GPII 1983 Insegnamenti - Ai partecipanti a un Congresso medico - Città del Vaticano (Roma)

Ai partecipanti a un Congresso medico - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Scienza e coscienza presupposti di efficace medicina dei disastri




1. Sono lieto di questo incontro che mi offre l'occasione di un cordiale saluto a voi, illustri Signori, convenuti a Roma per partecipare al terzo Congresso mondiale sull'emergenza e la medicina dei disastri. Saluto, in particolare, insieme con Monsignor Fiorenzo Angelini, il Professor Corrado Manni, Presidente del Congresso e della Società internazionale della medicina dei disastri, al quale sono grato per le parole che, a nome di tutti, mi ha rivolto, illustrando la natura del Convegno e le finalità da esso perseguite.

La Società internazionale della medicina dei disastri ha come suo scopo di promuovere e coordinare, sul piano internazionale, unitamente ad altri benemeriti organismi, un programma operativo comune in vista di un impiego ottimale dei mezzi e dei metodi di soccorso sanitario. Essa si propone altresi di incoraggiare le ricerche relative al trattamento dei feriti di massa. La medicina delle catastrofi, infatti, è medicina destinata a collettività di colpiti e, come tale, comporta criteri, strumenti, metodi, sia di prevenzione che di intervento, del tutto particolari.

E' ben comprensibile che la Chiesa guardi con interesse ad un settore dell'assistenza così complesso e importante. Essa, che nella sollecitudine di Cristo verso i malati (cfr. Mt 9,35) vede l'esempio normativo della propria condotta, ha sempre riservato speciale attenzione alle persone provate dalla sofferenza. V'è forse da meravigliarsi che questa attenzione si faccia, se possibile, anche più intensa e partecipe, quando la prova si abbatte su intere collettività, come anche di recente è avvenuto in Italia e in altre parti del mondo? In questo senso, perciò, nella medicina dei disastri la Chiesa riconosce e apprezza l'estensione e la sempre più intensa "coscientizzazione" del dovere primario ed urgente di assistere chi soffre.


2. Lo sviluppo tecnologico del nostro tempo non ha portato con sé aspetti soltanto positivi: noi siamo non di rado testimoni e vittime di catastrofi provocate o aggravate dall'intervento stesso dell'uomo che oggi dispone di mezzi di inaudita potenza distruttiva. Ed è così che, alle cosiddette catastrofi naturali, si accompagnano disastri provocati dall'uomo. La tecnologia moderna offre, pero, anche possibilità straordinarie di soccorso. A tali possibilità si rivolge la medicina dei disastri, la quale è chiamata a studiare cause ed effetti delle catastrofi, a coinvolgere e applicare esperienze confermatesi valide, a ipotizzare tecniche sempre più aggiornate.

Senza dubbio, un grave limite all'intervento della medicina dei disastri è segnato dall'entità della catastrofe: ove questa, infatti, lasci una zona periferica del disastro intatta e accessibile, l'intervento della medicina appropriata sarà più agevole ed efficace. Tuttavia, essendo l'emergenza il segno e la prerogativa della medicina dei disastri, questa non dovrà mai arrendersi, quali che siano i limiti di spazio, di personale, di mezzi disponibili.

Tecniche elementari, anche antiche, possono confermarsi decisive, se tempestivamente approntate, razionalmente applicate e, soprattutto, se capaci di coinvolgere ordinatamente il maggior numero di forze idonee, sebbene le circostanze straordinarie trovino per lo più impreparati gli stessi organismi addetti ad affrontarle, e occorra far fronte alle esigenze con intelligenza, rapidità e idoneità di rimedi.

Le più recenti catastrofi naturali, inoltre, hanno anche messo in luce l'urgenza di una politica del territorio, della quale la medicina dei disastri deve farsi promotrice, proprio perché tale politica rientra in quella prevenzione, che è uno dei compiti della stessa medicina dei disastri. La prevenzione consente infatti, in questo campo, maggiore partecipazione e, nello stesso tempo, svolge un'opera di sensibilizzazione generalizzata, che è preziosa premessa di difesa dell'uomo e della collettività.

