GPII 1982 Insegnamenti - Ai religiosi e alle religiose impegnati nella missione al popolo nella diocesi di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Ai religiosi e alle religiose impegnati nella missione al popolo nella diocesi di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La missione si centra sulla famiglia luogo privilegiato per l'annuncio del Vangelo

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Siate i benvenuti nella casa del Papa, del Vescovo di Roma! Con animo colmo di gioia vi rivolgo il mio cordiale saluto in questo incontro che, per la circostanza in cui si svolge, riveste particolarissima importanza. Voi avete dato inizio alla "missione al popolo" dell'Urbe.

Le Famiglie francescane d'Italia non potevano fare dono più gradito a questa diocesi e alla mia persona, in occasione dell'VIII Centenario della nascita di san Francesco di Assisi. Voi intraprendete una fatica pastorale che, per il vasto respiro e per la metodologia con cui è condotta, s'impone all'ammirata attenzione di quanti hanno a cuore la vita cristiana di Roma. Da questa vostra generosa e geniale iniziativa emergeranno certamente utili orientamenti per l'evangelizzazione della nostra Chiesa locale.


2. Il vostro "dono" è un "gesto profetico" di squisito sapore francescano. Ritorna alla mente una mirabile pagina della storia del vostro Ordine e della storia della Chiesa. Quando, nel 1210, san Francesco si reco da Innocenzo III per l'approvazione della sua "forma di vita", il Papa si ricordo di un sogno fatto pochi giorni prima e, illuminato dallo Spirito Santo, affermo che si sarebbe realizzato proprio in lui. Aveva sognato infatti che la Basilica del Laterano stava per crollare e che un religioso, piccolo e spregevole, la puntellava con le sue spalle, perché non cadesse. "Ecco - penso - questi è colui che con l'azione e la parola sosterrà la Chiesa di Cristo" (Tommaso da Celano, "Vita secunda", n. 17).

3. Il vostro "dono" si inserisce nel costante impegno di evangelizzazione, che in questi ultimi anni con maggiore incisività ed entusiasmo sta svolgendo la Chiesa, "inviata da Dio alle genti per essere "sacramento universale di salvezza"" (AGD 1). Ne sono viva ed eloquente testimonianza, tra l'altro, la terza Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi (27 settembre - 26 ottobre 1974), riunita per studiare il problema dell'evangelizzazione nel mondo contemporaneo; la quarta Assemblea Generale dello stesso Sinodo dei Vescovi (ottobre 1977), che ha affrontato il tema della catechesi rivolta soprattutto ai fanciulli ed ai giovani; l'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" del mio venerato predecessore Paolo VI; la "Catechesi Tradendae", nata dalla medesima sollecitudine pastorale.

La vostra iniziativa è una concreta testimonianza di questo cammino missionario della Chiesa!


4. Le missioni al popolo, come voi sapete, hanno pagine fulgide di bellezza nella storia della Chiesa, scritte da figure geniali come san Carlo Borromeo, sant'Ignazio di Loyola, san Vincenzo de' Paoli, san Leonardo da Porto Maurizio, san Paolo della Croce, san Gaspare del Bufalo, sant'Alfonso Maria de' Liguori, il beato Eugenio De Mazenod e da tanti altri infaticabili apostoli. La Chiesa deve molto agli Ordini ed alle Congregazioni che promuovono questo genere di evangelizzazione.

Le missioni tradizionali, "spesso abbandonate troppo in fretta", come ho osservato nella "Catechesi Tradendae", sono in realtà "insostituibili per un rinnovamento periodico e vigoroso della vita cristiana: bisogna appunto riprenderle e rinnovarle" (CTR 47) e "riproporle con metodi e criteri aggiornati e adatti nelle diocesi e nelle parrocchie in accordo con le Chiese locali" ("Discorso ai partecipanti all'Assemblea "Missioni al popolo per gli anni '80"", 1; 6 febbraio 1981: "Insegnamenti", IV,1 [1981] 235).

