GPII 1983 Insegnamenti - All'Unione Cattolica Stampa Italiana - Città del Vaticano (Roma)

All'Unione Cattolica Stampa Italiana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il lavoro giornalistico esige esercizio di professionalità e moralità

Signori giornalisti e cari amici!


1. Sono veramente lieto di questo incontro che ha luogo a pochi giorni dalla Festa del vostro patrono, san Francesco di Sales, celebrata questa volta con particolare solennità, a motivo dell'Anno mondiale delle comunicazioni, indetto dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, per il 1983.

Ringrazio la Sezione regionale del Lazio dell'Unione cattolica della stampa italiana per essersi fatta promotrice di tale iniziativa, interpretando anche il desiderio che molti operatori dei "mass-media" hanno manifestato durante il recente convegno sul tema: "Etica e professionalità del giornalista". Sono riconoscente a tutti voi per la vostra cordiale partecipazione, che mi consente di parlarvi a cuore aperto. E ringrazio altresi l'Onorevole Piccoli per le parole rivoltemi, interpretando i vostri sentimenti.


2. Come ho avuto modo di accennare in altre circostanze, sono profondamente compreso della nobiltà e del grave impegno della vostra professione. Attraverso l'esercizio della parola - scritta, detta, raffigurata - il giornalismo è lavoro che impegna l'intelligenza a servizio della verità e del bene, e svolge un ruolo di vasta portata nell'orientamento della mentalità e della coscienza individuale e collettiva. Esso richiede, pertanto, doti non comuni di perspicacia, di equilibrio, di sensibilità che, unitamente ad un profondo senso di responsabilità, devono essere messe in opera simultaneamente e in ogni circostanza, in adempimento di quei compiti che sono propri di una professione, divenuta ognor più difficile, col progredire della gamma dei mezzi tecnici e del loro perfezionamento.

La vostra professione, infatti, domanda molteplicità di sacrifici, dedizione illimitata, diuturna esperienza, costante sforzo di maturazione umana, intellettuale e spirituale. Essa espone i suoi operatori a facili rischi, il più grave dei quali è sempre quello di offuscare o deturpare - Dio voglia che ciò avvenga solo involontariamente - il volto sacro della verità e il supremo ideale del bene.

Come il Magistero pontificio ha ripetutamente indicato in questi decenni, la professione giornalistica dev'essere intesa come una "missione" di informazione e di formazione della pubblica opinione, alla cui origine si situa una spinta fortemente interiore, che potremmo chiamare vocazione. Tale missione, cioè compito qualificato, mentre richiede dal soggetto un impegno personale che mobilita le sue migliori facoltà, esige per natura sua di esercitarsi al riparo di ogni arbitrio e si incanala nell'alveo di un "ministerium", di un servizio - come si dice in gergo anche di talune prestazioni giornalistiche - incessantemente ancorato ai criteri della veracità, obiettività e chiarezza.

In tal modo, se emerge, da una parte, l'inscindibile alleanza tra professionalità e moralità, non si restringe, dall'altra, lo spazio delle risorse personali dell'artefice della parola, della sua capacità di osservazione e di discernimento, del suo peculiare ed irripetibile stile espressivo. Queste risorse, anzi, dal confronto con la verità e col bene, traggono stimolo permanente di perfezionamento e di valorizzazione. La verità e il bene possiedono una propria virtù diffusiva che affascina, convince e insieme corrobora.


3. Bisogna, in certo modo, poter sempre onorare in voi, cattolici, i "ministri sermonis" (Lc 1,2), i servitori della parola, applicando a voi la bella definizione adoperata da san Luca, nel prologo del suo Vangelo, per indicare coloro che prima di lui avevano cercato di mettere per iscritto gli avvenimenti di cui erano stati testimoni. Come dimostrano il decreto conciliare "Inter Mirifica", l'istruzione "Communio et Progressio" e i numerosi interventi pontifici, la Chiesa guarda con grande simpatia e amicizia al vostro lavoro di giornalisti cattolici.

Essa ha particolarmente a cuore la stampa "specificamente cattolica" (cfr. IM 14), non in base a un calcolo preclusivo o ad una prospettiva monopolistica, ma in conformità all'esigenza della propria divina missione di far giungere a tutti gli strati dell'umanità il messaggio cristiano, consapevole di immettere l'istanza della verità e della formazione spirituale in quel pluralismo di voci che è caratteristica dell'odierna società.

Purtroppo, in tale pluralismo di voci, a motivo delle contrastanti ideologie e dei vari interessi, vi sono anche quelle che percorrono i sentieri della menzogna, fomentano l'odio e l'eversione, o si fanno fautrici di amoralità o di immoralità. Esse sono giustamente ripudiate dal comune buon senso e dall'autentica professionalità del mondo giornalistico, perché insidiano i valori spirituali e morali, come pure l'elementare dignità dell'uomo, la solidità del suo vivere libero e pacifico. La loro diffusione costituisce un assillante motivo per contrapporvi la vostra positiva opera professionale.


