GPII 1982 Insegnamenti - Il saluto al popolo della diocesi di Salamanca - Alba de Tormes (Spagna)

Il saluto al popolo della diocesi di Salamanca - Alba de Tormes (Spagna)

Titolo: Nel messaggio di santa Teresa è l'anima del vostro popolo

Testo:

Cari fratelli e sorelle di Alba de Tormes e di Salamanca.


1. E' per me motivo di gioia speciale che gli itinerari teresiani oggi mi facciano incontrare con voi, con il Pastore diocesano, con le Autorità e il Popolo di Dio della diocesi di Salamanca, in questa cittadina di Alba de Tormes, legata in modo così particolare a santa Teresa di Gesù.

Qui, ad Alba de Tormes, lei fondo il monastero dell'Annunciazione; qui, nascendo alla vita eterna, vide compiersi il suo anelito: "muoio perché non muoio"; e qui la sua gente è depositaria del tesoro delle sue sacre reliquie. Per gli albensi, custodire le reliquie della riformatrice del Carmelo e venerare la santa castigliana, costituisce il maggiore orgoglio e la più grande gloria.

perciò non poteva mancare la mia presenza in questo luogo, complemento naturale di Avila, come questa lo è per Alba de Tormes, per concludere ufficialmente l'anno Centenario della morte di santa Teresa. E affratellati intorno alla sua figura, vedo le autorità e il popolo di Avila, come agli atti di questa mattina avevo visto intenzionalmente le autorità e il popolo di Alba.

Questi incontri di oggi hanno per me un particolare significato. Non potete immaginare con quanta ammirazione e affetto mi avvicino al contesto umano, linguistico, culturale e religioso della vita e dell'opera di santa Teresa di Gesù. Lei - insieme a san Giovanni della Croce - è stata per me maestra, ispiratrice e guida attraverso i cammini dello spirito. In lei ho sempre trovato stimolo per alimentare e mantenere la mia libertà interiore per Dio e per la causa della dignità dell'uomo.


2. Voi siete concittadini ed eredi di quel mondo in cui visse santa Teresa. E' vero che quel mondo in questi quattro secoli ha subito molte scosse e, per buona parte, è scomparso, pero il messaggio della Santa conserva tuttora la sua verità e la sua forza.

Giustamente i Pastori della Chiesa si sono molto impegnati affinché, durante l'anno del IV Centenario della sua morte, il popolo cristiano non si accontentasse di celebrare una gloria del passato, ma si ponesse in ascolto del messaggio teresiano. Io vi sprono - cristiani di Alba de Tormes e della diocesi di Salamanca - a persistere nel tradurre in opere un messaggio nel quale ha avuto tanta parte l'anima del vostro popolo.

Essere fedeli a questo messaggio significa essere fedeli alle virtù proprie degli uomini e delle donne di queste terre: la rettitudine, la laboriosità, la discrezione, la stima dell'uomo per quello che è, più che per ciò che ha; significa anche migliorare i valori tradizionali della famiglia; significa stimare Dio come la cosa più grande e l'uomo in quanto è capace di Dio.


3. So bene che state vivendo tempi difficili. Sono "tempi duri", come direbbe la nostra Santa. Tra le altre cose, l'emigrazione, in particolare dei giovani, ha impoverito le vostre zone rurali. Valori, criteri e norme di condotta contrari alla fede cristiana hanno smorzato in alcuni il vigore religioso e morale. In queste circostanze, voi cristiani, dovrete vivere con forza la vostra fede, cercando di integrare i criteri e le norme della civiltà attuale con la dottrina, la moralità e le pratiche cristiane.

D'altra parte, la vita della vostra capitale, Salamanca, ruota intorno all'Università Pontificia e all'Università Civile, continuatrici dell'Università di Salamanca, di universale valore nella storia della cultura, e che, a suo tempo, stabili una felice sintesi tra la fede cristiana e la vita e la cultura umane: sintesi che oggi sottovalutiamo, e che richiede un serio sforzo da parte dei responsabili.


4. Io vi invito a superare queste difficoltà facendo leva sugli imperativi del messaggio di santa Teresa di Gesù; vi esorto perché abbiate "animo per grandi imprese", come lo avete avuto in passato. Pero unicamente nell'esperienza teresiana dell'amore di Dio troverete le forze e la libertà per realizzarle, poiché "se non ci si riconosce favoriti da Dio, credo che sia impossibile avere animo per grandi cose" ("Vita" 10,6).

