GPII 1983 Insegnamenti - Al Capitolo generale dei Conventuali - Città del Vaticano (Roma)

Al Capitolo generale dei Conventuali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate fedeli al carisma ereditato da san Francesco




1. Saluto con sincero affetto tutti voi, membri del Capitolo generale dei Frati minori conventuali, che riuniti in Assisi, presso la venerata tomba del vostro serafico Padre, avete dato alla vostra grande famiglia francescana il 116° Ministro generale dell'Ordine nella persona del Padre Lanfranco Serrini; a lui esprimo le mie felicitazioni per tale elezione e, soprattutto, i miei voti più fervidi, affinché, seguendo le orme di san Francesco, svolga l'incarico, al quale è stato chiamato, nel migliore dei modi e possa conseguire ogni buon esito nel governo, o meglio, nel servizio degli oltre 5.000 Frati conventuali, sparsi in tutto il mondo.

Esprimo altresi il mio apprezzamento e la mia gratitudine a tutti voi, Padri capitolari, per il valido contributo di suggerimenti e di proposte che state offrendo in questa importante assise, in ordine alla revisione della costituzione e degli Statuti generali nel contesto del nuovo Codice di Diritto Canonico, come pure in ordine all'impegno da voi assunto di approvare il "Direttorio della formazione", al quale l'Ordine intero, a vari livelli, ha lavorato nel corso di questi due ultimi anni. Mi ha fatto anche piacere sapere che tra gli altri numerosi scopi, che vi hanno riuniti, ci sia anche quello di preparare il testo di un "Corso di formazione permanente francescana" per i religiosi dell'Ordine, con particolare riguardo agli educatori.


2. La profonda affezione che nutro per la vostra Famiglia Francescana - ne sono conferma anche i miei due pellegrinaggi compiuti alla tomba ci san Francesco rispettivamente all'indomani della mia elezione alla Cattedra di Pietro e in occasione dell'VIII centenario della nascita del Santo - mi spinge a manifestarvi alcuni pensieri, destati nel mio animo dalla vostra presenza.

Voi siete Frati minori conventuali e volete conservare e vivere autenticamente il carisma, a voi lasciato in eredità dall'ispirato Fondatore. A questo scopo, immersi come siete in una società in continua trasformazione, è importante interrogarsi su ciò che è essenziale e insostituibile nel tipo di vita che avete abbracciato, rispondendo alla vocazione francescana.

Mi pare che una cosa, la quale non può essere cambiata o sostituita sia, anzitutto, lo spirito di rinunzia, proprio del Poverello di Assisi. Non si può vivere in pienezza il vostro carisma, senza accettare con perfetta letizia la disciplina, senza amare la regola, che rende forti e liberi, senza abbracciare l'abnegazione, la vigilanza del proprio pensiero e del proprio costume, e, soprattutto, senza tenere bene impresse nel cuore le parole del Signore: "Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo" (Lc 14,33).

Il Frate minore conventuale è un uomo distaccato dall'avidità di possedere e non condivide, perciò, la forma comune di vita fondata sulla ricerca della prosperità temporale: egli, sull'esempio del serafico Padre, fugge ciò che il mondo ricerca, ricercando, al contrario, ciò che il mondo disprezza, e cioè: la povertà lieta, il raccoglimento interiore, la vita trasparente e casta, la penitenza volontaria e la serena sottomissione ai Superiori, che sono i segni manifestativi della volontà di Dio.

Per essere testimone attendibile delle verità eterne in mezzo a questo mondo, il Frate conventuale deve far sua l'esperienza di san Paolo, come del resto tutti i santi, e con essi ripetere: "Noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili eterne" (2Co 4,18). L'asse, perciò, su cui deve rotare tutta la sua vita sono la ricerca di Dio e la preghiera, le quali liberano l'uomo da tutti i condizionamenti terreni, restituendogli la sua vera identità. A tale scopo, san Francesco "trascorreva tutto il suo tempo in santo raccoglimento, per imprimere nel cuore la sapienza; temeva di tornare indietro, se non progrediva sempre. E se a volte urgevano visite di secolari o altre faccende, le troncava più che terminarle, per rifugiarsi di nuovo nella contemplazione. Perché a lui, che si cibava della dolcezza celeste, riusciva insipido il mondo, e le delizie divine lo avevano reso di gusto difficile per i cibi grossolani degli uomini" (2Celano LXI, 94).

