GPII 1982 Insegnamenti - Ai ragazzi dei Giochi della Gioventù

Ai ragazzi dei Giochi della Gioventù

Testo:

Cari ragazzi e ragazze.


1. A voi, convenuti tanto numerosi a Roma anche in rappresentanza di milioni di vostri coetanei per la manifestazione nazionale dei "Giochi della Gioventù 1982", si dirigono il mio affettuoso saluto di benvenuto, il mio sincero compiacimento e il mio incoraggiamento.

Questi Giochi sportivi, che sono stati preparati in fasi successive su tutto il territorio nazionale con la partecipazione di tanti ragazzi e giovani, costituiscono una manifestazione di fresca vitalità, di fede in un futuro migliore, ma soprattutto di speranza in una gioventù che fin da ora - ma soprattutto domani - vuole impegnarsi per costruire una convivenza sociale, ove i valori della dignità umana, della fraternità solidale e della pace siano sempre più rispettati, nel superamento di ogni contraria tentazione.

Voi lo sapete bene - e ne avete l'esperienza vissuta -, che lo sport, prima ancora di essere espressione agonistica, esige un fondamento ideale; l'esaltazione, cioè, di basilari virtù umane, come la lealtà, la generosità, l'ottimismo, che si coniugano armoniosamente con lo spirito di sacrificio, col dominio di se stessi, con l'atteggiamento grato ed umile verso il Datore di ogni bene e quindi anche della salute fisica, aprendo così l'anima ai grandi orizzonti della fede. Lo sport praticato con saggezza ed equilibrio assume, allora, un valore etico e formativo, ed è una palestra di virtù valide per la vita, cioè per quella "competizione" che si prolunga per tutto il percorso terreno, fino all'estremo suo limite, diretta a trasformarsi, una volta positivamente superata, in gaudio eterno.

E' proprio su questa vostra vita di domani che vi invito a fissare sereni lo sguardo, concedendo ad essa qualche momento di riflessione.


2. Come persone umane e come cristiani, vi attende una grande missione: divenire adulti pienamente maturi, servitori intelligenti della società ed infine araldi e testimoni del Vangelo. Questo ideale, articolato su un triplice piano, si unifica in un solo precetto: amerai Dio sopra ogni cosa ed il prossimo come te stesso. Ciò vuol dire concepire e vivere la vita come servizio, come premurosa disponibilità, come donazione ad una società sempre più bisognosa di incarnazioni palpitanti dell'amore autentico.

Risulta perciò chiaro che accogliere la chiamata di Cristo, Via, Verità e Vita, chiamata all'amore più generoso per gli altri, è un modo sicuro di rispondere alla vocazione di essere adulti pienamente maturi, uomini liberi, cittadini responsabili. La vetta dell'esercizio della libertà e della responsabilità è proprio l'amore.

A tutto ciò lo sport concorre, come ho accennato, come fattore di "autodisciplina", indirizzata alla costruzione di un carattere forte, ricco, coraggioso, fiducioso.


3. Ognuno di voi è chiamato a prendere in mano la torcia luminosa dell'amore evangelico per illuminare l'intero tragitto della propria corsa terrena, per consegnarla sempre più splendente alle generazioni future. Voi potete e dovete proclamare la verità dell'uomo, che è la verità di Cristo. Voi potete farlo col vostro entusiasmo, e con la fiducia propria dei giovani. Fatelo insieme tra voi, insieme con Cristo e con la sua Chiesa.

Ancora una volta, desidero ripetervi, cari ragazzi, che vedo in voi le speranze della società e della Chiesa, che mi sento solidale con voi, nelle vostre più forti attese e vive aspirazioni. Su di esse invoco abbondanti gli aiuti del cielo, mentre con tutto il cuore vi benedico.




1982-10-09 Data estesa: Sabato 9 Ottobre 1982




Dolore e costernazione per l'attentato alla sinagoga di Roma

Testo:

Appresa con profondo dolore e costernazione la notizia del sanguinoso attentato compiuto oggi nella Sinagoga di questa Città esprimo la mia viva deplorazione per tale gesto terroristico ed elevo a Dio Onnipotente fervide preghiere per le vittime di simile esplosione di odio e di cieca violenza e per la pace e la fraternità tra tutti gli uomini.

Voglia Ella rendersi interprete presso i feriti e le loro famiglie della mia sentita partecipazione alla loro sofferenza e di manifestare altresi al Rabbino Toaff la mia ferma condanna per l'atto criminoso tanto più grave in quanto perpetrato nel luogo di culto della Comunità Ebraica di Roma.




1982-10-09 Data estesa: Sabato 9 Ottobre 1982




In piazza san Pietro: la canonizzazione di san Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote martire - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il sacrificio di tutta la sua vita sigillata con la morte di martire per un fratello

Testo:


1. "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13).Da oggi la Chiesa desidera chiamare "santo" un uomo al quale è stato concesso di adempiere in maniera assolutamente letterale le suddette parole del Redentore.