Io vi chiedo di dilatare il cuore, di "non rimpicciolire i desideri".

Apritevi al futuro. Arrischiatevi come Teresa di Gesù, di cui non posso non citare queste parole: "Ciò che più di tutto conta è la grande e molto determinata decisione di non fermarsi fino a che non si sia giunti (alla fonte della vita), a qualunque costo, qualunque cosa capiti, a prezzo di qualsiasi fatica, senza badare alle mormorazioni, a costo di morire per strada, o di giungere senza più forze, e anche se cascasse il mondo" ("Cammino" 35, 2).

Prima di concludere questo atto, permettetemi d salutare con la maggiore cordialità possibile i fratelli portoghesi che sono venuti fin qui per vedere il Papa. Essi ricambiano il fraterno gesto ecclesiale dei tanti spagnoli che vennero a vedermi a Fatima.

Carissimi: grazie per la vostra visita e il vostro affetto che apprezzo molto. Che la comune Madre, che tanto amate in Portogallo e Spagna, vi protegga sempre.

Carissimi fratelli e sorelle tutti: a voi e alle vostre famiglie impartisco di cuore l'apostolica benedizione.




1982-11-01 Data estesa: Lunedi 1 Novembre 1982




Atto conclusivo del IV centenario della morte di santa Teresa - Alba de Tormes (Spagna)

Titolo: Salga al trono della sapienza di Dio il ringraziamento della Chiesa per santa Teresa

Testo:

Fratelli e sorelle amatissimi, figli e figlie di santa Teresa.


1. Ci troviamo riuniti accanto al sepolcro che custodisce, come tesoro prezioso, le insigni reliquie del corpo di santa Teresa di Gesù.

Nel chiudere solennemente questo IV Centenario, aperto un anno fa dal Cardinale da me delegato, desidero che le mie parole siano una evocazione e una preghiera rivolta a Teresa di Gesù, presente tra noi attraverso la comunione dei santi.


2. Innanzitutto la evocazione di quella morte gloriosa.

Teresa di Gesù! Voglio ricordare le parole degli ultimi istanti della tua vita: L'umile confessione delle tue mancanze: "Co contritum et humiliatum, Deus, non despicies" (Ps 50 [51],19).

L'esortazione alle tue figlie a mantenere intatta la tua eredità spirituale, la fedeltà al carisma.

Il desiderio di vedere Dio: "Signore mio, è ormai tempo che ci uniamo; è ormai tempo di andare".

La gioiosa professione di fede: "Signore, sono figlia della Chiesa".

Hai reso la tua vita a Dio circondata dall'affetto materno di questa Chiesa di cui ti sentivi figlia: con la grazia del sacramento della Penitenza, il viatico dell'Eucaristia, la santa Unzione degli infermi.

La tua è stata una morte d'amore, come bene espresse san Giovanni della Croce: "Consumata dalla fiamma viva d'amore, si ruppe la tela al dolce incontro con Dio" ("Fiamma viva d'amore" 1,29-30).

"Ora dunque, diciamo che questa farfallina è gia morta... e che vive in lei Cristo" ("Castello Interiore" VII, 1,3).


3. Vivi con Cristo nella gloria e sei presente nella Chiesa, camminando con essa per le strade degli uomini.

Nei tuoi scritti plasmasti la tua voce e la tua anima.

Nella tua famiglia religiosa perpetui il tuo spirito.

Ci hai lasciato come lezione l'amicizia con Cristo.

Ci hai affidato come testamento l'amore e il servizio della Chiesa.

"Felici le esistenze - come la tua - che si immoleranno a questo scopo!" ("Vita" 40,15).

La tua patria è la Spagna, ma tutto il mondo è oggi tua dimora, dove abitano le tue figlie e i tuoi figli, dove parli dalle pagine dei tuoi libri.

Sei messaggera di Cristo.

Sei parola universale di esperienza di Dio.

Il tuo vivo parlare castigliano è stato tradotto in molti idiomi.

I tuoi scritti si sono moltiplicati in infinite edizioni.

Sei entrata nella cultura religiosa dell'umanità.

Sei presente, onorando la Chiesa, nella letteratura universale.

Si sono compiuti, Teresa, i tuoi desideri di servire il Signore senza limiti di tempo e di spazio, fino al giorno della venuta gloriosa di Gesù!.


4. Salga ora fino al Padre, attraverso la tua intercessione, Teresa di Gesù, l'ardente preghiera del Papa pellegrino.

Ti prego per la Chiesa nostra Madre: "affinché la nave della Chiesa non sia sempre in burrasca" ("Cammino" 35, 5).

