GPII 1983 Insegnamenti - Omelia alla Messa crismale - Città del Vaticano (Roma)

Omelia alla Messa crismale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Misuriamo la nostra vita sacerdotale con l'"oggi" del Giovedi Santo




1. Stasera andremo con Cristo al Cenacolo, mediante la liturgia "in Cena Domini".

Questa mattina, invece, il vangelo secondo Luca ci conduce a Nazaret, dove Gesù "era stato allevato" (Lc 4,16). Ci ricorda il giorno in cui, per la prima volta, Gesù si presento dinanzi al suoi conterranei riuniti nella Sinagoga, e lesse il testo messianico dal libro di Isaia profeta.

Conosciamo bene quel testo. Dopo averlo letto, Gesù si mise a sedere e comincio a parlare ai presenti, che fissavano lo sguardo su di lui. Allora egli disse: "Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito" (Lc 4,21).


2. Forse è necessario, cari e venerati fratelli, che ognuno di noi vada oggi col pensiero in quel luogo in cui, tempo fa, si è compiuta su di noi la parola della chiamata di Dio.

Forse occorre che torniamo in quella Cattedrale o chiesa in cui, tempo fa, il Vescovo impose su di noi le mani, trasmettendoci la dignità e il potere legati al sacramento del Presbiterato.

E forse è necessario che noi ritorniamo alla nostra parrocchia nativa, dove per la prima volta dopo l'Ordinazione abbiamo celebrato solennemente il Santo Sacrificio. Quella fu la nostra "Nazaret" dove dinanzi gli uornini - vicini e conterranei - si manifesto un nuovo sacerdote, scelto fra gli uomini e costituito per gli uomini (cfr. He 5,1). E ciascuno di noi inizio a parlare dinanzi a quegli uomini - vicini e conterranei - con un linguaggio che prima non possedeva: il linguaggio del servo e del ministro dell'Eucaristia.


3. E' necessario, cari e venerati fratelli, che ritorniamo col pensiero e col cuore a quei luoghi e a quei giorni. Essi tutti si uniscono in quest'unico "oggi" liturgico: il Giovedi Santo è il giorno della nostra nuova nascita in Cristo mediante il sacramento dell'Ordine.

"Ho trovato Davide, mio servo, / con il mio santo olio l'ho consacrato; / la mia mano è il suo sostegno, / il mio braccio è la sua forza" ().

E' necessario che noi misuriamo tutti i giorni, i mesi e gli anni della nostra vita sacerdotale con questo unico, liturgico "oggi" del Giovedi Santo! E' necessario che noi gridiamo, insieme con il Salmista: "Cantero senza fine le grazie del Signore" (a).

Ecco: insieme con il sacramento del Presbiterato è data a tutta la nostra esistenza un metro particolare, che è il metro dell'Eternità!


4. E perciò proprio oggi, in questo "oggi" del Giovedi Santo, desideriamo rinnovare in noi la grazia del sacramento dell'Ordine. Desideriamo pure rinnovare quelle promesse con le quali, mediante tale sacramento, ci siamo legati a Cristo nel giorno della nostra Ordinazione. Desideriamo ripeterle a lui solo: a Cristo-Sacerdote della nuova ed eterna alleanza: "A colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen" (Ap 1,5-6).

Data: 1983-03-31 Data estesa: Giovedi 31 Marzo 1983

Messa "in Cena Domini" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Permettiamo a Cristo di compiere il servizio di salvezza




1. Quando Simon Pietro dice a Cristo: "Non mi laverai mai i piedi! (Jn 13,8), egli ragiona nel modo seguente: colui che lava i piedi ad un altro è servo; colui a cui vengono lavati i piedi è signore. Io, Simon Pietro, non posso accettare il servizio di Colui che è il mio "Maestro" e "Signore". Ciò significherebbe un'infrazione dell'ordine fondamentale, che è anche l'ordine della giustizia.

Quest'ordine non può essere violato. Lo richiedono l'ordinaria onestà e la rettitudine. Simon Pietro, a motivo di questa rettitudine, non voleva consentire che Cristo gli lavasse i piedi prima della Cena pasquale.


2. Intanto il Maestro e Signore non cede. Sta davanti al suo discepolo e servo, tenendo nelle mani un catino pieno d'acqua e un asciugatoio, e sembra dire: Piegati! Consentimi di servire! Consentimi di iniziare il Grande Servizio! In questo Servizio è contenuto l'Ordine Nuovo. Il Nuovo Testamento. La Nuova alleanza. Consentimi di iniziare il Servizio della Nuova alleanza con questa lavanda dei piedi. Ad essa seguirà il Sacrificio Sacramentale del mio Corpo e del mio Sangue. Il Sacrificio della croce e della morte. Il grande, incessante Servizio della Nuova alleanza. Mediante questo servizio avrai "parte con me" (Jn


13,8). Tu e tutti gli altri. Avrete "parte con me". Sarete in comunione con me.

