GPII 1982 Insegnamenti - L'incontro col Presidente della Repubblica del Libano - Città del Vaticano (Roma)

L'incontro col Presidente della Repubblica del Libano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per la rinascita di un nuovo Libano

Testo:

Signor Presidente.

La visita che vostra Eccellenza compie oggi alla Sede Apostolica mi è particolarmente gradita e mi sembra ricca di significati profondi, in un momento decisivo per la vita e la storia del Libano.

Quando la tragica crisi che divide il vostro paese da più di sette anni, sembrava essere al suo culmine con l'assedio di Beirut e l'atroce assassinio del Presidente eletto, Béchir Gemayel - e permettetemi di dire come io prenda parte al vostro dolore personale, all'afflizione dei vostri cari genitori, Cheikn Pierre e la sua sposa, e a quello di vostra cognata, rimasta vedova con due bambini piccoli -, è proprio in quel momento che è sorto nel popolo libanese come un sussulto di amore per la patria e di spirito fraterno, che ha spinto i suoi rappresentanti legittimi, i deputati dell'Assemblea Nazionale, ad unirsi nella scelta di vostra Eccellenza come Presidente della Repubblica.

Nello stesso tempo, voi stesso e i vostri concittadini avete potuto constatare come, a questo spirito d'intesa dei libanesi, faceva eco l'interesse cordiale e concreto dei paesi amici, non solamente della regione del Medio Oriente, ma delle diverse parti del mondo e della Comunità Internazionale.

Tra gli "amici del Libano" - nessuno lo dubita - c'è la Santa Sede. E non esito ad affermare che l'affetto e l'interesse che essa nutre nei confronti del Libano rivestono un carattere del tutto particolare e si sono manifestati in molte maniere e da molto tempo, ma soprattutto nel corso di questi dolorosi anni.

Vostra Eccellenza si ricorda sicuramente dei gesti così toccanti del venerato Papa Paolo VI verso il vostro paese, come anche dell'intervento eccezionale dei Cardinali che, alla vigilia del Conclave dell'ottobre 1978, inviarono dei messaggi ai Responsabili, affinché cessassero i combattimenti in corso sul suolo libanese. Durante i quattro anni del mio pontificato, ho avuto la preoccupazione costante della sorte del Libano e non posso dimenticare in particolare l'incontro che ho avuto con il vostro illustre predecessore, sua Eccellenza Elias Sarkis. Voglio ugualmente ricordare la missione compiuta in Libano dal Cardinale Paolo Bertoli, antico Nunzio Apostolico nel vostro paese, e la visita fatta dal Cardinale Agostino Casaroli, mio Segretario di Stato.

Perché la Santa Sede nutre questo speciale interesse per il Libano? Rispondo: innanzitutto, io non posso dimenticare che su questa terra c'è una comunità maronita estremamente viva, radicata da secoli nella rude montagna libanese e guidata oggi dal suo Patriarca, il mio fratello carissimo Antoine-Pierre Khoraiche. Questa comunità, di cui voi stesso fate parte, ha dato alla Chiesa belle figure di santi. Essa è sempre stata unita da stretti legami alla Sede Apostolica. Ed ha giocato un ruolo determinante per l'indipendenza del Libano. Poi perché i Maroniti e le altre comunità cristiane danno una splendida testimonianza evangelica, che irradia in tutto il Medio Oriente, culla delle tre grandi religioni monoteistiche. Infine, perché il Libano è stato e continuerà ad essere - esprimo questa convinzione - un paese di vita in comune e di collaborazione tra comunità etniche e religiose diverse; tra cristiani, cattolici, ortodossi o altri da una parte, e musulmani, sunniti, sciiti o drusi dall'altra.

Sono altrettante comunità religiose che hanno salvaguardato la loro propria identità, e partecipano così in modo appropriato alle istituzioni, alle attività comuni e al bene generale della patria.

Vostra Eccellenza non si nasconde le difficoltà che comporta, specialmente in questo momento, la responsabilità che gli è stata affidata. Si tratta infatti di recuperare l'indipendenza reale e la piena sovranità dello Stato libanese sulla totalità del suo territorio nazionale. Poi, vi sono i problemi della ricostruzione materiale e soprattutto sociale e morale del paese; penso, tra gli altri, alla cancellazione dei rancori generati dalla guerra, alla instaurazione di uno spirito di intesa e pacifica attività tra tutti i libanesi e specialmente tra i giovani.

Vostra Eccellenza mette al primo posto del suo programma la piena riconciliazione tra tutti i suoi cittadini, che devono potersi sentire uguali, sia nei loro diritti che nei loro doveri verso la patria, mantenendo giusti legami con le rispettive comunità. E' così che rinascerà il nuovo Libano, che il mondo guarderà come un paese certamente antico sul piano della civilizzazione e della religione, ma capace di offrire oggi a tutti i popoli un bellissimo esempio di dinamismo, di cultura e di spiritualità, grazie alla collaborazione di tutti i suoi figli, ivi compresi coloro che vivono all'estero.