Questo mirabile esempio vi sia di continuo sprone a reagire contro alcune tendenze moderne che, nella vita religiosa, vorrebbero far passare in secondo piano il colloquio con Dio, sia esso individuale che comunitario, come pure i riti liturgici e sacramentali, per dare una certa preferenza ad altri scopi orizzontali, i quali, pur essendo in se stessi buoni e degni di essere perseguiti, sono tuttavia sempre dipendenti dal fine primario, quello cioè spirituale, che deve ispirare tutta la vita e l'opera del cristiano e, in particolare, del religioso.


3. Un altro aspetto, che mi sembra costituire parte essenziale del carisma francescano, è la totale e generosa fedeltà alla Chiesa. Si tratta di aderire amorevolmente e saldamente non ad una Chiesa immaginaria, che ciascuno potrebbe concepire e strutturare a suo modo, ma alla Chiesa cattolica, quale essa è, cioè quale Cristo l'ha voluta e istituita con le sue finalità, le sue leggi, i suoi mezzi di salvezza e le sue strutture indispensabili. Ciò che oggi ci si attende dai Figli spirituali di san Francesco è che essi sappiano vivificare dall'interno questa unica e vera Chiesa di Cristo, che la fortifichino e la arricchiscano con la loro piena fedeltà, con la loro assoluta obbedienza: in una parola, con tutte quelle virtù ascetiche che sono proprie della tradizione francescana.

Abbiate sempre davanti agli occhi i grandi problemi che oggi occupano e preoccupano la Chiesa: le vocazioni sacerdotali e religiose, le missioni, la promozione degli umili, dei poveri e dei deboli, la difesa della giustizia e della pace; in altri termini: l'annunzio della "buona novella" ad ogni uomo di buona volontà. Apportate il vostro specifico contributo al raggiungimento di queste grandi mete. Come il vostro serafico Padre, siate anche voi sempre più risplendenti di ardentissimo amore per la "santa madre Chiesa". così facendo, riprodurrete in voi la sua "cara immagine paterna", conformerete la vostra vita alla sua e sarete veri servitori del popolo di Dio, capaci di accendere dappertutto la lampada della speranza, della fiducia e dell'ottimismo, che trova la sua sorgente nel Signore medesimo.

L'Anno Giubilare della Redenzione, tuttora in corso, richiama alla mente lo specifico messaggio di perdono e di riconciliazione che è stato affidato al figli di san Francesco con l'Indulgenza della Porziuncola. E' questo un messaggio di grazia e di misericordia di cui voi stessi siete i primi beneficiari. Fate tesoro perciò soprattutto in questo Giubileo del grande perdono che Francesco impetro da Cristo, mediante l'intercessione della Regina degli Angeli.

Nello spirito dell'Anno Santo, rinnovate in voi l'invocazione umile e gaudiosa della grazia di Dio riconciliante, e prendete sempre più chiara consapevolezza del vostro debito verso di lui, che vi ha offerto "una volta per sempre" (He 9,12) e continuamente vi ripresenta, con immutata bontà, un perdono, al quale nessuno avrebbe diritto, e vi infonde la gioia di vivere in profondità la vostra vita consacrata. Sia anche questo dell'Indulgenza uno dei frutti spirituali del vostro Capitolo generale.


4. Vi assistano, nel concludere i vostri lavori, gli esempi del grande Assisiate e di tutti i santi della tradizione francescana, che hanno onorato la Chiesa. Vi sia di conforto, in particolare, la luminosa e coraggiosa figura di san Massimiliano Maria Kolbe, martire di carità e modello esemplare di vita francescana per il nostro tempo, che io stesso ho avuto la gioia di annoverare tra la schiera celeste dei santi, e la cui "Città dell'Immacolata" ho avuto la gioia di rivedere nel mio recente pellegrinaggio apostolico in Polonia. Sulle sue orme, rifulga sempre davanti al vostri occhi la Vergine santissima Immacolata, la Regina dell'Ordine francescano, e vi disponga ad una sempre più generosa dedizione alle nuove e molteplici attività apostoliche, che vi attendono.