Mediante me, sarete in comunione con il Padre e con lo Spirito. Permettimi di servirti adesso, "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo" (Jn


18, 37): per compiere appunto questo servizio. Da questo servizio, da questo ministero dipende la Redenzione del mondo.


3. Quando Simon Pietro cede, egli sa che quest'ordine, a cui voleva essere fedele, viene sostituito dall'Ordine Nuovo. Egli stesso difendeva ancora l'ordine antico, ma al tempo stesso già avvertiva quanto quello nuovo fosse già presente in lui; quanto lui, pur uomo dell'antica alleanza, fosse tuttavia già aperto alla Comunione col suo Maestro e Signore. Dice quindi: "Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!" (Jn 13,9). Tanto desidera quella "parte" con il Maestro.

Tanto desidera quella purezza, che nasce dal servizio della Redenzione.

E Cristo aggiunge, rivolgendosi non già al solo Pietro, ma a tutti; "Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri" (Jn 13,14).

Dal servizio della Redenzione nasce l'amore, il quale fa si che gli uomini diventino disposti a servirsi reciprocamente gli uni gli altri; fa di loro dei fratelli, sensibili reciprocamente al propri bisogni.


4. Abbiamo iniziato l'Anno Santo della Redenzione, il Giubileo straordinario. La liturgia della Cena del Signore ci presenta la Redenzione quale Servizio salvifico di Cristo, servizio che dura incessantemente nella Chiesa mediante il Sacramento del Corpo e del Sangue del Signore, mediante il Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione: "Se non ti lavero, non avrai parte con me" (Jn 13,8).

Il Giubileo di quest'anno renda ciascuno di noi particolarmente sensibile al servizio salvifico di Cristo, che si compie mediante la Chiesa. Ci avvenga - come Simon Pietro - di poter desiderare più pienamente questa "parte" con Cristo: la Comunione salvifica, che deriva dall'abbondanza della sua Redenzione.

Data: 1983-03-31 Data estesa: Giovedi 31 Marzo 1983

Via Crucis - Colosseo (Roma)

Titolo: Il mondo non ci renda ciechi. Prevalga il peso della croce!




1. "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, / un corpo invece mi hai preparato. / Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. / Allora ho detto: Ecco, io vengo... / per fare, o Dio, la tua volontà" (He 10,5-7 cfr. ).

Una settimana fa, nella solennità dell'Annunciazione del Signore, è stata aperta la porta santa dell'Anno della Redenzione. Infatti l'inizio della Redenzione è posto nell'Incarnazione stessa: "Un corpo invece mi hai preparato".

Oggi apriamo la porta santa dell'Anno della Redenzione nella Croce di Cristo. Ave, o legno della Croce, sul quale la Redenzione del mondo ha trovato il suo peso salvifico ("a cui fu appeso il Cristo!").

Sulla Croce il Figlio ha fatto la volontà del Padre e, con la parola "Tutto è compiuto" (Jn 19,30), ha concluso il discorso della sua vita di immolazione.


2. Noi tutti, che entriamo nella porta santa del Giubileo straordinario, gridiamo: Cristo, parlaci con il linguaggio della tua Croce! Parla sempre, parla particolarmente in quest'Anno! Di' a noi, mediante il tuo corpo crocifisso, quanto infinito sia il prezzo delle nostre anime.

"Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?" (Mt 16,26). E che cosa potrà dare in cambio l'uomo per la sua anima, dato che è stato già pagato il riscatto della tua passione e morte, il prezzo della tua Croce? Il mondo non ci renda ciechi! Convertiamoci e facciamo penitenza! Ecco il grido che risuona dall'inizio del Vangelo. La tua Croce lo ripeta all'umanità col più potente linguaggio.

O Anno Santo! Fa' che il linguaggio della Croce di Cristo riacquisti la sua potenza salvifica nelle anime dei nostri contemporanei!


3. Padre Celeste! Tu che nella Croce di Cristo hai riconciliato a te il mondo e l'uomo! Noi ci presentiamo dinanzi a te senza nostri meriti, senza quel bene che tu aspetti dai tuoi figli adottivi. Ma portiamo a te, ancora una volta, la Croce del tuo Figlio. E desideriamo che la potenza della Redenzione s'irradi dalla Croce sull'Anno del Giubileo straordinario. Per opera sua il bene prenda, ancora una volta, il sopravvento sul male che è nell'uomo e nel mondo. Il Bene si dimostri, ancora una volta, più forte del Male. Non perisca l'uomo sotto il peso dei peccati che si moltiplicano. "Perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).

