GPII 1982 Insegnamenti - Costituzione apostolica

Costituzione apostolica

Titolo: Riconoscimento giuridico dell'Istituto per gli studi su Matrimonio e Famiglia


Testo:

GIOVANNI PAOLO VESCOVO SERVO DEI SERVI DI DIO a perpetuo ricordo del fatto


1. La Chiesa si è sempre preoccupata con particolare sollecitudine pastorale del Grande Sacramento del Matrimonio, essendo essa consapevole che matrimonio e famiglia sono uno dei beni più preziosi del genere umano. "Infatti la salvezza delle persone e della società umana e cristiana è strettamente congiunta con la felice condizione della comunità coniugale e famigliare".

Di questa particolare sollecitudine pastorale è testimonianza la vastissima trattazione che il Concilio Vaticano II dedica la medesimo argomento.

I Sommi Pontefici, poi, e i Vescovi di tutto il mondo non hanno mai cessato di proporre e riproporre e di illustrare ai fedeli l'immagine più perfetta del matrimonio e della famiglia, rispondendo in pari alle domande di questa nostra età, come è accaduto quando il Nostro Predecessore Paolo VI promulgo l'Enciclica "Humanae Vitae".

Tra i molteplici segni di questa sollecita cura, dati nel tempi più recenti, spiccano certamente il Sinodo dei Vescovi di Roma, celebrato dal 26 settembre al 25 ottobre 1980, e la costituzione del Pontificio Consiglio per la Famiglia.


2. Tra i principali doveri affidati alla missione della Chiesa per ciò che concerne Matrimonio e Famiglia deve essere considerato l'obbligo "di dichiarare a tutti il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia, di cui è tenuta ad assicurare il pieno vigore e la promozione umana e cristiana".

E' questo il motivo per il quale la Chiesa, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, si è interessata sia alla promozione della ricerca teologica circa il Matrimonio e Famiglia, sia dando vita ad Istituti, i quali si propongono la formazione pastorale di quelli che in modo speciale si trovano impegnati in questo campo della sua attività pastorale. Tuttavia è parso ormai necessario che si creasse un Istituto primario di studi per la promozione della ricerca teologica e pastorale su Matrimonio e Famiglia, per l'utilità di tutta la Chiesa.


3. perciò, dopo aver tutto attentamente ponderato, stabiliamo e deliberiamo che al Pontificio Istituto di studi di Matrimonio e Famiglia, già fondato ed operante presso la Pontificia Università Lateranense, sia concesso il riconoscimento giuridico, perché la verità su Matrimonio e Famiglia sia indagata con metodo sempre più scientifico, e perché laici, religiosi e sacerdoti possano ricevere in materia una formazione scientifica sia filosofica-teologica, sia nelle scienze umane, in maniera che il loro ministero pastorale ed ecclesiale venga svolto in modo più adatto ed efficace per il bene del Popolo di Dio.

Questo Istituto ha pertanto la facoltà di conferire con diritto proprio ai suoi studenti accademici i gradi seguenti: - il dottorato in Teologia con la specializzazione in scienze teologiche su Matrimonio e Famiglia; - la licenza in Teologia su Matrimonio e Famiglia; - il diploma in scienza su Matrimonio e Famiglia.


4. Questi scopi prefissati l'Istituto li conseguirà: A. Istituendo un corso per il dottorato in Teologia con specializzazione in scienze teologiche su Matrimonio e Famiglia per quelli che hanno già la licenza in Teologia; B. Istituendo un corso per la licenza nella Teologia su Matrimonio e Famiglia per quelli che hanno conseguito il baccelierato in Teologia; C. Istituendo un corso per un diploma nella Teologia su Matrimonio e Famiglia per coloro che nella propria Nazione hanno il diritto di accedere all'Università; D. Istituendo seminari di studi, ai quali sono inviatati uomini di provato sapere e per le questioni più importanti ed urgenti riguardanti Matrimonio e Famiglia, secondo il parere delle Autorità Accademiche dell'Istituto o la richiesta dei Dicasteri della Curia Romana o delle singole Conferenze dei Vescovi.


5. Le autorità Accademiche dell'Istituto sono: il Gran Cancelliere e Rettore della Pontificia Università Lateranense, il Preside e il Consiglio dell'Istituto. Il Preside, che appartiene d'ufficio al Senato Accademico della Pontificia Università Lateranense, è nominato dal Sommo Pontefice.


6. Si provvederà a realizzare in maniera opportuna quanto stabilito da questa Costituzione Apostolica, con Statuti propri, che dovranno essere approvati dalla legittima autorità della Santa Sede, dopo aver sentito il Senato Accademico della Pontificia Università Lateranense.


7. L'Istituto sarà collegato con un vincolo particolare con il Pontificio Consiglio per la Famiglia, secondo ciò che è descritto nella Lettera Apostolica, emanata Motu Proprio "Familia a Deo Instituta", sotto il n.V.f.


8. L'Istituto è affidato allo speciale patrocinio della Beatissima Maria Vergine di Fatima.


9. Questa Costituzione che, contrariamente alla consuetudine, viene promulgata dal giornale "L'Osservatore Romano", comincerà ad aver vigore dal 14 di ottobre del 1982.

