GPII 1982 Insegnamenti - Udienza generale - Città del Vaticano (Roma)

Udienza generale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il matrimonio come sacramento chiarisce il significato sponsale e redentore dell'amore

Testo:


1. L'Autore della lettera agli Efesini, come abbiamo già visto, parla di un "grande mistero", unito al sacramento primordiale mediante la continuità del piano salvifico di Dio. Anche egli si riporta al "principio", come aveva fatto Cristo nel colloquio con i Farisei (cfr. Mt 19,8), citando le stesse parole: "Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne" (Gn 2,24). Quel "grande mistero" è soprattutto il mistero della unione di Cristo con la Chiesa, che l'Apostolo presenta nella similitudine dell'unità dei coniugi: "Lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa" (Ep 5,32).

Ci troviamo nell'àmbito della grande analogia, in cui il matrimonio come sacramento da un lato viene presupposto e, dall'altro, riscoperto. Viene presupposto come sacramento del "principio" umano, unito al mistero della creazione. E viene invece riscoperto come frutto dell'amore sponsale di Cristo e della Chiesa, collegato col mistero della Redenzione.


2. L'Autore della lettera agli Efesini, rivolgendosi direttamente ai coniugi, li esorta a plasmare il loro rapporto reciproco sul modello dell'unione sponsale di Cristo e della Chiesa. Si può dire che - presupponendo la sacramentalità del matrimonio nel suo significato primordiale - ordina loro di apprendere nuovamente questo sacramento dall'unione sponsale di Cristo e della Chiesa: "E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa..." (Ep 5,25-26). Questo invito, indirizzato dall'Apostolo ai coniugi cristiani, ha la sua piena motivazione in quanto essi, mediante il matrimonio come sacramento, partecipano all'amore salvifico di Cristo, che si esprime al tempo stesso come amore sponsale di lui verso la Chiesa. Alla luce della lettera agli Efesini - appunto mediante la partecipazione a questo amore salvifico di Cristo - viene confermato ed insieme rinnovato il matrimonio come sacramento del "principio" umano, cioè sacramento in cui l'uomo e la donna, chiamati a diventare "una sola carne", partecipano all'amore creatore di Dio stesso. E vi partecipano, sia per il fatto che, creati ad immagine di Dio, sono stati chiamati in virtù di questa immagine ad una particolare unione ("communio personarum"), sia perché questa stessa unione è stata fin dal principio benedetta con la benedizione della fecondità (cfr. Gn 1,28).


3. Tutta questa originaria e stabile struttura del matrimonio come sacramento del mistero della creazione - secondo il "classico" testo della lettera agli Efesini (5,21-33) - si rinnova nel mistero della Redenzione, quando quel mistero assume l'aspetto della gratificazione sponsale della Chiesa da parte di Cristo.

Quell'originaria e stabile forma del matrimonio, si rinnova quando gli sposi lo ricevono come sacramento della Chiesa, attingendo alla nuova profondità della gratificazione dell'uomo da parte di Dio, che si è svelata e aperta col mistero della Redenzione, quando "Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa..." (vv. 25-26). Si rinnova quella originaria e stabile immagine del matrimonio come sacramento, quando i coniugi cristiani - consapevoli dell'autentica profondità della "redenzione del corpo" - si uniscono "nel timore di Cristo" (v. 21).


4. L'immagine paolina del matrimonio, iscritta nel "grande mistero" di Cristo e della Chiesa, accosta la dimensione redentrice dell'amore alla dimensione sponsale. In certo senso unisce queste due dimensioni in una sola. Cristo è divenuto sposo della Chiesa, ha sposato la Chiesa come sua sposa, perché "ha dato se stesso per lei" (v. 25). Mediante il matrimonio come sacramento (come uno dei sacramenti della Chiesa) ambedue queste dimensioni dell'amore, quella sponsale e quella redentrice, insieme con la grazia del sacramento, penetrano nella vita dei coniugi. Il significato sponsale del corpo nella sua mascolinità e femminilità, che si è manifestato per la prima volta nel mistero della creazione sullo sfondo dell'innocenza originaria dell'uomo, viene collegato nell'immagine della lettera agli Efesini col significato redentore, e in tal modo confermato e in certo senso "nuovamente creato".


5. Questo è importante riguardo al matrimonio, alla vocazione cristiana dei mariti e delle mogli. Il testo della lettera agli Efesini (5,21-33) si rivolge direttamente a loro e parla soprattutto a loro. Tuttavia, quel collegamento del significato sponsale del corpo con il suo significato "redentore" è ugualmente essenziale e valido per l'ermeneutica dell'uomo in generale: per il fondamentale problema della comprensione di lui e dell'auto-comprensione del suo essere nel mondo. E' ovvio che non possiamo escludere da questo problema l'interrogativo sul senso di essere corpo, sul senso di essere, in quanto corpo, uomo e donna. Questi interrogativi sono stati posti per la prima volta in rapporto con l'analisi del "principio" umano, nel contesto del libro della Genesi. Fu quel contesto stesso, in certo senso, ad esigere che fossero posti. Ugualmente lo richiede il "classico" testo della lettera agli Efesini. E se il "grande mistero" dell'unione di Cristo con la Chiesa ci obbliga a collegare il significato sponsale del corpo con il suo significato redentore, in tale collegamento i coniugi trovano la risposta all'interrogativo sul senso di "essere corpo", e non solo essi, benché soprattutto a loro sia indirizzato questo testo della lettera dell'Apostolo.


