GPII 1982 Insegnamenti - Cordoglio per la morte di Guido Gonella

Cordoglio per la morte di Guido Gonella

Testo:

Nell'apprendere la mesta notizia dell'improvvisa morte dell'Onorevole Senatore Guido Gonella, suo diletto genitore, esprimo a lei, agli altri figli, ai nipoti e ai familiari tutti la mia viva partecipazione al loro dolore per la grave perdita del loro congiunto che fu sincero figlio della Chiesa, illustre statista, autorevole studioso e docente del diritto e dell'insegnamento sociale cristiano, del quale amo particolarmente ricordare la fede schietta, integerrima ed operante, l'appassionata ed ammirata opera prestata a "L'Osservatore Romano" in un drammatico e difficile periodo storico e infine l'alto e multiforme servizio reso per tanti anni al suo Paese e alla causa della libertà. Elevando fervide preghiere per invocare dalla divina bontà la pace eterna a chi, nelle pubbliche responsabilità ricoperte, seppe generosamente prodigarsi con vivace ingegno e singolare rettitudine per la promozione della giustizia e della pace, imparto volentieri a lei e famiglia la confortatrice benedizione apostolica.




1982-08-19 Data estesa: Giovedi 19 Agosto 1982




Lettera a scienziati riuniti a convegno - Erice (Trapani)

Titolo: Promuovere una cultura dell'amore

Al professor Antonino Zichichi, Direttore del Centro Internazionale per la Cultura Scientifica.

E' stato gentile da parte sua informarmi della Seconda Sessione del Seminario Internazionale sulle Conseguenze Mondiali di un possibile Conflitto Nucleare, che si terrà dal 20 al 23 agosto presso il Centro Internazionale per la Cultura Scientifica di Erice, del quale lei è Direttore.

Mentre la ringrazio per questo gesto così sollecito, desidero estendere il mio saluto deferente a tutti gli illustri scienziati e agli altri esperti che si raduneranno là per studiare uno dei problemi più cruciali ed inquietanti per gli uomini di oggi ed esprimere i miei auguri migliori affinché i loro generosi sforzi siano coronati da risultati consolanti.

Non spetta a me addentrarmi negli aspetti tecnici dei temi che saranno trattati nel vostro Seminario. Un aspetto è comunque strettamente legato alla mia missione pastorale ed è oggetto di profonda preoccupazione. Riflettere sulla possibilità e le conseguenze di una guerra nucleare significa considerare la sopravvivenza stessa della umanità e il destino dell'eredità accumulata lungo i secoli della civiltà umana.


Si tratta di un problema inquietantemente radicale, a proposito del quale più volte mi sono sentito in dovere di parlare con forza in difesa dell'uomo e della civiltà. L'ho fatto di fronte ad istituzioni internazionali come l'Organizzazione delle Nazioni Unite (2 dicembre 1979) e l'UNESCO (2 giugno 1980), durante i miei pellegrinaggi apostolici, specialmente ad Hiroshima (25 febbraio 1981) e Coventry (30 maggio 1982), e in varie allocuzioni ad autorità di nazioni e a coloro che svolgono ruoli di responsabilità nella comunità scientifica. Ho anche inviato delegazioni composte da membri della Pontificia Accademia delle Scienze nelle capitali di alcuni paesi in possesso di armi nucleari, per rendere noti i risultati di uno studio sugli effetti catastrofici di un conflitto nucleare.

In tutte queste occasioni ho parlato a nome della coscienza di milioni di persone, e in accordo al mio ministero ho lanciato un appello per un arresto della corsa agli armamenti, specialmente per quanto concerne le armi nucleari, in modo da porre le basi per un reale progresso volto al disarmo e alla pace.

Gli scienziati e coloro che si occupano della applicazione tecnologica delle scoperte scientifiche hanno un ruolo particolare da svolgere in questo campo. In vista della loro particolare responsabilità mi prendo la libertà di rivolgere questo messaggio a tutte le illustri personalità che parteciperanno al Seminario.

Voi partecipanti vi trovate in una posizione privilegiata rispetto ad altri nel valutare gli effetti apocalittici di una guerra nucleare: in particolare, le inaudite sofferenze e la tremenda distruzione di vite umane e di opere che sono frutto della civilizzazione. Voi potete più facilmente costatare che la logica della dissuasione nucleare non può essere considerata un traguardo finale o un mezzo appropriato e sicuro per salvaguardare la pace internazionale.

L'equilibrio delle armi nucleari è un equilibrio del terrore. Ha gia inghiottito troppe risorse dell'umanità per opere e strumenti di morte. E sta continuando ad assorbire immense energie intellettuali e fisiche, allontanando la ricerca scientifica dalla promozione dei valori umani più autentici e indirizzandola alla produzione di dispositivi distruttivi.

