GPII 1982 Insegnamenti - Ai membri del capitolo generale dell'Ordine ospedaliero di san Giovanni di Dio - Città del Vaticano (Roma)

Ai membri del capitolo generale dell'Ordine ospedaliero di san Giovanni di Dio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Umanizzate l'opera ospedaliera

Testo:

Carissimi fratelli in Cristo!


1. Come coronamento del vostro Capitolo Generale avete desiderato un incontro particolare col Papa, per esprimere in modo concreto la vostra fedeltà e la vostra devozione alla Chiesa, e per avere una parola di incoraggiamento per la vostra vita religiosa. Io sono molto lieto di accogliervi, e mentre porgo il mio deferente saluto a voi qui presenti e a tutti i confratelli sparsi nel mondo, vi esprimo pure la mia gratitudine per l'opera che il vostro Ordine svolge nella Chiesa.

Nella storia di ogni Ordine e di ogni Congregazione il Capitolo Generale è sempre un avvenimento di grande importanza, perché non solo permette di gettare uno sguardo sull'andamento complessivo della vita religiosa secondo il proprio carisma costituzionale, ma soprattutto spinge a nuovo fervore spirituale e ad una consacrazione più decisiva al proprio ideale: si medita sul passato, si considera il presente e si propone per l'avvenire. Ogni Capitolo Generale si deve ritenere una vera grazia di Dio, e conseguentemente anche una responsabilità non solo dei Superiori, che devono decidere per il meglio, ma anche dei singoli membri. E' questo l'augurio che di cuore formulo anche per voi, religiosi dell'Ordine Ospedaliero dei Fatebenefratelli, che da più di quattro secoli curate gli infermi con amore soprannaturale e totale dedizione. Quando l'8 marzo 1550 san Giovanni di Dio chiuse nella città di Granada la sua esistenza terrena, il piccolo drappello di discepoli, che a lui si erano affiancati, non lascio perire l'opera iniziata, tanto necessaria a quei tempi purtroppo insensibili verso gli umili e i poveri, e fece fruttificare ampiamente l'umile seme gettato dal Fondatore. Dopo tante vicende storiche e tanti travagli di epoche e di uomini, attraverso difficoltà e consolazioni, il vostro Ordine conta attualmente 191 Case, 1.721 religiosi, tra cui 116 sacerdoti. Sia ringraziato il Signore per tutto il bene che avete potuto compiere e siate ringraziati e benedetti anche voi, che continuate con coraggio e con amore la cura dei malati.


2. Insieme al vivo compiacimento per l'opera svolta, vi rivolgo poi l'esortazione a perseverare nel vostro ideale e a sempre migliorarvi nell'umanizzare e nel sensibilizzare l'opera ospedaliera e la professione medica. Avete indubbiamente una grande missione da compiere, che presuppone una "vocazione" e si dimostra sempre più valida e necessaria.

E' una missione attuale, come era attuale ai tempi dell'Umanesimo rinascimentale e, in seguito, all'epoca dell'Illuminismo. Infatti, nonostante il progresso scientifico e lo sviluppo sociale, il dolore rimane e rimangono la malattia, la sofferenza fisica e morale, la sventura: la corsa al benessere non elimina la infermità; la sete di godimento urta contro il muro implacabile del dolore! Da questa tragica e permanente contraddizione nasce il pericolo di emarginare chi soffre, perché la malattia diventa un peso, un fastidio, una noia.

Il malato talvolta non è considerato come una persona. E l'assistenza può diventare un "mestiere". Pertanto, voi siete chiamati a "umanizzare" la malattia, a trattare l'infermo come creatura di Dio, come fratello in Cristo. Voi ricordate la scena drammatica e commovente della Passione, quando Pilato indicando Gesù tutto ferito, piagato e coronato di spine, dice alla folla: "Ecce homo!" (Jn 19,5). Voi, quando negli ospedali, nelle infermerie, nelle farmacie, vedete la persona che soffre, smarrita e dolente, alla luce della fede, dite: "Ecce Christus!". E' indubbiamente una missione difficile ed esigente, che impegna tutta la vostra vita ed ogni vostra giornata, accanto a chi pena nel mistero della malattia e della sventura; ma è anche una missione consolante, perché sempre, ma specialmente in questi nostri tempi, gli uomini si chiedono il "perché" del dolore e della stessa vita, e molti talvolta rasentano l'abisso della disperazione, non trovando né conforto né significato. Voi, con la vostra presenza e con la vostra carità paziente e amorevole, rendete credibile la fede in Cristo e nella paternità di Dio, aprite nuovi orizzonti e nuove prospettive, siete di aiuto spirituale non solo ai malati, ma anche ai medici ed al personale. Che là dove c'è l'uomo sofferente, ci siate anche voi, sull'esempio di san Giovanni di Dio! E perciò, date le attuali necessità della società, auspico di cuore numerose vocazioni nel vostro Ordine Ospedaliero! Voglia il Signore ispirare tanti giovani universitari a donare la loro vita e la loro capacità a servizio dell'umanità sofferente tra le vostre file di consacrati!


