GPII 1982 Insegnamenti - L'omelia della Messa - Barcellona (Spagna)

L'omelia della Messa - Barcellona (Spagna)

Titolo: Il figlio della Chiesa segue la voce del magistero ed è fedele al Concilio del nostro tempo

Testo:

Cari fratelli e sorelle:


1. Ci troviamo riuniti in questo stadio per celebrare il giorno del Signore. Uniti al vostro Pastore e a tanti fratelli di Barcellona e di molti altri luoghi.

La seconda lettura di questa Messa, presa dalla lettera agli Ebrei, esprime l'importanza dell'atto interno di offerta di Gesù al Padre. Realizzo questa offerta per la prima volta entrando nel mondo con l'Incarnazione (cfr. He 10,5); la sua offerta si riferiva allora al suo futuro sacrificio redentore.

Mantenendo sempre questa offerta interna, egli dà un significato unitario a tutta la sua vita terrena. L'offerta accompagno i dolori e le sofferenze della croce, dando loro il valore redentore che senza quest'atto di oblazione non avrebbero avuto. Anche dopo la risurrezione e l'ascensione, la vita di Cristo continua ad avere una unità di significato, poiché anche ora Gesù continua ad offrire al Padre i dolori ormai passati della Passione.

Per spiegare il mistero redentore, l'epistola si serve della liturgia vetero-testamentaria del giorno dell'espiazione. In quella liturgia le vittime immolate si bruciavano fuori dell'accampamento. Anche Cristo fu immolato sul Calvario, che allora si trovava fuori della città (cfr. He 13,11ss). Il Sommo Sacerdote entrava nel "Sancta Santorum" per offrire a Jahvé il sacrificio. Anche Cristo, Sacerdote della Nuova Alleanza, risuscito e sali al cielo, per entrare nel santuario celeste e presentare in modo perenne al Padre il sangue che un giorno sparse sulla croce.

E' lo stesso Cristo che viene sull'altare, per ripetere la sua offerta al Padre per noi. La piccolezza dei nostri desideri di donazione a Cristo e di condurre una vita cristiana, debbono essere posti sull'altare per essere uniti all'offerta di Gesù. La nostra umile donazione - di per sé insignificante, come l'obolo della vedova di Sarepta e l'obolo della povera vedova - diventa accettabile agli occhi di Dio per la sua unione all'oblazione di Gesù.

E in che cosa deve consistere la nostra donazione a Cristo? Vi dico subito che la prima cosa che il Papa e la Chiesa aspettano da voi è che, di fronte alla vostra esistenza, di fronte alla Chiesa stessa, di fronte alla problematica umana attuale, assumiate comportamenti veramente cristiani.


2. La vostra vita di creature umane ha già in sé una grandezza e una dignità uniche. Esse impongono una giusta valutazione, per viverla nel rispetto coerente delle esigenze di verità, di onestà, di uso corretto del magnifico dono divino della libertà in tutte le sue dimensioni.

Questa realtà splendida non può pero essere rinchiusa in questi soli orizzonti, sebbene non possa prescindere da essi. Deve aprirsi alla novità che Cristo venne a portare nel mondo, insegnando ad ogni uomo che è figlio di Dio (cfr. Mt 6,9-15), redento col sangue di Cristo stesso (cfr. Ep 1,7), coerede con lui (cfr. Rm 8,17) destinato a una mèta trascendente (cfr. Rm 8,20-23 Ep 2,6s).

Sarebbe la più grande mutilazione privare l'uomo di questa prospettiva, che lo eleva alla dimensione più alta che può avere. E che, perciò, gli offre il mezzo più adatto per investire le sue migliori energie e il suo entusiasmo.

Come scrissi nell'enciclica "Redemptor Hominis": "Questa unione del Cristo con l'uomo è in se stessa un mistero, dal quale nasce "l'uomo nuovo", chiamato a partecipare alla vita di Dio, creato nuovamente in Cristo, alla pienezza della grazia e della verità. L'unione del Cristo con l'uomo è la forza e la sorgente della forza, secondo l'incisiva espressione di san Giovanni nel prologo del suo Vangelo: "Il Verbo ha dato potere di diventare figli di Dio"" (RH 18).

Qui si trova il fondamento della profonda conoscenza del valore della propria esistenza. Il fondamento della nostra identità di cristiani. Da qui deve derivare un comportamento pratico coerente, fatto di stima verso quanto vi è di buono nell'umano e informato efficacemente dalla fede.


3. Per un cristiano è parte molto importante la relazione che stabilisce con la Chiesa. Relazione che può andare da un rifiuto polemico ad una accettazione parziale; da una critica sistematica alla fedeltà matura e responsabile.

