GPII 1982 Insegnamenti - L'incontro con gli infermi nel corso della celebrazione della Parola per l'Atto marinaro nazionale - Saragozza (Spagna)

L'incontro con gli infermi nel corso della celebrazione della Parola per l'Atto marinaro nazionale - Saragozza (Spagna)

Titolo: Nella Croce di Cristo è il senso della vostra sofferenza.

Testo:

Cari infermi.

1. Nella cornice della mia visita al Pilar di Saragozza, per l'Atto mariano nazionale, ha luogo questo incontro del Papa con gli infermi. E' per me uno dei più importanti del mio viaggio apostolico. Perché in voi mi incontro in una maniera speciale con Cristo che soffre, con Cristo che passo curando gli infermi, che si identifica in tal modo con voi, che considera fatto a lui stesso ciò che si fa a voi. Tornate a leggere in un momento di pace qualcuna delle pagine del Vangelo che si riferiscono a voi (cfr. Mt 8-9 Mt 15 Mt 25,32-40).

Siete in pochi, qui presenti, pero rappresentate tutti gli ammalati della Spagna. Tanto quelli che sono ricoverati in Istituti sanitari pubblici o privati, come quelli che sono nelle loro case, a letto, su di una sedia a rotelle, immobili o che camminano sotto il peso dell'infermità. In questo momento vorrei avere migliaia di mani che arrivassero a stringere ognuna delle vostre, chiedervi come state, compartecipare almeno per un momento alle vostre ansie e alle vostre sofferenze, e lasciarvi una parola d'incoraggiamento e un abbraccio fraterno.

Tutti voi che mi vedete attraverso la televisione o mi ascoltate dalla radio, sentitemi intenzionalmente al vostro fianco.

2. Voi che vivete nella prova, che siete posti di fronte al problema della limitazione, del dolore e della solitudine interiore di fronte ad esso, non cessate di dare un senso a questa condizione. La risposta sta nella croce di Cristo, nell'unione redentrice con lui, nell'apparente insuccesso dell'Uomo giusto che soffre e che con il suo sacrificio salva l'umanità, nel valore di eternità di questa sofferenza. Guardate a lui, alla Chiesa e al mondo, ed elevate il vostro dolore, completando con quello, oggi, il mistero salvifico della sua croce.

La vostra sofferenza ha un grande valore soprannaturale. E siete, inoltre, per noi una costante lezione, che ci invita a relativizzare tanti valori e forme di vita. Per vivere meglio i valori del Vangelo e sviluppare la solidarietà, la bontà, l'aiuto, l'amore.

perciò, non considerate inutile il vostro stato, che ha per la Chiesa e per il mondo di oggi un grande senso umanizzante, evangelizzante, espiatorio e impetratorio. Soprattutto se voi stessi adottate un atteggiamento aperto, creativo nel limite del possibile e positivo di fronte all'azione della grazia che agisce nel vostro spirito.

3. Pero non posso fermarmi soltanto a voi. Pensando alla vostra condizione penso spontaneamente alle vostre famiglie, ai professionisti e ai lavoratori sanitari, alle religiose, religiosi e sacerdoti del mondo della sanità. A tutti quelli che, nel complesso àmbito della società attuale, si dedicano alla cura dell'infermo.

E' una missione di straordinario valore, che si deve vivere come vera scelta vocazionale, con un grande senso etico di solidarietà e di rispetto all'uomo infermo, senza trascurare la dimensione trascendente e religiosa dell'essere umano.

La mia parola d'incoraggiamento vada a quanti lavorano in questo campo, che richiede tanta sensibilità umana e spirituale, per stare in sintonia con le esigenze e le attese dell'infermo. La mia gioia e il mio plauso va alle quasi tredicimila religiose e ai duemila sacerdoti e religiosi che prestano il loro lavoro nel campo dell'assistenza sanitaria, soprattutto nei settori più trascurati dei malati di mente, dei malati cronici, degli emarginati, dei minorati e degli anziani.


4. Per dare una maggiore efficacia alla pastorale fra gli infermi, è necessario che tutta la comunità cristiana si senta chiamata a collaborare a questo compito.

Qui hanno il loro posto i membri degli organismi ecclesiali o religiosi, associazioni e movimenti laici cattolici; qui hanno il loro posto le parrocchie, chiamate a stimolare specifici gruppi di apostolato e di volontariato in aiuto dei malati. Così la comunità cristiana farà presente nella nostra società, sempre più secolarizzata, l'amore cristiano.


5. Raccomando alla santissima Vergine del Pilar le intenzioni e le necessità di ogni infermo - uomo o donna, bambino o adulto - della Spagna, così come quello di quanti si dedicano alla cura degli infermi e all'assistenza sanitaria. Su tutti invoco la serenità, la speranza delle beatitudini, il miglioramento della salute, e tutti benedico di cuore, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.




