GPII 1982 Insegnamenti - Alle religiose - Albano (Roma)

Alle religiose - Albano (Roma)

Titolo: Testimoniare la fede nella carità per costruire la civiltà dell'amore

Testo:


1. Sono molto lieto - nel quadro della visita alla diocesi di Albano - d'incontrarmi con voi, care sorelle, e vi saluto con affetto, tutte e ciascuna in particolare.

Nel vedervi qui, in così bel numero, rappresentanti di vari Istituti religiosi, dalle attività tanto molteplici, che vanno dalle opere caritative e assistenziali a quelle dell'educazione, della formazione o della direzione generale, il mio animo si riempie di gioia per la testimonianza che voi rendete non soltanto entro la cornice di questa Chiesa locale, ma nel raggio più vasto a cui si estende la vostra attività, in special modo per quanto riguarda la vicina diocesi di Roma, a cui Albano già come diocesi suburbicaria è legata con un vincolo di collaborazione, che risale a secoli lontani. Vi ringrazio pertanto anche per l'opera che con generosa dedizione voi svolgete a favore della diocesi romana.

Rivolgendomi a voi, vorrei esortarvi a vivere sempre più pienamente, sull'esempio di Maria, Madre di Gesù e della Chiesa, la vostra vocazione di chiamate a un servizio, di cui più che mai oggi ha bisogno il mondo e la comunità ecclesiale.


2. Quando Maria, dopo l'annuncio dell'Angelo, si mise in viaggio verso la montagna, entrata nella casa di Zaccaria, fu accolta da questo saluto di Elisabetta: "E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore".

Chi crede, fino all'adempimento, nelle parole del Signore diventa per ciò stesso un segno, una testimonianza di Colui che ama tanto gli uomini da sacrificare, per la loro salvezza, il proprio Figlio unigenito. Dio, che per sua natura trascende i valori del mondo visibile, ha inviato suo Figlio, come Uomo in mezzo alla folla degli altri uomini, perché la sua Umanità fosse "immagine" del Padre invisibile.

Care sorelle, è dovere di tutta la Chiesa continuare l'opera di Gesù lungo il corso dei secoli, portare a ogni persona umana il dono della salvezza.

Tuttavia, quante, come voi, si sono donate a Dio con una consacrazione totale, perpetua e irreversibile, hanno assunto il compito specifico di essere "immagine" di Dio, di rivelare attraverso le manifestazioni della propria vita Colui che non si vede, ma c'è, ama gli uomini e, se credono in lui, li salva.

E' questa la missione-testimonianza di chi, come Maria, crede nell'adempimento delle parole del Signore, meritandosi inoltre, a partire da questa terra, la promessa divina della beatitudine.

Tutte le persone consacrate al Signore entrano a far parte della categoria dei testimoni viventi dell'esistenza di questo "Altro", di una Realtà tanto "diversa" dalle realtà controllabili dai sensi; e tutta la loro vita, individuale e comunitaria, è impegnata finalisticamente all'obiettivo di richiamare gli uomini distratti dalle suggestioni dei beni di ordine materiale alla realtà del Bene supremo, al fascino dei valori non visibili, ma veri e più alti.

Ebbene, quando i documenti del Concilio e i successivi indirizzi della Chiesa insistono sull'esigenza del rinnovamento della vita religiosa intendono innanzi tutto sottolineare la necessità di un rinnovamento di carattere "interiore" da realizzare in maniera che, eliminando ombre di scorie o di sovrastrutture, essa diventi più facilmente, davanti agli occhi dei contemporanei, trasparenza di Dio.

L'attualità della vita religiosa nel mondo di oggi, scosso così violentemente da impetuose correnti di secolarismo e di agnosticismo, è data dal bisogno del "Trascendente", dell'"Altro", dall'imperativo di testimoniare in maniera più concretamente credibile l'esistenza di valori non effimeri, dall'urgenza di rendere più autentica la vita organizzata e vissuta nel possesso personale di un Bene ineffabile, più facile l'invito ad alzare gli occhi e il cuore oltre i confini chiusi degli orizzonti umani.


