GPII 1983 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Si avvicini e maturi il tempo dell'unità




1. "Fate quello che vi dirà" (Jn 2,5).

Queste parole di Maria risuonano, insieme col brano del Vangelo di Giovanni, nell'odierna Liturgia. Sono state pronunciate a Cana di Galilea durante le nozze alle quali era stato invitato Gesù con la Madre e con i suoi discepoli.

Maria pronunzio queste parole ai servi; ma prima si era rivolta con una domanda al suo Figlio, indicando la difficile situazione, in cui si erano trovati i padroni di casa e gli sposi novelli, quando era venuto a mancare il vino.

Sappiamo dal Vangelo che i servi obbedirono senza indugio alle parole della Madre di Gesù. Sappiamo anche che quando riempirono, su ordine di Gesù, le giare d'acqua e offrirono quell'acqua al maestro di tavola, la bevanda si rivelo essere vino. "così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, - aggiunge l'Evangelista - manifesto la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui" (Jn 2,11).


2. "Fate quello che vi dirà".

Anche noi desideriamo adempiere un particolare comandamento e la volontà di Cristo Signore, intraprendendo, nel corso dei prossimi giorni (dal 18 al 25 gennaio), le annuali preghiere per l'unità dei cristiani.

Durante questa settimana di preghiere desideriamo essere uniti soprattutto al nostro Signore e Salvatore, che nel cenacolo ha pregato il Padre suo: "Perché siano una sola cosa" (Jn 17,11). La preghiera di Cristo per l'unità dei suoi discepoli e confessori in tutto il mondo sembra riecheggiare con una particolare forza e speranza nella generazione contemporanea dei cristiani.

Desideriamo quindi, specialmente durante i prossimi giorni, pregare insieme con tutti i nostri fratelli, con i quali non ci unisce ancora la pienezza della comunione cristiana, affinché il tempo dell'unità si avvicini e maturi.

Desideriamo farlo in quest'anno sotto il motto: "Gesù Cristo, la vita del mondo" (cfr. 1Jn 1,1-4), intorno al quale si uniscono tutte le comunità cristiane nel nome di Cristo.


3. Durante lo scorso anno hanno compiuto la loro visita "ad limina" i Vescovi dell'Austria. Al cardinale Franz König e all'Episcopato di quell'amata Nazione, ai sacerdoti, e a quanti spendono le loro energie nei vari settori dell'attività pastorale desidero rivolgere stamani un particolare saluto.

Nel corso della visita "ad limina" ho avuto dai fratelli nell'Episcopato riferimenti precisi ed aggiornati circa la situazione di quella Chiesa, che ha alle sue spalle ricche tradizioni di vita cristiana e sta affrontando nel presente lo sforzo dell'adeguamento alle esigenze dei tempi nuovi di fedele adesione ai valori perenni del messaggio cristiano. Ho apprezzato con gioia, tra l'altro, sia l'impegno che si pone nella pastorale vocazionale per assicurare una presenza adeguata di persone totalmente consacrate alla causa del Regno di Cristo, sia il servizio che la Comunità cristiana offre nel campo dell'educazione giovanile come in quello dell'azione caritativa.

Nel rinnovare ai Vescovi dell'Austria e, per mezzo loro, a tutti i fedeli di quella Nazione il mio fervido ringraziamento per la testimonianza di comunione con la Sede di Pietro, offerta anche in questa circostanza, assicuro la mia costante preghiera, in particolare per una fruttuosa celebrazione del "Katholikentag" che avrà luogo in quella Nazione nel prossimo mese di settembre.

Data: 1983-01-16 Data estesa: Domenica 16 Gennaio 1983

Al Pontificio Collegio ucraino di San Giosafat - Roma

Titolo: Voi, carissimi seminaristi, siete la speranza della Chiesa ucraina

Signor Cardinale, venerati fratelli nel sacerdozio, carissimi alunni!


1. Volentieri ho accolto - appena mi è stato possibile - l'invito di celebrare con voi la felice ricorrenza giubilare di questo Pontificio Collegio ucraino di San Giosafat, che sento tanto vicino al mio cuore.

