GPII 1983 Insegnamenti - Congedo dalla Nazione - Managua (Nicaragua)

Congedo dalla Nazione - Managua (Nicaragua)

Titolo: Andate avanti senza perdere l'identità cristiana e storica

Illustri membri della Giunta di Governo di ricostruzione nazionale, cari fratelli nell'Episcopato, amati nicaraguensi.

Nel concludere la seconda tappa di questo mio viaggio religioso per l'America Centrale che mi ha portato in terra di Nicaragua, mi accingo a lasciare la capitale della Nazione, per proseguire la visita ai Paesi vicini. E prima di partire, sento il dovere di ringraziare vivamente la Giunta di Governo e quanti in forme diverse vi hanno collaborato, per la cortese accoglienza e per i preparativi eseguiti per rendere possibile la mia venuta e i contatti con i fedeli di questo amato popolo.

Ringrazio anche cordialmente per quanto i cari fratelli Vescovi hanno fatto per preparare spiritualmente e materialmente i miei incontri con la popolazione cattolica e per la loro nota disponibilità a prendere su di sé tutte le incombenze che normalmente assume la Chiesa in simili casi, in un clima di libera iniziativa e di collaborazione con gli ecclesiastici, membri delle congregazioni religiose e i laici responsabili o membri dei diversi settori dell'apostolato o della vita ecclesiale. Anche a tutti loro va in questo momento, la testimonianza della mia ammirazione della mia gratitudine, del mio affetto ed incoraggiamento più cordiali, perché siano fedeli alla propria condizione.

Ricordo soprattutto, con profonda consolazione, gli incontri avuti a Leon e l'Eucaristia celebrata a Managua con tanti fedeli dei Paese ai quali si sono associati molti altri che, per motivi diversi, non hanno potuto essere presenti, per alimentare la loro fede cristiana, la loro convinzione interiore che li unisce a tanti milioni di fratelli e che, oggi soprattutto, guardavano verso di loro, pregavano con loro e per loro, in Centroamerica e in tutto il mondo.

Si tratta dei membri della comunità ecclesiale nicaraguense, che tanto ha contribuito alla storia della Nazione, anche in tempi recenti e nel momento attuale; che cerca nel suo diritto alla libera manifestazione della fede i motivi ideali che la spingono verso il bene e la fraternità; che desidera andare avanti per il cammino della giustizia e della solidarietà, senza perdere la propria identità cristiana e storica.

Nel congedarmi da questo amato popolo, gli esprimo tutta la mia affettuosa stima, invio un rinnovato ricordo a quei cristiani che avrebbero voluto incontrarmi, li incoraggio alla fedeltà alla loro fede e alla Chiesa, li benedico di cuore - soprattutto gli anziani, i bambini, gli ammalati e tutti quelli che soffrono - e assicuro loro la mia costante preghiera al Signore, affinché egli li aiuti in ogni momento.

Dio benedica questa Chiesa! Dio assista e protegga il Nicaragua! così sia.

Data: 1983-03-04 Data estesa: Venerdi 4 Marzo 1983

Aeroporto di Tocumen-Panama

Signor Presidente, Diletti fratelli nell'Episcopato, carissimi fratelli e sorelle.

Con grande desiderio ho atteso il momento di baciare questa terra panamegna. Sia benedetta la divina Provvidenza che mi concede di visitare questo nobile Paese, nel mio viaggio nell'area geografica centroamericana. So che anche voi desideravate vivamente questo incontro.

Sento fin da questo momento l'affettuoso entusiasmo dei panamegni, nel nome dei quali così come a nome vostro, signor Presidente, mi avete dato un cordiale benvenuto con significative e deferenti parole. Al vostro saluto, che include quello delle altre autorità presenti in questo aeroporto, e alle effusive dimostrazioni degli amati figli di Panama - lontani geograficamente, ma sempre molto vicini nel mio affetto - corrispondo con sentimenti di profonda stima e gratitudine.

A questo calore umano e alla cordiale accoglienza sento unite anche le voci di tanti altri abitanti del Paese, delle città, paesi e borgate, bambini, giovani e adulti, sparsi per tutta la Nazione, da David e Boca del Toro fino a Darién. Invio a tutti il mio cordiale saluto e per tutti preghero il Signore, specialmente nella Eucaristia di questo giorno.

Un saluto particolare voglio pero riservare ai membri dell'Episcopato panamegno qui presenti, all'Arcivescovo di questa città, Monsignor Marcos Gregorio McGrath, e al Presidente della Conferenza Episcopale, Monsignor José Maria Carrizo, così come ai sacerdoti e alle persone consacrate. In questo saluto particolare includo coloro che, per diverse ragioni, non potro incontrare, gli infermi e gli anziani o coloro che per tanti motivi soffrono.

