GPII 1982 Insegnamenti - L'incontro col mondo del lavoro nei cantieri navali - Palermo

L'incontro col mondo del lavoro nei cantieri navali - Palermo

Titolo: La laboriosità è fonte di vita morale nell'ossequio al provvidenziale disegno di Dio

Testo:


1. Con grande gioia mi incontro con voi, dirigenti e lavoratori dei Cantieri Navali di Palermo, a cui desidero porgere il mio cordiale saluto ed insieme l'augurio sincero di prosperità nel Signore. Ho ascoltato con viva attenzione, condividendo le vostre ansie e le vostre aspirazioni, le parole che mi sono state rivolte; ringrazio vivamente il professor Romano Prodi, Presidente dell'IRI, che da poco ha assunto la responsabilità di questo importante gruppo industriale, e sono grato, altresi, al vostro Collega, che tanto efficacemente ha saputo interpretare i sentimenti di voi tutti. Ma con voi, qui riuniti all'interno di questi ambienti, in cui si svolge la vostra quotidiana fatica, io vedo idealmente presenti tante altre schiere di lavoratori non solo di questa Città nobilissima, ma dell'intera ed illustre Regione siciliana. In questo momento voi rappresentate ai miei occhi tutti i vostri colleghi, sicché, salutando voi, il mio saluto va agli operai delle varie industrie e stabilimenti, ai contadini che con sacrificio traggono dalla terra l'indispensabile per vivere, ai pescatori che svolgono tra molte incertezze la loro attività, agli artigiani che con l'abilità delle loro mani producono beni pregiati, che sono anche esportati in altre regioni e nazioni.

Con voi rivolgo un saluto altrettanto cordiale alla classe imprenditoriale di tutti i luoghi di lavoro, grazie alla quale è possibile trovare nel mercato interno ed estero le commesse necessarie al lavoro di migliaia di operai.


2. So bene che i Cantieri Navali di Palermo, fin dalla loro origine, cioè già dalla metà del secolo scorso, sono stati e sono all'avanguardia per le attrezzature tecniche di cui dispongono, per la qualità delle opere, per la capacità professionale delle maestranze, che nel tempo hanno dato rinomanza e prestigio a questo centro industriale del Mediterraneo. I vostri Cantieri sono sempre stati e, come spero, saranno anche in futuro un coefficiente di crescita per l'economia di questa città e di altri centri vicini, e tutto lascia pensare che, mediante la vostra costante applicazione e la necessaria collaborazione con i dirigenti, siano destinati ad ulteriori sviluppi.

E' questo un dato positivo, di cui mi congratulo vivamente, perché da esso dipende, almeno in parte, la sicurezza del posto di lavoro e, di conseguenza, la serenità vostra e delle vostre famiglie. Ma dobbiamo anche ricordare le difficoltà economiche che travagliano al presente molte Nazioni del mondo, anche quelle più industrializzate e più ricche. Tali difficoltà finiscono, immancabilmente, per far risentire i loro effetti sulle aree più deboli.

Purtroppo, certi effetti negativi si avvertono già in Sicilia, anche nella stessa Palermo e, componendosi e intrecciandosi con altri fattori strutturali e ambientali, stanno determinando o accentuando il grave fenomeno della disoccupazione.

A motivo di un'economia insufficiente ai bisogni dell'intera comunità isolana, molti lavoratori hanno già lasciato questa terra, cercando altre città e paesi ospitali, assoggettandosi a fatiche ed umiliazioni, mentre molti altri - giovani e meno giovani - conoscono, anzi soffrono il travaglio frustrante e penoso della mancamza di un lavoro sicuro.


3. Sono problemi umani tanto concreti quanto delicati, ai quali la Chiesa siciliana ha guardato e guarda con preoccupazione, studiandosi - per quanto le è possibile - di apportare un proprio contributo in ordine alla loro auspicata soluzione. L'incertezza del lavoro, infatti, e tanto più la forzata mancanza di esso, come anche l'emigrazione, hanno risvolti morali e religiosi estremamente complessi: per questo, in collaborazione con gli organismi della Chiesa in Italia, l'Episcopato regionale ha dato vita ad uno speciale Segretariato per l'emigrazione (SERES), che cerca di mantenere i contatti con i siciliani all'estero e si interessa presso le Autorità competenti per una legislazione sempre improntata alle ragioni di un'effettiva giustizia sociale.