Intercedi per il suo estendersi evangelizzatore e per la sua santità, per i suoi Pastori, i suoi teologi e ministri, per gli uomini e le donne che si sono consacrati a Cristo, per i fedeli della famiglia di Dio.

Ti prego per un mondo in pace, senza guerre fratricide come quelle che ferivano il tuo cuore.

Svela a tutti i cristiani il mondo interiore dell'anima, tesoro nascosto dentro di noi, castello luminoso di Dio.

Fa' che il mondo esteriore conservi l'impronta del Creatore e sia libro aperto che ci parla di Dio (cfr. "Vita" 9,5).

Accogli la mia supplica per le anime che lodano Dio nella quiete, per coloro che hanno ricevuto la grande dignità di essere amici di Dio, per quanti cercano Dio nelle tenebre, perché sia loro rivelata la Luce che è Cristo.

Benedici coloro che cercano la comprensione e l'armonia, coloro che promuovono la fratellanza e la solidarietà, perché "bisogna sostenersi a vicenda" e "nella comunanza la carità getta profonde radici" ("Vita" 7,22).

Proteggi gli uomini del mare e della campagna, coloro che lavorano, e quelli che danno lavoro, gli anziani che in te trovano un modello di saggezza e di inesauribile creatività.

Benedici le famiglie, i giovani e i bambini.

Possano trovare un mondo di pace e di libertà, degno di uomini chiamati alla comunione con Dio, dove si possano coltivare quelle virtù umane che tu hai portato allo splendore della santità cristiana: la verità e la giustizia, la fortezza e il rispetto delle persone, l'allegria e l'affabilità, la simpatia e la gratitudine.

Pongo nelle tue mani la causa dei poveri che tu tanto amasti.

Fa' che si compiano i tuoi ideali di giustizia in una fraterna comunione di beni: perché tutti i beni sono di Dio e lui li distribuisce ad alcuni come amministratori suoi affinché li condividano con i poveri (cfr. santa Teresa di Gesù, "Pensieri sull'amore di Dio" 2,8).

Intercedi per gli ammalati, oggetto delle tue cure fino alla fine dei tuoi giorni. Aiuta i deboli, gli emarginati, gli oppressi, perché in loro sia rispettata e onorata la dimora di Dio, la sua immagine e somiglianza.


5. Teresa di Gesù, che continui a vivere in questa terra di Spagna! Ti prego per tutte le sue popolazioni. Fa' che vivano la ricchezza dei loro valori culturali in spirito di fraterna e solidale comunione.

A te che sei amica di Dio e degli uomini, e con i tuoi scritti apri strade di unità, affido l'unità della Chiesa e della famiglia umana: fra i cristiani di diverse confessioni, fra i membri di diverse religioni, fra gli uomini di differenti culture. Tutti si sentano come tu li sentivi: "Figli di Dio e fratelli" ("Castello Interiore" V, 2,1l).

Fa' che si compia la tua preghiera e la tua parola di speranza, scritta nel "Castello Interiore" (VII, 2,7-8).

"Gesù Cristo Signor nostro pregando una volta per i suoi Apostoli domando che fossero una cosa sola col Padre e con lui, come egli, Gesù Cristo Signor nostro, è nel Padre e il Padre in lui (cfr. Jn 17,21). Non so se possa darsi maggiore amore! Anche noi vi siamo compresi, perché il Signore disse: Non prego soltanto per essi, ma anche per coloro che crederanno in me". Fa' che giungiamo tutti dove tu giungesti: fino alla comunione con la Trinità "dove la nostra immagine è impressa" ("Castello Interiore" VII, 2,7-8).

Teresa di Gesù, ascolta la mia preghiera! Salga fino al trono della Sapienza di Dio il ringraziamento della Chiesa, per ciò che sei stata e per ciò che hai fatto, per tutto ciò che ancora farai nel Popolo di Dio che ti onora come Dottore e Maestra spirituale. Desidero farlo con le tue stesse parole di lode e di benedizione: "Sia per sempre lodato e benedetto Dio nostro Signore! Amen. Amen" (VII, 2,4).




1982-11-01 Data estesa: Lunedi 1 Novembre 1982




Ai docenti di teologia nella pontificia università - Salamanca (Spagna)

Titolo: La fedeltà del teologo a Cristo implica fedeltà alla Chiesa e al suo magistero

Cari fratelli.