Una cosa deve essere tuttavia chiara: nell'impegno catechetico non è questione di adattare il Vangelo alla "sapienza del mondo" (cfr. 1Co 2,6). Non sono cioè le analisi della realtà o l'uso delle scienze sociali o l'impiego di statistiche o la perfezione dei metodi e tecniche organizzative - mezzi pur utili - a determinare i contenuti del Vangelo ricevuto e professato. Voi dovete annunziare Cristo Gesù, "e questi crocifisso"! Le vostre parole non si basino "su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza" (1Co 2,4). "Il metodo ed il linguaggio utilizzati devono rimanere meramente degli strumenti per comunicare la totalità e non già una parte delle "parole di vita eterna" (Jn 6,69) o delle "vie della vita" (Ac 2,28)" (CTR 31).


5. Una chiara indicazione per una incisiva azione pastorale delle missioni ai nostri giorni viene soprattutto dalla scelta della famiglia, "chiesa domestica" (LG 11 AA 11), come luogo privilegiato per l'annuncio del Vangelo. Annotava Paolo VI nella "Evangelii Nuntiandi": "La famiglia, come la Chiesa, deve essere uno spazio in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia. Dunque, nell'intimo di una famiglia cosciente di questa missione, tutti i componenti evangelizzano e sono evangelizzati. I genitori non soltanto comunicano ai figli il Vangelo, ma possono ricevere da loro lo stesso Vangelo profondamente vissuto. E una simile famiglia diventa evangelizzatrice di molte altre famiglie e dell'ambiente nel quale è inserita" (EN 71).

Anche la porzione di Chiesa, alla quale voi annunziate la Buona Novella, la mia diletta diocesi di Roma, sta facendo ogni sforzo per la pastorale familiare, come testimonia il "Convegno unitario diocesano" tenutosi nei giorni 18-20 ottobre scorso sul tema: "La famiglia, segno e strumento di comunione per la comunità". Di fronte alla situazione di molti cristiani di oggi, tentati dall'agnosticismo, dal razionalismo, dall'edonismo, dal consumismo, da un cristianesimo sociologico senza dogmi e senza morale oggettiva, "l'azione catechetica della famiglia ha un carattere particolare e, in un certo senso, insostituibile" (CTR 68).

Lo "spazio sacro" più idoneo alla psicologia dell'uomo moderno sembra essere la casa, come ai tempi apostolici, quando gli Apostoli "ogni giorno, nel tempio e nella casa, non cessavano di insegnare e di portare il lieto annuncio che Gesù è il Cristo" (Ac 5,42 cfr. Ac 12,12 Ac 20,20). Le radici della "chiesa domestica" sono da ricercarsi proprio nell'attività missionaria di Gesù, che non aveva una propria abitazione (cfr. Mt 8,20), ma si ritrovava spesso nelle case per intrattenere i suoi uditori sulla Parola di Dio (cfr. Lc 19,9-10 Lc 5,19 Lc 10,38 Lc 7,36).

Come la casa rimane il luogo ideale per salvaguardare sul piano umano la dignità della persona dall'invadenza indiscreta e spesso funesta di una società consumistica, così possono diventare spazio idoneo a ravvivare la fede le "mura domestiche", dove i genitori, consci del loro sacerdozio comune, devono essere per i loro figli, con la parola e con l'esempio, "i primi annunciatori della fede" (LG 11). "La catechesi familiare, pertanto, precede, accompagna e arricchisce ogni altra forma di catechesi" (CTR 68).

"In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà a voi" (Lc 10,5-6). Nel clima familiare si può impostare un "dialogo" spontaneo, che può partire da lontano e imboccare itinerari imprevedibili, ma alla fine arriva sempre a stabilire un confronto con la Parola di Dio e spesso si trasforma in fervida preghiera, quando i presenti si riscoprono Popolo di Dio, pronti per reinserirsi, rinnovati, nella comunità parrocchiale, che "deve restare l'animatrice della catechesi... (e) un punto capitale di riferimento per il popolo cristiano ed anche per i non praticanti" (CTR 67). Nella parrocchia si opera la sintesi, indispensabile per la salvezza, tra evangelizzazione e sacramenti: "La vita sacramentale si impoverisce e diviene ben presto un ritualismo vuoto, se non è fondata su una seria conoscenza del significato dei Sacramenti; e la catechesi diventa intellettualistica, se non prende vita nella pratica sacramentale" (CTR 23).