4. Desiderando ora richiamare, anche solo brevemente, la figura del vostro caro patrono san Francesco di Sales, "dolcissimo Santo" come amava definirlo il futuro Papa Giovanni Paolo I (cfr. "Illustrissimi", p. 142), giornalista lui stesso - mi sovviene della descrizione compiuta dal mio predecessore Paolo VI. Nella Lettera apostolica emanata nel quarto centenario della nascita dell'insigne pastore e scrittore, quel Papa ne celebro l'acuta intuizione di mente, l'intelligenza forte e chiara, il giudizio penetrante, l'incredibile amorevolezza e bontà, la sorridente soavità di volto e di parola, la moderazione inalterata e sempre sicura (cfr. AAS 59 (1967), 116).

In queste lapidarie espressioni non sono delineate le virtù del professionista dell'informazione? e non vi sono indicati il segreto e le piste che l'artefice della parola deve seguire per sapersi proporre degnamente al pubblico, e per farsi leggere e comprendere, assolvendo così convenientemente la propria difficile missione? Nel rievocare quel magnifico paradigma, mi piace sottolineare che il nostro incontro odierno avviene in prossimità ormai dell'Anno Giubilare della Redenzione, a poche settimane dal giorno in cui, con la grazia del Signore, si compirà la simbolica e commovente cerimonia dell'apertura della Porta Santa.


5. Voi, cari amici della stampa cattolica, sapete già quanto è stato preannunziato e stabilito per il grande avvenimento; avete presente l'esposizione fattane al Sacro Collegio e alla Prelatura Romana, l'antivigilia del Santo Natale; siete al corrente della recente Bolla "Aperite portas Redemptori" con cui è stato indetto il Giubileo. Non staro dunque ad insistere su temi e prospettive indicati in quei documenti: voi siete maestri, come dicevo, nell'arte di raccogliere e trasmettere le notizie e soprattutto le valenze in esse contenute.

Sollecito piuttosto la vostra collaborazione. Con la potenza degli strumenti di cui disponete, avvalendovi di un linguaggio semplice e limpido, reso incisivo dalle doti smaglianti delle vostre singole penne, fate vostro l'elevante messaggio di riconciliazione personale e sociale, al quale ho richiamato i figli della Chiesa e tutti gli uomini ben disposti verso la buona novella del Vangelo.

L'evento giubilare si svolgerà in tutto il mondo. Tuttavia, il mondo guarderà in modo particolare a Roma, e i "mass-media" saranno, per così dire, gli amplificatori di quanto accadrà qui, nella Sede del successore di Pietro, al centro della cristianità.

Nel contesto cronologico e religioso dell'Anno Giubilare, si inseriscono altri eventi, come - per citarne due particolarmente significativi - la sessione del Sinodo dei Vescovi e l'entrata in vigore del Codice di diritto canonico, recentemente promulgato. Abbonderanno spunti e temi emergenti dalla vitalità della Chiesa del nostro tempo, che si presteranno ad essere analizzati nelle loro dimensioni profonde, al di là di una curiosità momentanea, in collegamento anche con le problematiche, gli aneliti e i tormenti che segnano lo sviluppo della storia.

La Chiesa è seriamente impegnata a far si che su questo cammino risplendano quei luminosi traguardi che il venerato Paolo VI, alla conclusione dell'Anno Santo 1975, ha condensato profeticamente nel programma della "civiltà dell'amore". Fidando nella grazia di Dio e nell'intercessione di Maria santissima, spero con tutto il cuore che tale civiltà dell'amore abbia a prevalere, grazie anche al contributo di un giornalismo fautore di pace e di concordia, sulla base dei perenni valori dello spirito.


6. Con questi fervidi voti, vi rinnovo l'espressione della mia sincera fiducia, mentre invoco sulle vostre persone e sul vostro lavoro la protezione di san Francesco di Sales, a lui affidando tutti i vostri colleghi sparsi nel mondo. Egli sia a voi tutti, cari operatori delle comunicazioni sociali, modello e ispiratore; renda agevole con la sua intercessione il vostro impegno a favore dell'umanità, diretto prima di tutto a servire la verità, ciò che positivamente costruisce, ciò che forma e migliora l'uomo. Nella misura in cui perseguite questo altissimo ideale di trascendente valore, vi assicuro, come ebbi a dire in altra circostanza (cfr. "" 1979, p. 318), che la Chiesa rimarrà al vostro fianco perché anch'essa serve la verità e la libertà: libertà di conoscere la verità, di predicarla e di farla scendere nell'intimo di ogni cuore.