1982-11-06 Data estesa: Sabato 6 Novembre 1982




Celebrazione della Parola al santuario di Montserrat - Barcellona (Spagna)

Titolo: Il nostro pellegrinaggio terreno acquista speranza dalla Madre

Testo:

Cari fratelli nell'Episcopato, diletti fratelli e sorelle: sia lodato Gesù Cristo!


1. Suonano pienamente attuali, nella liturgia, le parole del profeta: "Verranno molti popoli e diranno: / ""Venite, saliamo sul monte del Signore, / al tempio del Dio di Giacobbe, / perché ci indichi le sue vie / e possiamo camminare per i suoi sentieri". Poiché da Sion uscirà la legge, / e da Gerusalemme la parola del Signore" (Is 2,3).

In consonanza con l'invito biblico, la visita a Montserrat associa in unione molto stretta i valori del pellegrinaggio religioso all'incanto della mèta mariana sulla cima del monte, dove i cieli si fondono con la terra. La salita al Santuario, in questa suggestiva cornice paesaggistica, invita ad evocare una storia plurisecolare.

E' impressionante sapere che ci troviamo in un luogo sacro; che per questi sentieri, aperti secoli or sono, sfilarono folle di pellegrini, molti di loro illustri per i nobili natali o per la loro scienza. Ed è speciale motivo di gioia sapere che seguiamo le orme di Giovanni di Mata, Pietro Nolasco, Raimondo di Penafort, Vincenzo Ferrer, Luigi Gonzaga, Francesco Borgia, Giuseppe Calasanzio, Antonio Maria Claret e molti altri eminenti santi; senza dimenticare quel soldato che, deposte le armi ai piedi della "Moreneta", scese dal monte per capitanare la Compagnia di Gesù.


2. Affiora qui spontaneo il cantico di giubilo del pellegrino quando giunge alla mèta. Il Salmista evoca, innanzitutto, la gioia iniziale del viaggio: "Che gioia quando mi dissero: / "Andremo alla casa del Signore"" (Ps 121 [122],1). Una gioia intensa, contagiosa, impaziente, secondo quanto commenta sant'Agostino: "Corriamo, corriamo, perché andremo alla casa del Signore. Corriamo senza stancarci, perché arriveremo dove non c'è più fatica... Andremo alla casa del Signore. Esultai con i profeti, esultai con gli apostoli. Tutti loro ci dissero: "Andremo alla casa del Signore"" ("Enarr. in Ps 121 [122],1").

Subito dopo, il Salmista descrive l'esperienza unica dei pellegrini, una volta giunti alla mèta tanto agognata: "E ora i nostri piedi si fermano / alle tue porte, Gerusalemme! Gerusalemme è costruita / come città salda e compatta. Là salgono insieme le tribù, / le tribù del Signore, / secondo la legge di Israele, per lodare il nome del Signore" (Ps 121 [122],2-4).

Il primo sentimento è di ammirazione davanti alla solidità di un edificio ben fondato. Montserrat figura felicemente nella serie di quei Santuari che l'anno scorso ebbi il piacere di definire come "segno di Dio, della sua irruzione nella storia umana", in quanto rappresentano "un memoriale del mistero dell'Incarnazione e della Redenzione", in meravigliosa consonanza con quella "vocazione tradizionale e sempre attualissima di tutti i Santuari, che consiste nell'essere un'antenna permanente della Buona Novella della nostra salvezza" ("Discorso ai Rettori dei Santuari", 22 gennaio 1981: "Insegnamenti", IV,1 [1981] 139)).

E' gloria dei benemeriti figli di san Benedetto l'aver trasformato in realtà il sogno di sant'Agostino: "Ecco qual è la casa del Signore. In essa è lodato chi edifico la casa. Egli è delizia di tutti coloro che vi abitano. Egli solo è la speranza qui e la realtà di là" ("Enarr. in Ps 121 [122],3"). Fedeli al loro carisma fondazionale, i Monaci di Montserrat vivono a fondo il loro impegno di fare della Basilica un esempio di preghiera liturgica, rendendo belle le cerimonie con i canti della loro famosa "schola cantorum" e orientando la loro preghiera nella pastorale a favore degli innumerevoli devoti che si stringono attorno alla "Mare de Déu ".

L'ambiente invita irresistibilmente alla preghiera, che è una necessità per i pellegrini che ascendono al monte, "secondo la legge di Israele, / per lodare il nome dei Signore". E'' una gioia glorificare le sue grandezze, qui, dove il cantico al Creatore affiora spontaneo sulle nostre labbra; è un dovere ringraziare con amore filiale per i suoi doni generosi anche a nome dei nostri fratelli; è, infine, una misura di prudenza chiedere una riserva di energia in vista di ulteriori tappe. Perché il pellegrinaggio continua. Non è lecito pensare qui sulla terra a una "dimora permanente", e dobbiamo "aspirare a quella futura".


3. A questo invita l'atteggiamento esemplare della Madonna, che è Madre e, pertanto, Maestra. Seduta su un trono di gloria in atteggiamento ieratico, come si conviene alla Regina dei cieli e della terra, con il Bambino Dio sulle sue ginocchia, la "Virgen Morena" svela davanti ai nostri occhi la visione esatta dell'ultimo mistero glorioso del santo Rosario.