6. Figli carissimi, non fermatevi solo nelle case, ma dilatate a spazi universali il vostro apostolato, come vuole il Signore: "Andate in tutto il mondo a predicare il Vangelo ad ogni creatura (Mc 16,15); siate consapevoli che "l'impegno di annunciare il Vangelo agli uomini del nostro tempo, animati dalla speranza, ma, parimenti, spesso travagliati dalla paura e dall'angoscia, è senza alcun dubbio un servizio reso non solo alla comunità cristiana, ma anche a tutta l'umanità" (EN 1). Andate verso quelle "moltitudini di persone che hanno ricevuto il battesimo, ma vivono completamente fuori della vita cristiana" (EN 52)! Andate a "rivelare Gesù Cristo e il suo Vangelo a quelli che non li conoscono" (EN 51)! Andate, voi che siete i "frati del popolo", nel cuore delle masse, verso quelle folle sbandate e sfinite "come pecore senza pastore", di cui Gesù sentiva compassione (cfr. Mt 9,36). Il vostro Serafico Padre predico davanti al Papa, ai Cardinali (Tommaso da Celano, "Vita prima", 73), ai Saraceni (n. 73) e persino agli uccelli (n. 58, 59) e alle distese dei prati e dei fiori (n. 81) ed invitava tutte le creature a lodare Dio.

Andate dunque anche voi incontro agli uornini e alle donne del nostro tempo! Non aspettate che vengano loro a voi! Cercate voi stessi di raggiungerli! L'amore ci spinge a questo. L'amore deve cercare! "Caritas Christi urget nos" (2Co 5,14). "L'amore di Cristo ci spinge". La Chiesa intera ve ne sarà grata!


7. Le parole di Gesù: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 15,16), che conferiscono all'evangelizzazione un'universalità senza confini, trovano una mirabile rispondenza anche nella vostra spiritualità, caratterizzata dall'itineranza.

San Francesco, appassionato imitatore di Gesù, preferi l'itineranza evangelica alla tradizionale struttura della vita religiosa del suo tempo, fondata sul perno della "stabilitas loci". "Ottenuta l'investitura da parte del Papa, andando Francesco per città e villaggi, comincio a predicare dappertutto" ("Leggenda dei tre compagni", 54; cfr. Tommaso da Celano, "Vita prima", 62 e "Vita secunda", 17) ed invio i suoi frati nel mondo come "pellegrini e forestieri" ("Regula", capitolo IV; "Specchio di perfezione", 10).

La vostra evangelizzazione itinerante sia contrassegnata dalla inconfondibile "letizia francescana". Ricordate come il vostro Serafico Padre "s'impegno sempre con ardente passione ad avere, fuori della preghiera e dell'Ufficio divino, una continua letizia spirituale intima e anche esterna. La stessa cosa egli amava ed apprezzava anche nei fratelli, ché anzi era pronto a rimproverarli quando li vedeva tristi e di malumore, poiché al servo di Dio non si addice mostrare malinconia o un aspetto afflitto dinanzi al suo fratello o ad altri" ("Specchio di perfezione", 95-96).

Nella vostra predicazione ripetete le parole dell'Apostolo: "Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora: rallegratevi. Lavostra affabilità sia nota a tutti gli uomini" (Ph 4,4-5). Con il vostro comportamento siatene testimoni. La vostra vita sia "testimonianza della vostra gioia, una gioia che si legga negli occhi e nell'atteggiamento, oltre che nelle parole, che manifesti chiaramente a chi vi guarda la consapevolezza di possedere quel "tesoro nascosto", quella "perla preziosa", il cui acquisto non fa rimpiangere di aver rinunziato a tutto, secondo il consiglio evangelico (cfr. Mt 13,44-45)" ("Discorso alle Religiose", 10 novembre 1978: "Insegnamenti", I [1978] 130).

"La società tecnologica ha potuto moltiplicare le occasioni di piacere, ma essa difficilmente riesce a procurare la gioia, perché la gioia è d'altronde.

E' spirituale. Il denaro, la comodità, l'igiene, la sicurezza materiale spesso non mamcano; e tuttavia la noia, la malinconia, la tristezza rimangono sfortunatamente la porzione di molti", notava Paolo VI nella esortazione apostolica "Gaudete in Domino" (I).