In questo modo la scienza stessa è degradata ed è in un certo senso svuotata del suo significato più profondo: la scoperta delle leggi universali e immutabili che governano la natura, in modo da offrire all'uomo un dominio (cfr. Gn 1,28) consistente in una adesione docile e consapevole al fine d'amore che il Creatore ha affidato alla natura fin dall'inizio.

Scienza e religione non sono affatto in contrasto tra loro. Sono entrambe impegnate nella realizzazione dei piani di Dio per l'uomo. Da parte sua, l'uomo ha la terribile responsabilità di prendere decisioni o in armonia o in contrasto con quei piani, creando così una cultura o d'amore o di odio.

Per questa ragione, la Chiesa, conscia delle tentazioni al male che possono allettare il cuore umano, proclama la verità di Cristo, il Redentore dell'uomo, che ha seminato il seme di un'autentica civiltà dell'amore, dando a coloro che credono in lui il coraggio di essere fratelli e sorelle di tutti coloro che sono figli dello stesso Padre del cielo, e concedendo la grazia che trasforma il cuore umano, rendendolo docile all'insegnamento di Dio (cfr. Jn 6,45).

Desidero lanciare un accorato appello a voi scienziati, al vostro impegno, al vostro prestigio, alla vostra coscienza, affinchè facendo luce sugli effetti insensati e catastrofici della guerra, voi possiate promuovere una cultura - la sola cultura degna dell'uomo - basata sui valori perenni della verità e dell'amore.

Sui lavori del vostro Seminario invoco la luce e l'incoraggiamento dell'Altissimo.

Castel Gandolfo, 14 agosto 1982.




1982-08-20 Data estesa: Venerdi 20 Agosto 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Il dolore del Libano ammonisce ad essere sempre costruttori di pace

Testo:


1. "Cristo ha amato la Chiesa" (Ep 5,25).Riuniti nell'ora di mezzogiorno, per recitare l'"Angelus", ritorniamo, ancora una volta, col pensiero alla liturgia dell'odierna domenica. Dalla Parola di Dio desideriamo attingere la luce, e mediante la preghiera unirci a Colui che è la Sorgente della verità e della vita delle nostre anime.

"Cristo ha amato la Chiesa - ricorda l'odierna liturgia, attingendo alla lettera agli Efesini -, ha amato, e ha dato se stesso per lei, per renderla santa... al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa" (Ep 5,25-27).


2. Recitando l'"Angelus" meditiamo sul primo e decisivo momento di quell'amore di Cristo verso la Chiesa: cioè verso tutti gli uomini abbracciati dalla potenza del suo mistero salvifico.

E' per quest'amore che il Verbo si è fatto Uomo.

"E il Verbo si è fatto carne", come meditiamo nella nostra preghiera.

Pertanto, meditiamo in essa sull'amore di Cristo, del Verbo Incarnato, verso la Chiesa in ogni uomo. Meditiamo sull'amore di Cristo verso ogni uomo, che in qualsiasi modo viene abbracciato dal mistero della Chiesa. Così ci insegna l'ultimo concilio nella costituzione "Lumen Gentium".

perciò, pregando, chiediamo che in ogni uomo si risvegli la coscienza di essere amato da Cristo Crocifisso e Risorto. Che si risvegli in ciascuno la speranza dell'eterna salvezza in Dio.

E noi, qui presenti, quanto dobbiarno ringraziare nostro Signore di averci amati nella Chiesa e di aver dato se stesso per noi!


3. In modo particolarissimo ringraziamo per averci dato Maria, la Madre di Dio.Oggi, ottavo giorno dopo l'Assunzione, ricordando la sua incoronazione, la sua dignità di Regina in Cristo, i nostri cuori sono colmi di gratitudine verso la santissima Trinità. Ringraziamo Cristo - esprimendoci ancora una volta con le parole della lettera agli Efesini -, che, in lei, Assunta, ha voluto "farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia... ma santa e immacolata".

Ringraziamo per la gloria di Maria, per la sua eterna glorificazione in Dio, per la sua incoronazione.

Sii salutata, tu che sei la gloria della Chiesa e di tutto il Popolo di Dio sulla terra!


4. E così, con riferimento all'odierna liturgia, sviluppiamo quel dialogo santo della preghiera e della contemplazione, seguendo il concetto delle parole di Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68).

Recitando l'"Angelus", desideriamo rinnovare in noi la potenza delle parole di vita eterna, che provengono da Cristo stesso. Le ha lui soltanto. Nessun altro. Desideriamo rinnovare in noi la potenza delle sue parole e l'azione di quest'amore, con cui ci ha amati nella Chiesa, donando se stesso. Rinforzati in questo modo, desideriamo vivere continuamente a lode della sua Maestà Divina.

Anche oggi il mio pensiero si rivolge alla cara terra del Libano, devastata dagli orrori della guerra.