1. Come nel viaggio in Germania, così in questa mia visita in Spagna ho voluto avere un incontro personale con voi, docenti di Teologia di Facoltà e Seminari. Mi unisce cordialmente a voi il ricordo della mia docenza universitaria, teologica e filosofica, in Polonia, e soprattutto la convinzione della rilevante funzione che ha la teologia nella comunità ecclesiale. Per questo già nella mia prima enciclica, la "Redemptor Hominis", scrivevo: "La teologia ebbe sempre e continua ad avere una grande importanza, perché la Chiesa, Popolo di Dio, possa in modo creativo e fecondo partecipare alla missione profetica di Cristo" (RH 19).

Per incontrarmi con voi ho scelto la celebre e bella città di Salamanca, che con la sua antica Università è stata centro e simbolo del periodo aureo della teologia in Spagna e che da qui irradio la sua luce sul Concilio di Trento, contribuendo potentemente al rinnovamento di tutta la teologia cattolica.

Il tempo limitato di cui dispongo non mi permette di evocare tutte le egregie figure di quell'epoca. Pero non posso fare a meno di citare i nomi dell'esegeta, teologo e poeta Fra' Luigi di Leon, del "Doctor Navarrus" Martin di Azpilcueta, di Francesco di Vitoria maestro di maestri, dei teologi tridentini Domenico Soto e Bartolomeo Carranza, di Giovanni Maldonado a Parigi, di Francesco di Toledo e Francesco Suàrez a Roma, di Gregorio di Valenza in Germania. E come dimenticare i "dottori della Chiesa", Giovanni della Croce e Teresa di Gesù? In tempi tanto difficili per la cristianità, questi grandi teologi si distinsero per la loro fedeltà e creatività. Fedeltà alla Chiesa di Cristo e impegno radicale per la sua unità sotto il primato del Romano Pontefice.

Creatività nel metodo e nella problematica.

Insieme con il ritorno alle fonti - la Sacra Scrittura e la Sacra Tradizione - essi realizzarono l'apertura alla nuova cultura che stava nascendo in Europa, e ai problemi umani (religiosi, etici e politici) che erano sorti con la scoperta di nuovi mondi in Occidente e in Oriente. L'inviolabile dignità di ogni persona, la prospettiva universale del diritto internazionale ("ius gentium") e la dimensione etica come normativa delle nuove strutture socio-economiche, entrarono pienamente nel lavoro della teologia e da essa ricevettero la luce della rivelazione cristiana.

Per questo, nei tempi nuovi e difficili che stiamo vivendo, i teologi di quell'epoca continuano a essere per voi dei maestri, al fine di ottenere un rinnovamento, tanto creativo quanto fedele, che risponda alle direttive del Vaticano II, alle esigenze della cultura moderna e ai problemi più profondi della umanità attuale.


2. La funzione essenziale e specifica del lavoro teologico non è cambiata, né può cambiare. La formulo, già nel secolo XI, sant'Anselmo di Canterbury, con una frase ammirevole per esattezza e densità: "Fides quaerens intellectum", la fede che cerca l'intelligenza. La fede non è dunque soltanto il presupposto imprescindibile e la disposizione fondamentale della teologia: la loro connessione è molto più intima e profonda.

La fede è la radice vitale e permanente della teologia, che nasce precisamente dal domandare e dal ricercare, intrinseci alla fede stessa; e cioè dal suo impulso a comprendere se stessa, sia nella sua opzione radicalmente libera di personale adesione a Cristo, sia nel suo assenso al contenuto della rivelazione cristiana. Fare teologia è dunque un compito che spetta esclusivamente al credente in quanto credente, un compito suscitato in modo vitale e in ogni istante sostenuto dalla fede, e per questo domanda e ricerca illimitata.

La teologia si mantiene sempre all'interno del processo mentale che va dal "creare" al "comprendere"; è riflessione scientifca, in quanto condotta criticamente, ossia cosciente dei suoi presupposti e delle sue esigenze per essere universalmente valida; metodologicamente, ossia conforme alle norme che le sono imposte dal suo oggetto e dal suo fine; sistematicamente, e cioè orientata verso una comprensione coerente delle verità rivelate nel suo rapporto con il centro della fede, Cristo, e nel suo significato salvifico per l'uomo.