Vogliamo infine che questa Nostra Costituzione sia stabile, valida ed efficace e sia osservata scrupolosamente da tutti coloro che vi sono interessati, nonostante qualsiasi cosa in contrario.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 7 ottobre, nella memoria della Beata Vergine del Rosario, l'anno 1982, quarto del Nostro Pontificato.


GIOVANNI PAOLO II [Traduzione dal latino]




1982-10-07 Data estesa: Giovedi 7 Ottobre 1982




L'omelia della Messa concelebrata con i Vescovi d'Europa - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Frutto del vostro incontro sia la scoperta dell'unità

Testo:

Cari fratelli!


1. C'è un testo del Vangelo di san Giovanni, che conosciamo bene e che ci è molto caro, in cui Cristo parla di se stesso come del Buon Pastore.

Nell'odierna liturgia, invece, noi parliamo al Buon Pastore con le parole, pure ben note, del Salmo: "Il Signore è il mio pastore: / non manco di nulla; / su pascoli erbosi mi fa riposare, / ad acque tranquille mi conduce. / Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, / per amore del suo nome. / Se dovessi camminare in una valle oscura, / non temerei alcun male, perché tu sei con me" (Ps 22 [23],1-4).

Che cosa è stato questo simposio dei Vescovi dell'Europa, se non una preghiera al Buon Pastore, espressa con le parole del Salmo dell'odierna liturgia? Una preghiera di molti pastori all'Unico Pastore, Unico ed Eterno! Mediante questo simposio-preghiera voi, cari fratelli, desideravate, prima di tutto, svelare la Figura del Buon Pastore, che si china con sollecitudine sul continente europeo ed esce ad incontrare gli uomini e i popoli, dai quali ci ha chiamati. Egli esce anche ad incontrare l'epoca, il tempo nel quale ci ha chiamati, perché come Vescovi abbiamo parte alla sua sollecitudine di Pastore, alla sua missione.

In questo giorno, in cui termina il vostro comune lavoro, desidero che la coscienza della presenza di Cristo, del suo amore di Pastore e della sua cura, sia il frutto principale del Simposio, perché partiate di qui verso le diverse direzioni nuovamente pieni di tale cosciemza, nuovamente da essa vivificati.

"Se dovessi camminare in una valle oscura, / non temerei alcun male... ".


2. E perciò ritorniamo in questa odierna Eucaristia di commiato alle sponde del lago di Genezaret.

Là, dove la folla faceva ressa intorno a Gesù per ascoltare la Parola di Dio, egli sali su una barca, che era di Simone, e lo prego di scostarsi un poco da terra (cfr. Lc 5,2-3).

E proprio allora si è formata la meravigliosa analogia tra l'ascolto della Parola di Dio e il lavoro dei pescatori.

I pescatori vivono della pesca. Quando gettano le reti ed esse tornano vuote alle loro mani, i pescatori sono tristi. Forse perfino rassegnati. Non risuona forse dalla barca di Simone un tono di tristezza e perfino di rassegnazione, quando egli dice: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla" (Lc 5,5)? così risponde all'incoraggiamento di Cristo: "Prendi il largo e calate le reti". (v. 4) Forse, cari fratelli, il vostro Simposio europeo è stato anche un momento dell'invito di Cristo, il quale è risuonato normalmente alle orecchie dei pescatori e può risuonare anche alle orecchie dei Vescovi, che sono i successori dei pescatori di Galilea. Che cosa è più normale per un pescatore che calare le reti? Che cosa è più normale per un Vescovo che annunziare il Vangelo, cercare le anime e guidare la nave della Chiesa? Ci chiediamo quindi oggi: abbiamo risposto all'invito del Maestro: "Prendi il largo"? Abbiamo cercato di guardare, durante questi giorni, i problemi della nostra missione in Europa secondo la giusta misura? Abbiamo cercato di abbracciarli nell'intera "larghezza" del Vangelo di Dio e, insieme, della realtà umana?


3. "Sulla tua parola gettero le reti" (Lc 5,5).

L'Autore della lettera agli Efesini, il "prigioniero del Signore", esorta i suoi destinatari a comportarsi "in maniera degna della vocazione ricevuta", con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandosi a vicenda con amore (cfr. 4,1-2). Poiché sono stati chiamati alla speranza, a una sola speranza, quella che è data loro dalla vocazione (cfr. v. 4).

Il momento vissuto sul lago di Genezaret, quando Cristo ordina ai pescatori di calare le reti, non è forse appunto una tale chiamata alla speranza? A quell'unica speranza, che è data dalla vocazione? E la vocazione dei pescatori è di trar fuori dall'acqua profonda i pesci per l'utilità degli uomini.

Tuttavia l'invito di Cristo in quel momento comporta in sé tutta l'analogia esistente tra il lavoro dei pescatori e l'annunzio del Vangelo.

Quando i pescatori prenderanno una quantità di pesci, così che le reti si romperanno - quando Simone, al vedere il miracolo, cade in ginocchio davanti a Cristo, gridando che non è degno, egli peccatore, di ospitarlo nella sua barca -, allora Cristo porterà a termine l'analogia espressa in questo segno mirabile e dirà a Simone: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini" (Lc 5,10).