D'altra parte - ed è questo un secondo dato altamente positivo - il vostro lavoro in Sicilia ed il lavoro di tanti corregionali al di fuori dell'isola sono molto apprezzati, costituendo la prova più convincente che il vostro è un popolo di autentici lavoratori. Se gli accennati pericoli mi trovano sensibile e compartecipe, questo dato o - diro meglio - questa dote della vostra tenace e geniale laboriosità mi suggerisce una parola di fiducioso incoraggiamento: siate sempre fedeli a questo costume onorato! Tenete alta questa tradizione! Impegnati con puntualità e dedizione, sentitevi responsabili fino in fondo del lavoro, che vi viene affidato; applicatevi con assiduità e diligenza, facendovi apprezzare in campo nazionale ed anche all'estero per il tipo di produzione, che esce da questi cantieri e, più in generale, da tutti gli opifici di Sicilia.


4. La laboriosità! Il discorso - vedete - dalla sfera economica e tecnica sta passando direttamente alla sfera culturale e morale. Per questo, vorrei ora ricordarvi quanto scrissi, circa un anno fa, nella lettera enciclica "Laborem Exercens" intorno alla dignità del lavoro: questo - io dicevo - "è un bene dell'uomo, è un bene della sua umanità, perché mediante il lavoro l'uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, "diventa più uomo"". Dobbiamo, dunque, tutti sentirci impegnati, "affinché nel lavoro, mediante il quale la materia viene nobilitata, l'uomo stesso non subisca una diminuzione della propria dignità" (LE 9), ma piuttosto la sviluppi e la innalzi.

Prima ancora che una necessità, il lavoro, anche se faticoso e difficile, corrisponde ad un'esigenza primaria, insita da Dio creatore nella nostra natura umana; da questo punto di vista, ancora più grave appare la situazione in cui versano i disoccupati e i giovani in cerca della prima occupazione, perché sono come bloccati in questa linea di sviluppo né possono formarsi una famiglia, come sarebbe loro desiderio e diritto. Per questo, rivolgo un rinnovato appello alle Autorità, affinché vogliano sempre preoccuparsi di tale questione vitale.

Nel lavoro l'uomo afferma se stesso, sperimenta la propria debolezza, ma anche la propria capacità creativa. Ricordatelo sempre, voi che quotidianamente vivete queste sensazioni. All'inizio, dovete lottare contro la materia che resiste alla vostra volontà di trasformazione; ma poi quando, dopo anni di fatica, assistete al varo di una nave, provate una soddisfazione che vi ripaga di tanti sacrifici. In quel momento pensate a come l'avete vista crescere sotto i vostri occhi e individuate le parti costruite da ciascuno di voi, mentre, ripercorrendo un cammino di lunghi anni, vi sentite appagati nel dire a voi stessi: "Questo l'ho fatto io".

Il lavoro - chi non lo sa? - acquista dignità anche per le motivazioni che lo animano. Voi tutti lavorate per non far mancare nulla alle vostre famiglie, per portare a casa il pane necessario al sostentamento dei figli, per costruirvi anno dopo anno la prospettiva di una serena vecchiaia e di un meritato riposo.

Quante volte, mentre attendete al lavoro, il vostro pensiero vola alle vostre case, alle vostre spose, che con amore vi attendono, ai vostri bambini, che sono a scuola, o ai figli già grandi e, forse, essi stessi in cerca di occupazione? Allora, tutto diventa più facile e vi sentite come dotati di una nuova forza, vi sentite rinvigoriti, pur in mezzo alle perduranti difficoltà. Ecco l'ulteriore dignità, che è inerente al lavoro, quando è vissuto in funzione del bene da procurare alla famiglia. così, costruendo una nave, o riparandola, voi costruite la vostra personalità, la vostra famiglia, la società tutta: è una duplice costruzione - vorrei dire - che procede di pari passo, coordinandosi in essa gli elementi materiali e gli elementi morali, cioè umani.