Vi è poi un altro aspetto, del quale la medicina dei disastri deve farsi carico. La catastrofe provoca sovente una spiacevole tensione tra la generosità dell'intervento e la sua razionale applicazione, elementi indispensabili che possono pero nuocersi a vicenda a causa dello sconcerto che la catastrofe induce.

Ecco perché la medicina dei disastri esige vigile coordinamento delle forze, intelligente e pragmatica utilizzazione delle risorse, lucida visione delle priorità. Sempre, quando vi è sproporzione tra male da sanare e mezzi disponibili per affrontarlo, si deve avere chiara la consapevolezza di ciò che è irrinunciabile.


3. La Società internazionale della medicina dei disastri è una organizzazione mondiale. Non è chi non veda quali vantaggi offra, a livello operativo, una cooperazione sempre più generosa di tutte le forze esistenti. Di qui l'urgenza di un potenziamento delle organizzazioni nazionali e internazionali, che operano per la mutua assistenza. A tale riguardo molto occorre fare per superare barriere ideologiche, pregiudizi politici, interessi commerciali occulti o palesi. Dove il dolore ci ricorda l'eguaglianza sostanziale della condizione umana, l'istanza dell'aiuto reciproco deve poter prevalere, trasformandosi in elemento aggregante e capace di far maturare nuove solidarietà.

In particolare, sarà necessario impegnarsi sul piano della prevenzione.

Si hanno infatti catastrofi cicliche che sembrano colpire con puntuale e drammatica periodicità determinate aree geografiche della terra, ed è inoltre storicamente dimostrato che i popoli più deboli sono quelli maggiormente esposti, così che la loro implorazione di aiuto è un dato costante, che non può essere incolpevolmente ignorato. L'appello va dunque ai paesi più abbienti, alle organizzazioni internazionali, alle grandi industrie, a chi dispone di mezzi maggiori. Gli obiettivi economici non possono essere esclusivi.

Il compito della medicina dei disastri risponde a un bisogno sempre più avvertito dell'umanità. Il progresso del nostro tempo consente di rispondervi in forme più tempestive ed efficaci. Non potranno dirsi capaci di autentico progresso gli uomini o le società che trascurino di disporre le opportune difese dalle calamità che, fatalmente o per loro colpa, li affliggono.


4. Essendo l'uomo insieme corpo e spirito, appare infine molto chiaramente quale importante contributo possa dare, anche nel vostro campo, la fede, sia a livello di sensibilizzazione che sul piano stesso degli interventi.

Le catastrofi presentano sempre ferite sanabili e ferite insanabili. Le une e le altre coinvolgono non soltanto chi è direttamente colpito, ma la sua famiglia, l'ambiente, i mezzi, ogni cosa. Il disastro colpisce le sue vittime fino alle più profonde radici dell'animo, e non stupisce se, tra quanti le subiscono, si manifesta più vivo il bisogno di appellarsi a Dio, come a supremo rifugio nelle situazioni di estrema difficoltà.

La medicina dei disastri, a cui spetta il più urgente, massiccio intervento, non può ignorare questo aspetto, ma deve aprirsi alla collaborazione con quanti, pur consapevoli di non poter sanare interamente le ferite indotte dalla catastrofe, cercano di alleviarle col conforto della fede, col richiamo alla vita eterna e alla speranza che va oltre la morte. Tale collaborazione - come i fatti dimostrano - può rivelarsi preziosa. Scienza e coscienza, mezzi materiali e risorse dello spirito sono presupposti irrinunciabili di una efficace medicina dei disastri, che voglia tener conto dell'intera verità dell'essere umano.

Nell'auspicare, illustri Signori, che questa moderna branca della medicina possa conoscere una crescente affermazione quale una delle più nobili espressioni dell'odierno progresso umano e civile, invoco su di voi e sulla vostra attività la costante assistenza divina e di cuore vi benedico.