La Vergine Maria, Madre della Parola, che vide Gesù "crescere in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (Lc 5,52), possa aiutarvi a "formare Cristo" nelle anime di coloro che avvicinerete! A tanto vi accompagni la mia affettuosa e propiziatrice benedizione.




1982-11-15 Data estesa: Lunedi 15 Novembre 1982




Ai partecipanti ad un Congresso di optometria

Testo:

Egregi Signori.


1. Sono lieto di accogliere in questo Cortile di san Damaso voi, Partecipanti al XVIII Congresso Mondiale di Optometria, che si sta svolgendo in questi giorni a Roma. Saluto voi tutti qui presenti e, in voi, amo salutare le migliaia e migliaia di Ottici ed Optometrici, che voi rappresentate da tutto il mondo.

La vostra numerosa e significativa presenza dice chiaramente non solo quali siano le disposizioni con cui avete voluto compiere questa visita al successore di Pietro, ma anche con quale impegno volete compiere il vostro servizio in favore di tanti fratelli che soffrono menomazioni nel campo, così delicato, della vista.

Senza entrare nella considerazione delle caratteristiche strettamente professionali e tecniche della vostra attività, che esulano dalla mia specifica competenza, non posso pero non rivolgervi una parola di incoraggiamento a ben continuare il vostro sforzo per la ricerca di un servizio sempre più qualificato e rispondente alle esigenze dei tempi ed ai ritrovati della tecnica moderna. E' un lavoro, il vostro, talora ingrato, perché nascosto nei laboratori dei vostri Istituti, ma meritevole di vivo apprezzamento, specialmente quand'esso è ispirato, al di là di ogni considerazione di ordine finanziario e commerciale, da sincero amore per le persone che faranno ricorso alle vostre prestazioni.


2. Un altro aspetto, per il quale la vostra Federazione si è fatta apprezzare, è il senso della solidarietà. Non sono mancati da parte vostra, in questi ultimi tempi, gesti umanitari, che le varie organizzazioni della Federottica hanno compiuto in favore dei meno abbienti. Vanno ricordate le collette che, in occasione della festa di santa Lucia, vostra celeste patrona, sono promosse tra i vostri membri allo scopo di donare cani da guida ai non vedenti e di offrire ai sofferenti di menomazione visiva il servizio gratuito dell'analisi della vista e dei necessari occhiali. Altrettanti gesti così benemeriti sono stati ripetuti in occasione di calamità naturali, quali il disastroso terremoto nel Friuli e quello, ancor più grave, nell'Irpinia. Né posso dimenticare il singolare gesto da voi compiuto due anni or sono, allorché avete voluto mettere a mia disposizione un cospicuo quantitativo di occhiali da destinare ai Paesi del Terzo Mondo.


3. Il Signore assista sempre la vostra attività e ve ne renda merito. "Possa egli illuminare gli occhi della vostra mente" (Ep 1,18), affinché sappiate dare alla vostra attività di ottici ed optometristi un carattere di generosa dedizione ai colleghi di lavoro e ai fratelli che attendono da voi qualificati interventi al fine di correggere e migliorare la capacità visiva. Con tale disposizione d'animo certamente saprete sempre rigenerarvi dall'interno al contatto con motivi ed ispirazioni superiori, attinti alla forza della fede cristiana.

A tutti la mia speciale benedizione apostolica.




1982-11-15 Data estesa: Lunedi 15 Novembre 1982




All'inizio della Messa per un gruppo di religiose - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella cappella Matilde

Testo:

Vi saluto di cuore, care sorelle, in occasione dell'odierna Celebrazione Eucaristica durante il vostro XVII Capitolo Generale. Unisco volentieri la mia preghiera al vostro ringraziamento a Dio, Datore di ogni bene, per il 150° anniversario della vostra Congregazione delle "Povere Suore Scolastiche di nostra Signora". Il mio ringraziamento, in nome anche di tutta la Chiesa, si rivolge anche a voi e alle molte migliaia di suore in tutto il mondo per la vostra opera benedetta al servizio dell'educazione cristiana della gioventù. Il grande esempio e l'eredità della vostra Fondatrice, Madre Teresa di Gesù Gerhardinger, vi siano di esortazione e di incoraggiamento, ad impegnarvi con decisione, di fronte alla crescente insicurezza dei giovani d'oggi, per la formazione di cristiani responsabili e saldi nella fede. Come religiose ed educatrici cristiane, siate anche annunciatrici della fede e impegnatevi in modo particolare all'opera evangelizzatrice ed educativa della Chiesa. Affinché possiate sempre rispondere in modo efficace alla vostra alta vocazione di Suore Scolastiche, imploriamo, in questa nostra comune celebrazione eucaristica, il particolare aiuto e benedizione di Dio per i lavori del vostro Capitolo e per l'intera vostra Congregazione.