6. L'immagine paolina del "grande mistero" di Cristo e della Chiesa parla indirettamente anche della "continenza per il regno dei cieli", in cui ambedue le dimensioni dell'amore, sponsale e redentore, si uniscono reciprocamente in un modo diverso da quello matrimoniale, secondo diverse proporzioni. Non è forse quell'amore sponsale, con cui Cristo "ha amato la Chiesa", sua sposa, "e ha dato se stesso per lei", ugualmente la più piena incarnazione dell'ideale della "continenza per il regno dei cieli" (cfr. Mt 19,12)? Non trovano sostegno proprio in essa tutti coloro - uomini e donne - che, scegliendo lo stesso ideale, desiderano collegare la dimensione sponsale dell'amore con la dimensione redentrice, secondo il modello di Cristo stesso? Essi desiderano confermare con la loro vita che il significato sponsale del corpo - della sua mascolinità o femminilità -, profondamente inscritto nella struttura essenziale della persona umana, è stato aperto in un modo nuovo, da parte di Cristo e con l'esempio della sua vita, alla speranza unita alla redenzione del corpo. così, dunque, la grazia del mistero della Redenzione fruttifica anche - anzi fruttifica in modo particolare - con la vocazione alla continenza "per il regno dei cieli".


7. Il testo della lettera agli Efesini (5,22-23) non ne parla esplicitamente. Esso è indirizzato ai coniugi e costruito secondo l'immagine del matrimonio, che attraverso l'analogia spiega l'unione di Cristo con la Chiesa: unione nell'amore redentore e sponsale insieme. Non è forse appunto questo amore che, quale viva e vivificante espressione del mistero della Redenzione, oltrepassa il cerchio dei destinatari della lettera circoscritti dall'analogia del matrimonio? Non abbraccia ogni uomo e, in certo senso, tutto il creato, come denota il testo paolino sulla "redenzione del corpo" nella lettera ai Romani (cfr. 8,23)? Il "sacramentum magnum" in tal senso è addirittura un nuovo sacramento dell'uomo in Cristo e nella Chiesa: sacramento "dell'uomo e del mondo", così come la creazione dell'uomo, maschio e femmina, ad immagine di Dio fu l'originario sacramento dell'uomo e del mondo. In questo nuovo sacramento della redenzione è inscritto organicamente il matrimonio, così come fu inscritto nell'originario sacramento della creazione.


8. L'uomo, che "dal principio" è maschio e femmina, deve cercare il senso della sua esistenza e il senso della sua umanità giungendo fino al mistero della creazione attraverso la realtà della Redenzione. Ivi si trova anche la risposta essenziale all'interrogativo sul significato del corpo umano, sul significato della mascolinità e femminilità della persona umana. L'unione di Cristo con la Chiesa ci consente di intendere in quale modo il significato sponsale del corpo si completa con il significato redentore, e ciò nelle diverse strade della vita e nelle diverse situazioni: non soltanto nel matrimonio o nella "continenza" (ossia verginità o celibato), ma anche, per esempio, nella multiforme sofferenza umana, anzi: nella stessa nascita e morte dell'uomo. Attraverso il "grande mistero", di cui tratta la lettera agli Efesini, attraverso la nuova alleanza di Cristo con la Chiesa, il matrimonio viene nuovamente inscritto in quel "sacramento dell'uomo" che abbraccia l'universo, nel sacramento dell'uomo e del mondo, che grazie alle forze della "redenzione del corpo" si modella secondo l'amore sponsale di Cristo e della Chiesa fino alla misura del compimento definitivo nel regno del Padre.

Il matrimonio come sacramento rimane una parte viva e vivificante di questo processo salvifico.

La preghiera alla Signora di Jasna Gora Signora di Jasna Gora! Unito a te nel segno della tua Effigie di Jasna Gora, cerco di condividere la sollecitudine della Chiesa e della Nazione che i Vescovi polacchi manifestano nel Comunicato della loro recente Conferenza: "Nel settore dei problemi sociali i Vescovi ricordano che la Chiesa è corresponsabile della sorte della Nazione, nella quale essa svolge la sua missione apostolica. Nello spirito di questa responsabilità la Chiesa desidera contribuire al consolidamento e alla crescita del bene comune, prima di tutto mediante l'insegnamento della fede di Cristo e l'approfondimento della morale cristiana nella vita individuale e sociale. La missione della Chiesa ha carattere religioso; essa pero non viene realizzata al di fuori delle condizioni della vita sociale e politica. E' dovere della Chiesa di prendere la parola ogni volta che lo richiede il bene spirituale dei fedeli e la difesa dei valori morali e della dignità della persona umana.