5. Ma il discorso sulla laboriosità non può finire qui, non deve finire qui. Se il lavoro è mezzo di sviluppo personale, se è presidio della famiglia, se è fonte di vita morale, come potrebbe esser distaccato da Dio? può esserci laboriosità senza religiosità? può esserci opposizione tra questi due termini? No, non deve esserci! Dio creatore - leggiamo nel primo libro della Bibbia - fin dall'inizio aveva fatto l'uomo, perché lavorasse la terra e la rendesse feconda (cfr. Gn 2,5 Gn 2,15 3.23), realizzando così una sorta di dominio, che è ad un tempo "spirituale signoria" e "prova di regalità". Si, è volontà del Creatore che l'uomo, proprio mediante il lavoro, si affermi come re del creato. Non la negazione, dunque, non la ripulsa e l'opposizione a Dio ed al suo provvidenziale disegno dovrà levarsi dal mondo del lavoro, ma piuttosto il riconoscimento, la venerazione, la gratitudine. L'uomo del lavoro, come col lavoro si innalza, così deve saper abbassarsi, curvando umilmente la fronte dinanzi all'opera del suo Creatore ed alla nobile, regale funzione, a cui l'ha chiamato.

Ciò facevano - ne abbiamo come stampata l'immagine nella nostra fantasia - gli uomini delle antiche età, quegli umili coltivatori della terra ed allevatori di bestiame, vissuti in semplicità e povertà. E perché non potrebbero, non dovrebbero farlo gli uomini, certo più evoluti e riflessivi, della nostra età? Al contadino di un tempo che, deposta la zappa, sapeva levare grato e ammirato il suo sguardo al cielo ed al Signore del cielo, perché non potrebbe affiancarsi il moderno operaio che, trattando del pari e trasformando la materia secondo le più scaltrite tecnologie, scopre leggi mirabili, utilizza forze recondite, tocca sperimentalmente l'ordine stesso, iscritto nella realtà dal Creatore? Anche egli può e deve elevarsi a Dio con la mente e col cuore!


6. Io confido, cari lavoratori del Cantiere Palermitano e di tutti gli Stabilimenti di Sicilia, che non vi siano estranei, né indifferenti questi pensieri. So infatti quanto radicato sia in voi, anche per il vigore di una nobile tradizione etico-culturale, l'attaccamento alla fede di Cristo. Proprio domani la Liturgia tutti ci invita a celebrare Cristo col titolo di Re: è, questo, un titolo assai significativo, che non si riferisce soltanto alla sua persona come Creatore e Redentore, ma riguarda anche noi uomini credenti in lui. Se come uomini abbiamo già un titolo di regalità sul creato, come cristiani noi partecipiamo, mediante il battesimo, alla regalità di Cristo, la quale configura - come scrissi nella "Redemptor Hominis" (RH 21) - una "particolare dignità della nostra vocazione".

Segno della vostra fede in Cristo è anche la peculiare venerazione verso la sua Madre santissima, la cui immagine accogliete ogni anno proprio in questi Cantieri, invocandola come "Madonna Addolorata". So che siete pure devoti di san Giuseppe, patrono di tutti i lavoratori, e che non manca nelle vostre case l'immagine della Sacra Famiglia, modello e presidio delle vostre stesse famiglie.

Ebbene, siano questi tratti di religiosità altrettante espressioni della vostra fede convinta, matura e profonda, da vivere non solo all'interno del focolare domestico, ma da testimoniare anche nel luogo di lavoro e nell'ambito delle rispettive parrocchie e comunità di quartiere. La fede, infatti, è la luce e, se è luce, non può non diffondersi! Con l'augurio che nel prossimo futuro, grazie all'impegno solidale delle varie componenti sociali, ci sia per tutti in Sicilia un lavoro dignitoso e sicuro, vi do la mia santa benedizione, estendendola ai vostri familiari, amici e corregionali.




1982-11-20 Data estesa: Sabato 20 Novembre 1982




L'incontro con i docenti nell'Università - Palermo

Titolo: Costante sintonia con le esigenze emergenti dalle realtà locali

Testo:

Illustrissimo Rettore Magnifico! chiarissimi Professori!


1. Vengo a voi con viva gioia, perché l'incontro col mondo della cultura, che voi qui rappresentate, è per me assai significativo e molto promettente. Nel porgervi il mio saluto, vi esprimo la mia stima e vi ringrazio per il dialogo che avete voluto instaurare oggi con me. Estendo altresi il mio saluto e le mie espressioni di stima alle insigni Università delle due altre grandi città siciliane, Catania e Messina, per il tramite degli illustri Professori che qui le rappresentano.

