GPII 1983 Insegnamenti - Lettera al Vescovo di Leiria - Città del Vaticano (Roma)

Lettera al Vescovo di Leiria - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In occasione della festa di Nostra Signora di Fatima

Al Venerabile Fratello Alberto Cosme do Amaral, Vescovo di Leiria.


1. Di molto buon grado vi do assicurazione della mia partecipazione spirituale al pellegrinaggio del prossimo 13 maggio a Fatima. Non è senza emozione che rivivo le ore passate, un anno fa, pellegrino fra i pellegrini; ed è con l'anima in festa che, spiritualmente, ritorno a questo luogo benedetto come figlio che si rallegra ad andare a "questa casa dove si avverte una presenza molto particolare della Madre" di Dio e Madre di tutti gli uomini quale è il Santuario di Fatima.

E così, fratello tra i fratelli, nell'incontro nella "Casa" della Madre celeste, mi prefiguro di sentire la calorosa simpatia dei pellegrini e la stima fraterna dei fedeli, come accadde l'anno scorso; e alla loro voce, unisco sin d'ora la mia voce, per benedire, nella continuità delle "generazioni", con Maria e in Maria santissima, e esaltare le meraviglie che in lei opero l'Onnipotente. Come è bello e gioioso che molti fratelli vivano assieme! A voi tutti, "la mia anima glorifica il Signore" (cfr. Ps ,1 Lc 1,46). In questo incontro spirituale, nella Chiesa, il mio pensiero, più che mai - certamente, coi desideri di tutti - va alla Santissima Trinità per salutare e venerare Nostra Signora, Madre di Dio, la quale "a causa della fede, della carità e della perfetta unione con Cristo", secondo le parole di sant'Ambrogio, "è il tipo e la figura della Chiesa, che ha la sua origine nell'amore del Padre eterno, fondata nel tempo da Cristo Redentore e ha unità nello Spirito Santo (GS 40): benedetto sia Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo! E la mia adorazione all'Altissimo, con Maria, assieme agli amati pellegrini di Fatima, si unisce in un'azione di grazie, che desidererei continuasse a essere, con tutti, comunione e vita: il rosario in mano, il dolce nome della Madre sulle labbra e il cantico di Amore - Misericordia del Signore - nel cuore. "Esulta il mio spirito in Dio, mio Salvatore" (Lc 1,47). La data del 13 maggio, per me, rimarrà sempre evocativa di una speciale protezione materna di Nostra Signora, di un debito di gratitudine, che i fatti posteriormente accaduti non hanno che aumentato; ma "grazie al Signore... che non ha esaurito la sua misericordia" (cfr. Lm 3,2), continuo a ripetere, con Maria e per Maria santissima.


2. Oggi, come un anno fa, il successore di Pietro si sente cosciente dell'eredità ricevuta dal Concilio Vaticano II: la vita della Chiesa presente nel mondo e la luce di verità e del richiamo che racchiude il Messaggio di Fatima, nel suo nucleo fondamentale - penitenza e preghiera - verità e chiamata del Vangelo, il Papa si sente cosciente delle alternative vissute, non solo dalla Nazione portoghese, ma da tutta la famiglia umana; e al suo spirito affiorano soprattutto quelle esperienze vissute, che continuano a risultare dal fatto che intere società, di molti uomini e numerosi cristiani, scelgono il cammino in una "direzione opposta da quella indicata dal Messaggio". E per questo, afflitto per tutto quello che nel mondo, nella Chiesa e nei cristiani si oppone alla santità e alla consacrazione, il Papa sente la necessità di continuare a offrire riparazione per il mondo contemporaneo che non smette di essere scosso dalle lotte fra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, e segnato dalle sinistre ombre del peccato, o ancora peggio, dalla mancanza del sentimento di peccato.

Ma animato dalla speranza che poggia sulla grande certezza di Cristo morto e risorto, il Cristo pasquale, che è l'incarnazione definitiva e segno vivo della Misericordia, di quell'Amore che si dimostra perennemente più forte del peccato (cfr. DM 8), la mia preghiera - e, sono certo, unita alla preghiera dei pellegrini di Fatima - continua nella supplica confidente a questa fonte di vita da cui provengono, senza interruzione, la redenzione e la grazia, sempre piu forti del male. E unendomi al nostro Redentore, Gesù Cristo, e alla sua Consacrazione per il mondo e per gli uomini, solo nel suo Cuore divino la nostra espiazione si riveste del potere di raggiungere il perdono e arrivare alla riparazione e alla riconciliazione, invito tutti a pregare con il Papa e - mi sia permesso - anche per il Papa.


