GPII 1982 Insegnamenti - Ai membri del Comitato per le celebrazioni francescane con un gruppo di premi Nobel per la pace - Città del Vaticano (Roma)

Ai membri del Comitato per le celebrazioni francescane con un gruppo di premi Nobel per la pace - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La pace è un ideale comune che si può realizzare con progetti diversi

Testo:


1. Siate i benvenuti! Si, benvenuti voi tutti che avete ricevuto il premio Nobel per la Pace o che rappresentate organizzazioni alle quali è stato assegnato questo onore. Siete tutti accolti calorosamente in questa casa in cui la pace è una delle sollecitudini costanti e primordiali della nostra preghiera e del nostro lavoro.

In questa ottica, desidero felicitarmi con ciascuno di voi per il contributo che avete già apportato alla causa della pace e, allo stesso tempo, incoraggiarvi a non cessare mai di perseguire questa causa della pace tra i popoli e le nazioni, pace che suppone anche che i diritti fondamentali dell'uomo siano rispettati.

Venite qui dopo esservi riuniti a Roma e anche ad Assisi, la terra natale di san Francesco, questo amico e promotore della pace e della fraternità.

Francesco sapeva che il dono della pace è un dono meraviglioso di Dio e per questo anche un dono trascendente. Egli passo la sua vita a rendere grazie all'Onnipotente e a testimoniarlo ovunque, conducendo gli uomini e le città a fare la pace. Per lui, il Vangelo di Gesù era la carta della pace: vedeva nel prossimo il volto di Cristo ed è questo che gli dava tanto amore e tanta forza.

Fondamentalmente, la pace, quella che dura, è una pace fondata su valori trascendenti, sui valori del bene morale, quelli che promuovono il benessere dell'umanità e dunque quelli che suppongono l'orientamento verso l'assoluto di Dio, fonte e garanzia della pace. E questa pace si manifesterà nel rispetto della dignità umana, come felicità, armonia, concordia, benessere, sicurezza e fraternità tra i popoli e le nazioni (cfr. "Messaggio per la Giornata mondiale della Pace", 4; 8 dicembre 1981: "Insegnamenti", IV,2 [1981] 1185s).


2. Noi sappiamo tuttavia che se la pace si ispira fondamentalmente ai valori trascendenti, questi valori non possono divenire vita se non quando degli uomini vi consacrano il loro lavoro e collaborano tra di loro per metterli in atto. E' per questo che la pace è infatti un dono di Dio che è affidato a tutti noi, un dono che dobbiamo fare nostro mediante gli scopi che ci fissiamo e realizzando i progetti personali e collettivi che stabiliamo a questo fine. Significa, in altri termini, riconoscere che i valori trascendenti hanno bisogno di mediazione nel mondo, e noi dobbiamo esserne i mediatori. Un tale impegno suppone amore dell'uomo, lucidità e molto coraggio, perfino anche la pazienza di sopportare incomprensione, prove e persecuzione.

La mediazione di questi valori prenderà forme numerose e varie; essa suppone abbondanza di progetti diversi. Non c'è un'unica maniera di realizzazione concreta della pace. Non c'è un ordine prestabilito che garantisca la pace. La mediazione del lavoro degli uomini per la pace rivestirà dunque molti aspetti, a tutti i livelli dell'esistenza umana. Questo mi è evidente guardando attorno a me oggi: perché alcuni tra voi si sono impegnati attivamente nella politica per costruire la pace; altri tra noi si sono consacrati alle strategie che sono volte a migliorare le condizioni umane dell'esistenza o ad aiutare coloro che soffrono e sono nello sconforto. Tutti questi compiti sono nobili, e non ce n'è uno che abbia una priorità assoluta sugli altri, nella misura in cui essi sono tutti realmente opere di mediazione, nella condizione umana, dei valori che incarnano l'ideale trascendente di una pace durevole per tutta l'umanità e dunque di una pace giusta.

Questo domanda a tutti noi di trasformare la realtà con progetti concreti che daranno corpo al nostro ideale.


3. Il nostro impegno in questo compito, alleggerendo le sofferenze, aiutando a risolvere le controversie, o contribuendo a stabilire strutture che garantiscano e rafforzino la pace, affina nelle nostre proprie vite la sensibilità alle esigenze della vita umana, oggi e per l'avvenire. Questi compiti concreti fanno scoprire a ciascuno di noi, più profondamente, delle possibilità che erano solamente implicite all' inizio del nostro impegno, e nello stesso tempo esse ci aiutano a inserire il nostro lavoro nell'orizzonte più largo dell'impegno comune.