3. Per essere in tal modo di vero aiuto e di esempio ai malati e ai medici, avete bisogno essenzialmente di mantenere un colloquio intenso con Cristo, mediante la preghiera personale e liturgica, la meditazione, la vita comunitaria nella comprensione e nell'affetto reciproco. Il Capitolo Generale si faccia apostolo e garante ovunque di una profonda vita interiore, unica fonte ed unica base di ogni autentico apostolato.

Mi piace concludere portando alla vostra considerazione la significativa figura del beato Riccardo Pampuri, che io stesso ebbi l'onore e la consolazione di elevare alla gloria degli altari nell'ottobre dello scorso anno. Persona affabile, delicata, sensibile, simpatica, eroica nel suo dovere di medico, affermava in una lettera alla sorella: "Quanto più grande sentiro la mia insufficienza, tanto più viva e piena porro la mia fiducia in Dio"; e pochi giorni prima della morte, avvenuta a Milano il 1° maggio 1930 a soli trentatre anni, confidava ai suoi parenti: "Sono contento e felice di aver fatto sempre la volontà del Signore".

Tale gioia desidero augurare anche a voi e a tutti i religiosi Fatebenefratelli: vi accompagni sempre la letizia del prossimo Natale, con la particolare protezione di Maria santissima e con la mia benedizione apostolica.




1982-12-17 Data estesa: Venerdi 17 Dicembre 1982




Ai partecipanti ad un "symposium" sulla fisica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dai grandi progressi compiuti dalla scienza pressante appello alla fraternità universale

Testo:

Signor Presidente, Signore, Signori.


1. Con grande piacere accolgo il vostro gruppo di eminenti fisici impegnati nella ricerca sulle alte energie. Il vostro Simposio internazionale, riunito a Roma su invito dell'Istituto nazionale italiano di Fisica nucleare, e grazie alla diligente iniziativa del professor Antonino Zichichi, prevede due giorni di intensi lavori e di scambi di rapporti molto tecnici. Sono quindi tanto più sensibile al vostro desiderio di rendermi visita e vorrei salutare personalmente ciascuno di voi che portate un contributo così qualificato alla scienza: so che sono presenti tra di voi quattro Premi Nobel, i direttori dei più grandi laboratori del mondo nel settore della fisica sub-nucleare, e molti studiosi di grande fama.

Il 15 giugno scorso, a Ginevra, avete cercato di familiarizzarmi con i vostri complessi lavori, mostrandomi le più tipiche installazioni del CERN. Ne conservo un eccellente ricordo, a causa delle cose prodigiose che mi hanno spiegato ed anche dell'atmosfera molto accogliente di quell'ambiente scientifico.

In quella occasione, di fronte a queste realtà, ho potuto esprimere, a nome della Chiesa, alcune riflessioni fondamentali sulla scienza, sui rapporti tra lo scienziato e il credente e sulle diverse applicazioni delle vostre scoperte, che il nostro breve incontro non mi permette di riprendere interamente.


2. Lo scopo del vostro Simposio è di primaria importanza, poiché mira a programmare e a coordinare l'attività e i progetti dei più grandi laboratori di ricerca d'Europa e d'America, esaminando le possibilità dei più perfezionati strumenti di cui voi disponete. Questo mostra una volta di più che la ricerca scientifica oggigiorno non è il lavoro di ricercatori isolati, ma richiede la collaborazione della comunità scientifica internazionale. Presso di voi, gli specialisti di matematica, di fisica teorica e di fisica sperimentale contribuiscono, ciascuno con le sue proprie capacità, all'impresa comune. Questo fa presente un aspetto altamente umano della scienza contemporanea, che io tengo a sottolineare; esso ha una risonanza spirituale poiché tende a far oltrepassare le barriere e gli ostacoli tra gli individui, tra i popoli, tra gli interessi particolari e nazionalisti, per mettere in comune, al servizio dell'umanità intera, le conoscenze e le risorse tecniche dovute al progresso scientifico. Ecco, a livello della scienza, un terreno di incontro, che comporta un invito pressante alla concordia, alla pace, alla fraternità universale.