Negli ultimi mesi si sono verificati alcuni avvenimenti, nel nostro Paese, che hanno colpito dolorosamente interi gruppi sociali e numerose singole persone. Tra l'altro sono stati sciolti tutti i sindacati, tra i quali anche il Sindacato Indipendente ed Autonomo "Solidarnosc", che godeva il riconoscimento di vasti cerchi sociali, e il Sindacato Indipendente Autonomo "Solidarnosc" degli Agricoltori.

E' da rimpiangere che non siano state scelte altre vie, quando la nazione aspira alla pace e all'ordine sociale. La Chiesa ritiene che la costruzione della durevole pace sociale richiede il rispetto delle giuste aspirazioni della società, organizzata in gruppi sociali, in base agli accordi raggiunti e alle convenzioni ottenute come risultato del dialogo" Unito a te, Madre della nostra Nazione, nmel segno della tua Effigie di Jasna Gora, ti presento con dolore - e nello stesso tempo con piena speranza e fiducia - questi difficili problemi e sollecitudini che i miei fratelli nell'Episcopato esprimono.

Ai membri dell'Arciconfraternita dei Sicialini e ad altri gruppi di pellegrini italiani Il mio affettuoso saluto va ora ai membri della venerabile Arciconfraternita "Santa Maria Odigitria" dei Siciliani in Roma, guidati dal Primicerio, l'Arcivescovo Monsignor Antonio Maria Travia, mio Elemosiniere. Voi siete venuti, anche in rappresentanza di tutti i Siciliani, col gentile proposito di esprimere gratitudine per la mia recente Visita nella Valle del Belice ed a Palermo. Sono vivissimi nel mio spirito i ricordi delle ore trascorse nella vostra amata Isola, terra di fede e di preziose tradizioni culturali, i cui figli sono animati dalla volontà costante di risolvere nella pace e nella giustizia i difficili problemi emergenti dalla vita sociale. Carissimi Confrati, la Vergine Odigitria vi guidi lungo il cammino della vostra testimonianza cristiana e sia per voi, e per le vostre famiglie, fonte di luce e di profonda consolazione, come vi auguro di cuore in questa ormai imminente vigilia natalizia.

Ed ora mi rivolgo agli Allievi Ufficiali di Complemento della Scuola del Genio di Roma ed ai Militari del Presidio Aeronautico di Roma e Guidonia, accompagnati dai familiari, venuti ad esprimere al Papa gli auguri di Buon Natale.

Grazie di cuore. Vi accompagno tutti con la mia preghiera e porgo a voi ed alle vostre famiglie i più fervidi auguri di letizia per le feste ormai vicine del nostro Redentore, al quale tutti insieme diciamo con la liturgia odierna: "Vieni, Signore, Re di giustizia e di pace".

Agli Insegnanti ed Alunni dell'Istituto Tecnico "Padre Reginaldo Giuliani" dirigo ora il mio benvenuto, lieto di essere circondato da tanti giovani desiderosi di manifestare al Papa la loro volontà di affrontare il futuro con vigoroso impegno per una società più ordinata e giusta, attingendo forza dalla fede in Gesù Cristo, Salvatore di ogni uomo. Cari giovani, sono con voi e prego per voi.

Anche ai giovani pellegrini dell'Istituto Tecnico Industriale "Ettore Maiorana" di Avezzano esprimo il mio beneaugurante saluto. Ad essi ed a tutti i giovani dico: con l'entusiasmo del vostro cuore giovane, camminate incontro a Cristo, cercatelo insieme ed amatelo insieme, sorreggendovi a vicenda; solo egli è Via, Verità e Vita; solo egli è la speranza dell'umanità. Preparatevi con impegno al Natale, vivendo intensamente il periodo dell'Avvento. Vi accompagno con la mia benedizione.

Un particolare saluto rivolgo a tutti gli ammalati e a quanti soffrono nel corpo e nello spirito. La vostra sofferenza, le vostre pene, vissute alla luce della fede, sono una testimonianza del vostro amore a Cristo Redentore, sono un invito, per quanti hanno cura di voi e vivono con voi, a riconoscere il valore della vita, quale dono di Dio affidato all'uomo. Auspico che, illuminati da Cristo Redentore, possiate scoprire il valore della sofferenza.

A tutti voi, cari ammalati, auguro tanta serenità e vi benedico di cuore.

Infine un saluto a tutte le coppie di novelli Sposi. La grazia che evete ricevuta nel sacramento del Matrimonio, vi renda capaci di un amore grande, per essere nel mondo immagine viva dell'amore di Dio. Siate suoi collaboratori, responsabili e generosi, nel trasmettere la vita. Vivete insieme la vostra fede per educare cristianamente i figli che Dio vorrà donarvi. Siate famiglie aperte, siate famiglie vive! La società dei nostri tempi ha particolarmente bisogno di una testimonianza delle coppie di sposi autenticamente cristiane. La preghiera, fatta insieme ogni giorno, rafforzi la vostra gioia.

Volentieri imparto la mia benedizione a tutti voi e alle vostre famiglie.