Ecco infatti, verso la fine di luglio del 1941, quando per ordine del capo del campo si fecero mettere in fila i prigionieri destinati a morire di fame, quest'uomo, Massimiliano Maria Kolbe, si presento spontaneamente, dichiarandosi pronto ad andare alla morte in sostituzione di uno di loro. Questa disponibilità fu accolta, e al padre Massimiliano, dopo oltre due settimane di tormenti a causa della fame, fu infine tolta la vita con un'iniezione mortale, il 14 agosto 1941.Tutto questo successe nel campo di concentramento di Auschwitz, dove furono messi a morte durante l'ultima guerra circa 4.000.000 di persone, tra cui anche la Serva di Dio Edith Stein (la carmelitana suor Teresa Benedetta della Croce), la cui causa di Beatificazione è in corso presso la competente Congregazione. La disobbedienza contro Dio, Creatore della vita, il quale ha detto "non uccidere", ha causato in questo luogo l'immensa ecatombe di tanti innocenti.

Contemporaneamente dunque, la nostra epoca è rimasta così orribilmente contrassegnata dallo sterminio dell'uomo innocente.


2. Padre Massimiliamo Kolbe, essendo lui stesso un prigioniero del campo di concentramento, ha rivendicato, nel luogo della morte, il diritto alla vita di un uomo innocente, uno dei 4.000.000. Quest'uomo (Franciszek Gajowniczek) vive ancora ed è presente tra noi. Padre Kolbe ne ha rivendicato il diritto alla vita, dichiarando la disponibilità di andare alla morte al suo posto, perché era un padre di famiglia e la sua vita era necessaria ai suoi cari. Padre Massimiliano Maria Kolbe ha riaffermato così il diritto esclusivo del Creatore alla vita dell'uomo innocente e ha reso testimonianza a Cristo e all'amore. Scrive infatti l'apostolo Giovanni: "Da questo abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli" (1Jn 3,16).

Dando la sua vita per un fratello, padre Massimiliano, che la Chiesa già sin dal 1971 venera come "beato", in modo particolare si è reso simile a Cristo.


3. Noi, dunque, che oggi, domenica 10 ottobre, siamo riuniti davanti alla Basilica di san Pietro in Roma, desideriamo esprimere il valore speciale che ha agli occhi di Dio la morte per martirio del padre Massimiliano Kolbe: "Preziosa agli occhi del Signore / è la morte dei suoi fedeli" (Ps 115 [116],15), così abbiamo ripetuto nel Salmo responsoriale. Veramente è preziosa ed inestimabile! Mediante la morte, che Cristo ha subito sulla Croce, si è compiuta la redenzione del mondo, poiché questa morte ha il valore dell'amore supremo.

Mediante la morte, subita dal padre Massimiliano Kolbe, un limpido segno di tale amore si è rinnovato nel nostro secolo, che in grado tanto alto e in molteplici modi è minacciato dal peccato e dalla morte.

Ecco che, in questa solenne liturgia della canonizzazione, sembra presentarsi tra noi quel "martire dell'amore" di Oswiecim (come lo chiamo Paolo VI) e dire: "Io sono il tuo servo, Signore, / io sono tuo servo, figlio della tua ancella; / hai spezzato le mie catene" (Ps 115 [116],16).

E, quasi raccogliendo in uno il sacrificio di tutta la sua vita, lui, sacerdote e figlio spirituale di san Francesco, sembra dire: "Che cosa rendero al Signore / per quanto mi ha dato? / Alzero il calice della salvezza / e invochero il nome del Signore" (v. 12s).

Sono, queste, parole di gratitudine. La morte subita per amore, al posto del fratello, è un atto eroico dell'uomo, mediante il quale, insieme al nuovo Santo, glorifichiamo Dio. Da lui infatti proviene la Grazia di tale eroismo, di questo martirio.


4. Glorifichiamo dunque oggi la grande opera di Dio nell'uomo. Di fronte a tutti noi, qui riuniti, padre Massimiliano Kolbe alza il suo "calice della salvezza", nel quale è racchiuso il sacrificio di tutta la sua vita, sigillata con la morte di martire "per un fratello".

A questo definitivo sacrificio Massimiliano si preparo seguendo Cristo sin dai primi anni della sua vita in Polonia. Da quegli anni proviene l'arcano sogno di due corone: una bianca e una rossa, fra le quali il nostro santo non sceglie, ma le accetta entrambe. Sin dagli anni della giovinezza, infatti, lo permeava un grande amore verso Cristo e il desiderio del martirio.

Quest'amore e questo desiderio l'accompagnarono sulla via della vocazione francescana e sacerdotale, alla quale si preparava sia in Polonia che a Roma. Quest'amore e questo desiderio lo seguirono attraverso tutti i luoghi del servizio sacerdotale e francescano in Polonia, ed anche del servizio missionario nel Giappone.