"Il nostro avvenire è nelle mani di Dio che, solo, dà la vera pace" (n. 13: "Insegnamenti", IV,2 [1981] 1197). Mantenendo questa certezza viva nello spirito, posso concludere incoraggiandovi tutti a proseguire il vostro nobile compito di artefici della pace, a continuare ad offrire al mondo progetti nati dai vostri talenti e dalle vostre responsabilità per il bene della razza umana, a trovare nelle realizzazioni del vostro lavoro i mezzi per affermare gli scopi più profondi delle vostre vite al servizio della pace, della fraternità, del bene profondo degli uomini.


4. Sono felice di salutare con voi i membri del Consiglio esecutivo del Comitato Nazionale Italiano per le manifestazioni dell'VIII Centenario della nascita di san Francesco: sono loro che hanno preso questa iniziativa di invitarvi ad Assisi e a Roma. Quest'anno è stato ricco di incontri, di preghiera, di testimonianze, di riflessioni, di collaborazione, che manifestano la diffusione inaudita e molto attuale dell'esempio del Poverello di Assisi, testimone così trasparente dell'amore evangelico per ogni fratello uomo. Mi rallegro e mi felicito con tutti i promotori. Quest'ultimo incontro dei Premi Nobel della pace e la riflessione che ne è stata il frutto ne sono un'eloquente testimonianza. Grazie a tutti! Nello stesso spirito che animava san Francesco e che è stato quello dei miei predecessori alla Sede Apostolica, indirizzo a ciascuno di voi e alle vostre famiglie i miei auguri più calorosi e prego Dio di colmarvi delle sue benedizioni.




1982-12-10 Data estesa: Venerdi 10 Dicembre 1982




Al termine del concerto nell'aula Paolo VI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Offerto dalla radiotelevisione italiana

Testo:

"La mia lingua è la musica; tutti la comprendono", diceva Haydn, che i suoi connazionali chiamarono "Padre della musica". E noi tutti, stasera, abbiamo compreso e gustato il linguaggio musicale, limpido e, al tempo stesso, complesso, tenero e drammatico di questo Oratorio, che l'artista compose a 66 anni nel 1798, su libretto, che si ispirava al poema di Milton, "Il Paradiso Perduto", ed anche ai primi due capitoli del libro della "Genesi".

Non dimenticheremo facilmente questa sublime elevazione e questo atto di fede in Dio, Creatore dell'Universo e dell'Uomo; e conserveremo, tra i ricordi più esaltanti di questa composizione, la originalissima interpretazione sonora della creazione della Luce e la grandiosa conclusione: "Terra e cielo, cantate la sua gloria! / E a Dio rendano grazie le sue opere! / Cori degli uomini, cori dei mondi, voci, concerti, tutto risuoni! / Lodato sia Dio / per l'eternità!".

Sinceramente mi compiaccio per questa apertura alla dimensione del trascendente, dell'infinito e dell'eterno.

Alla fine di questo Concerto, rivolgo il mio sentito ringraziamento al Presidente della Rai, ai Vice-Presidenti, al Direttore Generale, per il loro significativo omaggio, ed altresi esprimo la mia viva ammirazione al Direttore, ai Solisti, al Maestro del coro, all'Orchestra Sinfonica ed al Coro di Roma della Radiotelevisione Italiana.

Grazie a tutti!




1982-12-10 Data estesa: Venerdi 10 Dicembre 1982




Ai Vescovi di Malta in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La comunità ecclesiale di Malta sia unita intorno ai suoi Vescovi

Testo:

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. E' una gioia per me darvi oggi il benvenuto, perché in voi io saluto tutta la Chiesa che è in Malta. Saluto il Popolo di Dio nella sua lunga storia religiosa, con il suo meraviglioso patrimonio di devozione a Maria, la Madre di Dio. In voi io saluto tutte le categorie di fedeli, specialmente i poveri in mezzo a voi, e tutti coloro che li assistono, li aiutano e lavorano per il loro benessere spirituale e materiale nella carità di Gesù Cristo. In voi io saluto non solo i singoli membri della comunità ecclesiale ma la Chiesa nella sua totalità, dal momento che voi siete, in quanto Vescovi e perciò successori degli Apostoli, i rappresentanti autentici ed autorevoli della Chiesa che è in Malta. Se è vero - e lo è - che la Chiesa universale è edificata su Pietro, è anche vero che la famiglia di Dio è "edificata sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù" (Ep 2,20). Il mio saluto cordiale e affettuoso va inoltre al vostro fratello maggiore nella fede, l'Arcivescovo Gonzi, al quale do assicurazione ancora una volta del mio ricordo nella preghiera.


