunità Anglicana, le speranze e i desideri, le preghieree la buona volontà di tutti quelli che sono uniti con la Chiesa di Roma, che fin dai tempi più remoti si dice che "presiede nell'amore" (Sant'Ignazio di Antiochia, "Ad Romanos", Prooem.).


7. Tra poco l'Arcivescovo Runcie si unirà a me per leggere una Dichiarazione Comune, nella quale riassumeremo i risultati raggiunti lungo il cammino dell'unità e spiegheremo il programma che ci proponiamo e le speranze che nutriamo circa le nuove fasi del nostro pellegrinaggio comune. Tuttavia tali speranze e programmi non serviranno a niente se la nostra lotta verso l'unità non sarà radicata nella nostra unione con Dio; infatti Gesù ha detto: "In quel giorno conoscerete che io vivo unito al Padre, e voi siete uniti a me ed io a voi. Chi mi ama veramente conosce i miei comandamenti e li mette in pratica. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio; anch'io l'amero e mi faro conoscere da lui" (Jn 14,20-21). Questo amore di Dio è sparso sopra di noi nella persona dello Spirito Santo, lo Spirito della verità e dell'unità. Apriamo i nostri cuori a questo possente amore mentre preghiamo affinché, dicendo la verità nell'amore, possiamo crescere in tutti i sensi in lui che è il capo, il nostro Signore Gesù Cristo (cfr. Ep 4,15). Possa il dialogo che abbiamo iniziato condurci fino al giorno del completo ripristino dell'unità nella fede e nell'amore.


8. Alla vigilia della Passione Gesù disse ai discepoli: "Se mi amate osserverete i miei comandamenti" (Jn 14,15). Oggi abbiamo sentito il dovere di riunirci insieme in obbedienza al grande comandamento: il comandamento dell'amore. Vogliamo abbracciarlo nella sua completezza, viverlo interamente e dimostrare il suo potere secondo le parole del Maestro: "Io preghero il Padre, ed egli vi darà un altro Consigliere, che starà sempre con voi, lo Spirito della verità. Il mondo non lo vede e non lo conosce, perciò non può riceverlo. Voi lo conoscete, perché è con voi e sarà con voi sempre (Jn 14,16-17).

L'amore aumenta per mezzo della verità, e la verità attinge presso gli uomini per mezzo dell'amore. Memore di questo, io innalzo al Signore questa preghiera: O Cristo, che tutto ciò che fa parte dell'incontro di oggi nasca dallo Spirito della verità e sia reso fertile attraverso l'amore.


Guarda davanti a noi: il passato e il futuro! Guarda davanti a noi: il desiderio di tanti cuori! Tu, che sei il Signore della Storia e il Signore dei cuori umani, sii con noi! Gesù Cristo, eterno Figlio di Dio, sii con noi! Amen. 1982-05-29 Data estesa: Sabato 29 Maggio 1982





GPII 1982 Insegnamenti - L'unzione degli infermi nella cattedrale - Southwark (Gran Beretagna)