Vorrei infine farvi partecipi di un mio desiderio che so che non mancherà di trovare una eco nei nobili cuori dei libanesi e in particolare in quelli dei miei figli cattolici a cui indirizzo qui un pressante appello a questo proposito: ho fiducia che il governo di vostra Eccellenza - con il pieno appoggio di tutto il popolo libanese - sarà in grado, benché sia impegnato nell'opera di risollevamento del paese, di contribuire attivamente alla soluzione definitiva della crisi del Medio Oriente e al risolvimento del problema del popolo palestinese.

Il Libano potrà fare questo in modo attivo e concreto: rimanendo nell'ambito che è il suo dopo la sua indipendenza, il vostro paese potrà impegnarsi ad appianare le divergenze ancora così profonde che persistono tra le parti in conflitto.

Con lo spirito e il cuore volti verso questa visione di pace, sono felice di rinnovare a vostra Eccellenza i miei voti ferventi per il successo della sua alta missione. Vi posso assicurare che per il suo compimento voi potete contare sull'aiuto cordiale e disinteressato della Santa Sede, nei campi in cui essa può agire e secondo i mezzi che le sono propri. Vi prego anche di credere, signor Presidente, che le mie preghiere vi accompagnano e salgono verso Dio onnipotente e verso la nostra Signora del Libano, affinché la vostra patria possa aprire una nuova pagina della sua storia e irradiare attraverso il mondo la sua immagine di un paese benedetto dall'Altissimo, ricco di civilizzazione, di spiritualità, di pace.




1982-10-21 Data estesa: Giovedi 21 Ottobre 1982




Lettera alla plenaria della Federazione delle conferenze episcopali dell'Asia - Bangkok (Thailandia)

Titolo: La Chiesa comunità di fede nel contesto dell'Asia

Testo:

Ai miei venerabili e cari fratelli Vescovi radunati in occasione della Terza Assemblea Plenaria della Federazione delle Conferenze Episcopali dell'Asia.

A voi, fratelli, e a tutti gli amati di Dio in Asia, "i quali sono santi per vocazione: grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Rm 1,7). Nel porgere il mio saluto a voi che siete Pastori delle Chiese locali in Asia, rivolgo il mio saluto anche a tutti i fedeli sparsi per tutto il vostro continente, per i quali voi rappresentate il Buon Pastore, Gesù Cristo.

Mi dà immensa gioia notare che voi avete scelto per le vostre riflessioni pastorali un soggetto di grande importanza e ricco di conseguenze di vasta portata: "La Chiesa, comunità di fede nel contesto dell'Asia". Questo tema costituisce un adeguato complemento alle vostre discussioni del 1978 sulla preghiera cristiana che costituisce una dimensione essenziale della vita ecclesiale dell'Asia, e che voi in modo così adeguato descrivete quale "nostra consapevole comunione personale con Dio nostro Padre in Cristo Gesù" ("Dichiarazione Conclusiva", 14). Questa comunione personale con Dio è realmente possibile proprio a causa della nostra fede, della nostra libertà nell'accogliere Cristo e la sua parola di salvezza.

Nel vostro sforzo di accentuare una visione della Chiesa come comunità di fede, voi sottolineate un aspetto fondamentale della sua vita e della sua attività, un aspetto che l'intera tradizione della Chiesa ha considerato l'inizio della salvezza e il fondamento e l'origine di ogni giustificazione (cfr. DS 1532) Cari fratelli, la fede non è soltanto la base della nostra vita cristiana e perciò la base di ogni comunità di seguaci di Cristo, ma è anche, nella potente espressione di san Giovanni, "la vittoria che ha sconfitto il mondo" (1Jn 5,4). La fede pasquale è l'adempimento della volontà di Dio per noi come ci ha insegnato lo stesso apostolo: "E questo è il suo comandamento, che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo..." (1Jn 3,23). Questo Gesù Cristo che noi accettiamo e proclamiamo è colui che "fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio" (2Co 13,4).

Gesù Cristo è realmente vivo in Asia: egli vive per la potenza di Dio nel vostro popolo che lo accetta nella fede e che è chiamato a vivere e a rendere testimonianza a quella fede, sia come individui che come comunità. Quali Pastori del gregge, vi è stato conferito un particolare carisma pastorale che vi rende capaci, in unione con la Chiesa universale, di aiutare il vostro popolo ad esprimere l'unica fede cattolica nel ricco contesto delle loro culture asiatiche.