Prevalga il peso della Croce!


4. Madre, che eri sul Calvario ai piedi della Croce! Voi tutti, figli di Dio, che avete già contribuito a completare e voi che completate oggi nella vostra carne quello che manca ai patimenti di Cristo (cfr. Col 1,24), siate con noi! Voi malati, voi sofferenti, voi derelitti, voi perseguitati e testimoni della fede di Cristo, che in ogni paese e in ogni terra offrite la vostra passione in unione a quella di Gesù! Intercedete per noi! Legatevi alla Chiesa, in quest'Anno della Redenzione, mediante una particolare alleanza! Compenetrate anche noi del mistero della comunione dei santi, affinché non rimaniamo soli nella Croce di Cristo, ma ci rafforziamo con quella sacratissima comunità, che ha in Dio il suo principio e il suo compimento.


5. Concludiamo questo sacro giorno del Venerdi Santo 1983.

Ti adoriamo, Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua santa croce e morte hai redento il mondo! Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale, abbi pietà di noi! Amen.

Data: 1983-04-01 Data estesa: Venerdi 1 Aprile 1983

Al Vescovo di Verona - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Mille anni dalla consacrazione episcopale di sant'Alberto di Praga

Al Venerabile Fratello Giuseppe Amari, Vescovo di Verona.

La diocesi di Verona celebra oggi in forma solenne il millesimo anniversario della consacrazione episcopale, avvenuta in codesta città, di sant'Adalberto, Vescovo di Praga, unitamente alla festività del patrono san Zeno.

Questo avvenimento desta nel mio animo una profonda gioia spirituale. Si tratta di una ricorrenza estremamente significativa per mettere in luce il legame tra le Nazioni dell'Occidente e dell'Oriente europeo nella fede cristiana, base di un'unica cultura e civiltà.

Sant'Adalberto, infatti, è di origine slava: il suo nome di Battesimo era "Vojtech", che significa "consolazione dell'esercito", e sotto questo nome è soprattutto conosciuto presso gli Slavi. La sua prima formazione dipese dalla spiritualità cirillo-metodiana, irradiata nella Boemia dalla confinante Grande Moravia. Successivamente a tale spiritualità si congiunse, nella sua persona, quella occidentale, rappresentata al suo tempo dal movimento cluniacense, facente capo a san Benedetto.

Si tratta, come ebbi a dire in altra occasione, in certo senso di "due forme di cultura diverse, ma allo stesso tempo profondamente complementari": la cultura benedettina, "più logica e razionale"; quella dei due santi fratelli greci, "più mistica e intuitiva" (Discorso ai partecipanti al "Colloquio internazionale" su: "Le comuni radici cristiane delle Nazioni europee" 6 novembre


1981, n. 2). Entrambe hanno concorso e tuttora devono concorrere, in forza di tale loro mutua complementarietà, al mantenimento e al rafforzamento dell'unità spirituale e culturale dell'Europa.

Già nell'omelia che pronunciai a Gniezno, il 3 giugno 1979, non potei non attestare pubblicamente la riconoscenza che tutti i Popoli slavi, e la mia patria in particolare, debbono al santo Vescovo e Martire boemo. Infatti, proprio a Gniezno ricevettero una prima accoglienza le sue reliquie, dopo che furono recuperate con gesto generoso da parte del re. Se inoltre consideriamo che alla Sede metropolitana di Gniezno, eretta, si può dire, sulle sue reliquie, apparteneva anche la diocesi di Cracovia, si comprenderà meglio il senso delle mie parole, quando, nella medesima omelia, aggiunsi: "Questo Papa porta in se stesso l'eredità di Adalberto". Si tratta dunque di un Santo molto caro e noto al Centro-Europa, e la cui celebrazione solenne, oggi a Verona, città di tradizionali rapporti intereuropei, potrà indubbiamente servire a ritrovare le antiche comuni sorgenti, affinché "la consapevolezza di questa comune ricchezza, diventata su strade diverse patrimonio delle singole società del Continente europeo, aiuti le generazioni contemporanee a perseverare nel reciproco rispetto dei giusti diritti di ogni Nazione e nella pace, non cessando di rendere i servizi necessari al bene comune di tutta l'umanità e al futuro dell'uomo su tutta la terra" (Lettera apostolica "Egregiae Virtutis", 31 dicembre 1980).