3. O clemente, o pietosa, o dolce sempre Vergine Maria, che Cristo Signore dall'alto della Croce ci volle dare come Madre, per l'intercessione dell'apostolo Giovanni: noi sappiamo che da questo momento, comincio ad attuarsi nella storia il mistero della vostra maternità spirituale, per tutti gli uomini, e con affetto, come quello di una qualsiasi madre, ad abbracciare l'uomo tutto; in più, dalla somiglianza con Gesù, il fratello universale, siamo buoni fratelli di tutti gli uomini e dell'uomo tutto, nella famiglia umana, nella famiglia dei figli di Dio, nella Chiesa, mediante una costante riconciliazione.

Così, la Madre di Cristo e Madre nostra, ha accolto il nostro grido, si è fatta carico della sofferenza di tutti gli uomini e delle società intere! Che si manifesti, ancora una volta, nella storia del mondo, la forza dell'Amore misericordioso! Che egli trattenga il male! Che egli trasformi le coscienze! Che egli faccia risplendere per tutti gli uomini, nel vostro Cuore immacolato, la luce della speranza! (cfr. "Atto di consacrazione", Fatima, 13 maggio 1982).

Madre della Chiesa, che questa manifestazione di Amore misericordioso sia propiziata dal Giubileo straordinario di questo Anno Santo, che il successore di Pietro continui ad offrire, in nome della Chiesa, Colui il quale è lo stesso ieri, oggi e sempre, Gesù Cristo, il Figlio di Dio vivo, che "nella pienezza dei tempi", per opera dello Spirito Santo, e di voi, Vergine Maria, ha assunto un corpo umano per essere, mediante la propria Morte e Risurrezione, il Redentore dell'uomo (cfr. "Orazione all'apertura dell'Anno Santo", Roma 25 marzo 1983).

Madre dolcissima della nostra speranza, noi sappiamo che offrire l'Anno Santo è appello all'offerta dei nostri cuori, con umiltà e contrizione, in un'attitudine di vera consacrazione, a somiglianza di Cristo (cfr. Jn 17,19); per questo con la devozione più sincera e affetto filiale, coscienti che ciò implica una decisa promessa di fedeltà a Dio e al suo comandamento di salvezza che è la Chiesa, noi confidiamo nella propria consacrazione in favore degli uomini e del mondo, unita a quella del Nostro Redentore e al Vostro Cuore Immacolato: "Custodiscici e difendici come fossimo cosa tua"! Avvocata nostra purissima, assieme all'Amore misericordioso, rivesti dei tuoi meriti le nostre suppliche, con le quali vogliamo implorarti: l'armonia interna nella Chiesa; la pace nel mondo e la pace di Cristo risorto nei cuori; la ricomposizione dell'unità in tutti quelli che si professano cristiani; l'esito e l'incremento della grazia per l'attività missionaria della Chiesa e il conforto per tutti i missionari; la clemenza e la consolazione per tutti coloro che soffrono, a causa della miseria, dei cataclismi, della violenza e di tutte le conseguenze del "peccato del mondo", in tutti i popoli, Nazioni e regioni della terra.


4. Santa Maria, Vergine Immacolata e nostra Madre celeste, il successore di san Pietro allarga il proprio sguardo oltre i pellegrini di Fatima e rivede, con grande stima, tutti i portoghesi che ha incontrato nella sua visita pastorale; e con tutti, e per tutti implora: che sappiano mantenersi degni dei loro antenati, di coloro i quali da "Nossa Sehora" da Oliveira a Alcobaça, a Batalha, a Belém, a Vila Viçosa, a Sameiro... fino a Fatima, hanno lasciato, nei cuori più che nelle pietre, segni immortali della devozione, della devozione mariana, che continuano ad essere impegno e appello costante per i figli del Portogallo di oggi e per l'intera Nazione: all'avvertenza della responsabilità e alla coerenza con la propria identità di detentori del glorioso patrimonio cristiano e missionario di fronte al Signore della storia, Signore anche della storia della Nazione "fedelissima".