E', comunque, provvidenziale che la celebrazione liturgica della festa sia fondata sul mistero gaudioso della Visitazione, che costituisce la prima iniziativa della Vergine Madre. Montserrat racchiude, dunque, lezioni validissime per il nostro cammino di pellegrini.

Non bisogna mai dimenticare la mèta definitiva dell'ultimo mistero di gloria. "Pensa - dirà sant'Agostino - che un domani dovrai stare li, e sebbene tu sia ancora in cammino, pensa come se già ti trovassi li, come se già godessi indefettibilmente fra gli Angeli, e come se già accadesse in te ciò che fu detto: "Beati coloro che dimorano nella tua casa; nei secoli dei secoli ti loderanno"" ("Enarr. in Ps 121 [122],3").

Nel cammino bisogna imitare lo stile della Madre nella visita che fece a sua cugina: "In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda" (Lc 1,39). Il suo ritmo è decisamente esemplare secondo sant'Ambrogio: "Lieta nel desiderio, religiosamente pronta al dovere, premurosa nella gioia, ando sulla montagna" ("Exp. Evang secundum Lucam 2,19").

E' doveroso osservare che il suo itinerario non si limita a questa ascensione fisica sulla montagna. Lo Spirito irrompe in un momento forte: fece esultare di gioia Giovanni nel seno materno; inondo di luce divina la mente di Elisabetta; rapi la Regina dei profeti, spingendola nella marcia ascensionale fino alla vetta del monte invisibile del Signore. Lo fece seguendo la legge meravigliosa che "rovescia i potenti e innalza gli umili" (Lc 1,52).Il "Magnificat" rappresenta l'eco di quella esperienza sublime nel suo pellegrinaggio paradigmatico: "L'anima mia magnifica il Signore / e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore, / perché ha guardato l'umiltà della sua serva./ D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata" (Lc 1,46-48). Il cantico di Maria risuona indefettibile lungo i secoli. Qui a Montserrat sembra essersi cristallizzato a tal punto da costituire "un "Magnificat" di roccia". Non è solo un segno degno di fede dell'ascesa realizzata; è pure una freccia indicatrice di ulteriori scalate.

La virtù del pellegrino è la speranza. Qui è possibile farne provvista, perché Maria la stringe fra le sue braccia e la pone maternamente a nostra disposizione. Addirittura senza che ce ne accorgiamo, come fece con gli sposi di Cana di Galilea. Interviene sempre con sollecitudine e delicatezza di madre. Lo fece in modo esemplare nel mistero della Visitazione, rappresentato liturgicamente in maniera indelebile qui a Montserrat. Si spiega, allora, perché risuoni ogni giorno su questa montagna il melodioso accento del saluto alla Madonna, alla Regina, alla Madre, alla Depositaria della speranza che incoraggia i pellegrini: "Déu vos salve, vita, dolcezza e speranza nostra".


4. Il Salmista allude a una Gerusalemme celeste che si intravvede attraverso la Gerusalemme terrena. Sarà forzato il trasporre l'immagine? La Vergine di Montserrat, seduta in trono, con il Figlio sulle ginocchia, sembra in attesa di abbracciare con lui tutti i suoi figli. Il nostro pellegrinaggio spirituale si riduce, in definitiva, a raggiungere con pienezza la filiazione divina. La nostra vocazione è un fatto; per incomprensibile predilezione del Padre, ci fece figli nel Figlio: "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, / che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. / In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, / per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, / predestinandoci a essere suoi figli adottivi / per opera di Gesù Cristo, / secondo il beneplacito della sua volontà. / E questo a lode e gloria della sua grazia, / che ci ha dato nel suo Figlio diletto" (Ep 1,3-6).

Il Salmista descrive la mèta come una "Gerusalemme che si edifica come città". Da qui prende spunto sant'Agostino per modulare la filiazione secondo un altro registro: "Ora si sta edificando, e ad essa concorrono, per la sua costruzione, pietre vive, delle quali dice san Paolo: "Anche voi, come pietre vive, siete edificati come casa spirituale"" ("Enarr. in Ps 121 [122],4"). Questo monte che è Montserrat, arroccato in modo caratteristico, appare come una incomparabile cava. "Ora si edifica la città, ora si tagliano le pietre dei monti per mano di coloro che predicano la verità e le squadrano perché si uniscano in costruzione eterna" ("Enarr. in Ps 121 [122],4"). Da qui, da Montserrat, dalla regione catalana, dalla Spagna intera bisogna estrarre le pietre della nuova costruzione.