Saluto con vivo piacere il Signor Cardinale Rubin, Prefetto della Sacra Congregazione per le Chiese orientali, e Monsignor Miroslaw Marusyn, Segretario della stessa Sacra Congregazione da cui il Collegio dipende, nonché il Reverendo Padre Isidoro Patrylo, Proto-Archimandrita dell'Ordine basiliano di san Giosafat, Ordine a cui è affidata la direzione del Collegio. Saluto inoltre il Reverendo Padre Rettore e lo ringrazio per le gentili parole che mi ha rivolto e, con lui, saluto pure quanti sono qui convenuti per festeggiare così fausto avvenimento. Un saluto particolare vada infine alle Suore Ancelle di Maria Immacolata che fin dagli inizi prestano con materna dedizione la loro umile e preziosa opera in questo Istituto.

La magnifica sede del vostro Collegio chiama alla memoria la geniale munificenza del Papa Pio XI, il quale, confermando la sollecitudine della Santa Sede per la Chiesa ucraina, volle questo nuovo edificio, nel quale potesse trovare degna sistemazione il Seminario che il Papa Leone XIII aveva fondato sul finire del secolo scorso.

Il Collegio è veramente bello per la posizione incantevole e panoramica in cui sorge, ma è ancora più bello perché in esso fiorisce a Cristo la speranza della Chiesa ucraina. Questa speranza siete voi, cari seminaristi, che crescete in questo sacro domicilio, formandovi alla scienza e alla pietà, in vista dei futuri compiti che vi saranno affidati al servizio del gregge di Cristo nella diletta Nazione ucraina. In questa mia visita desidero cordialmente esortarvi a porre ogni impegno nel prepararvi al vostro futuro ministero, sforzandovi di acquisire una forte spiritualità e una solida formazione intellettuale.

Papa Pio XI, nell'udienza del 13 novembre 1932, rivolgeva alla gerarchia e al Seminario ucraino un'esortazione che mi piace oggi richiamare: "Non ci si deve dimenticare della necessità della scienza, ma innanzitutto bisogna sforzarsi per acquistare la pieta". E soggiungeva, sulla scorta di san Paolo: "La scienza senza la santità è vanità, è una splendente vacuità, è un gelido intellettualismo" (cfr. 1Co 8,2 1Co 13,2).


2. Il mio pensiero si indirizza specialmente a voi, studenti di teologia. La teologia è un dialogo perenne tra la scienza e la fede, ma tale dialogo edifica solo a patto che la scienza sia informata dalla carità.

A questo riguardo, in un documento pubblicato dalla Sacra Congregazione per l'Educazione cattolica qualche anno fa, si osserva opportunamente: "La teologia, avendo per oggetto delle verità che sono principi di vita e d'impegno personale, sia per ogni credente sia per la comunità di cui fa parte, ha una dimensione spirituale, per cui il teologo nella ricerca e nello studio non procede nella linea di un puro intellettualismo, ma obbedisce alle esigenze della fede, attuando sempre più la sua unione esistenziale con Dio e il suo inserimento vitale nella Chiesa".

A ciò sembra richiamarsi l'esempio di san Giosafat, sotto il cui nome e sotto la cui tutela è posto questo Collegio. San Giosafat si presenta infatti, secondo la tradizione basiliana, come modello di scienza e di santità. Egli anzi seppe vivere l'impegno di personale santificazione fino alla testimonianza eroica del martirio, che in lui fu sigillo del desiderio e della ricerca dell'unità della Chiesa. E' ciò che ha sottolineato la liturgia bizantino-slavica, presentando san Giosafat come faro di luce irradiante: "Quasi pharus in vita refulsit irradians et ut bonus pastor vitam suam profudit pro ovibus suis".

Come è noto, il Concilio Ecumenico Vaticano II ha aperto prospettive nuove sulla via della perfetta unione delle Chiese e ha operato un felice riavvicinamento fra quanti credono in Cristo e condividono il dono dello stesso battesimo, grazie al quale partecipiamo alla vita dell'unico Padre celeste.

Voi, nella vostra condizione di membri della Chiesa ucraina cattolica, sentite vivo e pressante l'anelito del Signore: "Ut omnes unum sint" (Jn 17,21) e affrettate con il desiderio del vostro cuore giovanile il momento della sospirata perfetta unione. Perseverate su questa strada benedetta e preparatevi ad essere domani, sull'esempio di san Giosafat, instancabili fautori di questa santa causa.

Desidero pero ricordarvi che, con la vostra vita di preghiera e di studio, voi potete contribuire già fin d'ora all'avvicinarsi di quella meta mediante quello che si suole chiamare "ecumenismo spirituale" (UR 7).