Questo momento di attenzione che adesso dedicate al Papa, accogliendolo nel luogo stesso del vostro nobile esercizio intellettuale, è indice di un laicato sano, aperto al rispetto delle diversità culturali ed ideologiche. E' una caratteristica, questa, che ha radici anzitutto nella storia della vostra istituzione. Nel lontano 1550 un provvedimento civico, affidando ai padri gesuiti l'istruzione superiore della gioventù palermitana, gettava come un ponte tra due grandi epoche della vostra plurisecolare cultura: quella, da un lato, che da Empedocle e Archimede va alle fiorenti scuole, le quali dal tempo di Ruggero II a quello di Federico II hanno assegnato alla Sicilia un ruolo di avanguardia nella civiltà del Mediterraneo; e, dall'altro, l'epoca che fu distinta da un'alta organizzazione di studi: avviata nel 1779 con la creazione della Real Accademia degli studi di Palermo; consolidata poi con la conversione dell'Accademia in Regia Università nel 1805, ed oggi degnamente sviluppata, pur fra mille problemi connessi con l'incremento della popolazione studentesca, dall'istituzione che voi, in questo momento, autorevolmente rappresentate.

Ma la vostra Università è anche espressione di quella Sicilia in cui le civiltà più diverse si sono incontrate, fuse, e infine espresse in nuove forme creative.

Voi certamente saprete conservare e incrementare questi valori, che anche in tempi più recenti sono stati interpretati in maniera tanto geniale da figure insigni, come quella di Luigi Sturzo, infaticabile promotore del messaggio sociale cristiano ed appassionato difensore delle libertà civili.


2. Ma quale è il senso della presenza del Papa in questo qualificato consesso? Cari Signori, so bene che la realtà di Cristo ci supera, che essa non ha facilità di accesso nel pensiero dei non credenti. Ma oso anche dire che tutti oggi potremmo fermarci pensosi dinanzi alla figura di Gesù, se alcuni cristiani talora non avessero contraffatto il suo vero volto.

perciò vi prego: come uomini di cultura, liberate Cristo da tutte le incrostazioni, le strumentalizzazioni, le appropriazioni indebite. Operate in tal senso: solo questo Cristo rivelato nella giusta luce ha diritto di farsi cercare da ogni uomo di buona volontà.

Sono profondamente consapevole che è primario dovere della Chiesa e dei credenti restituire a tutta l'umanità la vera immagine del Cristo. Illustri Professori, voi capite bene che una tale operazione di fede e di testimoniamza si rapporta intimamente a quella cultura in movimento, di cui vi fate carico. La vostra diuturna fatica di ricerca vi fa intendere che nella storia non si è mai al termine. Con la stessa professione di docenti universitari, voi stabilite di fatto le condizioni perché la conoscenza viva del Cristo si rinnovi intimamente e di continuo. La riflessione teologica è pronta ad accogliere il vostro contributo di scienza.

Per questo motivo, Palermo, città universitaria, non poteva mancare di un luogo in cui anche la scienza teologica fosse degnamente coltivata ed insegnata: è con questa consapevolezza che l'anno scorso ho voluto elevare al rango accademico di diritto pontificio l'Istituto teologico "San Giovanni Evangelista", già esistente in questo capoluogo, ad incoraggiamento di una seria tradizione di studi teologici. Ciò rende più vivo il mio interesse per la multiforme e qualificata attività del vostro Ateneo.


3. La stessa cultura umanistica elabora elementi congeniali al pensiero cristiano.

Tale è, per esempio, la coerente concezione dell'Universo, che, nell'ordine razionale, è premessa stimolante al mistero di Cristo, alfa ed omega del creato.

Tale è pure la ricerca orientata a formare la scala dei valori; infatti soltanto confrontandoci con questi valori possiamo percepire la dimensione etica dell'impegno cristiano.

Ma la vostra cultura accademica ha assunto nell'età moderna una dimensione specifica, che è quella della scienza. Ora, se è vero che la fede trascende questa dimensione, è anche vero che ogni cammino verso Cristo è profondamente segnato dalla fatica, e dall'interesse che l'uomo porta per le complesse questioni riguardanti la sua individualità, la società e la storia, la natura. Sono domande che richiedono risposte rigorose: talora ancora lontane dalla certezza, ma sempre stimolanti all'approfondimento: e chi mai può fornire un tale genere di risposte se non l'uomo di scienza? Egli, in tal modo, sostiene, purifica e disincanta l'approccio al mistero di Cristo: giacché non si tratta di spiegare il soprannaturale con le risorse della ragione, bensi di prendere sempre maggiore consapevolezza delle condizioni storiche, sociali e culturali, in cui si è attuata la rivelazione di Cristo ed oggi si attua la risposta cristiana. Non ha forse Cristo stesso sollecitato questo tipo di verifica? "La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?" (Mt 16,13), domanda Gesù agli apostoli, affinché dal confronto con le opinioni, rifulga la libertà suprema dell'adesione a lui. Questa libertà la conoscete anche voi, perché so quanto grande sia il numero dei docenti di questo Ateneo che con franchezza professano la fede cristiana.