Nelle membra del suo unico Corpo, l'unica Chiesa - vitalmente presente in tutto il vostro continente in numerose comunità di fede - Cristo indiviso vuole essere e divenire, sempre più, "asiatico". Ma ciò si può compiere solo mediante la fede della comunità, che a sua volta dipende dalla fedele proclamazione del Vangelo e dal suo essere autenticamente vissuto.

Parlando del mistero rivelato della Chiesa quale comunità locale di fede, noi cogliamo la sfida che ci viene rivolta come Pastori di vivere "nella fede del Figlio di Dio" (Ga 2,20). E' solo mediante la fede che noi possiamo conoscere il Gesù che proclamiamo; soltanto mediante la fede noi troviamo la forza e la capacità di rispondere a quel profondo desiderio del popolo, ricordato nel Vangelo e ripetuto in ogni generazione della storia umana: "Vogliamo vedere Gesù" (Jn 12,21). Partecipando grazie alla fede ai segreti della sua divina persona e conoscendo il mistero della sua identità di Figlio di Dio e Salvatore del mondo, possiamo procedere con fiducia ad annunciare Cristo e la sua Parola.

Ogni dimensione delle comunità ecclesiali è influenzata dalla fede dei loro Pastori. Per questa ragione l'appello che Cristo ci rivolge perché noi ci impegnamo nell'opera di evangelizzazione, è un appello affinché noi crediamo più fermamente in lui e nella sua Parola. La Chiesa è costruita sulla fede degli Apostoli e la loro personale accoglienza a Cristo. Il benessere della comunità di fede in Asia dipende dalla fede dei Vescovi d'Asia e dalla loro comunione personale col Signore.

E' solo nella luce della fede che i grandi problemi della vita ecclesiale possono essere affrontati. E' la fede che ci guida in tutti gli aspetti della nostra attività pastorale: nella adorazione divina e nella vita sacramentale, nella preghiera e nella catechesi, nelle nostre relazioni con i sacerdoti e i religiosi, nel nostro ministero verso la famiglia e tutti gli altri gruppi, nell'affrontare i problemi morali e le sfide che concernono il nostro popolo e la loro vita quotidiana. E' la fede che ci illumina e ci ispira nel nostro impegno di promozione della persona umana nella sua integralità e nel contributo alla protezione del benessere della società asiatica, dove milioni e milioni di uomini, donne e bambini chiedono che si riaffermi la loro dignità umana e si rafforzi la loro speranza nell'umanità.

Per noi Vescovi, la fede in Gesù Cristo e nella sua parola deve divenire la forza guida delle nostre vite. Che essa debba diventare anche la forza guida delle vite del nostro popolo è ciò che desideriamo promuovere nel nostro sforzo di costruire la Chiesa come comunità di fede nel contesto dell'Asia.

Amati fratelli, sono unito a voi in questo compito apostolico al quale siete stati chiamati e per il compimento del quale abbiamo ricevuto la forza da Dio. Noi lavoreremo insieme nell'unità della Chiesa universale, assistiti dallo Spirito Santo. Noi lavoreremo per la gloria della santissima Trinità e per il bene di tutta l'Asia. E facendo così, sapremo che Gesù Cristo è con noi, che egli è in mezzo a noi.

perciò, con le parole della lettera agli Ebrei, "corriamo con perseveranza nella corsa, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede" (12, 2). Si, noi compiremo insieme la nostra corsa tenendo fissi gli occhi su Gesù. E nel suo nome - nel santo nome di Gesù - vi benedico tutti.

Dal Vaticano, 16 ottobre 1982.




1982-10-21 Data estesa: Giovedi 21 Ottobre 1982




Alle religiose di Maria Bambina - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Diffondete nel mondo il messaggio d'amore di Gesù

Testo:

Cari fratelli e sorelle!


1. E' con viva gioia che ho accolto il desiderio manifestatomi da voi, care Religiose di Maria Bambina, di avere un momento di comunione, in occasione del vostro recente Capitolo Generale e del 150° anniversario di fondazione del vostro Istituto.

Esprimo innanzitutto il mio apprezzamento per l'impegno e per la vitalità della vostra famiglia spirituale. Queste realtà suscitano nel mio cuore sentimenti di conforto e di compiacimento; esse sono confermate dalla numerosa presenza di giovani che chiedono di condividere la vostra vita; dallo spirito cattolicamente universale che vi permette di svolgere un fruttuoso apostolato negli ambienti più diversi dell'Europa, dell'Asia, dell'Africa e dell'America, portando in tutti, secondo le esigenze proprie di ciascuno, l'unico messaggio d'amore di nostro Signore Gesù Cristo; dalla lodevole espansione verso il Sud della amata Patria d'origine della vostra Congregazione; dalla sensibilità ai più vivi ed urgenti problemi educativi della nostra gioventù.