5. L'ispirazione di tutta la sua vita fu l'Immacolata, alla quale affidava il suo amore per Cristo e il suo desiderio di martirio. Nel mistero dell'Immacolata Concezione si svelava davanti agli occhi della sua anima quel mondo meraviglioso e soprannaturale della Grazia di Dio offerta all'uomo. La fede e le opere di tutta la vita di padre Massimiliano indicano che egli concepiva la sua collaborazione con la Grazia divina come una milizia sotto il segno dell'Immacolata Concezione.

La caratteristica mariana è particolarmente espressiva nella vita e nella santità di padre Kolbe. Con questo contrassegno è stato marcato anche tutto il suo apostolato, sia nella patria come nelle missioni. Sia in Polonia come nel Giappone furono centro di quest'apostolato le speciali città dell'Immacolata ("Niepokalanow" polacco, "Mugenzai no Sono" giapponese).


6. Che cosa è successo nel Bunker della fame nel campo di concentramento ad Oswiecim (Auschwitz), il 14 agosto del 1941? A questo risponde l'odierna liturgia: ecco "Dio ha provato" Massimiliano Maria "e lo ha trovato degno di sé" (cfr. Sg 3,5). L'ha provato "come oro nel crogiuolo / e l'ha gradito come un olocausto" (cfr. v. 6).

Anche se "agli occhi degli uomini subi castighi", tuttavia "la sua speranza è piena di immortalità" poiché "le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, / nessun tormento le toccherà". E quando, umanamente parlando, li raggiungono il tormento e la morte, quando "agli occhi degli uomini parve che morissero...", quando "la loro dipartita da noi fu ritenuta una sciagura...", "essi sono nella pace": essi provano la vita e la gloria "nelle mani di Dio" (cfr. Sg 3,1-4).

Tale vita è frutto della morte a somiglianza della morte di Cristo. La gloria è la partecipazione alla sua risurrezione.

Che cosa dunque successe nel Bunker della fame, il giorno 14 agosto 1941? Si compirono le parole rivolte da Cristo agli Apostoli, perché "andassero e portassero frutto e il loro frutto rimanesse" (cfr. Jn 15,16).

In modo mirabile perdura nella Chiesa e nel mondo il frutto della morte eroica di Massimiliano Kolbe!


7. A quanto successe nel campo di "Auschwitz" guardavano gli uomini. E anche se ai loro occhi doveva sembrare che "morisse" un compagno del loro tormento, anche se umanamente potevano considerare "la sua dipartita" come "una rovina", tuttavia nella loro coscienza questa non era solamente "la morte".

Massimiliano non mori, ma "diede la vita... per il fratello".

V'era in questa morte, terribile dal punto di vista umano, tutta la definitiva grandezza dell'atto umano e della scelta umana: egli da sé si offri alla morte per amore.

E in questa sua morte umana c'era la trasparente testimonianza data a Cristo: la testimonianza data in Cristo alla dignità dell'uomo, alla santità della sua vita e alla forza salvifica della morte, nella quale si manifesta la potenza dell'amore.

Proprio per questo la morte di Massimiliano Kolbe divenne un segno di vittoria. E' stata questa la vittoria riportata su tutto il sistema del disprezzo e dell'odio verso l'uomo e verso ciò che è divino nell'uomo, vittoria simile a quella che ha riportato il nostro Signore Gesù Cristo sul Calvario.

"Voi siete miei amici, se farete ciò che vi comando" (Jn 15,14)


8. La Chiesa accetta questo segno di vittoria, riportata mediante la forza della Redenzione di Cristo, con venerazione e con gratitudine. Cerca di leggerne l'eloquenza con tutta umiltà ed amore.

Come sempre, quando proclama la santità dei suoi figli e delle sue figlie, così anche in questo caso, essa cerca di agire con tutta la precisione e la responsabilità dovute, penetrando in tutti gli aspetti della vita e della morte del Servo di Dio.

Tuttavia la Chiesa deve, al tempo stesso, stare attenta, leggendo il segno della santità dato da Dio nel suo Servo terreno, di non lasciar sfuggire la sua piena eloquenza e il suo significato definitivo.

E perciò, nel giudicare la causa del beato Massimiliano Kolbe si dovettero - già dopo la beatificazione - prendere in considerazione molteplici voci del Popolo di Dio, e soprattutto dei nostri fratelli nell'Episcopato, sia della Polonia come pure della Germania, che chiedevano di proclamare Massimiliano Kolbe santo "come martire".

Di fronte all'eloquenza della vita e della morte del beato Massimiliano, non si può non riconoscere ciò che pare costituisca il principale ed essenziale contenuto del segno dato da Dio alla Chiesa e al mondo nella sua morte.

Non costituisce questa morte affrontata spontaneamente, per amore all'uomo, un particolare compimento delle parole di Cristo? Non rende essa Massimiliano particolarmente simile a Cristo, Modello di tutti i Martiri, che dà la propria vita sulla Croce per i fratelli? Non possiede proprio una tale morte una particolare, penetrante eloquenza per la nostra epoca? Non costituisce essa una testimonianza particolarmente autentica della Chiesa nel mondo contemporaneo?