Data: 1983-05-28 Data estesa: Sabato 28 Maggio 1983

Alla Pontificia Accademia Ecclesiastica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella missione del Sacerdote anche la diplomazia e l'apostolato

Monsignor Presidente, Sacerdoti dell'Accademia Ecclesiastica.


1. La gioia di questo incontro, che si rinnova fedelmente ogni anno, assume questa volta un timbro ed un'intensità particolari. Esso, infatti, avviene nella vostra Casa, nella sede di questo esimio Istituto che in tanti anni dalla sua fondazione ha preparato Sacerdoti idonei al servizio della Santa Sede, sia nella Segreteria di Stato, sia nelle Rappresentanze Pontificie, disseminate nelle diverse Nazioni del mondo.

Al vostro desiderio di ricevere dal Papa, alla fine dell'anno accademico, una parola di incoraggiamento e di direttiva, ho voluto corrispondere con la mia visita, anche per sottolineare la cordialità dell'incontro e poter meglio intuire, al di là dei vostri volti giovanili, il vostro determinato proposito di consacrare la vita, con serio impegno, alla causa di Cristo e della Chiesa.

Mi e caro rivolgere, anzitutto, un particolare pensiero di saluto e di gratitudine al Presidente, Monsignor Cesare Zacchi. Sono lieto inoltre di vedervi numerosi e so che alcuni di voi sono in procinto di lasciare Roma - centro della cattolicità, a cui dovrà continuamente fare riferimento il vostro servizio - per raggiungere le Rappresentanze ove iniziare il nuovo lavoro. A questi cari Sacerdoti in partenza va il mio augurio sincero di un apostolato fecondo e benedetto.


2. In questo incontro familiare, non è mio intendimento ricordare il passato illustre di questa Accademia, né delineare di essa la compiuta fisionomia nel contesto delle molteplici scuole superiori ecclesiastiche. Tuttavia, non posso tralasciare di far cenno alle finalità e all'importanza dell'Istituzione di cui fate parte.

Essa vuol essere ed è realmente un cenacolo di preghiera, di studio, di riflessione, dove sia facile per voi approfondire sempre più il valore della vostra vocazione sacerdotale e il senso di quel servizio speciale a cui siete destinati. La diplomazia ecclesiastica ha lo scopo, come ogni altro ministero sacerdotale, di estendere il Regno di Cristo, di servire la Chiesa e quindi il vero bene soprannaturale e terreno dell'uomo.

Pensando appunto alla natura del vostro servizio, mi si presenta dinanzi la gigantesca figura del Papa Gregorio VII, di cui abbiamo celebrato la festa liturgica alcuni giorni or sono. Prima della sua elezione alla Cattedra di Pietro, egli rese segnalati servizi ai Pontefici suoi predecessori, con ambasciate presso popoli e sovrani, per assecondare l'opera di riforma della Chiesa e di autonomia da poteri esterni, opera che egli stesso continuo poi strenuamente per dodici anni, una volta divenuto Papa.

E' significativo al riguardo degli intendimenti che presiedettero al disegno apostolico di quel grande Pontefice, quanto egli scrisse alla cristianità dal suo esilio di Salerno: "Summopere procuravi ut Sancta Ecclesia, sponsa Dei, domina et mater nostra, ad proprium rediens decus, libera et casta et catholica permaneret" (PL 148, 709). Sono parole ben note che hanno tutto il vigore di un messaggio-testamento. Con esse, Gregorio VII attesta di non aver avuto altro scopo nell'esercizio del suo ministero che di servire la Chiesa, di renderla sempre più perfetta nei suoi uomini e nelle sue strutture, di dilatarne la missione nel mondo intero.


3. Cari Sacerdoti, ho voluto prendere ispirazione da un ideale tanto eccelso, ripresentato in questi giorni dalla Sacra Liturgia, per stimolare ogni vostra energia nel compito di promuovere la missione salvifica della Chiesa, realizzando anzitutto in voi stessi, che ne siete membri privilegiati, una sempre maggiore libertà interiore, evocando al tempo stesso un anelito profondo di perfezione personale e insieme l'ansia vivissima del missionario.