Essi sono i primi destinatari del mio viaggio e ad essi va la mia prima parola di conforto e di speranza.

Per tutti viene a voi il Vescovo di Roma, Pastore della Chiesa Universale. Per ciò, fin da questo momento, invio a ciascuna persona, famiglia, gruppo umano o etnico la mia esortazione a essere sempre testimoni dell'amore di Cristo e la mia benedizione.

Data: 1983-03-05 Data estesa: Sabato 5 Marzo 1983

Incontro con le famiglie - Panama (Panama)

Titolo: Matrimonio: reciproco amore, cammnino di maturità umana e cristiana

Amati fratelli nell'Episcopato, cari fratelli e sorelle.


1. Grazia e pace a voi! Con queste parole di san Paolo saluto nell'amore di Cristo il Pastore della Chiesa locale che oggi mi accoglie, gli altri Vescovi fratelli e tutto il Popolo di Dio riunito in questo luogo o qui spiritualmente presente.

La celebrazione dell'Eucaristia riunisce oggi tante famiglie cristiane di Panama, che rappresentano anche quelle degli altri Paesi dell'America Centrale, Belize e Haiti. Ad esse vengo, in questo pellegrinaggio apostolico, per proclamare la Buona Novella del progetto di Dio sulla famiglia che tanto interessa la Chiesa e la società.

Ogni Eucaristia rinnova quella alleanza di amore di Cristo con la sua Chiesa, che san Paolo indica come modello dell'amore coniugale dei cristiani (cfr. Ep 5,25 Ep 5,29 Ep 5,32). In questa Messa, che forse vi porta alla memoria il giorno del vostro matrimonio, vorrei che rinnovaste la vostra promessa di mutua fedeltà nella grazia del matrimonio cristiano.


2. L'alleanza matrimoniale è un mistero di profonda trascendenza; è un progetto originario del Creatore, affidato alla fragile libertà umana. La lettura del libro della Genesi ci ha portato idealmente fino alla fonte del mistero della vita e dell'amore coniugale: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza...

Dio creo l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creo, maschio e femmina li creo (Gn 1,26-27).

Dio crea l'uomo e la donna a sua immagine e inscrive in essi il mistero dell'amore fecondo che ha la sua origine nello stesso Dio. La diversità dei sessi permette la complementarietà e la comunione feconda delle persone: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra: soggiogatela" (Gn 1,28).

Dio si è fidato dell'uomo: gli ha affidato le fonti della vita; ha chiamato l'uomo e la donna a collaborare alla sua opera creatrice. Ha impresso per sempre nella coscienza umana il suo desiderio di fecondità nella cornice di una unione esclusiva e stabile: "Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola" (Gn 2,24).


3. Le parole del Signore che abbiamo letto nel Vangelo confermano la benedizione originaria del Creatore sul matrimonio: "Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola... Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi" (Mt 19,5-6).

Questo insegnamento del Maestro intorno al matrimonio fu raccolto dalla primitiva comunità cristiana come un impegno di fedeltà a Cristo in mezzo alle deviazioni di un mondo pagano. La formula di Gesù è solenne e tassativa: "Quello che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi". Parole valide per ogni legittimo contratto matrimoniale, specialmente fra i cristiani, per i quali il matrimonio è un sacramento.

Quello che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi. Non può, non deve l'autorità civile separare quello che Dio ha sigillato. Non debbono né possono separarlo i coniugi cristiani, che davanti all'altare hanno contratto un'alleanza irrevocabile d'amore, confermata da Dio con la grazia sacramentale.


4. Nella volontà di Cristo, riflessa nelle sue parole, dobbiamo scoprire qualcosa di più di una legge esterna; in esse c'è il misterioso disegno di Dio sugli sposi.

Il matrimonio è una storia di mutuo amore, un cammino di maturità umana e cristiana. Solo nel progressivo manifestarsi delle persone si può consolidare una relazione d'amore che coinvolge la totalità della vita degli sposi.

Il cammino è arduo, ma non impossibile. E la grazia del matrimonio comprende anche l'aiuto necessario per il superamento di queste inevitabili difficoltà. Al contrario, la rottura dell'alleanza matrimoniale non solo attenta contro la legge di Dio, ma blocca il processo di maturazione, la piena realizzazione delle persone.