9. E perciò, in virtù della mia apostolica autorità ho decretato che Massimiliano Maria Kolbe, il quale, in seguito alla Beatificazione, era venerato come Confessore, venga d'ora in poi venerato "anche come Martire"! "Preziosa agli occhi del Signore / è la morte dei suoi fedeli"!

Amen.



1982-10-10 Data estesa: Domenica 10 Ottobre 1982



Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maria è il dono mirabile che Cristo ha fatto alla Chiesa e all'umanità

Testo:

E' ormai l'ora della recita dell'"Angelus", la preghiera che ricorda il mistero dell'Incarnazione del Verbo nel grembo purissimo di Maria santissima. E lo faremo richiamandoci alle ispirate parole del nuovo santo, Massimiliano Maria Kolbe, infaticabile apostolo della devozione all'Immacolata: "Al compiersi del tempo della venuta di Cristo, Dio uno e trino crea esclusivamente per sé la Vergine Immacolata, la colma di grazia e prende dimora in lei ("Il Signore è con te"). E questa Vergine santissima con la propria umiltà affascina talmente il suo Cuore che Dio Padre le dà per figlio il suo proprio Figlio Unigenito, Dio Figlio scende nel suo ventre verginale, mentre Dio Spirito Santo vi plasma il corpo santissimo dell'Uomo-Dio. E il Verbo si fece carne come frutto dell'amore di Dio e dell'Immacolata" ("Scritti", III, p. 700).

Maria è il dono mirabile che Cristo ha fatto alla Chiesa ed all'umanità.

"Per attirare le anime e trasformarle mediante l'amore - dice ancora il nuovo Santo - Cristo ha manifestato il proprio amore illuminato, il proprio Cuore infiammato d'amore per le anime, un amore che lo ha spinto a salire sulla croce, a rimanere con noi nell'Eucaristia e ad entrare nelle nostre anime e a lasciarci in testamento la propria Madre come Madre nostra" (p. 699). Eleviamo pertanto con filiale fiducia il nostro sguardo a lei e diciamo: "Angelus Domini...".

Il XX anniversario dell'inaugurazione del Concilio Domani, 11 ottobre, ricorre il XX anniversario dell'inaugurazione del Concilio Ecumenico Vaticamo II. Vi invito a ringraziare con me il Signore per aver fatto dono alla Chiesa di una straordinaria effusione del suo Spirito, nel momento in cui essa era chiamata a misurarsi con nuovi e giganteschi problemi. Come non ripensare a quello storico evento, così vitale per tutta la Chiesa del nostro tempo? Come non ricordare Papa Giovanni XXIII, che col suo grande cuore lo volle e avvio, e Papa Paolo VI, che ne fu il convinto e coraggioso esecutore? Mi rechero pertanto, domani, nelle Grotte Vaticane, presso le tombe dei due Pontefici, per esprimere, insieme con membri della Curia Romana, viva riconoscenza al Signore che col Concilio ha veramente "visitato il suo popolo" (cfr. Lc 1,68), e per implorare al tempo stesso dalla sua onnipotente bontà l'aiuto necessario per proseguire nell'opera intrapresa dai miei predecessori.

[Omissis. Seguono i saluti in altre lingue: tedesca, inglese, francese] Saluto ai pellegrini croati Sia lodato Gesù e Maria! Cari miei Croati! Saluto i numerosi pellegrini di Croazia, i quali sotto la guida dell'Arcivescovo Kuharic, assieme ai Vescovi Koksa e Jablanovic, sono venuti per questa canonizzazione. Il martirio di san Massimiliano Kolbe sia esempio per tutti i Croati nell'amore verso il prossimo e nella paziente sopportazione delle sofferenze. Il Papa vi benedice tutti.

Saluto ai pellegrini polacchi Adesso voglio rivolgere un caloroso saluto ai miei Connazionali, convenuti in si grande numero in piazza san Pietro e alla tomba del Santo, sia dalla Patria che da tutto il mondo. Tramite voi saluto tutti i figli e le figlie della terra polacca e tutti coloro che ad essa si sentono legati.

Oggi la Chiesa ha realizzato in certo senso il sogno giovanile di Massimiliano sulle due corone: la bianca e la rossa. Rallegriamoci per questo frutto maturo della santità della Chiesa polacca, ringraziamone Dio e facciamogliene nuovamente dono. Insieme con lui e in lui tramite l'Immacolata, affidiamo all'ottimo Padre i problemi difficili e dolorosi, che ora ci stanno tanto a cuore e preghiamo perché nella nostra Patria e nel mondo intero prevalgano quei valori per cui san Massimiliano ha donato la vita.

Ai giapponesi Siate tutti voi, pellegrini giapponesi, i benvenuti. Da voi attendo il frutto della canonizzazione.

Ai pellegrini coreani Saluto con viva cordialità tutti i pellegrini provenienti dalla Corea in occasione della canonizzazione del beato Massimiliano Kolbe.