1982-11-16 Data estesa: Martedi 16 Novembre 1982




Ai Vescovi francesi della regione apostolica "Provence-Méditerranée" in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una parola di speranza cristiana a sostegno delle preoccupazioni pastorali

Testo:

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Provo una grande gioia nel ricevervi. E voi stessi siete già familiarizzati con la Chiesa che è a Roma, a titoli diversi. Le simpatiche popolazioni, di cui voi siete i Pastori, delle soleggiate regioni della Provenza, della Contea di Nizza, della Bassa Linguadoca e della Corsica potrebbero sentire molte affinità - storia, senso artistico, gioia di vivere, fede e pietà popolare - con il popolo che vive qui.

Ma i vostri dipartimenti e dunque le vostre diocesi hanno anche i loro problemi umani, dovuti per esempio alla disoccupazione, alle concentrazioni industriali, all'agricoltura in crisi. Del resto, i cambiamenti culturali, il materialismo pratico, e persino l'allontanamento - per un numero sempre più crescente - dalla pratica religiosa, sono fonti di gravi preoccupazioni per le vostre anime di Pastori.

Vorreste, dite, rinnovare la speranza nel cuore dei vostri sacerdoti, meno numerosi e più anziani, dei religiosi e delle religiose, ridare slancio missionario alle comunità cristiane, ai responsabili laici che cooperano all'evangelizzazione, per far fronte ad un mondo che si costruisce attorno a loro.

Vorreste che la Chiesa avesse più presa sulla vita quotidiana.

Molti di voi mi hanno confidato le loro preoccupazioni nei riguardi dei Seminari: malgrado un leggero aumento, i candidati sono ancora poco numerosi in ciascuna diocesi e, per questo, raggruppati al Seminario regionale. Come risvegliare e coltivare le vocazioni più numerose che ora mancano? Come fare in modo che i Seminari diocesani rinascano, siano più attraenti e più credibili per la loro vitalità e la profondità della loro formazione spirituale e teologica, corrispondano ancor meglio agli imperativi del sacerdozio ministeriale, ai desideri della Chiesa di tutti i tempi e alle attese sempre più grandi delle nuove generazioni? E' un problema di capitale importanza sul quale io conto ritornare più a lungo con altri Vescovi.


Diversi settori pastorali


2. Oggi, vorrei soprattutto considerare con voi l'insieme del Popolo di Dio che vi è affidato.

Stagionalmente questo popolo è costituito da una parte di turisti che vengono a passare qualche settimana o i loro fine settimana in montagna, in campagna e soprattutto al mare. Giustamente, vorreste offrire loro in questi momenti in cui sono forse più disponibili, almeno la possibilità di partecipare ad una liturgia che li avvicini a Dio, e un'occasione di riflessione, di incontri fruttuosi con altri cristiani. Paolo VI vi aveva parlato di questa importante pastorale cinque anni fa; anch'io l'ho fatto più volte a Roma. Incoraggio di tutto cuore le vostre iniziative in questo campo che vi è familiare.

Vostro popolo sono anche i lavoratori migranti. Le loro condizioni di lavoro, di vita familiare, la loro situazione di sradicamento religioso richiedono sforzi particolari di aiuto solidale e, per i cristiani, di accompagnamento spirituale di cui voi siete ben coscienti.

Si sono anche integrati al vostro popolo cristiano, con più o meno nostalgia e difficoltà, un grande numero di espatriati dell'Africa del Nord che avevano bisogno di sentirsi accolti e amati, con molta delicatezza e comprensione.