Senza dimenticare che il fondamento è Cristo (cfr. 1Co 10,4); con tutte le conseguenze che ne derivano in architettura. Si direbbe che sant'Agostino, quando commentava il Salmo, avesse davanti agli occhi una Basilica come quella di Montserrat. "Quando si gettano le fondamenta nella terra, si edificano le pareti verso l'alto, e il loro peso gravita verso il basso, perché sotto sono collocate le fondamenta. Ma se il nostro sostegno o fondamento sta in cielo, edifichiamo verso il cielo. I costruttori edificarono la fabbrica di questa Basilica che vedete elevarsi maestosa; ma siccome l'edificarono gli uomini, misero le fondamenta sotto; invece quando siamo edificati spiritualmente, il fondamento si colloca in alto. Corriamo dunque in quella direzione per essere edificati; infatti di questa stessa Gerusalemme si disse: "E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme"" ("Enarr. in Ps 121 [122],4"). Il tempio su cui poggiano i nostri piedi è porta di quell'altro ancora in costruzione, del quale ci sentiamo pietre vive.


5. Non è lecito ignorare il suggerimento offerto ai pellegrini: "Domandate pace per Gerusalemme: / sia pace a coloro che ti amano, / sia pace sulle tue mura, / sicurezza nei tuoi baluardi. / Per i miei fratelli e i miei amici / io diro: "Su di te sia pace!". / Per la casa del Signore nostro Dio, / chiedero per te il bene" (Ps 121 [l22],6-9).

La pace riassume in sintesi il cumulo di beni che un uomo può desiderare. Una pace fermamente basata sull'alleanza del Signore, fedele con i suoi eletti. Da questa montagna santa, oasi di serenità e di pace, auguro l'autentica pace messianica per tutti gli uomini, che sono fratelli, che la "Moreneta" guarda con identico amore di Madre, e che raccomanda al suo Figlio divino. "Egli sarà giudice fra le genti / e sarà arbitro fra molti popoli. / Forgeranno le loro spade in vomeri, / le loro lance in falci; / un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, / non si eserciteranno più nell'arte della guerra. / Casa di Giacobbe, vieni, / camminiamo nella luce del Signore" (Is 2,4-5).

Che la montagna santa, Signore, sia bosco di ulivi, sia "sacramento di pace". Un segno di ciò che sono i figli che amano la vera Madre comune; e un impulso efficace per realizzare veramente ciò che oggi suona a utopia. E sarà realtà nella misura in cui gli uomini si piegheranno docilmente all'unico imperativo che i Vangeli raccolsero dalla bocca di Maria: "Fate ciò che egli vi dirà". Ed egli si chiama "Principe della pace".


6. Ti ringraziamo, Signore, per la gioia che ci ha procurato il fermare i nostri passi qui nel Santuario consacrato alla Madre, nel quale ci siamo sentiti confortati da un rinnovato impulso per il nostro itinerario futuro.

Ti preghiamo, o Padre, in questa Basilica, in cui risiede il tuo Figlio Gesù Cristo, Figlio di Maria, di concedere copiosamente la pace, la concordia e la gioia a tutte le tribù pellegrine del nuovo Israele. Fa', o Signore, che tutti gli uomini riescano a scoprire il profondo senso della loro esistenza pellegrina sulla terra; che non confondano le tappe con la mèta, che modellino il cammino sull'esempio di Maria. Ella sarà la loro Ausiliatrice; perché qui, ora e sempre, Maria è Regina potente e Madre piissima. Amen).




1982-11-07 Data estesa: Domenica 7 Novembre 1982




L'"Angelus Domini" - Barcellona (Spagna)

Titolo: La vostra terra è un focolare aperto alla fraternità cristiana

Testo:

Cari barcellonesi e spagnoli tutti.

Vergine di Montserrat! Tempio della Sacra Famiglia! Visitando oggi questi due luoghi da voi tanto amati, ho la grata impressione di respirare la genuina religiosità cristiana - tanto antica nelle sue radici e sempre fresca nelle sue manifestazioni -, che conferisce robustezza allo spirito proprio di questa Città Comitale (Barcellona - n.d.t) e di tutta la Catalogna.


1. Lassù a Montserrat, Maria continua ad accettare, nel silenzio fiducioso di quanti ricorrono a lei, il rischio provvidenziale di offrire il suo seno verginale, in obbedienza alla volontà di Dio Padre, affinché gli uomini rinnovino continuamente i loro cuori ad immagine di suo Figlio, Gesù, e sotto l'impulso creatore dello Spirito. Maria, Vergine e Madre - presente in tanti Santuari - offre asilo e rifugio di salvezza alla nuova umanità restaurata in Cristo, la Chiesa, i cui figli "non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono nati" (cfr. Jn 1,13). Anche voi che mi ascoltate, siete nati da Dio. Siete figli di Maria! Si, perché la Chiesa è la casa universale della famiglia di Dio, è casa vostra.


2. Di questa realtà misteriosa vuole essere espressione visibile questo magnifico Tempio della Sacra Famiglia di Barcellona, dovuto all'ispirazione di un'anima particolarmente sensibile a tutto quanto riguarda la Chiesa come il padre Giuseppe Mananet y Vives, ed opera d'arte del geniale maestro Antonio Gaudi. Realtà misteriosa, ma vera, perché Barcellona ha saputo dare forza a questa vocazione familiare, mediante l'unità di fede e la comunione di vita che animano le occupazioni quotidiane dei suoi abitanti.