Per oltre due mesi, dall'inizio del conflitto, speranze, timori e incertezze si sono susseguiti in un alternarsi di schiarite e di delusioni.

Finalmente sembra che abbiano prevalso la buona volontà e il senso di responsabilità e che sia iniziato il cammino verso una soluzione.

L'animo di tutti noi si apre alla speranza per l'intesa raggiunta, ma non possiamo dimenticare le tante vittime innocenti, le sofferenze e le distruzioni causate da un conflitto così sanguinoso.

Madre Teresa, che aveva recato a Beirut una testimonianza dell'amore di Gesù per i poveri e i sofferenti, mi ha portato in questi giorni l'eco dolente delle distruzioni e delle privazioni di quelle popolazioni.

Tanto dolore sia un monito per tutti gli uomini di buona volontà ad essere costruttori di pace, a non cercare la soluzione dei problemi nella forza distruttrice delle armi, ma ad affrontarli con spirito di dialogo e di comprensione.

Vi esorto, perciò, ad unirvi a me nella preghiera, affinché il Sigmore continui ad illuminare coloro che, con le loro decisioni, devono consolidare questa concreta speranza di pace.


[Omissis. Seguono i saluti in altre lingue: francese, inglese, tedesca, spagnola, portoghese]




1982-08-22 Data estesa: Domenica 22 Agosto 1982




Ai giovani del Centro italiano di solidarietà - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Usiamo bene il ricco dono della nostra umanità


Voglio ringraziarvi per la vostra visita. Non è la prima visita, è la quinta. Sempre queste visite sono legate da un programma e voglio ringraziarvi di questo programma artistico, molto impressionante. E', possiamo dire, lo stile del vostro ambiente, della vostra assemblea di solidarietà. Interpretando ciò che voi avete espresso in modo artistico, vorrei dire uno o due pensieri che toccafsno la stessa realtà.

Il primo è quello che Dio ci ha creato a sua immagine e somiglianza, ci ha dato la nostra umanità come compito, come impegno. E' un dono impegnativo, anzi, molto impegnativo: la nostra umanità. Da quel dono, se lo riceviamo con impegno e come impegno, possiamo avere molti frutti perché è un dono ricco, la nostra umanità, la nostra personalità umana, un dono ricco; possiamo dire tanto ricco che porta in sé un rischio, quello di non essere usato bene. Deve essere usato bene, deve essere coltivato bene per raggiungere quello che è proprio della persona umama, dell'uomo, di ciascuno di noi. Ecco il primo pensiero.

Il secondo pensiero è molto vicino al primo. Noi realizziamo la nostra personalità se ascoltiamo molte parole di Cristo, ma se ascoltiamo, fra tante parole di Cristo, quella parola che ci dice di acquistare la nostra anima.

Dobbiamo entrare in possesso della nostra anima. Allora dobbiamo acquistare il possesso di questa nostra anima, cioè del nostro io spirituale, interno, costitutivo della nostra personaliià. Ecco, questo rappresenta un compito, un compito continuo, un compito e, direi di più, una lotta, una lotta propria di ciascuno di noi. Dobbiamo sempre riflettere sulla composizione del nostro io umano. Questo io è limitato come corpo, come natura. Sono i limiti di quella natura e si deve sapere come muoversi bene dentro questi limiti per non distruggere la natura, il corpo, perché il corpo, la natura porta la nostra personalità. Dobbiamo imparare sempre che questo è l'essenziale del compito, della lotta, imparare come nel nostro io umano far dominare la natura, il corpo o il corporale dallo spirituale, dall'intelletto, dalla volontà. Questo costituisce un compito, come ho detto, anche una lotta, ma questo costituisce anche la bellezza propria della vita umana. La vita umana è bella, è attraente perché l'uomo rappresenta per se stesso un compito, un impegno perché dobbiamo imparare come entrare in possesso della nostra natura, del nostro corpo, come costruire il nostro io, come possedere se stessi. Ma non possedere egoisticamente, possedere se stessi per se stessi, possedere sempre per poter fare del nostro io, di se stessi, un dono agli altri, per essere un uomo per gli altri, per i più vicini e i più lontani, specialmente per quelli più vicini e poi per i più lontani e poi per tutti. Dobbiamo essere possibilmente un dono per ciascun altro, per ciascun uomo che ci aspetta. E così si compie la nostra vocazione umana e troviamo il senso della nostra esistenza umana e la gioia.