Non è accettabile, perciò, una certa mentalità che si infiltra nella società e che fomenta l'instabilità matrimoniale e l'egoismo, in favore di una incondizionata libertà sessuale. L'amore cristiano degli sposi ha il suo esempio in Cristo, che si dona totalmente alla Chiesa, e si iscrive nel suo mistero pasquale di morte e di risurrezione, di sacrificio amoroso, di gioia e speranza.

Anche quando aumentano le difficoltà, la soluzione non è la fuga, la rottura del matrimonio, ma la perseveranza degli sposi. Lo sapete per esperienza voi, amati sposi e spose; la fedeltà coniugale forma e matura; rivela le energie dell'amore cristiano; crea una famiglia nuova, con la novità di un'amore che è passato attraverso la morte e la risurrezione; è la prova di una relazione pienamente cristiana fra gli sposi, che imparano ad amarsi con l'amore di Cristo; è la garanzia di un ambiente stabile per la formazione e l'equilibrio dei figli.


5. L'apostolo san Paolo ci ha ricordato la fonte e il modello di questo amore coniugale, che si converte in tenerezza e attenzione reciproche da parte degli sposi: "Questo mistero è grande: lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito (Ep 5,31-33).

Con lo sguardo fisso in Cristo, si rafforza l'affetto degli sposi in questa misteriosa economia della grazia. "Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo, con la Chiesa (Ep 5,29). così gli sposi imparano a guardarsi con vero amore che si traduce in delicatezza, tenerezza, attenzione verso l'altro. Scoprono che ciascuno è vincolato con Dio da una relazione personale; ed entrambi sono uniti dalla presenza di Cristo e dalla grazia dello Spirito per vivere l'uno per l'altro; in un'economia di vita che deve convertirsi in donazione ai figli e che deve essere cammino di santità nella famiglia. Per questo, già nell'antichità cristiana si faceva intendere questa dimensione di grazia, dipingendo l'immagine di Cristo in mezzo agli sposi.


6. Ma questa grazia non deve riflettersi solo all'interno della famiglia. Essa dev'essere fonte di fecondità apostolica. Si, i coniugi cristiani debbono aprirsi al compito di evangelizzazione nel campo specifico della famiglia. Formati dall'esperienza, rafforzati nella comunione con altre famiglie, sono evangelizzati e devono convertirsi in evangelizzatori della famiglia cristiana, in centri di accoglienza, in propulsori di promozione sociale.

Per questo dovrà essere curata con attenzione la pastorale della famiglia, nella quale gli sposi prestino un aiuto generoso e imprescindibile ai pastori. Molteplici sono i compiti da realizzare in questa pastorale familiare, come ho indicato nella "Familiaris Consortio" (FC 65-85). Potranno contribuire molto in questo campo i movimenti e gruppi di spiritualità matrimoniale, che sono numerosi e attivi in questi Paesi, e che incoraggio cordialmente nel loro lavoro.


7. Un aspetto importante della vita familiare è quello dei rapporti tra: genitori e figli. Infatti, l'autorità e l'obbedienza che si vivono nella famiglia cristiana devono essere imbevute dell'amore di Cristo e orientate alla realizzazione delle persone. San Paolo lo sintetizza in una frase densa di contenuto: agire nel Signore (cfr. Ep 6,1-4), cioè secondo la sua volontà, alla sua presenza, poiché lui presiede alla Chiesa domestica che è la famiglia (cfr. LG 11).

Solo nella prova del vero amore si superano i conflitti che nascono fra le generazioni. Nella pazienza, nella ricerca della verità, si potranno integrare quei valori complementari di cui ogni generazione è portatrice.

Per questo, che non manchi nelle famiglie l'orazione in comune, secondo le migliori tradizioni dei vostri popoli, per rinnovarsi costantemente nel bene e nel senso di Dio. In questo clima potranno fiorire le necessarie vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, che sono segno di benedizione e di predilezione da parte di Dio.


8. Amati sposi e spose: rinnovate in questa Eucaristia la vostra promessa di mutua fedeltà. Assumete come servizio specifico nella Chiesa l'educazione integrale dei vostri figli. Collaborate con i vostri Vescovi e sacerdoti nell'evangelizzazione della famiglia. E ricordate sempre che il cristiano autentico, anche a rischio di diventare "segno di contraddizione", deve saper compiere bene le scelte pratiche in conformità con la sua fede. Per questo dovrà dire no all'unione non santificata dal matrimonio e al divorzio; dirà no alla sterilizzazione, soprattutto se è imposta a qualsiasi persona o gruppo etnico per fallaci motivi; dirà no alla contraccezione e dirà no al crimine dell'aborto che uccide l'essere innocente.

