GPII 1983 Insegnamenti - Congedo dall'Honduras - Tegucigalpa (Honduras)

Congedo dall'Honduras - Tegucigalpa (Honduras)

Titolo: Porto con me un bellissimo ricordo dell'Honduras

Signor Presidente, fratelli dell'Episcopato e honduregni tutti.

E' venuto il momento di lasciare questa terra honduregna per continuare il mio viaggio apostolico. Avrei desiderato visitare tanti altri luoghi e tante altre persone che non ho potuto includere nel mio programma. E dopo aver vissuto con voi questa intensa giornata ecclesiale, parto con dispiacere.

Porto con me un bellissimo ricordo dell'Honduras, per la cordialità delle sue genti e per la sua religiosità, che ho apprezzato sotto tante forme.

Sono sicuro che l'intensa esperienza religiosa di questo giorno continuerà ad alimentare, nel futuro, il vostro cammino ecclesiale.

Non dimentichero i canti e i segni della fede, della devozione, della speranza, con i quali avete professato davanti alla Vergine di Suyapa il vostro proposito di essere una comunità ecclesiale, sempre più viva e fraterna. Ho molta fiducia nella dedizione dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose e nella fervente attività dei delegati della Parola e dei catechisti. E spero che sotto la spinta dei vostri zelanti Vescovi, le famiglie honduregne sapranno favorire e vedere con gioia la dedizione di qualcuno dei suoi membri al servizio di Dio, nel sacerdozio e nella vita religiosa.

Ancora una volta ringrazio il Signor Presidente e tutte le autorità della loro benevola accoglienza, organizzata con tanta attenzione. Sono molto grato a tutti coloro che hanno contribuito alla preparazione e alla realizzazione di questa indimenticabile giornata, e in special modo, ai miei fratelli Vescovi.

Desidero che questo nobile Paese viva un continuo progresso economico, sociale, culturale, morale e spirituale affinché tutta la popolazione possa vivere in una atmosfera di libertà, di fiducia, di giustizia e di pace. Che Dio sia con voi e vi benedica, come anch'io vi benedico di cuore!

Data: 1983-03-08 Data estesa: Martedi 8 Marzo 1983

Congedo dal Guatemala

Titolo: Ho sentito vibrare nelle vostre manifestazioni il cuore della fede

Signor Presidente, fratelli nell'Episcopato, guatemaltechi tutti, Sto per concludere la mia visita apostolica nell'America Centrale, iniziata una settimana fa.

In questi ultimi giorni ho avuto occasione di incontrare più volte il popolo guatemalteco, non solo durante le celebrazioni liturgiche o le riunioni di carattere religioso, ma anche in tanti altri luoghi del mio viaggio, per le strade e nelle piazze. E così anche nel dirigermi o nel far ritorno dalla visita ad altri Paesi vicini.

Sono state occasioni nelle quali ho potuto scoprire nei vostri volti e nei vostri atteggiamenti quel calore umano, sincero e cordiale, aperto e ospitale che denota la finezza dei sentimenti dell'anima del popolo guatemalteco. Ma soprattutto, ho sentito vibrare nel vostro spirito e nelle vostre manifestazioni esterne il cuore della fede: avete vissuto quella profonda sintonia che ha tanto significato per il popolo cristiano nell'ordine religioso: avete vissuto questa sintonia con il Papa, successore di san Pietro e Vicario di Cristo, che per la prima volta è venuto a visitarvi per alimentare la vostra vita di fede.

Se questa percezione è stata forte durante la mia permanenza nella capitale della Nazione, altrettanto posso dire del tempo trascorso a Quezaltenango con gli indigeni e i catechisti. Per questo, a lungo, nel profondo del mio animo, rimarrà il ricordo di tutti i figli del Guatemala - tanto i latini che gli indigeni - per i quali continuero, nelle mie preghiere, a implorare doni di fraternità, di giustizia, di una pace costruita sul rispetto reciproco, di collaborazione portata avanti con uguale dignità; sia nella vita religiosa che nella convivenza civile, nel lavoro o nel giusto inserimento di tutti quanti nei diversi ambienti sociali.

Ai cari fratelli nell'Episcopato, agli amati sacerdoti, alle religiose, ai catechisti e ai laici impegnati nell'attività ecclesiale, così come ai religiosi - con i quali ho avuto in Guatemala un incontro molto piacevole - affido nuovamente il mio messaggio di fede, di pace, di promozione e di convivenza, affinché il seme gettato produca abbondanti frutti.

Ringrazio Dio per il tempo che ho potuto trascorrere tra voi come spinta alla riconciliazione. E la mia gratitudine si estende anche, con profonda sincerità, a quanti mi hanno accolto con tanta cordialità e hanno collaborato con entusiasmo alla buona riuscita della visita. Prima di tutto ringrazio il Presidente della Nazione, al quale va la mia deferente riconoscenza; poi le autorità, entità diverse e tante persone. A tutti, il mio sentito grazie.