4. Ma possedete ancora un altro potere, cari docenti universitari: quello che promana dalla forza delle idee e che è richiesto oggi più che mai come antitodo ai mali profondi, fra cui specialmente quelli connessi al fenomeno mafioso, che preoccupano l'odierna società. Si, è vero che con le misure repressive potranno essere frenate alcune manifestazioni di violenza; ma il pieno superamento di queste manifestazioni preoccupanti del vivere sociale non si avrà che mediante una paziente opera di formazione delle coscienze. E chi più di voi, cui è affidato il delicato ed impegnativo spazio della cultura, può incidere sull'insieme delle idee, sui comportamenti, sul patrimonio di valori da trasmettere, sugli orientamenti di fondo di coloro che saranno i responsabili animatori della società di domani? A voi inoltre, come membri dell'Istituzione a cui la comunità demanda il compito della ricerca in ogni campo del sapere, spetta il dovere di mantenervi in costante sintonia con le esigenze emergenti dalle realtà locali, nel tentativo di fornire ai bisogni che via via si manifestano soluzioni scientifiche adeguate. A questo proposito ho saputo con piacere che non è mancato da parte vostra un contributo qualificato alla soluzione degli annosi problemi di questa Terra, da quelli riguardanti l'agricoltura a quelli relativi al risanamento del centro storico. Ma certamente molto ancora c'è da fare perché l'Università incida nell'impostazione delle scelte sociali, proponga nuove iniziative per l'occupazione, eserciti una critica costruttiva verso le forze responsabili del bene comune, educhi, in una parola, alla democrazia.

Tutto questo non può lasciare indifferente il Papa che ora vi parla, trattandosi di condizioni indispensabili affinché l'uomo si sviluppi e maturi in pienezza nella vera libertà.


5. Un'ultima considerazione, e non la meno importante, vorrei ora sottoporvi, signori Professori: me la suggerisce la presenza di un folto gruppo di studenti che rappresentano i loro colleghi. Essi sono i protagonisti dell'Università: se è vero, infatti, che la costruzione del futuro fa parte integrante, non solo del vostro impegno etico, ma anche del processo stesso di ricerca, allora il polo che dirige ed orienta l'intera vostra attività accademica è costituito dalla frequentazione concreta e quotidiana degli studenti. In essi voi certamente vedete l'avvenire: lo interrogate, lo prevedete, lo interpretate e vi confrontate in esso. Ma quale disponibilità, quale attenzione, soprattutto quale rispetto sono necessari nei confronti di questi giovani, perché il vostro insegnamento sia una risposta adeguata! Tale sarà il valore dei giovani, quale è il valore dei maestri. A condizione, s'intende, che i giovani corrispondano. Anzi, la dimensione del dialogo esige l'incontro delle volontà e delle iniziative.

Ho appreso con vera soddisfazione che gli studenti dell'Ateneo palermitano danno segni di autentica vitalità: questa si esprime nella partecipazione, nelle proposte costruttive e nel senso critico di fronte ai controvalori della cultura. Dico a questi studenti: - siate degni di questo momento cruciale della storia! Sappiate incontrarvi ed amarvi al di sopra delle ideologie che dividono! Se voi, che siete giovani, non vi comportate così, chi potrà mai farlo con altrettanta spontaneità? - E voi, carissimi Professori, aiutateli a capire che, così agendo, essi non tradiscono la propria fede, ma la mettono realmente al servizio della giustizia, che è fondata sulla pace. Da parte mia, vorrei gridare questa verità ai giovani di fede cristiana: Cristo vi porti incontro ai vostri compagni. So che già fate questa esperienza, senza perdere la vostra profonda identità. Rafforzatela dunque con generosità nello spirito delle beatitudini, testimoniatela nel rispetto più grande per la dignità dell'uomo!