2. Realmente, in voi, venerabili fratelli, io abbraccio la Chiesa nella sua pienezza; in voi ciascuno è oggi qui rappresentato: l'intera comunità dei redenti, che ancora porta in sé la debolezza dell'umanità, e gli effetti del peccato, che ha sempre bisogno della riconciliazione ma che ha già ricevuto assicurazione della vittoria finale sul peccato e sulla morte grazie alla potenza redentrice del sangue di Cristo, l'Agnello di Dio. Incontrandoci oggi noi celebriamo il mistero del Popolo di Dio pellegrino sulla terra: è nello stesso tempo il mistero della presenza di Dio tra di noi, il mistero dell'autorità di Cristo su di noi, e il mistero del nostro essere suoi discepoli. L'unità dell'intero Corpo di Cristo, clero, religiosi e laicato, che rivestono ruoli diversi di servizio, è manifestata e rafforzata nella vostra unità con me e con la Chiesa universale.


3. Vorrei ora assicurarvi di qualcosa che voi già sapete, ma che vale la pena di ripetere: io sono vicino a voi in tutti i vostri sforzi per il Vangelo e apprezzo profondamente la vostra dedizione al vostro ministero apostolico. Sono vicino a voi nella vostra sollecitudine pastorale per Malta: giustamente voi evitate attività di carattere puramente politico, e proclamate la Parola di Dio in tutta la sua rilevanza per ogni persona nella sua individualità e per la società stessa.

Sono vostro Fratello e Apostolo come voi e condivido con voi i momenti di serenità e tranquillità del vostro apostolato, quando cioè annunciate in Cristo Salvatore la grande gioia, che sarà di tutto il popolo (cfr. Lc 2,10).

Ma sono vicino a voi anche nelle difficoltà e negli ostacoli che voi incontrate, nei dolori e nelle ansie pastorali che provate nel vostro sforzo di essere fedeli a Gesù Cristo e di essere fedeli al popolo di Malta, esortandolo a mantenere quella eredità culturale cristiana che ad esso appartiene: l'eredità maltese della devozione religiosa popolare, che esprime consapevolezza di Dio e radicale dipendenza dalla sua Provvidenza. Avete inoltre il mio pieno sostegno nella preghiera in quanto voi servite gli autentici interessi del vostro popolo insistendo sulla dignità della famiglia maltese, basata, come è e come dovrà sempre essere, sull'unione indissolubile del marito e della moglie. Questa unione indissolubile merita la stima, l'appoggio e la protezione di una società cristiana conscia delle sue responsabilità verso Dio e verso i suoi membri. E nel vostro impegno di proclamazione della santità e inviolabilità della vita umana e della dignità di ogni uomo, donna e bambino, dovete ricordare sempre che non siete soli: milioni e milioni di uomini di buona volontà in tutto il mondo sostengono la vostra causa, e il Signore della storia sosterrà egli stesso la vostra fedeltà al suo piano eterno di vita. Sottolineando giustamente la necessità di provvedere all'educazione religiosa dei vostri concittadini e dei futuri governanti di Malta, voi rendete omaggio ad una società conscia della sua identità culturale e sensibile alla sua tradizione cristiana.


4. La vostra visita "ad limina" mi dà l'appropriata opportunità di estendere all'intera comunità ecclesiale di Malta l'invito ad unirsi attorno alle persone dei Vescovi. Il mio invito riecheggia le parole rivolte dal Signore ai discepoli: "Chi ascolta voi, ascolta me" (Lc 10,16). Il Concilio Vaticano II ha intensamente desiderato che l'unità con i Vescovi della Chiesa dovesse essere effettuata ad ogni livello nella comunità: tra i Vescovi e il clero, i Vescovi e i religiosi, i Vescovi e il laicato; e tutti questi gruppi l'uno con l'altro e con i Vescovi. Il richiamo all'unità con i Vescovi è una chiamata a servire il "bene delle anime" in una comunità di salvezza nella quale ciascuno deve riconoscere insieme l'opera del Redentore, sforzarsi di accettarla con fede personale, rendendola effettivamente accessibile agli altri: "Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo" (Rm 10,9). Nello stesso tempo, l'unità di intenti e d'azione è un grande mezzo per presentare tutte le esigenze individuali del messaggio salvifico di Cristo.


5. Oggi in particolare desidero incoraggiare i principali collaboratori dell'Ordine dei Vescovi - tutti i vostri sacerdoti, sia diocesani che religiosi.

Nel nome del Signore io li ringrazio per la loro generosa collaborazione con voi e con me nel Vangelo. Inoltre chiedo loro di impegnarsi costantemente per scoprire vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, offrendo il loro stesso esempio di santità, orientamento pastorale e fedeltà al magistero della Chiesa.


6. Attraverso di voi estendo il mio ringraziamento a tutti coloro che lavorano insieme a voi alla causa dell'educazione Cattolica della gioventù. Cristo stesso cerca altri zelanti apostoli del catechismo ed io desidero lodare tutti coloro che individualmente o uniti in associazioni si sono dedicati alla catechesi o alla formazione cristiana della gioventù. Possa il Signore stesso benedire tutte le vostre iniziative e sforzi pastorali in questo àmbito; e la pubblicazione dei testi catechistici maltesi possa essere di particolare efficacia nella comunicazione di Cristo e del suo integrale messaggio di salvezza.