Si tratta di entrare sempre più a fondo nel Mistero della Chiesa, nella ricchezza di quella vita soprannaturale di cui essa è dispensatrice, nel suo ministero destinato alla salvezza integrale dell'uomo. Ogni uomo costituisce il cammino della Chiesa, e con ogni uomo di buona volontà essa vuole intraprendere un dialogo franco e sincero per renderlo consapevole della sua dignità di figlio di Dio, redento da Cristo, fratello tra fratelli nel suo Corpo Mistico.


4. Voi avete potuto seguire corsi specializzati di cultura teologica, canonica e sociologica; avete esercitato il ministero attivo e responsabile nelle parrocchie delle vostre diocesi e in Roma; avete frequentato varie categorie di persone; conoscete insomma largamente qual è l'attesa della società moderna e quali sono le esigenze del mondo attuale circa la Chiesa e la fede cristiana.

Indubbiamente, l'uomo di oggi avverte l'ansia religiosa e ha bisogno di chiarezza circa le verità trascendenti ed eterne; percepisce inoltre sempre più che né la scienza con le sue conquiste, né il progresso sociale col suo benessere possono soddisfare l'anelito di felicità e di pace che lo agita.

Ecco, allora, delinearsi in modo luminoso la missione del sacerdote cattolico: egli con la sua parola, il suo esempio e il suo ministero deve portare la risposta alla domanda che travaglia l'uomo; sviluppare questa propensione religiosa in incontro personale con Dio, con Cristo e con la Chiesa; far sentire e far capire che per la "sete" di verità, di innocenza, di salvezza e di pace, esiste "l'acqua viva" della rivelazione, della grazia, del perdono, dell'amore divino. In tale sublime prospettiva, anche la "diplomazia" è apostolato!


5. Nello svolgimento di un lavoro così esaltante, voi non siete soli, ma siete con Gesù e a lui uniti come il tralcio alla vite (cfr. Jn 15,2). Partecipate della sua missione, la quale otterrà in voi la pienezza dei frutti, se rimarrete nel suo amore (cfr. Jn 15,9), cioè, fedeli alla sua chiamata. La vostra vocazione, infatti, è sua iniziativa: egli vi ha scelti perché portiate frutto e perché il vostro frutto rimanga (Jn 15,16). A questo scopo, Gesù vi ha aperto il suo cuore, come a veri amici e attende da voi una risposta umile, ubbidiente, fedele.

Vi seguo tutti con particolare cura sia in questo periodo tanto prezioso della vostra formazione, sia nei vostri primi passi al servizio della Sede apostolica, chiedendo al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, in questa vigilia della festa della Trinità Santissima, la pienezza confortante dei doni celesti. A Maria, Madre della Chiesa e Madre dei Sacerdoti, venerata dagli alunni dell'Accademia sotto il titolo di "Madonna del Buon Consiglio" e perciò particolarmente invocata quale "Virgo Prudentissima", "Speculum Iustitiae", "Sedes Sapientiae", affido il terreno delle anime vostre. Ella sappia trarre da esso, mediante la vostra docile corrispondenza, abbondanti frutti di santità e di giustizia, di illuminata sapienza e di prudente operosità, per il decoro della Sede apostolica e per il bene delle anime.

Di gran cuore, tutti vi benedico.

Data: 1983-05-28 Data estesa: Sabato 28 Maggio 1983

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Santo Padre celebra a Lourdes la solennità dell'Assunzione




1. "Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo!". In questa domenica la liturgia ci fa meditare sulla Verità centrale del Cristianesimo: la Santissima Trinità. Gesù ci ha rivelato i segreti della vita divina e la sua manifestazione nel mondo, annunziando che il Dio unico è in tre Persone uguali e distinte: il Padre, creatore del cielo e della terra; il Figlio, che s'incarna per la salvezza dell'uomo; e lo Spirito Santo, che procede dal Padre e dal Figlio, per edificare la Chiesa e compiere ogni opera di santificazione.