3. Ma se questo tipo di testimonianza è caratteristica di tutti i religiosi in genere, e ne fonda la base del carisma, a voi suore, come a donne, tocca, in maniera del tutto particolare, il compito di una testimonianza di Dio più collegata all'esercizio della vita di carità. Compito che sia testimonianza e segno di una fede evangelica, che fa riferimento a un Amore, nel quale voi credete, e che in voi si è adempiuto, e per il quale avete rinunciato a tutto con gioia e generosità, disposte ad attendervi solo dalla totale donazione al Signore il senso e la fecondità della vostra vita. L'amore di Dio che vi ha scelte, vi ha conquistate, una per una, voi lo vivete come il valore più grande, divenuto la vostra stessa vita; ed è così sovrabbondante da poterlo dare, a vostra volta, a tutti: ai piccoli, ai vecchi, agli ammalati, ai bisognosi, ai sani, ai grandi.

Siano vostra guida e vostro programma, care religiose, le parole del decreto "Perfectae Caritatis": "Coloro che fanno professione dei consigli evangelici, prima di ogni cosa cerchino ed amino Iddio che prima ci ha amati (cfr. 1Jn 4,19), e in tutte le circostanze si sforzino di alimentare la vita nascosta con Cristo in Dio (cfr. Col 3,3), donde scaturisce e riceve impulso l'amore del prossimo per la salvezza del mondo e l'edificazione della Chiesa" (PC 6).

Non si costruisce nel futuro la nuova società dell'amore, se non cambia la qualità dell'amore. Voi siete segno privilegiato di questo amore nuovo destinato a cambiare il mondo. Il vostro amore, "diverso" dagli altri amori, risulta immagine dell'amore di Dio. E così la vostra vita evangelicamente vissuta e donata diventa, attraverso il vostro sincero e puro amore per gli uomini, testimonianza convincente dell'amore del Padre che sta nei cieli.


4. Ecco il vostro ruolo nella Chiesa, care sorelle, la vostra più autentica vocazione. E così voi contribuite, come Maria, che ha creduto nella parola e nell'amore del Signore, alla missione di Gesù di creare il mondo nuovo.

E perché voi possiate vivere e donare più pienamente la carità di Cristo, la Chiesa vi esorta a ritornare allo spirito autentico dei Fondatori, ai loro intenti e alle sane tradizioni. Tutto ciò, infatti, costituisce il patrimonio di ciascun Istituto (cfr. PC 2).

Studiate, approfondite, valorizzate l'insieme di questo vostro patrimonio, che è anche patrimonio della Chiesa. Non lo abbandonate. Non lo sottovalutate. Non lo disperdete. Non lasciatevi ingannare dai soffi di vento, che passano o travolgono.

Il Divino Spirito, che ha scelto i vostri Fondatori, li ha illuminati e via via guidati, attraverso l'arco crescente della loro vita, fino alla loro maturità umana e spirituale, dia anche a voi la luce per cogliere la ricchezza di questa spiritualità e vi guidi fino al raggiungimento della perfezione dell'amore.

Maria, intensamente amata e invocata, vi aiuti a vivere giorno per giorno la vostra vocazione.

Con questi sentimenti e con questi voti vi imparto di cuore la mia particolare benedizione apostolica.




1982-09-19 Data estesa: Domenica 19 Settembre 1982




Ai partecipanti al convegno promosso dall'"Accademia Nazionale delle Scienze" nel bicentenario della fondazione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La scienza deve contribuire al vero progresso dell'uomo

Testo:

Illustri Signori.


1. Sono lieto di accogliervi con fervidi sentimenti di simpatia per le vostre persone e di sincero compiacimento per la vostra opera scientifica, illustri Presidenti e Rappresentanti delle Accademie delle Scienze, che siete convenuti a Roma da numerose Nazioni del mondo per celebrare il 2° Centenario di fondazione della "Accademia Nazionale delle Scienze", detta dei Quaranta, presieduta dal prof. Gian Battista Marini-Bettolo, che da tempo ho il piacere di conoscere quale membro della Pontificia Accademia delle Scienze.

Il tema del vostro Convegno è: "Le Accademie delle Scienze verso il 2000". Ho preso visione con interesse del programma di lavori, il quale prova la vitalità delle vostre Accademie che vanno incontro al terzo millennio dell'era cristiana con la fondata convinzione di poter continuare nei tempi futuri, nello spirito delle vostre secolari tradizioni, una seria opera di promozione della scienza e di collaborazione internazionale.