Vi sia anche di sostegno il mio continuo ricordo nella preghiera per il successo delle vostre opere religiose, soprattutto di quelle più impegnative che svolgete in Libano, in Turchia, in Cina e nei territori di missione.

Su tutti noi presenti e su tutti i membri del vostro Ordine scenda ora, propiziatrice di abbondanti grazie celesti, la benedizione apostolica.

Data: 1983-07-09 Data estesa: Sabato 9 Luglio 1983

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La pietà cristiana onora la Vergine come "Arca dell'alleanza"

La pietà cristiana onora la Vergine con l'appellativo di "Arca dell'alleanza", un titolo, che viene da molto lontano.


1. I libri sacri dll'Antico Testamento esprimono di continuo questa gaudiosa certezza: Dio è in mezzo al suo popolo; egli ha scelto Israele come luogo della sua abitazione. La Dimora del Signore fra il popolo di sua elezione è intimamente connessa all'alleanza, che egli volle stabilire al monte Sinai. E' come dire che Dio si rende talmente "alleato", cioè vicino, amico e solidale con l'uomo, da voler essere sempre con noi. Egli medesimo dichiara: "Stabiliro la mia dimora in mezzo a voi e io non vi respingero. Camminero in mezzo a voi, saro vostro Dio e voi sarete il mio popolo".

Appena conclusa l'alleanza alle pendici del Sinai, il popolo, per ordine di Dio, eresse la cosiddetta Tenda di Convegno, all'interno della quale vi era l'arca, chiamata "dell'alleanza": conteneva, infatti, le due tavole, sulle quali erano incisi i dieci comandamenti dati dal Signore a Mosè. L'arca, quale segno sensibile della Presenza di Dio, doveva accompagnare il popolo lungo la sua peregrinazione nel deserto, fino al suo insediamento in Palestina.

Quindi, ad opera di Salomone, fu costruito il Tempio di Gerusalemme.

Entro la parte più segreta di essa, detta "il Santo dei santi", venne riposta l'arca. Era, quello, il luogo più sacro di tutto Israele. Dentro quel recinto, in forma simbolica, abitava il Signore. Per rappresentare questa Dimora di Dio nel seno del suo popolo, il linguaggio religioso dell'Antico Testamento usa frequentemente l'immagine della "nube". Con l'impiego di questo elemento figurativo, i libri sacri parlano di Dio che scende ad abitare sul monte Sinai, nella Tenda di Convegno e nel Tempio di Gerusalemme.


2. Ed eccoci ad un cambiamento inatteso. Quando l'angelo Gabriele reco l'annuncio a Maria, Dio rivelava a questa fanciulla l'intenzione di lasciare la Dimora del Tempio di Gerusalemme, per realizzare un'altra forma di abitazione fra il suo popolo. Egli, cioè, voleva unirsi a noi facendosi uno di noi, prendendo il nostro volto.

Maria, avvolta dalla mistica nube dello Spirito Santo, dà il proprio assenso al progetto di Dio. Da quel momento il suo grembo diviene l'arca della Nuova alleanza, il sacrario santo ove è scesa a dimorare la Presenza incarnata di Dio.


3. Come arca, che porta in sé il Signore fatto carne, Maria è tipo di ogni credente. Infatti ciascuno di noi, quando accoglie la Parola di Dio pronunciando il suo "fiat", fa della propria persona il santuario della inabitazione divina. Ce lo assicura Gesù, che dice: "Se uno mi ama, osserverà le mie parole e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.

(Al termine della preghiera mariana, il Santo Padre ha detto:) Anche oggi, come già domenica scorsa, desidero raccomandare alla vostra preghiera Emanuela Orlandi, della quale anch'io, e noi tutti insieme con gli afflitti familiari, attendiamo con ansia il ritorno. Chi potrebbe restare insensibile di fronte a questa, come ad altre simili prove tanto crudelmente penose? La nostra preghiera, mentre invoca protezione e incolumità per la giovane Emanuela, intende altresi implorare conforto e coraggio per i suoi cari. Ai genitori di Emanuela rinnovo l'espressione della mia partecipazione al loro dramma. Per parte mia, posso assicurare che si sta cercando di fare quanto è umanamente possibile per contribuire alla felice soluzione della dolorosa vicenda.