2. Nel presente incontro di preghiera, vogliamo unire l'adorazione di questo Mistero con la venerazione a quella creatura, a cui più di ogni altra è stato concesso di conoscerlo e di averne - potremmo dire - un'intima esperienza: Maria, la Madre di Dio. Specialissima infatti e unica è la comunione della Vergine con le Tre Divine Persone: resa feconda dallo Spirito Santo, ella è Madre del Verbo incarnato, per cui il suo figlio è lo stesso Figlio del Padre. Chi dunque più di lei è vicina alla Santissima Trinità? Quale creatura, più di lei, può aiutarci a conoscerla e ad amarla? Se la Chiesa, come dice il Concilio Vaticano II, è "un popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (LG 4), e Maria è Madre della Chiesa, ciò significa che è solo mediante la sua materna intercessione che possiamo sempre meglio comprendere come lo Spirito Santo costituisca, conservi e perfezioni l'unità della Chiesa, conducendola, nella storia, alla pienezza della verità.

La Vergine Santa è la dimora eletta della Santissima Trinità, il tempio dove abita la sua gloria (cfr. Ps 26,8). E' lei che ci ottiene dal suo Figlio di essere anche noi tempio di Dio, abitati e mossi dallo Spirito del Signore (cfr. 1Co 3,16). E' grazie alla sua preghiera che la Chiesa cresce "ben ordinata per essere tempio santo nel Signore, (Ep 2,21).


3. Domenica scorsa ebbi la gioia di recitare la preghiera mariana di mezzogiorno a Milano, dal balcone del Duomo. Desidero rinnovare oggi il mio ringraziamento all'amatissima città di Milano per la calorosa accoglienza. Ringrazio di cuore il Cardinale Arcivescovo e quanti con lui hanno collaborato nell'organizzare il Congresso Eucaristico Nazionale e la mia visita pastorale; ringrazio le autorità civili ed esprimo la mia riconoscenza a tutti i milanesi, assicurandoli del mio affetto e del mio apprezzamento.

Il pensiero dell'Eucaristia è stato presente in ogni incontro non solo perché in essa è iscritto quanto di più profondo ha la vita di ogni uomo, ma anche perché la mia visita ha avuto come scopo soprattutto di unirmi con i fedeli nell'adorazione del Santissimo Sacramento in quel "Cenacolo", a conclusione del Congresso Eucaristico. Auspico che l'Eucaristia sia sempre il cuore della Chiesa milanese, come dell'intera Chiesa, e il centro di ogni esistenza cristiana.


4. Ricordo con commozione e compiacimento il pellegrinaggio apostolico in Gran Bretagna, il quale si svolse un anno fa, dal 28 maggio al 2 giugno: è stato un viaggio eminentemente pastorale, durante il quale ho avuto vari incontri ecclesiali. Ho avuto la gioia di amministrare anche alcuni sacramenti e di essere messaggero di pace, proclamando un annuncio di riconciliazione e di amore.

In ciascuna delle regioni della Gran Bretagna ho avuto altresi indimenticabili incontri ecumenici con i fratelli appartenenti ad altre Comunità cristiane, pregando con loro, in particolare nella Cattedrale di Canterbury con l'Arcivescovo Runcie e con i Rappresentanti della Comunione Anglicana.

Rinnovo oggi il saluto e l'augurio, che ho espresso nel mio commiato dalla Gran Bretagna: "A tutto il popolo d'Inghilterra, di Scozia e del Galles, dico: Dio vi benedica tutti! Vi faccia strumenti della sua pace, e possa la pace di Cristo regnare nei vostri cuori e nelle vostre case!".