1982-12-15 Data estesa: Mercoledi 15 Dicembre 1982




Ai Vescovi francesi della "Région Midi" in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Elevare il livello della cultura cristiana

Testo:

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Con il vostro gruppo termina la visita "ad limina" dei Vescovi francesi. Come i vostri confratelli, anche voi avete fatto di questa settimana un tempo forte della vostra comunione con la Sede Apostolica: preghiera, concelebrazioni, scambi con ciascuno dei Dicasteri - ai quali avete sottoposto lealmente i vostri problemi pastorali -, incontri prolungati con il successore di Pietro. Nelle mie allocuzioni, non è evidentemente possibile trattare tutti i temi che interessano la vostra responsabilità di Vescovi, ma solamente alcuni che sembrano più attualmente importanti o più complessi. In verità, ho voluto aiutarvi a comprendere e a promuovere l'essenziale. Per esempio, mi rammarico di non aver potuto sviluppare ciò che concerne la "vita familiare" - ma ne parlo spesso altrove -, o la vita religiosa, o lo slancio missionario.

A questo riguardo, conoscete bene la mia convinzione: il contributo dei religiosi e delle religiose è indispensabile alla Chiesa, non solamente per la cooperazione sempre più integrata che questi fratelli e sorelle, più disponibili, apportano ai numerosi compiti dell'evangelizzazione, ma anche perché il loro stato religioso è in sé una testimonianza senza pari dell'amore di Gesù e delle beatitudini, e ricorda a tutti gli altri cristiani che essi stessi sono chiamati alla perfezione, secondo il loro stato di vita. Quanto ai monasteri di vita contemplativa, maschili e femminili, essi giocano, come direbbe santa Teresa di Lisieux, il ruolo del "cuore" nel grande Corpo della Chiesa. Io vi domando dunque di trasmettere a queste comunità di religiosi e religiose e a tutte le persone consacrate, l'assicurazione della mia comunione invisibile e la mia particolare benedizione. Mantenete una viva preoccupazione di offrire a questi Istituti il necessario sostegno, e di vegliare, con simpatia e discernimento, sui tentativi di nuove fondazioni in ricerca di uno statuto.

Vorrei anche incoraggiare il vostro paese a continuare e a rinnovare, sotto le forme oggi opportune, il grande slancio missionario verso i paesi del Terzo Mondo, che è stato così vivo in Francia fino ai tempi recenti: nessuna Chiesa particolare può vivere ripiegata su se stessa, anche se si considera impoverita di mezzi apostolici. La preoccupazione delle altre Chiese, il dono e lo scambio, sono segni di vigore e aprono nuovi cammini di vitalità.

Per ciò che riguarda più particolarmente la vostra regione di cultura occitana o catalana, che ha la sua propria individualità da sviluppare, ho notato le vostre inquietudini e le vostre speranze, per esempio i problemi della dispersione dei cristiani, della visibilità della Chiesa, dell'isolamento dei sacerdoti, della fede dei giovani, del linguaggio adatto a raggiungere l'opinione pubblica... Oggi senza dimenticare gli sforzi che devono essere promossi - per accrescere in particolare la responsabilità e la collaborazione delle forze vive, sacerdoti, diaconi permanenti, religiosi e laici, a livello dei compiti pastorali e dell'impegno concreto dei cristiani -, insisto su due orientamenti fondamentali: avete voi stessi appena parlato del fatto che "i cristiani sentono la necessità di una solida formazione dottrinale e di una profonda vita spirituale".


2. L'annuncio della Buona Novella a tutti gli ambienti costituisce indubbiamente la missione primaria della Chiesa e dunque dei Vescovi. L'urgenza è tanto più grande in quanto la "secolarizzazione" si va sempre più estendendo: i valori cristiani pervadono poco le mentalità e le scelte concrete e, anche là dove certi valori sono apprezzati e in parte vissuti sul piano umano, essi non sono più, anche negli stessi battezzati, sufficientemente collegati alla fede in un Dio personale, al Dio di Gesù Cristo, al mistero della sua salvezza. La cultura dominante ne è testimonianza: vi è spesso indifferenza verso il Dio vivo, e materialismo pratico nei comportamenti.

Ma, come il Nuovo Testamento e tutta la Tradizione provano, l'annuncio della fede è inseparabile dalla riflessione della Chiesa sulla Rivelazione che le è stata affidata e da un dialogo con la cultura di ciascuna epoca. Da li è nato e si è sviluppato ciò che si chiama teologia. Il cammino teologico, per un verso contemplativo, è indispensabile all'evangelizzazione. Come in tutte le crisi di civiltà, il suo compito è oggi difficile. Esso richiede pionieri, sacerdoti che vi si consacrino interamente, con lo spirito di fede, con la fedeltà fiduciosa al Magistero e il coraggio che caratterizzano altri grandi servizi ecclesiali. La Chiesa che è in Francia possiede a questo riguardo tradizioni ricche e ben conosciute. Spetta a voi, proprio a voi Vescovi, vegliare sulle nuove generazioni.