"Cap i Casal" di Catalogna, Barcellona è ammirata nel mondo per il noto dinamismo, laborioso ed intraprendente dei suoi uomini; pero non meno lodevole e meritorio, soprattutto per la Chiesa, è il tradizionale animo accogliente che lungo la storia ha portato voi barcellonesi e catalani a condividere la cittadinanza umana e cristiana con innumerevoli genti, originarie di altre regioni della Spagna.

Fra di voi hanno formato un focolare; accanto a voi ha forse ricuperato senso e respiro la loro vita; con voi hanno intrapreso con slancio questo itinerario di dolori e di gioie che si fa strada giorno dopo giorno nell'esistenza, come ricordano i misteri del Rosario, rappresentati in questo Tempio.

E' pertanto sommamente istruttivo il fatto che, tutti uniti, possiate proclamare davanti alla Chiesa che questa città e questa regione sono un focolare grande ed aperto alla fraternità cristiana, dove "non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati... sopra il Messia, come pietra angolare" (cfr. Ep 2,19-20).


3. Questo Tempio della Sacra Famiglia è un'opera non ancora terminata, ma riceve solidità da un principio, ricorda e compendia un'altra costruzione fatta con pietre vive: la famiglia cristiana, cellula umana essenziale, dove nascono e crescono incessantemente la fede e l'amore. Auspico che la famiglia sia sempre fra voi autentica "Chiesa domestica", luogo consacrato al dialogo con Dio Padre, scuola per seguire Cristo, attraverso le vie indicate nel Vangelo, fermento di convivenza e di virtù sociali in stretta comunione con lo Spirito che abita nelle vostre anime.

Nel recitare ora l'"Angelus", vorrei che nel cuore di tutti vi fosse un'intenzione particolarmente affettuosa e supplicante per le madri di famiglia, la cui missione ha come modello Maria, Madre di Gesù Cristo e Madre della Chiesa.

"La Vergine - ci dice il Concilio Vaticano II - nella sua vita fu modello di quell'amore materno, del quale devono essere animati tutti coloro che, nella missione apostolica della Chiesa cooperano alla rigenerazione degli uomini (LG 65).

Che Dio benedica le vostre famiglie.




1982-11-07 Data estesa: Domenica 7 Novembre 1982




L'incontro con i rappresentanti del mondo del lavoro - Barcellona (Spagna)

Titolo: Rivedere l'ordine economico per porlo al servizio dell'uomo

Testo:

Cari lavoratori ed imprenditori.


1. Sono lieto di incontrarmi oggi con voi in questa bella città di Barcellona. Vi saluto con particolare affetto, e vi ringrazio per la vostra affettuosa accoglienza, che mi fa sentire tanto a mio agio tra voi, come un amico e un fratello. Vi chiedo subito che portiate il mio saluto ai vostri figli e alle vostre famiglie.

A voi, carissimi lavoratori e lavoratrici, ai presenti e agli assenti, ai nativi di questa terra e a quelli provenienti da altre regioni, così come a quelli di tutta la Spagna, vengo ad annunciare il "Vangelo del lavoro".


2. La Chiesa considera un suo imprescindibile dovere, nel campo sociale, aiutare "a consolidare la comunità degli uomini secondo la legge divina" (GS 42), ricordando la dignità ed i diritti dei lavoratori, stigmatizzando le situazioni in cui questi diritti sono violati e favorendo i cambi che conducono all'autentico progresso dell'uomo e della società.

Il lavoro risponde al disegno e alla volontà di Dio. Le prime pagine della Genesi ci presentano la creazione come opera di Dio, "il lavoro di Dio". Per questo, Dio chiama l'uomo a lavorare, affinché diventi simile a lui. Il lavoro non costituisce, pertanto, un fatto accessorio né tanto meno una maledizione del cielo. E', al contrario, una benedizione originaria del Creatore, un'attività che permette all'individuo di realizzarsi ed offrire un servizio alla società. E che inoltre otterrà un premio superiore, perché "la vostra fatica non è vana nel Signore" (1Co 15,58).

Ma la proclamazione più esauriente del "Vangelo del lavoro" la fece Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo - e uomo del lavoro manuale - sottomesso al duro sforzo. Egli dedico gran parte della sua vita terrena al lavoro di artigiano ed assunse lo stesso lavoro alla sua opera di salvezza.


3. Da parte mia, in questi quattro anni di pontificato non ho cessato di proclamare, nelle mie encicliche e nella mia catechesi, la centralità dell'uomo, il suo primato sulle cose e l'importanza della dimensione soggettiva del lavoro, fondata sulla dignità della persona umana. Infatti, l'uomo, in quanto persona, è il centro della creazione, perché solo lui è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. Chiamato a "dominare" la terra (Gn 1,28) con la perspicacia della sua intelligenza e con l'attività delle sue mani, egli si trasforma in artefice di lavoro - sia manuale che intellettuale - comunicando la propria dignità al suo lavoro.