Nostra Signora di Fatima: in questo pellegrinaggio i miei fratelli Vescovi portoghesi stanno rinnovando l'Atto di consacrazione, riferito a questa Nazione, che in quel luogo ho fatto l'anno scorso: che tutti i figli del Portogallo sappiano mantenere e coltivare con dignità questa consacrazione: nell'accoglienza dei propri cuori, nell'intimità delle loro case e delle famiglie, negli ambienti di lavoro e di convivenza: nelle scuole e nelle università, negli uffici e nei reparti, nelle fabbriche e nelle officine, nei campi e nelle città, nei locali di incontro, di divertimento, di riposo, nella vita privata e in quella pubblica, nella partecipazione sociale e politica; infine, in ogni luogo e sempre, vivere tale consacrazione, iniziata nel Battesimo, che ci ha fatti ritornare in Cristo figli di Dio e, per Cristo, tutti chiama ad essere evangelizzatori della Buona Novella della Redenzione.


5. E dopo essermi così rivolto alla Madre, in questa sua "casa" che è il Santuario di Fatima, mi dirigo ai diletti pellegrini perché ciascuno di essi voglia aprire il proprio cuore a Nostra Signora, "riceverla nella propria casa", all'interno dei propri problemi o preoccupazioni e che da questo incontro ritornino riconfortati, purificati dal peccato e con un cuore più libero, con una rinnovata buona volontà, più ferma e più costante, per camminare sempre nella direzione di Dio, indicata dal Messaggio di Fatima, perseguendo l'obiettivo evangelico dell'Anno Santo: "Convertitevi e credete nel Vangelo" (Mc 1,15).

Sta in ciò la risposta all'appello, con tutta la sua attualità, lanciato al mondo dalla "Signora del Messaggio", sessantasei anni fa, in Fatima. Che questo Messaggio interpelli e arrivi ad accogliere la grazia del Giubileo, ad aprire le porte a Cristo, Redentore dell'uomo! A confermare questi voti, e a salutare col Signor Vescovo di Leiria i cari pellegrini di Fatima, voglio benedire tutti; e, attraverso essi, le loro famiglie, le loro Comunità e le loro terre, con un pensiero molto particolare al bambini, ai giovani, agli ammalati e agli anziani. E mi sia permesso salutare in un modo speciale, con stima fraterna, i Signori Cardinali e Vescovi, salutare cordialmente i sacerdoti e i seminaristi, i religiosi e le religiose; salutare anche le autorità presenti e salutare anche i pellegrini provenienti da altre Nazioni. Per tutti imploro, per la celeste intercessione di Nostra Signora di Fatima, la protezione e le grazie di Dio onnipotente e misericordioso, con un'ampia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 16 aprile 1983

Data: 1983-04-16 Data estesa: Sabato 16 Aprile 1983

Ai podisti della "Maratona di primavera" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Compiacimento per l'iniziativa e incoraggiamento

Carissimi, sono lieto di rivolgere il mio cordiale saluto a voi tutti che siete qui convenuti così numerosi, per partecipare alla Maratona di primavera. La manifestazione vuole essere, innanzitutto, la festa della Scuola cattolica. Mi compiaccio sinceramente dell'iniziativa e intendo indirizzarvi il mio più vivo incoraggiamento.

So che a preparare il programma hanno contribuito tutte le componenti della Scuola cattolica di Roma e delle diocesi del Lazio, insieme con la Commissione pastorale per lo sport della diocesi di Roma. La confluenza degli sforzi organizzativi è già di per sé un segno di unità d'intenti per il raggiungimento dei comuni obiettivi.

Fa piacere anche constatare che all'invito hanno dato l'adesione genitori, docenti, alunni, ex alunni, e gli studenti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, i quali tutti, sfilando oggi per le vie della città, intendono dare una testimonianza della bontà del servizio che la Scuola cattolica rende alla comunità ecclesiale e alla società civile.

Quest'anno, poi, con la celebrazione della ricorrenza giubilare della Redenzione, voi, ritrovandovi qui, in Piazza San Pietro, meta di ininterrotti pellegrinaggi da ogni parte del mondo, volete pure sottolineare che non c'è gioia vera e profonda senza pace interiore.