E' vicino l'"Ottavario di preghiera per l'unità": sia esso per tutti voi un'occasione privilegiata di personale crescita nella carità e di più intensa preghiera, in spirituale sintonia con quanti in tali giorni eleveranno particolari suppliche all'unico Signore della Chiesa. Recherete così un importante contributo alla ricerca e all'impetrazione della piena comunione ecclesiale.


3. Non posso concludere queste brevi parole senza rivolgere un pensiero affettuoso a tutte le Comunità ecclesiali ucraine, sia a quelle dell'emigrazione che in varie Nazioni del mondo perseverano nella fede avita, sia a quelle che, nella terra dei padri, mantengono vive le tradizioni di un passato glorioso. A tutte va l'assicurazione della mia sollecitudine costante e accorata; per tutte si eleva a Dio la mia preghiera perché, sull'esempio di san Giosafat, continuino a sentirsi sempre più strettamente congiunte col centro dell'unità cattolica.

Con questi pensieri, mentre ringrazio il Signore per i benefici di cui ha colmato fin dalle origini questo caro Collegio, faccio voti perché esso continui a formare i futuri sacerdoti per la Chiesa ucraina, istillando in essi l'aspirazione verso l'ideale paolino del "perfectus homo Dei, ad omne opus bonum instructus" (2Tm 3,17).

Affido questi voti all'intercessione della Sempre-Vergine Madre-di-Dio, mentre di cuore imparto a tutti l'apostolica Benedizione.

Data: 1983-01-16 Data estesa: Domenica 16 Gennaio 1983



Al Consiglio pontificio per la cultura - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa creatrice di cultura nel suo rapporto col mondo moderno

Eminenze, Eccellenze, Signore e Signori,


1. E' con una gioia particolare che accolgo, per la prima volta e ufficialmente, il Consiglio pontificio per la cultura. Tengo innanzitutto a ringraziare i membri del Consiglio internazionale che ho nominato recentemente e che hanno risposto così prontamente all'invito di riunirsi a Roma per discutere l'orientamento e le future attività del Consiglio pontificio per la cultura. La vostra presenza nel Consiglio è un onore e una speranza per la Chiesa. La vostra reputazione riconosciuta in questi campi così vasti della cultura, delle scienze, delle lettere, dei media, delle università, delle scienze sacre, lascia sperare un lavoro fecondo per questo nuovo Consiglio che ho deciso di creare ispirandomi alle direttive del Concilio Vaticano II.


2. Il Concilio ha dato in questo campo un nuovo dinamismo, in particolare con la costituzione "Gaudium et Spes". E' infatti un compito arduo oggi comprendere l'estrema varietà delle culture, dei costumi, delle tradizioni e delle civiltà. A prima vista, la sfida potrebbe sembrare troppo superiore alle nostre forze, ma non è forse a misura della nostra fede e della nostra speranza? La Chiesa, nel Concilio, ha riconosciuto che si è aperta una drammatica spaccatura tra la Chiesa e la cultura. Il mondo moderno è affascinato dalle sue conquiste, dalle sue realizzazioni scientifiche e tecniche. Ma, troppo spesso, esso si abbandona a ideologie, a criteri di etica pratica, a comportamenti, che sono in contraddizione con il Vangelo o che, per lo meno, fanno tranquillamente astrazione dai valori cristiani.


3. E' dunque in nome della fede cristiana che il Concilio ha impegnato la Chiesa intera a mettersi all'ascolto dell'uomo moderno, per comprenderlo e per inventare un nuovo tipo di dialogo, che permetta di portare l'originalità del messaggio evangelico al cuore della attuale mentalità. Dobbiamo dunque ritrovare la creatività apostolica e la potenza profetica dei primi discepoli per affrontare le nuove culture. Bisogna che la parola di Cristo appaia in tutta la sua freschezza alle nuove generazioni, i cui atteggiamenti talvolta sono difficilmente comprensibili a spiriti tradizionali, ma che non sono precluse ai valori spirituali.