6. E' questo l'auspicio che rivolgo all'intera comunità di questo Ateneo: quanti collaborate, a diverso titolo, al buon funzionamento di questa Università, tutti siate mossi da un consapevole interessamento al fine di creare le condizioni favorevoli per una crescita autentica di ogni uomo e donna che qui si preparano alla vita.

Su questo vostro nobile impegno, sulle vostre fatiche, sui vostri progressi scientifici e su tutte le persone invoco di cuore la benedizione ed il conforto di Dio.




1982-11-20 Data estesa: Sabato 20 Novembre 1982




Ai sacerdoti, ai religiosi e ai seminaristi - Palermo

Titolo: Sacerdote, sii ciò che sei e abbi il coraggio della fedeltà

Testo:

"Caritas mea cum omnibus vobis!" (1Co 16,24).

Carissimi!


1. Entrando in questa meravigliosa Cattedrale, alla vigilia della Solennità di "nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'universo", rivolgo il mio affettuoso saluto a tutta la santa Chiesa di Dio che è in Palermo: al suo zelante ed intrepido Pastore, il venerato Cardinale Salvatore Pappalardo, successore di san Mamiliano, Vescovo e Martire; ai Vescovi Ausiliari; ai presbiteri; ai religiosi; ai seminaristi; ai membri del Consiglio Pastorale diocesano ed ai Rappresentanti dei Consigli Pastorali parrocchiali di tutta la Comunità diocesana; mi rivolgo a tutte le componenti della Chiesa particolare, orientate tutte ad operare instancabilmente per corrispondere, nelle varie attività pastorali ed ecclesiali, al piano di Dio che - come dice la Liturgia della imminente solennità - vuole rinnovare tutte le cose in Cristo suo Figlio, Re dell'Universo, perché ogni creatura, libera dalla schiavitù del peccato, serva e lodi eternamente il Signore Iddio (cfr. "Orazione colletta").

Si, cari fratelli. "Caritas mea cum omnibus vobis". Il Papa vi ama, ed è venuto tra voi portato dal profondo impulso dell'amore "riversato nei cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5).

Nelle giornate, che hanno preceduto questo pellegrinaggio, ho riservato un posto particolare nelle mie preghiere a voi, sacerdoti di Palermo e della Sicilia. Sull'altare del Signore e ai piedi della Vergine santissima, ho deposto lo zelo di cui intessete il lavoro quotidiano, le aspirazioni apostoliche che vi animano, i problemi e le difficoltà che incontrate. Cercando di immedesimarmi nelle situazioniin cui siete stati chiamati ad operare per il Regno di Dio, ho implorato per voi abbondanza di luce e di forza.

Ora sono sicuro che nel ricevere il mio abbraccio "in osculo sancto" (1P 5,14) i vostri pensieri ritornano, trepidi e commossi, all'alba del vostro sacerdozio, al bacio di pace, che allora avete ricevuto dal Vescovo ordinante. Di quel gesto vorrei farvi rivivere oggi il valore perenne ed il significato personale ed ecclesiale.


2. La bellezza del carattere sacerdotale! La celebrano con eloquente linguaggio le mura di questo Tempio insigne.

E non tanto per le sue vestigia di storia e di arte, quanto per la custodia e testimonianza del patrimonio religioso, che ha permeato vita e cultura, ed è sopravvissuto alla veloce corsa dei secoli.

Chiesa-madre, la Cattedrale; nido, culla, fonte della grazia del sacerdozio. Cattedra dell'ufficio episcopale, di quell'ufficio a cui spetta di sancire esteriormente la battuta definitiva del dialogo personale con Dio, in risposta alla sua misteriosa chiamata. Luogo sacro delle primizie sacerdotali, centro della loro irradiazione, polo al quale confluiscono incessantemente i pensieri ed i cuori, e dove si radunano gli operai del Vangelo dalle diverse contrade della loro fatica, protetti dal vincolo di un'unità dolce e obbligante.

"Il sacerdote ministeriale - afferma il Concilio Vaticano II - con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale, compie il sacrificio in persona di Cristo e lo offre a Dio a nome di tutto il popolo" (LG 10).