La prima impostazione che s'impone, per evitare confusioni o false prospettive, è considerare la Chiesa nella sua vera natura: una società di tipo spirituale e con fini spirituali, incarnata negli uomini di ogni tempo (cfr. LG 2). Senza nessuna intenzione di porsi in conflitto con i poteri civili, e di occuparsi di questioni meramente materiali e politiche, che, come essa riconosce volentieri, non sono di sua competenza. Senza nemmeno rinunciare alla sua missione, che è il mandato ricevuto da Cristo, di formare nella fede la coscienza dei suoi fedeli, affinché essi, nel loro duplice ruolo di cittadini e di fedeli, contribuiscano al bene in tutte le sfere della vita, d'accordo con le proprie convinzioni, e col rispetto dovuto a quelle degli altri.

La Chiesa fondata da Cristo su Pietro e sugli Apostoli, missione continuata oggi nei loro successori (cfr. LG 18), è sacramento universale di salvezza, segno e strumento della grazia di Cristo nella quale rinasciamo a vita nuova (cfr. n. 1,2). Lo è con la sua immagine visibile, che ricorda agli uomini la presenza e l'azione divina. Lo è con la predicazione della Parola di Dio, e la amministrazione dei Sacramenti, fonti di salvezza. Lo è attraverso la vita dei suoi fedeli, chiamati a contribuire, ciascuno secondo la propria condizione, ad estendere il messaggio evangelico e a rendere presente Cristo in tutti gli ambienti della società.

Da queste premesse deriva un comportamento molto concreto per il cristiano. La Chiesa è stata costituita da Cristo, e non possiamo pretendere di farla secondo i nostri criteri personali. Per volontà del suo Fondatore ha una guida costituita dal successore di Pietro e degli Apostoli: ciò implica, per fedeltà a Cristo, fedeltà al Magistero della Chiesa.

Essa è Madre, nella quale rinasciamo alla vita nuova in Dio; una madre deve essere amata. Essa è santa nel suo Fondatore, nei suoi mezzi e nella sua dottrina, ma è formata da uomini peccatori; bisogna contribuire positivamente a migliorarla, ad aiutarla ad una fedeltà sempre rinnovata, che non si ottiene con critiche corrosive.

La Chiesa offre ogni giorno la parola di salvezza e i sacramenti istituiti da Cristo e non dipende da criteri di numero o di moda; ciò obbliga al rispetto della voce della Gerarchia, criterio e guida immediati nella fede. Essa è formata da tutti noi, Popolo di Dio (cfr. LG 9); ciò impone la collaborazione responsabile di ogni cristiano o gruppo, delle sue forze, della sua capacità di fare esperienze, ma nell'ascolto leale dei legittimi Pastori. Essa ama l'uomo nella sua integralità, nulla di ciò che è veramente umano le è indifferente; pero nello sforzo di elevare l'uomo, non dimentica che sua missione propria ed essenziale è di procurargli la salvezza.


4. Di fronte alla problematica del mondo attuale nel quale vive immerso, il cristiano non può fare a meno di assumere un comportamento che rifletta il concetto che ha di se stesso, alla luce della sua relazione con la Chiesa.

Cosciente del suo dovere di "dare un senso più umano all'uomo e alla storia" (GS 40), il cristiano dovrà stare in prima linea come testimone della verità, dell'onestà e della giustizia. E' la prima conseguenza del valore umanizzante della fede e del suo dinamismo creatore.

Ben radicato in questa fede e grazie ad una chiara e profonda convinzione evangelica, il cristiano non dubiterà nell'assumere la sua parte di responsabilità, per "instaurare in Cristo l'ordine delle realtà temporali" (AA 7). I cristiani non potranno dimenticare mai che debbono essere "fermento e anima della società" (GS 40) e che negli impegni temporali "la propria fede è un motivo che li obbliga al perfetto compimento di quegli impegni secondo la vocazione personale di ciascuno" (n. 43).

Il figlio della Chiesa deve vivere con la convinzione che deve essere cristiano nella fedeltà a Cristo, per essere cristiano nella coerenza dell'amore per l'uomo, nella difesa dei suoi diritti, nell'impegno per la giustizia, nella solidarità con quanti cercano la verità e l'elevazione dell'uomo (cfr. n. 43).


5. Questi comportamenti richiedono un forte impegno e una grande capacità di sforzo e di coraggio.

Appare agli occhi del cristiano la necessità di cambiare tante cose inadeguate o ingiuste e che richiedono la trasformazione dall'interno e dall'esterno.