A voi, alle vostre famiglie, e a tutti i vostri cari la mia affettuosa benedizione apostolica.

Data: 1983-02-14 Data estesa: Lunedi 14 Febbraio 1983



Messaggio per la Quaresima - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Appello pressante al rinnovamento interiore, personale e comunitario

Cari fratelli e sorelle in Cristo.

"Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune, chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno" (Ac 2,44-45).

Queste parole di san Luca suscitano una grande eco nel mio cuore, nel momento in cui ci avviamo a celebrare nuovamente il periodo liturgico della Quaresima: settimane preziosamente offerte dalla Chiesa a tutti i cristiani, per aiutarli a riflettere sulla loro identità profonda di figli del Padre celeste e di fratelli di tutti gli uomini, e a ritrovare un nuovo slancio di condivisione concreta e generosa, poiché Dio stesso ci ha chiamati a fondare le nostre vite sulla Carità.

Le nostre relazioni col prossimo sono dunque capitali. E quando parlo del "prossimo", intendo evidentemente coloro che vivono al nostro fianco, nella famiglia, nel quartiere, nel villaggio, nella città. Ma si tratta parimenti di coloro che noi ritroviamo al lavoro, di coloro che soffrono, sono malati, conoscono la solitudine, sono veramente poveri. Il mio prossimo è pure costituito da tutti coloro che sono geograficamente assai lontani, o esiliati dalla loro patria, senza lavoro, senza nutrimento e senza indumenti, e spesso senza libertà.

Il mio prossimo sono tutti questi sventurati, completamente rovinati o quasi da catastrofi imprevedibili e drammatiche, che li hanno gettati nella miseria fisica e morale, e assai spesso nella tristezza d'aver perso gli esseri più cari.

La Quaresima è veramente un appello pressante del Signore al rinnovamento interiore, personale e comunitario, nella preghiera e nel ritorno al sacramenti, ma ugualmente in una manifestazione di carità, attraverso sacrifici personali e collettivi di tempo, denaro e beni di ogni genere, al fine di sovvenire al bisogni e ai disagi dei nostri fratelli nel mondo. La condivisione è un dovere al quale nessun uomo di buona volontà, e soprattutto i discepoli di Cristo, possono sottrarsi. Le forme della condivisione possono essere molteplici: dal volontariato, dove si offrono dei servizi con una spontaneità degna dei Vangelo, fino alle offerte generose e anche ripetute, derivate dal nostro superfluo e a volte dal nostro necessario, fino al lavoro offerto al disoccupato o a colui che è sul punto di perdere ogni speranza.

Infine, questa Quaresima dell'anno 1983 sarà una grazia straordinaria, poiché coinciderà con l'apertura dell'Anno Santo della Redenzione, suscettibile di stimolare in profondità la vita dei cristiani, affinché essa corrisponda ancor meglio alla vocazione divina che loro appartiene: divenire figli di Dio e veri fratelli universali, alla maniera di Cristo.

Il giorno dell'inaugurazione solenne del mio pontificato, dicevo: "Spalancate le vostre porte a Cristo!". E oggi vi dico: Aprite largamente le vostre mani per dare veramente tutto ciò che voi potete al vostri fratelli nel bisogno! Non abbiate paura! Siate, tutti e ciascuno, gli artefici nuovi e infaticabili della Carità di Cristo!

Data: 1983-02-16 Data estesa: Mercoledi 16 Febbraio 1983

Omelia nella Basilica di Santa Sabina - Roma

Titolo: Tempo di conversione e di riconciliazione




1. Oggi la Chiesa proclama la Quaresima, il grande tempo di penitenza di quaranta giorni. Nella Liturgia ascoltiamo le parole del profeta Gioele (2,15): "proclamate un digiuno". La Chiesa si riferisce a queste parole e si comporta secondo il loro tenore. Proclama il sacro digiuno che durante quaranta giorni deve prepararci alla Pasqua.

Desideriamo in questo modo imitare il modello dello stesso Cristo Signore, che all'inizio della sua missione messianica in Israele digiuno per quaranta giorni. Desideriamo anche far riferimento al cammino del popolo di Dio nel Vecchio Testamento, cammino che durante quaranta anni condusse questo popolo sotto il comando di Mosè dalla schiavitù d'Egitto alla Terra Promessa.

La Chiesa inizia quindi la Quaresima dell'Anno del Signore 1983 e la proclama oggi mediante il rito liturgico a cui partecipiamo. Le nostre teste vengono cosparse di cenere e il celebrante, facendo ciò, pronuncia le parole del libro della Genesi (3,19): "Ricordati che sei polvere, e in polvere ritornerai", oppure le parole del Vangelo: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).