Ma nel lasciare la terra guatemalteca non posso fare a meno di ripensare ai Paesi dell'America Centrale che ho visitato nei giorni scorsi. Quante sono le immagini che mi passano davanti, tornando indietro con la mente, del mio viaggio in Honduras, nel Salvador, a Panama, nel Nicaragua, a Costa Rica! Nomi che si aggiungono a quelli del Belize e di Haiti che visitero oggi.

Sono patrie di popoli ammirevoli che vogliono conservare la loro secolare identità cristiana in un clima di giustizia e di pace. Popoli, la cui sofferenza, ho potuto constatare in modo molto evidente. Non potevo portare loro la soluzione già pronta, di fronte a problemi complessi che sfuggono alle capacità della Chiesa.

Ma mi sono avvicinato a essi con rispetto e affetto, con una parola che facesse risuonare, davanti al mondo, le loro sofferenze silenziose e a volte anche dimenticate; mi sono avvicinato con una parola che invitasse al cambiamento degli atteggiamenti interiori affinché possano fare imboccare il cammino verso la pace nella giustizia e nella dignità; mi sono avvicinato con una parola di incoraggiamento e di speranza, che ancora può germogliare in cuori inariditi e distrutti dal dolore e dalla violenza.

Nel lasciarvi e rinnovando a ciascuna persona di questi Paesi la mia affettuosa benedizione, chiedo all'Altissimo di suscitare nuove energie di buona volontà; chiedo che faccia cessare finalmente il rumore della guerra; chiedo che spinga i cuori sulla via della giustizia; che benedica quanti lavorano onestamente a favore del bene, quanti aiutano coloro che soffrono, quanti accolgono e danno una mano fraterna agli esiliati o ai rifugiati; quanti, in qualsiasi forma, asciugano, con umanità e nel segno di Cristo, il volto sofferente dell'uomo centroamericano, che è poi il volto di Cristo stesso.

Così sia.

Data: 1983-03-09 Data estesa: Mercoledi 9 Marzo 1983

Concelebrazione ecumenica - Belize (Belize)

Titolo: Pregare e operare perché l'unità si realizzi di Cristo

Miei cari, amati fedeli del Belize, è veramente una grande gioia per me non soltanto essere qui fra voi oggi, ma poter offrire in questo nobile edificio l'eterno sacrificio di Cristo sulla croce al suo Padre celeste, invocando su di voi la grazia e la benedizione del Signore. perciò vi invito a penetrare il grande mistero che stiamo per celebrare e ad apprendere dal sacrificio di oggi che Gesù Cristo chiama ognuno di voi ad un'intima unione con lui, cosicché nessuno di coloro che lui ha chiamato si perda. La chiamata per il cristiano è la chiamata ad un impegno eterno in Cristo e noi rinnoviamo questo impegno ogni volta che condividiamo il suo Corpo e il suo Sangue. Questa è la celebrazione dell'Eucaristia. Uniamoci quindi e preghiamo il Signore Gesù affinché la sposa mistica di Cristo, la Chiesa, possa sempre testimoniare, in Belize, la sua chiamata ad un'intima e vitale unione con lui e che possa efficacemente contribuire allo sviluppo del vostro giovane Paese affinché esso, come nelle parole del vostro inno nazionale, sia veramente un Paese libero con la libertà dei figli di Dio.


1. E' una grande gioia per me poter trascorrere un po' di tempo con voi, in Belize, al termine del mio viaggio apostolico in America Centrale, prima di recarmi ad Haiti. Sono felice che la mia visita coincida con una data che per voi riveste una particolare importanza.

E' mio privilegio, ma anche mio dovere, come successore dell'apostolo Pietro e Pastore della Chiesa universale "comunicarvi qualche dono spirituale perché ne siate fortificati..., mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io (Rm 1,11-12). Questa è veramente un'ora di fede per tutti noi. Nel salutare le autorità di questo Paese. desidero dire a tutti voi quanto vi sono vicino.

Abbraccio, nella carità di Cristo, i giovani e gli anziani, le famiglie cristiane e tutti coloro che operano, soffrono e pregano per l'avvento del Regno di Dio sulla terra. Ai miei fratelli Vescovi e sacerdoti e a tutti i religiosi desidero esprimere la mia speciale gratitudine per il loro lavoro comune nel diffondere il Vangelo.


2. Probabilmente avete udito che, in posti diversi dell'America Centrale, nel corso della mia missione, ho insistito sul tema dell'unità, l'unità della Chiesa locale, unita al suo Vescovo e alle altre Chiese locali, in unità con la Chiesa universale. Oggi desidero esaminare con voi e per voi un altro aspetto del tema fondamentale dell'unità, vale a dire l'unità alla quale sono chiamate le varie Chiese e le comunità ecclesiali: la suprema, organica unità con l'unica Chiesa di Cristo.