E' mia preghiera che il Signore vi sostenga nel vostro zelante sforzo di mantenere le "Scuole Cattoliche", e che tutte le difficoltà siano superate per il bene dell'intera nazione maltese che beneficia grandemente del loro contributo.

Possano queste scuole essere sempre, ad ogni livello, degli strumenti al servizio dei genitori e della comunità, dell'autentica evangelizzazione, offrendo incoraggiamento alla crescita spirituale e all'avanzamento umano degli alunni e degli studenti, attraverso l'esempio degli insegnanti, e l'esperienza della preghiera comunitaria e la fedele presentazione della dottrina cattolica.


7. Nella edificazione delle Chiese locali nell'unità, il laicato ha un insostituibile contributo da dare. L'autentica testimonianza della vita cristiana ha inoltre un incomparabile valore di evangelizzazione. Mediante la fedeltà dei laici e la loro attiva collaborazione con i sacerdoti e i Vescovi, la Chiesa cresce nella pienezza di Cristo. L'unità dei Vescovi è la garanzia dell'efficacia di tutto l'apostolato dei laici, che, nelle parole del Concilio Vaticano II, è "partecipazione all'opera salutare della Chiesa" (LG 33). A sua volta, la missione salvifica della Chiesa è la missione salvifica stessa di Cristo, che, nell'unità dello Spirito Santo, continua a vivere nella Chiesa, per la gloria del Padre.


Il mio incoraggiamento va ai religiosi di Malta: a loro chiedo di continuare generosamente nella loro particolare vocazione, quella cioè di rendere testimonianza alla santità della Chiesa mediante la loro consacrazione nella castità, povertà e obbedienza. "E sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Gesù Cristo" (Ph


1,6).

A tutti i fedeli di Malta che vivono il mistero di Cristo nella comunione della sua Chiesa, invio la mia apostolica benedizione con l'espressione del mio amore in Cristo Gesù. Confidando nella materna intercessione di Maria, a lei tutti vi affido nella convinzione che ella presiede realmente al destino del popolo maltese in questo momento della sua storia come in ogni altro. Mediante la sua intercessione il tempo presente possa rivelarsi un'ora di riconciliazione, unità e pace per Malta.




1982-12-11 Data estesa: Sabato 11 Dicembre 1982




All'istituto delle Figlie dei sacri Cuori di Gesù e di Maria - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sull'esempio di Madre Eugenia Ravasco incrementate l'apostolato dell'insegnamento

Testo:

Care sorelle in Cristo, e voi tutti, qui presenti!


1. Il 12 gennaio 1882, l'Arcivescovo di Genova, Monsignor Salvatore Magnasco, erigeva in Congregazione diocesana l'Istituto delle "Figlie dei Sacri Cuori di Gesù e Maria", fondato da Madre Eugenia Ravasco e ne approvava le Regole.

Sono trascorsi cent'anni da quella fausta data, e prima di concludere le cerimonie commemorative del Centenario avete desiderato questo incontro, in un'Udienza speciale a voi riservata, per dimostrare non solo la vostra fede, ma anche la vostra gioia, nello spirito della venerata Fondatrice, che tanto amo, venero, servi il Vicario di Cristo nella persona di Pio IX e di Leone XIII. Sono molto lieto pertanto di accogliervi in questa festosa circostanza, e, mentre porgo alla Madre Generale, a tutte le Suore, presenti e lontane, e a voi amici, alunni ed ex alunni, il mio cordiale ed affettuoso saluto, desidero anche ringraziare sentitamente per questo gesto di amore e di devozione, che grandemente mi conforta.

Era giusto ricordare solennemente quegli inizi umili, semplici, nascosti, perché in cento anni l'opera di suor Eugenia Ravasco, riconosciuta poi dalla Santa Sede nel 1909, si è dilatata in Italia ed all'Estero, moltiplicando le Scuole Materne, Elementari, Medie, Superiori e Professionali, i Corsi di Lavoro Femminile, i Convitti, le Case per la gioventù studentesca e lavoratrice, i Corsi di Catechesi, gli Oratori festivi, i Centri Missionari e di vita contemplativa, ed anche l'attività di assistenza ai malati, agli anziani, ai mendicanti, nonché l'impegno nella pastorale delle parrocchie. Per il servizio ecclesiale che esse svolgono nelle rappresentanze Pontificie, desidero esprimere una speciale parola di apprezzamento e di gratitudine.