Bisogna, cari fratelli, che anche noi Vescovi del continente europeo viviamo ancora una volta, in tutta la pienezza, quell'analogia di Galilea. Bisogna che di nuovo sentiamo il "non temere", perché forse siamo scoraggiati e rassegnati. Bisogna che anche noi di nuovo ritroviamo questo appello alla speranza - all'"unica speranza" che ci dà la nostra vocazione. E bisogna che noi caliamo instancabilmente le reti, ripetendo così come Simone: "Sulla tua parola gettero le reti" (Lc 5,5).

L'Eterno Pastore delle anime umane è il Signore di ogni pesca.


4. Vi siete riuniti qui a Roma, voi, Vescovi di diversi paesi dell'Europa, per rianimare la speranza, "alla quale siete stati chiamati". A ciascuno di noi, tuttavia, "è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo" (Ep 4,7).

Lavorando sulle vostre Comunità - da quella quotidiana della propria diocesi a quella più ampia della Conferenza Episcopale Nazionale - desiderate ancora in altro modo mettere mano alla "costruzione del Corpo di Cristo". Lo Spirito Santo vi ha costituiti "pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero" (Ep 4,12), il cui "scopo" è la costruzione di questo Corpo.

Questo corpo "è unico" così come c'è "un solo Spirito" (Ep 4,4), e come c'è pure "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (v. 5) e soprattutto "un solo Dio Padre di tutti, che è (ed opera) al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (v. 5-6).

Il frutto del Simposio - attraverso tutte le differenziazioni che decidono della ricchezza delle Nazioni e delle Chiese, attraverso divisioni che sono un'eredità difficile del passato, attraverso, ripeto, differenziazioni e divisioni, di non essenziale importanza, che vengono dagli uomini - sia soprattutto questo: scoprire l'unità! Questa unità che è per gli uomini, e viene da Dio! L'unità del Popolo di Dio: grande, universale e quindi pan-europea. Da questa unità, che viene da Dio, bisogna sempre iniziare, e bisogna anche vederla alla fine. Si, vederla come scopo.

Gesù Cristo, Buon Pastore, è con noi su tutte le vie che conducono dal Divino Inizio all'unità del Corpo redento.


5. "Per evangelica dicta".

Siano cancellate le nostre colpe mediante le parole del Vangelo.

Ci aiutino le parole del Vangelo a sentire il gusto dei problemi di Dio e leggere la profondità dei misteri.

La parola del Vangelo ci permetta di ritrovare la speranza della nostra vocazione.




1982-10-08 Data estesa: Venerdi 8 Ottobre 1982




Ai Vescovi della Scandinavia in visita "ad limina"- Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La presenza costruttiva della Chiesa in un mondo che cambia)

Testo:

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo!


1. Come cinque anni fa siete ora nuovamente giunti a Roma "ad limina Apostolorum" per pregare, quali Pastori della Chiesa in Scandinavia, presso i luoghi che conservano la memoria degli Apostoli e incontrare Pietro nella persona del suo successore. La volta scorsa era Paolo VI; oggi voi incontrate me. Dall'ultima vostra visita sono state ora stabilite pienamente le relazioni diplomatiche con Danimarca, Norvegia e Svezia, cosa che mi colma di gioia riconoscente. Rispetto alla vostra visita del 1977, ora la Sede episcopale di Stoccolma è nuovamente occupata, e così rivolgo in modo particolare il mio benvenuto al Vescovo Brandenburg presente tra di voi. E' questa la sua prima "visita ad limina" quale Pastore della Chiesa in Svezia.

Cari fratelli, nel nostro incontro si rinnova il mistero della successione apostolica e la comunione ecclesiale. Questa è la realtà che noi oggi insieme celebriamo. La vostra "visita ad limina" ha un significato profondo. In essa si compie la comunione ecclesiale tra la Chiesa universale e la vostra Chiesa locale - uno scambio vivo di amore nel grande ambito della unità ecclesiale.


2. Da parte del Vescovo di Roma l'incontro "ad limina" è un atto di grande stima per le vostre Chiese locali nelle quali vive Gesù Cristo; un atto di ammirazione di fronte alla Parola di Dio, come si è radicata nel cuore dei vostri fedeli e si è diffusa nei vostri paesi - attraverso i vostri grandi annunciatori della fede come Angsar, Knut, Heinrich, Olaf, Erich, Brigitte, Katharina e molti altri. La vostra visita mi dà l'opportunità di dare espressione a tutta la stima, che la Santa Sede nutre considerando gli sforzi che, mediante la grazia dello Spirito Santo, sono stati compiuti nel corso della storia cristiana dei vostri paesi, affinché la Buona Novella fosse annunciata e vissuta. Attraverso questo servizio del successore di Pietro la vostra "visita ad limina" diviene dunque un incontro nel quale la Chiesa universale abbraccia con affetto in cattolica unità le Chiese locali di Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia.