C'è pero un miraggio al quale si rischia di soccombere: voler cambiare la società cambiando soltanto le strutture esterne o cercando unicamente la soddisfazione delle necessità materiali dell'uomo. E, invece, bisogna iniziare col cambiare se stessi; col rinnovarsi moralmente; col trasformarsi dal di dentro, imitando Cristo; col distruggere le radici dell'egoismo e del peccato che si annida in ogni cuore. Persone trasformate, collaborano efficacemente a trasformare la società.


6. Per vivere in questo atteggiamento cristiano, il figlio della Chiesa, che sente la propria debolezza e il peccato, ha bisogno di un costante impegno di conversione e di ritorno alle sorgenti ideali che ispirano la sua condotta. Ha bisogno di un costante ritorno alla sua coscienza e a Cristo.

Nella sua fede deve trovare la forza e il dinamismo per correggersi e confermarsi ogni giorno nel bene. Senza abbandonarsi a quella passività rassegnata che serpeggia in tanti spiriti.

Un impegno di conversione che deve essere personale e comunitario.

Capace di orientare sempre verso una maggiore fedeltà alla propria condizione cristiana e a superare, nelle mète più alte, gli sbagli o gli errori del passato.

Senza lasciarsi paralizzare da quelli, in un inutile immobilismo o sentimento di colpa.

L'errore ed il peccato si annidano per disgrazia in ogni uomo, in ogni settore umano ed in ogni organismo composto da uomini, nella Chiesa e fuori di essa.

Ma Dio ci aiuta a rinnovarci costantemente nella sua grazia e nel suo amore. La Parola rivelata, l'esempio di Cristo, la grazia dei sacramenti sono le nostre vie di superamento attraverso la conversione.


7. Questi comportamenti cristiani richiedono criteri e guide concrete che li orientino in modo sicuro, evitando possibili deviazioni.

Volete un criterio sicuro, concreto, sistematico che vi guidi nel momento presente? Seguite la voce del Magistero e siate fedeli al Concilio del nostro tempo: il Vaticano II.

Da una parte senza reticenze, timori o resistenze. Dall'altra senza interpretazioni arbitrarie e confusioni dell'insegnamento obiettivo con le proprie idee. Inizi da qui la strada della necessaria unità voluta da Cristo.

Questa corretta applicazione degli insegnamenti conciliari costituisce, come ho detto in diverse occasioni, uno degli obiettivi principali del mio pontificato.


8. In questo modo, cari fratelli e sorelle, vivete voi e infondete nelle realtà temporali la linfa della fede di Cristo, coscienti che questa fede non distrugge nulla di autenticamente umano, anzi lo rafforza, lo purifica, lo eleva.

Dimostrate questo spirito nell'attenzione prestata ai problemi cruciali.

Nell'àmbito della famiglia, vivendo e difendendo la indissolubilità e gli altri valori del matrimonio, promuovendo il rispetto per la vita tutta, sin dal momento del concepimento. Nel mondo della cultura, dell'educazione e dell'insegnamento, scegliendo per i vostri figli una scuola nella quale ci sia il pane della fede cristiana.

Siate anche forti e generosi quando si tratti di contribuire a dissolvere le ingiustizie e le discriminazioni sociali ed economiche, quando partecipate all'impegno positivo di incremento e di giusta distribuzione dei beni.

Sforzatevi affinché le leggi e i costumi non voltino le spalle al valore trascendente dell'uomo e agli aspetti morali della vita.


9. Nel momento culminante della Messa si fa presente sull'altare il mistero del Calvario. Gesù stesso rinnova l'oblazione di quel giorno, l'oblazione che ci salva.

Accanto alla croce stava la Madre di Gesù (cfr. Jn 19,25), partecipando al suo dolore. Che lei, la Madre della Mercede, vi aiuti con la sua intercessione a rinnovare in questa santa Messa il vostro impegno di cristiani. Fiduciosi nel suo patrocinio, scacciate ogni forma di passività e titubanza. E siate fedeli a voi stessi, alla Chiesa e al vostro tempo, con coerenti comportamenti cristiani.

Così sia.

Che Dio vi benedica!




1982-11-07 Data estesa: Domenica 7 Novembre 1982




L'incontro con gli anziani al santuario della "Virgen de los Desamparados" - Valencia (Spagna)

Titolo: Il ruolo creativo degli anziani nella Chiesa e nella società

Testo:

Cari anziani.