Le Accademie delle Scienze sorsero nel '600 nelle singole Nazioni e si consolidarono specialmente nel '700, come istituzioni suggerite dalla necessità di far collaborare tra loro scienziati dei singoli Paesi, mediante comunicazioni e dibattiti, in modo conforme al metodo sperimentale di Galileo e di Newton. Oggi le Accademie estendono il campo della loro collaborazione con altre istituzioni, e sono spesso chiamate a pronunciarsi su problemi scientifici e tecnici di grande importanza sociale a raggio nazionale e mondiale.


2. Questo vostro Convegno testimonia, con le sue relazioni e i suoi dibattiti, l'intento delle Accademie delle Scienze di promuovere, con spirito di collaborazione internazionale, la ricerca scientifica, i suoi orientamenti e le sue grandi linee di sviluppo, di rappresentare di fronte al mondo intero l'influenza della scienza sulla società moderna, di prospettare l'impatto delle scoperte scientifiche e delle scelte tecnologiche sulla vita dell'uomo: in questa globalità dei loro compiti le Accademie sono dunque chiamate a fare cultura, in quanto è cultura tutto ciò che si pone a servizio dell'uomo secondo verità, libertà, giustizia e amore.

E' compito rigorosamente scientifico delle Accademie far avanzare le frontiere della scienza; ma è inoltre loro missione sociale rispondere agli interrogativi ed alle richieste della società ed è loro dovere morale svolgere la propria opera a favore dell'uomo e della pace tra i popoli.

La scienza è stata, specialmente in questo ultimo secolo, uno dei fattori che hanno maggiormente influito sullo sviluppo della società e sul futuro dell'uomo, ma spesso le tecnologie, sempre più perfezionate e micidiali, che ne sono derivate, si sono rivolte contro l'uomo, sino al punto di creare degli spaventosi arsenali di armi convenzionali e nucleari, di mezzi biologici e chimici, atti a distruggere gran parte dell'umanità.


3. Le Accademie delle Scienze, con un esemplare atto di collaborazione internazionale, che riposi sui valori fondamentali e universali della cultura e dell'etica, possono influire efficacemente sull'atteggiamento dei governi e della pubblica opinione, affinché si compia una svolta decisiva nella storia dell'umanità, mediante una nuova politica costruttiva di pace e di solidarietà tra tutti gli Stati e le Nazioni del mondo, rispettosa dei diritti della persona e promotrice del dovuto benessere presso quei popoli che, nel presente sistema economico mondiale, diventamo sempre più poveri, con tragiche conseguenze di morte, specialmente per i bambini.


4. L'invenzione di macchine sempre più perfezionate solleva l'uomo dalla fatica fisica e lo aiuta nel lavoro intellettuale non creativo, ma ha pure indotto uno stato di dipendenza dell'uomo dalla macchina. Lo sviluppo delle tecnologie impiegate da talune industrie incide pesantemente sull'ambiente, determina degli squilibri ecologici, che danneggiano, talvolta gravemente, la vita del singolo e di intere popolazioni. La contaminazione della catena alimentare, causata dall'uso di mezzi di lotta per la protezione dei raccolti contro gli insetti e altre cause nocive, suscita non lievi preoccupazioni per la salute degli uomini.

Serie riserve debbono essere espresse circa l'applicazione all'uomo di tecniche di ingegneria genetica. La tecnica potrebbe invece costituire, con una retta applicazione, un prezioso strumento utile a risolvere gravi problemi, a cominciare da quelli della fame e della malattia, mediante la produzione di varietà di piante più progredite e resistenti e di preziosi medicamenti.


5. Di fronte agli aspetti negativi delle tecnologie moderne, la scienza viene oggi considerata da molti con senso di grave preoccupazione. Ritengo che le Accademie delle Scienze in quanto costituite da scienziati di alta fama e sicura probità, da fedeli discepoli e ricercatori della verità possano dare, con la loro autorità scientifica, la loro indipendenza e libertà di giudizio, una valida risposta alle preoccupazioni che serpeggiano nel mondo contemporaneo, e possano con scienza e coscienza indirizzare le tecnologie verso il vero bene dell'uomo.