Voglia Iddio concedere che alla trepidazione di questi giorni faccia seguito finalmente la gioia dell'abbraccio fra la ragazza e i suoi familiari.

(Impartita la benedizione, ha salutato gruppi di varie lingue:) In questo giorno che commemora in modo particolare - come ogni domenica - la gloriosa Risurrezione di Cristo, auguro al cristiani di lingua francese, qui presenti, di aprire largamente i loro cuori alla "vita nuova", che sempre sgorga dalla fede nel Signore Gesù e dalla partecipazione al sacrificio eucaristico, per essere durante la settimana i servitori caritatevoli e coraggiosi dei loro fratelli, soprattutto di coloro che soffrono. Con la mia affettuosa benedizione apostolica! A tutti i pellegrini di lingua inglese qui presenti oggi desidero offrire una parola di benvenuto. Prego affinché la vostra visita a Roma durante questo Anno Santo approfondisca la vostra fede e vi aiuti ad essere fonte di riconciliazione e speranza per coloro che vi circondano. Che Dio benedica voi e le vostre famiglie.

Cari pellegrini di lingua tedesca, ogni volta che noi recitiamo l'"Angelus", ci si presenta agli occhi questo fatto: Dio fa dipendere la sua azione salvifica dal libero consenso dell'uomo. "Avvenga di me secondo la tua parola", ha detto Maria e si è posta liberamente al servizio della Redenzione.

Apriamoci anche noi in generosa libertà a ciò che Dio vuole compiere in noi e attraverso di noi! Sono lieto di salutare anche le numerose persone, famiglie e gruppi di lingua spagnola e portoghese che hanno partecipato a questo incontro spirituale in onore di Maria Santissima. Come frutto del vostro pellegrinaggio al sepolcro dell'apostolo Pietro vi invito ad essere sensibili in ogni momento alle necessità di coloro che soffrono, manifestando così l'amore cristiano. Con i miei migliori auguri per una felice permanenza a Roma, vi benedico di cuore.

Data: 1983-07-10 Data estesa: Domenica 10 Luglio 1983

Arrivo a Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Saluto agli abitanti, agli ospiti e alla natura

Voglio salutare Castel Gandolfo di cui, secondo la tradizione, mi faccio cittadino durante i mesi estivi. Voglio salutare tutta la comunità: quella presente, composta dai cittadini stabili, e anche la comunità degli ospiti. Saluto poi tutte le generazioni, cominciando dai più anziani e passando per gli adulti per arrivare ai giovani, fino ai ragazzi e ai più piccoli. Saluto tutte le vostre case e le vostre famiglie. Saluto cordialmente la vostra parrocchia con la quale vivo in una speciale vicinanza. Infine - poiché ogni corpo deve avere una testa - saluto la testa, il capo di questa comunità: saluto il vostro parroco, ma insieme saluto anche il vostro sindaco che vedo presente sul balcone della casa comunale. Sono grato per la sua accoglienza così come ogni volta che mi presento per essere concittadino di Castel Gandolfo. Saluto poi il vostro Vescovo di Albano. Ma, insieme alla comunità umana, all'ambiente umano, all'ambiente cittadino, vorrei salutare anche l'ambiente della natura che è così bella in questo luogo. Saluto non solamente i giardini di Castel Gandolfo, ma saluto il Lago di Albano e saluto anche i monti. E se non ci permettono di fare passeggiate su questi monti, di camminare su questi monti, ci permettono almeno di guardarli. Per completare, saluto il Centro giovanile Sacra Famiglia di Bordeaux, di Marino, qui presente con uno striscione su cui è scritto: "Tutte di Maria: Come te!".

Carissimi tutti. Vi auguro buone vacanze benché per molti di voi le vacanze saranno tempo di lavoro, per altri tempo di riposo. Per il Papa, vedremo.

Cercheremo di fare le due cose, ma almeno Castel Gandolfo ci porta la promessa di un certo riposo e per questo mi raccomando alle vostre preghiere. Essendo così vicino a voi, mi raccomando specialmente alle preghiere della vostra parrocchia di Castel Gandolfo e della diocesi di Albano.