L'esempio di sant'Adalberto si presenta quindi oggi più che mai valido in un'Europa che, pur conservando il tesoro inestimabile della Verità cristiana, vede tuttavia risorgere nel proprio seno, in varie forme, i fermenti di dissoluzione propri di quel pensiero pagano che era stato superato dalla novità del Vangelo, grazie all'opera generosa e - diciamo pure - eroica dei primi missionari, tra i quali appunto il Santo patrono di Praga.

Oggi, sul loro esempio, occorre riproporre il medesimo messaggio, in forme certo adatte agli uomini del nostro tempo; e mostrare come il Cristianesimo non è un'esperienza storica superata da nuove forme di redenzione umana, ma è, resta e sarà sempre la "novità" per eccellenza, al di là di tutti i ritrovati che l'uomo, con le sue sole forze, saprà escogitare nel corso della storia.

Se cediamo alla tentazione di lasciare il Cristianesimo per le "ideologie" di questo mondo, pensando di trovarle più "avanzate" o più efficaci, in realtà non andiamo avanti, ma torniamo indietro. Questo dovrebbe insegnarci la recente storia europea, nella quale si può constatare che l'acconsentire a quella tentazione non è stato senza rapporto con le catastrofi nelle quali essa è precipitata, sperimentando forme di barbarie sconosciute agli stessi antichi pagani.

L'esempio di sant'Adalberto e degli altri grandi fondatori dell'Europa cristiana ci incoraggia a cercare e a trovare "una piattaforma d'incontro tra le varie tensioni e le varie correnti di pensiero, per evitare ulteriori tragedie e soprattutto per dare all'uomo, al "singolo" che cammina per vari sentieri verso la Casa del Padre, il significato e la direzione dell'esistenza" (Discorso ai partecipanti al "Colloquio internazionale" su: "Le comuni radici cristiane delle Nazioni europee" 6 novembre 1981, n. 3).

Sant'Adalberto è il modello dell'intellettuale divenuto Vescovo, evangelizzatore e riformatore, e che, in una totale donazione della propria vita, giunge al martirio per la causa di Cristo. Egli fu pieno di misericordia verso tutti, ma anche pronto a difendere con forza la dignità e i diritti di ogni uomo contro le oppressioni e le vessazioni dei potenti. Egli ci è di esempio anche nel modo di impegnarci per la vera riconciliazione tra gli uomini e i cristiani.

Da dove egli traeva questa grandiosa luce e forza spirituale? Da due sorgenti che non sapeva disgiungere; una profonda sete di studio, di contemplazione e di vita austera da una parte; e, dall'altra, un'assoluta fedeltà alla Chiesa e al Sommo Pontefice. Gli spostamenti stessi che egli compi nella sua vita testimoniano sensibilmente di questo duplice movimento del suo spirito tra il momento dell'azione missionaria e quello della quiete contemplativa accanto al Vicario di Cristo, a Roma, dove visse alcuni anni in un monastero sull'Aventino.

Egli stesso, ritornato in Boemia, fondo, presso Praga, il monastero di Brevnov (992-993), che dette un forte impulso all'irradiazione del Cristianesimo anche verso l'Est.

Possano le generazioni odierne raccogliere l'insegnamento del grande patrono di Praga, come di tutti i Santi che si sono mossi nello stesso spirito, a cominciare da Benedetto, Cirillo e Metodio, per trovare in essi i criteri e i maestri di una nuova speranza e di un nuovo avvenire per l'Europa cristiana e, attraverso di essa, per il mondo intero, per attuare un vero e pieno rispetto della dignità dell'uomo fatto ad immagine di Dio.

Con questi sentimenti e auspici, caro fratello, sono presente in spirito, con fervida partecipazione, alle solenni celebrazioni, ed invio a lei, al suoi collaboratori e a tutti i diletti figli della diocesi veronese la benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 2 aprile 1983

Data: 1983-04-02 Data estesa: Sabato 2 Aprile 1983

Agli agenti di Polizia stradale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Auguri e apprezzamento per l'impegno di scorta al Papa

Carissimi,


1. Vi saluto tutti di cuore, uno per uno, personalmente, a cominciare dal vostro Comandante, alti ufficiali e agenti della Polizia stradale, fino a ciascuno dei vostri familiari in questo Sabato Santo che invita ad elevate e intense riflessioni.

Desidero esprimervi il mio riconoscente apprezzamento sia per essere venuti a porgermi gli auguri pasquali, sia per l'impegno che voi costantemente mettete nell'esercizio del vostro compito, assicurando la scorta durante le mie visite pastorali alle parrocchie di Roma e in occasione dei vari attraversamenti per le strade della città.