E' questo un compito arduo di fronte a interessi costituiti e a poteri privi di scrupoli, ma è una missione nobile e bella, inseparabile dalla fatica della ricerca scientifica e indissolubilmente legata alla coscienza morale dello scienziato; è una missione che deve coinvolgere i singoli studiosi e la comunità universale degli scienziati, impegnandoli per il vero bene degli individui, delle nazioni, dell'intera umanità. Questa nobile missione è stata compiuta dalla Pontificia Accademia delle Scienze, col pieno appoggio della Santa Sede e mio personale, quando - in un momento in cui il problema non era ancora stato autorevolmente prospettato ai Capi di Stato e alla pubblica opinione - denuncio gli effetti dell'impiego delle armi nucleari, dimostrando con piena competenza scientifica e coscienza morale, che la scienza e la medicina non possono offrire alcun rimedio agli effetti causati da un bombardamento atomico. Ho citato questo esempio della Pontificia Accademia, presieduta con saggezza e incisive iniziative dal prof. Carlos Chagas, per affermare che le Accademie delle Scienze non possono prescindere, al di sopra dei loro compiti tradizionali, da una corretta informazione sull'uso delle scoperte scientifiche e dall'impegno di indirizzarle autorevolmente verso il vero bene dell'umanità.


6. Il suddetto compito d'informazione e di orientamento, rivolto ai pubblici poteri e alla pubblica opinione, prova che le Accademie, pur conservando, come è loro dovere, delle strutture fortemente selettive, non possono lecitamente chiudersi, come torri d'avorio, nei loro riservati dibattiti, ma devono essere aperte a discutere, in dialogo con l'intera umanità, i problemi che assillano l'uomo contemporaneo, proteso verso il terzo millennio, quali sono ad esempio il problema energetico, quello delle materie prime non rinnovabili, della fame nel mondo, delle malattie e delle epidemie che tormentano centinaia di milioni di uomini e ne riducono l'efficienza e il lavoro, dell'uso delle droghe che incidono sulla sfera psichica e sulla stessa vita, specialmente dei giovani. Le future sorti dell'umamità richiedono pertanto che quanti sono chiamati a far parte di un'Accademia, in base ai meriti scientifici che li hanno resi illustri, considerino il grave obbligo, che pesa sulla loro coscienza, di impegnarsi per il bene comune del mondo intero, in funzione delle loro conoscenze specifiche.


7. Nei Paesi che cercano mediante l'industrializzazione un futuro migliore, le Accademie già esistenti e quelle che si costituiranno in quegli stessi Paesi debbono cooperare alla formazione della coscienza scientifica dei singoli popoli, in modo da guidare gli indirizzi scientifici e tecnologici e correggere le loro deviazioni. Attraverso il collegamento delle Accademie dei popoli più sviluppati con le Accadernie dei popoli in via di sviluppo, a livello di parità nella comunità scientifica mondiale, animata da spirito di collaborazione e libera da interessi materiali e settoriali, si potrà realizzare una cooperazione internazionale sempre più necessaria nello spirito che anima la "Populorum Progressio" del mio predecessore Paolo VI, vibrante di amore per i popoli più arretrati, ma fondata su concrete direttive.

Oggi, come non mai, la scienza deve contribuire con tutta la sua forza al vero progresso dell'uomo e deve allontanare la minaccia incombente dell'uso delittuoso delle sue scoperte: s'impone dunque la necessità che la comunità degli scienziati, sapendo che la scienza costituisce un elemento essenziale dello sviluppo umano, vegli sul retto impiego delle sue ricerche al servizio dell'uomo.

Oggi non esistono più vecchie antinomie tra la vera scienza e l'autentica fede, come ha sottolineato il Concilio Vaticano II e come io stesso ebbi più volte occasione di dire. La Chiesa è pertanto vostra alleata, signori Presidenti e Rappresentanti delle Accademie, e intende sostenere il vostro impegno morale, singolo e collettivo, assolutamente necessario, al di sopra delle frontiere territoriali ed ideologiche, per assicurare all'umanità la pace e con essa il soddisfacimento delle esigenze essenziali per una vita degna dell'uomo, creato da Dio a sua immagine e somiglianza.

Su di voi e sul vostro impegno invoco di cuore la benedizione del Signore.