Annuncio di un nuovo pellegrinaggio e saluto a vari gruppi In questa ultima domenica del mese di maggio, desidero comunicarvi che, accogliendo l'invito rivoltomi dal Vescovo di Tarbes e Lourdes e dal Presidente della Conferenza Episcopale francese, ho intenzione di recarmi pellegrino a Lourdes il 15 agosto prossimo, per celebrare davanti alla grotta di Massabielles la solennità dell'Assunzione della Madonna al cielo. Come sapete, questo pellegrinaggio era già in programma per il mese di luglio del 1981, in occasione del Congresso Eucaristico Internazionale che si svolse in quella città. Sono ora lieto che esso possa compiersi nel corso dell'Anno Giubilare della Redenzione, perché intendo pregare la Madonna - lei, che fu in modo speciale associata a Cristo nel mistero della Redenzione del mondo - di essere per ogni uomo il cammino che conduce al suo Figlio Divino.

Giovedi prossimo la Chiesa celebra la solennità liturgica del Corpus Domini. E' una ricorrenza che deve servire ad approfondire e anche a manifestare la nostra fede e il nostro amore a Cristo, pane spezzato per la vita degli uomini.

Nel pomeriggio di giovedi celebrero la Messa davanti alla Basilica di San Giovanni in Laterano e presiedero alla processione eucaristica che si concluderà a Santa Maria Maggiore. La diocesi di Roma, in preparazione, ha organizzato anche una veglia eucaristica di adorazione in tutte le parrocchie per la sera della vigilia, mercoledi. Benedico di cuore quanti si uniranno a queste celebrazioni in onore a Cristo presente nell'Eucaristia.

Saluto con viva cordialità i vari gruppi di lingua italiana presenti a questo incontro; e rivolgo un affettuoso pensiero a quanti sono venuti a Roma per partecipare questa sera, nella Basilica Vaticana, alla solenne cerimonia, durante la quale conferiro il sacramento della Confermazione. In particolare, rivolgo il mio saluto alle famiglie di Comunione e Liberazione provenienti da Torino. Vi auguro di cuore, cari fratelli e sorelle, che sappiate dare sempre una generosa testimonianza di vita, inserita e radicata in Cristo, condividendo quotidianamente le ansie e le sofferenze di tante famiglie provate dal bisogno e dalla malattia.

Il Signore confermi con la sua grazia i vostri propositi e i vostri ideali.

Saluto poi i Motociclisti europei, qui convenuti a conclusione del Quarto raduno Città Eterna, organizzato dal Moto Club Roma. Carissimi, il vostro correre sulle strade del mondo vi ricordi sempre che il cristiano è chiamato a perseguire, con tenacia e fiducia, nelle vie per le quali la vita conduce, quel traguardo che è l'incontro con Cristo Signore: il solo capace di dare, in premio, la gioia che il cuore dell'uomo tanto desidera. Vi accompagni la mia benedizione.

A tutti, buona domenica!

Data: 1983-05-29 Data estesa: Domenica 29 Maggio 1983

Per l'amministrazione della Confermazione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Trinità, mistero d'amore

"O Signore nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra" (Ps 8,2).


1. Cari fratelli e sorelle, e voi, carissimi ragazzi e ragazze che state per ricevere il sacramento della Confermazione, queste parole del Salmo responsoriale dell'odierna Liturgia ci pongono trepidanti e adoranti davanti al grande mistero della Santissima Trinità, di cui oggi celebriamo solennemente la festa. "Quanto è grande il tuo nome su tutta la terra"! Eppure l'estensione del mondo e dell'universo, per quanto sconfinato, non eguaglia, l'incommensurabile realtà della vita di Dio. Di fronte a lui occorre più che mai accogliere con umiltà l'invito del Sapiente biblico, quando ammonisce: "Il tuo cuore non si affretti a proferir parola davanti a Dio, perché Dio è in cielo e tu sei sulla terra" (Qo 5,1).