Per questi cento anni di fervore, di dinamismo apostolico e caritativo, soprattutto di intenso lavoro nel campo della scuola e della formazione, che hanno mantenuto e dilatato il carisma originario della Fondatrice, bisogna ringraziare prima di tutto il Signore, che suscito nel secolo scorso questa anima generosa ed eroica e poi ha continuato a incrementarne le opere e a infervorarne le religiose, consacrate in modo particolare ai Sacri Cuori di Gesù e di Maria. Voi, care sorelle, avete mantenuto accesa la fiaccola della vostra Fondatrice! Siate benedette! Voi ben conoscete il commovente e significativo episodio della sua chiamata, quando, a diciotto anni, la sera del 31 maggio 1863, tornando da una passeggiata, entro nella Chiesa di santa Sabina a Genova e dal sacerdote che in quel momento predicava, il Servo di Dio Don Giacinto Bianchi, ardente missionario del Sacro Cuore, senti dire queste parole: "Non v'è proprio nessuno tra voi che si voglia dedicare al bene per amore del Cuore di Gesù?". Fu come un lampo di luce e di grazia: la giovane Eugenia ebbe un sussulto, intui la chiamata soprannaturale, e, immersa in profonda preghiera, disse: "Gesù, se io devo essere quest'anima scelta da voi per fare il bene, insegnatemene il modo, datemene l'opportunità, prendetemi per mano, mandate a picchiare alla porta di casa mia!". Fu quello il primo inizio, che si sviluppo poi lentamente e coraggiosamente con l'"Associazione per il bene", con il lavoro di ricamo e cucito per le ragazze del popolo, con l'insegnamento del catechismo nella parrocchia, con gli incontri spirituali per le signore dell'aristocrazia, con la scuola gratuita per i bambini, con l'educandato per gli orfani, con la "Normale" di Genova, e poi via via con altre varie istituzioni, assecondata e seguita da altre giovani generose e decise come lei, fino al nostro tempo.


2. Voi conoscete la vita, l'opera e la spiritualità di Madre Eugenia Ravasco: essa, in tempi di aperta ostilità alla Chiesa ed alla religione, ebbe l'intuizione del valore fondamentale della scuola per formare e preservare la società nella fede cristiana e si dedico totalmente a questo ideale, passando attraverso tante dolorose vicende, conflitti e contrasti, preoccupazioni ed umiliazioni, non ultima la dolorosa malattia che per vent'anni la fece soffrire, portandola alla morte appena cinquantacinquenne, il 30 dicembre 1900, proprio al termine dell'Anno Santo, del quale si era fatta apostola. Fu una vita breve, ma intensa, caratterizzata da saggezza e lungimiranza, per cui sgorga spontaneo per voi, sue Figlie, l'augurio di mantenere costante e ardente il suo spirito, nonostante le difficoltà che sempre ci sono sul cammino della verità e della salvezza. Essa un giorno così scriveva nel suo diario: "In questa vita ogni giorno crescono le spine e solo chi ha pazienza trova pace nella rassegnazione" (6 agosto 1893). E in una lettera annotava: "Come è ingegnoso il nostro Dio! Come sa mettere la spina a tempo opportuno per provare la fedeltà delle anime sue!" (18 gennaio 1890). Il tema delle "spine" è continuo negli scritti di Madre Eugenia ed è di sprone e di incoraggiamento per tutti, per accettare con realismo la vita e l'apostolato: "Tutto da Dio quanto ci accade - ripeteva - tutto per Dio quanto si fa".


3. Leggendo le lettere di Madre Eugenia e seguendola nelle sue varie attività, sempre accompagnata dalla malattia, si rimane impressionati dalla energia della sua volontà e nello stesso tempo dalla grande sensibilità del suo cuore.

Preoccupazioni di ogni genere la affliggono e la tormentano, turbamenti circa le nuove fondazioni, crucci per la formazione delle suore, intime ansietà, sconforti, tribolazioni fisiche e spirituali; e tuttavia essa continua la sua strada intrepida e fiduciosa, sempre gentile, signorile, dignitosa, cordiale. Quale fu il segreto della sua personalità? Si può dire che Madre Eugenia costrui sulla roccia della fede, della grazia, della fiducia costante e paziente, della preghiera, della devozione eucaristico-mariana, memore di ciò che disse Gesù: "Chiunque ascolta le mie parole e le mette in pratica, è simile ad un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, sofffiarono i venti e si abbatterono su quella casa ed essa non cadde, perché era fondata sulla roccia" (Mt 7,24-25). Eroica nel compimento del suo dovere, umile e obbediente alla Direzione Spirituale, non temeva di esigere anche l'eroismo.


Scriveva: "A chi ha responsabilità raccomando energia e fermezza, a chi dipende, sottomissione e docilità. Senza ciò non andrete avanti, ma finirete con una confusione che vi diminuirà lo spirito e vi farà perdere la virtù" (19 aprile


1889). Questo suo insegnamento è assai valido per tutti e per sempre, perché in ogni epoca e durante ogni esistenza soffiano i venti e le tempeste, e perciò la struttura della propria fede e della propria formazione deve poggiare sulla stabile roccia!