Il cristiano crede nella vita e nell'amore. Per questo dirà si all'amore indissolubile del matrimonio; si alla vita responsabilmente suscitata nel matrimonio legittimo; si alla protezione della vita; si alla stabilità della famiglia; si alla convivenza legittima che fomenta la comunione e favorisce l'educazione equilibrata dei figli, protetti da un amore paterno e materno che si completano a vicenda e si realizzano nella formazione di nuovi uomini.

Il si del Creatore, assunto dai figli di Dio, è un si all'uomo. Nasce dalla fede nel progetto originario di Dio. E' un autentico apporto alla costruzione di una società dove prevale la civiltà dell'amore sul consumismo egoista, la cultura della vita sulla capitolazione davanti alla morte.

Alla Vergine nostra Signora, che voi chiamate con semplicità e fervore Santa Maria, raccomando le vostre persone, le vostre famiglie; soprattutto i bambini e i vostri ammalati. Che ella faccia delle vostre famiglie un santuario di Dio, focolare dell'amore cristiano, baluardo della difesa e della dignità della vita. così sia con la grazia del Signore e con la mia cordiale benedizione.

Data: 1983-03-05 Data estesa: Sabato 5 Marzo 1983

Incontro con i "campesinos" - Penonomé (Panama)

Cari fratelli contadini.


1. Da questa terra panamense di Penonomé levo il mio sguardo verso di voi e verso tutti i vostri compagni di lavoro; quelli di Panama e di tutta l'America Centrale, di Belize e di Haiti, per salutarvi con grande stima e affetto. Per dirvi che il Papa è molto contento di visitarvi ed è felice di stare in mezzo ai contadini, persone semplici, oneste, e nelle quali risplende una profonda religiosità.

Permettetemi innanzitutto di estendere il mio saluto e il mio ricordo alle vostre mogli e ai vostri figli; a tutte le famiglie contadine che voi rappresentate. Questo saluto vuol essere anche il mio profondo ringraziamento per la vostra affettuosa accoglienza, mentre vi esorto a vivere ogni volta più fedelmente la vostra condizione di cristiani.


2. La prima riflessione che voglio fare insieme a voi è quella della vostra dignità di uomini e di lavoratori della campagna. Una dignità che, come ho già indicato nella mia enciclica "Laborem Exercens" (LE 21), non è minore di quella di chi lavora nell'industria o in altri settori della vita sociale ed economica.

Il lavoro, infatti, trova la sua dignità nel disegno di Dio Creatore.

Dio ha creato l'uomo e lo ha fatto figlio suo, immagine sua. Lo ha creato affinché con la sua intelligenza e il suo lavoro fisico, nella città o nella campagna, si perfezioni, si realizzi e trovi onestamente il suo sostentamento personale e quello della sua famiglia. E affinché contemporaneamente serva col suo lavoro al bene dei suoi fratelli e contribuisca allo sviluppo della società.

Questo piano divino e la dignità che esso comporta si applicano perfettamente al lavoro agricolo e alla situazione dell'uomo che coltiva la terra come voi; giacché offrite alla società i beni necessari, i prodotti basilari per l'alimentazione quotidiana. perciò non deve pesare su di voi alcun sentimento di inferiorità rispetto alla dignità delle vostre persone e al vostro genere di vita.

Con questa convinzione cercate la vostra elevazione, ben sapendo il valore e il rispetto che merita il vostro compito, svolto con spirito di servizio all'uomo integrale (cfr. GS 64). Ricordate che Cristo stesso volle sperimentare la stanchezza fisica, lavorando con le sue mani, come semplice artigiano (cfr. Mt 13,55).


3. La Chiesa comprende e riconosce questo valore della vostra condizione di contadini. E vuole essere vicina a voi con la luce della fede, con lo stimolo dei valori morali, con la sua voce in difesa della vostra dignità e dei vostri diritti.

Nel suo insegnamento sociale non ha mai cessato di indicare a persone e istituzioni, a stati ed organismi internazionali il dovere di assicurare il necessario sviluppo dell'attività agricola, affinché essa cresca armonicamente e si eliminino le piaghe che assillano gli uomini della campagna.

La presenza del Papa oggi tra voi - che prolunga quella del mio predecessore Paolo VI a Bogota e quelle mie a Cuilapan (Messico) e a Recife (Brasile) - vuol essere una nuova manifestazione di questo desiderio di vicinanza a voi, alle vostre preoccupazioni, alle vostre aspirazioni.