Dio, in effetti, è l'unica realtà che sfugge alle nostre capacità di misura, di controllo; di dominio, di esauriente comprensione. Per questo è Dio: perché è lui a misurarci, a reggerci, a guidarci, e a comprenderci, anche quando non ne avessimo coscienza. Ma se questo è vero per la Divinità in genere, tanto più vale per il mistero trinitario, e cioè tipicamente cristiano, di Dio stesso.

Egli è insieme Padre, Figlio e Spirito Santo. Ma non si tratta né di tre dèi separati - questo sarebbe una bestemmia - e neppure di semplici modi diversi e impersonali di presentarsi da parte di una sola persona divina: questo significherebbe impoverire radicalmente la sua ricchezza di comunione interpersonale.

Del Dio Uno e Trino noi siamo in grado di dire più quello che non è di quello che è. Del resto, se potessimo spiegarlo adeguatamente con la nostra ragione, vorrebbe dire che l'avremmo catturato e ridotto a misura della nostra mente, l'avremmo quasi imprigionato nelle maglie del nostro pensiero; ma allora, l'avremmo rimpicciolito nelle meschine dimensioni di un idolo!


2. E invece: "Quanto è grande il tuo nome su tutta la terra"! Cioè: quanto sei grande tu ai nostri occhi, quanto sei libero, quanto sei diverso! Tuttavia, ecco la novità cristiana: il Padre ci ha tanto amati da donarci il suo Figlio unigenito; il Figlio per amore ha versato il suo sangue in nostro favore; e lo Spirito Santo addirittura, come si esprime la seconda lettura biblica odierna, "ci è stato dato" in modo tale da introdurre in noi l'amore stesso con cui Dio ci ama (Rm 5,5).

Il Dio Uno e Trino, dunque, non è solo qualcosa di diverso, di superiore, di irraggiungibile. Al contrario, il Figlio di Dio "non si vergogna di chiamarci fratelli" (He 2,11), condividendo "il sangue e la carne" (He 2,14) di ciascuno di noi; e, dopo la Risurrezione di Pasqua, si realizza per ogni cristiano la promessa del Signore stesso, quando disse durante l'Ultima Cena: "Verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Jn 14,23). Allora è evidente che la Trinità non è tanto un mistero per la nostra mente, quasi si trattasse soltanto di un intricato teorema. Molto di più, è un mistero per il nostro cuore (cfr. 1Jn 3,20), poiché è un mistero d'amore. E noi non capiremo mai, non dico tanto la natura ontologica di Dio, quanto piuttosto il perché egli ci abbia amati a tal punto da identificarsi agli occhi nostri con l'Amore stesso (cfr. Jn 4,16).


3. Cari cresimandi, il Sacramento che voi ora riceverete conferma e suggella ciò che già in voi si è misteriosamente operato con il Battesimo, quando siete diventati a pieno titolo figli adottivi di Dio, cioè beneficamente inseriti nel raggio d'azione del suo amore: non solo dell'amore che egli ha per ogni essere in quanto creatore, ma soprattutto dell'amore specialissimo che egli ha dimostrato per l'uomo in Gesù Cristo in quanto redentore.

Con la Cresima voi acquisite un rapporto del tutto particolare proprio con il Signore Gesù. Di lui venite ufficialmente consacrati come testimoni davanti alla Chiesa e davanti al mondo. Egli ha bisogno di voi, e di voi vuole disporre come di ragazzi forti, lieti, generosi. In qualche modo voi gli prestate il vostro volto, il vostro cuore, la vostra persona intera, così che egli si comporterà davanti agli altri come vi comporterete voi: se sarete buoni, convinti, dediti al bene altrui, fedeli servitori del Vangelo, allora sarà Gesù stesso a fare bella figura; ma se foste fiacchi e vili, allora offuschereste la sua vera identità, e non gli fareste onore.