1982-10-10 Data estesa: Domenica 10 Ottobre 1982




La viva deplorazione per l'atto terroristico di Roma

Testo:

L'odierna Canonizzazione ci invita a ricordare anche tante altre vite umane sacrificate durante la seconda guerra mondiale in un generoso servizio al prossimo, soprattutto offerte in favore dell'uomo umiliato, fratello sofferente e bisognoso. Tra di esse spicca la figura di Janusz Korczak, pedagogo polacco di origine ebrea, che ha accettato consapevolmente la morte in un campo di sterminio nell'agosto 1942, insieme con un gruppo di bambini ebrei orfani, da lui assistiti nel ghetto di Varsavia.

La tragica sorte di tanti ebrei soppressi senza pietà nei campi di concentramento ha avuto già la condanna, ferma ed irrevocabile, della coscienza dell'umanità. Ma purtroppo ancora nel nostro tempo si ripetono episodi criminosi di odio antisemita. Con cuore profondamente addolorato penso al bambino ebreo che ieri ha perso la vita qui a Roma e alle altre persone ferite nell'esecrando attentato alla sinagoga.

Nel rinnovare la mia viva deplorazione per tale agghiacciante atto terroristico, affido a Dio misericordioso questa vittima innocente, invocando conforto per i suoi genitori e familiari, la guarigione per i feriti, ed esprimendo sentita solidarietà alla comunità ebraica romana.




1982-10-10 Data estesa: Domenica 10 Ottobre 1982




Ai Vescovi polacchi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Conservate insieme al vostro gregge la libertà dello spirito

Testo:

Signor Cardinale Arcivescovo Metropolita di Krakow, amatissimi fratelli Metropoliti, Arcivescovi e Vescovi di Polonia.


1. "Grazia, misericordia e pace siano con noi da parte di Dio Padre e da parte di Gesù Cristo, Figlio del Padre, nella verità e nell'amore" (2Jn 3 cfr. Tm 1Tm 1,2). Con questo saluto desunto dalle lettere degli apostoli Giovanni e Paolo vi do il benvenuto sulla soglia di questa Casa Apostolica che è la Casa comune di tutta la Famiglia di Dio, costituita dalla Chiesa di Cristo.

Desidero innanzitutto esprimere la gioia, ed anche la profonda mia commozione per questa visita "ad limina Apostolorum". Guardando il gruppo così numeroso dei Vescovi polacchi, non posso resistere al ricordo di cinque anni fa: l'ultima visita "ad limina" compiuta presso Paolo VI, nel novembre 1977, alla quale prendevo parte come uno dei Vescovi polacchi. Ci guidava allora il compianto Cardinale Stefan Wyszynski Primate di Polonia.

Il suo successore non c'è oggi tra di voi. Gli avvenimenti degli ultimi giorni hanno fatto si che egli non sia potuto venire alla canonizzazione di san Massimiliano. Il senso della responsabilità di Primate l'ha obbligato a restare in questi giorni nella sua Nazione.

Sono anche già passati ormai tre anni dal memorabile incontro con tutto l'Episcopato riunito in Conferenza Plenaria il 5 giugno 1979 a Jasna Gora, durante la mia visita in Polonia. La serbo viva nella memoria. Permettete che nell'odierna occasione io faccia commemori i Membri dell'Episcopato, che il Padre celeste dal tempo di quell'incontro ha chiamato di mezzo a noi. Vivono in Dio e nel grato ricordo della Chiesa il grande Primate del Millennio Cardinale Stefan; Bernard, Vescovo di Chelmno; Piotr, Vescovo di Sandomierz; Jan, Vescovo di Kielce; Mikolay, Vescovo di Lomza, nonché i Vescovi Ausiliari Edmund e Aleksander.

Contemporaneamente, sono stati cooptati nella comunione apostolica sedici nuovi Presuli; li accolgo di gran cuore in questa Casa Pontificia.

Vivamente desidero che questo nostro odierno incontro sia una testimonianza di profondo legame fraterno e di comune sollecitudine pastorale per il Popolo di Dio che è nella nostra Patria. Sia esso l'espressione di questa compartecipazione al sacro ufficio pastorale, il cui compito principale è la sollecitudine per le singole e per tutte le Chiese.


2. Il sacerdote è "preso fra gli uomini e costituito per gli uomini". Il Vescovo pure. Quindi la sua responsabilità riguarda non solo le sorti della Chiesa, ma anche quelle della Nazione, con cui la Chiesa è stata sempre unita nelle vicissitudini della vita.