3. Quando si sente parlare di energia nucleare e sub-nucleare, lo spirito non può fare a meno, purtroppo, di pensare agli effetti distruttori e catastrofici delle armi moderne. Non c'è del resto nessun dubbio che questa è una delle più gravi minacce per l'umanità. Personalità di ogni orizzonte sociale e culturale non cessano di segnalarlo; i miei predecessori ed io stesso, abbiamo a più riprese attirato l'attenzione degli uomini politici e degli studiosi su questo grave pericolo, soprattutto se i Governanti non hanno la saggezza o la volontà di frenare la produzione e l'accumulazione di questi terrificanti strumenti di morte.

Ma, d'altra parte, questo non mi impedisce di riaffermare chiaramente la piena legittimità, la nobiltà e l'utilità della ricerca scientifica, ivi compreso il campo delle energie e della fisica nucleare e sub-nucleare, sul piano teorico certamente, ed anche sul piano pratico, nelle applicazioni pacifiche di questa scienza.


4. Sul piano teorico infatti, quello della scienza pura, quello della conoscenza - che mi sembra essere quello in cui vi ponete -, la ricerca scientifica contemporanea cerca di svelare i segreti più profondi della natura. Scrutate la struttura microscopica della materia, a livello dei suoi elementi più infinitesimali come i leptoni e i quark, i loro raggruppamenti, le leggi energetiche che agiscono in questo àmbito; la vostra ricerca concerne anche l'indefinitivamente grande, la cosmologia, che cerca di decifrare la struttura e l'evoluzione dell'universo. Questo progetto costituisce la nobiltà dell'uomo, fintantoché non pretenda di sostituirsi alla conoscenza metafisica - che suppone la conoscenza delle cause seconde conosciute dalla scienza, ma si situa a livello della loro Causa prima - né alla conoscenza della fede ricevuta dalla Rivelazione di Dio. A questo prezzo, lo studioso cristiano non solo non vede nella scienza alcuna difficoltà per la sua fede, ma, distinguendo gli àmbiti, è felice di questo nuovo approccio della verità, anche per celebrare il Creatore. Il Salmista della Bibbia diceva, a partire da ciò che osservava con i suoi occhi: "I cieli narrano la gloria di Dio, / e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento" (Ps 18 [19],2). La scienza contemporanea, la vostra, permette di scoprire un mondo molto più meraviglioso, ed essa ci rinvia ancor più fortemente al Creatore, alla sua saggezza, alla sua potenza, al suo mistero, ed al mistero dell'uomo al quale Dio ha donato questo potere di decifrare ciò che esiste prima di lui.


5. Se noi ora prendiamo in considerazione il piano pratico - ed è necessario farlo, poiché le vostre scoperte disinteressate sfociano necessariamente in applicazioni e progressi tecnici -, è qui che entra in gioco la responsabilità degli uomini - la loro coscienza - per giudicare e decidere ciò che promuove la qualità della loro vita e la fraternità tra di loro. Il credente trova li anche un incoraggiamento ed una luce nel disegno di Dio espressogli anche nella prima pagina della Bibbia, che esorta l'uomo a dominare la terra con tutti i suoi elementi, a custodirla, a coltivarla, a svilupparla (cfr. Gn 1,26-27).

Il Concilio Vaticano II lo ha così precisato: "L'uomo creato ad immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene, e di governare il mondo nella giustizia e nella santità, e così pure di riportare a Dio se stesso e l'universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose". E aggiunge: "I cristiani non si sognano nemmeno di contrapporre i prodotti dell'ingegno e della potenza dell'uomo alla potenza di Dio..., al contrario, piuttosto, essi sono persuasi che le vittorie dell'umanità sono segno della grandezza di Dio e frutto del suo ineffabile disegno. E quanto più cresce la potenza degli uomini, tanto più si estende e si allarga la loro responsabilità sia individuale che collettiva" (GS 34, § 1 e 3).