Non vengo con soluzioni tecniche o materiali che non sono di competenza della Chiesa. Porto con me la vicinanza, la simpatia, la voce di questa Chiesa che è solidale con la giusta e nobile causa della vostra dignità di uomini e di figli di Dio.

So delle condizioni della vostra precaria esistenza: condizioni di miseria per molti di voi, spesso inferiori alle esigenze basilari della vita umana. So che lo sviluppo economico e sociale è stato diseguale in America Centrale e in questo Paese; so che la popolazione contadina è stata frequentemente abbandonata ad un livello ignobile di vita e non poche volte è stata sfruttata e trattata duramente.

So che siete coscienti dell'inferiorità delle vostre condizioni sociali e che siete impazienti di ottenere una distribuzione più giusta dei beni e un miglior riconoscimento dell'importanza e del posto che vi compete in una nuova societa più partecipativa (cfr. Discorso di Paolo VI ai contadini della Colombia, 23 agosto 1968).


4. E' certo che, come indicai nella "Laborem Exercens" (LE 21), "le condizioni del mondo rurale e del lavoro agricolo non sono uguali dappertutto, e diverse sono le posizioni sociali dei lavoratori agricoli nei diversi Paesi. E ciò non dipende soltanto dal grado di sviluppo della tecnica agricola, ma anche, e forse ancora di più, dal riconoscimento dei giusti diritti dei lavoratori agricoli e, infine, dal livello di consapevolezza di tutta l'etica sociale del lavoro.

Le cifre attuali vi possono dare un'idea di questo grave problema. Se nella maggioranza dei Paesi sviluppati o industrializzati, il settore agricolo, modernizzato e meccanizzato, raggruppa meno del 10 per cento della popolazione attiva, in molti dei Paesi del Terzo Mondo, lo stesso settore agricolo rappresenta sinanche l'80 per cento della popolazione totale, con un sistema tradizionale di agricoltura di mera sussistenza. D'altra parte, la distribuzione della terra e insieme i suoi modi di sfruttamento che riuniscono proprietari, fattori e agricoltori salariati, varia da un Paese all'altro, secondo il sistema socio-politico. A volte coesistono la proprietà privata, le cooperative comunitarie e le aziende di Stato.


5. La situazione di tanti contadini preoccupa la Chiesa. Per questo io stesso in Messico invitavo all'azione, "per recuperare il tempo perduto, che è spesso tempo di sofferenze prolungate e di aspettative non soddisfatte (Discorso a Cuilapan, 29 gennaio 1979).

Come non sentirmi commosso di fronte a situazioni tragiche - disgraziatamente troppo reali - come quella descritta nella mia Enciclica sul lavoro umano? "In taluni Paesi in via di sviluppo, milioni di uomini sono costretti a coltivare i terreni di altri e vengono sfruttati dai latifondisti, senza la speranza di poter mai accedere al possesso neanche di un minimo pezzo di terra in proprio. Mancano forme di tutela legale per la persona del lavoratore agricolo e per la sua famiglia in caso di vecchiaia, di malattia o di mancanza di lavoro. Lunghe giornate di duro lavoro fisico vengono miseramente pagate. Terreni coltivabili vengono lasciati abbandonati dai proprietari; titoli legali per il possesso di un piccolo terreno, coltivato in proprio da anni, vengono trascurati o rimangono senza difesa di fronte alla "fame di terra" di individui o di gruppi più potenti" (LE 21).

Non dubito degli sforzi fatti da molti dei politici e dirigenti di questo e di altri Paesi per migliorare seriamente la vostra situazione di povertà.

Quando sia necessario, su di loro incombe il dovere di "agire subito in profondità. Bisogna mettere in pratica trasformazioni audaci, profondamente innovatrici. Bisogna intraprendere, senza più attendere, riforme urgenti" (PP 32).

Pero il dovere di agire spetta non solo alle autorità, ma anche a voi e all'intera società, facendo uno sforzo congiunto, attuando una effettiva armonizzazione di tutte le forze vive del Paese, per creare le strutture del vero sviluppo; per portare nella campagna i nuovi strumenti e mezzi che allievino il lavoro del contadino, che rendano il suo incontro giornaliero con la terra più umano e più gioioso, perché si aumenti la produttività e si retribuisca lo sforzo delle sue mani ad un giusto prezzo.

In questo modo, tanti contadini oggi minacciati dalla solitudine, dalla povertà e dall'indifferenza in cui versano, cesseranno di guardare verso la città, pensando di trovare in essa ciò che la campagna ha negato loro. Si eviterà così di veder crescere le file della disoccupazione nelle grandi città, con nuovi mali di decomposizione sociale.