Parimenti, la società polacca ha sempre guardato la Chiesa quale fiduciaria delle sue speranze. La Chiesa infatti difendeva i legittimi diritti nazionali e civili. Per l'amore verso la Madre-Patria, la Chiesa si alzava in difesa della libertà e della dignità della Polonia, della sua sovranità e indipendenza, della legalità e dell'ordine. La Chiesa teneva in alta considerazione il sacrificio della vita spesa nel servizio della Patria e della Nazione. La Chiesa teneva fronte alla prepotenza, salvaguardava consapevolmente le tradizioni nazionali e custodiva premurosamente il retaggio della cultura cristiana. Proteggeva contro l'oppressione delle anime e degli intelletti, difendeva contro la coercizione delle coscienze, assicurava il senso della libertà di spirito, di quella libertà interiore, che in ogni tempo è per l'uomo e per il cristiano la cosa più importante.

Auguro a voi, cari fratelli, e al gregge affidatovi, di non perdere mai questa libertà di spirito, di cui Cristo fece dono a tutti i figli di Dio.

Ciò vale anche per il tempo presente. Gli ultimi anni hanno suscitato un movimento di rinascita sociale e morale, fondato sulla legittima aspirazione a consolidare la dignità dell'uomo e del lavoro umano; un movimento, cui milioni di polacchi hanno legato e legano la speranza di un domani migliore e più sereno della Polonia. E' di capitale importanza che contenuti e valori essenziali di questo rinnovamento non siano espunti dalla realtà polacca.

"Con voi e con tanti altri, io stesso vivo l'attuale situazione in Polonia... - dicevo ad un gruppo internazionale di dirigenti delle federazioni dei sindacati durante una speciale udienza il 9 febbraio di quest'anno -. Con voi condivido la convinzione che il ripristino del rispetto effettivo e totale dei diritti dei lavoratori e specialmente del diritto ad un sindacato già creato e legalizzato, costituisce la sola via per uscire da questa difficile situazione...

Il lavoro deve essere riconosciuto come la chiave della vita nella società, lavoro liberamente assunto e non imposto con la forza, lavoro con la sua fatica, ma anche con la sua capacità di rendere l'uomo libero e di farne il vero costruttore della società" ("L'Osservatore Romano", 10 febbraio 1982, p. 2).


3. E' motivo di grande letizia che i nostri fratelli e le nostre sorelle in Polonia, oggi nel crogiuolo delle prove personali e nello strazio delle difficoltà materiali, si sentono più vicini, pronti a correre in aiuto, maggiormente sensibili ai bisogni altrui. Questa continua manifestazione della benevolenza umana e della solidarietà, ha una sua eloquenza sociale e morale. Si crea infatti e si stringe un nuovo legame spirituale, unendo i figli della stessa Nazione. Con fiduciosa speranza dobbiamo guardare l'avvenire, mentre la società dimostra di avere sempre più ferma volontà di difendere gli oppressi sofferenti ed umiliati.

Vengono qui in mente le parole di Cristo: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

A nome di questi fratelli di Cristo, a nome di tutti i polacchi internati e incarcerati e delle loro famiglie angosciate, a nome delle famiglie numerose e angariate da molteplici difficoltà, vi porgo un cordiale "Bog zaplac" per la sollecitudine pastorale, sia morale sia materiale, che non risparmiate ai bisognosi delle vostre Comunità. Grazie anche per la vicendevole beneficenza e per il vostro aiuto umanitario proveniente da altri Paesi e da altre Nazioni. Rivolgo da questo luogo parole di particolare ringraziamento e apprezzamento al Presidente ed ai Membri della Commissione Caritativa dell'Episcopato, nonché a tutti i Comitati di Assistenza alle persone prive di libertà e alle loro famiglie, per la molteplice attività caritatevole, svolta a livello centrale, diocesano e parrocchiale.

Nel nome di Cristo chiedo a voi e a tutto il Popolo di Dio di non stancarvi di correre in soccorso di tutti questi miei fratelli e sorelle, che come conseguenza dello stato di guerra devono vivere strappati alle proprie famiglie o ai congiunti, staccati dai loro impieghi e doveri. Essi appartengono alla grande Comunità nazionale, e la Chiesa ha il dovere di avere cura di tutti loro in qualunque necessità versino. Abbiamo un esempio concreto nella persona del nostro Connazionale - ieri proclamato santo - Massimiliano Maria Kolbe.


4. Con umile e profondo senso di adorazione ringrazio, insieme con voi, Iddio Uno e Trino, per avere concesso che il giubileo - da tempo preparato - del sesto centenario della presenza dell'Immagine miracolosa della santissima Vergine Maria a Jasna Gora in Czestochowa, sia divenuto la festa nazionale della gratitudine per il plurisecolare aiuto e presidio della nostra Madre e Regina, un generale rendimento di grazie da parte della Nazione per i misteri della grazia divina, che la Nazione non cessa di sentire nel Santuario claromontano, oppure nel corso della regale "peregrinatio" per la nostra terra della copia dell'Effige di Jasna Gora.