Si, questa responsabilità degli uomini è impegnata secondo la misura stessa dei processi sempre più complessi e carichi di conseguenze che mettono in gioco con la tecnica. Nell'àmbito delle applicazioni pacifiche dell'energia nucleare, la tecnica richiederà dunque sempre una maggiore prudenza, informazione, collaborazione, per esempio per servire i bisogni umani sul piano alimentare o energetico.

Vi auguro dunque di continuare nella vostra opera di studiosi con impegno disinteressato, per la gioia di scoprire, di scoprire insieme, per il bene dell'umanità e - come i credenti ne avranno facilmente coscienza - per la gloria del Creatore. Dio vi benedica, benedica il vostro lavoro e i vostri sforzi per la cooperazione! Benedica le vostre famiglie alle quali già ora auguro un Natale pieno di gioia!




1982-12-18 Data estesa: Sabato 18 Dicembre 1982




A rappresentanti del movimento cristiano lavoratori - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il lavoratore cristiano deve testimoniare anche la dimensione spirituale del lavoro

Testo:

Cari fratelli e sorelle!


1. E' con gioia tutta particolare che oggi porgo il mio benvenuto e il mio cordiale saluto a tutti voi, Responsabili e Membri del Movimento Cristiano Lavoratori, che celebrate quest'anno il decimo anniversario della sua fondazione e che siete qui presenti tanto numerosi.

Desidero esprimervi il mio sincero affetto e la mia stima.

Pensando al cammino compiuto in questi dieci anni dal vostro Movimento, il primo sentimento che nasce nel cuore è un sentimento di gratitudine verso il Signore, che ha illuminato e sostenuto uomini coraggiosi, i quali, superando ogni difficoltà, hanno saputo garantire, con la loro fede e la loro azione tenace, la presenza della Chiesa nel mondo del lavoro.

Ma oggi, tra i sentimenti di noi tutti, c'è anche quello dell'esultanza, perché, in certo qual modo, il Movimento Cristiano Lavoratori, ha saputo "salvare" quei valori che furono all'origine dell'impegno sociale dei lavoratori cristiani nella società italiana fin dal secolo scorso, da quando cioè, dopo la "Rerum Novarum" del mio predecessore il Papa Leone XIII, ha avuto impulso la loro presenza, con le loro associazioni, nel mondo del lavoro.

Dieci anni costituiscono un periodo breve ed il vostro Movimento, sorto nel 1972, potrebbe apparire, ed in parte lo è, come una iniziativa nuova. In verità, andando in fondo alla vostra vera storia, si può scoprire che esso affonda le radici nella storia del movimento cattolico, che sorse in Italia dopo l'unità e che, sotto varie forme associative, ha espresso la presenza dei cattolici nella società italiana.

Siete dunque un Movimento "nuovo" in quanto "formalmente" siete espressione di recenti vicende e di esigenze emerse alla fine degli anni sessanta; ma non bisogna dimenticare che venite da lontano e che lontano dovete portare il vostro impegno di cristiani in mezzo ai lavoratori.


2. Compito di un Movimento come il vostro è, innanzitutto, quello di essere testimoni di Cristo nel mondo del lavoro. Si tratta di un compito ecclesiale, in cui tutta la comunità cristiana deve sentirsi impegnata, ma in modo particolare dei lavoratori che sono animati dalla fede cristiana. Il mondo del lavoro ha bisogno di Cristo! E come Pastore, sento il dovere di rinnovare un pressante appello a tutto l'ambiente dei lavoratori: Aprite le porte a Cristo ed alla sua potenza salvifica, spalancate le porte del vostro cuore e della vostra intelligenza al messaggio di Cristo, che è annuncio di salvezza, di liberazione e di vera promozione umana.

Cari fratelli e sorelle, il vostro Movimento assume la configurazione di movimento ecclesiale, proprio quando pone tra le sue primarie finalità quella di portare in mezzo al mondo del lavoro questo messaggio. In particolare, i lavoratori cristiani devono portare nel mondo del lavoro quel messaggio sociale, ricco di valori e di proposte, che scaturisce dallo stesso insegnamento evangelico, e che la Chiesa da sempre, ma specialmente in questo ultimo secolo, dalla "Rerum Novarum" alla "Laborem Exercens", offre come strumento di autentica promozione sociale. L'apporto di questa dottrina opera soprattutto sul piano dei principi di ordine morale, ma senza di essi la cosiddetta questione sociale non potrà mai trovare una soluzione adeguata.