Ai Vescovi del Mozambico in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate l'anima della nuova società impegnandovi per la civiltà dell'amore

Testo:

Signor Presidente della Conferenza Episcopale del Mozambico, signori Vescovi, stimati fratelli.


1. Provo una grande gioia nel potervi ricevere come Collegio episcopale della promettente Nazione mozambicana. La "visita ad limina Apostolorum", oltre ad essere ricerca di incitamento nella fede e nel coraggio degli Apostoli che qui diedero testimonianza del loro sangue e che qui hanno le loro tombe, e di più stretti legami di unità con la Sede del successore di Pietro, desidera offrire anche un interscambio tra le Chiese particolari e la Chiesa universale. In questo senso, l'incontro di oggi ha un significato speciale: per me, per il contatto con le colonne della Chiesa del Mozambico e, per voi, per la vita della unità cattolica, qui, nel centro della cattolicità.

Vi saluto, poi, con affetto particolare. Desidero aprirvi il mio cuore come a fratelli amatissimi, con una parola che vi aiuti nel grande lavoro che realizzate nelle vostre diocesi; una parola di incoraggiamento che vi sostenga nelle difficoltà che si pongono sul vostro cammino; ed una parola di orientamento per i problemi che affrontate.

Ho letto, con attenzione, la relazione che avete avuto la sollecitudine di inviarmi in questa occasione, sulla situazione della Chiesa nel vostro Paese.

Vi sono grato per le informazioni che avete raccolto, insieme alla manifestazione di nobili sentimenti, coi quali avete desiderato accompagnarle: di comunione col successore di Pietro, di disponibilità nel servizio alla Chiesa, confermandovi fratelli nella fede, di condivisione nelle grandi inquietudini per la vita e la missione della Chiesa nel vostro Paese. Vi ringrazio, in modo particolare, per l'espressione di unità ecclesiale.

Desidero, da parte mia, anche condividere con voi i medesimi sentimenti, assicurandovi che, nel cuore del Papa, non solo si ripercuotono le vostre ansie e speranze, problemi e inquietudini, ma anche e soprattutto, sono molto importanti le vostre persone, fratelli carissimi, impegnati integralmente nella medesima causa del Regno di Dio, corresponsabili nella grande causa del Vangelo.


2. Sono sommamente lieto di vedere nel Mozambico una Chiesa viva, aperta e attenta alle grandi sfide del momento. La Chiesa cattolica in generale e la Santa Sede in particolare guardano all'Africa con grande speranza. L'attività missionaria e l'intenso lavoro della Chiesa insediatasi solo di recente - dopo le tante vicissitudini del passato - hanno fatto si che una vera epopea caratterizzasse il secolo XX. Come ci sentiamo commossi e ringraziamo il Signore e gli uomini li impegnati, nel leggere la storia della Chiesa nell'Africa di questo secolo! Siate anche voi artefici di quest'opera grandiosa. La vitalità della Chiesa nel vostro Paese ne dà un'eloquente testimonianza.

E' bello e confortante sentire il vostro entusiasmo per la causa di Cristo e l'impegno concreto nel lavorare alla costruzione del Regno di Dio. Avete numerosi motivi per rallegrarvi, anche per il cammino che avete compiuto in questi ultimi anni: un cammino di evangelizzazione, un cammino di partecipazione comunitaria, un cammino di maturazione e di organizzazione dei quadri ecclesiali.

Sono lieto di porre in risalto particolarmente la comunità ecclesiale alla quale fa riferimento la vostra relazione. In un mondo tanto diviso, ove predominano generalmente tensioni e radicalismi, si rivela più importante la missione della Chiesa quale missione di comunione e partecipazione di tutti ad una causa comune.

La Chiesa è stata posta nel mondo come segno di unità e di speranza. Spetta ad essa, perciò, fedele all'ispirazione del suo divino Fondatore, ricercare quella unità che genera il Vangelo e viverla profondamente a livello della famiglia, della parrocchia, della diocesi, della Conferenza episcopale e della Chiesa universale; e così rivelarsi lievito di comprensione e di amore per tutta l'umana società.

Due dimensioni caratterizzano particolarmente la Chiesa: la sua natura missionaria, in quanto inviata ad annunciare a tutti i popoli il messaggio della salvezza, e il suo dinamismo di comunione: che tutti siano una cosa sola (Jn 17,21). Non basta condurre gli uomini al cristianesimo. E' indispensabile condurli anche all'unità di vita, nell'impegno ecclesiale.