Questo, come sapete, è ciò che chiamiamo ecumenismo, e sapete anche bene che il Concilio Vaticano II ha fatto dell'ecumenismo e dell'impegno ecumenico uno dei suoi compiti principali. Infatti ha pubblicato un intero documento sul tema della ricostituzione dell'unità. E io stesso ho detto più volte, da quando sono stato eletto Papa, che uno dei primi e principali impegni del mio pontificato è la ricostituzione dell'unità fra tutti i cristiani. perciò questa è stata, fin dall'inizio, una parte importante del programma dei miei viaggi di pellegrino: trattare il tema dell'unità dei cristiani e incontrarmi con i rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali. così è stato in Germania, negli Stati Uniti d'America, in Gran Bretagna e altrove. così è anche qui in Belize.

Desidero perciò salutare con affetto fraterno in Cristo Gesù tutti i capi e i membri delle Chiese e delle comunità ecclesiali presenti in Belize, in particolare le comunità anglicane e metodiste. Tutti voi, cari fratelli e sorelle, insieme ai rappresentanti della Chiesa cattolica dovete lavorare e pregare affinché l'unità che Cristo desidera per i suoi seguaci si realizzi pienamente in verità e carità. Allo stesso tempo una collaborazione fraterna e sincera nel servizio cristiano sarà un segno sicuro di una autentica qualità di discepoli.


3. Abbiamo tutti udito, nelle parole del Vangelo appena proclamato, i ripetuti accenni all'unità fra i suoi discepoli, che nostro Signore ha pronunciato nella preghiera solenne rivolta al Padre, subito prima di affrontare la condanna e la morte sulla croce. L'unità non è un riferimento marginale: è la sollecitudine centrale della preghiera di Cristo. La ritroviamo continuamente ribadita nel brano che abbiamo letto. Questa insistenza è molto significativa. Ci rivela quanto profondamente e intensamente il Signore desiderasse che i suoi discepoli fossero uno solo. L'unità di tutti i cristiani non è perciò qualcosa di marginale o di indifferente, dalla quale ci si può esimere. Al contrario, essa è la volontà di Cristo.

In secondo luogo, il fatto che il Signore preghi il Padre per il dono dell'unità in quel momento decisivo della sua vita dovrebbe farci riflettere sui pericoli contro questa unità, da parte di uomini e donne miopi, egoisti e insensibili, tentati inoltre dal Demonio, il padre della divisione. Dovrebbe anche risvegliare la grande responsabilità che tutti noi abbiamo di operare per la ricostruzione dell'unità quando questa è stata spezzata, com'è tristemente accaduto molte volte nel corso dei trascorsi due millenni.

Il Signore, quindi, nell'avvicinarsi al sacrificio della sua morte, che egli subi "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi" (Jn 11,52), aveva previsto la tragedia e lo scandalo della divisione fra i cristiani, e allo stesso modo egli ci insegno che l'unità non deve essere messa da parte come impossibile o superflua, e che la divisione non deve essere subita come un male necessario. No, è la sua volontà e l'argomento della sua preghiera che noi "siamo uno" così come lui e il Padre "sono uno (Jn 17,22 cfr. Jn 10,30).


4. In tal modo abbiamo imparato che, quando ci impegniamo a lavorare per l'unità dei cristiani, noi stiamo facendo la volontà di Nostro Signore. Di più, abbiamo imparato che la preghiera attraverso, con e in Cristo è la fonte principale di questa unità. Poiché la preghiera per l'unità e, se possibile, la comune preghiera per l'unità dei cristiani, è un elemento essenziale del nostro impegno ecumenico, cerchiamo di essere fedeli a questa preghiera.

La preghiera comunque non può essere efficace senza ciò che il Concilio Vaticano II chiama un cambiamento del cuore (UR 7). Un altro termine per definirlo è "conversione" che, come sappiamo, era il contenuto della prima preghiera di Nostro Signore. Tutti noi abbiamo bisogno della conversione, o di un cambiamento del cuore, e proprio per penetrare pienamente i pensieri e le intenzioni di Cristo, quando egli prega per l'unità. E' necessario che ci convinciamo dell'importanza della causa dell'unità dei cristiani, con tutto ciò che essa implica nei campi dei rapporti fraterni, della mutua stima, collaborazione e dialogo e della comune testimonianza, studio e preghiera.


5. Questo pero non è tutto. Il decreto sull'ecumenismo parla anche della santità di vita (UR 8). Infatti, se prestiamo particolare attenzione a quanto Nostro Signore, nella sua preghiera sacerdotale, intende come modello ultimo dell'unità dei cristiani, non possiamo fare a meno di convincerci che l'unità dipende dalla santità. Infatti egli prega "perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola (Jn 17,21). E ancora "perché siano come noi una cosa sola (v. 22). Anche la lettura del brano della Lettera agli Efesini pone l'unità dei cristiani allo stesso alto livello quando dice: "Vi esorto dunque io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto... cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace (Ep 4,1-3).