6. Nella ricerca di una migliore giustizia e della vostra elevazione, non potete lasciarvi trascinare dalla tentazione della violenza, della guerriglia armata o dell'egoistica lotta di classe; perché questo non è il cammino di Gesù Cristo, né della Chiesa, né della vostra fede cristiana. Ci sono coloro che sono interessati a farvi abbandonare il vostro lavoro, per impugnare le armi dell'odio e della lotta contro altri fratelli vostri. Costoro non dovete seguirli.

A cosa conduce questo cammino di violenza? Senza dubbio aumenterà l'odio e la distanza fra i gruppi sociali, aumenterà la crisi sociale del vostro popolo, aumenteranno le tensioni e i conflitti, fino a giungere all'inaccettabile spargimento di sangue, come di fatto è già avvenuto. Con questi metodi, completamente contrari all'amore di Dio, agli insegnamenti del Vangelo e della Chiesa, renderete impossibile la realizzazione delle vostre nobili aspirazioni. Si provocheranno nuovi mali di decomposizione sociale e morale, con la perdita dei più preziosi valori cristiani.

Il vostro giusto impegno per la giustizia, per lo sviluppo materiale e spirituale, per la partecipazione effettiva alla vita sociale e politica, deve seguire gli orientamenti indicati dall'insegnamento sociale della Chiesa, se volete costruire la nuova società, quella della giustizia e della pace. Metodi e vie diverse genereranno nuove forme di ingiustizia, dove non troverete mai la pace che tanto e così giustamente desiderate.


7. Allo stesso modo dei discepoli di Emmaus, felici di aver incontrato il Signore risorto e di averlo riconosciuto dalla "frazione del pane (cfr. Lc 24,35), voi, amati contadini, dovete vivere la gioia di dividere il pane con i vostri fratelli, con quell'aiuto disinteressato che tanto vi contraddistingue e vi onora. Si tratta di condividere anche la vostra solidarietà e capacità di mutua assistenza, di superare gli egoismi e le piccolezze, di rafforzare e condividere la vostra fede e la vostra religiosità.

Il pane che il contadino trae delle viscere della terra è il pane che alimenta l'umanità. Ed è il pane della Eucaristia che la Chiesa consacra quotidianamente e dà da mangiare a tutti i figli che lo vogliono dividere come fratelli nella stessa fede. E' il pane che ci unisce alla Chiesa, che ci fa sentire fratelli e figli di uno stesso Padre. E' il pane che alimenta la nostra fede mentre siamo pellegrini ed è speranza per l'eternità felice verso cui ci incamminiamo.

Questo costante riferimento a Dio deve ispirare il vostro impegno a favore della giustizia, dell'amore per l'uomo, della ricerca efficace di una società nuova, che dia la speranza di porre fine alla drammatica distanza che separa coloro che hanno molto da coloro che non hanno niente.

Potete esser certi che la Chiesa non vi abbandonerà. La vostra dignità umana e cristiana è sacra per essa e per il Papa. Essa continuerà a reclamare l'eliminazione delle ingiuste diseguaglianze, degli abusi autoritari. Continuerà ad appoggiare le iniziative e i programmi orientati alla vostra promozione e al vostro sviluppo.

La Vergine Maria, Madre vostra piena d'amore, vi accompagni sempre, vi protegga, custodisca le vostre famiglie, riceva le vostre preghiere e interceda per voi dinanzi a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, nel cui nome vi benedico con immenso affetto, cari contadini. Amen.

Data: 1983-03-05 Data estesa: Sabato 5 Marzo 1983

Discorso nella cattedrale - Panama (Panama)

Titolo: Siate audaci e decisi nella donazione a Dio

Cari fratelli e sorelle.

Nella visita a questa cattedrale, centro spirituale della vita diocesana, desidero salutare con tutto l'affetto i miei fratelli nell'Episcopato qui presenti, in particolare il Pastore di questa comunità ecclesiale, Monsignor Marcos Gregorio McGrath; e così pure i sacerdoti, i religiosi e le religiose, ai quali ho dedicato o dedichero allocuzioni più estese in altri momenti di questo viaggio apostolico.