Augurandovi che il Signore ve ne dia in abbondanza, vi benedico tutti di cuore.

Data: 1983-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1983

Recita del Regina Caeli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Maria è il più alto "successo" del Mistero pasquale

Fratelli e sorelle carissimi.


1. Anche nel festoso incontro di questa domenica rivolgiamo il pensiero alla Beata Vergine Maria con quell'intensità di sentimenti che la Pasqua da poco celebrata ispira.

Vogliamo oggi considerare in lei, Maria, quello che potremmo chiamare il "successo" del mistero pasquale: la sua "riuscita", il suo felice esito. Difatti, il mistero pasquale, glorificazione della vita, è, nello spazio e nel tempo, sorgente perenne di vita e, vissuto alla sequela di Cristo, porta sempre frutti di vita, Gesù non è morto invano: la sua morte è come quella del seme gettato nel terreno: è feconda di risultati.

E il suo frutto più bello e più esaltante è il glorioso trionfo di Maria, sua madre. Essa è il frutto più squisito del germe di vita eterna che Dio, in Gesù Cristo, ha gettato nel cuore dell'umanità bisognosa di salvezza dopo il peccato di Adamo.


2. Maria è il più alto "successo" del mistero pasquale, è la donna perfettamente "riuscita" sia nell'ordine della natura come in quello della grazia, perché più di ogni altra creatura umana essa ha saputo meditarlo, comprenderlo e viverlo. Per il cristiano è impossibile gustare il senso della Pasqua prescindendo da come l'ha vissuta Maria, vittoriosa, con Cristo e per Cristo, sull'antico avversario. Nel mistero della sua celeste assunzione in anima e corpo tutta la Chiesa celebrerà il compimento plenario del mistero pasquale, perché nella Madre di Dio così glorificata essa vede il tipo ideale e il termine del suo cammino nel corso dei secoli.

E' dunque in Maria e con Maria che noi possiamo penetrare il senso del mistero pasquale, consentendogli di portare in noi l'immensa ricchezza dei suoi effetti e dei suoi frutti di vita eterna; in lei e con lei, che non è passata dal peccato alla grazia, come tutti noi, ma, per un singolare privilegio, in vista dei meriti di Cristo, è stata preservata dal peccato, camminando verso la Pasqua eterna fin dal primo istante del suo essere. Anzi, tutta la sua vita è stata una "Pasqua": un passaggio, un cammino nella gioia: dalla gioia della speranza al momento della prova, a quella del possesso dopo il trionfo sulla morte. La sua persona umana, come sappiamo per definizione solenne, al seguito del Risorto ha compiuto il passaggio pasquale in anima e corpo dalla morte alla vita eterna gloriosa.

Sull'esempio di Maria, anche noi siamo invitati ad accogliere Cristo che ci perdona, ci redime, ci salva ed opera in noi il passaggio pasquale dalla morte alla vita.

(Guidata la recita della preghiera il Santo Padre ha aggiunto:) Oggi si celebra in Italia la "Giornata per l'Università Cattolica del Sacro Cuore", che quest'anno intende invitare i cattolici italiani a riflettere, in modo particolare, sul tema: "Futuro dell'uomo e cultura". Auspico sinceramente che quanti frequentano l'Università Cattolica si preparino con impegno alla loro specifica professione e diano sempre chiara testimonianza di vita cristiana. Sono certo che tutti i cattolici italiani, legittimamente fieri della loro Università, saranno sempre più generosi nell'incoraggiarla e aiutarla perché essa possa raggiungere le alte finalità, per cui è stata voluta dall'indimenticabile e intrepido padre Agostino Gemelli.

Rivolgo un cordiale saluto ai responsabili diocesani delle Pontificie opere missionarie, convenuti in questi giorni a Rocca di Papa per prendere parte ad un loro Convegno su "Riconciliazione, penitenza e missione". Carissimi, vi sono grato per quanto fate a favore delle Pontificie opere missionarie, le quali sono indispensabili per mantenere vivo tra i fedeli l'interesse e l'amore per questo ideale così nobile. Siate pertanto fiaccole sempre ardenti, affinché nelle vostre rispettive diocesi lo zelo missionario dia risultati sempre maggiori sia per quanto riguarda le vocazioni sacerdotali e religiose, sia per quanto concerne le iniziative destinate ad incrementare l'evangelizzazione tra i Popoli. Il Signore vi benedica.