Ho detto queste poche parole, poche o forse troppe, per interpretare il nostro incontro, per interpretare soprattutto il programma di quest'incontro, il programma cantato, il programma testimoniato e soprattutto il programma artistico espresso con gesti molto significativi. Vi ringrazio per questo programma. Vi chiedo di accettare la mia interpretazione, le mie parole. Queste parole sono anche i miei voti, i miei auguri per ciascuno di voi, per tutta la vostra comunità, per la vostra solidarietà, per tutti questi sforzi che si fanno per dare alla vita di ciascuno e alla vita di tutti una dimensione umana profonda e anche cristiana. In questo vi auguro tutti i successi possibili. Vorrei che sapeste che ogni vostro successo potrebbe sembrare un piccolo passo, ogni vostro successo è la gioia degli altri e anche la mia gioia. E' anche la mia gioia. Gioisco per i vostri successi, gioisco per i vostri progressi. Con questi sentimenti vi offro, alla fine del nostro odierno incontro, la mia preghiera e la mia benedizione.




1982-08-22 Data estesa: Domenica 22 Agosto 1982




In occasione della XVI giornata internazionale dell'alfabetizzazione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera al direttore generale dell'UNESCO

Al Signor Amadou-Mahtar M'Bow Direttore Generale dell'UNESCO L'otto settembre voi invitate a celebrare la giornata internazionale dell'Alfabetizzazione, che, con il suo sedicesimo anno d'esistenza, dimostra la perseveranza con la quale l'UNESCO lavora a promuovere, in questo campo primordiale, lo sviluppo della persona umana, a partire dai suoi bisogni più elementari. Tutti gli uomini e le loro istituzioni devono veramente prenderne coscienza e fornire il loro contributo in merito, in misura dei loro mezzi.

Il nuovo ordine internazionale che gli uomini di buona volontà si propongono di instaurare non implica forse che i più sfortunati prendano pienamente ed interamente il loro posto nella società moderna e non siano più trattati come emarginati? Orbene, gli analfabeti sono fortemente svantaggiati nel loro progresso culturale, nelle loro relazioni quotidiane, nel loro inserimento nei diversi ambienti di vita e nelle loro possibilità di lavoro. E' un grave handicap per tuta la società nei paesi in via di sviluppo, quando l'analfabetismo è il destino di una grossa percentuale della popolazione. Ed è una difficoltà considerevole per le stesse persone analfabete e per coloro che le circondano, nei paesi di maggiore prosperità: sono allora ancor più emarginate nella loro evoluzione generale. Ecco dunque la domanda che si pone alla coscienza degli uomini d'oggi: come "demarginare" gli analfabeti? Sicuramente, per ridurre il flagello dell'analfabetismo, nel corso degli ultimi quindici anni, sforzi considerevoli sono stai compiuti realizzando numerosi dispositivi tecnici e materiali per rendere l'alfabetizzazione più efficace. E voi giustamente invitate, Signor Direttore Generale, a proseguirli. Ma non bisogna forse anche insistere sui dispositivi di legge e sulle mentalità affinché sia presa in considerazione, da tutti i responsabili, nei diversi campi, l'esistenza degli analfabeti come persone a tutti gli effetti? E qui, c'è ancora posto per molte iniziative per risvegliare le coscienze, per un aiuto reciproco, per delle disposizioni legali, - da parte di governi, istituzioni pubbliche e private, individui, - al servizio dei giovani, ma anche degli adulti che non hanno avuto la fortuna d'imparare o che devono familiarizzare con altri mezzi di comunicazione perché usciti dal proprio paese, dal loro gruppo sociale, dalla loro specializzazione. Si, bisogna offrire questa possibilità agli adulti, proprio come alcune società offrono oggi la possibilità di una formazione per il perfezionamento professionale.

L'alfabetizzazione si situa dunque sempre più in un processo di adattamento al moderno mondo tecnologico nel quale, per sopravvivere e veder rispettati i propri diritti, bisogna saper leggere e scrivere. Gli analfabeti sono le vittime della grande distanza fra le proprie tradizioni e le nuove regole alle quali devono adattarsi.

Ad un livello più profondo rispetto a quello utilitario e pratico, pero, l'alfabetizzazione è l'appellativo principale dell'educazione e della cultura.

Oggi, essa fa parte, come tappa iniziale, di tutto il processo di risveglio della personalità umana nei suoi rapporti con gli altri. Permette inoltre di sviluppare le disposizioni dello spirito e dell'anima, e la riflessione che ogni uomo è chiamato a fare sul senso della propria vita e sul proprio destino trascendente.

Bisogna dunque augurarsi che non sia più considerata solo come un tipo di assistenza per emarginati, ma come un naturale dovere di giustizia. E come non potrebbero essere sensibili in primo luogo quelli la cui religione fa un dovere dell'essere solidali con i fratelli sfortunati? Che Dio benedica tutti coloro che si apriranno a questa condivisione dei beni dello spirito! E' così, Signor Direttore Generale, che formulo i miei auguri per il pieno successo di questa sedicesima giornata internazionale dell'alfabetizzazione, al servizio del vero progresso dell'uomo per l'uomo e del suo desiderio di pace nella fratellanza.

Dal Vaticano, li 25 agosto 1982.