3. Il compito di ogni lavoratore cristiano, così come di ogni associazione di lavoratori, è quello di essere portatore, annunciatore e testimone di quello che ho voluto chiamare nella menzionata enciclica il "Vangelo del lavoro" (LE 6-7 LE 25-26).

Alla luce di questo Vangelo l'operaio delle officine o lavoratore dei campi, l'impiegato e il professionista, o comunque ogni uomo che svolge una attività, scopre che "il fondamento per determinare il valore del lavoro umano non è prima di tutto il genere di lavoro che si compie, ma il fatto che colui che lo esegue è una persona" (n. 6). E' su questo principio che si fonda il vero significato e valore del lavoro e la dignità del lavoratore.

Il lavoro dell'uomo - qualunque lavoro, materiale o intellettuale -, è un atto della persona umana; ogni lavoro ha il suo valore umano ed ogni lavoratore ha la sua dignità di persona umana.

Alla luce di questi principi basilari, si può capire perché al lavoro va riconosciuto il primato sul capitale e su ogni bene prodotto; il capitale, in quanto insieme dei mezzi di produzione, è soltanto uno strumento, mentre il lavoro è causa primaria, che si riconduce all'uomo ed alla sua dignità: attraverso il lavoro l'uomo realizza se stesso, scopre la sua vera identità, e nello stesso tempo fa crescere la società, non solo per i beni materiali che sa produrre e mettere a disposizione di tutti, ma soprattutto per i valori morali che arricchiscono la comunità e favoriscono il raggiungimento del vero bene comune.

Ogni cristiano, e specialmente il lavoratore cristiano, deve portare nella società questa concezione del lavoro, perché essa è la chiave per affrontare la soluzione di tutti i problemi inerenti questo àmbito: la retribuzione del lavoro (che esige un giusto salario familiare), le condizioni di lavoro (che devono essere rispondenti alla dignità del lavoratore stesso), le forme di sicurezza sociale (necessarie per garantire il lavoratore nella malattia, nell'invalidità, nella vecchiaia, nella disoccupazione, ecc.).


4. Ma, oltre alla dimensione umana e sociale del lavoro, il lavoratore cristiano è portatore di una dimensione spirituale e teologica del lavoro stesso, che avvicina a Dio, Creatore e Redentore, e fa riscoprire Cristo nostro Salvatore, il quale nella sua vita terrena fu anche "uomo del lavoro" (LE 26). Il lavoro umano, infatti, visto nella sua dimensione spirituale e teologica, è partecipazione all'opera creatrice di Dio, continuazione della creazione.

"L'attività umana individuale e collettiva - leggiamo nella "Gaudium et Spes" -, ossia quell'ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni di vita, considerato in se stesso, corrisponde al disegno di Dio. L'uomo, infatti, creato a immagine di Dio, ha ricevuto il comando di sottomettere a sé la terra con tutto quanto essa contiene per governare il mondo nella giustizia e nella santità, e così pure di riportare a Dio se stesso e l'universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le cose, in modo che, nella subordinazione di tutta la realtà all'uomo, sia glorificato il nome di Dio su tutta la terra" (GS 34).


5. I lavoratori cristiani, dunque, hanno una concezione ricca e profonda del lavoro umano, che non solo esalta la dignità del lavoratore, del lavoro e del mondo del lavoro, ma come naturale conseguenza spinge alla solidarietà tra gli uomini del lavoro ed impegna ad operare tenacemente per la difesa dei diritti dei lavoratori come parte integrante dei diritti umani.

Il vostro Movimento è esso stesso espressione di questa solidarietà tra uomini del lavoro, operando nella realtà italiana alla luce dell'insegnamento della Chiesa.

La solidarietà del vostro Movimento mira soprattutto alla formazione dei lavoratori cristiani: formazione umana, religiosa e sociale. La Chiesa è in grado di fornire ogni elemento per questa formazione, in modo che i lavoratori cristiani diventino capaci di inserirsi nel mondo del lavoro con la propria concezione della vita e della società, e siano così fermento cristiano nel mondo nel quale essi operano.