1. Davanti a questo Santuario della Madre comune "de los Desamparados", saluto con speciale affetto, voi persone della terza età. E sono contento che questo incontro abbia luogo qui a Valenza, che è così legata a una figura molto amata in questa città e in tutta la Spagna: santa Teresa Jornet Ibars, fondatrice delle "Piccole sorelle degli anziani abbandonati", che, insieme a tanti altri Istituti e a tante altre persone, molto si sono prodigate e si prodigano in favore della terza età.

L'anzianità è qualcosa di venerabile per la Chiesa e per la società, e merita stima e massimo rispetto. Già l'Antico Testamento ci insegna: "Alzati davanti a chi ha i capelli bianchi, onora la persona del vecchio" (Lv 19,32). "Nei canuti sta la saggezza / e nella vita lunga la prudenza (Gb 12,12). Per questo mi inchino davanti a voi e invito tutti a manifestare sempre l'affettuosa riverenza che merita chi ci ha dato la vita e ci ha preceduto nell'organizzare la società e nell'edificare il presente. Il severo comandamento del Sinai: "Onora tuo padre e tua madre", è tuttora pienamente vigente.


2. So che un mondo materialista ed edonista come il nostro, cerca molte volte di isolarvi, cari anziani, e che avete problemi di solitudine, di mancanza d'affetto e comprensione. Una sofferenza che è tanto più grande quando sono i figli o i familiari a comportarsi in questo modo.

Molti non comprendono che la vita e le cose non possono essere valutate solo in base a criteri economici o di efficienza. Per questa strada si rende inumana la convivenza e si impoveriscono famiglia e società. E' vero che la persona in età matura, soprattutto se non gode di buona salute, spesso non potrà svolgere le stesse funzioni di una più giovane; pero non per questo la sua missione è meno preziosa, perché può svolgere diversi lavori complementari e molto utili, che la vita moderna non consente facilmente a chi abbia un lavoro regolare.

Quest'inserimento nella vita familiare, secondo le possibilità degli anziani, sarà per loro fonte di serenità personale e di incoraggiamento - perché avvertiranno di essere utili -, nonché di arricchimento sociale.

Di fronte ad una prospettiva demografica di forte crescita degli anziani rispetto ai giovani, la società deve porsi questo problema con criteri umanitari e morali, evitando una emarginazione ingiusta e dolorosa.


3. La Chiesa, da parte sua, deve stimolare tutti a scoprire e a stimare la collaborazione che l'anziano può offrire alla società, alla famiglia e alla Chiesa stessa, incoraggiando, come prima cosa, le persone anziane a non autoemarginarsi col cedere alla falsa convinzione che la loro vita non ha più obiettivi degni.

Per questo occorre aiutarli a tenere vivo l'interesse per cose utili a loro stessi e agli altri, a coltivare la propria intelligenza, ad apprezzare l'amicizia con altre persone e a ben valutare il proprio posto nella grande famiglia di figli di Dio che è la Chiesa, in cui ogni persona ha lo stesso valore e identica dignità. Quante parrocchie potrebbero anch'esse ricevere il prezioso aiuto delle persone della terza età in tante missioni di apostolato, di catechesi e di altro tipo! E' necessario che nella Chiesa si sviluppi una pastorale per la terza età, in cui si insista sul ruolo creativo degli anziani, della malattia e del parziale impedimento, sulla riconciliazione tra le generazioni, sul valore di ogni vita, che non finisce qui, ma è aperta alla risurrezione e alla vita eterna. Così si svolgerà un'opera ecclesiale e si presterà un grande servizio alla società, illuminando la gerarchia dei tanti valori umani.

Sarà soprattutto la famiglia a trarne gran giovamento. Vi leggo molto volentieri alcune belle parole del mio predecessore Paolo VI, che ho raccolto nella mia esortazione apostolica "Familiaris Consortio": "Gli anziani inoltre hanno il carisma di oltrepassare le barriere fra le generazioni, prima che queste si consolidino. Quanti bambini hanno trovato comprensione e amore negli occhi, nelle parole e nelle carezze degli anziani! E quante persone anziane hanno volentieri sottoscritto le ispirate parole bibliche che "corona dei vecchi sono i figli dei figli" (Pr 17,6)!)" (FC 28).


4. A tutti i membri della comunità e in particolare alle religiose e ai laici che lavorano nella pastorale della terza età, esprimo il mio profondo apprezzamento e la mia immensa gratitudine a nome della Chiesa. Chiedo di continuare a prestare la loro opera meritoria con abnegazione e fede, per ispirare in persone, famiglie e comunità lo spirito d'amore del Vangelo verso gli anziani.

La santissima Vergine "de los Desamparados" protegga tutte le persone della terza età che vi sono in Spagna, soprattutto quelle che hanno più bisogno di protezione. E ispiri sentimenti di solidarietà e comprensione nei cuori, perché nessun anziano manchi del rispetto, dell'affetto e dell'aiuto di cui ha bisogno.