Il teologo non può limitarsi a conservare il tesoro dottrinale ereditato dal passato, ma deve piuttosto cercare una comprensione e un'espressione della fede, che ne rendano possibile l'accoglienza al modo di pensare e di parlare del nostro tempo. Il criterio che deve guidare la riflessione teologica è la ricerca di una rinnovata comprensione del messaggio cristiano nella dialettica di rinnovamento nella continuità e viceversa (cfr. "Discorso ai Vescovi del Belgio", 18 settembre 1982: "Insegnamenti", V,3 [1982] 474ss).

3. La situazione della cultura attuale, dominata dai metodi e dall'impostazione propri delle scienze naturali, e fortemente influenzata dalle correnti filosofiche che proclamano la validità esclusiva del principio di verifica sperimentale, tende a passare sotto silenzio la dimensione trascendente dell'uomo; e per questo, ovviamente, a trascurare o negare la questione di Dio e della rivelazione cristiana.

Dinanzi a questa situazione, la teologia è chiamata a concentrare la sua riflessione su quelli che sono i suoi temi radicali e decisivi: "il mistero di Dio", del Dio Trinitario, che in Cristo si è rivelato come il Dio-Amore; "il mistero di Cristo", il Figlio di Dio fatto uomo, che con la sua Morte e la sua Resurrezione, ha illuminato definitivamente gli aspetti più profondi dell'esistenza umana; "il mistero dell'uomo", che nella tensione insuperabile tra la propria finitezza e il proprio anelito d'infinito, porta dentro di sé la domanda irrinunciabile sul senso ultimo della propria vita. E' la teologia stessa a imporre la questione dell'uomo, per poterlo comprendere come destinatario della grazia e della rivelazione di Cristo.

Se la teologia ha sempre avuto bisogno dell'aiuto della filosofia, oggigiorno questa filosofia dovrà essere antropologica, vale a dire, dovrà cercare nelle strutture essenziali dell'esistenza umana le dimensioni trascendenti che costituiscono la capacità radicale dell'uomo di essere interpellato dal messaggio cristiano per comprenderlo come salvifico; cioè, come risposta di pienezza gratuita alle questioni fondamentali della vita umana. Questo è stato il processo di riflessione teologica seguito dal Concilio Vaticano II nella costituzione "Gaudium et Spes": la correlazione fra i problemi profondi e decisivi dell'uomo, e la luce nuova che sprigiona su di essi la Persona e il messaggio di Gesù Cristo (cfr. GS 9-21).

Si vede così che la teologia del nostro tempo ha bisogno dell'aiuto, non solo della filosofia, ma anche delle scienze, e soprattutto delle scienze umane, come base imprescindibile per rispondere alla domanda: "che cos'è l'uomo". Per questo nelle Facoltà di teologia non possono mancare i corsi e i "seminari" interdisciplinari.


4. La fede cristiana è ecclesiale, vale a dire, nasce e rimane vincolata alla comunità di coloro che credono in Cristo, che chiamiamo Chiesa. Come riflessione nata da questa fede, "la teologia è scienza ecclesiale, perché cresce nella Chiesa e opera nella Chiesa; per questo non è mai compito di uno specialista, isolato in una sorta di torre di avorio. E' al servizio della Chiesa, e, pertanto, deve sentirsi dinamicamente integrata nella missione della Chiesa, specialmente nella sua missione profetica" (cfr. "Discorso alla Pontificia Università Gregoriana", 6; 15 dicembre 1979: "Insegnamenti", II,2 [1979] 1424).

Il compito del teologo racchiude quindi il carattere di missione ecclesiale, come partecipazione alla missione evangelizzatrice della Chiesa e come servizio illustre alla comunità ecclesiale.

Di qui la grave responsabilità del teologo, che deve tener sempre presente come il Popolo di Dio, e innanzitutto i sacerdoti e i futuri sacerdoti che debbono formare nella fede questo Popolo stesso, hanno il diritto di ricevere spiegazioni non ambigue né riduttive sulle verità fondamentali della fede cristiana. "Dobbiamo confessare Cristo di fronte alla storia e di fronte al mondo con convinzione profonda, sentita e vissuta, come lo confesso Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo". Questa è la buona novella, in un certo senso l'unica: la Chiesa vive di essa e per essa, così come da essa trae tutto ciò che ha, per offrirlo agli uomini" ("Discorso a Vescovi, a Puebla", I,3; 28 gennaio 1979: "Insegnamenti", II [1979] 192). "Dobbiamo servire gli uomini e le donne del nostro tempo. Dobbiamo servirli nella loro sete di verità totali; sete di verità ultime e definitive, sete della Parola di Dio, sete di unità fra i cristiani ("Discorso alla Pontificia Università Gregoriana", 6; 15 dicembre 1979: "Insegnamenti", II,2 [1979] 1424).