IOANNES PAULUS PP. II [Traduzione dal francese]




1982-08-25 Data estesa: Mercoledi 25 Agosto 1982








Alla Messa per i 600 anni della Madonna di Jasna Gora - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Massimiliano Kolbe è il dono della Madre agli uomini e alle nazioni dei nostri tempi

Testo:


1. "...Prima di andarmene da qui, vi prego di accettare, ancora una volta, tutto il patrimonio spirituale il cui nome è "Polonia", con la fede, la speranza e la carità che Cristo ha innestato in noi nel santo Battesimo.
Vi prego
- di non perdere mai la fiducia, di non abbattervi, di non scoraggiarvi; - di non tagliare da soli le radici dalle quali abbiamo avuto origine.
Vi prego
- di aver fiducia, malgrado ogni vostra debolezza, di cercare sempre la forza spirituale da Colui, presso il quale tante generazioni dei nostri padri e delle nostre madri l'hanno trovata.
- Non staccatevi mai da lui.
- Non perdete mai la libertà di spirito, con la quale egli "fa libero" l'uomo.
- Non disdegnate mai la Carità che è la cosa "più grande", che si è manifestata attraverso la croce, e senza la quale la vita umana non ha né radici né senso.
Tutto questo chiedo a voi...".


2. Ho ripetuto le parole pronunziate il 10 giugno sui Prati di Cracovia durante la solenne Eucaristia che mi è stato dato di celebrare per il 900° anniversario della morte del martire san Stanislao, patrono della Polonia.

Oggi, 26 agosto 1982, mi trovo presso l'altare nella Cappella degli ultimi Papi a Castel Gandolfo. Pio XI, che è stato Nunzio Apostolico in Polonia nei primi anni dopo la riconquista dell'indipendenza, ha introdotto in questa Cappella e messo sull'altare principale l'immagine della Madre di Dio di Jasna Gora, offertagli dall'Episcopato polacco. Certamente il ricordo di Jasna Gora si è messo profondamente nel cuore di quel successore di san Pietro, dato che ha voluto avere quest'Effigie sull'altare principale della sua Cappella. E profondarnente si è messo nel suo cuore il ricordo degli avvenimenti degli anni 1655-6 e, in seguito, quelli dell'anno1920, poiché essi costituiscono l'oggetto degli affreschi con i quali un pittore polacco ha ornato, per volontà del Papa, le pareti laterali della Cappella.


3. Qui dunque, davanti a questo altare, sto oggi sentendo un profondo legame con Jasna Gora, che celebra il giubileo della presenza da 600 anni della Madre di Dio, Regina della Polonia, nella sua veneratissima Effige.

Già quando fui l'ultima volta in Polonia, sono stato invitato per questo giubileo. Poi i vari ambienti e, in particolare, i padri Paolini hanno rinnovato quest'invito; infine l'ha espresso il Consiglio di Presidenza dell'Episcopato, a nome di tutti i Vescovi della Polonia e di tutti i cattolici della Polonia.

Ho risposto sempre - e lo stesso rispondo oggi - che la partecipazione al giubileo di Jasna Gora è ritenuto da me un dovere, sia nei confronti della Regina della Polonia, sia anche nei confronti della mia nazione e della Chiesa in Polonia. perciò continuamente esprimo la convinzione che le dichiarazioni pronunziate in relazione a questo pellegrinaggio del Papa alla Patria saranno realizzate nel quadro di questo Giubileo. Lo esige anche il buon nome della Polonia presso le nazioni dell'Europa e del mondo.


4. Tuttavia oggi sto davanti all'immagine della Madre della mia Nazione, in questo posto nel quale l'ha messa la mano di Pio XI che amava la Polonia indipendente e dei miei predecessori.

Qui prendo parte alle preghiere e ai sacrifici con cui voi, cari connazionali, andate a Jasna Gora il 26 agosto 1982. Mi unisco a voi, ai vostri Pastori, all'Episcopato della Polonia, nella stessa fede, speranza e carità, e introduco nel tesoro della Chiesa Universale il Sacrificio che voi li offrite dinanzi a Colei "che difende la luminosa Czestochowa": il nuovo sacrificio della storia.

E, al tempo stesso, desidero che in questo santissimo Sacrificio che unisce tutti i figli di Dio nell'intero orbe terrestre, si compia quel mirabile scambio di doni, che Cristo ha iniziato nella storia degli uomini e delle nazioni.

Per questo all'inizio ho ricordato le parole pronunziate durante la celebrazione dell'Eucaristia, nel corso della memorabile "Confermazione della storia" nei prati di Cracovia nell'anno "di san Stanislao" 1979.


5. E nell'anno del Signore 1982 qual è il dono che portiamo? Che cosa desideriamo offrire noi al Padre di ogni Luce e Re immortale dei secoli, al cospetto della Madre di Cristo? E' questo, cari fratelli e sorelle, il dono particolare, l'espressione del nostro secolo e, insieme, il segno della continuità salvifica con la Croce di Cristo.