Agli anziani tutti, e a quanti li accudiscono e lavorano per loro, impartisco di cuore la benedizione apostolica.




1982-11-08 Data estesa: Lunedi 8 Novembre 1982




L'omelia della Messa con ordinazioni sacerdotali - Valencia (Spagna)

Titolo: Al dono che Dio vi concede nel sacerdozio rispondete con la vostra totale donazione

Testo:

Cari fratelli nel sacerdozio, cari fratelli e sorelle.


1. Siamo oggi testimoni di un grande evento. Centoquarantuno diaconi, giunti da tutta la Spagna, riceveranno l'ordinazione sacerdotale. A questa celebrazione eucaristica si associano numerosi sacerdoti delle diverse diocesi della vostra Patria. Sono stati invitati in questa città per rivivere il giorno della loro ordinazione.

Permettetemi di salutare prima di tutto il Pastore di questa Chiesa particolare e i Vescovi presenti, i sacerdoti e i seminaristi, coloro che si sono dedicati a Dio con una speciale consacrazione, tutto il nobile popolo di Valencia, della sua regione e di tutta la Spagna, e quanti si sono riuniti in questo viale della Alameda. Saluto con particolare affetto, unitamente ai loro familiari, tutti gli ordinandi. Pero permettetemi soprattutto di rinnovare, da qui, il mio più affettuoso ricordo alle persone e alle famiglie che nei giorni scorsi hanno subito le conseguenze di inondazioni devastatrici e hanno perso persone care. Confido che la necessaria solidarietà e la sollecitudine cristiana giunga efficacemente in loro aiuto.

Questo giorno sacerdotale ha come cornice la città di Valenza, di radicate tradizioni eucaristiche e sacerdotali; con la sua bellezza e il suo colore, le sue caratteristiche e la sua ricca storia romana, araba e cristiana; e soprattutto con le sue grandi figure sacerdotali: san Vincenzo Ferrer, san Tommaso di Villanueva, san Giovanni di Ribera. A questi andrebbero aggiunti numerosi santi sacerdoti, tra i quali san Giovanni di Avila, patrono del clero spagnolo. Tutti loro ci accompagnano con la propria intercessione.


2. In che cosa consiste la grazia del sacerdozio che oggi riceveranno questi ordinandi? Lo sapete bene voi, cari diaconi, che vi siete preparati con cura per questo momento sacramentale. Lo conoscete voi, cari sacerdoti, che recate il peso gioioso e il carico leggero (cfr. Mt 11,30) del sacerdozio. Lo sapete anche voi, cristiani di Valenza e di Spagna, che accompagnate i vostri sacerdoti e con essi vivete la gioia del vostro sacerdozio comune, distinto ma non separato dal sacerdozio ministeriale.

In questo atto parlero prima di tutto agli ordinandi. Pero in essi vedo l'ordinazione, recente o lontana, di ciascuno di voi, sacerdoti di Spagna, e vi esorto a rivivere la grazia che avete a motivo dell'imposizione delle mani (cfr. 2Tm 1,6).

Il sacramento dell'ordine è profondamente radicato nel mistero della chiamata che Dio rivolge all'uomo. Nell'eletto si realizza il mistero della vocazione divina. Ce lo rivela la prima lettura tratta dal libro del profeta Geremia.

Dio manifesta all'uomo la sua volontà: "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, / prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; / ti ho stabilito profeta delle nazioni" (Jr 1,5).

La chiamata dell'uomo è prima di tutto in Dio: nella sua mente e nella elezione che Dio stesso realizza e che l'uomo deve leggere nel proprio cuore. Nel percepire con chiarezza questa vocazione che viene da Dio, l'uomo sperimenta il senso della propria insufficienza. Cerca di difendersi davanti alla responsabilità della chiamata. Dice come il profeta: "Ahimé, Signore Dio, ecco io non so parlare, / perché sono giovane" (Jr 1,6). Così la chiamata si converte nel frutto di un dialogo interiore con Dio, ed è a volte come il risultato di una contesa con lui.

Di fronte alle riserve e alle difficoltà che con ragione l'uomo oppone, Dio indica il potere della sua grazia. E con il potere di questa grazia l'uomo ottiene che la sua chiamata si realizzi: ""Va' da coloro a cui ti mandero / e annunzia ciò che io ti ordinero. / Non temerli, / perché io sono con te per proteggerti". /... "Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca"" (Jr 1,7-9).