Portate loro l'affetto del Papa! Il vostro popolo è costituito anche da molti pensionati, venuti dal resto della Francia o da altre parti per passare i loro ultimi giorni in un clima ospitale. La questione non è solamente: come aiutarli ad integrarsi nelle comunità cristiane, se sono credenti? Ma piuttosto: come la Chiesa può aiutarli a mettere a profitto questo lungo periodo che è loro donato - e che diventerà più lungo con l'anticipazione della pensione -, per evitare un eccessivo ripiegamento su se stessi, per favorire la loro apertura e la partecipazione alle diverse attività, l'approfondimento della carità e della preghiera, l'ampliamento della cultura? La Chiesa, come del resto anche la società civile, si preoccupa dell'uso del tempo per tutte queste persone, sempre più numerose, e persino ancora giovani, la cui vita non conosce più il lavoro attivo, o che hanno ridotto l'orario di lavoro.

Si potrebbe parlare anche del mondo dei malati, e di coloro che li curano; gli ospedali e le case di convalescenza che li accolgono sono infatti numerosi nella vostra regione. Ma non voglio insistere su questo punto: avete riflettuto sul loro problema a Lourdes. Invio a questi fratelli e sorelle provati dalla malattia una speciale benedizione.

D'altra parte, il vostro popolo è costituito anche da molti giovani, che appaiono disorientati, abbandonati a se stessi, in balia delle diverse influenze; il vostro rapporto ha sottolineato particolarmente questo aspetto. Possano trovare almeno nella Chiesa, nella parrocchia, nei gruppi di catechesi, nei movimenti, come ricordavo ai Vescovi del Centro della Francia, dei punti di riferimento e di testimonianza di persone mature, che li aiutino a riflettere ma anche ad agire per gli altri e a pregare. C'è un segno: voi riscontrate presso un certo numero di giovani un desiderio di preghiera e di devozione. Non deve accadere che essi dicano, come gli operai dell'undicesima ora: "Nessuno ci ha assunto". E' importante che sentano la vostra fiducia, senza demagogia, e che questa fiducia si manifesti - voi, come me, ne fate esperienza - nei momenti che noi accettiamo di dedicare alle assemblee di giovani.


La religione popolare


3. Sono dunque molte le questioni pastorali, abbastanza diverse, che io desidererei sviluppare con voi. Ma oggi ci soffermiamo semplicemente su questo fatto: siete i Pastori di un popolo, di tutte le età, di tutti gli ambienti, di tutte le professioni e di tutte le condizioni sociali. Molto pochi sono i laici responsabili nella Chiesa, o militanti. Pur tuttavia - al di là di situazioni di incredulità reale ed esplicita, un po' più frequenti che nel passato -, la maggioranza degli abitanti delle rive del Mediterraneo rimangono senza dubbio legati col cuore al cristianesimo, anche se voi deplorate, in loro, una pratica religiosa debole e comportamenti lontani dalla fede o dalla morale stabilite dalla Chiesa. La maggior parte si dice e si considera cattolica e manifesta, in certe occasioni, i segni di una fede sincera, anche se non ben chiara, e anche degli atteggiamenti veramente cristiani. I termini complementari di "religione popolare", di "cristianesimo popolare", di "fede popolare", di "pietà popolare", sembrano designare bene il loro sentimento religioso. La qualifica di "popolare", interpretata come un segno di superficialità e di incompiutezza, ha potuto suscitare la diffidenza di una élite colta e credente, e anche di pastori zelanti; ma essa ha, del resto, il vantaggio di caratterizzare una fede radicata profondamente in una precisa cultura, legata alle fibre del cuore così come alle idee, e soprattutto condivisa da tutto un popolo, che è allora Popolo di Dio.

Quale attenzione, quale pastorale, richiede questo popolo da noi Vescovi?


4. Sottolineamo, innanzitutto, che, nell'èra cristiana, il Popolo di Dio prese la sua origine nel popolo della Pentecoste. Quel giorno, lo Spirito Santo ha spinto gli Apostoli, i testimoni privilegiati di Cristo, ad incontrare queste folle, culturalmente molto diversificate, salite a Gerusalemme per una festa umana e religiosa. E mediante la predicazione della Buona Novella della risurrezione di Gesù e della salvezza in nome suo, un nuovo Popolo di Dio si è formato, strutturato dalla conversione, dalla fede e dal battesimo. Il cristianesimo cessava di poggiare su di un piccolo gruppo: il suo nuovo cenacolo era il mondo; in un senso, il cristianesimo popolare vedeva la luce, con l'essenzialità della sua fede, della sua preghiera, della sua liturgia, della sua legge, di cui testimoniano gli Atti degli Apostoli o le Lettere. E' a partire da esso, paragonandolo ad esso, che bisogna apprezzare oggi il cattolicesimo popolare dei nostri fedeli, con i suoi valori e i suoi limiti.