Si, cari fratelli, nulla al di fuori dell'unità della Santissima Trinità in se stessa e della nostra unità con la Santissima Trinità può condurre alla piena unità fra i cristiani. Quando noi lottiamo per questa perfetta comunione fra tutte le Chiese e le comunità ecclesiali, vogliamo questo: l'unità formata, modellata sulla Santissima Trinità e a noi donata dalla Santissima Trinità.

Ricordiamoci che l'unità e la santità nella Chiesa camminano insieme. perciò quando ci sforziamo di essere buoni cristiani, e veri cristiani, l'unità fra di noi dovrebbe essere uno dei nostri fini principali.


6. E' in questo contesto di vita cristiana e di impegno cristiano che va posto tutto il compito ecumenico. Con questo, io comprendo ciò che viene chiamato "crescere insieme", vale a dire stabilire dei rapporti che debbono esistere e maturare fra cristiani che vivono insieme nello stesso luogo, che affrontano insieme lo stesso mondo, nel quale sono chiamati a servire il loro prossimo e il bene della società. Con questo, io comprendo anche il dialogo fra la nostra Chiesa e altre Chiese e comunità ecclesiali, che ora si è stabilito a vari livelli. Ma, ripeto, tutti questi mezzi e strumenti dell'impegno ecumenico devono sgorgare dalla profonda sorgente della nostra vocazione cristiana, che si fonda sulla Parola di Dio e sul sacramento del Battesimo e che trova la sua espressione nella comune professione degli antichi Credo della Chiesa e nella preghiera del Signore al Padre per l'unità fra i suoi discepoli. E questa unità è veramente modellata sull'unità della Santissima Trinità.

Questo è il vero ecumenismo e queste sono le autentiche caratteristiche del movimento ecumenico. L'ecumenismo non intende raggiungere dei traguardi puramente umani, inclusi fini politici di qualsiasi tipo. L'ecumenismo non è compatibile con la confusione dei confini confessionali, annacquando i contenuti della fede che abbiamo ricevuto dagli apostoli o con l'indiscriminata ammissione di fedeli di un'altra comunità ecclesiale all'Eucaristia che ci è propria.

Certamente non è compatibile con un proselitismo aggressivo, che disturba e offende - talvolta perfino con procedure indegne - il grado di unità che una comunità ecclesiale già possiede. L'ecumenismo è un impegno evangelico e deve essere compreso e messo in pratica solo con verità del Vangelo che tutti noi abbiamo ricevuto da Cristo.


7. Miei cari fratelli e sorelle in Cristo, questo è il messaggio che sono lieto di lasciare a voi del Belize. So che lo accoglierete con il cuore aperto. Prego affinché vi giunga dall'alto il dono di un impegno sempre più profondo per la causa della santa unità. E vi chiedo di pregare con me affinché possiamo finalmente essere benedetti dal dono della perfetta unità "così che il mondo possa credere" (cfr. Jn 17,21). Chiediamo questo per la gloria della Santissima Trinità - Padre, Figlio e Spirito Santo - attraverso Gesù Cristo nostro unico Intercessore, nostro unico Salvatore, nostro unico Signore. Amen.

Prima di concludere, voglio salutare con affetto ed incoraggiare nella fede cristiana tutti i fratelli di lingua spagnola, che sono voluti venire qui a vedere il Papa muovendo dai Paesi vicini.

Mi è particolarmente grata la presenza dei Vescovi della regione pastorale del Sud-Ovest del Messico, accompagnati da numerosi fedeli. In voi, cari fratelli, saluto anche tutti gli abitanti del vostro Paese, la visita al quale ricordo sempre con tanto piacere.

Data: 1983-03-09 Data estesa: Mercoledi 9 Marzo 1983

All'aeroporto - Port-au-Prince (Haiti)

Titolo: Tutti presenti nella mente e nel cuore del Papa

Signor Presidente, cari fratelli nell'Episcopato, cari fratelli e sorelle.

Saluto con gioia ed emozione questa terra di Haiti. Sono passati cinquecento anni da quando la croce di Cristo vi è stata piantata, vi si è celebrata la prima Eucaristia e recitata la prima Ave Maria. Oggi finalmente il successore dell'apostolo Pietro viene da voi. So con quale sollecitudine avete atteso e preparato la mia venuta. Ve ne sono riconoscente.

Saluto tutto il popolo di Haiti, la cui storia si è intessuta a poco a poco, in mezzo a conquiste e prove che ne hanno delineato i tratti caratteristici, particolarmente interessanti. Saluto i dirigenti, coloro che esercitano le maggiori responsabilità e sono loro grato di essere qui ad accogliermi.