Mi rendo conto delle difficoltà di questo tipo di lavoro, del senso di discrezione e di equilibrio, che esso in ogni momento richiede, perché gli itinerari del Papa all'interno della sua diocesi siano effettuati senza che perdano il loro specifico carattere d'incontro col Popolo di Dio. Per tutto questo, per il vostro sacrificio e la vostra collaborazione, ancora una volta vi ringrazio con sincerità di cuore.


2. Ma desidero pure ricambiarvi gli auguri per la Santa Pasqua, che quest'anno abbiamo la gioia di celebrare nel corso del Giubileo straordinario, appena ai primi suoi passi, che ricorda il 1950° anniversario della Morte e Risurrezione del Redentore del mondo.

La celebrazione della Pasqua intende ogni anno rendere viva alla mente e al cuore dei fedeli la realtà della Morte e della Risurrezione di Gesù come punto di riferimento della storia umana, perché le sofferenze dell'uomo, grandi o piccole, non avrebbero senso e valore senza rapporto alla Morte e alla Risurrezione del Redentore; anzi, senza di lui, neppure la vita umana in se stessa avrebbe pieno significato. Con Gesù morto e risorto tutto cambia, perché lui ci dona fiducia e speranza. Se di fronte a ogni essere umano che nasce si erge l'ombra del traguardo obbligato della morte, la fede in Gesù ci viene sollecitamente incontro con la prospettiva della certezza della risurrezione finale.

Quest'Anno giubilare si celebra perché esso divenga veramente per tutti un anno di grazia del Signore, in un momento in cui sul mondo contemporaneo pesano tante incognite e si addensano le nuvole di crescenti minacce.

Carissimi, rivolgo a tutti il mio cordiale augurio perché il Giubileo straordinario sia anche per voi personalmente e per le vostre famiglie un dono dall'alto, l'anno di misericordia del Signore, pieno di gioia, di pace, di serenità per l'avvenire.

Con questi sentimenti, nella visione di Cristo Risorto, imparto a voi e a tutte le persone a voi care la benedizione apostolica.

Data: 1983-04-02 Data estesa: Sabato 2 Aprile 1983

Al 31° Stormo dell'Aeronautica militare - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Gratitudine, stima e auspicio di profonda soddisfazione

Carissimi, sono veramente lieto di salutarvi, cari componenti il 31° Stormo dell'Aeronautica militare italiana, in questo incontro reso particolarmente caro dalle festività pasquali, le quali quest'anno acquistano speciale rilievo per la ricorrenza del Giubileo della Redenzione. Vi ringrazio vivamente per questa vostra presenza e ben volentieri ricambio le vostre espressioni augurali, invocando dal Redentore dell'uomo elette grazie e consolazioni celesti per voi tutti.

Questo incontro richiama alla mia mente quelli che ho avuto l'opportunità di compiere con voi nelle mie visite alle varie Comunità cristiane italiane, nei quali ho potuto ammirare la vostra cortesia, la vostra perizia, il senso della vostra responsabilità e la precisione nell'esecuzione delle manovre per rendere il volo sicuro e confortevole.

Ho notato come voi, percorrendo glispazi aerei, siete particolarmente in grado di leggere l'affascinante libro della natura, che appare agli occhi, allorché si sorvolano i vari territori, e che illustra e magnifica la grandezza dell'Altissimo, come canta con ispirato accento il Salmista: "I cieli narrano la gloria di Dio, / e il firmamento annunzia l'opera delle sue mani" (Ps 18).

Prendete spunto da queste suggestive visioni per coltivare nei vostri cuori i sentimenti del grande, del nobile e del bello, per disporre i vostri spiriti a un esercizio sempre più generoso e per educare l'animo alla pace, alla concordia e alla fraternità, ben sapendo che tutto quello che avete fatto quaggiù, sorretti dalla fede, dall'amore cristiano e dalla solidarietà umana, non andrà perduto come qualcosa di effimero, ma rimarrà e porterà frutto per la vita eterna.

A voi tutti desidero dare un segno della mia sincera gratitudine e della mia stima, che accompagno con l'auspicio che possiate trovare sempre più profonda soddisfazione nella vostra singolare professione di uomini dello spazio e sentirvi nello stesso tempo pienamente realizzati nella vita familiare e nella comunità.

A conferma di questi voti, vi imparto la benedizione apostolica, che amo estendere ai vostri familiari e a tutti i colleghi, ai quali vorrete portare l'assicurazione del mio ricordo e del mio affetto.