Questa Effige riunisce in sé il tempo passato, il presente e il futuro come se fosse una sola dimensione ultra-temporale ed insieme trascendente il nostro omaggio, filiale e patriottico, che le rendiamo. Innanzitutto è un mistero della Presenza. Della Presenza della Madre del Dio-Uomo nella vita di tutta la famiglia umana, e, direttamente, nella vita della nostra Nazione. Noi sentiamo questa Presenza Materna, stringendoci attorno all'Immagine di Jasna Gora con venerazione e amore. Dinanzi ad essa ritroviamo da generazioni la nostra identità nazionale e la nostra vitalità cristiana. Dinanzi ad essa la Chiesa e la Nazione ritrovano la loro spirituale unità e solidarietà.

Rendo grazie al Signore Dio nostro per questi grandi misteri di fede, di speranza e di carità, che sta sperimentando la nostra Patria durante il giubileo di Jasna Gora. Ringrazio per le pie fatiche di migliaia e migliaia di pellegrini, che superano a volte distanze di centinaia di chilometri in parecchie giornate, non di rado a piedi scalzi, nella calura e nel polverone, portando bambini in braccio o persino grandi croci sulle spalle.

Ringrazio il Signore per tutti i Santuari mariani e i templi gremiti di fedeli, per il grande ritiro nazionale in occasione della "visitatio" nelle diocesi, della copia dell'Immagine miracolosa, per la manifestazione pubblica dei sentimenti religiosi e per tutti i segni esterni di venerazione alla Deigenitrice, per le conversioni e la riconciliazione con Dio da parte di coloro che erano lontani da Lui. Un particolare sentimento di gratitudine per l'insegna dei pellegrini: "Con la fatica giubilare aiutiamo il Santo Padre e la Patria".

Ho tanto bisogno di questo aiuto.


5. E adesso alcuni pensieri pratici.

Il Concilio Vaticano II non poteva non mettere in rilievo che nella vita della Chiesa particolare hanno un ruolo importante l'estensione territoriale e il numero dei fedeli. E' ovvio che il territorio di ogni diocesi deve essere compatto nella sua estensione. Il numero dei suoi abitanti deve essere, generalmente, tale che il Vescovo possa compiere tutte le azioni strettamente legate al triplice ministero pastorale e conoscere tutti i suoi sacerdoti, religiosi e laici che fanno parte dell'amministrazione della diocesi.

Lo dico riferendomi prima di tutto ad una questione già affrontata nel corso dei pecedenti incontri. Infatti non è ancora passata l'eco delle celebrazioni diocesane di quest'anno a Slupsk, Koszalin, Kolobrzeb, Szczecin, Gorzow e Opole, legate alle importanti decisioni adottate da Paolo VI. Dieci anni fa, in virtù della bolla "Episcoporum Poloniae coetus", del 28 giugno 1972, nelle Terre Settentrionali ed Occidentali sono state erette le nuove diocesi di Opole, di Gorzow, di Szczecin-Kamien e di Koszalin-Kolobrzeg. Contemporaneamente, attraverso l'inclusione o la separazione di queste nuove diocesi, sono state riorganizzate le metropolie di Wroclaw, di Gniezno e anche di Varsavia perché a quest'ultima è stata inclusa la diocesi di Warmia.

Questo decimo anniversario dell'erezione, o piuttosto della restaurazione, in alcuni casi, delle diocesi nelle antiche terre dei Piast, rianima, in un certo senso, ed accresce la nostra comune sollecitudine per il bene del Popolo di Dio in tutta la Polonia in cui il numero degli abitanti è cresciuto, negli ultimi anni, di alcuni milioni. I progressivi cambiamenti sociali ed economici, lo sviluppo delle città e delle borgate, la formazione dei nuovi centri industriali, culturali e scientifici - tutto ciò fa nascere i problemi pastorali sempre nuovi ai quali la Chiesa cerca di andare incontro. perciò in seguito è nato il bisogno di erezione di parrocchie, di centri catechistici, di costruzioni di Chiese. So che questi problemi formano l'incessante oggetto della vostra sollecitudine.


6. Importanti sono le strutture organizzative della Chiesa locale, ma molto più importante è l'uomo vivo, redento dal sangue di Cristo, membro del Popolo di Dio: laico e religioso.

a) Consentitemi di manifestare dinanzi a voi i sentimenti di gioia e di gratitudine per la vostra sollecitudine pastorale in favore delle vocazioni sacerdotali e religiose. La Chiesa in Polonia da molti anni coglie i frutti di queste molteplici ricerche e degli sforzi compiuti al fine di risvegliare, coltivare e far maturare le vocazioni ecclesiastiche. Il Popolo di Dio, che vive in altri continenti, da molti anni fruisce abbondantemente del servizio dei nostri missionari e missionarie provenienti sia dalle Congregazioni religiose che dalle comunità diocesane. Esaltiamo Dio e ringraziamolo che in questo anno, così difficile per il nostro Paese, quasi tutti i Seminari hanno ripreso le loro normali attività didattiche, e gruppi di Candidati, notevolmente aumentati, hanno manifestato, per la prima volta, l'intenzione di servire Cristo nello stato religioso.