Saluto, nello stesso tempo, ogni cittadino haitiano, ogni famiglia haitiana, soprattutto coloro che soffrono. Non mi è possibile recarmi da ciascuno, ma voglio che sappiano che sono tutti ugualmente presenti nella mente e nel cuore del Papa.

Bonjour tout peuple Haitien. Moin vini oué nou. Moin poté la pé ak Ké Kontan Gran Mèt la pou nou (Buongiorno a tutto il popolo haltiano; vengo a trovarvi, io vi porto la pace e la gioia del Signore).

Saluto con gioia particolare la Chiesa cattolica che è in Haiti, i suoi Vescovi, i suoi sacerdoti, i religiosi, le religiose, i laici: Chiesa giovane, Chiesa dalla fede viva, dalla preghiera vibrante, una Chiesa molto legata alle sorti del popolo haitiano. Durante il mio breve soggiorno, non potro affrontare tutti i suoi problemi che mi stanno a cuore.

In questo contesto, ringrazio con tutto il cuore il Presidente della Repubblica, che ha appena reso noto a tutti la notizia secondo la quale egli è disposto a rinunciare spontaneamente al privilegio, di cui gode attualmente il Capo dello Stato di Haiti in virtù del Concordato del 28 marzo 1860, di nominare gli Arcivescovi e i Vescovi. Tengo ad assicurarla, Signor Presidente, che questo desiderio, ispirato dai voti del Concilio Ecumenico Vaticano II, andrà a vantaggio tanto dello sviluppo armonioso della Chiesa Cattolica in questo Paese, quanto dello Stato di Haiti.

Ma sono qui anzitutto per confermare il suo operato in ciò che essa ha di più valido e il suo programma di evangelizzazione. Ho sentito molte testimonianze sulla sua vita ricca di meriti. Ho letto il messaggio del Symposium del dicembre scorso: vengo per incoraggiare i fratelli e le sorelle di Haiti a realizzarlo. La Chiesa vi ha preso coscienza delle sue possibilità, delle grazie che il Signore le ha fatto, ma anche dei suoi limiti, degli ostacoli, delle difficoltà; essa ha chiamato ognuno, ricco o povero, alla conversione, per sradicare il male dalle persone e dalla società; ha riaffermato la dignità di tutti, ha voluto che il Vangelo fosse sempre la Buona Novella per i poveri; ha chiamato tutti i suoi membri a una pastorale di solidarietà per un avvenire religioso e umano degno di questo popolo, nella libertà e nella responsabilità.

Vengo per incoraggiare questo risveglio, questo sussulto e questo cammino della Chiesa, per il bene di tutto il paese. Lo faremo ora durante l'assemblea eucaristica e mariana che conclude il vostro Congresso. E' nella preghiera e nell'amore che attingiamo la luce e la forza per servire i nostri fratelli.

Il Signore benedica il nostro ministero su questa cara terra di Haiti!

Data: 1983-03-09 Data estesa: Mercoledi 9 Marzo 1983

Omelia al Congresso Eucaristico - Port-au-Prince (Haiti)

Titolo: L'Eucaristia e la Vergine

Cari fratelli e sorelle.


1. Eccomi qui con voi a Port-au-Prince, in questa terra di Haiti ove ho tanto desiderato venire; questa grazia mi è stata infine concessa, a me stesso come pure a voi, perché insieme possiamo lodare la Santissima Trinità e adorarla, celebrare il culto eucaristico per Gesù Cristo, Figlio di Dio e Figlio di Maria, nel mistero della sua Eucaristia, e anche venerare la sua beata Madre e Madre nostra, Madre della Chiesa, che voi invocate sotto il nome di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso.

In realtà noi celebriamo la chiusura del grande Congresso Eucaristico, che ora proseguirete e applicherete nella vostra vita quotidiana, personale, familiare e sociale.

Insieme e con gioia, partecipiamo a questa festa, io, successore di san Pietro e pastore di tutti i fedeli, principio visibile dell'unità della Chiesa (cfr. LG 18), voi, i Vescovi, provenienti ora tutti dal vostro mondo, e voi stessi, uomini e donne, ragazzi e ragazze, bambini e anziani, figli e figlie di questo nobile popolo haitiano. Io ben conosco quanto vivo sia il vostro senso della celebrazione, della festa e della preghiera. E proprio qui lo constato, grazie ai vostri canti e alle vostre entusiastiche risposte. Sono felice di esserne l'occasione e ne rendo grazie a Dio.

Ma c'è di più. Per la prima volta, durante le mie visite in America Latina, mi capita di essere presente in un Paese la cui popolazione è costituita per la maggior parte da gente di colore, in particolare da neri. Colgo in questo un segno di grande importanza, perché mi è in tal modo concesso di entrare direttamente in rapporto con la terza componente della cultura e della civiltà di questi popoli dell'America Latina e Centrale: delle genti venute dall'Africa, profondamente integrate con le altre civiltà originarie dell'America stessa o venute dall'Europa per formare, sulla base di tutte queste ricchezze, una realtà tipica.