Data: 1983-04-02 Data estesa: Sabato 2 Aprile 1983

Veglia pasquale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rileggere il mistero pasquale nella prospettiva della Risurrezione




1. Chi sono io? Passano le ore di questa Liturgia della veglia pasquale. Parlano a noi le letture e i salmi responsoriali. Risuonano le parole della preghiera della Chiesa. Insieme a ciò si sviluppa la domanda: Chi sono io? Chi sono diventato come cristiano? La domanda ha un'eloquenza particolarmente viva per voi tutti, cari fratelli e sorelle, che questa notte riceverete il Sacramento del Battesimo. Ma essa è ugualmente essenziale e fondamentale per tutti noi, che già da tempo portiamo impresso il carattere indelebile del Battesimo.

Questa era la domanda più importante già per le prime generazioni dei confessori di Cristo: Chi sono io? Chi sono divenuto mediante questa Santa Notte?


2. Ecco, avanzano le ore della notte; e la lettura del Vangelo secondo san Luca annunzia già ciò che porterà con sé l'alba del giorno che sopraggiunge. Tre donne, Maria di Magdala, Giovanna e Maria di Giacomo arriveranno alla tomba e non vi troveranno il corpo di Cristo. La stessa cosa constaterà poi Simon Pietro.

Dal fondo del sepolcro in cui, il venerdi sera, è stato deposto il corpo di Cristo, si farà sentire una voce: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato" (Lc 24,5-6).

Sappiamo che tutto ciò accadrà all'albeggiare del giorno. La lettura del Vangelo secondo san Luca ce ne parla già adesso. In questo modo la Liturgia della veglia notturna trascorre nella prospettiva della Risurrezione.

Chi sono, io uomo? Chi sono divenuto per il fatto che lui, Cristo, è risuscitato? Per noi uomini e per la nostra salvezza si è fatto uomo. E per noi è risuscitato.


3. Chi sono, dunque, io, uomo? io, cristiano? Risponde san Paolo con le parole della Lettera al Romani. Sono parole particolarmente importanti per coloro che stanotte ricevono il Battesimo; al tempo stesso, esse sono importanti per tutti i battezzati: "...Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte. Per mezzo del Battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (Rm 6,3-4).

Tutte le generazioni dei discepoli e confessori di Cristo hanno ricevuto la risposta nel corso della Liturgia della veglia pasquale. Oggi la riceviamo anche noi. Chi sono io? Sono uno che è stato battezzato "nella sua morte". Sono quell'"uomo vecchio" che è stato crocifisso con Cristo, perché non sia più schiavo del peccato (cfr. Rm 6,6). Sono uno che è stato sepolto insieme a Cristo, per poter camminare con lui in una vita nuova.


4. Ecco, una tale risposta ci viene data dal mistero pasquale. E' la risposta della morte e della risurrezione di Cristo. E' la risposta della fede, che raggiunge non soltanto la sfera dei concetti, ma quella dell'esistenza stessa, della realtà stessa.

Ricevete una tale risposta, cari fratelli e sorelle - neofiti di questa notte pasquale - mediante il vostro Battesimo. E una tale risposta riceviamo noi tutti qui riuniti, sulla base comune del Battesimo, che abbiamo ricevuto per divenire cristiani.

Nell'anno del Giubileo straordinario della Redenzione del mondo, desideriamo rileggere questa risposta della veglia pasquale in tutta la sua pienezza vivificante. Desideriamo ravvivarla con tutta la profondità della fede e con la potenza della conversione: "...Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui" (Rm 6,8).

Data: 1983-04-02 Data estesa: Sabato 2 Aprile 1983




Lettera al Vescovo di Piacenza - Inizio del Convegno su "Lo sviluppo dei popoli"


Al Venerato Fratello Enrico Manfredini Vescovo di Piacenza.

Sono stato informato che nei giorni 7-9 aprile corrente si svolgerà a Piacenza un Convegno di studio, organizzato dall'Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con l'Istituto di cooperazione e sviluppo internazionali, sul tema: "Lo sviluppo dei popoli è il nuovo nome della pace".

Con tale prospettiva il Convegno intende commemorare il 20° anniversario dell'enciclica "Pacem in Terris" di Giovanni XXIII, pubblicata l'11 aprile 1963, e conchiudere le celebrazioni del 15° anniversario dell'enciclica "Populorum Progressio" di Paolo VI, emanata il 26 marzo 1967.