E' necessario, miei cari fratelli e amati figli, meditare con il cuore questo dialogo tra Dio e l'uomo, per trovare costantemente la struttura della vostra vocazione. Questo dialogo si è già realizzato in voi che state per ricevere l'ordinazione sacerdotale. E dovrà continuare, ininterrotto, durante tutta la vostra vita tramite la preghiera, carattere distintivo della vostra pietà sacerdotale.


3. Nella consapevolezza della vostra chiamata da parte di Dio, trova fondamento al tempo stesso il segreto della vostra identità sacerdotale. Le parole del profeta Geremia suggeriscono questa identità del sacerdote come "chiamato" con una elezione, "consacrato" con una unzione, "inviato" per una missione. Chiamato da Dio in Gesù Cristo, consacrato da lui con l'unzione del suo Spirito, inviato per realizzare la sua missione nella Chiesa.

Gli insegnamenti del Magistero della Chiesa sul sacerdozio, ispirati alla Rivelazione, raccolti, per così dire, dalle labbra di Dio, possono dissipare qualunque dubbio circa l'identità sacerdotale.

Prima di tutto, Gesù Cristo nostro Signore, sommo ed eterno Sacerdote, è il punto centrale di riferimento. C'e un solo supremo sacerdote, Cristo Gesù (cfr. LG 28; He 7,24 He 8,1), unto e inviato al mondo dal Padre (cfr. PO 2; Jn 10,36). Di questo unico sacerdozio partecipano i Vescovi e i presbiteri, ciascuno secondo il suo ordine e grado, per continuare nel mondo la consacrazione e la missione di Cristo. Partecipi dell'unzione sacerdotale di Cristo e della sua missione, i presbiteri agiscono "in persona Christi" (LG 28).

Per questo ricevono l'unzione dello Spirito Santo. Si, state per ricevere lo Spirito di santità, come dice la formula dell'ordinazione, affinché uno speciale carattere sacro vi configuri a Cristo sacerdote, per poter agire in suo nome (cfr. PO 2).

Consacrati per mezzo del ministero della Chiesa, parteciperete della sua missione salvifica come "cooperatori dell'ordine episcopale" e dovrete essere uniti ai Vescovi, conformemente alla bella espressione di sant'Ignazio di Antiochia, "come le corde alla lira" ("Ad Ephesios", 4). Inviati ad una comunità particolare, raccoglierete la famiglia di Dio, istruendola con la parola, per farla "crescere nell'unità" (PO 2) e "condurla attraverso Cristo nello Spirito al Padre" (PO 4).


4. Chiamati, consacrati, inviati. Questa triplice dimensione spiega e determina la vostra condotta e il vostro stile di vita. Siete "messi da parte"; "segregati", ma non "separati" (PO 3). Così vi potete dedicare pienamente all'opera che vi si sta per affidare: il servizio dei vostri fratelli.

Comprendete, quindi, che la consacrazione che ricevete vi assorbe totalmente, vi dedica radicalmente, fa di voi strumenti vivi dell'adozione di Cristo nel mondo, prolungamento della sua missione per la gloria del Padre.

A questo risponde il vostro dono totale al Signore. Quel dono totale che è impegno di santità. E' il compito interiore di "imitare ciò che trattate", come dice l'esortazione del Pontificale Romano delle ordinazioni. E' la grazia e l'impegno dell'imitazione di Cristo, per riprodurre nel vostro ministero e nella vostra condotta questa immagine impressa con il fuoco dello Spirito. Immagine di Cristo sacerdote e vittima, di redentore crocifisso.

In questo contesto di donazione totale, di unione a Cristo e di comunione con la sua dedizione esclusiva e definitiva all'opera del Padre, si comprende l'obbligo del celibato. Non è una limitazione né una frustrazione. E' l'espressione di una donazione piena, di una consacrazione peculiare, di una disponibilità assoluta. Al dono che Dio concede nel sacerdozio, risponde la donazione dell'eletto con tutto il suo essere, con il suo cuore e con il suo corpo, con il significato sponsale che ha, riferito all'amore di Cristo e alla donazione totale alla comunità della Chiesa, il celibato sacerdotale.

L'anima di questa donazione è l'amore. Per il celibato non si rinuncia all'amore, alla facoltà di vivere e significare l'amore nella vita; il cuore e le facoltà del sacerdote rimangono impregnate dell'amore di Cristo, per essere in mezzo ai fratelli testimone di una carità pastorale senza frontiere.


5. Il segreto di questa carità pastorale si trova nel dialogo che Cristo intrattiene con ciascuno dei suoi eletti, come lo mantenne con Pietro, secondo le parole del Vangelo che abbiamo proclamato. E' la domanda relativa all'amore speciale ed esclusivo verso Cristo, fatta a chi ha ricevuto una missione particolare e ha potuto sperimentare le delusioni della sua propria debolezza umana.