Ed io stesso - lo sapete bene - ho fatto esperienza della vostra generosa dedizione al Policlinico "Gemelli". Allora voi avevate desiderato una Udienza in occasione dell'ultimo Capitolo Generale, ma il Signore dispose che io m'incontrassi inopinatamente con la vostra Congregazione - pur rappresentata nelle vostre consorelle che mi hanno assistito - in una forma diversa, forse più bella e più profonda, nella carità di Cristo vissuta e sofferta.


2. Oggi che il Signore ci consente di incontrarci tutti, assieme a laici e giovani da voi assistiti, ben volentieri voglio fermarmi con voi su alcuni pensieri che vi siano di sostegno e d'incitamento a rendere sempre più salda e feconda la vostra chiamata.

Siete appena uscite, dopo i lavori del vostro Capitolo Generale dell'anno scorso, da un recupero dello spirito originario pur nelle mutate condizioni del nostro tempo. Vi siete rese conto che, nonostante tali mutamenti, l'intuizione delle vostre sante Fondatrici è oggi più che mai valida e gode della piena approvazione della Chiesa. Mantenete vivo lo slancio che avete acquisito in questo avvenimento benedetto della vostra storia. Il "ritorno alle origini", nella vita cristiana e religiosa, non ha nulla di una retriva quanto impossibile reviviscenza di un passato ormai finito, ma al contrario è la capacità di riscoprire nel passato quelle sorgenti vive e zampillanti, quelle radici vigorose e nutrienti, che sono la ragione ultima delle nostre scelte di fondo, della nostra vita, della nostra storia presente e futura. E' la capacità di riagganciarci a quell'Eterno, nella nostra vita, che ci permette di dar senso e di animare tutti i momenti del nostro tempo, e di trovare in essi i "segni" di questo Eterno. E Chi è questo "Eterno", se non Cristo, "ieri, oggi e sempre" (He 13,8)?


3. Alimentatevi dunque costantemente all'esempio delle vostre sante Fondatrici, donne come voi, che hanno saputo realizzare, alla scuola della Vergine Maria e guidate da quella divina grazia della quale ella è piena, gli ideali più belli della vocazione religiosa femminile. Alimentatevi della loro tenacia, della loro fede, del loro coraggio, della loro umiltà, della loro carità, cercando di comprendere che cosa esse farebbero se vivessero oggi. Fate vostra la larghezza e l'universalità dei loro intenti, che hanno permesso e permettono alla Congregazione da loro fondata di dar prova di apertura evangelica e missionaria verso popoli e razze diverse. Non stancatevi, come già fate, di cercare, con la misericordia di Cristo, le situazioni di maggior bisogno delle vostre cure e delle vostre premure, soprattutto nel campo della gioventù smarrita e alla ricerca di amore e di ideali.


4. Compiti gravi. Compiti sovrumani. Ma il Signore è con voi, non temete.

Mantenete sempre il vostro compito nella elevatezza della sua natura originaria. A ciò Dio vi ha chiamate. A lui, che ve ne ha reputate capaci, il potere di confermarvi, di sostenervi, di rendervi capaci di compiere la missione che vi ha affidata.

Sappiate cogliere sempre e conservare le radici prime del vostro essere, che sono la volontà del Padre, la grazia di Cristo, la potenza dello Spirito, le Tre santissime Persone accolte ed operanti nel cuore purissimo della Madre di Dio, fin dal primo istante del suo concepimento. Siate anche voi, come Maria Bambina, il luogo benedetto, il tempio d'accoglienza di questo Infinito Mistero, affinché l'umanità affranta e sfiduciata possa trovare in questo "luogo" consolazione, luce e riposo.


5. Ed ora il mio caldo saluto va a voi, giovani e ragazzi, studenti e studentesse, gruppi parrocchiali che accompagnate queste care religiose, che con infaticabile sollecitudine si dedicano a voi.

Anche voi partecipate, nella condizione propria di laici, della fede e dello slancio spirituale delle sante Bartolomea e Vincenza: ne partecipate ricevendo il servizio spirituale delle vostre suore, e cercando di imitare, nelle due Fondatrici, quanto può essere di suggerimento per i doveri particolari del vostro stato di vita. Pure a voi fa bene guardare, come a modelli anche della vostra vita, agli esempi fulgidissimi e tuttora attuali di quelle due sante giovani e amiche, che hanno trovato il senso e il sapore della loro esistenza nell'amore a Cristo e ai fratelli.

Sappiate dunque guardare a fondo nella realtà che queste vostre sorelle, questa loro grande famiglia internazionale può rappresentare per voi: cercate di comprendere il significato profondo della loro dedizione, e la sorgente prima dalla quale traggono o possono trarre la forza e la grandezza di questa dedizione.