Vi esorto, quindi, a proseguire in questa essenziale opera di formazione, ad essere sempre fedeli all'insegnamento della Chiesa come scaturisce dal Vangelo; vi esorto ad essere sempre coerenti con la vostra concezione della vita, convinti che, come cristiani, siete depositari di un patrimonio di valori che veramente può far crescere non solo il mondo del lavoro, ma tutta la società.

La Chiesa, nella sua missione evangelizzatrice, ha bisogno della vostra testimonianza cristiana: impegnatevi quindi come Movimento e come cristiani ad essere sempre testimoni della vostra fede: siate voi stessi Chiesa nel mondo del lavoro.

Cari fratelli e sorelle, siate certi che il Papa pensa a voi, segue le fatiche e le gioie del vostro generoso impegno, e soprattutto prega per voi, affinché non vi manchi mai la necessaria forza che proviene dal Signore. A lui vi raccomando, mentre sono lieto di impartire a tutti voi e ai vostri cari una particolare, propiziatrice benedizione apostolica.




1982-12-19 Data estesa: Domenica 19 Dicembre 1982




Recita dell'"Angelus Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Portare la gioia del Natale soprattutto dove gli uomini soffrono

Testo:


1. Sentiamo oggi, nella liturgia della quarta domenica d'Avvento, le parole del profeta Michea: "Dice il Signore: / E tu, Betlemme di Efrata, / così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, / da te mi uscirà colui / che deve essere il dominatore in Israele; / le sue origini sono dall'antichità, / dai giorni più remoti" (Mic 5,1).

Queste parole ci conducono a Betlemme, dove deve nascere Cristo. Esse annunziano "il compimento" del primo Avvento. Proclamano la gioia del Natale del Signore.

Desidero dunque già oggi augurare questa gioia a tutti gli uomini e a tutte le famiglie, in particolare qui, a Roma.

Desidero che questa gioia giunga soprattutto là, ove gli uomini soffrono, perché essa annunzi la salvezza in Cristo a tutti coloro che sono colpiti da una malattia oppure privi della libertà, a tutti gli abbandonati ed abbattuti dalla vita.


2. Com'è usanza in questa domenica, che precede il santo Natale, molti bambini sono giunti qui in piazza san Pietro dalle parrocchie romane per far benedire le statuine di Gesù Bambino.

Vi accolgo con tutto il cuore, cari Bambini! La Festa del Natale è la vostra Festa. Perché il Natale ci ricorda che Dio, il figlio di Dio, si è fatto bambino come voi; Dio, Infinito, ha voluto farsi piccolo. Ma, in tal modo, quanto ha reso grandi i piccoli e i bambini! Vicino a Gesù Bambino, anche voi potete conoscere Dio, amarlo e farlo amare. Anzi, Gesù Bambino, nel Natale, invita voi tutti a rappresentarlo, imitando con gioia la sua bontà, presso le vostre famiglie, i vostri genitori, e tutti coloro la cui vita ha particolarmente bisogno di essere illuminata dalla gioia del Natale, perché soffrono o sono tristi.

Cari bambini, nella festa del Natale dovrete essere voi ad annunciare Gesù agli altri. Imparate così a fare la gioia degli altri! Approfittate del Natale per conoscere meglio Gesù, e per diventare gli apostoli di Colui che per noi, per la nostra salvezza eterna si fa uomo, si fa bambino nella notte di Betlemme! Volentieri benedico le statuine di Gesù Bambino che avete portato con voi.


3. Tra i Vescovi, venuti in visita "ad limina" in questo anno che volge ormai al termine, vi sono stati i miei fratelli nell'Episcopato del Sud-Africa e della Namibia.

Al Cardinale Owen McCann, Arcivescovo di Cape Town, ai 30 Vescovi del Sud-Africa, ai due Vescovi Vicari Apostolici della Namibia, a tutti i loro sacerdoti, religiosi e religiose, ai diaconi permanenti ed ai catechisti invio il mio saluto, ricordando quanto dissi nel ricevere alcuni di essi, il 28 aprile scorso: "La volontà di Gesù Cristo è supremo criterio di ogni azione pastorale".

Le Chiese della Regione Sud-Africana svolgono una grande opera di evangelizzazione e di carità, e si adoperano incessantemente affinché la libertà e la giustizia conquistino spazi sempre più ampi in quei Paesi. Incoraggio fervidamente il loro impegno educativo, svolto in quasi 600 scuole di ogni ordine e grado, ed il servizio assistenziale in favore di ammalati, poveri ed oppressi, esercitato in più di 400 centri di assistenza e di beneficienza.