2. Siamo chiamati a fare "opere di pietà", particolarmente l'elemosina, la preghiera e il digiuno. Queste opere testimoniano sempre, nelle diverse epoche e anche nelle diverse religioni, di una sottomissione di ciò che c'è nell'uomo carnale ed esteriore a ciò che è spirituale ed interiore.

Il Signore Gesù nell'odierno Vangelo ci chiama anche a tali opere. E la Chiesa legge questo Vangelo all'inizio della Quaresima. L'abbiamo ascoltato poco fa.

E' significativo che Cristo non tanto chiama all'elemosina, alla preghiera e al digiuno, quanto indica come bisogna compiere queste opere di pietà: "Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli" (Mt 6,1).

Quindi - si - vi è in queste parole un incoraggiamento all'elemosina, alla preghiera e al digiuno. Ma prima di tutto vi è un appello a compiere tali opere "nel segreto": dinanzi al Padre. "E il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà" (Mt 6,4).


3. La Quaresima è dunque il tempo di entrare in se stessi. E' il periodo di una particolare intimità con Dio nel segreto del proprio cuore e della propria coscienza. In una tale intimità interiore con Dio si attua l'essenziale opera della Quaresima: opera della conversione.

In un tale segreto interiore e nell'intimità con Dio stesso in tutta la verità del proprio cuore e della propria coscienza, risuonano parole come quelle del Salmo dell'odierna Liturgia: una tra le confessioni più profonde che l'uomo mai abbia fatto davanti al suo Dio: "Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia; / nella tua grande bontà cancella il mio peccato. / Lavami da tutte le mie colpe, / mondami dal mio peccato. / Riconosco la mia colpa, / il mio peccato mi sta sempre dinanzi. / Contro di te, contro te solo ho peccato, / quello che è male al tuoi occhi, io l'ho fatto" ().


4. Sono parole purificanti. Parole trasformanti. Esse trasformano l'uomo interiormente, e sono una testimonianza della trasformazione. Recitiamole spesso durante la Quaresima. E soprattutto cerchiamo di rinnovare questo spirito che le vivifica; quel soffio interiore che proprio a queste parole ha legato la forza di conversione.

La Quaresima infatti è essenzialmente invito alla conversione. Le "opere di pietà" di cui parla il Vangelo aprono a ciò la strada. Compiamole per quanto è possibile. Ma, prima di tutto, adoperiamoci per un incontro interiore con Dio in tutta la nostra vita, in tutto ciò di cui essa è composta - e in vista di questa profondità di conversione a lui, che irradia dal Salmo penitenziale dell'odierna Liturgia.


5. "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio". così scrive l'Apostolo al Corinzi (2Co 5,20). E così parla la Chiesa, nostra madre, a tutti i suoi figli. Sia così oggi, primo giorno della Quaresima, come anche nel corso di tutto questo periodo.

"Lasciatevi riconciliare con Dio", perché egli ha fatto tanto per questa riconciliazione da parte nostra. Egli tratto come se fosse il peccato in persona in nostro favore Colui che non aveva conosciuto peccato, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio (cfr. 2Co 5,21). Quindi, "riconciliatevi", vuol dire: entrate in questa giustizia di Dio che ci viene offerta in Cristo! La Quaresima è proprio il tempo in cui dobbiamo rendere particolarmente presente questa giustizia di Dio in Gesù Cristo. Tutta la Chiesa deve renderla presente a se stessa. E ogni cristiano deve farlo nella comunità della Chiesa.

Renderla presente. Collaborare con questa giustizia di Dio in Gesù Cristo.

"E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non rendere vana la grazia di Dio" (2Co 6,1).


6. Oggi, mercoledi delle Ceneri, all'inizio della Quaresima 1983, durante la quale si aprirà la porta del Giubileo della Redenzione, dopo aver cosparso le teste con la cenere, preghiamo con umiltà, affinché la Grazia di questo Tempo Sacro, non sia in noi vana.

Possiamo noi non accoglierla invano.

Data: 1983-02-16 Data estesa: Mercoledi 16 Febbraio 1983

All'Istituto ecumenico di Bossey - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il dialogo in corso produce frutti nella carità e nella verità.

Cari fratelli e sorelle dell'Istituto ecumenico di Bossey.

Avete ora quasi terminato il vostro corso. Vi sono grato per aver fatto si che la visita a Roma venisse a far parte di esso, in modo da poter avere contatti con la Chiesa cattolica prima di completare i vostri lavori e tornare in Patria con una volontà rinnovata di lavorare e pregare per la piena unità organica di tutti i cristiani. La vostra visita stessa è un'opportunità per noi per condividere doni spirituali e trovare incoraggiamento in ciò che già abbiamo in comune (cfr. Rm 1,12). E' inoltre un tributo al movimento ecumenico, che a sua volta rende abbondante testimonianza dell'opera dello Spirito Santo in molti cuori.