5. La connessione essenziale della teologia con la fede, fondata e centrata in Cristo, illumina con tutta chiarezza il vincolo della teologia con la Chiesa e il suo Magistero. Non si può credere in Cristo senza credere nella Chiesa "Corpo di Cristo"; non si può credere con la fede cattolica nella Chiesa, senza credere nel suo irrinunciabile Magistero. La fedeltà a Cristo implica, dunque, fedeltà alla Chiesa; e la fedeltà alla Chiesa comporta a sua volta la fedeltà al Magistero. E' necessario pertanto rendersi conto che con la stessa libertà radicale della fede con cui il teologo cattolico aderisce a Cristo, aderisce anche alla Chiesa e al suo Magistero.

Per questo il Magistero ecclesiale non è un'istanza estranea alla teologia, bensi intrinseca ed essenziale ad essa. Se il teologo è innanzitutto e radicalmente un credente, e la sua fede cristiana è fede nella Chiesa di Cristo e nel Magistero, il suo lavoro teologico non potrà non rimanere fedelmente vincolato alla sua fede ecclesiale, di cui interprete autentico e vincolante è il Magistero.

Siate dunque fedeli alla vostra fede, senza cadere nella pericolosa illusione di separare Cristo dalla sua Chiesa, né la Chiesa dal suo Magistero.

"L'amore alla Chiesa concreta, che include la fedeltà alla testimonianza della fede e al Magistero ecclesiastico, non allontana il teologo dal suo compito specifico, né lo priva della sua irrinunciabile consistenza. Magistero e teologia hanno una funzione diversa. Per questo non possono essere ridotti l'uno all'altra" ("Discorso a teologi tedeschi", 3; Altötting, 18 novembre 1980: "Insegnamenti", III,2 [1980] 1337).

Ma non sono due compiti opposti, bensi complementari. "Il Magistero e i teologi, in quanto devono servire la verità rivelata, sono legati dagli stessi vincoli e cioè sono vincolati alla Parola di Dio, al "senso della fede" ("sensus fidei")..., ai documenti della Tradizione, nei quali si ripropone la fede comunitaria del Popolo di Dio! Finalmente, al compito pastorale e missionario a cui entrambi devono badare" ("Discorso ai membri della Commissione Teologica Internazionale", 7; 26 ottobre 1979: "Insegnamenti", II,2 [1979] 970). Per questo il Magistero e la teologia dovranno rimanere in un dialogo, che risulterà fecondo per entrambi e per il servizio della comunità ecclesiale.


6. Carissimi professori: sappiate che il Papa, che è stato anch'egli uomo di studio e di università, comprende le difficoltà e le esigenze enormi del vostro lavoro. E' un compito silenzioso e da svolgere con abnegazione, che esige da voi una piena dedizione alla ricerca e all'insegnamento. Perché l'insegnamento senza la ricerca corre il rischio di cadere nella "routine" della ripetizione.

Sappiate essere creativi ogni giorno, e a questo scopo dovete essere informati sulle questioni attuali mediante la lettura assidua delle pubblicazioni di più elevata qualità e attraverso il duro sforzo della riflessione personale.

Fate teologia con il rigore del pensiero e con la disposizione di un cuore appassionato di Cristo, della sua Chiesa e del bene dell'umanità. Siate tenaci e costanti nella maturazione continua delle vostre idee e nella precisione del vostro linguaggio. Vorrei che non dimenticaste queste parole: la vostra missione nella Chiesa è tanto ardua quanto importante. Vale la pena dedicarle l'intera vita; vale la pena per Cristo, per la Chiesa, per la formazione solida dei sacerdoti - e anche dei religiosi e dei laici - che educheranno con fedeltà e competenza la coscienza dei fedeli nel cammino sicuro della salvezza.

Il vostro lavoro non è stato vano. Il numero e il livello delle Facoltà teologiche di Spagna, assieme alla qualità delle loro pubblicazioni, assicura alla teologia spagnola un posto preminente nella teologia cattolica attuale. Vorrei anche mettere in rilievo l'importanza speciale dei centri teologici per laici: sono una promessa per il futuro della Chiesa.

La mia ultima parola di saluto è per voi, carissimi studenti. La Chiesa confida in voi e ha bisogno di voi. Apprendete a pensare con profondità. Alzate lo sguardo alle necessità del mondo di oggi e soprattutto alla necessità di portargli la salvezza nella Persona e nel messaggio di Cristo, alla cui comprensione dedicate la vostra formazione teologica.