Quei fratelli nell'Episcopato hanno recato alla Chiesa romana una grande gioia con la loro Visita.

Per essi e per tutti i loro fedeli eleviamo ora la nostra comune preghiera alla Vergine.




1982-12-19 Data estesa: Domenica 19 Dicembre 1982




Ai Dirigenti della casa di cura "Villa Betania" - Roma

Titolo: Il valore dell'accoglienza e della sofferenza

Testo:

Fratelli e sorelle carissimi.


1. Nella mia visita a questa Casa destinata all'accoglienza ed alla cura degli infermi, desidero rivolgere il mio affettuoso saluto alle persone che in essa vivono, soffrono, lavorano, e a quanti sono qui convenuti oggi per l'occasione.

Saluto il Presidente dell'Unità Sanitaria Locale, che ringrazio vivamente per il deferente indirizzo di benvenuto; saluto i componenti del Consiglio di gestione ed i Dirigenti tutti, con l'auspicio che questa Casa di Cura possa rendere in maniera sempre più valida e tempestiva il suo servizio altamente sociale.

Saluto voi, Medici, Assistenti, Infermieri, Volontari, e vi esprimo tutto il mio apprezzamento per la vostra opera così preziosa, che è autentica missione di solidarietà in uno dei settori indispensabili della promozione umana.

Saluto e ringrazio voi, suore Insegnanti del Terz'Ordine di san Francesco, che a questo edificio, iniziato timidamente 34 anni fa, avete dato incremento e lo vedete ora ingrandito, ristrutturato e reso completamente disponibile come Casa di Cura sotto il nome così suggestivo e accogliente di "Villa Betania".

In particolar modo saluto cordialmente voi, fratelli infermi, per i quali questa casa è sorta e vive. Voi ne siete a buon diritto gli ospiti di onore.

Intendo salutarvi a uno a uno, nel nome del Signore: quanti siete qui presenti in sala, e quanti, impossibilitati a esserlo, siete rimasti nel letto della vostra sofferenza e vi sforzate di seguire il corso di questa mia visita con la partecipazione della mente e del cuore.

Sono venuto qui da voi, oggi, mosso non tanto dalla consuetudine di visitare ogni anno, nella domenica precedente la festività del santo Natale, una casa destinata all'accoglienza dei sofferenti, quanto piuttosto dal desiderio di mettere in rilievo e vivere insieme il significato più intimo della visita stessa.

Molte sono le ragioni di queste mie visite annuali. Oggi, pero, mi piace sottolinearne soprattutto due, che scaturiscono più direttamente dalle radici della fede: il valore dell'accoglienza e il valore della sofferenza.


2. Innanzitutto, "il significato e il valore dell'accoglienza".

La Chiesa, come Gesù, è vicina a coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. Così è stato ieri, nel corso di una storia bimillenaria, che ha ispirato a grandi e sante anime le forme più varie e creative dell'assistenza, secondo i bisogni del momento; così è ancora oggi, in ogni parte del mondo, nonostante le mutate condizioni dei tempi e l'assunzione di un impegno più diretto nel campo della sanità da parte dei poteri politici.

La Chiesa vuole essere vicina ai sofferenti perché li considera fratelli che sono oggetti di particolare predilezione da parte del Divin Maestro.

Gesù stava volentieri con gli ammalati. Essi lo sapevano, e perciò ricorrevano a lui. Egli si interessava ai loro casi personali, alle loro necessità, ascoltava il racconto delle loro sofferenze, li guariva dai mali anche attraverso il ricorso straordinario al miracolo, non si stancava di ripetere ai discepoli la raccomandazione di visitare gli infermi come condizione indispensabile al raggiungimento del regno del Padre.

Una delle parabole più affascinanti che il Divino Maestro abbia pronunciato, per illustrare la novità del suo messaggio di vita - la carità, che costituisce il fondamento della sua stessa predicazione, anzi il seme del rinnovamento del cuore dell'uomo e il lievito della società - è tratta da un episodio di sofferenza umana: sotto la forma della parabola del Buon Samaritano, Gesù vuol fare intendere all'umanità il senso dell'amore verso il prossimo, il valore dell'assistenza prestata a quanti, in qualunque modo, cadono sotto la morsa del dolore.