Il Signore Risorto non si dirige a Pietro per ammonirlo o castigarlo per la sua debolezza o per il peccato che ha commesso nel rinnegarlo. Viene per chiedergli il suo amore. E questo è di una enorme, eloquente importanza per ciascuno di voi: "Mi ami tu"? (Jn 21,17). Mi ami ancora? Mi ami ogni volta di più? Si. Perché l'amore è sempre più grande della debolezza e del peccato. E solo lui, l'amore, scopre sempre nuove prospettive di rinnovamento interiore e di unione con Dio, anche mediante l'esperienza della debolezza del peccato.

Cristo, quindi, chiede, esamina sull'amore. E Pietro risponde: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo" (Jn 21,17). Non risponde: Si, ti amo; si affida soprattutto al cuore del Maestro e alla sua conoscenza e gli dice: " Tu sai che ti amo".

Così, per mezzo di questo amore professato tre volte, Gesù Risorto affida a Pietro le sue pecore. E allo stesso modo le affida a voi. E' necessario che il vostro ministero sacerdotale metta radici con forza nell'amore di Gesù Cristo.


6. L'amore indiviso a Cristo e al gregge che lui vi sta per affidare unifica la vita del sacerdote e le diverse espressioni del suo ministero (cfr. PO 14).

Prima di tutto, configurati con il Signore, dovete celebrare l'Eucaristia, che non è un atto in più del vostro ministero: è la radice e la ragion d'essere del vostro sacerdozio. Sarete sacerdoti, prima di tutto, per celebrare e attualizzare il sacrificio di Cristo, "sempre vivo per intercedere a loro favore" (He 7,25). Questo sacrificio unico e irripetibile, si rinnova e si rende presente nella Chiesa in modo sacramentale, attraverso il ministero dei sacerdoti.

L'Eucaristia si converte così nel mistero che deve plasmare interiormente la vostra esistenza. Da una parte, offrirete sacramentalmente il Corpo e il Sangue del Signore. Dall'altra, uniti a lui - "in persona Christi" - offrirete le vostre persone e le vostre vite, affinché assunte e come trasformate dalla celebrazione del sacrificio eucaristico, siano anche esteriormente trasfigurate con lui, partecipando delle energie rinnovatrici della sua Risurrezione.

Sarà l'Eucaristia culmine del vostro ministero di evangelizzazione (cfr. PO 4), apice della vostra vocazione orante, di glorificazione di Dio e di intercessione per il mondo. E attraverso la comunione eucaristica si andrà consumando giorno dopo giorno il vostro sacerdozio.

San Vincenzo Ferrer, l'apostolo e taumaturgo valenzano, diceva che "la Messa è il maggior atto di contemplazione che si possa offrire". Si, questa è la verità. Per questo tutti voi siete invitati ad alimentare e vivificare la propria attività con l'"abbondanza della contemplazione" (LG 41), che troverà una sorgente inesauribile nella celebrazione dell'Eucaristia e dei sacramenti, nella liturgia delle ore, nell'orazione mentale e quotidiana, e nella meditazione amorosa dei misteri di Cristo e della Vergine con la preghiera del Rosario.


7. La consacrazione che state per ricevere vi abilita al servizio, al ministero di salvezza, per essere come Cristo i "consacrati del Padre" e gli "inviati al mondo" (Jn 10,30).

Vi dovete dedicare ai fedeli del Popolo di Dio, affinché loro siano "consacrati nella verità" (cfr. Jn 17,17). Il servizio agli uomini non è una dimensione diversa del vostro sacerdozio: è la conseguenza della vostra consacrazione.

Esercitate i vostri compiti ministeriali come tanti altri atti della vostra consacrazione, convinti che tutti questi si riassumono in uno: riunire la comunità che vi sarà affidata a lode di Dio Padre, attraverso Gesù Cristo e nello Spirito, perché la Chiesa di Cristo sia sacramento di salvezza. Per questo evangelizzerete e vi dedicherete alla catechesi dei bambini e degli adulti; per questo sarete disponibili nella celebrazione del sacramento della riconciliazione; per questo visiterete i malati e aiuterete i poveri, facendovi tutto a tutti per guadagnare tutti (cfr. 1Co 9,22).