L'ultima decade dell'attività ecumenica ha richiesto perseveranza. Ma dobbiamo ringraziare Dio, che dà unità al suo popolo, per aver ricevuto la benedizione di risultati. In molti luoghi i cristiani stanno pregando e lavorando e soffrendo insieme, cercando di costruire quel mondo che Dio vuole. Noi vediamo inoltre che il lavoro tranquillo e paziente dei molti dialoghi in corso sta cominciando a produrre ricchi frutti nella carità e nella verità. Certamente dobbiamo rallegrarci di tutto ciò e annunciarlo gioiosamente agli altri, per incoraggiare una visione ecumenica in tutti i cristiani. Dobbiamo soprattutto essere convinti del valore della preghiera, della penitenza e della santità di vita che costituiscono il nostro più grande contributo personale alla restaurazione della unità cristiana - quella grande azione per la quale, nello Spirito Santo, Cristo Gesù riunisce "insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,52).

Dio benedica voi e le vostre famiglie e i Paesi dai quali provenite.

Data: 1983-02-17 Data estesa: Giovedi 17 Febbraio 1983

Radiomessaggio ai fedeli brasiliani

Carissimi brasiliani, fratelli e sorelle.

Sia lodato nostro Signore Gesù Cristo!


1. Incomincia la Quaresima. Con maggiore intensità, la Chiesa si appresta ad aiutarci a riflettere sulla nostra identità profonda di figli di Dio e di fratelli di tutti gli uomini, nella grande famiglia umana.

Insieme alla Quaresima inizia in Brasile anche la Campagna di Fraternità - promossa opportunamente e con innegabili benefici dai Vescovi vent'anni fa - e che oggi ho la gioia di inaugurare.

Fraternità: Dio, Padre di tutti, ci ha chiamati a costruire la nostra vita nella concordia, nella pace e nell'amore, che portano alla fraternità. E attraverso suo Figlio Gesù Cristo ci ha esortati a cercare di "essere perfetti" a somiglianza dello stesso Padre del cielo, sempre misericordioso, per essere buoni fratelli, nella famiglia umana, illuminata dalla pratica delle beatitudini evangeliche (cfr. Mt 5,5ss; Mt 23,8).

E', dunque, con fermezza e con profonda fiducia in questo insegnamento che, invitandovi a far coro con me, oggi proclamo: "Fraternità si, violenza no!".


2. E mi sembra già di udire l'eco di questo coro. Ho sempre vivo il ricordo delle giornate trascorse in Brasile durante il mio viaggio nel vostro Paese, del quale conservo profonda nostalgia; ricordo bene le moltitudini in festa, contagiate dall'entusiasmo giovanile - degli amati giovani brasiliani che "il Papa non dimenticherà mai" - che salutavano, proclamando un ideale che aveva il sapore di un impegno: "il Papa è nostro fratello!". Un fratello, tra fratelli! E quanto è bello "che i fratelli vivano insieme!" (cfr. Ps 1).

Mi sembrava, inoltre, che vi era ragione di considerare la vostra bella e immensa Nazione come una "famiglia". Ho notato la famosa cordialità di cui il Brasile fa mostra davanti al mondo, dando l'impressione, d'altra parte già diffusa, che il popolo brasiliano sia avverso alla violenza e amico della pace.

Tuttavia, anche in Brasile, sotto l'apparente e sincera affabilità, esiste la violenza. Questo perché nel profondo di ogni cuore umano permane sempre il marchio lasciato dal peccato originale, come la presenza della concupiscenza, di cui parla l'evangelista Giovanni, le cui manifestazioni non provengono dal Padre celeste, ma dal mondo, o dal "principe di questo mondo" che è il Demonio (cfr. 1Jn 2,8ss; Jn 12,31).

perciò, nella convivenza e nelle strutture sociali la fraternità non sempre si presenta senza "ombre". Voglio dire, non disgiunta dal peccato, che ha sempre una dimensione sociale; la violenza getta un'ombra sull'armonia e perturba la serenità dei fratelli, della famiglia.