Il concetto cristiano del lavoro, amici e fratelli lavoratori, vede in ciò una chiamata a collaborare con il potere e l'amore di Dio, per mantenere la vita dell'uomo e renderla più corrispondente al suo disegno. Così inteso, il lavoro non è una necessità biologica di sussistenza, ma un dovere morale, è un atto di amore e si converte in gioia: la gioia profonda di darsi, attraverso il lavoro, alla propria famiglia e agli altri, la gioia intima di dedicarsi a Dio, e di servirlo nei fratelli, sebbene tale donazione comporti sacrificio. Per questo il lavoro cristiano possiede un significato pasquale. La conseguenza logica è che tutti abbiamo il dovere di far bene il nostro lavoro. Se vogliamo realizzarci debitamente, non possiamo rifuggire dal nostro dovere né adattarci a lavorare mediocremente, senza interesse, limitandoci a portarlo a termine.


4. La vostra laboriosità tenace e il vostro senso di responsabilità vi fanno comprendere, cari fratelli e sorelle, quanto sono lontani dal concetto cristiano del lavoro - e perfino da una retta visione dell'ordine sociale - determinati atteggiamenti di disinteresse, spreco di tempo e di mezzi che si stanno diffondendo ai nostri giorni, tanto nel settore pubblico come in quello privato.

Per non parlare del fenomeno dell'assenteismo, un male sociale che riguarda non solo la produttività, ma che offende le speranze e le sofferenze di chi cerca e reclama disperatamente una occupazione.

All'interno dello sforzo che spinge i credenti e gli uomini di buona volontà verso il raggiungimento di una società veramente umana, la Chiesa vuole essere presente per fedeltà al Vangelo - "Buona Novella" di salvezza per tutti, pero specialmente per i poveri e per gli oppressi - ricordando gli insegnamenti provenienti dalla parola del Signore: - Il lavoro è certamente un bene dell'uomo e per l'uomo. A questo riguardo, nell'enciclica "Laborem Exercens", ho sottolineato che "il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro" (LE 6). Il nucleo centrale della dottrina sociale cristiana sul lavoro si fonda su questo: non si giunge al retto concetto di lavoro se non lo si formula in stretta dipendenza con il retto concetto di uomo.

- Il lavoro e la laboriosità costituiscono un dovere e un servizio alla cellula familiare, alla sua vita, unità, sviluppo e perfezionamento. Per questo, "la ragion d'essere della famiglia - dicevo circa tre anni fa agli operai polacchi - è uno dei fattori fondamentali che determinano l'economia e la politica del lavoro".

- La natura rettamente intesa del lavoro non solo rispetta le esigenze del bene comune, ma anzi dirige e trasforma tutta l'attività lavorativa in cooperazione efficace al bene di tutti, arricchendo così il patrimonio della famiglia umana.


5. Quanto ho detto prima mi porta ad affrontare brevemente un problema che non è esclusivo della Spagna, ma che la riguarda molto da vicino: mi riferisco alla disoccupazione.

La mancanza di lavoro va contro il "diritto al lavoro ", inteso - nel contesto globale degli altri diritti fondamentali - come una necessità primaria, non un privilegio, di soddisfare le esigenze vitali dell'esistenza umana attraverso l'attività lavorativa.

E' un problema urgente e che deve spingere ogni cristiano ad assumere le sue responsabilità in nome del Vangelo, e del suo messaggio di giustizia, di solidarietà e di amore.

Da una disoccupazione prolungata nasce l'insicurezza, la mancanza di iniziativa, la frustrazione, l'irresponsabilità, la sfiducia nella società ed in se stesso; si atrofizzano così le capacità di sviluppo personale; si perde l'entusiasmo, l'amore al bene; sorgono le crisi familiari, le situazioni personali disperate, e allora si cade facilmente - soprattutto se giovani - nella droga, nell'alcoolismo e nella criminalità.

Sarebbe falso ed ingannevole considerare questo angoscioso problema, ormai diventato endemico nel mondo, come prodotto di circostanze passeggere o come problema meramente economico o sociopolitico. In realtà costituisce un problema etico, spirituale, perchè è sintomo della presenza di un disordine morale esistente nella società, quando si infrange la gerarchia dei valori.


6. La Chiesa, attraverso il suo Magistero sociale, ricorda che le vie per una soluzione giusta di questo grave problema esigono oggi una revisione dell'ordine economico nel suo insieme. E' necessaria una pianificazione globale e non semplicemente settoriale della produzione economica: è necessaria una corretta e razionale organizzazione del lavoro, non solo a livello nazionale, ma anche internazionale; è necessaria la solidarietà di tutti gli uomini del lavoro.

Lo Stato non può rassegnarsi a sopportare cronicamente una forte disoccupazione: la creazione di nuovi posti di lavoro deve costituire per esso una priorità tanto economica quanto politica. Pero anche gli imprenditori ed i lavoratori devono favorire il superamento della mancanza di posti di lavoro: mantenendo gli uni il ritmo di produzione nelle loro imprese e rendendo, gli altri, con la dovuta efficienza nel loro lavoro, disposti a rinunciare, per solidarietà, al "doppio" impiego e al ricorso sistematico al lavoro "straordinario", che riducono di fatto le possibilità di ammissione per i disoccupati.