Sono questi due documenti del Magistero che, oltre ad essere stati accolti con grande ammirazione e rispetto dall'opinione pubblica mondiale, conservano ancora oggi la loro carica profetica e la loro forza evangelica di sprone, di incoraggiamento e di illuminazione perché tutti gli uomini a tutti i livelli - cattolici, cristiani, credenti, uomini di buona volontà, uomini di Stato, uomini di pensiero, operatori degli strumenti della comunicazione sociale - diventino gli apostoli dell'autentico sviluppo dei popoli, in particolare di quelli che lottano per la pace e per liberarsi dal giogo della fame, della miseria, dell'ignoranza; che cercano una partecipazione più ampia al frutti della civiltà odierna. Nella sua enciclica, Giovanni XXIII ricordava che una comunanza di origine, di redenzione, di supremo destino lega tutti gli uomini e li chiama a formare un'unica famiglia cristiana. Pertanto egli, nel più ampio quadro dei problemi connessi con la pace fra i popoli, esortava le comunità politiche economicamente sviluppate ad instaurare multiformi rapporti di cooperazione con le comunità politiche in via di sviluppo, ed auspicava che i Paesi meno provvisti di beni potessero pervenire, nel tempo più breve possibile, ad un grado di sviluppo economico, da consentire ad ogni cittadino di vivere in condizioni rispondenti alla propria dignità di persona (cfr. "Pacem in Terris": AAS 55 (1963) 289).

E Paolo VI, mentre intravedeva l'assicurazione di una pacifica convivenza internazionale nello sviluppo solidale dell'umanità tutta, da esprimersi nella lotta contro la fame, nell'assistenza ai deboli. nell'equità delle relazioni commerciali tra i popoli, nel superamento dei nazionalismi esasperati e dei razzismi discriminatori, proclamava che "la solidarietà mondiale, sempre più efficace, deve consentire a tutti i popoli di diventare essi stessi gli artefici del loro destino, PP 65: AAS 59 (1967) 289).

L'insegnamento dei miei due grandi predecessori è vivo, attuale, specialmente in questi momenti di crisi nelle relazioni fra Paesi e Continenti. Io stesso, nei miei pellegrinaggi apostolici, e in particolare nel mio recente viaggio nei Paesi dell'America Centrale, ho sottolineato che la pace tra i popoli e nell'ambito delle stesse Nazioni si fonda anzitutto sulla giustizia, cioè sull'effettivo riconoscimento dei diritti fondamentali di tutti i Paesi e di tutti i cittadini.

Pertanto, esprimo il mio sincero compiacimento per l'iniziativa del presente Convegno di studio, con l'auspicio che esso porti un valido contributo anche per sensibilizzare ulteriormente i Paesi industrializzati ad un sostanziale impegno per lo sviluppo dei Paesi del Terzo Mondo.

Con tali voti, invoco su di lei, sugli organizzatori, sui relatori e sui partecipanti larga effusione di favori celesti, in pegno dei quali imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 2 aprile dell'anno 1983

Data: 1983-04-02 Data estesa: Sabato 2 Aprile 1983

Radiomessaggio per la Pasqua - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimone della risurrezione la Chiesa con gli uomini che soffrono




1. "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato" (Lc 24,5-6). Le donne venute a cercare Cristo crocifisso - morto tra i morti - odono queste parole. Esse non le comprendono: ma la tomba è vuota.

Dalle ore mattutine del giorno susseguente il sabato, si diffonde l'annunzio della tomba vuota. In questo annunzio si sviluppa il primo messaggio pasquale. "Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E' risorto, non è qui" (Mc 16,6).

"La destra del Signore ha fatto meraviglie" ().


2. Verso quel luogo "dove l'avevano deposto" (Mc 16,6) pellegrinano i secoli. Le generazioni sostano davanti alla tomba vuota, così come un tempo vi si sono soffermati i primi testimoni.

In quest'Anno, più che mai, andiamo in pellegrinaggio alla tomba di Cristo. Torniamo alle primissime parole annunziate alle Pie Donne, nelle quali si è sviluppato il messaggio pasquale. In quest'anno, più che mai, la Chiesa desidera essere testimone della Risurrezione.

E' infatti l'Anno Santo della Redenzione, del Giubileo straordinario. La Redenzione parte dalla Croce e si compie nella Risurrezione. "Agnus redemit oves.

/ Christus innocens Patri / reconciliavit peccatores".


3. Ecco, l'uomo è stato sottratto alla morte e restituito alla vita. Ecco, l'uomo viene sottratto al peccato e restituito all'Amore. Voi tutti che, in ogni luogo, vi inoltrate nelle tenebre della morte ascoltate; Cristo è risorto! Voi tutti che vivete col peso dei peccati, ascoltate: Cristo ha vinto il peccato nella sua Croce e Risurrezione: Sottomettetevi alla sua potenza!


4. Mondo contemporaneo! Sottomettiti alla sua potenza! Quanto più scopri in te le vecchie strutture del peccato, quanto più avverti l'orrore della morte all'orizzonte della tua storia, tanto più sottomettiti alla sua potenza!


5. O Cristo, che sulla tua Croce hai accolto il nostro mondo umano - il mondo di ieri, di oggi e di domani: il vecchio mondo del peccato, fa' che esso diventi nuovo nella tua Risurrezione; fa' che esso diventi nuovo mediante ogni cuore dell'uomo visitato dalla potenza della Redenzione.