Ecco, tra poco tempo, dovrà essere annoverato nell'albo dei Santi della Chiesa cattolica il beato Massimiliano Maria Kolbe, la Vittima di Oswiecim.

Desidero esprimere la convinzione che questo è quel particolare dono che noi tutti portiamo alla Signora di Jasna Gora per il 600° anniversario. Tuttavia non è questo forse soprattutto il suo dono per noi nel tempo del Giubileo? Si, è soprattutto la Madre di Jasna Gora che ci dà questo Santo che è cresciuto dalla terra polacca, che è maturato nell'eroico sacrificio sul terribile rogo sul quale bruciava la sua nazione, insieme con le altre, durante gli spaventosi anni 1939-45.

Si, è la Madre di Jasna Gora che ce lo dà. Egli non fu forse, nei suoi giorni in particolare Cavaliere dell'Immacolata? Non ha perseverato, in modo stupendo, fino alla fine nella fedeltà alla sua Signora, dando la vita per un fratello nel "bunker" a Oswiecim? così dunque desideriamo portare, per questo 600° anniversario di Jasna Gora, questo particolare dono preparato dalla Provvidenza. Desideriamo esprimere, in questo dono, noi stessi, e desideriamo completare con noi stessi ciò che il nostro Beato dice a noi e ciò che dice, per così dire, al nostro posto.


6. Ecco, egli è diventato solidale, fino agli estremi limiti, con un altro uomo e si dichiaro pronto ad andare al suo posto, alla morte, memore delle parole di Cristo: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13).

Il sacrificio di Massimiliano, offerto nel luogo di terribile disprezzo dell'uomo, a Oswiecim, parla agli uomini contemporanei, alle nazioni, alle società. E' diventato un segno eloquente dei tempi in cui viviamo.

Ai piedi della Signora di Jasna Gora, elevo oggi - insieme con tutti i figli e le figlie della nazione polacca, insieme con tutti gli uomini di buona volontà nel mondo intero - l'implorazione che questo segno sia da noi riletto bene.

Che parli dicendo che nella terra polacca bisogna stare vicino a ogni uomo, senza eliminare nessuno, e ricostruire il bene comune mediante la unione con ognuno e mediante il dialogo con la società. Non si può costruire questo bene con i mezzi della forza e con la violenza, ma con l'eloquenza della ragione, la quale significa rispetto di ogni uomo e, perciò, è capace di convincere ognuno.

Il gesto del padre Massimiliano nel campo di concentramento a Oswiecim invita ed esorta ad una tale unione con ogni uomo, all'unione con tutta la nazione, già provata fin troppo attraverso molti periodi della sua storia.

E' un gesto, un atto che la Provvidenza ci ha mostrato e dato come compito, perché secondo esso risolviamo i difficili problemi della patria.

Durante gli ultimi difficili mesi, la Chiesa in Polonia non cessa di ripetere e riconfermare che il potere può essere veramente forte soltanto con l'appoggio della società, e che la via che conduce a tale appoggio passa non attraverso la contrapposizione, ma attraverso il dialogo con tutti, attraverso un reale accordo sociale.


7. Miei amati connazionali! Per quanto difficile sia la vita dei polacchi in quest'anno, vinca in voi la coscienza che questa vita è abbracciata dal Cuore della Madre; così come ella ha vinto in Massimiliano Maria, Cavaliere dell'Immacolata, così vinca in voi.

La ringraziamo per il primo miracolo a Cana di Galilea e per i sei secoli della presenza nell'immagine di Jasna Gora.

E contemporaneamente preghiamo che ella si comunichi, nei nostri giorni, a tutti gli uomini che abitano in terra polacca.

Vinca il Cuore della Madre! Vinca la Signora di Jasna Gora in noi e mediante noi. Vinca perfino mediante le nostre afflizioni e sconfitte. Faccia si che non desistiamo di sforzarci e di lottare per la verità e per la giustizia, per la libertà e per la dignità della nostra vita. Le parole di Maria: "Fate quello che vi dirà (mio Figlio)" (Jn 2,5) non significano forse anche questo? Che la potenza si manifesti pienamente nella debolezza, secondo le parole dell'Apostolo dei Gentili (cfr. 2Co 12,9) e secondo l'esempio del nostro connazionale: padre Massimiliano Kolbe.

Maria, Regina della Polonia, sono vicino a te, mi ricordo di te, veglio!




1982-08-26 Data estesa: Giovedi 26 Agosto 1982



Lettera al cardinale Ugo Poletti

Titolo: Maria: suscitatrice di speranza

Testo:

Al caro Cardinale Ugo Poletti Vicario Generale per la diocesi di Roma.