3. Da parte vostra la visita a Roma significa una rinnovata dedizione al vostro incarico pastorale, "di annunciare le imperscrutabili ricchezze di Cristo" (Ep 3,8); un punto di partenza per un rinnovato impegno apostolico derivante dalla rinnovata esperienza dell'appoggio col quale il vostro fratello, Vescovo di Roma, vi rafforza nella fede di Pietro. E questo sostegno fraterno del rafforzamento nella fede è inoltre una nuova garanzia della soprannaturale fecondità di tutti i vostri sforzi per il Regno di Dio. In voi, Pastori del gregge e guide spirituali del Popolo di Dio, ogni comunità ecclesiale è invitata, come porzione vivente di tutta la Chiesa, a orientare tutta la propria fede alla fede di Pietro e a rinnovare la propria decisione per una vita cristiana.


4. Questo è il rapporto vivo nel quale il Vescovo di Roma, in occasione della vostra "visita ad limina" parla a voi, suoi fratelli nel servizio episcopale. Egli conosce le condizioni della vita della Chiesa di Dio in Scandinavia. La vostra storia, la vostra cultura, le circostanze nelle quali voi vivete, mi spingono a rivolgervi una particolare parola di incoraggiamento fraterno. La Chiesa universale sa che voi esercitate il vostro apostolato in difficili condizioni climatiche e in comunità di cattolici relativamente ristrette, molto distanti tra di loro. La vita quotidiana si svolge in un grande progresso materiale, che non ha un significato solo positivo; è invece accompagnato dalla tentazione di una errata secolarizzazione e da un allontanamento di Dio dalla vita dell'uomo. Tutto ciò costituisce una sfida per il vostro servizio episcopale; e per rafforzarvi in esso proprio a questo riguardo, desidero parlarvi della speranza.



5. La speranza della quale vi parlo, è intesa come virtù teologica che genera la fiducia e, per conseguenza, la serenità e la gioia. Nel mezzo della nostra vita e del nostro servizio, cari fratelli, vi è "Cristo Gesù, nostra speranza" (1Tim


1,1). In lui abbiamo riposto ogni nostra speranza; egli stesso è divenuto realmente la nostra speranza e ciò non innanzitutto a causa di opere e di fatti che noi avremmo compiuto ma in seguito ad una promessa. La promessa di Cristo agli Apostoli aleggia su tutta la storia della salvezza e permea tutta l'azione apostolica: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Su questa promessa di Cristo si fonda la nostra speranza, nella sua parola e nella sua azione salvifica. Gesù Cristo ha voluto salvarci attraverso la sua Buona Novella; poiché essa è "potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede" (Rm 1,16). L'annuncio di questa Buona Novella raggiunge il suo punto più alto nell'offerta eucaristica che quotidianamente si rende attuale nella Liturgia della Chiesa. Si, nonostante tutte le difficoltà e gli ostacoli abbiamo riposto la nostra speranza in Gesù Cristo. L'intero nostro servizio è per la speranza: noi siamo chiamati a questo, ad annunciare la speranza e a darne esempio; dobbiamo pregare affinché la Chiesa viva in quella speranza per la quale essa è nata.

Nessuno lo ha capito meglio dell'apostolo Pietro. Ascoltate le sue parole: "Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva" (1P 1,3). La nostra speranza è salda perché essa è un dono pasquale che il Signore risorto ha riversato nei nostri cuori.

Questo è il mistero che dobbiamo vivere ed annunciare: noi siamo rinati ad una speranza viva.


6. Con questa speranza in Cristo nel cuore noi lottiamo ad esempio per il ristabilimento della piena unità dei cristiani, voluta da Cristo stesso. Tutto il nostro operare ecumenico è motivato dalla speranza e scaturisce dalla potenza illimitata del sacrificio della Croce di Cristo, "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,52). Siamo certi che l'unità cristiana può essere ricostituita quando Dio vorrà, perché essa è già oggetto della preghiera di Cristo. E la sua efficacia supera la nostra comprensione e immaginazione.

Riferendovi alla pienezza dell'insegnamento cattolico e dando una testimonianza autenticamente cattolica, illustri fratelli, voi dovete proseguire tutti i vostri sforzi, insieme ai vostri fratelli cristiani protestanti per rendere una comune testimonianza a Gesù Cristo. Vi sono infatti numerosi ambiti della vita cristiana, che possono e devono essere curati comunitariamente, "affinché il mondo creda" (Jn 17,21). La virtù della speranza ci dà anche la certezza, che il rinnovamento spirituale, che la potenza di Dio ha suscitato tra i vostri fedeli, può essere ancora accresciuto e può così forse diventare una forza che plasmi la società dal suo interno.


7. La speranza cristiana si esprime anche in un atteggiamento di fede soprannaturale. Proprio perché noi riponiamo tutta la nostra speranza nel Signore, noi crediamo che egli sostenga i nostri sforzi per costruire una comunità di fede e di amore tra gli uomini. Inoltre noi crediamo che il Regno di Dio realmente cresca grazie all'azione di Cristo che vive nelle membra del suo corpo mistico, attraverso le quali opera e nelle quali vive. Cristo ci ha invitati ad annunciare la Buona Novella e "a insegnare agli uomini ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,20); egli non ci assicura tuttavia alcun successo secondo la misura di questo mondo.

E ciò nonostante i nostri cuori sono colmi di fiducia, perché noi conosciamo la potenza della sua parola. Noi sappiamo che Cristo ci ha affidato il compito di predicare il Vangelo nella sua pienezza e che egli attraverso la potenza dello Spirito Santo ha dato al suo popolo la forza di aderire generosamente alla sua parola e a portare frutti di giustizia e di una vita santa.