4. A più riprese, ho voluto affermare che il dialogo tra la Chiesa e le diverse culture riveste oggi una importanza vitale per l'avvenire della Chiesa e del mondo. Mi sia permesso ritornarvi insistendo su due aspetti principali e complementari che corrispondono ai due livelli in cui la Chiesa esercita la sua azione: quello dell'evangelizzazione delle culture e quello della difesa dell'uomo e della sua promozione culturale. L'uno e l'altro compito esigono che siano definite le nuove vie del dialogo della Chiesa con le culture della nostra epoca.

Per la Chiesa, questo dialogo è assolutamente indispensabile, perché altrimenti l'evangelizzazione resterebbe lettera morta. San Paolo non esitava a dire: "Guai a me, se non evangelizzassi". In questa fine del XX secolo, così come ai tempi dell'Apostolo, la Chiesa deve farsi tutta a tutti, raggiungendo con simpatia le culture d'oggi. Vi sono ancora degli ambienti, delle mentalità, così come paesi e intere regioni da evangelizzare, la qual cosa suppone un lungo e coraggioso processo d'inculturazione affinché il Vangelo penetri l'anima delle culture vive, rispondendo alle loro più profonde attese e facendole giungere alla dimensione stessa della fede, della speranza e della carità cristiane. La Chiesa, attraverso i suoi missionari, ha già compiuto un'opera incomparabile in tutti i continenti, ma questo lavoro di missione non è mai esaurito, poiché spesso le culture non sono che toccate superficialmente dal messaggio cristiano e in ogni modo, trasformandosi senza posa, chiedono un rinnovato incontro. Aggiungiamo anche che questa nobile parola "missione" si applica ormai alle vecchie civiltà segnate dal cristianesimo, che pero sono ora minacciate dall'indifferenza, dall'agnosticismo o anche dall'incredulità. Numerosi nuovi settori della cultura si presentano con degli obiettivi, dei metodi e dei linguaggi diversi. Il dialogo interculturale si impone dunque ai cristiani in tutti i paesi.


5. Per evangelizzare efficacemente, bisogna adottare risolutamente un atteggiamento di scambio e di comprensione per simpatizzare con l'identità culturale dei popoli, dei gruppi etnici e dei diversi settori della società moderna. Del resto, bisogna lavorare per il riavvicinamento tra le culture, in modo che i valori universali dell'uomo siano accolti ovunque in uno spirito di fraternità e di solidarietà. L'evangelizzazione suppone dunque sia che si penetri le identità culturali particolari, ma anche che si favorisca lo scambio tra le culture, aprendole ai valori dell'universalità e, direi anche, della cattolicità.

E' pensando a questa pesante responsabilità che ho voluto creare il Consiglio pontificio per la cultura, col fine di dare a tutta la Chiesa un vigoroso impulso, e rendere tutti i responsabili, tutti i fedeli, coscienti del dovere che ci attende e che consiste nel mettersi in ascolto dell'uomo moderno, non per approvare tutti i suoi comportamenti, ma per scoprire prima di tutto le sue speranze e le sue aspirazioni latenti. Ecco perché ho invitato i vescovi, coloro che sono preposti ai diversi servizi della Santa Sede, le organizzazioni internazionali, i cattolici, le università, tutti gli uomini di fede e di cultura, ad impegnarsi con convinzione nel dialogo delle culture, portandovi la parola di salvezza del Vangelo.


6. Bisogna anche sottolineare, inoltre, che, in questa relazione dinamica della Chiesa e del mondo contemporaneo, i cristiani hanno molto da ricevere. Il Concilio ecumenico Vaticano II ha insistito su questo punto ed è opportuno ricordarlo. La Chiesa è grandemente arricchita dalle acquisizioni di molte civiltà. L'esperienza secolare di tanti popoli, il progresso della scienza, i tesori nascosti delle diverse culture, attraverso le quali si svela più pienamente la natura dell'uomo e si trovano nuove vie verso la verità, tutto questo è un vantaggio sicuro per la Chiesa, come ha riconosciuto il Concilio (cfr. GS 44). E questo arricchimento prosegue sempre. Pensiamo infatti ai risultati delle ricerche scientifiche per una miglior conoscenza dell'universo, per un approfondimento del mistero dell'uomo, pensiamo ai benefici che possono procurare alla società e alla Chiesa i nuovi mezzi di comunicazione e di incontro tra gli uomini, la capacità di produrre innumerevoli beni economici e culturali, e soprattutto di promuovere l'educazione delle masse, di guarire le malattie considerate una volta incurabili.