Per concludere, voglio offrirvi una benedizione per cominciare bene il mio soggiorno in questa città. Cercheremo di stare bene insieme.

Data: 1983-07-09 Data estesa: Sabato 9 Luglio 1983

Al Consiglio ecumenico delle Chiese - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Gli sforzi ecumenici testimoniano il comune desiderio di unità

Al dottor Philip Potter, Segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, "La grazia del Signore Gesù sia con voi!" (1Co 16,23). Mentre i delegati e gli altri partecipanti alla VI assemblea generale del Consiglio ecumenico delle Chiese si riuniscono a Vancouver, desidero darvi assicurazione del mio profondo interesse pastorale e della mia vicinanza nella preghiera.

Sono lieto poiché, per questo incontro importante al servizio del movimento ecumenico, avete deciso che il tema centrale fosse: "Gesù Cristo, vita del mondo". Nel far ciò vi siete rivolti ai cristiani di tutto il mondo, a tutti coloro che confessano la loro fede in Gesù Cristo, nella convinzione che "in nessun altro c'è salvezza; non vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12). Voi avete dichiarato la nostra comune fede che Gesù è il Salvatore crocifisso, il Redentore di tutti, il Signore della vita che fu "costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti" (Rm 1,4), il Cristo risorto la cui uguaglianza a noi in tutto, tranne che nel peccato, ha fermamente confermato la dignità e il valore di ogni essere umano.

Gli sforzi ecumenici come questo rendono testimonianza al desiderio sempre crescente dei cristiani d'oggi che si compia la preghiera di Cristo: "Che siano una cosa sola" (Jn 17,22). Questo compito urgente che ancora incontra molte difficoltà, rappresenta davvero una sfida dalle mille sfaccettature. Richiede obbedienza alla volontà di Dio e cooperazione con la sua grazia. Richiede perseveranza nella fede e incrollabile speranza. Soprattutto, ci esorta alla preghiera costante e a una continua conversione.

Nelle mie visite pastorali alle Chiese cattoliche in varie parti del mondo ho incontrato con particolare piacere i rappresentanti di alcune Chiese che fanno parte del Consiglio ecumenico delle Chiese. Molti sono anche venuti a Roma per promuovere i nostri comuni sforzi che hanno come scopo il dialogo e la comprensione reciproca. Tali contatti hanno fatto progredire la causa dell'unità dei cristiani, e io confido che il raduno di questi giorni a Vancouver porti ad un ulteriore progresso verso questo traguardo che noi tutti desideriamo.

Su tutti i partecipanti alla sesta assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese, invoco la saggezza, la luce e la pace dello Spirito Santo. Con le parole di san Paolo dico: "Il mio amore sia con tutti voi in Cristo Gesù" (1Co


16,24).

Data: 1983-07-12 Data estesa: Martedi 12 Luglio 1983



Ai dipendenti delle ville pontificie - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La nostra vita sia presa dalla presenza e dalla parola del Signore

Cari fratelli e sorelle!


1. Sono lieto della vostra odierna presenza attorno alla Mensa eucaristica, che tutti ci unisce in un solo vincolo di fede. Era giusto che ci raccogliessimo insieme per la celebrazione di una Santa Messa, realizzando e confermando una vicendevole comunione, che, da parte vostra, comporta certamente quei sentimenti di devozione e di adesione alla Chiesa e al Papa, che animano il vostro lavoro, e che, da parte mia, è segno di stima e di riconoscenza per tutti voi, cari dipendenti delle Ville pontificie. Saluto voi e i vostri familiari, e vi esprimo il mio vivo apprezzamento per quanto voi fate giorno per giorno, secondo le vostre rispettive occupazioni, in questo soggiorno estivo del Vescovo di Roma.

Vorrei pero subito aggiungere che l'espletamento delle vostre mansioni non è cosa soltanto terrena. Se san Paolo ammonisce i cristiani di fare "tutto per la gloria di Dio" (1Co 10,31), ciò vale anche per voi. Il cristiano dev'essere tale sempre, in ogni occasione, in ogni lavoro, qualunque attività svolga.