3. Questo è, in proposito, il limpido e fondamentale insegnamento del Maestro Divino. E poiché, come si esprime il Concilio, Gesù volle che le opere di assistenza fossero segni della sua missione messianica, anche la Chiesa considera la propria attività a favore degli ammalati quale contrassegno del suo amore (AA 8). Essa, come sin dalle sue origini si è ritrovata unita attorno alla Cena Eucaristica, così, in ogni tempo, si riconosce nella pluralità delle forme caritative, mediante le quali si manifesta il suo amore di madre.

Per questo la Chiesa rivendica le opere di carità come suo dovere e diritto inalienabile; e, per questa stessa ragione, mentre fa carico allo Stato di intervenire nel campo della sanità, nello stesso tempo si preoccupa di raccomandare il principio della sussidiarietà allo scopo di escludere ogni forma di monopolio (GE 6). L'aiuto al prossimo è un diritto ed un dovere di tutti.

La Congregazione delle Suore Insegnanti del Terz'Ordine di san Francesco è, in questo campo di attività, un esempio che merita di essere segnalato. Sulla scia delle tre sorelle Zahalka, essa si è dedicata fin dalle origini della fondazione al lavoro negli ospedali, agli anziani, ai bambini mentalmente menomati, profondendo in questo servizio tesori di generosità, di pazienza, di infaticabile sollecitudine.

E' confortante costatare che oggi, dopo tante vicende, Villa Betania, ristrutturata a tipo ospedaliero nell'àmbito della XVIII Unità Sanitaria Locale di Roma, si inserisce nel tessuto concreto di questo prezioso servizio, reso agli ammalati in nome di Dio, della Chiesa, dell'uomo. Alla stessa maniera dell'antica casa di Betania che accoglieva Gesù come uno di famiglia, Villa Betania di oggi accoglie l'infermo come Gesù.


4. Intendo poi sottolineare qui "il valore della sofferenza". Per cogliere nella sua pienezza tale verità occorre prestare attenzione al significato attribuito dal Vangelo al mistero del dolore umano.

Senza dubbio la sofferenza fisica e morale resta uno dei misteri più toccanti dell'esistenza, perché investe da vicino ciascuno di noi, nessuno escluso. Essa è, per legge di natura, il pane quotidiano dell'essere umano, la sua condizione permanente di vita a ogni età.

Perché soffrire? Ecco il grande interrogativo, davanti al quale molti, rimanendo senza risposta, non sanno reagire che con l'atteggiamento della ribellione.

Ebbene, solo la fede ispirata dal Vangelo, col presentare l'immagine di Gesù morto in Croce e risorto per amore degli uomini, costituisce la risposta in grado di soddisfare la mente e riempire il cuore.

Solo una vita di fede sinceramente accettata e intensamente vissuta può illuminare alle radici il mistero del dolore, alleviarlo col soffio della speranza e, con la forza della carità, giungere perfino a trasformarlo in gioia e farne una delle leve che sollevano il mondo.

La Chiesa, ripetendo l'insegnamento divino, ricorda che quelli che seguono le orme di Gesù nella tribolazione sono associati alle sue sofferenze, soffrono con lui per essere con lui glorificati (cfr. Rm 8,17). perciò il Signore li proclama beati.

In tal senso la sofferenza ha la possibilità di compiere grandi cose, sia pure in modo non appariscente, associando la particella del suo dolore al grande e redentivo dolore di Gesù. E così il mistero del dolore umano, accettato alla luce del mistero di Gesù e della Chiesa, diventa una fonte inesauribile di arricchimento umano e spirituale per tutti.

Cari fratelli, stiamo per celebrare la festività del Natale che ricorda la nascita del Figlio di Dio divenuto Figlio dell'uomo nella sofferenza, perché il mondo diventasse migliore. A lui uniamo con fede e amore il nostro dolore perché anche noi possiamo portare il nostro contributo per la realizzazione di un mondo più buono.

Con questi sentimenti ed auguri vi do di cuore la mia benedizione.




1982-12-19 Data estesa: Domenica 19 Dicembre 1982





GPII 1982 Insegnamenti - Ai membri del capitolo generale dell'Ordine ospedaliero di san Giovanni di Dio - Città del Vaticano (Roma)