Quali ammirevoli realizzazioni! Tutto questo va in onore all'uomo. E tutto questo ha recato enorme beneficio alla Chiesa stessa, nella sua vita, nella sua organizzazione, nel suo lavoro e nell'opera che la contraddistingue. E' dunque normale che il popolo di Dio, solidale con il mondo nel quale vive, riconosca le scoperte e le realizzazioni dei nostri contemporanei e vi partecipi in tutti i modi possibili, affinché l'uomo stesso cresca e si sviluppi in pienezza. Questo suppone una profonda capacità di accoglienza e di ammirazione, ma anche un lucido senso di discernimento. E io ora vorrei insistere su quest'ultimo punto.


7. Spingendoci all'evangelizzazione, la nostra fede ci ispira ad amare l'uomo per quello che è, in se stesso. Ora l'uomo, oggi più che mai, ha bisogno di essere difeso contro le minacce che pesano sul suo sviluppo. L'amore che noi attingiamo alle sorgenti del Vangelo, sulla scia del mistero dell'Incarnazione del Verbo, ci porta a proclamare che l'uomo merita onore e amore in se stesso e deve essere rispettato nella sua dignità. così i fratelli devono imparare nuovamente a parlarsi come fratelli, a rispettarsi, a comprendersi, affinché l'uomo stesso possa sopravvivere e crescere nella dignità, nella libertà, nell'onore. Nella misura in cui soffoca il dialogo delle culture, il mondo moderno corre verso conflitti che rischiano di essere mortali per l'avvenire della civiltà umana. Al di là dei pregiudizi, delle barriere culturali, delle separazioni razziali, linguistiche, religiose, ideologiche, gli uomini devono riconoscersi come fratelli e sorelle, accettandosi nelle loro diversità.


8. La mancanza di intesa fra gli uomini fa correre loro un pericolo fatale. Ma l'uomo è ugualmente minacciato nel suo essere biologico, dalla deteriorazione irreparabile dell'ambiente, dal rischio delle manipolazioni genetiche, dall'offesa alla vita nascente, dalla tortura che ancora ai nostri giorni imperversa pesantemente. Il nostro amore per l'uomo ci deve dare il coraggio di denunciare le concezioni che riducono l'essere umano ad una cosa che può essere manipolata, umiliata o eliminata arbitrariamente.

L'uomo è anche insidiosamente minacciato nel suo essere morale, poiché è sottoposto a correnti edonistiche che esasperano i suoi istinti e lo affascinano con le illusioni di un consumo senza discriminazioni. L'opinione pubblica è manipolata da suggestioni ingannevoli di una potente pubblicità i cui valori unidimensionali dovrebbero renderci critici e vigilanti.

E ancor più l'uomo è umiliato ai nostri giorni dai sistemi economici che sfruttano intere collettività. L'uomo è, inoltre, vittima di determinati regimi politici e ideologici che imprigionano l'anima dei popoli. Come cristiani, noi non possiamo tacere e dobbiamo denunciare questa oppressione culturale che impedisce alle persone e ai gruppi etnici di essere se stessi secondo la loro profonda vocazione. E' mediante questi valori culturali che l'uomo individuale o collettivo vive una vita veramente umana e non possiamo tollerare che siano distrutte le sue ragioni di vita. La storia sarà severa con la nostra epoca, nella misura in cui essa soffoca, corrompe e asserve brutalmente le culture in tante regioni del mondo.


9. E' in questo senso che ho voluto proclamare all'Unesco, davanti all'assemblea di tutte le nazioni ciò che ora mi permetto di ripetere davanti a voi: "Bisogna affermare l'uomo per se stesso e non per qualche altro motivo o ragione: unicamente per se stesso! Ancor più, bisogna amare l'uomo perché è uomo, bisogna rivendicare l'amore per l'uomo in ragione della dignità particolare che egli possiede. L'insieme delle affermazioni concernenti l'uomo appartiene alla sostanza stessa del messaggio di Cristo e della missione della Chiesa, malgrado tutto ciò che gli spiriti critici hanno potuto dichiarare in materia, e tutto ciò che hanno potuto fare le diverse correnti opposte alla religione in generale e al cristianesimo in particolare" (discorso all'Unesco). Questo messaggio è fondamentale affinché sia reso possibile il lavoro della Chiesa nel mondo attuale.