I nuovi tempi vedranno svilupparsi una cultura profana prodigiosa, che non mancherà di mettere ancor più in causa il Vangelo. Una semplice spontaneità apostolica, anche la più generosa, ridotta ad una specie di empirismo, non potrà da se sola assicurare l'annuncio della Parola di Dio.


3. Un triplice compito che, so bene, non vi sfugge, oggi si impone a tutto l'Episcopato in questo campo. Innanzitutto stimolare tutti i sacerdoti ad una formazione teologica e ministeriale continua e sempre più accorta. Poi, offrire a numerosi laici che lo domandano o che si impegnano nella Chiesa i mezzi adatti per un'intelligente riflessione della fede; voi avete citato a questo riguardo numerose interessanti iniziative. Infine - e questo è forse più difficile vista la rarità delle vocazioni di cui ho già parlato in altra occasione - chiamare, tra i vostri sacerdoti ancora giovani, coloro che sono adatti a divenire teologi nella Chiesa. Meno sacerdoti ci sono, più la parola di ciascuno di essi deve essere illuminata e illuminante, capace, in tempi oscuri, di rispondere, a nome della Chiesa, all'attesa di molti. Come sarà possibile questo senza teologi qualificati, e diciamo anche con troppo pochi teologi di mestiere e ricercatori? Come ha già fatto il vostro Istituto cattolico di Tolosa - con il suo Seminario universitario - a guisa di quelli di Parigi, di Lione, di Lille, di Angers, è stato costituito per prepararli innanzitutto e accoglierli in seguito come maestri di dottrina.

Raramente è stato così indispensabile ripartire i nostri progetti e le nostre risorse, non solamente per mantenere, ma anche per elevare il livello della cultura cristiana nella Chiesa.


4. La Francia mantiene l'impronta del suo battesimo e deve ricordarsene, come ho detto a Bourget. Tuttavia, quando si rilevano oggi nel vostro paese, come altrove, le nuove attitudini così come le problematiche che esse implicano, è facile riconoscervi quello specifico groviglio di ragione e di insensatezza, di proposte consolatrici e di angoscia che costituivano il paganesimo al tempo in cui è apparso il cristianesimo. Che si tratti della nascita, del rispetto della vita, dell'amore, della sofferenza o della morte, sono tutte delle sfide e delle argomentazioni apparentemente identiche, cioè rivelano il medesimo cinismo, ma anche lo stesso bisogno incoercibile di verità e di salvezza. Il secolo che si avvicina non può che essere quello delle maggiori opzioni e dei testimoni vigorosi. Come non ricordare qui Jacques Maritain, che ha vissuto da voi i suoi ultimi anni e di cui si celebra attualmente il centenario? E' necessario che il compito teologico e apostolico che attende la Chiesa susciti, nelle nuove generazioni, l'entusiasmo che prelude ad una nuova avanzata della fede.


5. Arrivo ora ad un aspetto complementare: la forte "ricerca spirituale" che sta sorgendo in numerosi cristiani. Qui io parlo più esplicitamente del rinnovamento spirituale, ma penso anche a numerosi gruppi di preghiera, alle diverse comunità, alle sessioni e agli incontri consacrati alla preghiera, ai ritiri che si moltiplicano nei monasteri e negli altri luoghi di accoglienza spirituale, ai rinnovati pellegrinaggi e alla scoperta della preghiera. Se tutto questo richiede accompagnamento e vigilanza, è prima di tutto una grazia che viene a proposito per santificare la Chiesa. Noi non dobbiamo esserne sorpresi: "Lo Spirito vive nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un Tempio, prega in loro... è lui che ringiovanisce la Chiesa e la rinnova senza posa" (LG 4). E' lo Spirito che oggi lavora nella Chiesa con queste correnti spirituali di cui noi scopriamo l'esistenza con riconoscenza. Attraverso queste correnti si manifesta un rinnovato gusto per la preghiera che è sia personale che comunitaria, lode e intercessione, che è contemplazione e sorgente di evangelizzazione. Si, lo Spirito è all'opera in queste manifestazioni, purché esse siano fondate sulla Parola di Dio, alimentate alle fonti sacramentali, radicate nella Chiesa.


6. Nessuno può del resto fare esclusivamente propria l'eredità spirituale che appartiene alla Chiesa tutta intera. Se l'azione dello Spirito si manifesta con l'apparizione di gruppi e anche di comunità di fedeli, a lui è dovuta anche la generosità con la quale cristiani sempre più numerosi si impegnano, per amore del Signore, con spirito di fede e di preghiera, per fare opera di Chiesa nei differenti servizi: animazione liturgica, catechesi, movimenti cristiani, opere caritative, nell'àmbito della parrocchia, della diocesi, e in àmbiti più vasti.

"Resta... importante prendere coscienza della complementarietà e di stabilire dei legami... non solamente una stima reciproca, un dialogo, ma anche una certa decisione comune e una reale collaborazione", come dicevo ai laici di Parigi ("Dicorso", 2; 31 maggio 1980: "Insegnamenti" III,1 [1980] 1573).