5. Si può scoprire in loro una fede popolare, perché generalmente essi aderiscono a Dio, credono che egli esiste, che guarda gli uomini con amore, vuole loro bene e approva la parte migliore della loro vita, mentre giudica le loro mancanze. In Gesù, essi riconoscono colui che è venuto da parte di Dio per rivelarci l'essenziale del suo pensiero. Il breve "Credo" degli Apostoli riassume la loro fede. Essi lo proclamano con reale lealtà. Questa fede si traduce in gesti di una religione popolare. Essi accettano di collegarsi a Dio visibilmente entrando nella comunità cristiana con il battesimo che domandano per i loro figli. La riaffermano anche nelle grandi circostanze della loro esistenza terrena, per la professione di fede e la comunione da bambini, il matrimonio religioso quando fondano una famiglia e la sepoltura cristiana nel lasciare questo mondo. Manifestano anche una pietà popolare. Molti pregano in determinate occasioni felici o tristi. Il pensiero di Dio li accompagna, anche se non è quotidiano o rimane troppo individuale per essere vissuto in comunità. Talvolta raggiungono gli altri cristiani per l'Eucaristia, riconoscendovi la presenza reale di Cristo, ascoltando la Parola di Dio. La maggior parte accetta come provenienti da Dio quei grandi imperativi che concernono per esempio il rispetto della vita, della libertà, della reputazione e dei beni altrui; la loro "morale" popolare presenta una larga convergenza con i Comandamenti di Dio, ricordati da Cristo, manifestando una concezione dell'uomo centrata su punti fondamentali. Infine, essi sanno condividere con i più poveri, e, verso la Chiesa, sono capaci di mostrare una reale generosità come se così facendo volessero dimostrare un certo desiderio di appartenenza. Ecco, mi pare, tanti segni positivi della realtà del loro congiungimento alla comunità dei credenti.


6. Ma d'altra parte, voi constatate con dispiacere che questa adesione alla fede cristiana e questa appartenenza alla Chiesa sono limitate e talvolta compromesse.

Molto spesso si tratta più di "credenza" che di fede trinitaria o di speranza nella vita eterna, più di "buona coscienza" che di coscienza, più di una "religione a sé" che di una comunione con la Chiesa. L'irregolarità della pratica religiosa e del ricorso ai sacramenti, l'insufficienza della cultura religiosa frequentemente terminata con l'ultima lezione di catechismo alla soglia dell'adolescenza, l'accettazione del lassismo morale dilagante conducono alla passività, al rifiuto di progredire. Ne risulta parimenti una larga imprecisione nella coscienza di coloro che si accontentano di questa "religione popolare".

Secondo i soggetti e i momenti, essi si allineano alcune volte dalla parte di Dio e altre volte dalla parte dell'incredulità, dalla parte del servizio all'uomo o del ripiegamento egoistico su se stessi. Non è questa una paura di scegliere veramente, una ricerca di sicurezza, più che una sete di verità piena e di santità? Dio vuole di più, per la salvezza e la grandezza dell'uomo credente; questo appare con evidenza quando leggiamo per esempio le beatitudini (cfr. Mt 5-7 Mt 7,13 Mt 7,14 Mt 7,21) e la vita dei santi.


7. La permanenza di un cristianesimo popolare dalle origini della Chiesa costituisce pertanto una grazia e un richiamo ai quali noi come Vescovi dobbiamo essere attenti. Certo, non si tratta di rassegnarsi ad una mancanza di esigenze che vadano oltre il limite minimo della fede, della preghiera o della carità. La regola di san Paolo è qui preziosa: esaminare tutto con discernimento, trattenere ciò che è buono e rigettare ciò che è male, senza spegnere lo Spirito (cfr. 1Th 5,19-21).