Andate anche voi ad attingere a questa sorgente! Radicatevi anche voi in queste radici! Il vostro cuore si allargherà, la vostra forza aumenterà, i vostri giorni si faranno più intensi di gioia vera ed interiore.

Vivete intensamente la vita cristiana e vi accompagni la mia benedizione e la protezione di Maria Bambina.




1982-10-23 Data estesa: Sabato 23 Ottobre 1982




A Vescovi del Congo in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il legame con la vostra cultura originale condizione indispensabile all'evangelizzazione

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato,


1. So quanto la vostra gioia sia profonda nel compiere la vostra visita "ad Limina", di venire alla fonte dell'unità ecclesiastica, di vedere e sentire il Successore di Pietro. Credetemi, la mia felicità è grande almeno quanto la vostra! E' sicuramente una grazia permanente per il Vescovo di Roma amare di uguale affetto tutte le Chiese locali disseminate in tutto il mondo e di servirle, alla maniera di Cristo e sulle tracce di numerosi e santi Papi. Rendiamo grazie insieme per questo incontro fraterno! Che il Signore lo renda fruttuoso per la diocesi della Repubblica Popolare del Congo, dove, il 5 maggio 1980, mi fu data la possibilità di vivere ore indimenticabili, sia alla cattedrale di Brazzaville che sulla spianata del Boulevard des Armées.


2. Innanzi tutto, vorrei assicurare voi, e attraverso voi, la vostra diocesi, che condivido profondamente le gioie e le speranze che suscitano nel vostro cuore la preparazione e lo svolgimento delle feste che segneranno, il 28 agosto 1983, il centenario dell'annuncio e della diffusione del Vangelo nel vostro paese, ad opera di quei pionieri ormai celebri che furono Mons. Carrie e Mons. Augouard. Approvo calorosamente il progetto della vostra Conferenza episcopale di festeggiare questo avvenimento sotto il segno del Rinnovamento, sul piano della fede, della preghiera, della vita familiare, nell'impegno sociale. Come Cristo ordino a Pietro e ai suoi compagni, io vi ridico oggi: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete..." (Jn 21,6). Gli ostacoli non mancano, voi lo sapete meglio di chiunque. Se si possono paragonare a delle correnti contrarie, a dei venti taglienti, a delle onde pericolose, bisogna avanzare, bisogna faticare per le generazioni future, procedendo sicuramente in altro modo che i primi evangelizzatori del Congo, ma ispirandovi sempre al loro coraggio e alla loro fede a prova di tutto.


3. La Chiesa intera gioisce di sapere che il 40% della popolazione totale del vostro paese ha ricevuto la grazia del battesimo, anche se non tutti quei battezzati, per motivi diversi, hanno sviluppato al massimo questa grazia iniziale. Questo popolo cristiano beneficia del ministero episcopale di tre Pastori usciti dal suo grembo, dell'impegno sacerdotale di una cinquantina di preti congolesi, della testimonianza evangelica di una sessantina di religiose del paese. La Chiesa intera gioisce anche di sapere che i laici cristiani, coraggiosamente impegnati in diversi movimenti d'apostolato, aumentano un po' alla volta in numero e sono sempre meglio formati. Ma potrebbe un albero crescere e fruttificare se fossero tagliate le radici? Con questo, penso a quelli che hanno piantato il Vangelo nel secolo scorso e in questo nella vostra regione. Quei lavoratori del Signore venivano da altri luoghi. E' vero! Ma non è forse sempre stato così dall'inizio del cristianesimo? Sono sempre delle comunità cristiane che fanno nascere altre comunità cristiane, con le ricchezze e i limiti di tali operazioni. Resta il fatto che ogni popolo attinge delle forze, spesso una rinascita, e sempre la sua unità quando conserva fedelmente la memoria di coloro che gli hanno trasmesso il meglio di sé con il dono della vita, l'attaccamento a degli ideali di valore, a una cultura originale. Tutta la Chiesa locale deve ugualmente riconoscere e amare la propria storia, serbare rispetto e riconoscenza al lavoro già compiuto da altri, lavoro che ha sempre lo scopo di aprire gli animi e i cuori alla persona e al messaggio di Gesù Cristo.


4. I vostri rapporti mi hanno lasciato vedere dove si situano le vostre difficoltà e le vostre inquietudini. Ho sentito che misurate con realismo un cedimento dei valori morali quali il rispetto della persona, il rispetto del bene pubblico, lo spirito civico, il senso della solidarietà e della condivisione. Ho sentito anche le vostre sofferenze davanti all'indifferenza religiosa di numerosi battezzati, alla seduzione di un materialismo pratico, che non vede più l'utilità, ne, sfortunatamente, il valore, delle verità rivelate dal Cristo e fedelmente proclamate dalla Chiesa che ha fondato per "insegnare a tutte le nazioni".