E' trascorso più di un mese da quando in Angola sono state rapite circa 60 persone di nazionalità cecoslovacca. L'Arcivescovo di Praga, Cardinale Tomasek, anche a nome degli altri Vescovi, si è fatto interprete dell'ansiosa trepidazione dei familiari dei rapiti e del sentimento dell'opinione pubblica per la loro sorte. Volentieri faccio appello a coloro che li trattengono prigionieri, perché vogliano compiere un gesto di umanità, abbreviando le sofferenze ch'essi devono sopportare. Non posso dimenticare che anche altri, di nazionalità portoghese, si trovano nelle medesime dolorose condizioni. Voglia Iddio toccare i cuori dei responsabili, perché la liberazione dei prigionieri, ponendo fine ai loro disagi, costituisca anche un passo costruttivo verso l'auspicata pace in quella travagliata regione.

Data: 1983-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1983

Alla Parrocchia di San Filippo Apostolo - Roma

Titolo: Pasqua: invito a riflettere sul significato d'essere cristiani

Sorelle! Parrocchiani di San Filippo Apostolo a Grottarossa! Desidero attirare la vostra attenzione su tre espressioni contenute nelle letture bibliche dell'odierna liturgia. E' la liturgia della terza domenica di Pasqua, e la Chiesa canta con gioia l'Alleluia a Cristo risorto.

La prima di queste espressioni si trova nel Vangelo di san Giovanni: "E' il Signore"! così dice a Pietro "il discepolo che Gesù amava" (Jn 21,7), come sappiamo dal Vangelo. E lo dice quando essi, occupati nella pesca sul lago di Genesaret, udirono una voce ben conosciuta, che giungeva dalla sponda. Il personaggio, apparso sulla riva, prima chiede: "Non avete nulla da mangiare?" (Jn 21,5), e quando essi rispondono "No", ordina loro di gettare la rete dalla parte destra della barca (cfr. Jn 21,6).

Si verifica lo stesso fatto che aveva già avuto luogo, una volta, quando Gesù di Nazaret si trovava nella barca di Pietro sul lago di Tiberiade. Anche allora ordino loro di calare le reti per la pesca, e - benché prima non avessero preso nulla - la rete si riempi di pesci, così che non riuscivano a tirarla fuori (cfr. Lc 5,1-11).

Questa volta Giovanni dice: "E' il Signore!". E lo dice dopo la risurrezione; perciò questa parola acquista un significato particolare. Gesù di Nazaret aveva già manifestato il suo dominio sul creato, quando stava con gli apostoli come "Guida" e "Maestro". Tuttavia, nel corso di questi giorni indimenticabili tra il Venerdi Santo e la mattina del "giorno dopo il sabato", ha rivelato il suo dominio assoluto sulla morte. Ecco, viene agli Apostoli sul lago di Genesaret come il Signore della propria morte. Ha vinto la morte subita sulla Croce e vive! Vive con la sua propria vita: con una vita che è la stessa di prima, e, insieme, è di tipo nuovo.

A questo si riferiscono le parole: "E' il Signore!". Queste parole sono state pronunziate dalle labbra degli Apostoli. Le pronunzio la prima generazione dei cristiani, e poi tutte le generazioni successive. Anche noi pronunziamo le parole: il Signore, Cristo Signore. Egli è Colui che, in quanto uomo, ha rivelato un grande aspetto della potenza divina: il potere sulla morte.


2. La seconda espressione, sulla quale desidero attirare la vostra attenzione nell'odierna liturgia, è la parola "obbedire": "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini" (Ac 5,29). così dicono Pietro e gli Apostoli davanti al Sommo Sacerdote e al Sinedrio, che ingiungevano loro l'ordine di non insegnare più nel nome di Gesù Cristo (cfr. Ac 5,27-28).

Dalla risposta di Pietro bisogna dedurre che "obbedire" vuol dire qui "sottomettersi a causa, della verità" o semplicemente "sottomettersi alla verità".