7. L'esistenza del rinnovamento spirituale interpella le comunità dei credenti, in particolare sulla necessità e la qualità del loro rinnovamento cristiano. E la Chiesa, di cui essi fanno parte, interpella a sua volta coloro che invocano questo rinnovamento. Perché non bisogna che alle correnti di cui noi ammiriamo la vitalità si mescolino delle acque venute da altre sorgenti. Per esempio una certa diffidenza nei confronti delle dottrine rischierebbe di dare un posto troppo grande al sentimento: si farebbe allora una confusione pregiudizievole tra emozione ed esperienza spirituale. Il desiderio di una efficacia immediata, come di un certo "meraviglioso", può ugualmente fare dimenticare le lente e silenziose maturazioni della Parola di Dio nel cuore del credente. Se accade che lo Spirito faccia talvolta irruzione in maniera apparentemente improvvisa nella vita di un uomo o di una donna, trascinando alla conversione, non bisogna dimenticare pero le preparazioni prossime e più remote di cui lo Spirito si serve generalmente, e alle quali è doveroso cooperare. La fede fa i conti con il tempo.


8. In breve, tutto questo richiede il discernimento degli spiriti. Bisogna mantenere la regola d'oro formulata dall'apostolo Pietro: "A ciascuno, la manifestazione dello Spirito è data in vista del bene comune" (1Co 12,7). Spetta dunque a voi, in primo luogo, vedere come favorire al meglio il significato che deve essere dato al rinnovamento spirituale, assicurargli, come io stesso sottolineavo, "un modello di maturazione e di sviluppo pienamente aperto a tutte le ricchezze dell'amore di Dio nella sua Chiesa" ("Discorso ai Congressisti del "Rinnovamento Carismatico"", 3; 7 maggio 1981: "Insegnamenti", IV,1 [1981] 1125)).

Attorno a voi che siete responsabili dell'unità, ciascuno al suo livello deve fare opera di discernimento. Questo riguarda in particolare i sacerdoti affinché siano garanti del carattere ecclesiale di ogni gruppo di fedeli. Attribuiscano a questo aspetto della loro responsabilità una grande attenzione. Assicurino volentieri il ministero sacramentale nei gruppi, comunità, raggruppamenti che lo domandassero, in stretta unione con voi. Veglino affinché non nasca nessuna confusione dalla loro presenza: diverso è il loro ruolo di animatori di rinnovamento. I religiosi e le religiose che vi aderiscono non indeboliscano in niente il loro legame con il proprio Istituto, né l'obbedienza al loro Superiore legittimo. Vigilino, infine, affinché si mantengano alle parole il significato che esse hanno nel linguaggio della Chiesa: il vocabolario della vita religiosa non corrisponde sempre a queste nuove forme di raggruppamento che cercano ancora la loro identità canonica.

Dopo aver riaffermato queste esigenze, rallegriamoci nel constatare che la preghiera riprende il suo posto di capitale importanza nella Chiesa. Senza il ricorso allo Spirito Santo - che è precisamente l'anima della Chiesa -, come potrà essa svolgere il suo dinamismo e la sua prudenza apostolica? Questo non diminuisce in niente il compito teologico di cui ho parlato: le due cose devono andare di pari passo.


9. Parlandovi, avevo anche presente il centro per eccellenza degli incontri ecclesiali: Lourdes, alto luogo di preghiera e di conversione, per la vostra regione e per tanti altri paesi! Ringrazio il Signore per l'irradiamento che ha conosciuto il Congresso Eucaristico Internazionale. Lourdes rimane una fonte meravigliosa di grazie, alla quale io stesso aspiro attingere. Nostra Signora di Lourdes sostenga lo zelo dei Vescovi francesi, affinché essi attuino nelle loro diocesi questo compito di rinnovamento spirituale per tutto il Popolo di Dio, compito che il beato Alain de Solminihac realizzo così bene al suo tempo, nella diocesi di Cahors! E, per Maria Madre della Chiesa, lo Spirito Santo faccia ritrovare sempre più ai cristiani della Francia la gioia e il dinamismo della grazia del loro battesimo! Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo!




1982-12-16 Data estesa: Giovedi 16 Dicembre 1982




L'omelia alla Messa per gli universitari in preparazione al Natale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Riconosciamo con la fede la credibilità della Parola di Dio

Testo:


1. Preparate la strada del Signore! Ci riuniamo oggi, in questa sera di dicembre, entro le mura della Basilica di san Pietro, per aderire all'appello dell'Avvento.

Desidero esprimere la mia gioia cordiale per quest'incontro, al quale partecipano i professori e gli studenti delle Università di Roma, come anche gli ospiti provenienti da vari Centri Universitari d'Italia. Ci riuniamo qui, già per la quarta volta, nel periodo di Avvento, così come anche nel tempo di Quaresima, per soddisfare al bisogno della nostra fede.

La fede parla a noi con l'appello che un tempo era risuonato sulle labbra del profeta Isaia, e poi fu ripetuto da Giovanni Battista nella regione del Giordano: "Preparate la via al Signore, / raddrizzate i suoi sentieri!... / Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!" (Lc 3


4.6).