Sono commosso al pensiero che al Santuario mariano di Lourdes, così caro al mio cuore e in cui spero sempre di andare per pregare la nostra Signora, voi presiederete il 26 agosto ad una importante celebrazione in onore del sesto centenario del Santuario di Jasna Gora.

Con la preghiera, che non conosce frontiera, faccio mio questo omaggio solenne alla Vergine santissima; sono profondamente unito a tutti i pellegrini che vi attornieranno presso la grotta benedetta di Massabielle, in cui Maria ha domandato di purificarsi, di convertirsi, di bere alla sorgente viva e di pregare come Chiesa.

E con voi tutti, sono evidentemente presente in spirito attraverso gli innumerevoli pellegrini polacchi e amici della Polonia che, sulla collina di Jasna Gora, "la montagna luminosa", presso Czestochowa, vanno a rendere grazie alla Nostra Signora, davanti alla sua effigie così venerata, per i seicento anni di storia in cui ella non ha cessato di guidare e di proteggere la Polonia, di fortificare l'identità cristiana e culturale dei miei compatrioti, di suscitare la speranza in mezzo a tutte le prove, di sostenere tutto un popolo in cammino verso la luce e la salvezza che sono doni di Dio, inseparabili dalla ricerca della verità, della libertà e della solidarietà fraterna.

Che Maria, che viene così spesso e ovunque all'incontro con gli uomini che a lei danno la propria fiducia, ottenga per le comunità cristiane della Polonia, della Francia, di Roma, per tutta la Chiesa, le grazie che noi desideriamo, in particolare quella della maturità cristiana delle anime. Con voi, io la supplico ardentemente. E nel nome del suo divin Figlio, invoco su tutti coloro che partecipano a questa preghiera con voi a Lourdes, una particolare benedizione apostolica.

Da Castel Gandolfo, 22 agosto 1982.




1982-08-27 Data estesa: Venerdi 27 Agosto 1982




A giovani pellegrini francesi e catechisti romani in visita al Papa - Castel Gandolfo (Roma)



Voi mi avete fatto parecchie domande. Cominciamo da un altro aspetto, e cioè dal nostro incontro di ieri; siete venuti per l'Udienza generale, ho visto delle scritte: "Francia, figlia primogenita della Chiesa, sei fedele al tuo Battesimo?". Questa scritta mi riportava immediatamente al mio soggiorno in Francia e al mio discorso ai giovani. Erano queste le parole conclusive, le ultime parole che avevo pronunciato. Ho visto inoltre la scritta: "Noi vogliamo rimanere fedeli alle promesse del nostro Battesimo". Allora questa è la risposta: Francia, sei fedele? Noi vogliamo rimanere fedeli. "Noi" vuol dire noi francesi, noi giovani, o almeno noi che facciamo parte di questo gruppo, noi francesi e italiani, dal momento che ci sono pure degli italiani. Per questo dunque vi ringrazio molto, sapevo infatti che questa risposta era stata data in Francia quando ho incontrato i giovani al Parco dei Principi. Una risposta formidabile, una risposta di grande vigore. Questa risposta mi è stata data poi durante il Congresso Eucaristico di Lourdes, al quale non potevo partecipare, ma sapevo che vi erano tra i partecipanti dei giovani che avevano dato un'impronta, come dicevate poco fa, al Congresso, con la loro presenza e la loro attività spirituale. Vi ringrazio per questa risposta. Devo dirvi che il problema che anzitutto ponete, e cioè il problema della vocazione, si radica in questa risposta, perché la vocazione è proprio questo, fedeltà al Battesimo. Siamo tutti invitati, abbiamo tutti una vocazione fondamentale che deriva dal nostro Battesimo e attraverso il nostro Battesimo. E' la vocazione ad essere cristiani, è una vocazione uscita dalla bocca del Signore e realizzata mediante il segno sacramentale. Una vocazione misteriosa perché questo vuol dire essere cristiani, questo è alla base di tutta una spiritualità, tutto un modo di essere. Essere cristiani vuol dire essere umani, essere uomini, ma anche figli di Dio convinti di questo stato. Qui entra in gioco la domanda fattami, il problema della non-fede verso Dio, dell'incredulità.