3. Insieme alla grande gioia per le realizzazioni conseguite, voi esprimete anche non poche preoccupazioni. Si rileva la mancanza di una adeguata libertà religiosa per l'apostolato, i pericoli che circondano gli agenti della pastorale, le ansie a riguardo della violenza e delle restrizioni di diverso ordine che toccano le persone legate alla Chiesa. Questa situazione non può lasciare insensibile il nostro cuore di Pastori. Viene poi il problema vocazionale. Sentite la mancanza di persone preparate per il lavoro di evangelizzazione: scarseggiano i sacerdoti, i religiosi e i laici inseriti nei quadri pastorali della Chiesa.

Il sacerdozio - come ho avuto occasione di esprimere nel discorso del Giovedi Santo di quest'anno - è un dono di Dio alla Chiesa. Deve dunque essere visto come un dono. Il primo atteggiamento di fronte ad un dono è quello di chiederlo insistentemente. Fate quello che proprio Cristo ha raccomandato ai discepoli: chiedete al Signore della messe che mandi operai alla sua messe, dato che la messe è grande e gli operai sono pochi (cfr. Lc 10,2).

Come ho potuto constatare nelle vostre relazioni, sta a voi impegnarvi, con zelo, nella promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose. Conosco le difficoltà che, purtroppo, impediscono la sua promozione e ulteriore sviluppo. In questo modo il vostro instancabile lavoro in questo settore si urta contro ostacoli quasi insuperabili, che non permettono che sia portato a buon fine. I giovani sono sistematicamente sviati da qualsiasi aspirazione al servizio di Dio.

Voi soffrite perciò nel vedere l'insufficienza del clero autoctono all'immenso raccolto del Signore, senza poter rispondere all'ansia dei fedeli che insistentemente chiedono un sacerdote.

Desidero, in questo momento, dirvi che il Papa partecipa con voi alle difficoltà di questa situazione. E prega con voi e per voi.

Nella grande scarsezza del clero che angustia la vostra Chiesa, non potrei tralasciare di fare un particolare riferimento ai laici. Voi ne avete già numerosi, impegnati nel lavoro ecclesiale, dove si rivela utile o necessaria la loro presenza. Mi rallegro con voi per questa vostra stupenda iniziativa di impegnare e formare, nella misura del possibile, sempre più numerosi laici per un'azione di evangelizzazione, affidando loro responsabilità e spingendoli a vivere la loro fede in una testimonianza cristiana autentica e in una collaborazione proficua, in mezzo a tutte le avversità.


4. Un altro problema che vi preoccupa è la famiglia. Raccogliendo i ricchi contributi del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, ho avuto l'opportunità di esternare, nella esortazione apostolica "Familiaris Consortio", la preoccupazione della Chiesa in questo importante ambito. La pastorale familiare, specialmente ai nostri giorni, non è facile. Ma è necessario realizzarla: si tratta di un'opera di vaste proporzioni. Come tanti altri, questo settore compete in modo particolare ai laici.

Anche qui dobbiamo pregare il Signore della messe che mandi buoni laici: uomini e donne per questo apostolato. E poi: è importante porre in azione anche organismi vigorosi, animati da coniugi illuminati e dediti alla pastorale familiare, che possano venire in soccorso della istituzione familiare: incentivare la sua spiritualità, preparare i giovani al matrimonio, sostenere i coniugi in crisi, offrire una formazione più adeguata agli sposi e genitori, formare l'opinione pubblica a favore dei valori del matrimonio e della famiglia.

Nella esortazione apostolica "Familiaris Consortio" ho affermato che "il futuro della umanità passa attraverso la famiglia". Più di una volta ho segnalato l'importanza di questa istituzione. E' li che si formano gli uomini del futuro, li che si raccolgono le vocazioni per il sacerdozio e la vita religiosa e laicale.

Vale la pena di dedicarle ogni attenzione, come una delle realtà più care alla Chiesa e più essenziali per il futuro. La pastorale familiare, come ben traspare nella vostra relazione, costituisce una sfida. La Chiesa accetta questa sfida.