Giustamente il Concilio definisce il Seminario "il cuore della diocesi" (OT 5) e chiede ai Vescovi che esso sia oggetto della loro particolare sollecitudine (cfr. nn. 4.5). Una solida formazione spirituale, intellettuale e pastorale dei futuri servitori dell'altare deve svolgersi in stretta unione con il mistero della Chiesa, come Corpo mistico di Cristo.

Ricorderete che, quando ero ancora con voi, ho sempre cercato di fare tutto il possibile per assicurare alla Chiesa i suoi diritti nel campo della formazione del clero a livello accademico. Oggi vi prego cordialmente di trasmettere il mio saluto e la benedizione ai vostri sacerdoti e ai vostri alunni in tutti i Seminari.

Cari fratelli! Dio vi ha benedetto abbondantemente nelle vocazioni sacerdotali. Accettatelo con gratitudine questo dono, memori che esso deve servire non solo alla Chiesa in Polonia, ma anche in tutto il mondo. Le necessità della Chiesa sono infatti immense. Dobbiamo ripetere queste parole di nostro Signore: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!" (Mt 9,37-38).

b) Vi chiedo anche, fratelli, di essere soprattutto sensibili a questo legame particolare, che vi unisce in forza dell'ufficio episcopale con i vostri diretti aiutanti e collaboratori nel servizio pastorale. Siate solleciti, con tutto il cuore, verso coloro che con entusiasmo e dedizione servono la causa di Dio. Circondate con amore veramente paterno coloro che in seguito a diverse circostanze si sono trovati in difficoltà morali o di salute. Nel nome di Cristo che "è venuto a cercare ciò che era perduto" (Lc 19,10), date anche una mano a coloro che si sono trovati fuori della comunità, affinché possano ritornarvi.

c) Il mio pensiero si rivolge in seguito a tutte le Famiglie religiose in Polonia, sia maschili che femminili. Ed anche qui gioisco per le nuove vocazioni. Ogni persona consacrata a Dio mediante i voti religiosi è una partioolare testimonianza del Regno del secolo futuro. Al tempo stesso, invece, come lo attesta con tanta eloquenza l'esempio di san Massimiliano Maria Kolbe, questa testimonianza è indirizzata all'uomo, al molteplice servizio all'uomo. Vi auguro fervidamente che questa testimonianza sotto la luce dell'ultima canonizzazione, diventi ancora più eloquente tra tutti i fratelli e sorelle degli Ordini e delle Congregazioni in Polonia.

d) Ancora qualche parola sulla vocazione dei laici.

"La Chiesa... non vive in maniera piena, non è segno perfetto della presenza di Cristo tra gli uomini, se alla gerarchia non si affianca e collabora un laicato autentico. Non può infatti il Vangelo penetrare ben addentro nella mentalità, nella vita, nell'attività di un popolo, se manca la presenza dinamica dei laici... siano essi uomini o donne, è la testimonianza di Cristo che devono rendere con la vita e con la parola, nella famiglia, nel ceto sociale a cui appartengono, e nell'ambito della professione che esercitano. In essi deve apparire l'uomo nuovo che è stato creato secondo Dio nella giustizia e santità della verità (cfr. Ep 4,24). Questa vita nuova, essi debbono esprimerla nell'ambiente sociale e culturale della propria patria, secondo le tradizioni nazionali. Debbono perciò conoscere questa civiltà, purificarla, conservarla e svilupparla in Cristo" (AGD 21).

Cito questo passo del Concilio perché esso esprime lo scopo dei propositi e delle iniziative che sono all'origine della fondazione del Consiglio per la Cultura, e tenendo presente il coordinamento di quegli sforzi che mirano all'ulteriore sviluppo della cultura cristiana in Polonia.

Allo stesso tempo, seppure in brevi parole, desidero riferirmi a due grandi settori della vita dei laici: la famiglia e il lavoro, e ai due rispettivi documenti pontifici: "Familiaris Consortio", "Laborem Exercens". Che essi per mezzo vostro siano di utilità anche alla Chiesa in Polonia!


7. Amati fratelli, concludendo questo odierno incontro "ad limina Apostolorum", insieme a voi imploro Cristo, Sommo Sacerdote, affinché nel mio e nel vostro servizio si manifesti sempre la Chiesa: una, santa, cattolica ed apostolica.

Con tutto il cuore auguro a tutti i miei fratelli nell'Episcopato - sia a coloro che sono qui riuniti, sia a coloro ai quali i doveri pastorali hanno imposto di rimanere in Patria - che la potenza dello Spirito Santo accompagni incessantemente i loro pensieri e le loro opere. Nell'amore di questo Spirito vi impartisco la benedizione apostolica e chiedo di benedire insieme tutti i nostri connazionali in Patria e fuori di essa. A tutti indirizzo le parole dell'apostolo Pietro: "Salutatevi l'un l'altro con il bacio della carità. Pace a voi tutti che siete in Cristo!" (1P 5,14).




1982-10-11 Data estesa: Lunedi 11 Ottobre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Ai ragazzi dei Giochi della Gioventù