4. Nel suo ultimo scritto, Madre Eugenia Ravasco lasciava come per testamento alle sue suore queste toccanti parole: "Dio-Anima-Eternità. Tutto il resto è nulla!...

Vivere abbandonata in Dio e nelle braccia della Vergine Immacolata; operare sempre per Dio solo; sempre, tanto nella prosperità che nelle avversità; amarlo questo Dio, con tutto il trasporto dell'anima. Amare lui solo, Bene supremo, Padre amorevole, unico fine. E per amore piegarsi, adorando, alla sua volontà sempre e in tutto!". Sono affermazioni commoventi e preziose, che ci illuminano e confortano nella quotidiana fatica di vivere e che ripropongo a voi, Figlie dei Cuori di Gesù e di Maria, come efficace programma di vita consacrata, mentre con grande effusione imparto a tutte la propiziatrice benedizione apostolica.

Desidero aggiungere ora un particolare saluto al gruppo di industriali provenienti da Macerata ed esprimere loro la mia sincera riconoscenza per la generosa attività di solidarietà verso il popolo polacco, di cui si sono fatti promotori su proposta della locale sezione dell'UNITALSI.

Il vostro gesto, carissimi, si volge verso la terra che mi ha dato i natali, testimoniando verso di essa sentimenti di fraterna partecipazione. Esso mi è pertanto vivamente gradito. Ricompensi il Signore questo vostro atto di carità, ricambiandolo col dono di copiosi favori celesti dei quali vuol essere pegno la benedizione che di cuore imparto a voi ed ai vostri familiari.




1982-12-11 Data estesa: Sabato 11 Dicembre 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le vocazioni sacerdotali e religiose segni particolari d'avvento

Testo:


1. Nella lettera ai Filippesi che leggiamo nella liturgia odierna, san Paolo ci rivolge un urgente invito: "...in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti" (4,6).

Nel corso dell'Avvento, vogliamo "esporre a Dio, con preghiere", il problema delle vocazioni sacerdotali e religiose.

Proprio oggi desidero farlo nella preghiera dell'"Angelus".

E poiché l'Apostolo raccomanda di unire suppliche e ringraziamenti, ringrazio anzitutto per le tante vocazioni che la Chiesa ha ricevuto da Dio nell'anno in corso.

Ogni vocazione è un dono prezioso in cui il Signore si avvicina e viene incontro all'intera comunità del Popolo di Dio. E' dunque come "un segno particolare d'avvento". perciò, durante questo periodo liturgico, ringraziamo per esse e nello stesso tempo supplichiamo per esse.

E soprattutto gioiamo di ogni vocazione, che il Signore manda alla sua Chiesa, con quella gioia alla quale ci invita la liturgia di questa domenica.

"Rallegratevi nel Signore, sempre, ve lo ripeto ancora, rallegratevi" (Ph 4,4).


2. Tale gioia della domenica "Gaudete" desidero oggi confermare ed insieme rivolgerne l'annunzio ai miei fratelli nell'Episcopato dell'Ungheria ringraziandoli per la visita "ad limina", che hanno compiuto quest'anno. E' stata per me una grande gioia incontrarmi con i Pastori di quelle Chiese locali, ricche di una millenaria storia cristiana, che fin dai primordi della loro èra nazionale con i Re santo Stefano e san Ladislao, e con il santo Vescovo Martire Gerardo diedero subito testimonianza di indefettibile attaccamento alla Cattedra di Pietro.

La Chiesa in Ungheria, come in diversi altri Paesi del mondo occidentale ed orientale, si trova di fronte ad un profondo cambiamento sociale, accompagnato da fenomeni di secolarizzazione e di indifferenza religiosa.

Problemi prioritari della pastorale sono: la catechesi, specialmente della gioventù; la famiglia, che versa in crisi spirituale; vocazioni ecclesiastiche, che non sono sufficienti; comunità religiose, maschili e femminili, così benemerite nel corso dei secoli della cultura e del progresso della nazione ungherese. Per queste intenzioni preghiamo oggi con grande speranza e con un vivo auspicio per l'intensità della vita religiosa dei nostri fratelli cristiani in Ungheria.

Desidero ricordare la profonda devozione del popolo ungherese verso la Madonna, venerata come la "Magna Domina Hungarorum": nelle Grotte della Basilica di san Pietro in Vaticano fu eretta una bella cappella alla Madonna ed io stesso ebbi la gioia di benedirla e di celebrarvi la Messa l'8 ottobre 1980.

In questo tempo di Avvento, in cui ci sentiamo particolarmente vicini a Maria che attende la nascita del Figlio di Dio fattosi Uomo, ricordiamo a lei la Comunità cattolica ungherese.