Questa verità, la verità salvifica, è contenuta nella missione di Cristo. E' contenuta nell'insegnamento di Cristo. Dio stesso l'ha confermata mediante la risurrezione di Cristo.

"Dio lo ha innalzato... per dare ad Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati. E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui" (Ac 5,31-32). Noi rendiamo testimonianza a questa verità, che Dio ci ha consentito di conoscere con i propri occhi. Rendiamo testimonianza a questa verità, e non possiamo fare diversamente. Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.


3. La terza espressione dell'odierna liturgia, alla quale voglio fare riferimento, è la parola "Seguimi" (Jn 21,19).

Cristo Signore la rivolge in modo definitivo a Simon Pietro dopo la risurrezione. Lo aveva chiamato già prima, e già prima lo aveva fatto Apostolo; ma adesso, dopo la risurrezione, lo chiama ancora una volta. Dapprima rivolge a Pietro tre volte la domanda: "Mi ami?", e riceve la sua risposta. Per tre volte gli ripete: "Pasci i miei agnelli", "Pasci le mie pecorelle" (cfr. Jn 21,15-17).

Quindi Cristo aggiunge: "In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi" (Jn 21,18).

Così Cristo Signore parlo a Simon Pietro. E l'evangelista aggiunge: "Questo gli disse per indicare con quale morte avrebbe glorificato Dio" (Jn 21,19). E appunto dopo queste parole - e dopo una tale spiegazione - Cristo dice a Pietro: "Seguimi". E, in un certo senso, fu come se lo chiamasse a Roma, in questo luogo, dove Pietro doveva dare la propria vita per Cristo,


4. Sono le tre espressioni dell'odierna liturgia: "E' il Signore", "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini", "Seguimi". Occorre che noi meditiamo su di esse nei nostri cuori e nelle nostre coscienze. Ciascuna di esse ci indica che cosa vuol dire essere cristiano.

Il tempo di Pasqua costringe ciascuno di noi a rispondere, con fede rinnovata, proprio a questa domanda: Cristo è risorto, e io sono cristiano.


5. Cari fratelli e sorelle, in questa cornice di fede, voglio dirvi la mia gioia nel celebrare oggi con voi questa liturgia domenicale. A tutti do il mio cordiale saluto, che amo rivolgere in primo luogo ad un illustre ospite qui presente: il Catholicos armeno di Cilicia, Sua Santità Karekine II Sarkissian, venuto a Roma a far visita al successore di Pietro e alla sua diocesi. La sua partecipazione a questa celebrazione liturgica è un eloquente auspicio di unità nella comune confessione di Cristo Signore. Il mio saluto va poi al Cardinal Vicario, al Vescovo di Zona Monsignor Plotti, e si estende in particolar modo al Parroco e ai Vice Parroci, dei Padri Vocazionisti, responsabili di questa Comunità parrocchiale alla Borgata Veientana. Insieme a loro intendo salutare anche le Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore, dell'Istituto "Asisium", che tanto contribuisce alle attività pastorali della Parrocchia. Una speciale menzione spetta anche ai vari gruppi, come il Consiglio parrocchiale, il Gruppo Maria Immacolata, il Gruppo giovani, il Gruppo di servizio agli anziani, ecc.

So che la Parrocchia di San Filippo, dai suoi inizi nel 1956, è passata da un centinaio di famiglie alle ben cinquemila di oggi. Ebbene, su questa semplice constatazione si innesta la mia paterna esortazione a una parallela crescita nella fede e nell'impegno ecclesiale. Cercate di far maturare sempre più la vostra adesione a Cristo e di farla fruttificare nella vostra vita quotidiana.

Sappiate che anche per voi ho un costante ricordo nella preghiera, con particolare riferimento al giovani, ai sofferenti e a quanti sono in difficoltà di vario genere. Il Signore cammini sempre accanto a voi come unico sostegno nel vostro lavoro e sicura garanzia della vostra gioia.


6. Questa visita pastorale cade durante un Anno Santo, che celebra il Giubileo straordinario della Redenzione. Voi sapete che esso è stato indetto per celebrare il 1950° anniversario della morte e risurrezione di Gesù, cioè di quel momento culminante in cui si opero la nostra salvezza.