Questa fiducia ci determina quando cerchiamo di testimoniare al mondo che non si può staccare la sensibilità pastorale dalla fiducia certa in Gesù Cristo e nella pienezza del suo messaggio: "...insegnate ad osservare tutto ciò che io ho comandato". Quando ci sforziamo di obbedire al Signore e ad annunciare il suo messaggio a tutti coloro che volentieri lo ascoltano, allora cresce nel nostro cuore la ferma fiducia che noi così serviamo anche la causa dell'uomo e diamo in genere un particolare contributo alla società. Anche quando la nostra predicazione viene accolta solo dal piccolo gregge, essa genera tuttavia una consapevolezza di Dio nell'intera comunità umana. Essa porta l'attenzione sul peccato e la redenzione. Anche questa è una ragione per essere fiduciosi e lieti perché noi aiutiamo in questo modo la Chiesa ad adempiere il suo compito fondamentale, "di dirigere lo sguardo dell'uomo, di indirizzare la coscienza e l'esperienza di tutta l'umanità verso il mistero di Cristo, di aiutare tutti gli uomini ad avere familiarità con la profondità della Redenzione, che avviene in Cristo Gesù" (RH 10).


8. La fiducia e la serenità colma di gioia che vi anima mediante la vostra speranza soprannaturale in Gesù Cristo, è infatti una forza che deve essere trasmessa anche ai vostri fedeli. Io sono particolarmente convinto che il vostro contatto personale coi vostri seminaristi - alcuni dei quali ho incontrato in una breve udienza in piazza san Pietro - sarà per loro un incoraggiamento a riporre tutta la loro speranza in Cristo. Per ciò che concerne la loro preparazione al sacerdozio, sono certo che voi farete tutto ciò che vi è possibile affinché si realizzi sempre più efficacemente e così si compiano pienamente le aspettative del Concilio Vaticano II rispetto all'educazione dei seminaristi.


9. Non si può sottolineare abbastanza il significato della testimonianza che i religiosi - anche quelli di stretta clausura - devono rendere in Scandinavia. Già la loro semplice presenza tra gli uomini parla di Dio e annuncia la fede in una rinascita ad una speranza viva. Poco tempo fa ho ricevuto da una cristiana evangelica islandese una bella lettera nella quale ella confermava la stima e l'affetto che tante persone provano per i religiosi.

Nella grande opera di evangelizzazione è vostro compito di Pastori, insieme ai vostri sacerdoti, di rafforzare i laici cattolici nel loro apostolato.

La vostra testimonianza sarà l'autentica testimonianza di cristiani che nella loro attività quotidiana vivono secondo il messaggio di Gesù e come un lievito trasformano il mondo dall'interno. Se il loro operare è animato dalla grazia, esso non contribuisce soltanto alla loro santificazione personale ma anche alla salvezza del mondo. Mediante la vera testimonianza dei laici cristiani il mondo può riconoscere il significato della speranza in Gesù Cristo.

Sottolineando per voi in modo particolare la virtù della speranza, è mio desiderio che da parte vostra voi rafforziate, come dice san Pietro, la "rinascita ad una speranza viva" del Popolo di Dio in Scandinavia. Uniti nella piena collegialità del servizio Episcopale incoraggiamo tutti i nostri sacerdoti, religiosi e laici a rimanere saldi nella speranza del Vangelo. Con le parole del Salmista gridiamo sempre di nuovo ai fedeli: "Siate forti, riprendete coraggio, / o voi che sperate nel Signore" (Ps 30 [31],25).




1982-10-08 Data estesa: Venerdi 8 Ottobre 1982




Ai Vescovi del nord della Francia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il messaggio cristiano ha forza quando viene messo in pratica

Testo:

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Ho preso conoscenza delle note redatte sulle vostre differenti diocesi; ho ascoltato ciascuno di voi in un incontro personale e ora ho appena ascoltato il rapporto generale presentato dal vostro Presidente: rendo grazie a Dio per lo zelo pastorale di cui voi date prova in questa vasta regione del Nord della Francia. E prego il Signore di donarvi la sua luce e di fortificarvi in questo ministero di "guide spirituali". Ho saputo che un buon numero di voi si riunisce regolarmente, non solo per mettere a punto una pastorale adatta, ma per un aiuto vicendevole nei confronti di Gesù Cristo, attraverso la revisione della vita e la preghiera, per meglio servire la sua Chiesa. Perché si tratta non tanto della nostra opera, quanto di preparare le vie allo Spirito Santo.