6. O Cristo risorto, nelle tue piaghe glorificate accogli tutte le piaghe dolenti dell'uomo contemporaneo: quelle di cui tanto si parla nei mezzi di comunicazione sociale; e anche quelle che silenziosamente dolgono nel segreto nascosto dei cuori. Esse siano curate nel mistero della tua Redenzione. Esse siano cicatrizzate e rimarginate mediante l'Amore che è più forte della morte.


7. In questo Mistero siamo con voi, che soffrite la miseria e la fame, assistendo, a volte, all'agonia dei figli che invocano il pane; siamo con voi, schiere di milioni di profughi, cacciati dalle vostre case, esuli dalle proprie patrie; siamo con voi, vittime tutte del terrore, rinchiuse nelle carceri o in campi di concentramento, consumate da maltrattamenti o da torture; siamo con voi sequestrati; siamo con voi, che vivete nell'incubo di quotidiane minacce di violenze o di guerra civile; siamo con voi che soffrite per improvvise calamità, come in questi giorni la popolazione dell'antica città di Popayan, gravemente sconvolta dal terremoto; siamo con voi, famiglie che pagate la fede in Cristo con discriminazioni o rinunce per gli studi e le carriere dei vostri figli; siamo con voi, genitori che trepidate per il travaglio spirituale o per certi smarrimenti dei vostri ragazzi; siamo con voi, giovani che siete scoraggiati non trovando il lavoro, la casa e la dignità sociale a cui aspirate; siamo con voi, che soffrite a motivo della malattia, dell'età o della solitudine; siamo con voi, che smarriti nell'angoscia o nel dubbio, invocate luce alla mente e pace al vostro cuore; siamo con voi, che sentendo il peso del peccato, invocate la grazia di Cristo Redentore.

Ma, in questo Mistero della Risurrezione siamo con voi, che in questi giorni avete dato nuovo slancio ai propositi di vita cristiana, gettandovi nelle braccia misericordiose ci Cristo; siamo con voi, convertiti e neo-battezzati, che avete scoperto l'invito del Vangelo; siamo con voi, che cercate di superare le barriere della diffidenza, con gesti di bontà, di riconciliazione in seno alle famiglie e alle società; siamo con voi, uomini del lavoro e della cultura, che volete essere lievito evangelico nell'ambiente in cui operate; siamo con voi, anime consacrate a Cristo e specialmente con voi che vi prodigate, soprattutto in terra di missione, per portare ai fratelli la buona novella dell'umanità redenta da Cristo; siamo con voi, martiri della fede di Cristo, che in mezzo ad oppressioni spesso nascoste o ignorate, arricchite la Chiesa pregando in silenzio, sopportando con pazienza, invocando perdono e conversione per chi vi perseguita; siamo con voi, uomini di buona volontà di ogni stirpe e di ogni continente, che in qualsiasi modo sentite l'attrattiva di Cristo e del suo insegnamento.

Siamo con tutte le piaghe dolorose dell'umanità contemporanea, e siamo con tutte le aspettative, le speranze, le gioie dei nostri fratelli, alle quali Cristo Risorto dà senso e valore.


8. La Chiesa condivide oggi il Messaggio Pasquale con tutti i fratelli in Cristo e con tutti gli uomini del mondo. Siamo con voi, in particolare, là dove l'oppressione delle coscienze non permette di pregare insieme e di celebrare la Pasqua.

Accogliete tutti le parole di questo Messaggio! Parlino le varie lingue e là ove esse mancano, sia eloquente il linguaggio dello Spirito, che visita direttamente gli animi e parla nel profondo dei cuori.

(Seguono messaggi augurali in varie lingue; infine in polacco:) Oggi la Chiesa assieme a Pietro, agli Apostoli e alle pie donne sosta presso il sepolcro in cui hanno deposto Cristo, e constata che il sepolcro è vuoto. Nello stesso tempo incontra il Risorto e annunzia all'uomo e al mondo la Buona Novella di vita.

Cari compatrioti! Ovunque voi siate, accogliete ancora una volta la verità, l'annuncio che Dio nel mistero della Pasqua vince il peccato, il male, la morte e l'odio. Egli sta dalla parte dell'uomo: nell'Amore egli sacrifica la sua vita, ridona la libertà e la dignità.

Tergete le vostre lacrime voi che siete nel peccato. "Surrexit Dominus vere". Alleluia!

Data: 1983-04-03 Data estesa: Domenica 3 Aprile 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Omelia alla Messa crismale - Città del Vaticano (Roma)