5. La vostra relazione faceva riferimento anche alla cultura e, più specificamente, all'animo africano. Posso assicurarvi che nei miei viaggi nel vostro continente, ho avuto l'opportunità di apprezzare i valori che vi sono propri. Ho cercato, al ritorno dal mio più recente viaggio, nell'aprile di quest'anno, di mettere in rilievo quanto la cultura africana favorisca una vera evangelizzazione e costituisca una provvidenziale resistenza agli attacchi dell'ateismo e delle ideologie straniere.

Desidero qui riaffermare l'impegno della Chiesa ad incarnarsi nelle diverse civiltà e culture. La vostra posizione nella Chiesa, come africani tra africani, concretizza questa preoccupazione di connaturare la Chiesa nell'Africa come suo popolo. Spetta a voi poi, secondo le prospettive del Concilio Vaticano II, di tentare di tradurre il Vangelo nella vostra cultura, in modo da renderlo comprensibile e, più ancora, di renderlo vita per il vostro popolo, senza, evidentemente, pregiudicare la necessaria unità ecclesiale e l'autenticità evangelica, che si stabiliscono e si basano sulla diversità di popoli e di culture.

Spetta al vostro giudizioso criterio pastorale, affiancato da uno studio serio e un costante riferimento alla Chiesa universale, discernere, tra le diverse espressioni culturali, del vostro popolo, quelle più adatte per esprimere i valori evangelici. E ancora. Non solo assumere le espressioni culturali appropriate, ma anche evangelizzare la propria cultura africana, in modo che, a breve termine, si possa parlare di una vera cultura africana cristiana sull'esempio di quella che caratterizzo i primi tempi del cristianesimo, con san Cipriano e sant'Agostino. Si tratta, senza dubbio, di un'opera grande e difficile. Esige una presenza di uomini con una fede solida e una cultura profonda, che sappiano comprendere sia il Vangelo che la propria gente. Ma è anche un lavoro importante e, direi, anche condizione per la sopravvivenza del cattolicesimo nella vostra terra, in mezzo alle contrarietà dalle quali tanto spesso è dipesa nel passare del tempo. Finché le popolazioni africane non sentiranno il cristianesimo come loro proprio sangue e anima, non saranno disposte a difenderlo anche a rischio della vita.

La vostra presenza ecclesiale non vuole togliere all'Africa la sua cultura, ma vuole impregnare la cultura africana di valori evangelici. Per questo, inseriti come siete nel vostro ambiente naturale, sentendo le aspirazioni e la vita del gregge che vi è stato affidato e, nello stesso tempo, profondamente compenetrati dalla fede cristiana, saprete voi stessi trovare il modo per integrare questi due poli vitali: fede e cultura. In questa importante incarnazione culturale, spetta alla Santa Sede una parola di orientamento perché si mantenga ferma l'unità della Chiesa universale, per la difesa degli elementi essenziali della fede cattolica.

Insieme ai grandi valori tradizionali della religiosità popolare, la vostra società risente oggi di un forte impatto dell'ateismo. Ideologie di diverse provenienze penetrano nel vostro Paese, con influenza negativa soprattutto sui giovani. E' principalmente in questo ambito che voi dovete essere maestri nella fede, valorizzando i valori autoctoni, per basare su di essi una profonda vita evangelica.


6. Spetta a voi, stimati fratelli, la nobile e difficile opera di pionieri anche nelle relazioni con la nuova società che si sta creando a partire dalla indipendenza del vostro Paese. Sappiamo che ogni inizio è difficile. Si sente acutamente il problema della fame, della violenza fratricida, della instabilità politica e sociale. Avete quasi tutto ancora da fare. Si aprono, a volte, incertezze e dubbi, quanto al futuro. E' caratteristico di ciò che ancora è nuovo non avere solidità di strutture. Dure prove sfidano la capacità di creatività ed il coraggio dei pionieri, timidi alle volte per la insicurezza davanti alla scelta del miglior cammino da percorrere.

In queste circostanze, qual'è la vostra missione di Vescovi? Qual è la missione della Chiesa? Partecipe pienamente con voi alla sollecitudine pastorale che avete espresso nel Comunicato della Sessione di maggio dell'anno corrente della vostra Conferenza Episcopale, relativamente al vostro Paese: "Ci commuove profondamente la notizia del tormento della fame che ha colpito tanti nostri fratelli soprattutto in alcuni distretti di Nampula. Ci sono di edificazione gli sforzi della "Caritas" e delle organizzazioni internazionali e la dedizione delle molte persone che non si risparmiano fatiche e sforzi per alleviare questa sofferenza.