Dappertutto egli deve portare il fermento e lo stimolo della propria fede. Per questo motivo, anche la vostra vita va posta sotto la guida della Parola di Dio, e alla sua luce sempre deve svilupparsi e maturare.

Del resto, la Liturgia della Parola dell'odierna domenica ci invita proprio a prestare particolare attenzione a questa componente essenziale della nostra identità cristiana.


2. Abbiamo sentito leggere dal Vangelo secondo Luca il noto e istruttivo episodio delle due sorelle, Marta e Maria, che un giorno accolsero Gesù a casa loro. L'una, Marta, "era tutta presa da molti servizi" (Lc 10,40), al punto da trascurare quasi la presenza pur così vicina del Maestro: un esempio di eccessiva generosità, che bada più alle attività esteriori, che non a rendersi sensibili al significato trasformante di colui, che è presente per farsi ascoltare e mettere in questione ciascuno di noi.

Maria, invece, "sedutasi al piedi di Gesù, ascoltava la sua parola" (Lc


10,30). Ed è proprio questo atteggiamento, addirittura opposto al precedente, che riceve l'elogio di Gesù. In Maria, infatti, è personificato il discepolo attento e vigile: non tanto quello che è vigile su di sé, il che sarebbe ancora una forma di ripiegamento sulla propria personalità, quanto quello che è tutto preso dalla presenza e dalla parola del Signore, fino al punto da dimenticare se stesso. Il vero discepolo, infatti, non pensa a sé, ma subito e innanzitutto si rivolge al suo Maestro ed è come trasportato verso di lui, secondo un movimento che quasi lo fa uscire da se stesso; soggiogato dalla sua parola, egli fa parte di coloro, che Gesù proclama "beati", perché "ascoltano la parola di Dio e la osservano" (Lc


11,28).

Ecco perché Gesù ammonisce amabilmente Marta: "Una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta" (Lc


10,42). Questa frase va intesa a un doppio livello: da una parte, essa allude alla richiesta di una sobrietà della mensa, che Gesù in quell'occasione non voleva fosse imbandita in maniera eccedente; dall'altra, egli opera il trapasso a un significato più profondo, concernente la vita spirituale: anche in questo ambito non è affatto necessario, anzi può essere pericoloso, disperdersi in vari tentativi e cercare da troppe parti l'ispirazione unificante della propria vita interiore. "Una sola è la cosa di cui c'è bisogno", ed è l'atteggiamento di Maria, fatto di ascolto della parola di Gesù, avendo gli occhi e il cuore rivolti verso di lui, non solo attenti ma disponibili a quanto egli dice. Come prega il salmista: "A te, Signore mio Dio, sono rivolti i miei occhi; in te mi rifugio, proteggi la mia vita" (Ps 141,8).


3. Cari fratelli e sorelle! Cerchiamo di portare nella nostra vita di tutti i giorni questa lezione del Vangelo di Luca. Che nessun'altra parola, da qualunque parte venga, ci distragga dalla nostra adesione di fede e di amore al Signore Gesù. Attingiamo dalla sua voce la forza necessaria per affrontare e superare tutte le difficoltà, che si frappongono sul nostro cammino. Per fare ciò accogliamolo a casa nostra, come fecero appunto Marta e Maria, e riconosciamogli il posto d'onore che gli spetta. Dalla sua presenza e dalla nostra disponibilità nasce e si rafforza il senso della nostra esistenza, e deriva la gioia che sempre occorre per rendere più leggero il percorso della vita.

E io sono lieto di assicurarvi un particolare ricordo nella preghiera per tutte le vostre necessità, e soprattutto per le vostre famiglie, mentre di cuore, al termine di questa Santa Messa, vi impartiro la benedizione, propiziatrice di copiosi favori celesti su di voi e su quanti vi sono cari.

Data: 1983-07-17 Data estesa: Domenica 17 Luglio 1983

Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Solidarietà e aiuto al popolo libanese




1. "Quanto egli vi dirà, fatelo". Con queste parole la Madre di Gesù, presente alle nozze che si celebravano un giorno a Cana di Galilea, suggeriva ai servi del banchetto di eseguire ciò che avesse loro ordinato Gesù.