Questo Paese è stato il primo in America Latina a dichiararsi indipendente. Esso è perciò chiamato, in modo particolare, a sviluppare al suo interno, in un clima di libertà, e in rapporto ai suoi mezzi e agli sforzi di tutti, un'opera di vera promozione umana e sociale in modo che i suoi figli e le sue figlie vi possano lavorare a loro agio, senza essere costretti ad andare a cercare altrove, e spesso in condizioni penose, quello che dovrebbero trovare a casa loro.

Vorrei ricordare a questo punto un episodio piuttosto drammatico, che ha unito in qualche modo la storia di Haiti a quella del popolo polacco.

Centosettant'anni fa, tremila soldati polacchi sbarcarono in quest'Isola, inviati dalle forze di occupazione al fine di reprimere la rivolta della popolazione che lottava per la sua indipendenza politica. Questi soldati, invece di combattere le legittime aspirazioni di libertà, simpatizzarono con il popolo di Haiti. Circa trecento di loro sopravvissero. I loro discendenti hanno certamente contribuito allo sviluppo di questo Paese. Hanno conservato e coltivato le tradizioni cattoliche. Tra l'altro, hanno costruito delle cappellette con immagini riproducenti la Madonna polacca di Czestochowa. La parola Haiti viene in tal modo ad associarsi ai polacchi ed evoca la via piena di spine verso la libertà e diviene anche una nuova fonte di riflessione storica.

Saluto dunque tutti voi e vi invito a pregare e a riflettere insieme sui due misteri che oggi celebriamo: l'Eucaristia e Maria.


2. Avete sentito le letture bibliche che sono state proclamate. Quella del libro dell'Esodo ci parla della "Pasqua", della liberazione che i figli d'Israele hanno ricevuto allora e di cui la nostra festa di Pasqua garantisce la commemorazione.

Era anche quella una festa di libertà, nella quale l'agnello offerto e mangiato ricordava la rinnovata comunione con il Signore e con i fratelli e così pure "il passaggio, per assistere, accompagnare e liberare il suo popolo, prigioniero dell'Egitto faraonico, per avviarlo poi verso la terra promessa.

Nel Vangelo di Giovanni, letto in questa Messa, è la stessa Pasqua che stiamo per celebrare. Ma "il passaggio" di cui si parla è quello di Gesù stesso, per il quale "l'ora era venuta di passare da questo mondo al Padre" (Jn 13,1). Non si tratta per lui, per i suoi discepoli e per noi stessi, di uscire dall'Egitto, di un esodo nel tempo e nello spazio. Si tratta invece, come dice mirabilmente l'evangelista Luca nella scena della Trasfigurazione (cfr. 9,31), del suo esodo, della sua partenza per andare verso il Padre, che doveva succedere a Gerusalemme e che si compi nell'"ora della sua Passione, della sua morte e della sua Risurrezione.

Quest'esodo e questa partenza sono segnati dall'amore: "Egli (Gesù) avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amo fino al segno supremo" (Jn 13,1).

E' l'amore che ha spinto Gesù verso la morte in croce: "Mi ha amato e ha sacrificato se stesso per me" (Ga 2,20). Ed è sempre l'amore che gli ha ispirato di lasciarci l'Eucaristia.


3. L'Eucaristia, come ben sappiamo attraverso la nostra catechesi, è il sacramento del suo corpo e del suo sangue, che egli stesso ha offerto una volta per tutte (cfr. Ep 9,26-28), per liberarci dal peccato e dalla morte, e che ha affidato alla sua Chiesa perché ne faccia la sua stessa offerta, sotto le specie del pane e del vino e ne nutra per sempre i suoi fedeli, noi stessi, che stiamo attorno a questo altare.

L'Eucaristia è quindi il sacrificio per eccellenza, quello di Cristo sulla croce, offerto ogni volta dai Vescovi e dai sacerdoti a favore di tutti i cristiani, vivi e defunti.

L'Eucaristia è nello stesso tempo nutrimento spirituale, mediante il quale riceviamo Cristo stesso, tutto intero, Dio e uomo, che ci nutre con la sua stessa sostanza e ci rende così simili a lui, ciascuno di noi e tutti insieme. E' l'Eucaristia, infatti, che fa l'unità della Chiesa, corpo mistico di Cristo: "E poiché non vi è che un solo pane, noi, pur essendo molti, formiamo un sol corpo; tutti infatti partecipiamo del medesimo pane (1Co 10,17).