3. Si alla fraternità, no alla violenza": Dio vivo, ricco di misericordia e che è Amore, desidera che noi siamo suoi figli e buoni fratelli. perciò invita ed esorta alla conversione e alla riconciliazione: ancora una volta in questa Quaresima attraverso il Papa e con questa Campagna di Fraternità. Invita ed esorta tutti senza eccezione: la Chiesa che è in Brasile, a vivere e ad affermarsi sempre più come Chiesa evangelizzata, convertita e riconciliata, pronta a proclamare che Dio è Amore, che l'amore è più forte della morte, del peccato e della violenza; per rivolgere a tutti l'invito ad aprirsi alla "rivelazione dell'amore e della misericordia che ha nella storia dell'uomo una forma e un nome: si chiama Gesù Cristo!" (cfr. RH 9); ogni brasiliano, specialmente gli amati giovani, ad aprirsi alla misericordia e all'amore: amore autentico, fino al dono di se stessi, al servizio dei grandi valori e ideali della dignità e della nobiltà di ogni persona umana; all'amore genuino, che esula dall'ansia smodata del possedere, del piacere e del potere, e si volge, nel dialogo, all'essere" di ogni uomo, creato ad immagine di Dio; amore vero che avvicina gli uomini, e, senza eliminare le "differenze", in tutti rispetta l'"uguaglianza fondamentale", sa percorrere i cammini della misericordia, per costruire solidamente la famiglia umana, la famiglia dei figli di Dio, in un continuo "si alla fraternità e no alla violenza!".

Concludo questo messaggio, che desidera anche essere preghiera a Dio, ricco di misericordia e in vista poi dell'imminente Anno Santo della Redenzione, con questo appello: Aprite le porte a Cristo! Vi benedico di cuore. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!

Data: 1983-02-17 Data estesa: Giovedi 17 Febbraio 1983

Lettera ai Vescovi per il VI Sinodo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sinodo dei Vescovi e Giubileo della Redenzione per la vita della Chiesa

Venerati fratelli nell'Episcopato,


1. Desidero accompagnare con questa mia lettera l'"Instrumentum laboris", preparato per la VI assemblea generale del Sinodo dei Vescovi. E' un segno di comunione, un atto di collegialità, una testimonianza di affetto. Vi scrivo con tutto il cuore, e vi prego di accogliere le mie parole come un colloquio fraterno e sincero. E' il vostro Fratello nella stessa fede, cui spetta per divino mandato in modo particolare la "sollicitudo omnium Ecclesiarum" (2Co 11,28), che vi scrive. Fratello nella partecipazione alla missione divina affidata da Cristo ai dodici, e, come successore di Pietro, unito a voi, che siete i successori degli Apostoli "nel vincolo dell'unità, della carità e della pace" (LG 22; cfr. LG 20).

In tale consapevolezza della collegialità del nostro ministero a servizio della Chiesa, mi rivolgo a voi in preparazione dell'Anno Giubilare della Redenzione. Voi sapete con quale ansia, con quale desiderio e con quale gioia io mi prepari a tale Giubileo; e questa gioia e quest'ansia desidero che siano pure da voi tutti partecipate.

Vedo una coincidenza provvidenziale nel fatto che l'assemblea del Sinodo sia celebrata, proprio nell'Anno Giubilare della Redenzione, sul tema: "La riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa". Il tema e lo scopo del Sinodo sono quindi in piena sintonia con l'intimo significato della Redenzione e con le finalità dell'Anno Santo della Redenzione.

La commemorazione giubilare della morte salvifica di Gesù Cristo è una speciale occasione che Dio, Signore dei tempi, ci offre nella sua provvidenza, per facilitarci nell'impegno di fare nostri i frutti della Redenzione di Cristo.

L'anno del Giubileo della Redenzione diventa perciò il tempo forte della salvezza: "Ecce nunc tempus acceptabile, ecce nunc dies salutis" (2Co 6,2), un appello al pentimento e al rinnovamento. Dovrà lasciare quindi un'impronta su tutta la vita della Chiesa e dei cristiani, perché dovrà sfociare in un rinnovato proposito di maturazione in quella carità che fa la verità e promuove la giustizia.


2. La "riconciliazione" altro non è che la Redenzione che il Padre ha offerto ad ogni uomo nella morte e risurrezione del suo Figlio e che continua ad offrire ancor oggi ad ogni peccatore aspettando, come il padre della parabola del figlio prodigo, il suo ritorno penitente per mezzo della conversione. Il Sinodo ha lo scopo di ravvivare nella Chiesa la coscienza della grande missione, che l'apostolo Paolo ha enunziato: "Deus reconciliavit nos sibi per Christum et dedit nobis ministerium reconciliationis... Obsecramus pro Christo, reconciliamini Deo" (2Co 5,18 2Co 5,20).