Ecco perché, a conclusione dell'enciclica "Redemptor Hominis" (RH 21) scrivevo che "l'uomo è e diventa sempre "la vià della vita quotidiana della Chiesa"". Si, l'uomo è "la via della Chiesa", perché senza questo rispetto dell'uomo e della sua dignità, come si potrebbe annunciargli le parole di vita e di verità?


10. E' dunque nel ricordarci questi due principi di orientamento - evangelizzazione delle culture e difesa dell'uomo - che il Consiglio pontificio per la cultura proseguirà il suo lavoro specifico. Da una parte, è richiesto che l'evangelizzazione si renda familiare con gli ambienti socio-culturali, nei quali deve annunciare la parola di Dio; molto di più, è il Vangelo stesso che è fermento di cultura nella misura in cui raggiunge l'uomo nelle sue facoltà del pensiero, del comportamento, del lavoro, del riposo, insomma nella sua specificità culturale. D'altra parte, la nostra fede ci dà una fiducia nell'uomo - nell'uomo creato a immagine di Dio e riscattato da Cristo - che noi desideriamo difendere e amare per se stesso, coscienti che egli non è uomo se non attraverso la sua cultura, cioè attraverso la sua libertà di crescere integralmente e con tutte le sue specifiche capacità. Il vostro compito è difficile ma splendido. Insieme, voi dovete contribuire a tracciare le nuove vie del dialogo della Chiesa con il mondo d'oggi. Come parlare al cuore e all'intelligenza dell'uomo moderno per annunciargli la parola di salvezza? Come rendere i nostri contemporanei più sensibili ai valori propri della persona umana, alla dignità di ciascun individuo, alla ricchezza nascosta in ogni cultura? Il vostro ruolo è grande, poiché voi dovete aiutare la Chiesa a diventare creativa di cultura nel suo rapporto con il mondo moderno.

Noi saremmo infedeli alla nostra missione di evangelizzare la presente generazione se lasciassimo i cristiani nell'ignoranza delle nuove culture. Noi saremmo ugualmente infedeli alla carità che ci deve animare, se non vedessimo in cosa oggi l'uomo è continuamente minacciato nella sua umanità, e se non proclamassimo, con le nostre parole e i nostri gesti, la necessità di difendere l'uomo individuale e collettivo, di salvarlo dalle oppressioni che l'asservono e l'umiliano.


11. Nel vostro lavoro voi siete invitati a collaborare con tutti gli uomini di buona volontà. Scoprirete che lo spirito del bene è misteriosamente all'opera in tanti nostri contemporanei, anche in alcuni di quelli che non si considerano appartenenti a nessuna religione, ma che cercano di compiere onestamente la loro vocazione umana con coraggio. Pensiamo a tanti padri e madri di famiglia, a tanti educatori, studiosi, lavoratori impegnati nei loro compiti, a tanti uomini e donne devoti alla causa della pace, del bene comune, della giustizia e della cooperazione internazionale. Pensiamo ancora a tutti i ricercatori che si consacrano con costanza e rigore morale ai loro utili compiti per la società, a tutti gli artisti assetati e creatori di bellezza. Non esitate ad entrare in dialogo con tutte queste persone di buona volontà, molti dei quali aspettano forse segretamente la testimonianza e l'appoggio della Chiesa per meglio difendere e promuovere il vero progresso dell'uomo.


12. Vi ringrazio calorosamente di essere venuti a lavorare con noi. In nome della Chiesa, il Papa conta molto su di voi, perché come dicevo nella lettera con la quale lo creavo, il vostro Consiglio "apporterà regolarmente alla Santa Sede l'eco delle grandi aspirazioni culturali attraverso il mondo, approfondendo le attese delle civiltà contemporanee ed esplorando le nuove vie del dialogo culturale". Il vostro Consiglio avrà prima di tutto valore di testimonianza. Davanti ai cristiani e al mondo dovete testimoniare il profondo interesse che la Chiesa prova per il progresso della cultura e per il fecondo dialogo delle culture, come anche per il loro benefico incontro con il Vangelo. Il vostro ruolo non può essere definito una volta per tutte e a priori: l'esperienza vi insegnerà le modalità dell'agire più efficaci e meglio adatte alle circostanze. Mantenete un regolare rapporto con la Direzione esecutiva del Consiglio - con cui io mi felicito e che incoraggio -, partecipando alla sua azione e alle sue ricerche, proponendole le vostre iniziative, informandola delle vostre esperienze. Ciò che è domandato al Consiglio per la cultura è di esercitare la sua azione come dialogo, incitamento, testimonianza e ricerca. E' una modalità particolarmente feconda per la Chiesa di essere presente al mondo per rivelargli il messaggio sempre nuovo di Cristo Redentore.