Alleluia, Alleluia, Alleluia.

E' possibile vedere la salvezza? Che cosa vuol dire la salvezza? Che cosa vuol dire essere salvato? Vuol dire: essere sottratto dal male, liberato da esso. Il che significa, al tempo stesso e soprattutto, essere abbracciato dal bene, essere riempito di bene. La salvezza significa la partecipazione al bene, partecipazione irreversibile al Bene inalterabile e definitivo.


2. Il profeta Isaia, sette secoli prima di Cristo, e Giovanni Battista nei pressi del Giordano, annunziano una tale salvezza. L'annunziano adoperando il futuro: "Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio". In queste parole essi esprimono ciò che costituisce la sostanza stessa dell'Avvento. L'Avvento parla infatti della salvezza che viene all'uomo da Dio: da Dio solo.

Qual era la credibilità di queste parole allora, nei tempi di Isaia? nei tempi di Giovanni Battista? Ne parlano le letture di Avvento e, tra le altre, quelle dell'odierna liturgia.

Qual è la credibilità di queste parole oggi? In un certo senso, è la stessa che allora. L'uomo, oggi come allora, sa per esperienza, per l'esperienza generale di tutti gli uomini, che la sua esistenza nel mondo visibile non lo fa partecipare al bene inalterabile e definitivo. E se questa esistenza terrena offre all'uomo diversi beni, se l'insieme dei beni che esistono nel mondo e quelli che vengono prodotti dal genere umano cresce e aumenta di potenza, al tempo stesso essi, presi tutti insieme, non sono capaci di "salvare" l'uomo, cioè di liberarlo da ogni male, e di considerarlo nella pienezza del bene. Anzi, l'uomo odierno, nella dimensione cosmica della sua esistenza, risente della minaccia da parte di un molteplice male forse ancor maggiormente, e in maniera più dolorosa, che non i contemporanei del profeta Isaia o di Giovanni Battista sulle sponde del Giordano.

Questo è tuttavia un argomento esclusivamente negativo. Esso dice: "il mondo non salva". Dice: "L'uomo non trova la salvezza nella sua sorte terrena".

Sotto quest'aspetto, la credibilità delle parole di Isaia e di Giovanni Battista è oggi simile a quella di un tempo. Forse perfino ancor più drammatica.


3. Tuttavia, queste parole non si arrestano soltanto su di una tale credibilità.

Non si fermano sull'argomento esclusivamente negativo. Di un tale argomento il profeta non si serve nemmeno. Egli non dice ai suoi ascoltatori: "il mondo non vi salverà", ma dice addirittura: "vi salverà Dio" - "ogni uomo vedrà la salvezza di Dio". Il profeta si serve del linguaggio della fede, dell'argomento della fede. E, se presuppone tacitamente la credibilità che deriva dall'esperienza generale degli uomini, lo fa per invocare, anche su tale base, la credibilità della Parola di Dio stesso.

Dio ha detto che egli vuole salvare l'uomo.

Dio dice costantemente che egli è la salvezza dell'uomo. Lo ha detto per mezzo di Isaia e di tutti i profeti. Lo ha detto per mezzo di Giovanni Battista.

Soprattutto lo ha detto per mezzo di Gesù Cristo. E con la potenza di Cristo lo dice costantemente per mezzo della Chiesa.

Lo dice in modo particolare nell'Avvento.

E noi ci incontriamo in questo Avvento per ascoltare, ancora una volta, la Parola di Dio circa la salvezza che viene da Dio; per accogliere questa parola con la fede; per riconoscere la credibilità che compete soltanto alla Parola di Dio: a lui solo. Infine per prepararci - mediante questo atto e questo procedimento di fede consapevole, adeguato allo spirito di Avvento - all'incontro con Dio che viene.

"Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri!... / Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!".


4. Vi prego, cari fratelli e sorelle, di accogliere questo invito con tutta la semplicità della vostra fede. L'uomo prepara la via del Signore, e raddrizza i suoi sentieri, quando esamina la propria coscienza, quando scruta le sue opere, le sue parole, i suoi pensieri, quando chiama il bene e il male col loro nome, quando non esita a confessare i suoi peccati nel sacramento della Penitenza, pentendosi di essi e facendo il proposito di non peccare più.

Proprio questo significa "raddrizzare i sentieri". Ciò significa anche accogliere la buona novella della salvezza. Ciascuno di noi può "vedere la salvezza di Dio" nel proprio cuore e nella sua coscienza, quando partecipa al Mistero della remissione dei peccati, come al suo proprio Avvento.


5. E quando ricevete questo sacramento, vi prego di pensare a ciò che ci dice il Vangelo della liturgia odierna.

Cristo rende testimonianza al suo Precursore. Rende testimonianza a Giovanni nella regione del Giordano. Lo fa con termini metaforici e potenti.

Domanda ai suoi ascoltatori: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? E allora - dice - cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti?" (Lc 7,24-25).