Noi adoriamo e riconosciamo questa presenza di Cristo sotto le specie del pane e del vino, quando è conservata nel tabernacolo, per permettere ai cristiani di venire a pregare il Signore contemplandolo nel suo santissimo Sacramento, lungo il corso dei giorni, e anche perché si possa portare la comunione ai malati e ai morenti. Noi rendiamo un culto pubblico all'Eucaristia, quando essa viene celebrata, durante un Congresso Eucaristico o in occasione del Corpus Domini. Questa presenza reale fra noi, nella celebrazione dell'Eucaristia, e sempre in relazione con essa, è per noi cristiani uno dei segni dell'Emmanuele, Dio-con-noi, come Israele chiamava il Messia futuro (cfr. Is 7 Mt 1,23).


4. L'evangelista Giovanni, che ci ha trasmesso la promessa di questa Eucaristia, e ce ne ha mostrato l'importanza per la fede dei discepoli e per la nostra (Jn 6,51-71), ci descrive anche, in occasione dell'ultima cena di Gesù, la lavanda dei piedi (cfr. Jn 13,1-16).

Perché egli ha voluto mettere al posto del racconto dell'istituzione dell'Eucaristia, che si trova presso gli altri evangelisti e anche in san Paolo (cfr. 1Co 11,17-34), il racconto della lavandà dei piedi? Ce ne dà egli stesso la spiegazione, inquadrando il racconto, come avete sentito, con il riferimento all'amore supremo di Gesù: "Egli li amo fino alla fine" (Jn 13,1), e con l'esortazione a seguire l'esempio che il Maestro aveva appena dato: "Se dunque io vi ho lavato i piedi, io, il Signore e il Maestro, dovete anche voi lavarvi i piedi l'un l'altro" (Jn 13,14).

Sono certo che voi questo lo capite bene, cari fratelli e sorelle di Haiti. Chi partecipa all'Eucaristia è chiamato a seguire l'esempio di Gesù che ha ricevuto dentro di sé; è chiamato a imitare il suo amore e a servire il prossimo fino a lavargli i piedi. E come noi, così è la Chiesa, tutta la Chiesa, la Chiesa di Haiti, che deve impegnarsi a fondo per il bene dei fratelli e delle sorelle, di tutti, ma soprattutto dei più poveri, proprio perché ha appena celebrato un Congresso Eucaristico. In realtà essa celebra sempre l'Eucaristia. E l'Eucaristia è il Sacramento dell'amore e del servizio.

Voi avete scelto come slogan del vostro Congresso: "Bisogna che qui qualche cosa cambi". Ebbene, voi trovate nell'Eucaristia l'ispirazione, la forza e la perseveranza per impegnarvi in questo processo di cambiamento.

E' proprio necessario che le cose cambino. Nel preparare il Congresso la Chiesa ha avuto il coraggio di guardare in faccia le dure realtà attuali, e sono sicuro che lo stesso avviene per tutti gli uomini di buona volontà, per tutti coloro che amano profondamente la loro patria. Il vostro è un bel Paese, ricco di risorse umane. E si può parlare, presso di voi, di un sentimento religioso innato e generoso, della vitalità e del carattere popolare della Chiesa. Ma i cristiani hanno dovuto constatare anche la divisione, l'ingiustizia, l'eccessiva diseguaglianza, la degradazione della qualità della vita, la miseria, la fame, la paura di tanta gente. Essi hanno pensato ai contadini incapaci di vivere dei frutti della loro terra, alle folle che si accalcano, senza lavoro, nelle città, alle famiglie trasferite, alle vittime di frustrazioni diverse. E tuttavia essi sono convinti che vi sono delle soluzioni nella solidarietà. Occorre che i "poveri" di tutti i tipi riprendano a sperare. La Chiesa conserva in questo campo una missione profetica, inseparabile dalla sua missione religiosa, e chiede la libertà di adempierla, non per accusare e non soltanto per far prendere coscienza del male, ma per contribuire in modo positivo a correggere le situazioni, impegnando tutte le coscienze e in particolare la coscienza di coloro che hanno una responsabilità, nei villaggi, nelle città o a livello nazionale, ad agire secondo il Vangelo e la dottrina sociale della Chiesa.

C'è infatti certo un profondo bisogno di giustizia, di una migliore distribuzione dei beni, di una organizzazione più equa della società, con una maggiore partecipazione, una concezione più disinteressata del servizio da parte di tutti coloro che hanno delle responsabilità; c'è il desiderio legittimo, per i mass-media e la politica, di una libera espressione che rispetti le opinioni degli altri e il bene comune; c'è bisogno di un più libero e facile accesso ai beni e ai servizi che non possono restare appannaggio di qualcuno: per esempio la possibilità di mangiare a sufficienza e di essere curati, l'abitazione, la secolarizzazione, la vittoria sull'analfabetismo, un lavoro onesto e dignitoso, la sicurezza sociale, il rispetto delle responsabilità familiari e dei diritti fondamentali dell'uomo. In breve, tutto ciò che fa si che l'uomo e la donna, i bambini e gli anziani conducano una vita veramente umana. Non si tratta di sognare ricchezze o società dei consumi, ma si tratta, per tutti, di un livello di vita degna della persona umana, dei figli e delle figlie di Dio. E tutto questo non è impossibile se tutte le forze vive del Paese si uniscono in un medesimo sforzo, contando anche sulla solidarietà internazionale che è sempre auspicabile. I cristiani vogliono essere gente della speranza, dell'amore, dell'azione responsabile.