7. Alla Madre comune, "Sedes Sapientiae", affido le vostre persone e il vostro lavoro. Sia lei, che tanto profondamente conobbe suo Fig]io e tanto fedelmente lo segui, a mostrarvi sempre il cammino che conduce a Gesù.

Affinché viviate ciò che studiate e insegnate. Perché nell'insegnamento e nelle pubblicazioni non vi sia nulla che non corrisponda alla fede della Chiesa e alle direttive del Magistero. Perché sentiate la gioia e la responsabilità ecclesiale di dare l'autentica dottrina di Cristo a quanti dovranno comunicarla agli altri. Perché siate davvero servitori di Colui che è luce, verita, salvezza.

In suo nome vi incoraggio e vi benedico con affetto, assieme a tutti i professori di teologia della Spagna e ai loro allievi.




1982-11-01 Data estesa: Lunedi 1 Novembre 1982




La Messa per i defunti nel cimitero di Almudena - Madrid (Spagna)

Titolo: In reale comunione con i nostri morti

Testo:

Ci disponiamo a celebrare l'Eucarestia in questo luogo sacro, ove sono sepolti i resti mortali dei vostri defunti, cari fratelli e sorelle di Madrid. Qui riposano persone che hanno avuto un significato determinante nella vostra esistenza. Molti di voi, forse, hanno qui parenti molti stretti, forse gli stessi genitori da cui avete ricevuto la vita. Essi tornano in questo momento alla memoria di ciascuno, emergendo dal passato, come animati da un desiderio di riannodare un dialogo che la morte ha bruscamente interrotto. così, in questo cimitero dell'"Almudena" - come accade oggi, giorno dei Defunti, negli altri cimiteri cristiani di ogni parte del mondo - si costituisce una ammirabile assemblea, nella quale i vivi incontrano i propri defunti, e con loro rinsaldano i vincoli di una comunione che la morte non ha potuto interrompere.

Comunione reale, non illusoria. Garantita da Cristo che ha voluto vivere nella sua carne l'esperienza della nostra morte, per trionfare su di essa - a vantaggio di tutti noi - con il prodigioso avvenimento della resurrezione. "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, e resuscitato" (Lc 24,5-6).

L'annuncio degli Angeli, proclamato in quella mattina di Pasqua presso il sepolcro vuoto, è giunto attraverso i secoli fino a noi. Questo annuncio ci propone, anche in questa assemblea liturgica, il motivo essenziale della nostra speranza. In effetti, "se siamo morti con Cristo - ci ricorda san Paolo, alludendo a ciò che è avvenuto nel battesimo - crediamo che anche vivremo con lui" (Rm 6,8).

Corroborati in questa certezza, eleviamo al cielo - anche tra le tombe di un cimitero - il canto gioioso dell'Alleluia, che è il canto della vittoria. I nostri defunti "vivono con Cristo", dopo essere stati sepolti con lui nella morte (cfr. Rm 6,4). Per loro il tempo della prova è finito, cedendo il posto al tempo della ricompensa. Per questo - nonostante il velo di tristezza suscitato dalla nostalgia della loro presenza visibile - ci rallegriamo nel sapere che hanno già raggiunto la serenità della "patria".

Tuttavia, dato che anche loro sono stati partecipi della fragilità propria di ogni essere umano, sentiamo il dovere - che è al tempo stesso una necessità del cuore - di offrire loro l'aiuto affettuoso della nostra orazione, affinché qualunque eventuale residuo di umana debolezza, che possa ancora ritardare il loro felice incontro con Dio, sia cancellato definitivamente. Con questa intenzione ci apprestiamo a celebrare l'Eucarestia per tutti i defunti che riposano in questo cimitero, includendo nel nostro suffragio anche i defunti dei cimiteri di Madrid e della Spagna intera, così come quelli di tutte le Nazioni del mondo.




1982-11-02 Data estesa: Martedi 2 Novembre 1982




L'incontro ufficiale con il Re e le autorità di Spagna, nel palazzo reale - Madrid (Spagna)

Titolo: Si preservi l'armonica convivenza, il reciproco rispetto e il bene di tutti gli spagnoli

Testo:

Maestà, Signori.


1. E' per me motivo di soddisfazione avere questo incontro con le Maestà vostre, con le Autorità del Governo e i Rappresentanti del Parlamento. Così come con gli altri illustri membri dei settori più qualificati della società spagnola.