La ricorrenza giubilare, pertanto, ci pone davanti al mistero del grande amore, con cui Dio ci ha amati in Cristo Gesù: non a parole soltanto, ma col dono effettivo del Figlio suo (cfr. Jn 3,16). Contemporaneamente, ci viene ricordato il valore devastante del peccato, cioè della nostra alienazione dal Dio della vita.

L'Anno Santo, quindi, è un appello alla conversione e all'umile confessione delle nostre mancanze. E' un invito a ripristinare, rinsaldare e vivere in pienezza la nostra comunione con Dio in Gesù Cristo.

Ma, al di sopra di tutto, esso è una felice occasione per un più forte trionfo della misericordia divina, illimitata, gratuita, invincibile, che ci viene generosamente incontro nel sangue di Gesù. Apriamo, dunque, anzi spalanchiamo le porte dei nostri cuori a Cristo Redentore: solo lui è "la nostra vita" (Col 3,4).


7. Ci incontriamo, cari fratelli e sorelle, nel periodo pasquale dell'Anno della Redenzione. Il Vescovo di Roma - di questa Sede e di questa Chiesa della quale l'Apostolo Pietro rafforzo gli inizi - s'incontra con la vostra Parrocchia dedicata a San Filippo Apostolo. Noi, come eredi della fede ricevuta dagli Apostoli, manifestiamo ancora una volta la nostra gioia pasquale, ripetendo: "Cristo è risorto, lui che ha creato il mondo, e ha salvato gli uomini nella sua misericordia. Alleluia" (Canto al Vangelo). Amen.

Data: 1983-04-17 Data estesa: Domenica 17 Aprile 1983



Alla "Commissione trilaterale" - Non è possibile separare la tecnologia dall'etica



Cari amici.


1. E' un piacere per me incontrare i membri della "Commissione trilaterale", ed è anche, forse in modo particolare, un'occasione di riflessione. Sono infatti consapevole che in voi si concentrano particolari qualità di abilità, di competenza ed esperienza. Questa profonda conoscenza nella sfera politica, finanziaria e sociologica vi fornisce un potere considerevole. E come si può esercitare moralmente il potere, se esso non è accompagnato da un acuto senso di responsabilità? Non tocca a me interferire nelle vostre ricerche tecnologiche. Comunque, il tema del vostro lavoro è così strettamente connesso con gli esseri umani che voi costantemente vi trovate al confine tra tecnologia ed etica. A questo proposito sono molto interessato al vostro lavoro sulle relazioni est-ovest, la cooperazione, la ricerca della pace nel Medio Oriente, la limitazione degli armamenti, così come altre questioni.

Questa dimensione etica della vostra attività è accresciuta dalle vostre origini geografiche. Tutti voi provenite dalle aree più ricche del mondo, e per questa ragione voi avete una responsabilità nell'incoraggiare i popoli ad affrontare il loro dovere di solidarietà umana internazionale, perché, come il mio predecessore Paolo VI disse nella sua enciclica "Populorum Progressio" (PP 44), "questo dovere concerne soprattutto le Nazioni ricche".

Ancora, quando si parla di solidarietà umana e politica, e solidarietà internazionale e politica in particolare, non si possono dimenticare le parole di Giovanni XXIII: "La legge morale stessa, che governa le relazioni tra gli individui, serve anche a regolare le relazioni delle comunità politiche tra di loro" (PT 3, parte III). La solidarietà internazionale riguarda non soltanto le relazioni tra le Nazioni ma anche tutti gli strumenti di relazione tra le Nazioni, sia a livello di governi che di compagnie multinazionali. In ogni sfera vi sono esigenze etiche e morali. Queste esigenze etiche e morali toccano i molti fattori della tecnologia e hanno rapporti diretti con la produttività e il profitto delle imprese, come ho accennato nella "Laborem Exercens" (cfr. LE 17).

In breve, ogni attività deve essere al servizio della vita - la vita di individui e comunità ovunque possano essere - e questa attività non deve violare le leggi della vita, la generazione della vita, la dignità della vita, specialmente la vita dei poveri.


2. Sono lieto di apprendere che in questi giorni voi discutete uno studio di strategie di sviluppo, uno studio che deve mettere in evidenza il doppio sforzo da compiere: da un lato da parte dei Paesi poveri, per assicurare il loro autonomo sviluppo; e dall'altro da parte dei Paesi ricchi, per creare situazioni economiche e commerciali che contribuiranno a venire incontro ai bisogni essenziali dei popoli delle regioni in via di sviluppo e che favorirà inoltre una più equa distribuzione delle risorse.