Dobbiamo innanzitutto rendere grazie a Dio per aver mantenuto in queste folle un certo attaccamento a Cristo e alla Chiesa che, benché imperfetto, può permettere loro di camminare verso il Regno di Dio. Bisogna riconoscere che Dio non cessa di operare nella sua creazione: il Padre invita, il Figlio esercita la sua attrattiva, lo Spirito Santo agisce; e l'uomo risponde nel segreto del suo cuore in un modo che sfugge alla nostra comprensione.

Del resto, non c'è la Chiesa là dove non esiste ancora almeno l'inizio di un "popolo" di credenti aperto sull'universale, secondo il senso della parola "cattolico". La Chiesa cattolica non può ridursi ad un cenacolo, ad un'élite spirituale o apostolica.

"Il dovere missionario" rimane sempre fondamentale. Esso è stato meravigliosamente vissuto in Francia in tante epoche della sua storia, come ricordavo a Issy-les-Moulineaux, ed è anche la vostra preoccupazione oggi. Noi siamo inviati a tutti i nostri fratelli, vicini e lontani; con il Padre noi li amiamo tutti e vogliamo che siano salvati e pervengano - liberamente - alla conoscenza della Verità (cfr. 1Tm 2,4), alla pienezza della Fede, dell'Amore, dell'Unità, della Vita (cfr. Jn 17 Jn 10,10). La missione cerca sempre di suscitare un Popolo per Dio; essa ha per compito primario di terminare ciò che il Signore ha cominciato con il battesimo della grande maggioranza dei vostri compatrioti, rispettando, rettificando, promuovendo le ricchezze cristiane alle quali essi si riferiscono più o meno esplicitamente.

Come buoni ministri di questa Chiesa vigorosa di cui il mondo ha bisogno, con i sacerdoti, i diaconi, i credenti uomini e donne pienamente uniti alla missione della Chiesa, sappiate guidare e consigliare le Chiese diocesane facendo evitare loro i falsi dilemmi: sia l'élite, sia la massa - la qualità dei cristiani o la quantità -, una Chiesa rivolta verso l'interno o verso l'esterno - servire la verità ben espressa o la verità più largamente vissuta -, giudicare le insufficienze o risvegliare le coscienze - riservare i sacramenti a coloro che ne comprendono bene le conseguenze od offrirli a coloro che li domandano -, ridurre i contatti utili agli iniziati o andare solamente verso la folla dei fedeli. La storia del cristianesimo ci insegna che le scelte esclusive conducono sempre ad una mutilazione della Chiesa.

Infine, il nostro ministero apostolico, come quello di Pietro e di Paolo, domanda sempre l'umiltà, la pazienza, la speranza. E' lo Spirito di Dio che chiama, agisce, converte. Noi non siamo né i maestri della conversione, né i giudici delle coscienze, né i creatori della nuova umanità: Dio solo assume queste funzioni. Egli ci fa solamente l'immenso onore di avere bisogno di noi per ripetere le sue parole, mostrare la sua presenza, presiedere alla sua comunità, esortare a tempo opportuno e inopportuno, sempre con pazienza e preoccupazione di insegnare, rilanciare l'appello alla santità come la risposta al Dono ineffabile di Dio.


La cultura regionale


8. Vorrei aggiungere una parola complementare sul patrimonio culturale delle vostre regioni, di cui la religione popolare è tributaria. E' molto importante rispettarlo e farlo rispettare. Non è forse impregnato di linfa e di sapore cristiano? Si assiste purtroppo molto spesso ad un tentativo di secolarizzazione di queste ricchezze spirituali. Ora, c'è una evidente correlazione tra la cultura popolare e la fede del popolo. Ma proprio per evitare questa secolarizzazione, è importante che siano stimati e aiutati tutti gli uomini di buona volontà, cristiani e non, che cercano di preservare questo patrimonio, e ci sono da voi numerose iniziative degne di lode in questo campo, negli insegnanti, negli animatori, culturali o artistici, in coloro che si sforzano di preservare le lingue regionali o di riportarle in uso, o ancora in coloro che sono incaricati di emissioni televisive o radiofoniche regionali. Si tratta insomma di rispettare il contesto cristiano di questo patrimonio, il suo carattere permanente e sempre attuale, al di là delle vicissitudini della storia. La Chiesa deve essere la prima a comprendere la posta in gioco, ad interessarvisi, e ad apportarvi il suo contributo e i suoi incoraggiamenti.



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