Il fatto di essere membra del corpo di Cristo e di partecipare al suo banchetto eucaristico vi impegna a promuovere questi cambiamenti. Sarà il vostro modo di lavarvi i piedi gli uni gli altri, secondo l'esempio di Cristo. Lo farete senza violenza, senza uccisioni, senza lotte intestine, che spesso non portano altro che nuove oppressioni. Lo farete nel rispetto e nell'amore della libertà.

Mi rallegro con tutti coloro che lavorano in questa linea, che difendono i diritti dei poveri, spesso con mezzi poveri, oserei dire "a mani nude". Faccio appello a tutti coloro che detengono il potere, la ricchezza, la cultura, perché capiscano la loro grave ed urgente responsabilità di fronte a tutti i fratelli e le sorelle. E' l'onore della loro carica; io dico anche ad essi che ho fiducia e prego per loro.


5. Lo stesso bisogno di conversione lo proviamo rivolgendoci verso la santissima Vergine, Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, che è stata oggetto della vostra prima devozione e in seguito, lungo tutto il corso della vostra storia. Questa devozione è e deve essere liberatrice. Ricordiamo le parole della lettera ai Galati, che abbiamo appena ascoltato: "Quando venne la pienezza del tempo, Dio mando suo Figlio, fatto da donna, fatto sotto la Legge, affinché riscattasse quelli che erano soggetti alla Legge, affinché ricevessimo l'adozione di Figli" (Ga 4,4-5).

Questa donna, benedetta fra tutte (cfr. Lc 1,42), voi la conoscete bene.

E' grazie alla sua accettazione libera, alla sua fede e alla sua obbedienza, che la "nostra liberazione è stata pagata con la morte di suo Figlio. E' grazie alla sua collaborazione all'opera redentrice di lui, che ci "è stato concesso di essere figli adottivi".

Ecco perché noi la amiamo e la veneriamo come nostra Madre. Ecco perché siamo tenuti a imitarla nella fede, nella sua obbedienza e nell'impegno a collaborare alla missione di suo Figlio, nella situazione concreta in cui noi ci troviamo, o voi vi trovate in Haiti.

Così dunque, quando voi pregate con il vostro Rosario, meditando i misteri della vita, della morte e Risurrezione di Cristo, unendovi di cuore alla presenza di Maria in ciascuno di essi, siate ben coscienti che questo vi impegna a vivere e ad operare come fedeli discepoli che partecipano agli stessi misteri e ne ricevono i frutti.

La vostra devozione sia intelligente e attiva, degna di uomini e donne che hanno ricevuto nel loro cuore "lo Spirito del Figlio di Dio che grida: Abba, Padre! (Ga 4,7). Non sia una nuova forma di sottomissione "agli elementi del mondo, una nuova "schiavitù" (Ga 4 Ga 3) come certe pratiche sincretiste, ispirate dalla paura e dall'angoscia di fronte a forze che non si comprendono! No, voi siete figli e figlie di Dio, liberati da Gesù Cristo, nato dalla Vergine Maria. Siate degni della vostra filiazione divina e di quella che vi lega a Maria! Avendo accettato di rinunciare al peccato e di dare la vostra fede a Cristo, con Maria, rialzate il capo e riconoscete con lei la predilezione di Dio per gli umili, gli ammalati, per coloro che vivono nell'amore (cfr. Lc 1,46-55).

Io vi affido a lei, tutti insieme e ciascuno individualmente, Vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, originari del Paese o venuti qui come missionari, i seminaristi tanto numerosi, popolo fedele e così provato di questa bella terra di Haiti, che ha tanti giovani, e anche i vostri compatrioti emigrati o esiliati. Le domando di intercedere per voi presso suo Figlio perché vi sia concesso di condurre una vita tranquilla e veramente degna.

Invoco anche su di voi la protezione di san Pierre Claver, il grande santo nero, gloria della vostra razza, di cui la Chiesa intera vi è debitrice.

(In lingua locale:) Haitiani di ogni parte, io sono con voi. Io vi benedico di tutto cuore. Coraggio! State saldi! Dio è con voi. Gesù Cristo è vostro fratello. Lo Spirito Santo la vostra luce! Maria vostra madre!.

Supplico Dio di benedirvi, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Amen.

Data: 1983-03-09 Data estesa: Mercoledi 9 Marzo 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Congedo dall'Honduras - Tegucigalpa (Honduras)