In questa affermazione cogliamo il nucleo della sacralità dell'"essere", dell'intima natura del sacerdozio. E simultaneamente la sua triplice proiezione: Dio, Cristo, il Popolo di Dio. "Dio", creatore e Padre, principio e fine supremo, colui che di sua spontanea e preveniente iniziativa ci ha amati, ci ha scelti e chiamati; "Cristo", il Divino Mediatore, Sommo ed Eterno Sacerdote, che viene a identificarsi, in un certo senso, con le nostre umili persone ed affida alle nostre povere labbra la divina potenza della sua parola; il "Popolo", santo anch'esso in virtù del comune sacerdozio, di cui tuttavia è debitore al qualificato ed essenziale diverso servizio presbiterale, il quale riveste quindi una ontologica e insostituibile necessità.

I testi conciliari ed i successivi documenti pontifici e sinodali allargano lo sguardo all'orizzonte di questa realtà sacerdotale, ne mettono in luce l'essenziale unione col Vescovo e le espressioni del suo concreto esercizio, sempre ribadendo la mistica identificazione "in persona Christi", che è la nostra capitale ragion d'essere.

Desidero oggi confermarvi, fortificarvi, radicarvi sempre più a fondo in quella "sacra realtà", che costituisce l'"essere" del sacerdote. Come Gesù, busso alla porta del vostro cuore, amatissimi confratelli, e, con tutta la forza di persuasione di cui sono capace, dico ad ognuno: sacerdote, "sii ciò che sei"; senza restrizioni, senza sottintesi, senza compromessi dinanzi a Dio e alla tua coscienza; prima di tutto. Ciò che sei per gratuito dono nell'ordine della grazia, siilo nella statura della tua personalità, nel modo di pensare e di amare. Abbi sempre e limpidamente il coraggio della verità del tuo sacerdozio. Nessuna ombra oscuri la luce che è in te. Nessuna deviazione ti allontani dalla struttura della tua sacralità. Nessun cenno di morte arresti la circolazione della vita, di cui sei depositario.

Quanto vorrei che l'intera compagine presbiteriale facesse propria l'attestazione dell'Apostolo: Siamo e ci sentiamo veramente uomini di Dio e suoi collaboratori! (cfr. 1Co 3,9)


3. Il coraggio della santità dell'essere comporta il coraggio della santità del vivere.

E' una questione di elementare coerenza, la quale, se può incontrare ripulse e incomprensioni in settori della società, che ripongono ancora totale fiducia in concezioni di ispirazione materialistica, per noi è del tutto naturale.

Tutti nella Chiesa siamo chiamati alla santità. Il Concilio lo ha accuratamente illustrato nello splendido capitolo quinto della "Lumen Gentium", dedicato alla "universale vocazione alla santità nella Chiesa" (LG 39-42).

I sacerdoti vi sono obbligati in modo peculiare, "poiché essi, che hanno ricevuto una nuova consacrazione a Dio mediante l'Ordinazione, vengono elevati alla condizione di strumenti vivi di Cristo Eterno Sacerdote" (PO 12).

Nella fragilità della natura umana acquista un valore risolutivo l'impegno a rivestirsi di Cristo, con lo sforzo mai concluso di attuare in noi le sue potenzialità: "Induite Dominum Iesum Christum" (Rm 13,14).

E' un lavoro arduo e assiduo, di cui non si possono trovare che pallidi confronti nell'esperienza terrena, perché Cristo è perfetto Dio e perfetto uomo.

Lo stesso apostolo Paolo non propone se stesso come esempio, se non in quanto egli si sforza di imitare Cristo: "Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo" (cfr. 1Co 4,16). L'imponente schiera di confratelli sacerdoti, di cui la Chiesa ha riconosciuto l'eroicità delle virtù, ripete il medesimo appello. Ed offre specchiati esempi delle vie e dei modi, con cui può essere appagata la tensione di imitare il Divino Modello. Sono modi e vie assai diversi, come diversi sono gli individui e le epoche. Quasi a confermare, se ve ne fosse bisogno, che nessun sacerdote, in nessuna circostanza, può ritenersi anche solo parzialmente esonerato dalle altezze di tale sublime chiamata.

Essa implica la disponibilità non solo a rinnegare se stessi e addossarsi la croce, ma anche ad immolarsi, a fare della vita una Messa continuata.

Ad accorciare le distanze nel difficile cammino, a mitigarne le asprezze e vincerne gli ostacoli, veglia su di noi, con la sensibilità del suo cuore e la potenza della sua intercessione, Maria, Madre dell'Eterno Sacerdote e di tutti i sacerdoti. A lei non stancatevi mai di ricorrere, venerati e cari confratelli.