La spiritualità dell'Antico Testamento può metterci sulla strada per individuare l'origine remota di questa esortazione di Maria. Al Monte Sinai, infatti, il Signore, mediante Mosè, invito il popolo di Israele ad entrare nella sua alleanza. In risposta all'offerta divina, tutto il popolo esclamo ad una sola voce: "Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo".

Si può affermare che ogni generazione del popolo eletto abbia fatto memoria di quella pronta dichiarazione di obbedienza, pronunciata "nel giorno dell'assemblea", ai piedi del Sinai. Ripensando ad essa, Israele amava ritrovare la freschezza del primo amore. Difatti il contenuto della stessa frase era ripetuto puntualmente ogni volta che il popolo, guidato dai suoi capi, rinnovava gli obblighi dell'alleanza sinaitica, lungo la storia dell'Antico Testamento.


2. Ora - commentava il mio venerato predecessore Paolo VI, nella sua esortazione apostolica "Marialis Cultus" - le parole che la Vergine rivolse ai servitori delle nozze di Cana, si direbbero "...in apparenza, limitate al desiderio di porre rimedio ad un disagio conviviale, ma, nella prospettiva del quarto Evangelo, sono come una voce in cui sembra riecheggiare la formula usata dal popolo di Israele per sancire l'alleanza sinaitica, o per rinnovare gli impegni, e sono anche una voce che mirabilmente si accorda con quella del Padre nella teofania del monte Tabor: "Ascoltatelo!"".

Oggi, i servi delle nozze siamo noi, cari fratelli e sorelle. La Vergine non cessa di ripetere a ciascuno di noi, suoi figli e figlie, ciò che disse a Cana. Quell'avviso si potrebbe chiamare il suo testamento spirituale. E', infatti, l'ultima parola che i Vangeli ci hanno consegnato di lei, Madre Santa.

Raccogliamola e custodiamola nel cuore!


3. Oggi il mio pensiero si rivolge, ancora una volta, alla regione del Medio Oriente, e in particolare al Libano, dove la contrapposizione di gruppi armati e l'occupazione di vaste aree da parte di truppe straniere continuano a provocare inquietudini, distruzioni e vittime, rinviando senza ragionevoli previsioni il sospirato giorno della pace. Crescenti resistenze e difficoltà sembrano aver reso inutili gli sforzi finora compiuti per raggiungere un'intesa globale, alla quale si era guardato con rinascente speranza.

La popolazione libanese, scoraggiata e stremata da delusioni e sofferenze, rivolge, con me, il suo appello alla solidarietà e all'aiuto dei Paesi amanti della pace e invoca che tutte le parti responsabili diano prova di buona volontà, consentendo che le energie nazionali si dedichino alla rinascita del Paese, finalmente libero da interferenze esterne, rispettato nella sua sovranità e dignità.

Vi invito a pregare con me il Signore, perché il popolo libanese e i suoi governanti perseverino con moltiplicato impegno nella ricerca della riconciliazione e dell'intesa nazionale, e i Paesi vicini e tutte le parti interessate cooperino con lealtà a restituire al Libano la libertà di decidere i propri destini. Li aiuti l'intercessione della Vergine Santissima, Signora del Libano.

(Al termine della preghiera mariana, il Papa ha così proseguito:) Ancora una volta vi invito ad unirvi con me nella preghiera per Emanuela Orlandi, circa la cui sorte il passare dei giorni non ha recato, purtroppo, alcuna schiarita. Con intima partecipazione mi faccio eco della trepidazione dei genitori: non si prolunghi ulteriormente lo sconvolgente dolore di una famiglia, che null'altro chiede se non di poterla riabbracciare. Con voi supplico Dio perché la pace e la gioia possano ritornare in una casa sulla quale da troppi giorni ormai grava una tragedia tanto dolorosa.

(Prima di congedarsi, ha rivolto i saluti a vari gruppi presenti:) Ai pellegrini francesi e francofoni rivolgo un saluto cordiale e un invito - riecheggiando la preghiera dell'Angelus - ad entrare nella spiritualità dell'alleanza con Dio. Questa alleanza riposa sempre sulla Parola del Signore e sulla risposta positiva che ogni persona umana desidera darle nel suo cuore e nella vita concreta. Maria ha vissuto intensamente questa alleanza. Si comprende dunque meglio la sua esortazione ai servi delle nozze di Cana: "Fate ciò che Gesù vi dirà". Vi auguro la grazia di accogliere con tutto il cuore la Parola e la Vita di Cristo. Con la mia benedizione apostolica.