Grazie per la vostra presenza. Oggi abbiamo una bellissima domenica perché liturgicamente è la domenica "Gaudete", che vuol dire "Rallegratevi", e perché, anche per quanto riguarda il tempo, oggi abbiamo un tempo buono e bello.

Così, auguro a tutti, in questa bella domenica, di rendere belle le proprie anime, aspettando la venuta del Signore che si è già molto approssimata. Sia lodato Gesù Cristo".




1982-12-12 Data estesa: Domenica 12 Dicembre 1982




L'omelia alla Messa nella parrocchia di Gesù buon Pastore - Roma

Titolo: Condividere con gli altri la vicinanza di Dio

Testo:


1. Oggi è la terza domenica di Avvento.

Abbiamo ascoltato la parola della divina liturgia. Meditiamo, ora, brevemente su ciò che essa ci dice.

L'"Avvento" non soltanto rivela la venuta di Dio a noi, ma anche indica la via che ci conduce a Dio. Di questa via ci parla proprio l'odierna liturgia.


2. Questa è, prima di tutto, la via del comportamento conforme alla coscienza.

Lo insegna Giovanni nella regione del Giordano. Egli risponde alle domande dei soldati, dei pubblicani e delle intere folle degli uomini: "Che cosa dobbiamo fare?" (Lc 3,10).

Comportatevi in modo giusto. Compite coscienziosamente i vostri doveri.

Sappiate dare del vostro agli altri. Condividete ciò che possedete con i bisognosi.

La via a Dio è soprattutto via della coscienza e della morale. Su questa via i Comandamenti conducono l'uomo.

Coloro che si convertono, nei pressi del Giordano, a questa via, ricevono il battesimo di penitenza.


3. Giovanni conferisce questo battesimo e contemporaneamente annunzia la venuta di Cristo, che "battezzerà in Spirito Santo e fuoco" (Lc 3,16).

La via a Dio consiste non soltanto nell'osservanza dei Comandamenti, ma in una più profonda purificazione dell'anima dall'attaccamento al peccato, alla concupiscenza e alle passioni.

Giovanni si serve qui di un'immagine molto espressiva. Come il ventilabro separa il frumento dalla pula, così la grazia di Dio, operando nell'anima umana, la purifica dalle cattive inclinazioni, e dai vizi, affinché diventi un granaio di puro frumento. Una tale purificazione a volte costa all'uomo; è collegata col dolore e con la sofferenza, ma è indispensabile, dato che l'anima deve conservare in sé ciò che è nobile, onesto e puro. La pula deve bruciare, affinché rimanga il buon frumento per fare il pane.

Così insegna Giovanni nei pressi del Giordano.


4. D'altra parte il profeta Sofonia incoraggia l'uomo che ha paura della potenza purificatrice di Dio e della sua grazia.

Parla in metafora, rivolgendosi a Gerusalemme: "Non temere, Sion, / non lasciarti cadere le braccia! / Il Signore tuo Dio in mezzo a te / è un salvatore potente" (So 3,16-17).

Il desiderio della salvezza, ossia della vita nella grazia di Dio, deve superare la paura con cui l'uomo si difende dalla forza purificatrice di Dio.

A mano a mano che cede il male radicato nell'anima, e che si attenuano gli attaccamenti peccaminosi, Dio si avvicina, e insieme con lui vengono nell'anima la gioia e la pace.


5. Di questa gioia parla san Paolo nella lettera ai Filippesi: "Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi... Il Signore è vicino!" (4,4-5).

Quando l'anima si distacca dal peccato, dalle passioni e dai vizi, Dio s'avvicina, ed essa vive il suo avvento, la sua venuta, la sua presenza, la sua vicinanza.

Questa "vicinanza" si manifesta "nella preghiera": l'uomo "espone" a Dio tutte le sue richieste con fiducia e permane nel "ringraziamento".

La purificazione dell'anima porta con sé anche "la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza" (v. 7).

Così la via a Dio è la via alla gioia e alla pace interiore, che il peccato e la concupiscenza non sanno dare all'uomo.


6. In un tale stato, il cuore umano canta insieme col profeta Isaia: "Ecco, Dio è la mia salvezza; / io confidero, non temero mai, / perché mia forza e mio canto è il Signore; / egli è stato la mia salvezza" (12,2).

Queste parole rispecchiano lo stato dell'anima che vive nella grazia di Dio.


7. Tuttavia il cammino a Dio non si esaurisce con la sola letizia interiore.

L'uomo desidera avvicinare a lui anche gli altri. Vuole che anche essi attingano acqua "alle sorgenti della salvezza" (v. 3). Diventa quindi messaggero e apostolo dell'amore di Dio: "Lodate il Signore, invocate il suo nome; / manifestate tra i popoli le sue meraviglie; / proclamate che il suo nome è sublime" (v. 4).