Ecco perché, fratelli carissimi, colgo l'occasione della vostra visita "ad Limina" per fare da eco ad un punto dei vostri rapporti e per incoraggiarvi fortemente a vedere fra di voi, e anche fra i vostri preti e i vostri laici impegnati, come, in occasione del primo centenario dell'evangelizzazione del Congo, si potrebbero realizzare concretamente delle nuove circoscrizioni ecclesiastiche, che faciliterebbero sicuramente una migliore evangelizzazione del vostro paese. Da parte sua, la Santa Sede non chiede che di ascoltarvi ed aiutarvi. Le diocesi a dimensione umana, dovunque sia stato deciso di istituirle e dopo un inevitabile periodo di delicato rodaggio, hanno progressivamente dimostrato un dinamismo che fa spesso pensare alle giovani comunità al tempo dell'apostolo Paolo. Bisogna ugualmente aggiungere - ma voi ci pensate certamente - che la vostra Conferenza episcopale, arricchendosi di nuovi membri, ci guadagnerebbe sia a livello di fraternità che sul piano delle responsabilità regionali o nazionali da condividere. Che lo Spirito di saggezza ci illumini tutti al fine di proseguire sulla buona strada e per il bene più grande del popolo cristiano che vive sulla terra del Congo!


5. Un'altra grande preoccupazione che faccio mia è quella del numero e della qualità dei vostri collaboratori d'oggi e di domani, i preti ed i seminaristi delle vostre diocesi. Dite loro quanto il Papa conti sulla loro generosità, sul loro attaccamento, già solennemente suggellato dal sacramento dell'Ordinazione, o che sta per esserlo, alla persona di Cristo e alla sua opera di redenzione. Il clero africano ha già dato alla Chiesa molti vescovi e preti di valore. L'Africa - questo grande continente ricco di sviluppo malgrado aree di miseria e sofferenza ancora troppo numerose - avrà sempre più bisogno di vescovi e preti d'élite, di ministri - oso dirlo - veramente appassionati di Gesù Cristo! Attualmente, lo sapete quanto altri episcopati africani, avete ancora bisogno della cooperazione delle Chiese che ieri hanno piantato il Vangelo nel vostro continente e ne hanno curato il radicamento. Non privatevi sconsideratamente della loro presenza. Che ci sia dialogo, fiducia e concerto fra voi e il vostro clero da un lato, e, dall'altro, fra voi e quei missionari, religiosi o religiose venuti d'altrove. I miei viaggi pastorali in Africa mi hanno fatto sentire che è sempre il momento per la cooperazione fra Chiese antiche e Chiese più giovani.


6. Infine, penso ai problemi del laicato cristiano in Congo. Dire che non è facile essere cristiani oggi è un constatazione che non risolve niente. I paesi evangelizzati da lungo tempo hanno le loro ragioni per dirlo. I paesi in via di sviluppo e toccati dal Vangelo in tempi più recenti hanno altri motivi per affermarlo. Le spiegazioni sociologiche non sono da disprezzare. Ma quando mai, dunque, e in quali regioni del mondo l'appartenenza a Gesù Cristo Salvatore e la fedeltà al suo messaggio universale di salvezza sono state facili? Mi sembra sempre più che le civiltà, così diverse in tutto il mondo, debbano tutte fare una scelta se vogliono vivere o sopravvivere nel senso che Cristo Gesù - lo "Ecce Homo" come diceva Pilato senza credere che quell'uomo fosse abitato dalla divinità e portatore di un messaggio divino per ogni uomo e per tutti gli uomini - è non solo il rivelatore qualificato del vero messaggio di Dio, ma anche del vero volto dell'uomo e, dunque, del senso della sua vita personale e sociale. Queste considerazioni di fondo mi conducono ad incoraggiarvi più che mai alla formazione di un laicato africano e congolese capace di rendere conto della propria fede cristiana, e capace d'inserirsi in modo credibile nelle strutture socio-professionali del paese per giocarvi - come dice chiaramente il Vangelo - il ruolo del lievito nella pasta. Sono ancora pochi in questo momento. ma voi mi dite che il loro numero aumenta. E' sempre stato che i Pastori debbano investire molto per la formazione dei laici secondo lo spirito del Concilio Vaticano II. Ciò che conta sempre e ovunque, è la qualità. Secondo il celebre filosofo Bergson, la qualità e già la quantità allo stato nascente. Prego con voi perché tutti i movimenti esistenti e di cui mi avete parlato, dai catechisti ai Giovani Testimoni di Cristo, passando per le famiglie cristiane e i Focolari, si caratterizzino per un approfondimento della fede ed un impegno preciso e spesso riconsiderato nel loro ambiente di vita.