Pregate con umile insistenza e con piena fiducia. La Vergine tutta santa accoglierà le vostre suppliche. Sarà la "Stella mattutina", che ad ogni risveglio stenderà una luce sempre nuova dinanzi ai vostri passi.


4. Ecco, infine, il coraggio della fedeltà alla missione di salvezza, a cui siete stati chiamati. E' un aspetto della fedeltà a Dio, a Cristo, alla Chiesa.

Molte circostanze, certo, non sono favorevoli alla missione sacerdotale nel nostro tempo. Il mio venerato predecessore Paolo VI, nell'omelia per l'ultima Sessione del Concilio Vaticano II, il 7 dicembre 1965, lamentava con accorata lucidità che il nostro tempo "è rivolto alla conquista del regno della terra piuttosto che al regno dei cieli", così che "la dimenticanza di Dio si fa abituale e sembra, a torto, suggerita dal progresso scientifico", e "le espressioni dello spirito raggiungono vertici d'irradiazione e di desolazione" (cfr. AAS 58 [1966] 52s). Diagnosi realistica! Il moltiplicarsi e l'acutizzarsi della violenza e del terrorismo, la rete molteplice e sotterranea della delinquenza, che sfocia in crimini ed omicidi, sono i segni allarmanti della decadenza del senso religioso e, con esso, del livello di civiltà.

In questa drammatica realtà, il Vangelo deve essere proclamato alto e forte. perciò il ministero sacerdotale è chiamato ad una operosità che non conosca stanchezze, ad una pastorale concorde nei fini e nei metodi, ad una totale unione attorno ai Pastori, che assolvono la primaria responsabilità della guida della Chiesa locale. Tale unione si esprimerà nel lavoro quotidiano e capillare, in sede diocesana e parrocchiale, nei rami della pastorale specializzata, ed avrà chiara applicazione nel fondamentale impegno di promuovere i valori spirituali e morali, che coincidono con i valori autentici dell'uomo. Vi raccomando con particolare calore la catechesi dei fanciulli e dei giovani, una catechesi adeguata alle loro possibilità e necessità, che li orienti saldamente nella verità, nell'onestà, nel bene. Siate educatori e formatori di coscienze certe, rette ed illuminate, perché i fedeli siano ben guidati nelle loro consapevoli scelte in campo morale.

Principale e incomparabile sostegno è la grazia di Dio.

Dio segue con amore gli operai del suo regno e fa germogliare la semente che essi hanno gettato. Domanda la fiducia nella sua assistenza e il coraggio della fedeltà. In cambio fa fruttificare i talenti affidati ad ognuno di noi, "se - come ricorda san Gregorio Magno, molto legato a questa Terra di Sicilia - con la nostra vita e con la nostra parola guadagniamo le anime dei fratelli; se rinforziamo i deboli nell'amore soprannaturale predicando le gioie del regno dei cieli; se facendo echeggiare la minaccia terribile delle pene infernali convertiamo i malvagi e i superbi; se con nessuno usiamo una indulgenza incompatibile con la verità; se manteniamo l'amicizia con Dio e non temiamo le inimicizie degli uomini" ("Epistolarum lib. II", "Ep. 47, ad Dominicum Episcopum": PL 77, 587).

Non vorrei mancare di sottolineare il particolare titolo con cui offro queste riflessioni anche ai carissimi sacerdoti religiosi, componente predominante del presbiterio, inseriti nella pastorale alla guida di numerose parrocchie dell'arcidiocesi di Palermo e delle varie diocesi della Sicilia, e rappresentati in tutti gli organismi della vita ecclesiale ai vari livelli; come pure le rivolgo ai seminaristi, che si preparano, nella preghiera e nello studio, al sacerdozio.

Rivolgo anche ai laici impegnati nell'apostolato un pressante invito perché diano generosamente, a livello parrocchiale e diocesano, il prezioso ed insostituibile contributo della loro azione, del loro tempo, delle loro energie, dei loro doni di intelligenza e di cultura per partecipare alla dilatazione del Regno di Cristo! Carissimi! Concludo, affidando il mio beneaugurante saluto alle parole dell'Apostolo: "Il Signore vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti, come è il nostro amore verso di voi, per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro" (1Th 3,12-13).

Con la mia affettuosa benedizione apostolica.




1982-11-20 Data estesa: Sabato 20 Novembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - L'incontro col mondo del lavoro nei cantieri navali - Palermo