Con voi faccio mie le diverse preoccupazioni di cui portate la responsabilità: quella della fede delle vostre popolazioni, fede che in generale c'è, ma che bisogna senza posa risvegliare, fortificare, aprire alle implicazioni pratiche della preghiera, della carità, della giustizia; la preoccupazione, allo stesso tempo, delle loro condizioni di vita umana che influenzano la loro vita spirituale, quando ad esempio il lavoro è minacciato, la famiglia è scossa, i mass-media sono dilaganti. Avete anche la responsabilità delle numerose comunità di immigrati, più o meno integrate nella vita del paese: essi, del resto, offrono un loro apporto personale, con il loro lavoro, i loro valori culturali e religiosi, ma la loro situazione richiede un approccio particolare e una pastorale adatta. Ho notato, tra le altre, la vostra preoccupazione della formazione dei bambini e dei giovani mediante la "catechesi" e anche attraverso i movimenti: come già dicevo ai vostri confratelli dell'Ile-de-France, voi siete i primi responsabili della qualità di questa catechesi, del valore degli strumenti, della competenza e della formazione dei catechisti. Ricordo ancora le "scuole cattoliche", così numerose nel Nord, senza dimenticare poi l'Università di Lille; voi le sostenete a ragione; esse giustamente vogliono conservare il loro carattere specifico e i mezzi per proseguire uno stile di educazione pienamente umana in esplicito riferimento alle grandi fonti della fede, per offrire questa possibilità ai genitori che fanno liberamente questa scelta per i loro bambini. Non dubito che ciò sia molto esigente per la scelta degli insegnanti e la qualità dell'équipe pedagogica.

Oggi, voglio prendere in esame soprattutto quattro altri aspetti. Li ho già affrontati in altri discorsi, ma mi sembra che siano sottolineati nei vostri rapporti: la missione e il futuro dei sacerdoti, l'apostolato dei laici nei movimenti, l'accoglienza di coloro che chiedono i sacramenti senza grande fede e l'etica familiare.


2. "I sacerdoti"! Sono ancora numerosi nella maggioranza delle vostre diocesi, se si fa un paragone con molte regioni del mondo; sono tutti devoti al loro ministero e molto desiderati dalle popolazioni. Ma sono spesso, voi dite, disorientati, al pensiero che la mezza età fra i sacerdoti diviene molto elevata, che vi sono poche ordinazioni, malgrado un certo aumento delle vocazioni, mentre ci sarebbe tanto da fare e i risultati sono scarsi in un mondo non credente. Occorre dunque aiutare i vostri sacerdoti a superare questa inquietudine che paralizza. E che sia ben chiaro, una volta di più, che non si può rinunciare al sacerdozio così come il Cristo l'ha istituito, né alle esigenze sperimentate con frutto dalla Chiesa nella linea del Vangelo; non sarebbe giusto pensare che l'apostolato e il ministero istituito dei laici possano compensare o rimpiazzare il ministero ordinato dei sacerdoti e dei diaconi. Questa sarebbe una falsa speranza, che prepara nuove delusioni. Occorre fortificare il sacerdote nella coscienza della sua identità e della sua insostituibile missione, chiamare ancor più vigorosamente al sacerdozio e meglio articolare certi compiti con quelli dei laici.

Così, si fortificherà il sacerdote mettendo nuovamente in rilievo il senso del sacramento dell'Ordine, cioè la specifica relazione per la quale il ministro ordinato è unito a Cristo Sacerdote e può agire "pubblicamente per gli uomini nel nome di Cristo", vale a dire "nel nome di Cristo Capo in persona" (PO 2). Si, con voi, io vorrei ripetere spesso ai sacerdoti ciò che dissi loro a Notre-Dame di Parigi e nelle mie lettere: Abbiate fede nel vostro sacerdozio! Siete inviati da Dio per una missione apostolica, che voi condividete con il Vescovo, partecipando a quella di Cristo-Sacerdote mediatore e santificatore! così siete gli annunciatori autorizzati del Messaggio evangelico, garanti, in comunione con il vostro Vescovo, della fedeltà alla fede della Chiesa, e in questo senso guide degli altri educatori della fede! Siete testimoni e dispensatori della vita divina! Rendete i laici coscienti del loro sacerdozio di battezzati e permettete loro di esercitarlo pienamente, siete suscitatori di apostoli! Avete il compito di costruire attorno a Cristo l'unità del Popolo di Dio, spesso disperso e diviso, di armonizzare i carismi per il bene di tutti! E' nostro compito, di noi Vescovi, restando vicini ai nostri sacerdoti, di renderli sempre più coscienti della grandezza di questa missione sacra, di questa paternità spirituale, e, in definitiva, molto felici di essere sacerdoti e servitori del Popolo di Dio, assicurando loro le condizioni di una vita equilibrata e fraterna, al bisogno della comunità.

Sono proprio sacerdoti così che susciteranno "vocazioni" sacerdotali e religiose, con la loro vita, con le loro convinzioni, con il mistero che portano in se stessi e che diffondono. Vi incoraggio vivamente a continuare nei numerosi sforzi che mettete in atto per chiamare più arditamente a questo ministero, in seno alle famiglie e tra i giovani, e, tanto più, per sostenere queste vocazioni sul loro cammino specifico.

Quando i sacerdoti si consacrano all'essenziale del loro sacerdozio - ho già sviluppato questo punto con i Vescovi del Sud-Ovest - e beneficiano della collaborazione dei diaconi permanenti che devono trovare meglio la loro collocazione, è sicuramente possibile prevedere una migliore articolazione dei compiti con i laici e una certa complementarietà in molti servizi delle comunità cristiane.

In definitiva, siamo realisti, come amministratori accorti che sanno valutare le risorse future, ma che per questo non rinunciano alla speranza che sorga un considerevole numero di vocazioni, e che ne predispongono i mezzi.