Pertanto l'accluso "Instrumentum laboris" - che conserva le caratteristiche di documento sussidiario - acquista un'utilità raddoppiata. Esso può aiutare non solo i Membri del Sinodo, ma l'episcopato, il clero e i fedeli tutti nella meditazione del mistero della Redenzione, spingendoli a vivere in profondità, nell'ambito concreto delle Chiese locali, lo spirito di questo Anno Santo e ravvivando nelle coscienze il senso di Dio e del peccato, della grandezza del perdono di Dio e dell'importanza del sacramento della Penitenza per la crescita del cristiano e dell'uomo e, in definitiva, per il rinnovamento stesso della società.

Alla radice dei mali morali, che dividono e lacerano la società, sta il peccato. Tutta la vita umana si presenta quindi come una lotta, spesso drammatica, tra il bene e il male. Soltanto se si toglie la radice dei mali, si può raggiungere una valida riconciliazione. perciò la conversione personale a Dio è insieme la miglior strada per il duraturo rinnovamento della società, giacché in ogni atto di vera riconciliazione con Dio attraverso la penitenza è intrinsecamente presente, accanto alla dimensione personale, anche quella sociale.

Fin dalla sua preparazione il Sinodo mira a questa penetrazione della Redenzione nell'azione della Chiesa a beneficio della società umana. Il fervore di preparazione al Sinodo produrrà quindi nelle Chiese locali una riflessione ed una fermentazione che coincidono con le finalità dell'Anno Santo.

In questa ottica di preparazione alla celebrazione del Giubileo, mi piace sottolineare anche alcuni orientamenti pastorali.


3. Confido anzitutto che una grande opera di catechesi sulla Redenzione sia fin d'ora programmata e poi realizzata, per la degna celebrazione del Giubileo. Tale compito rientra nelle irrinunciabili responsabilità del nostro ministero: e mi permetto di rimandare alle pagine del Concilio Vaticano II, che opportunamente illustrano e orientano questo fondamentale "officium docendi" (cfr. LG 24-25 CD 11-14; e anche SC 109b, sulla catechesi della penitenza). Tale officio sia interamente orientato a presentare il mistero della Redenzione, illustrando quella dottrina che è tramandata dalla e nella Chiesa, di cui tutti si è in possesso, e che deve essere nuovamente meditata approfittando della Parola di Dio, dei testi liturgici e anche di alcuni documenti, quali le lettere encicliche "Redemptor Hominis" e "Dives in Misericordia", i "Lineamenta" e l'"Instrumentum laboris" in preparazione al Sinodo, la Bolla d'indizione dell'Anno Giubilare e l'Allocuzione al Sacro Collegio del 23 dicembre scorso.


4. Nella celebrazione del Giubileo potrà entrare opportunamente tutto ciò che le Chiese particolari celebrano nel corso dell'anno.

Ogni diocesi infatti vive di una particolare ricchezza di tradizioni, propria della sua storia e della sua prassi cristiana e sacramentale. Ogni Vescovo non mancherà pertanto di studiare il modo di approfittare del patrimonio pastorale della propria diocesi. L'Anno della Redenzione offre ai Pastori l'opportunità di incrementare tutte le iniziative, già vive e vitali nelle singole diocesi, sottolineandone il contenuto in ordine al mistero della Redenzione, riscoprendone l'efficacia pastorale e formativa, avvalorandole di una speciale dignità nele celebrazioni. In tal modo, una corrente di più intensa spiritualità animerà il consueto svolgersi della vita diocesana: anche qui occorre far vivere in modo straordinario ciò che è patrimonio ordinario della vita della Chiesa, secondo il principio che già ho sottolineato parlando delle caratteristiche di questo Anno Giubilare.

La città di Roma mette a disposizione i tesori della sua vita secolare, della sua esperienza, delle occasioni che le si offrono in modo unico per la solenne celebrazione di determinati eventi nel corso dell'anno, alla presenza del Papa. Ma questo non intende sostituirsi al patrimonio e alla inventiva delle varie comunità ecclesiali, sparse nel mondo, e immerse talora in civiltà e culture che hanno un grandissimo "senso del sacro". Ciascun Vescovo vorrà curare che in tutte le parrocchie, anche le più piccole nelle quali è presente la Chiesa di Cristo, ogni fedele sia aiutato a prendere coscienza che tutti abbisogniamo di redenzione, e che per tutti è stato sparso il sangue di Cristo.


5. Poiché una delle finalità principali dell'Anno della Redenzione è anche quella di far vivere in modo particolarmente intenso, anzi se necessario, di riscoprire la forza rinnovatrice della vita sacramentale nella Chiesa, occorrerà, da parte di voi tutti, carissimi fratelli nell'Episcopato, un particolare impegno nel proporre e nel far attuare una sempre più appropriata pastorale dei sacramenti.

Tra questi, specialissima attenzione dovrà essere dedicata al sacramento della Penitenza - tema della prossima assemblea Sinodale - al fine di favorire una degna e fruttuosa preparazione degli animi alla riconciliazione con Dio, mediante la quale giunge personalmente agli uomini la grazia della Redenzione.