Nell'avvicinarsi del Giubileo della Redenzione, io prego Cristo di ispirarvi, di assistervi, affinché il vostro lavoro serva, al suo livello, la sua opera della salvezza. E di tutto cuore, nel ringraziarvi in anticipo per la vostra cooperazione, vi benedico, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Data: 1983-01-18 Data estesa: Martedi 18 Gennaio 1983





Alla giunta romana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il volto universale di Roma si manifesti durante l'Anno Santo




1. Sono lieto di questo incontro all'inizio del nuovo anno, perché mi dà la possibilità non soltanto di scambiare gli auguri con lei, signor sindaco, con i membri della Giunta municipale e con una rappresentanza dell'intero Consiglio comunale, ma di rivolgere altresi una particolare e affettuosa attenzione alla città di Roma, che voi ed io - ciascuno con finalità e compiti distinti - siamo chiamati a servire con dedizione e con impegno.

Sono ormai al quinto anno del mio ministero di Vescovo di Roma e in questo periodo ho cercato con tutti i mezzi di conoscere personalmente la mia vasta diocesi in maniera sempre più approfondita per quanto concerne i problemi, numerosi, diversi e complessi, che si intrecciano in una metropoli, unica e singolare per la sua storia, per la sua ricchezza culturale e artistica, per la sua posizione di capitale della Nazione italiana e - nello stesso tempo - di Centro della religione cattolica. Mediante vari incontri, ma specialmente nelle mie visite pastorali alle parrocchie, ho voluto rendermi conto delle esigenze, dei bisogni, dei problemi di questa città, che sta in cima ai miei pensieri, e alle mie preoccupazioni.


2. Sono esigenze, bisogni e problemi di ordine umano, sociale, economico e, perciò stesso, sono anche problemi di carattere morale e spirituale, in quanto non si può dividere e separare l'uomo in compartimenti stagni. Sono problemi, certamente comuni a qualsiasi città che continui ad espandersi; ma sono anche specifici e tipici di questa Roma, che, oltre ad aver raggiunto una popolazione di quasi tre milioni di abitanti, presenta - come ho accennato - caratteristiche tipiche che ne fanno un "unicum" dal punto di vista sociologico, politico e religioso.

Ad alcuni di questi problemi ella, signor sindaco, ha fatto cenno nel corso del suo indirizzo. Desidero, in questa significativa circostanza, fare eco alle preoccupazioni da lei manifestate, sottolineando in particolare, tra gli altri, il problema della casa, specialmente per le giovani generazioni che si preparano a formarsi una famiglia; quanti giovani fidanzati sono amaramente costretti a ritardare la data delle nozze perché non trovano un alloggio adatto alle loro esigenze e alle loro possibilità economiche! Parlando di giovani - cioè dei prossimi protagonisti della storia e della società - come sarebbe possibile tacere di quell'altro grave problema, pure da lei toccato e che oggi angustia tante famiglie, il problema cioè della occupazione, del posto di lavoro? Occorre agire contro la disoccupazione, la quale - come affermavo nell'enciclica sul lavoro umano - "è in ogni caso un male e, quando assume certe dimensioni, può diventare una calamità sociale. Essa diventa un problema particolarmente doloroso, quando vengono colpiti soprattutto i giovani, i quali, dopo essersi preparati mediante un'appropriata formazione culturale, tecnica e professionale, non riescono a trovare un posto di lavoro e vedono penosamente frustrate la loro sincera volontà di lavorare e la loro disponibilità ad assumersi la propria responsabilità per lo sviluppo economico e sociale della comunità" (LE 18).

Tale forzata disoccupazione può provocare, e provoca di fatto, traumi pericolosi e subdole tentazioni a reagire sia con il salto nel metodo della violenza e del terrorismo, che possono venir abbracciati come soluzione giudicata unica per la trasformazione della società, sia con la disperata ricerca di una parvenza di felicità offerta dalla droga, la cui diffusione a Roma - financo nelle scuole - diventa sempre più preoccupante e continua a mietere vittime.