Ma qui pongo una domanda a me stesso, una domanda che rivolgo anche a voi: perché alla fine del primo terzo della terza Decade di sviluppo la situazione globale delle relazioni nord-sud è più allarmante di quanto essa fosse all'inizio degli anni sessanta? Perché il divario tra ricchi e poveri diventa sempre più grave? Come risposta, si può indicare la crisi energetica degli anni settanta, che porto gli stessi Paesi più progrediti ad affrontare una quantità impressionante di sfide sociali. Permettetemi di fare menzione, per completezza, della inadeguata attenzione data ad uno dei temi principali della "Populorum Progressio": "Lo sviluppo integrale della persona umana".

E' una illusione perseguire unicamente lo sviluppo materiale. Ogni cosa, compreso il dinamismo della produzione e del profitto stesso, è radicata nella consapevolezza della dignità umana. Attaccare questa dignità indebolisce tutti gli sforzi per lo sviluppo. D'altra parte, il creare condizioni sociali, culturali e spirituali che proteggano i popoli da tutte le situazioni di oppressione, sfruttamento e degradante dipendenza è una garanzia per il successo dei progetti di sviluppo. "In breve, cercare di fare di più, conoscere di più e avere di più per essere di più" (PP 6).


3. Infine, le relazioni pacifiche tra i popoli figurano anch'esse tra le vostre preoccupazioni. Questa è una questione più strettamente connessa con lo sviluppo di quanto sembri a prima vista, perché la verità etica che ho appena evocato è alla radice della pace autentica. Certamente, non si devono trascurare gli sforzi pazienti dei negoziatori, o studi ricchi di soluzioni tecniche che renderebbero possibile stabilire l'equilibrio di potere a un livello sempre più basso. In numerose occasioni ho dato incoraggiamento in questo senso.

All'inizio dell'anno, ho dedicato il Messaggio per la pace, all'importanza del dialogo quale mezzo per garantire la sicurezza. Ciò presuppone, naturalmente, che tale dialogo sia sincero, sia senza inganno e sia libero da ogni intenzione di ingannare l'altra parte, Vorrei ora ripetere in vostra presenza ciò che già è stato proclamato davanti alle Nazioni Unite: "La produzione e il possesso di armi sono una conseguenza della crisi etica che corrode la società in tutte le sue dimensioni: politica, sociale ed economica. La pace, l'ho ripetuto più volte, è il risultato del rispetto dei principi etici. Il vero disarmo, quello che garantirà la pace tra i popoli, non avverrà se non con la risoluzione di questa crisi etica. Se gli sforzi per la riduzione degli armamenti, in vista del disarmo totale, non sono accompagnati parallelamente da una rinascita etica, sono votati in anticipo all'insuccesso.

Si deve cercare di rimettere il nostro mondo nella prospettiva di eliminare la confusione degli spiriti generata dalla pura ricerca degli interessi e dei privilegi e dalla difesa di pretese ideologiche: questo è compito assolutamente prioritario se si vuole giungere ad un progresso nella lotta per il disarmo. Altrimenti siamo condannati a limitarci ad attività che salvano le apparenze" (Messaggio per la II Sessione speciale dell'Onu per il disarmo, 12).

Come vedete, negli ambiti di cui voi vi occupate con competenza, è impossibile separare la tecnologia dall'etica. Senza l'aiuto dell'etica, l'attività politica non assicura il bene comune ma diviene un insopportabile e detestabile sfruttamento dell'uomo sull'uomo.

perciò vorrei esortarvi a continuare con buona volontà i vostri sforzi e le vostre ricerche senza mai dimenticare o trasgredire la dimensione morale delle relazioni internazionali e fare ogni cosa a servizio della persona umana.

E possa Dio, il Creatore della persona umana e il Signore della vita, rendere efficace il vostro contributo all'umanità e infondere pace nei vostri cuori.

Data: 1983-04-18 Data estesa: Lunedi 18 Aprile 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Lettera al Vescovo di Leiria - Città del Vaticano (Roma)