7. Che questo incoraggiamento in occasione della vostra visita "ad Limina" e a qualche mese dai festeggiamenti del centenario dell'Evangelizzazione del Congo, siano per voi, per i vostri preti e i vostri seminaristi, per i religiosi e le religiose che cooperano all'attività delle vostre diocesi, e per tutti i vostri cristiani di Brazzeville, di Owando, e di Pointe-Noire, fonte di luce e di fervore, affinché la rinascita sperata diventi realtà, per la gloria del Signore e per la gioia di tutti coloro che hanno contribuito ieri e che contribuiscono oggi all'edificazione della Chiesa e al bene generale del vostro paese.

Benedico di tutto cuore voi, il vostro clero e i vostri fedeli.


[Traduzione dal francese]




1982-10-23 Data estesa: Sabato 23 Ottobre 1982




Ai partecipanti a un convegno della pontificia accademia delle scienze - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La sperimentazione in biologia deve contribuire al bene integrale dell'uomo

Testo:

Signor Presidente, Signore e Signori.


1. Desidero ringraziarvi vivamente per questa vostra cortese visita e rallegrarmi sinceramente per i vostri lavori, di cui mi ha parlato il professor Chagas.

Permettete che anzitutto mi feliciti col Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze per l'intensa attività svolta in vari campi della scienza e per le iniziative intraprese per il bene dell'intera umanità, come il recente appello contro la guerra nucleare, sottoscritto da circa 40 Presidenti di Accademie di tutto il mondo e da altri scienziati, convocati il 23 e 24 settembre nella Casina Pio IV, sede della nostra propria Accademia.


2. Il lavoro da voi compiuto durante questi giorni, oltre a essere di alto valore scientifco, è pure di grande interesse per la religione. Il mio predecessore Paolo VI, nel suo discorso all'ONU del 4 ottobre 1965, parlava dal punto di vista di "esperto in umanità"; ora questa esperienza è dovuta alla saggezza propria della Chiesa, ma inoltre all'aiuto che viene dalla cultura, di cui le scienze della natura sono un'espressione sempre più importante.

Nel mio discorso all'UNESCO del 2 giugno 1980 dissi - e ora amo ripeterlo con voi, signori scienziati - che esiste un "legame organico e costitutivo tra la cultura e la religione". Debbo inoltre confermare dinanzi a questa illustre assemblea quanto dissi nel mio discorso del 3 ottobre 1981 alla Pontificia Accademia delle Scienze, nell'occasione dell'annuale Settimana di Studio: "Nutro una sicura fiducia nella comunità scientifica mondiale, e in modo molto particolare nella Pontificia Accademia delle Scienze, certo che grazie a loro i progressi e le ricerche biologiche, come del resto tutte le altre ricerche e le loro applicazioni tecnologiche si compiranno nel pieno rispetto delle norme morali, salvaguardando la dignità degli uomini, la loro libertà e la loro uguaglianza". E aggiungevo: "E' necessario che la scienza sia sempre accompagnata e controllata dalla saggezza che appartiene al permanente patrimonio spirituale dell'umanità e che si ispira al disegno di Dio inscritto nella creazione prima di essere in seguito annunciato dalla sua Parola".


3. Scienza e saggezza, che nelle loro più varie e vere espressioni costituiscono un preziosissimo patrimonio dell'umanità, sono al servizio dell'uomo. La Chiesa è chiamata, per sua essenziale vocazione, a promuovere il progresso dell'uomo, poiché, come scrivevo nella mia prima enciclica "Redemptor Hominis": "L'uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione: egli è la prima e fondamentale via della Chiesa, via tracciata da Cristo stesso" (RH 14). L'uomo è pure per voi il termine ultimo della ricerca scientifica, l'uomo tutto intero, spirito e corpo, anche se l'oggetto immediato delle scienze che voi professate è il corpo in tutti i suoi organi e i suoi tessuti. Il corpo dell'uomo non è indipendente dallo spirito come lo spirito non è indipendente dal corpo per l'unità profonda e la mutua interferenza che esiste tra l'uno e l'altro.

L'unità sostanziale tra lo spirito e il corpo, e indirettamente col cosmo, è così essenziale che ogni attività umana, anche la più spirituale, è in qualche modo permeata e colorita dalla condizione corporea; mentre il corpo dev'essere a sua volta governato e finalizzato dallo spirito. Non c'è dubbio che le attività spirituali dell'uomo promanano da un centro individuale personale, che è predisposto secondo il corpo a cui lo spirito è sostanzialmente unito. Da ciò la grande importanza per la vita dello spirito delle scienze che promuovono la conoscenza della realtà e attività corporea.


4. Di conseguenza non ho motivi di apprensione per le sperimentazioni in biologia compiute da scienziati che abbiano, come voi, un profondo rispetto per la persona umana, poiché sono sicuro che esse contribuiranno al bene integrale dell'uomo.