Meritano inoltre attenta considerazione i problemi dell'assistenza sanitaria, sempre più urgente in una metropoli in continua espansione; quello della scuola, la quale, oltre alla seria crisi di fondo che sta attraversando, circa le sue finalità e i suoi contenuti, si trova, in certe zone, carente di strutture e di aule, costringendo dirigenti, docenti e alunni ad evidenti situazioni di disagio; vi è poi il grave problema degli anziani e, infine, il problema dell'ordine pubblico, drammaticamente sentito dai cittadini desiderosi di vivere nella pace e nella concordia civile.


3. Chiamato dalla Divina Provvidenza ad essere il Pastore della Chiesa Universale, in quanto successore di Pietro nella Sede di Roma, non posso non sperimentare da una parte la forte valenza umana e sociale dei problemi citati - ai quali potremmo aggiungerne altri facilmente individuabili - e, d'altra parte, non avvertire anche il senso della mia responsabilità, come Vescovo dell'Urbe, nel dare il contributo mio personale e assicurare quello di tutta la Chiesa locale per lo sviluppo ordinato, integrale di Roma. Tutte le componenti della vasta diocesi - sacerdoti, religiosi, religiose, laici - sono lealmente disponibili ad operare, per quanto li riguarda, con quella generosità e quell'impegno che li hanno anche in passato caratterizzati, perché Roma risponda con coerenza e consapevolezza alla sua specifica missione storica e perché il suo volto autentico non venga in alcun modo né offuscato né, tanto meno, deturpato.

Che questo "volto di Roma" - la città aperta a tutti i popoli e centro del Cattolicesimo - si manifesti, in maniera del tutto particolare, nell'imminente Anno giubilare straordinario, che avrà inizio il 25 marzo prossimo, per concludersi nella Pasqua dell'anno 1984! Tale Giubileo intende celebrare il 1950° anniversario della Redenzione. Sarà un Anno, durante il quale tutti i membri della Chiesa, e anche tutti gli uomini di buona volontà, saranno spronati e invitati a meditare sul messaggio e sull'opera di Gesù Cristo. Anche se il Giubileo si celebrerà contemporaneamente a Roma e nel mondo intero, molti fedeli qui confluiranno per venerare le insigni reliquie della Passione, le tombe dei santi Pietro e Paolo e dei numerosi Martiri e Santi qui conservate. Come dicevo il 23 dicembre scorso ai Cardinali e ai membri della Curia romana, "questo Giubileo acquista il carattere di una sfida lanciata all'uomo d'oggi, al credente d'oggi affinché comprenda più a fondo il mistero della Redenzione, si lasci afferrare da questo movimento straordinario di attrazione verso la Redenzione il cui realismo si avvera costantemente nella Chiesa come istituzione e dev'essere appropriato, come carisma, nell'ora di grazia che il Signore fa scorrere per ciascuno di noi nei momenti forti dell'esperienza cristiana".

Ella, signor sindaco, mi ha confermato che la Giunta comunale di Roma, per la parte di sua competenza, sta già studiando con impegno opportune iniziative per l'ordinato svolgimento di questo importante evento ecclesiale. Sono grato per tale pronta disponibilità e confido che nei prossimi mesi Roma saprà degnamente accogliere i pellegrini che qui giungeranno da ogni parte del mondo, offrendo loro la possibilità di vivere serenamente un avvenimento che avrà certamente un grande influsso spirituale sulla città, sulla Chiesa e sull'intera umanità. Quale migliore fondamento può esservi, infatti, alla comprensione reciproca e alla pacifica convivenza fra i popoli dell'accettazione del Messaggio di Cristo, la cui nascita è stata salutata dal cielo come annuncio di pace per gli uomini di buona volontà (cfr. Lc 2,14)? Nell'esprimere tali voti, ringrazio ancora una volta lei, signor sindaco, e l'intero Consiglio comunale, per avermi voluto rivolgere gli auguri di Buon Anno; auguri che vi ricambio "toto corde" e che estendo anche a tutti i carissimi romani. Sulla nostra diletta città, su tutti gli ambienti e gli abitanti e ospiti dell'Urbe invoco i conforti e i lumi del Signore, per l'intercessione di Maria santissima, "Salus Populi Romani" e dei santi Apostoli Pietro e Paolo.

Data: 1983-01-20 Data estesa: Giovedi 20 Gennaio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)