3. I "laici". Li ho appena nominati, e non ho intenzione di esporre tutte le possibili forme di apostolato che vi sono molto familiari e di cui ho già parlato con i vostri confratelli del Centro.

Ciò che innanzitutto è importante, come dicevo ai movimenti rappresentati alla Nunziatura di Parigi durante il mio viaggio, è renderli coscienti, uomini e donne, della loro missione insostituibile di laici cristiani, per incarnare la presenza e la testimonianza di Cristo negli impegni familiari, sociali, professionali, civici, per fare di questo mondo e delle sue strutture un mondo di giustizia, di pace e di amore più degno dei figli di Dio. Essi devono annunciare direttamente il Vangelo, offrire al servizio delle comunità cristiane i loro numerosi carismi ed esercitare le loro responsabilità di battezzati, di cresimati, e questo se possibile in modo stabile, anzi in un impegno permanente, come un ministero ricevuto per delegazione o istituzione.

Avete sottolineato l'importanza di gruppi per sostenere la vita cristiana e l'apostolato, e meglio ancora di "movimenti", organizzati per educare i laici cristiani, giovani e adulti, alle loro responsabilità. Condivido completamente questa convinzione in ciò che concerne la necessità dei movimenti, soprattutto per i giovani, perché è specialmente li che essi fanno esperienza di Chiesa e si aiutano insieme a vivere come cristiani in un mondo in cui vige l'incredulità. Nella società francese, che voi considerate ancora molto segnata dalla diversità degli ambienti di vita, avete puntato soprattutto sui movimenti di azione cattolica specializzati, adatti alla mentalità di questi ambienti e che procedono mediante una riflessione cristiana e una azione a partire dalle realtà della vita.

Apprezzo la preoccupazione di "formazione" dottrinale, spirituale e missionaria che mettete in opera per i membri di questi movimenti, come per coloro che sono chiamati ad esercitare un servizio di Chiesa, e questo attraverso gli incontri di fine settimana, i ritiri, le sessioni, e anche gli istituti di formazione. Una tale formazione li aiuterà ancora di più ad operare il discernimento degli spiriti (cfr. 1Jn 4,1) e ad evitare di cadere in trappole ideologiche o di essere turbati da correnti politicizzate. Vi ricordate ciò che di loro dicevo a Parigi: questi movimenti devono vegliare per fortificare la fede e l'appartenenza ecclesiale, perché il dialogo apostolico parte dalla fede e suppone una identità cristiana ben solida. D'altra parte, essi devono concepirsi complementari, capaci di organizzazione, collaborazione, in seno ai Consigli pastorali e a molti altri livelli.

So che i movimenti che praticano questo hanno bisogno di essere fortemente incoraggiati, perché la tendenza oggi è piuttosto quella di un difetto di stabilità negli impegni, o negli impegni meno esigenti, e non si tratta di rinunciare a ciò che già è stato sperimentato per rincorrere ciò che non esiste ancora o che a mala pena si sta delineando. Questo non impedisce di essere elastici, e di accogliere "nuove forme di raggruppamento", anzi nuovi movimenti, che possono nascere nella Chiesa, soprattutto presso i giovani, e in cui essi cercano spontaneamente una espressione comunitaria del loro desiderio di approfondire la fede, della loro preghiera, della loro amicizia vissuta, della loro volontà di incontro, della loro testimonianza missionaria. Gli scambi di esperienza tra paesi possono essere molto benefici a questo riguardo. Come dite anche voi, bisogna riconoscere ciò che lo Spirito Santo può suscitare in funzione dei bisogni attuali, evidentemente con la simpatia e soprattutto il discernimento che occorrono.


4. Oltre ai movimenti, e mediante essi, è tutto il Popolo di Dio che è oggetto della vostra sollecitudine: "i praticanti", di cui voi riconoscete la fede spesso "semplice e profonda", coloro che purtroppo non partecipano alle assemblee cristiane, coloro che si dicono indifferenti, anzi increduli, e che nonostante questo continuano a venire a domandare il battesimo dei loro bambini o il sacramento del matrimonio. Bisogna allora valorizzare ancor più i sacramenti e l'identità cristiana e cattolica, incoraggiare. Non bisogna allora forse temere di togliere valore ai sacramenti e l'identità cristiana e cattolica, di incoraggiare un cristianesimo sociologico senza vigore spirituale e divenuto piuttosto una contro-testimonianza? Questi casi numerosi e diversi mettono alla prova in particolare i vostri sacerdoti, che si sono nonostante ciò impegnati a consacrare molti sforzi per preparare questi tempi forti della vita sacramentale.

Conviene dunque lodare questi sacerdoti e incoraggiarli nell'impegno pastorale che li spinge ad accogliere queste persone con carità, apertura di cuore e comprensione. Infatti, una preparazione spesso lunga e sempre paziente è assolutamente necessaria per condurre fidanzati e genitori a prendere coscienza del fatto che la loro domanda non deve essere fondata su delle semplici convenzioni mondane o su tradizioni familiari, pur molto rispettabili. Occorre convincerli che si tratta di un impegno libero, serio, personale, in vista dell'avvenire, affinché siano assicurate la fedeltà degli sposi e, più tardi, la formazione cristiana dei figli.