Sono grato innanzitutto per la squisita accoglienza, in perfetta consonanza con il profondo senso di ospitalità del popolo spagnolo e le deferenti parole di Sua Maestà, che ora così legittimamente interpreta il sentimento degli spagnoli.

E anche se il mio viaggio in Spagna ha un carattere eminentemente religioso, con questa visita di cortesia desidero esprimere il mio saluto e il mio rispetto ai legittimi Rappresentanti del popolo spagnolo, da esso scelti come propri delegati per reggere le sorti della Nazione. Un rispetto che ho voluto fosse fuori di ogni ombra di dubbio - se in qualcuno avesse potuto insinuarsi - già prima del mio arrivo e che oggi voglio reiterare nel vostro presente contesto pubblico.


2. Sulla stessa linea dei miei precedenti viaggi apostolici, giungo in Spagna come messaggero della fede, per compiere il mandato di Cristo di insegnare la sua dottrina a tutte le genti. Un messaggio che è nuovo per ogni persona o generazione, ed è sempre Buona Novella, perché parla di fede, di amore fra gli uomini, di rispetto alla loro dignità e dei valori fondamentali di pace, di concordia, di libertà e convivenza. Cause tutte che aiutano la promozione dell'uomo e che occupano un ampio spazio nei miei compiti.

Buona Novella anche per i popoli, soprattutto quando sono impegnati a costruire su basi rinnovate il loro presente e il loro futuro. Perché la Chiesa, rispettando di buon grado gli ambiti che non le sono propri, segnala un percorso morale non divergente o contrario, ma che coincide con le esigenze della dignità della persona umana e i diritti e le libertà ad essa inerenti. E che costituisce la base di una società sana.

E' logico parimenti che, fedele al suo dovere, e ancora rispettando l'autonomia dell'ordine temporale (cfr. GS 36), la Chiesa chieda la stessa considerazione nei riguardi della sua missione, quando si tratta della sfera di cose che concernono Dio e che toccano la coscienza dei suoi figli. Nelle diverse manifestazioni della loro vita personale e sociale, privata e pubblica.


3. Sono cosciente di giungere in una Nazione di grande tradizione cattolica; molti suoi figli hanno contribuito intensamente alla umanizzazione ed evangelizzazione di altri popoli. Sono pagine storiche che vi danno molto onore per il vecchio passato.

Adesso siete impegnati in una nuova organizzazione della vostra realtà pubblica, che rispetti debitamente l'unità e le peculiarità dei diversi popoli che formano la Nazione. Senza pretendere di dare giudizi concreti su aspetti che non sono di mia competenza, chiedo a Dio che vi illumini sulle soluzioni da adottare, affinché si preservi l'armonica convivenza, il reciproco rispetto e il bene di tutti.

Questo equilibrio della Spagna si ripercuoterà in modo positivo sull'area geografica a cui appartenete, e in cui volete legittimamente integrarvi più pienamente. Una Spagna prospera e in pace, impegnata a promuovere relazioni fraterne fra i propri abitanti e che non dimentichi la propria essenza umana, spirituale e morale, potrà dare un valido contributo a un futuro di giustizia e di pace per l'Europa e per tutte le Nazioni; soprattutto quelle cui vi uniscono particolari vincoli storici.


4. Per raggiungere questi obiettivi so che vi state sforzando di creare una convivenza civile nella libertà, partecipazione e rispetto dei diritti umani.

All'interno del pluralismo delle legittime opzioni e nel dovuto reciproco rispetto, che la società spagnola sente vivo.

Vi auguro che sia sempre salvaguardata la libertà solidale e responsabile, questo dono prezioso della persona umana e frutto della sua dignità.

E che il vostro sistema di libertà si basi in ogni momento sull'osservanza dei valori morali della persona stessa. La quale potra così realizzarsi veramente, in modo individuale e collettivo.


5. Non posso terminare queste parole senza rinnovare la mia gratitudine a Sua Maestà il Re e al Governo, per l'invito a venire in questo nobilissimo Paese, e per tutte le agevolazioni che stanno approntando per il migliore sviluppo del medesimo. Per tutto ciò desidero comunicare loro il mio profondo apprezzamento.

Che Dio benedica la Famiglia Reale, tutte le Autorità e l'amato popolo spagnolo, affinché goda sempre di un clima di pace, prosperità, giustizia e concordia.




1982-11-02 Data estesa: Martedi 2 Novembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Il saluto al popolo della diocesi di Salamanca - Alba de Tormes (Spagna)