Incoraggiamo tutti coloro che continuano a soccorrere questi nostri fratelli che soffrono la fame. Non possiamo rimanere insensibili alle sofferenze dovute ai perturbamenti dell'ordine causati dalle situazioni di guerra e di violenza nelle varie Province. Animati dalla fraternità evangelica ognuno faccia quanto può per contenere queste sofferenze e creare un clima di riconciliazione da ogni parte".

Il vostro contributo sarà poi quello di costruire come l'anima della nuova società. Non spetta a voi offrire soluzioni tecniche, compito proprio dei laici specializzati in questo settore. Il vostro dovere specifico è quello di impegnarvi per la costruzione di una civiltà dell'amore. Ci si aspetta da voi che lavoriate anima e corpo per impedire il diffondersi della violenza, dell'odio, dell'oppressione. Siete chiamati a promuovere l'unione delle forze, a conciliare posizioni estreme e apparentemente irriducibili, e a portare amore dove c'è odio.

Nell'enciclica "Dives in Misericordia" ho voluto sottolineare questo punto. Così come il nostro Dio è un Dio di misericordia, bisogna che anche noi ci impegnamo per la riconciliazione tra gli uomini, per il perdono, per la solidarietà. Una società sarà felice se in essa vi regnerà la concordia e l'amore. Voi dovrete contribuire a questo in mezzo al vostro popolo.

Desidero, per questo, rallegrarmi con voi per il lavoro che realizzate nella ricostruzione nazionale, particolarmente nel campo della salute, dell'educazione e dello sviluppo umano. Merita inoltre un risalto particolare l'impegno per il dialogo che cercate di mantenere, con pazienza, con le autorità della Nazione e tutti i suoi membri, al di sopra delle fazioni che dividono e agitano la vita del vostro Paese.

Vi è un altro contributo che spetta a voi offrire: quello della speranza, una speranza basata sulla fede in Dio, sulla fede nel destino dell'uomo; una speranza fondata sul lavoro umano e sull'amore della causa comune. Quando, per qualunque motivo, sorge la disperazione, voi portate la speranza.

In questo modo sarete artefici di pace. Saprete infondere fiducia negli uomini e dimostrerete quel vero amore alla Patria che consiste nel rispettare e valorizzare le persone, amarle e volere la loro promozione nella loro terra e riconoscere le caratteristiche e l'indipendenza dei popoli vicini.


7. Carissimi fratelli, non potrei esaurire, in questo breve incontro fraterno, l'ampia problematica che è connessa al vostro lavoro personale. Aprendovi il mio cuore, ho desiderato, soprattutto, manifestarvi il mio apprezzamento per l'opera che realizzate e la mia stima per le vostre persone. Il Papa è con voi e vi accompagna con fraterna sollecitudine.

Per concludere, desidererei richiamare ancora la vostra attenzione su Colui che è la ragione della vostra vita e del vostro lavoro: Gesù Cristo. E' lui che vi anima in questo momento e che vi accompagna in ogni situazione, sia felice che avversa. Tenete sempre presente la sua parola di incoraggiamento, soprattutto quando il peso della responsabilità sembra far vacillare il passo: "Coraggio, Io ho vinto il mondo" (Jn 16,33). Si. Proprio quando si levano burrasche e la barca della Chiesa sembra essere in pericolo, ricordatevi che Gesù è con voi. Egli non vi abbandonerà mai. Perché temere allora, come i discepoli in mezzo alla tempesta nel mare di Galilea? Questa è la ragione della nostra speranza, è la certezza della nostra vittoria: la nostra fede in Cristo, Salvatore del mondo.

Che il Signore vi ricolmi di ogni bene, vi aiuti a camminare felici, guidando con sicurezza il popolo che vi è stato affidato. E in pegno di abbondanti grazie divine, vi imparto la mia benedizione, estensibile alla vostra Conferenza Episcopale e ad ognuna delle vostre comunita diocesane.




1982-09-23 Data estesa: Giovedi 23 Settembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Alle religiose - Albano (Roma)