8. L'uomo obbediente alla grazia di Dio, scopre il mondo delle opere di Dio, che sono nascoste agli occhi del peccatore: "Cantate inni al Signore, / perché ha fatto opere grandi, / ciò sia noto in tutta la terra" (v. 5).

L'uomo, guidato dalla grazia divina, desidera pure condividere con gli altri la vicinanza di Dio che egli esperimenta: "Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion, / perché grande in mezzo a voi è il Santo di Israele" (v. 6).


9. Oggi, in occasione di questa visita alla vostra parrocchia, desideriamo, cari fratelli e sorelle, condividere gli uni con gli altri la vicinanza di Dio nel tempo di Avvento. Desidero condividerla con voi come Vescovo che visita questa parrocchia. E desidero anche parteciparne con tutti coloro che formano la parrocchia di Gesù Buon Pastore, una viva cellula dell'antica Chiesa apostolica che è a Roma.


10. Saluto di cuore il Cardinale Vicario e il Vescovo Ausiliare, Monsignor Clemente Riva, saluto i cari padri Paolini, ai quali questa Comunità parrocchiale è affidata, con particolare pensiero per il Parroco, Don Lino Brazzo.

Il mio cordiale saluto va poi a tutti coloro che più da vicino partecipano alla missione evangelica affidata ai padri Paolini: i religiosi e le religiose operanti nella parrocchia, i catechisti, le associazioni di Azione cattolica e quella scautista, i gruppi dell'Apostolato della preghiera, dell'Opera Ritiri di perseveranza, della Pia Unione degli Amici del santissimo Sacramento, il Gruppo di preghiera "Padre Pio", il Gruppo parrocchiale del Vangelo, e il Gruppo dei coniugi: un insieme ricco e vario di strutture organizzative e di impegno spirituale, che nella fedeltà ai legittimi Pastori, contribuiscono a creare, nel contesto parrocchiale, un armonioso e pluralistico contemperamento della dimensione "verticale" con quella "orizzontale" della vita cristiana.

Il mio saluto si allarga a tutto il Popolo di Dio che è in questa parrocchia, a quanti si nutrono della Parola divina che qui si dispensa, a tutti i laici, a cominciare dai sofferenti nel corpo e nello spirito, i poveri e i bisognosi, i bambini, i ragazzi ed i giovani, le famiglie, gli anziani. Essi costituiscono il "Corpo Mistico" di questa parrocchia che, come la Chiesa universale, è Sposa di Cristo.

E voglio ricordare con affetto anche le persone di buona volontà che, pur sentendosi o trovandosi ai margini delle strutture visibili della realtà parrocchiale, tuttavia sono alla ricerca della verità e della giustizia; sono - forse inconsciamente - alla ricerca di Cristo e della Chiesa. Il mio saluto, un particolare saluto, va anche a loro, nella luce del Natale ormai vicino.


11. La vostra Comunità parrocchiale è al servizio di un'area urbana estremamente estesa: 30.000 abitanti! So con quale generosità molti di voi si prodigano al servizio dei fratelli.

So che il vostro dinamismo apostolico avverte con ansia il divario quantitativo esistente tra le proporzioni numeriche e visibili della vostra Comunità, e la grandiosa realtà umana nella quale siete immersi, e quasi nascosti.

Ebbene, io voglio dirvi, in nome di Cristo: "Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno" (Lc 12,32). Abbiate umile e coraggiosa coscienza di ciò che vi ha donato il Padre. Sia questa coscienza la vostra forza, la vostra luce, la vostra speranza. Donate al mondo ciò che il Padre ha donato a voi: il Regno di Dio.

Non stancatevi, per questo, di cercare continuamente anche le occasioni minime per allargare contatti e collaborazioni leali e prudenti con quella grande realtà umana e sociale nella quale siete immersi come fermento, onde condurre o portare avanti quell'opera di promozione fondata sulla verità, la giustizia e il rispetto per la dignità della persona, che costituisce, per il mondo, il preambolo necessario alla conoscenza di Cristo nella fede e nella Chiesa.


12. Cari fratelli e sorelle! Ci è stato dato di meditare sulla Parola di Dio dell'odierna liturgia.

Abbiamo rinnovato la nostra consapevolezza delle vie per le quali Dio s'avvicina a ciascuno di noi, e di quelle che ci conducono a lui.

Gesù Cristo è Buon Pastore.

Il Buon Pastore cerca le vie per il suo ovile.

L'esperienza della vicinanza del nostro Dio nel tempo di Avvento, prepari i cuori di tutti alla gioia del Natale!




1982-12-12 Data estesa: Domenica 12 Dicembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Ai membri del Comitato per le celebrazioni francescane con un gruppo di premi Nobel per la pace - Città del Vaticano (Roma)