Ci sono evidentemente delle situazioni che avete spesso considerato in funzione di una profonda teologia del sacramento, e secondo le istruzioni della Santa Sede o della vostra Conferenza Episcopale. Non sono qui per dividere. Ma la questione si fa oggi più insidiosa e complessa. Voi stessi costatate, con molta lucidità e franchezza che, in certe regioni, in particolare nei centri urbani, lo stato di scristianizzazione è tale che sembra mancare il "minimum" di fede e le altre disposizioni necessarie per assicurare la validità al sacramento del matrimonio. Ci sono effettivamente dei casi in cui il pastore d'anime non può ammettere la celebrazione in Chiesa (FC 69). Ma generalmente il sacerdote non può considerare in se stesso, e far osservare a quelli che egli riceve, che essi sono piuttosto cattivi credenti che fondamentalmente increduli, dal momento che questo passo iniziale, così contrario alle loro abitudini, questo ricorso alla Chiesa, impone un certo atto di fede di cui essi stessi non hanno una coscienza chiara? In simili casi, lo sforzo pastorale, per quanto delicato, deve prima di tutto ispirarsi alla misericordia di Dio, che solo conosce l'intimo dei cuori, e di cui il Vangelo dichiara, applicando a Cristo la parola del profeta Isaia: "Non spezzerà la canna infranta, non spegnerà il lucignolo fumigante" (Mt 12,20 cfr. Is 42,3). così, mediante una saggia pedagogia, il sacerdote, così come i laici che collaborano con lui in questa preparazione, facendo sempre prevalere la misericordia sul giudizio, si sforzeranno di condurre i cattivi credenti a meglio comprendere sia le loro responsabilità personali che le esigenze della Chiesa, in modo da prendere decisioni così gravi in tutta libertà e verità e incamminarsi, bisogna sperarlo, verso un approfondimento della fede.


5. Infine, voi siete preoccupati nel vedere numerosi giovani, sposi e spose prendere le distanze dalla Chiesa per ragioni di etica sessuale.

Le esigenze morali fanno evidentemente parte dell'agire cristiano, come conseguenze coerenti con la fede, con il Vangelo. E' vero sul piano della carità, della giustizia sociale, in cui voi non temete, a buon diritto, di ricordarlo ai cristiani. L'etica della vita familiare mantiene anch'essa una importanza fondamentale, benché alcuni cerchino di relegarla nel campo del "privato", dello spazio di "libertà" che appartiene a ciascuno. Noi non dobbiamo aver paura di ricordarne le esigenze; di sottolineare le situazioni anormali, di peccato; e i cristiani dovranno poterlo comprendere. Comunque, anche con loro, più ancora che le norme, bisogna esporre la bellezza, l'aspetto salutare sotto tutti i punti di vista, dell'ideale cristiano: non è forse capace di condurre gli sposi ben formati ad una delicatezza di sentimenti e ad un irradiamento individuale, come costatavo recentemente con le Equipes Notre-Dame? Ma nella misura in cui la fede è in questione, in cui il senso del peccato si è dissolto, in cui l'autorità della Chiesa non è accettata con fiducia, più generalmente quando si vuol parlare al gran pubblico, formato da cristiani e da non cristiani, soprattutto attraverso i media, è vero che non ci si può accontentare di ricordare solamente le ingiunzioni della morale: saranno rifiutate in nome di un certo liberalismo o rischierebbero semplicemente di non convincere.

Bisogna, con linguaggio chiaro, mostrare senza posa il senso di questa etica, coerente con una sana teologia del corpo; bisogna promuovere nei fatti il vero amore umano e il rispetto della vita. E' l'amore autentico che detta i suoi comportamenti, che si dà delle esigenze. E' importante che questo amore riprenda il suo posto nelle famiglie, nella società. La famiglia deve mantenere, rivelare, comunicare l'amore. Una società non può costruirsi senza questi valori ed è destinata a decadere quando li abbandona. Non bisogna dunque "abbassare le braccia" davanti alla mentalità dominante che contesta oggi la morale familiare e reclama una libertà assoluta senza le responsabilità dell'amore e della vita umana. Bisogna al contrario sempre sollevare il dibattito, sperando di essere affiancati da molti uomini e donne di buona volontà che comprendono la partita in gioco, almeno per la salvezza della società, la dignità e la felicità durevole delle persone. Ci auguriamo che i pastori, i laici cristiani, le associazioni facciano tutto quanto è possibile per educare le persone e l'opinione pubblica, per accompagnare, con tutte le iniziative opportune, coloro che tentano di informarsi, di progredire. E innanzitutto, a livello delle convinzioni, possiamo dire che l'esortazione "Familiaris Consortio", in cui ho raccolto il frutto del Sinodo, è stata sufficientemente studiata e messa in opera? Termino qui questa revisione di vita che coglie sicuramente le vostre preoccupazioni e ci impegna tutti. Possano tutti i vostri diocesani assumere le loro responsabilità: sacerdoti, religiose, laici, sposi, genitori, giovani! Possano essere convinti della forza del messaggio cristiano quando è messo in pratica (cfr. Mt 7,24-25). E' un cammino di speranza. E di tutto cuore li benedico con voi.




1982-10-09 Data estesa: Sabato 9 Ottobre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Costituzione apostolica