Il sacramento della Confessione è insostituibile mezzo di conversione e di perfezionamento spirituale, che riporta a ricomporre l'alleanza con Dio, infranta dal peccato. Esso è anche, ordinatamente legato alle condizioni per entrare in quel circuito di santità e di perdono, che chiamiamo tradizionalmente col nome di "Indulgenza".

Ripeto perciò, in ordine all'azione pastorale nelle diocesi, quanto è già stato sottolineato circa la necessità di un recupero del senso del peccato, così strettamente legato col recupero del senso di Dio. Tutto quanto è pastoralmente valido per far sorgere nel profondo dell'animo sentimenti di compunzione per la colpa deve essere opportunamente potenziato con i vari mezzi a disposizione, sia mediante la catechesi, sia con frequenti celebrazioni penitenziali, sia con la presenza nelle Chiese più frequentate di sacerdoti che assicurino ininterrottamente, durante il giorno, l'amministrazione ai singoli fedeli del sacramento della Penitenza.


6. Rinnovo poi l'invito ad avvalorare, nel quadro della vita diocesana, tutte le iniziative che mirano a conservare e ad accrescere nei cuori la pietà filiale verso la Vergine santissima. Infatti, la Chiesa ammira ed esalta in Maria "praecellentem Redemptionis fructum..., ac veluti in purissima imagine, id quod ipsa tota esse cupit ed sperat cum gaudio contemplatur" (cfr. SC 103).

Per questa ragione, le celebrazioni in onore di Maria, distribuite nei corso dell'anno liturgico, siano specialmente occasione per trarre motivazioni, argomenti e stimolo per approfondire il mistero della Redenzione (cfr. "Marialis Cultus", Introduzione). A tale funzione devono servire in modo tutto speciale i numerosi, insigni e amati Santuari Mariani che, in ogni diocesi, sono un permanente invito ad accostarsi alla Vergine santissima per l'incontro, talora decisivo, con Cristo Salvatore.

Raccomando inoltre la preghiera del Rosario, in cui, come insegnava Paolo VI nell'esortazione apostolica "Mariali Cultus" (n. 45), contemplando i principali eventi salvifici, che si sono compiuti in Cristo, si vede il modo in cui il Verbo di Dio, inserendosi per misericordiosa determinazione nella vicenda umana, ha operato la Redenzione.


7. Prima di concludere desidero rinnovare l'invito già espresso nella Bolla "Aperite portas Redemptori" (n. 12) affinché ciascuno di voi, venerati fratelli, si unisca a me, il giorno 25 marzo prossimo o in data immediatamente successiva, con una speciale celebrazione di apertura dell'Anno Giubilare. Tale celebrazione sarà occasione opportuna per indicare sia i fini del Giubileo straordinario, sia le modalità per l'acquisto dell'indulgenza nella diocesi da parte delle comunità e dei singoli.

Per quanto riguarda poi la chiusura dell'Anno Giubilare, ritengo conveniente far sapere che se motivi pastorali suggerissero la opportunità di prolungare la celebrazione del Giubileo, le Conferenze Episcopali potranno chiedere che esso sia continuato per qualche tempo, nei rispettivi Paesi, oltre la data ufficiale della chiusura stabilita per il 22 aprile 1984.


8. Venerati e cari fratelli! Sono certo che ognuno di voi è già al lavoro per preparare degnamente il Giubileo della Redenzione. Ogni Vescovo ora sia più che mai come un precursore di Cristo, che alla testa della comunità affidatagli da lui stesso, Supremo Pastore, la guidi ad "attingere acqua con gioia alle sorgenti della salvezza" (Is 12,3). Il Giubileo, e il Sinodo che ne illustra lo scopo primario, sono occasione di grazia straordinaria, che la Chiesa, con la sua presenza profetica, annuncia agli uomini in questo scorcio del secondo millennio. Approfittiamo di questa occasione per donarci sempre più alla Chiesa, per rincuorare i sacerdoti, per incoraggiare i fedeli, e, come Gesù all'inizio del suo ministero, "per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore" (Lc 4,18-19).

Io, Servo dei servi di Dio, sono con voi in questo compito esaltante, e vi sento strettamente a me uniti. No, non ci manchino fiducia e coraggio! Non ci mancherà mai l'aiuto del Dio vivente, Trinità Santissima, nel cui nome tutti vi benedico.

Dal Vaticano, il 25 gennaio dell'anno 1983, quinto del mio pontificato.

Data: 1983-02-17 Data estesa: Giovedi 17 Febbraio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - All'Unione Cattolica Stampa Italiana - Città del Vaticano (Roma)