Saluto in modo speciale voi, cari seminaristi, esortandovi a far tesoro di questi anni di preparazione al sacerdozio. La Chiesa a Panama ha bisogno di veder aumentare il vostro numero; perciò attraverso voi mi rivolgo ai giovani della vostra stessa età e condizione, affinché pensino alla possibilità di una dedizione a Dio e agli altri, nel sacerdozio e nella vita religiosa. Siate audaci e decisi nella vostra donazione a Dio! Alle famiglie di Panama e di tutta l'America Centrale voglio dire: siate generose nel permettere che qualcuno dei vostri figli dedichi la sua vita intera al servizio del Signore e delle vostre comunità! Desidero salutare con speciale affetto voi ammalati, qui presenti in piccolo gruppo, ma in rappresentanza di tutti i vostri fratelli infermi del Paese, tanto di quelli che si trovano nelle proprie case, come di quelli che sono negli ospedali. Sappiate che il Papa vi tiene molto presenti nella sua preghiera.

Sforzatevi di accettare con sguardo soprannaturale i dolori e le limitazioni della vostra vita, che tanto valore hanno per la Chiesa; così, uniti alle sofferenze di Cristo, partecipate alla sua opera redentrice del mondo.

A tutti impartisco di cuore una speciale benedizione apostolica, in particolare agli anziani qui riuniti.

Data: 1983-03-05 Data estesa: Sabato 5 Marzo 1983

Congedo dalla Nazione - Panama (Panama)

Signor Prsidente, carissimi fratelli nell'Episcopato e panamegni tutti.

E' giunto il momento di lasciare questa amata Nazione, dove la brevità della mia permanenza è stata compensata dall'intensità e dal caloroso incontro di tanti figli di questa terra con il Papa, durante i percorsi e i principali atti della visita.

Nel mio cuore e nel mio ricordo è rimasto profondamente impressa la Messa con le famiglie e la celebrazione della Parola con gli amatissimi "campesinos" che hanno costituito i punti basilari della mia visita, e il cui messaggio lascio come testimonianza affettuosa del passaggio in mezzo a voi del successore di Pietro.

Desidero innanzitutto ringraziare il Signor Presidente e tutte le autorità per le molte attenzioni di cui sono stato oggetto. Ringrazio anche tutte le persone che, in un modo o nell'altro, magari in forma nascosta, hanno collaborato efficacemente alla preparazione e alla realizzazione della visita.

Grazie in modo speciale ai miei fratelli, i Vescovi di questa Chiesa, ai clero, ai religiosi e religiose, così come ai laici dei movimenti apostolici per la loro esemplare dedizione. Grazie ugualmente a tutto il popolo panamegno ai bambini, ai giovani, agli adulti per la loro affettuosa accoglienza.

So che nella sede della vostra più alta Istituzione nazionale si trovano cinque statue di bronzo che rappresentano le qualità che devono accompagnare ogni figlio di questa terra: il lavoro, la costanza, il dovere, la giustizia e la legge. Che questi valori fondamentali della persona e della società possano essere vivificati dalla ricchezza spirituale, e soprattutto da una fede cristiana che ispiri ogni vostra convivenza e la conduca verso mete sempre più alte.

Nel ricordare con immenso affetto i vostri volti, sono certo che questo Paese si presenterà alla mia mente come una grande orchidea, il vostro fiore nazionale, chiamata anche fiore dello Spirito Santo. Vi auguro con tutto il cuore che esso sia sempre un simbolo vivo della vostra fedeltà alla fede cristiana, con l'aiuto dello Spirito di Cristo.

Prima di lasciarvi impartisco a tutti, ai vicini e ai lontani, una cordiale benedizione, in modo particolare ai bambini, agli anziani e agli infermi.

Che Dio benedica sempre Panama e tutti i suoi figli!

Data: 1983-03-05 Data estesa: Sabato 5 Marzo 1983

Commiato dalla Costa Rica - San José (Costa Rica)

Titolo: Vivo ringraziamento per l'organizzazione del pellegrinaggio

Signor Presidente, fratelli nell'Episcopato, Costaricensi tutti.

La Costa Rica mi ha offerto in questi primi giorni del mio viaggio in America Centrale un'ospitalità piena di calore, di affetto e di generosa disponibilità.

Prima di lasciare questa diletta Nazione, il cui incancellabile ricordo porto con me, ripasso con la mente gli atti più rilevanti del mio itinerario: la visita all'Ospedale nazionale dei bambini, la solenne celebrazione liturgica nella Sabana con innumerevoli fedeli; l'incontro con il clero nella Cattedrale insieme al personale religioso e ai seminaristi; l'entusiasmo che inonda lo stadio nazionale pieno di giovani; e l'udienza ai giudici della corte interamericana dei diritti dell'uomo.