D'altra parte condanno nel modo più esplicito e formale le manipolazioni sperimentali dell'embrione umano, poichè l'essere umano dal suo concepimento alla morte non può mai essere strumentalizzato per nessuno scopo. Infatti, come ha insegnato il Concilio Vaticano II, "l'uomo è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa" (GS 24). E' degna di apprezzamento l'iniziativa di quegli scienziati che hanno espresso il loro dissenso a proposito delle sperimentazioni che violano la libertà umana, e lodo coloro che hanno cercato di stabilire le regole e i limiti degli interventi sperimentali che concernono l'uomo, con pieno rispetto della sua dignità e libertà.

Le sperimentazioni che voi avete discusso tendono ad approfondire la conoscenza dei meccanismi più intimi della vita, mediante dei modelli artificiali, quali la cultura dei tessuti e su delle specie animali geneticamente selezionate.

Inoltre voi avete indicato delle esperienze da compiersi mediante degli embrioni animali, che permettono di conoscere più da vicino i determinismi delle differenziazioni cellulari.

E' da sottolineare che le nuove tecniche, come la cultura delle cellule e dei tessuti, abbiano avuto un notevole sviluppo che consente un progresso assai importante delle scienze biologiche e siano inoltre complementari della sperimentazione sugli animali. E' certo che l'animale è al servizio dell'uomo e può quindi essere oggetto di sperimentazione, ma tuttavia dev'essere trattato come una creatura di Dio, destinata si a cooperare al bene dell'uomo, non pero ai suoi abusi; pertanto la diminuzione di sperimentazioni su animali, progressivamente resesi sempre meno necessarie, corrisponde al disegno e al bene dell'intera creazione.


5. Ho appreso con soddisfazione che tra gli argomenti trattati durante la vostra Settimana di Studio avete preso in considerazione quelle esperienze "in vitro" che hanno consentito di ottenere dei progressi per la cura delle malattie dipendenti da cromosomi difettosi.

E' inoltre da sperare, sempre in ordine ai vostri lavori, che le nuove tecniche di modificazione del genome (génome), in casi particolari di malattie genetiche o cromosomiche, costituiscono motivo di speranza per una grande quantità di persone colpite da quelle infermità.

Si può inoltre pensare che mediante il trasferimento di geni, si possa giungere a curare talune specifiche malattie, tra le quali l'anemia falciforme (anémie falciforme) che colpisce in molti paesi individui della stessa origine etnica. Si deve inoltre rammentare che delle malattie ereditarie possono essere evitate mediante il progresso della sperimentazione biologica.

La ricerca della biologia moderna fa sperare che il trasferimento e le mutazioni dei geni possano migliorare le condizioni di quanti sono colpiti da malattie cromosomiche, e possono anzi guarire i più piccoli e deboli tra gli esseri umani, durante la loro vita intrauterina e nell'immediato periodo dopo la nascita.


6. Desidero rammentare da ultimo, insieme con i pochi casi che ho citato di benefici provenienti dalla sperimentazione biologica, gli importanti vantaggi che provengono dall'aumento di prodotti alimentari e dalla formazione di nuove specie vegetali a vantaggio di tutti e specialmente delle popolazioni più bisognose.

Terminando queste mie considerazioni che vi dimostrano quanto io approvi e appoggi le vostre ricerche, riaffermo che esse tutte debbono subordinarsi ai principi e valori morali che rispettano e realizzano nella sua pienezza la dignità dell'uomo. Faccio voti che gli scienziati dei paesi che hanno sviluppato le tecniche moderne più avanzate tengano in gran conto i problemi dei paesi in via di sviluppo e, al di fuori di ogni opportunismo economico e politico, che ricrea gli schemi del vecchio colonialismo in una nuova edizione scientifica e tecnica, possa verificarsi un fruttuoso e disinteressato scambio, quale dev'essere quello della cultura in genere e della scienza in particolare, tra gli scienziati di nazioni a differenti gradi di sviluppo e possa così formarsi, in ogni paese, un nucleo di studiosi di alto valore scientifico.

Io chiedo a Dio, che è il Padre misericordioso di tutti gli uomini, e in particolare dei più abbandonati, di tutti coloro che non hanno né voce né potere, di orientare l'applicazione della ricerca scientifica alla produzione di nuovi alimenti, poiché una delle più grandi sfide che l'umanità deve fronteggiare, insieme col pericolo di un olocausto nucleare, è la fame dei piu poveri nel mondo.

Per questo fine e per ogni progresso dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, io invoco su di voi e sui vostri lavori scientifici, abbondanti benedizioni divine.




1982-10-23 Data estesa: Sabato 23 Ottobre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - L'incontro col Presidente della Repubblica del Libano - Città del Vaticano (Roma)