Occorre creare con tutti i mezzi possibili un'economia che sia al servizio dell'uomo. Per superare i contrasti di interessi privati e collettivi; per vincere gli egoismi nella lotta per la sussistenza, si impone in tutti un vero "cambio di atteggiamento", di stile di vita, di valori; si impone un'autentica conversione dei cuori, delle menti e delle volontà: la conversione all'uomo, alla verità per l'uomo.

Mi sono soffermato specialmente su questo argomento tanto attuale. So che vi preoccupano molti altri problemi che si riferiscono al salario, alle condizioni igienico-sanitarie nel lavoro, alla protezione contro gli infortuni del lavoro, al ruolo del sindacato, alla partecipazione alla gestione e ai benefici dell'impresa, e all'adeguata protezione per i lavoratori provenienti da altre parti.

Si tratta per voi di una problematica complessa e vitale; pero voglio ripetervi ancora una volta: non dimenticate che il lavoro ha come caratteristica fondamentale quella di unire gli uomini: "In questo consiste la sua forza sociale: la forza di costruire una comunità" (LE 20). Fate perno su di essa e sui grandi valori cristiani che vi animano. Portate la vostra serenità e la vostra fiducia al luogo di lavoro. Illuminate i vostri ambienti di carità e di speranza: così vi risulterà più facile trovare soluzioni giuste.


7. Permettetemi ora, cari lavoratori e lavoratrici, di dirigere la mia parola ad un'altra categoria di lavoratori di Spagna: gli imprenditori, industriali, alti dirigenti, consiglieri qualificati della vita socio-economica e promotori di complessi industriali.

Saluto e rendo onore in voi ai creatori di posti di lavoro, di impiego, di servizi e di insegnamento professionale; a tutti quelli che in questa amata Spagna offrono lavoro e sostentamento ad un gran numero di lavoratori e lavoratrici. Il Papa vi manifesta la propria stima e la propria gratitudine per l'alta funzione che compite al servizio dell'uomo e della società. Anche a voi, annunzio il "Vangelo del lavoro".

E nell'invitarvi a riflettere sulla concezione cristiana dell'impresa, vorrei anzitutto ricordarvi, che al di sopra dei suoi aspetti tecnici ed economici - nei quali siete maestri - ve n'è uno più profondo: quello della sua dimensione morale. Economia e tecnica, infatti, non hanno senso se non sono riferite all'uomo che dobbiamo servire.

Difatti, il lavoro è per l'uomo e non l'uomo per il lavoro; di conseguenza, anche l'impresa è per l'uomo e non l'uomo per l'impresa. Superare l'innaturale ed illogica antinomia fra capitale e lavoro - esasperata spesso artificialmente da una lotta di classe programmata - è, per una società che vuole essere giusta, un'esigenza indispensabile, fondata sul primato dell'uomo sulle cose. Solamente l'uomo - imprenditore oppure operaio - è soggetto del lavoro ed è persona; il capitale non è altro che un "insieme di cose" (LE 12).




8. Il mondo economico - lo sapete bene - sta soffrendo da tempo una grande crisi.

La questione sociale, da un problema "di classe" si è trasformato in un problema "mondiale". L'evoluzione delle fonti di energia e l'incidenza di forti interessi politici in questo campo, hanno creato nuovi problemi, provocando la messa in dubbio di certe strutture economiche fino ad ora considerate indispensabili ed intoccabili, e rendendo sempre più difficile la loro direzione.

Davanti a queste difficoltà non vacillate; non dubitate di voi stessi; non cadete nella tentazione di abbandonare l'impresa, per dedicarvi ad attività professionali egoisticamente più tranquille e meno impegnative. Superate queste tentazioni di evasione e continuate coraggiosamente al vostro posto; sforzandovi di dare un volto sempre più umano all'impresa, pensando al grande contributo che offrite al bene comune quando aprite nuove possibilità di lavoro.

Nello sviluppo della rivoluzione industriale si commisero in passato, da parte degli imprenditori, errori non piccoli. Non per questo si può omettere di riconoscere e lodare pubblicamente, cari industriali, il vostro dinamismo, il vostro spirito d'iniziativa, la vostra ferrea volontà, la vostra capacità di creazione e di rischio, che hanno fatto di voi una figura chiave nella storia economica e in prospettiva del futuro.


9. L'impresa, per la sua stessa dinamica intrinseca, è chiamata a realizzare, sotto il vostro impulso, una funzione sociale - che è profondamente etica -: quella di contribuire al perfezionamento dell'uomo, di ciascun uomo, senza nessuna discriminazione; creando le condizioni che rendono possibile un lavoro ove, mentre si sviluppano le capacità personali, si ottiene una produzione efficace e ragionevole di beni e di servizio, e si rende l'operaio consapevole di lavorare realmente "in qualcosa di proprio".