Non abbiate timore, facendo così, di essere separati dai vostri fedeli e da coloro ai quali la vostra missione vi destina. Ben più vi separerebbe da loro il dimenticare o trascurare il senso della consacrazione che distingue il vostro sacerdozio. Essere uno in più, nella professione, nello stile di vita, nel modo di vestire, nell'impegno politico, non vi aiuterebbe a realizzare pienamente la vostra missione; defraudereste i vostri fedeli che vi desiderano sacerdoti per intero: liturghi, maestri, pastori, senza trascurare per questo di essere, come Cristo, fratelli e amici.

Pertanto, fate della vostra totale disponibilità a Dio una disponibilità per i vostri fedeli. Date loro il vero pane della parola, nella fedeltà alla verità di Dio e agli insegnamenti della Chiesa. Facilitate loro l'accesso ai sacramenti, e in primo luogo al sacramento della penitenza, segno e strumento della misericordia di Dio e della riconciliazione operata da Cristo (cfr. RH 20), essendo voi stessi assidui nel riceverla. Amate i malati, i poveri, gli emarginati; impegnatevi in tutte le giuste cause dei lavoratori; consolate gli afflitti; date speranza ai giovani. Mostratevi in tutto "come ministri di Cristo" (2Co 6,8).


8. Nella Liturgia della Parola sono state proclamate queste note espressioni della prima lettera di san Pietro, dirette ai più anziani, ai "presbiteri", a tutti i sacerdoti qui presenti.

Precisamente voi qui riuniti, siete i "presbiteros", gli "anziani". E i giovani che oggi riceveranno questa ordinazione si convertiranno anche loro in "anziani", responsabili della comunità.

Meditate bene su che cosa vi chiede Pietro, l'anziano, "testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della gloria che deve manifestarsi" (1P 5,1).

Che cosa vi chiede? Vi prega di compiere il ministero pastorale che vi è stato affidato: "non per forza ma spontaneamente, secondo Dio; non per vile denaro, ma con prontezza di animo". Si, con una dedizione generosa. E come vivi modelli del gregge (cfr. v. 3).

Ecco il programma apostolico della vita sacerdotale e del ministero sacerdotale che un giorno Dio vi ha affidato. Nulla ha perduto della sua attualità sostanziale. E' un programma vivo, di oggi. E dovete porlo con frequenza davanti ai vostri occhi, nella vostra anima, per vedervi riflesso, come in uno specchio, la vostra vita e il vostro ministero.

Se farete così, come ve lo insegna la moltitudine di sacerdoti santi che nella vostra Patria sono stati testimoni di Cristo, riceverete, quando apparirà il "supremo Pastore", questa "corona incorruttibile della gloria" (v. 4).


9. Miei cari fratelli nel sacerdozio: il successore di Pietro che vi parla, vi ripete questo messaggio; e vorrebbe che, nel giorno di questa grande ordinazione sacerdotale e in questa celebrazione della grazia del sacerdozio in tutta la Spagna, si incidesse nei vostri animi, nel cuore di ogni sacerdote. Siate fedeli a questo messaggio che viene da Cristo! Che questa celebrazione doni a tutta la Chiesa in Spagna un rinnovamento della grazia inesauribile del sacerdozio cattolico; una maggiore unità tra tutti quelli che hanno ricevuto la stessa grazia del presbiterato; un aumento considerevole delle vocazioni sacerdotali tra i giovani, attratti dall'esempio gioioso della vostra dedizione, e dei tanti seminaristi qui presenti, che saluto uno ad uno per confermarli e incoraggiarli nella loro vocazione. Allo stesso tempo annuncio loro che lascio per loro un mio particolare messaggio scritto.

La Vergine Maria, che Valenza venera con il dolce titolo di Madre degli Abbandonati, si inchini con amore su di voi e vi renda fedeli discepoli del Signore. Accoglietela come Madre, come Giovanni l'accolse ai piedi della Croce (cfr. Jn 19,26-27). Che nella grazia del sacerdozio ciascuno di voi possa dirsi anche di lei "Totus tuus".

Il Signore Risorto, presente tra di noi, vi guarda con amore, miei cari sacerdoti e ordinandi, e vi ripete la sua domanda, circa il vostro amore sincero e leale: "Mi ami tu?". Che ciascuno di voi possa dire oggi e sempre: "Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo" (Jn 21,17). Così il vostro ministero sarà un fedele e fecondo servizio di amore nella Chiesa, per la salvezza degli uomini.

Che il ricordo di questa solenne ordinazione sacerdotale alla presenza del Papa, aumenti la vostra fede in Gesù Cristo, Sacerdote Eterno, che comunica il suo sacerdozio per la salvezza di tutti gli uomini. Così sia.




1982-11-08 Data estesa: Lunedi 8 Novembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - L'omelia della Messa - Barcellona (Spagna)