Cristo pone questa domanda in forma retorica, così che, mediante la negazione, si possa far vedere ancor più l'evidente verità su chi era Giovanni. E' noto infatti che egli non si agitava come una canna al vento, ma professava in modo semplice e fondamentale la verità e la proclamava. E' noto che non era avvolto in morbide vesti, ma in "un vestito di peli di cammello" (Mt 3,4), e questo era solo uno dei molti particolari riguardanti la sua vita dura e mortificata.

Si, Giovanni era un profeta. Era "più che un profeta" (Lc 7,26). Egli era "colui del quale sta scritto: Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero, egli preparerà la via davanti a te" (v. 27).

Si, Giovanni era un profeta e precursore del Messia. Cristo dice di lui che "tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni" (v. 28).


6. Perché ci soffermiamo a questa testimonianza che Cristo dà a Giovanni dalla regione del Giordano? Lo facciamo per renderci anche noi consapevoli di quale significato ha la parola di verità, con la quale professiamo che Cristo è "Agnello di Dio", Colui che toglie i peccati del mondo (cfr. Jn 1,29). Proprio così faceva Giovanni nella regione del Giordano.

Ecco, ognuno di noi pronuncia tali parole quando, nel sacramento della Penitenza, confessa il suo peccato, affinché l'Agnello di Dio tolga quel peccato.

E a chiunque di noi confessa con umiltà e contrizione questa parola di verità - la verità su se stesso - Cristo vuole dare una simile testimonianza, come ha dato a Giovanni dalla regione del Giordano. Infatti dice queste misteriose e significative parole: "Il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui" (Lc 7,28).

Quindi vi prego, fratelli e sorelle, di voler meditare, nel periodo d'Avvento, le parole di Cristo dette su Giovanni Battista - e di aver fame e sete di ricevere una simile testimonianza su di voi, esaminando la vostra coscienza e ricevendo il sacramento della Penitenza.

"Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri!... / Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!" (Lc 3,4-5).


7. La salvezza di Dio è opera di un amore più grande che il peccato dell'uomo.

Soltanto l'amore può cancellare il peccato e liberare dal male - e soltanto l'amore può consolidare l'uomo nel Bene: nel bene inalterabile ed eterno.

Ne parla ampiamente la prima lettura della liturgia odierna anch'essa presa dal profeta Isaia.

L'amore di Dio che ci porta la salvezza è paragonato in questa lettura all'amore di uno sposo, di un coniuge - come più di una volta avviene presso i profeti, e poi nella lettera paolina agli Efesini.

"Poiché tuo sposo è il tuo Creatore, / Signore degli eserciti è il suo nome; / tuo redentore è il Santo di Israele, / è chiamato Dio in tutta la terra" (Is 54,5).

E proprio questo Dio del nostro Avvento: Creatore e Redentore - fa, nelle parole di Isaia, questa professione di un tale amore verso l'uomo, verso l'uomo peccatore: "Anche se i monti si spostassero / e i colli vacillassero, / non si allontanerebbe da te il mio affetto, / né vacillerebbe la mia alleanza di pace" (v. 10).


8. Raddrizziamo i sentieri del Signore.

E prepariamoci - ancora una volta - all'incontro con questo Amore che nella notte del Natale del Signore si rivelerà nella figura di un Bambino senza tetto.

"Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio".

Ricordiamoci ancora che questo amore salvifico, che viene all'uomo nella notte di Betlemme, e si rivela nella Croce e nella Risurrezione, permane incessantemente iscritto nella vita della Chiesa come "Sacramento del Corpo e del Sangue", come Nutrimento delle anime.

Ogni volta che riceviamo questo Sacramento, ogni volta che accettiamo questo Nutrimento - prepariamo la via del Signore, raddrizziamo i suoi sentieri.

Che sempre, e soprattutto nel periodo d'Avvento, abbiamo fame e sete di questo Nutrimento! Che, mediante il Sacramento del Corpo e del Sangue, costruiamo la via sulla quale verrà a noi Dio nel mistero della sua nascita.

E' questo l'augurio che porgo a tutti voi, qui convenuti per questa celebrazione che ci prepara al Natale. Accompagno l'augurio con un saluto particolarmente cordiale, che si rivolge innanzitutto alla Senatrice Franca Falcucci, Ministro della Pubblica istruzione, agli illustri Rettori di Università ed ai Professori, che hanno voluto essere stasera qui con noi: la loro presenza mi è particolarmente gradita e desidero dire ad essi la mia gioia e la mia sincera riconoscenza per la loro partecipazione a questo momento significativo di riflessione e di preghiera.

Saluto poi di gran cuore tutti voi, studentesse e studenti universitari, che anche questa volta siete venuti numerosi ad un incontro, che sta diventando una bella consuetudine, ricca di un suo fascino singolare e capace di suscitare rinnovati propositi di impegno generoso nella testimonianza quotidiana della propria fede.

Resti viva nel cuore di ciascuno l'eco delle parole del profeta: "Preparate la via del Signore, / raddrizzate i suoi sentieri!... / Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!".




1982-12-16 Data estesa: Giovedi 16 Dicembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Udienza generale - Città del Vaticano (Roma)