Se il mistero attuale, se un mistero soprannaturale è anche un mistero umano, un mistero dello spirito, anche l'incredulità lo è. E' un mistero anche questo fatto: perché alcuni credono ed altri no? Bisogna dare una risposta, a questo punto; si potrebbero analizzare i diversi aspetti, le diverse situazioni, per esempio, l'aspetto della fede come dono di Dio, la fede come conoscenza, la fede come incontro con una persona, si, vari aspetti, e così si potrebbe, analizzando questi diversi aspetti, avvicinarsi al mistero dell'incredulità: come mai qualcuno può non credere e non crede? Ci si può chiedere se qualcuno che pensa di non credere è realmente un incredulo o un credente, se desidera esserlo, se ricerca la fede; in ogni caso si potrebbe forse rispondere con le parole di Gesù, che dicevano: "Egli conosceva tutto ciò che si trova nell'uomo"; e dunque se la fede e la mancanza di fede sono un mistero dell'uomo, Gesù lo sa, Gesù lo conosce, egli sa se è colpevole o no, se si tratta magari di una sofferenza. Penso che molto spesso il fatto di non poter credere è una sofferenza, ma evidentemente ci troviamo qui vicini ad un mistero dello spirito umano. Se si tratta della vocazione - dicevo poco fa che la vocazione ha la sua radice nel nostro Battesimo - dal nostro Battesimo siamo chiamati ad essere cristiani e in seguito, nella dimensione di questo cristianesimo, possiamo essere chiamati ad altri compiti più specifici. Penso che il vostro gruppo vocazionale si occupi soprattutto del senso della vocazione sacerdotale o religiosa: qui si trova, evidentemente e fondamentalmente, la vocazione cristiana e le altre vocazioni, sacerdotali o religiose, nascono da questa vocazione fondamentale alla vita cristiana, si sviluppano in seno a questa vocazione nella fede, ed è ancora la grazia, ed è ancora un dono ed è un po' come per la fede: bisogna incontrarsi con il Signore, bisogna incontrarsi con lui nella vocazione cristiana, nella vocazione sacerdotale, è una vera grazia, non solo donata, ma ricevuta, e si può dire assunta dal nostro spirito. Bisogna ascoltare la voce del Signore, evidentemente, lo sappiamo bene; nel Vangelo si parla del giovane che era stato chiamato e non ha compreso l'invito alla sua vocazione, non ha capito, oppure ha capito e non ha accettato; si pone dunque il problema di ascoltare, ascoltare non soltanto il senso materiale delle parole, ma anche quello spirituale, il senso della volontà per capire lo spirito del dono, per capire se egli ci chiama e quindi rendersi disponibili a questa volontà. Occorre anche lavorare per l'eventuale vocazione, creare un'atmosfera adatta alla vocazione nell'ambiente, soprattutto negli ambienti giovanili; e poi è necessario pregare per le vocazioni. Questo è il programma, bisogna pregare per le vocazioni. Penso che la preghiera, fra tutti i mezzi per le vocazioni, è il più importante, perché la vocazione è anzitutto la grazia nel suo significato più profondo; questo significa che tutto è grazia, e, in definitiva, grazia di accettare, ascoltare e rispondere. Per questo è necessario avere la grazia e pregare per ottenere questa grazia. Tanto più è necessario pregare per ottenere questa grazia, dal momento che nei vostri Paesi la Chiesa, nel suo insieme, manifesta il bisogno di questa grazia; oggi il bisogno è grande, è sempre stato grande, ma lo è di più oggi nei Paesi di antica cristianità. Non sono che alcune parole sulla vocazione; si può aggiungere che vocazione, in fondo, vuol dire seguire la chiamata. E' una cosa splendida, non facile, non priva di sofferenze, splendida con le sue sofferenze, e per questo io vi auguro, auguro a ciascuno e ad ognuno di poter ascoltare questa voce del Signore che vi chiama e di seguirla.

Per quanto riguarda la catechesi si deve dire che questa è una forma della vocazione cristiana. Possiamo infatti parlare di vocazione sacerdotale, di vocazione religiosa, ma possiamo e dobbiamo parlare anche di vocazione catechetica, che può essere nello stesso tempo religiosa, sacerdotale ma anche laicale. Un laico, infatti, può essere catechista. Visitando le parrocchie di Roma incontro tanti, tanti laici: giovani sposi, giovani genitori, studenti ed altri ancora che volontariamente si impegnano nella catechesi. E' proprio giusto ciò di cui ha parlato il vostro rappresentante: che c'è un vero popolo di catechisti nella Chiesa. E mi piace molto quest'idea di convocare almeno una volta questa "nazione", anche se non so se si riuscirà a trovare il posto! Ho parlato dei catechisti che sono preziosissimi nella Chiesa, ho ricordato le mie visite ormai frequentissime alle parrocchie di Roma, dove incontro i catechisti. Posso dire che questi sono catechisti di comunità di antica formazione. Ma se si prendono in considerazione i paesi di missione dove tutto è basato sull'attività e sull'apostolato dei catechisti, questi sono talvolta persone - si può dire - assai umili, ma assai valide dal punto di vista del loro impegno religioso e del loro impegno apostolico. Ho sempre detto che questa è una vocazione basata sulla vocazione fondamentale, la vocazione cristiana che talvolta deve esprimersi attraverso la vocazione catechetica: sono i genitori e anche i giovani che devono partecipare attivamente alla vita della Chiesa.




1982-08-27 Data estesa: Venerdi 27 Agosto 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Cordoglio per la morte di Guido Gonella