So bene quanto lavoro è stato necessario per la preparazione di questo programma nei suoi aspetti tecnici e spirituali. Per ciò esprimo il mio più vivo ringraziamento a tutti voi. Prima di tutto a Lei, signor Presidente, che così gentilmente mi ha invitato, alle autorità civili, ai miei fratelli Vescovi, alle persone consacrate, ai membri delle diverse corporazioni, commissioni e associazioni.

Gli incontri avuti mi hanno permesso di conoscere meglio questo caro popolo e i profondi valori umani, morali e religiosi che hanno costruito e sostengono questo Paese. Il mio più grande desiderio è che questi valori siano conservati e consolidati, perché si potrà così guardare con speranza e ottimismo verso il futuro.

Alla Patrona della Costa Rica, la Vergine degli Angeli, rivolgo di nuovo il mio riverente ricordo e la mia fervente preghiera, affinché interceda presso suo Figlio per questa Nazione, la conservi nella pace e nella concordia, ed estenda la sua mano protettrice su tutti e ciascuno dei suoi figli costaricensi.

A tutti ancora una volta: molte grazie e che Dio ve ne ricompensi. Che benedica egli la Costa Rica, come io lo benedico con affetto.

Data: 1983-03-06 Data estesa: Domenica 6 Marzo 1983

All'arrivo all'aeroporto - Ilopango (El Salvador)

Titolo: Una visita all'insegna della pace

Signor Presidente, diletti fratelli nell'Episcopato, carissimi fratelli e sorelle.

Nel mettere piede per la prima volta nella terra del Salvador, voglio manifestare prima di tutto la mia gratitudine al signor Presidente e alle autorità della Nazione, che, insieme ai miei fratelli nell'Episcopato, mi hanno dato la felice opportunità di visitare questo Paese, che è particolarmente presente alla mia sollecitudine ecclesiale.

Grazie a tutti per la vostra affettuosa accoglienza! Grazie a quelli che sono qui e anche a quelli che, per motivi diversi, per qualche contrattempo o per esigenze professionali, possono accompagnarci soltanto con lo spirito. A tutti giunga il mio affettuoso saluto e il mio cordiale abbraccio di pace nel Signore, cominciando dal Pastore di questa arcidiocesi, Monsignor Arturo Rivera Damas, il Presidente della Conferenza episcopale, Monsignor José Eduardo Alvarez, gli altri fratelli Vescovi, i sacerdoti, le persone consacrate e i laici impegnati nell'apostolato.

Da molto tempo desideravo che giungesse questo giorno, per testimoniare con la mia presenza qualcosa che già voi certamente sapevate: che il Papa sta vicino a voi e divide con dolore le vostre sofferenze. Come potrebbe un padre e un fratello nella fede restare insensibile dinanzi alle pene dei suoi figli? El Salvador è stato costantemente presente nelle mie preghiere, nei miei insistenti appelli alla pace, orali e scritti, nei quali esortavo allo stesso tempo affinché non venisse meno la fede né si indebolisse la speranza negli animi, a causa di una situazione, ancora non irreparabile, che è stata semenzaio di dannose divisioni e, peggio ancora, di spargimento di tanto sangue innocente per tutto il territorio nazionale.

Mi auguro che le misure annunciate nel discorso del Signor Presidente e tutti gli altri mezzi adeguati, contribuiscano all'ordinato e pacifico progresso della società, fondato sul rispetto dei diritti di tutti e che in ciò tutti abbiano la possibilità di collaborare in un clima di vera democrazia alla promozione del bene comune.

Dio voglia che questa visita che vi faccio all'insegna della pace, aiuti a fermare il conflitto e a riunire di nuovo questa amata famiglia salvadoregna in una serena convivenza, dove tutti vi sentiate fratelli davvero. Che la buona volontà di tutti, e in particolare dei figli della Chiesa, deposto ogni sentimento di egoismo e di odio, si dedichi da oggi in avanti a promuovere la giustizia, fondamento della speranza, per conseguire una terra nuova, feconda di frutti di verità e di riconciliazione cristiana.

Con questa speranza benedico fin da questo momento tutti i figli di El Salvador.

Data: 1983-03-06 Data estesa: Domenica 6 Marzo 1983

Omelia al "Metro Centro" - San Salvador - (El Salvador) Domenica 6 Marzo 1983

Pace a questa terra martoriata, riconciliazione tra i fratelli

Diletti fratelli nell'Episcopato, cari fratelli e sorelle.


GPII 1983 Insegnamenti - Congedo dalla Nazione - Managua (Nicaragua)