Rivolgo il mio saluto cordiale a tutti i pellegrini di lingua inglese che sono oggi presenti alla recita dell'Angelus. Offrendo questa preghiera in onore di Maria, vi invito a imitare il suo esempio di obbedienza e di fede.

Ascoltiamo attentamente la Parola di Dio e sforziamoci di metterla in pratica.

"Quanto il Signore ha detto, noi faremo". così disse il popolo d'Israele sul Sinai e così venne ripetuto in seguito. "Quanto egli vi dirà, fatelo", così parlo Maria alle nozze di Cana. Sono le sue ultime parole che gli Evangelisti riferiscono, quasi il suo Testamento. Tutta la storia del suo popolo ce le trasmette sempre di nuovo. Siamo anche noi veri israeliti ed esprimiamoci anche noi secondo le parole e l'esempio di Maria: "Signore, sia fatto di me secondo la tua parola!". Con questo augurio saluto tutti i pellegrini di lingua tedesca, tra i quali ricordo i pellegrini di Vechta nella diocesi di Munster. Con particolare affetto saluto ora i numerosi gruppi, famiglie e persone di lingua spagnola che sono venuti per unirsi a questo appuntamento di preghiera.

Grazie per la vostra presenza! Come ricordo di questa visita, vi incoraggio ad essere fedeli al Signore. Che la devozione alla Madre di Gesù e Madre nostra aumenti la vostra saldezza nel cammino della vita cristiana. A voi e ai vostri cari imparto la mia cordiale benedizione.

Saluto i fratelli e le sorelle di lingua portoghese, con affetto nel Signore, indirizzando a tutti, singoli e gruppi, le parole di Nostra Signora, riferite a Cristo: "Quanto egli vi dirà, fatelo". In particolare, saluto i Missionari riparatori del Sacro Cuore di Gesù, qui presenti, per celebrare il centenario della nascita del loro Fondatore, Don Moisés Alves de Pinho, che fu un grande missionario in Angola. Siate fedeli all'ideale della Congregazione, nella fedeltà a Cristo Redentore. Benedico tutti cordialmente, con voti di grazia e di pace.

Rivolgo infine un cordiale saluto a tutti gli abitanti di Castel Gandolfo, ai romani e alle associazioni e gruppi parrochiali italiani, presenti qui e nella Piazza San Pietro a Roma.

Data: 1983-07-17 Data estesa: Domenica 17 Luglio 1983



Al Cardinale Roger Etchegaray - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per il centenario dell'evangelizzazione del Congo

Venerabile fratello, a lei il mio saluto e la benedizione apostolica. La Chiesa del Congo, che tre anni fa visitai durante il mio viaggio pastorale in Africa, con l'intento di manifestarle il mio amore e la mia devozione, il prossimo 28 agosto celebrerà il centenario dell'inizio dell'evangelizzazione del Paese. Di questo evento io sono lietissimo, dal momento che Dio a nessun popolo concede una grazia più grande dell'evangelizzazione, con la quale gli uomini sono chiamati alla salvezza, e non vi è nessuna gioia più grande per la Chiesa cattolica, poiché mediante la predicazione del Vangelo si compie e appare ogni giorno più evidente la sua natura universale di Madre, e il voto e il comandamento di Cristo è portato al suo compimento: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15). Inoltre so la speranza che da queste celebrazioni si propagherà più ampiamente il nome cristiano, dato che la comunità cattolica del Congo è veramente un granello di senape che sta tramutandosi in albero e sta diventando un immenso fermento.

Gli stessi Vescovi del Congo del resto si adoperano con tutte le loro forze per preparare questo evento nel modo migliore possibile, sia esortando i fedeli alle preghiere e alla conversione, sia istruendoli nella catechesi, sia soprattutto preponendo a tale evento la celebrazione del Congresso eucaristico nazionale, che si terrà nel prossimo mese di agosto, dal 24 al 2


GPII 1983 Insegnamenti - Al Capitolo generale dei Conventuali - Città del Vaticano (Roma)