L'impresa è, pertanto, non solo un organismo, una struttura di produzione, ma deve trasformarsi in comunità di vita, in un luogo dove l'uomo convive e si pone in relazione con i simili; e dove lo sviluppo personale non solo è permesso ma anche suscitato. Il nemico principale della concezione cristiana dell'impresa, non è forse un certo funzionalismo che fa dell'efficienza il postulato unico ed immediato della produzione e del lavoro? Le relazioni di lavoro sono, anzitutto, relazioni tra esseri umani e non possono essere misurate unicamente col metodo dell'efficienza. Voi stessi, cari imprenditori presenti, se volete che la vostra attività personale sia coerente con la vostra fede, non vi accontentate che "le cose procedano", che siano funzionali, produttive ed efficienti; ma cercate piuttosto che i frutti dell'impresa vadano a beneficio di tutti come mezzo di promozione umana globale e di perfezionamento personale di quelli che lavorano al vostro fianco e collaborano con voi.

So che la realtà socio-economica è per sua natura abbastanza complessa, fino al punto da sembrare difficilmente governabile nei momenti di crisi, soprattutto quando acquista proporzioni planetarie. Tuttavia è proprio in tali situazioni che conviene lasciarsi guidare da un gran senso di giustizia e da una totale fiducia in Dio. Nei tempi difficili e duri per tutti - come sono quelli delle crisi economiche - non si possono abbandonare gli operai alla loro sorte, soprattutto quelli che - come i poveri, gli immigrati - hanno solo le loro braccia per mantenersi. Conviene ricordare sempre un principio importante della dottrina sociale cristiana: "La gerarchia dei valori, il senso profondo del lavoro stesso esigono che sia il capitale in funzione del lavoro, e non il lavoro in funzione del capitale" (LE 23).


10. Ed ora, al termine del nostro incontro, voglio dirvi un'ultima parola, cari fratelli operai e cari imprenditori di Spagna: Siate solidali! Il tempo nel quale viviamo esige con urgenza che nella convivenza umana, nazionale e internazionale, ogni persona e gruppo superino le loro inamovibili posizioni e punti di vista unilaterali che tendono a rendere più difficile il dialogo, e inefficace lo sforzo di collaborazione.

La Chiesa non ignora la presenza di tensioni e persino di conflitti nel mondo del lavoro. Ma non è con gli antagonismi o con la violenza che si risolvono le difficoltà! Perché non cercare vie di soluzione tra le parti? Perché respingere il dialogo paziente e sincero? Perché non ricorrere alla buona volontà di ascolto, al rispetto reciproco, allo sforzo di ricerca leale e perseverante, accettando accordi anche parziali, ma sempre forieri di nuove speranze? Il lavoro ha in sé una forza, che può dar vita a una comunità: la solidarietà. La solidarietà del lavoro, che spontaneamente si sviluppa tra quelli che svolgono lo stesso tipo di attività o di professione, per abbracciare con gli interessi degli individui e dei gruppi il bene comune di tutta la società. La solidarietà con il lavoro, e cioè, con ogni uomo che lavora, la quale - superando ogni sorta di egoismi di classe e di interessi politici unilaterali - si fa carico del dramma di chi è disoccupato o si trova in una difficile situazione di lavoro.

Infine, la solidarietà nel lavoro; una solidarietà senza frontiere, perché è basata sulla natura del lavoro umano, cioè, sulla priorità della persona umana al di sopra delle cose.

Tale solidarietà, aperta, dinamica, universale per natura, non sarà mai negativa; una "solidarietà contro", ma positiva e costruttiva, una "solidarietà per": per il lavoro, per la giustizia, per la pace, per il benessere e per la verità nella vita sociale.


11. Amatissimi fratelli e sorelle! La vostra sensibilità di credenti, la vostra fede di cristiani vi aiuti a vivere la Buona Novella, il "Vangelo del lavoro". Siate coscienti della vostra dignità di lavoratori manuali e intellettuali. Collaborate con spirito di solidarietà alla soluzione dei problemi sociali che vi affliggono. Siate lievito e presenza cristiana in qualsiasi parte della Spagna.

La Chiesa confida in voi, vi segue, vi appoggia, vi ama: siate sempre degni delle vostre tradizioni religiose e familiari.

Permettetemi di ricordarvi in maniera particolare che, a motivo del lavoro, non abbiate a trascurare la vostra famiglia e i vostri figli. E impiegate il riposo festivo per l'incontro rinnovato con Dio e per il sano divertimento.

Affido alla Madre di Montserrat le vostre persone, i vostri figli e le vostre famiglie.

Cari lavoratori e imprenditori: che Dio vi aiuti a interessarvi del bene di ogni uomo, vostro fratello).




1982-11-07 Data estesa: Domenica 7 Novembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - L'incontro con gli infermi nel corso della celebrazione della Parola per l'Atto marinaro nazionale - Saragozza (Spagna)