Vedete, dunque, che siete chiamati ad un compito altissimo, che fa di voi dei cristiani veri, completi. La Confermazione, infatti, vi introduce nell'età adulta del cristiano; cioè, vi affida e vi riconosce un tale senso di responsabilità che non è dei bambini. Il bambino non è ancora padrone di sé, dei suoi atti, della sua vita. L'adulto, invece, ha il coraggio delle proprie scelte, sa portarne le conseguenze, è capace di pagare di persona, poiché ha acquisito una tale pienezza interiore che può decidere da solo, impegnare come meglio crede la propria esistenza, e soprattutto dare amore invece di riceverlo soltanto.


4. Cari ragazzi e ragazze, tutto questo potrete farlo non da soli. Guai, se voi confidaste solo sulle vostre forze. Nessuno riesce ad essere un autentico discepolo di Cristo, se vuole esserlo da solo, di propria iniziativa e con le proprie energie. E' impossibile. Si metterebbe in atto soltanto una caricatura del vero cristiano. Come non si può diventare umanamente adulti, se non c'è un nuovo e decisivo apporto della natura, così è per il cristiano ad un altro livello. Ma con la Cresima voi riceverete un'effusione e una dotazione particolare dello Spirito Santo, il quale, proprio come il vento, da cui la parola deriva, vivifica, spinge, rinfranca.

Egli è la nostra forza segreta, direi quasi la riserva inesauribile e l'energia propulsiva di tutto il nostro pensare e operare da cristiani. Egli vi dà coraggio, come agli Apostoli nel cenacolo della Pentecoste. Egli vi fa capire la verità e la bellezza delle parole di Gesù, come abbiamo letto nel Vangelo odierno tratto da san Giovanni.

Egli vi dà la vita, come ben si esprime l'apostolo Paolo (cfr. 2Co 3,6). Egli, infatti, è lo Spirito di Dio e lo Spirito di Cristo. E ciò significa che, venendo a voi, non viene da solo, ma porta con sé il sigillo del Padre e del Figlio Gesù. Nello stesso tempo, egli vi introduce in quel mistero trinitario, il quale, se è difficile parlarne, non per questo cessa di essere il fondamento e il timbro inconfondibile della nostra identità cristiana.

Se queste sono cose grandi, pensate che d'ora in poi, proprio in quanto adulti nella fede, voi non potete e non dovete più farne a meno.


5. Carissimi, vi auguro di tutto cuore che i vostri polmoni siano sempre pieni di questo vento dello Spirito, che oggi riceverete in abbondanza, e che permette a voi e alla Chiesa intera di respirare secondo il ritmo di Cristo stesso.

Io preghero in special modo per tutti voi e sono lieto di impartire a voi e ai nostri cari, al termine della Messa, la mia benedizione apostolica. Il Signore sia con voi sempre e vi aiuti ad essere dei testimoni coraggiosi nella fede.

Data: 1983-05-29 Data estesa: Domenica 29 Maggio 1983

Ai delegati della Caritas internationalis - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Riabilitate la virtù della carità

Cari fratelli e sorelle.


1. E' la seconda volta che mi è data l'occasione di ricevere i responsabili e i numerosi membri dell'assemblea generale della Caritas internationalis, e confesso che provo una grande gioia. Rappresentate infatti un'organizzazione privilegiata della carità nella Chiesa, ed è proprio la carità che deve essere il segno distintivo dei discepoli di Cristo. Questa organizzazione è legata organicamente a ciascuna Chiesa locale, a livello di diocesi, con un coordinamento operativo a livello nazionale, e una confederazione internazionale. La vostra diffusione corrisponde quasi all'estensione universale della Chiesa cattolica, e tutti conoscono e apprezzano l'efficacia e la rapidità con le quali fate fronte alle miserie umane, croniche o improvvise, o a bisogni di sviluppo, insomma alla promozione dell'uomo. Si, questo lavoro considerevole fa onore alla Chiesa, di cui vi esprimo la gratitudine, dicendovi soprattutto la riconoscenza di tutti coloro che traggono beneficio dalla vostra azione sociale, condotta con una preoccupazione educativa.

Penso di farmi interprete di tutti felicitandomi in modo particolare con Monsignor Georg Hüssler che ha assicurato la presidenza della Caritas internationalis per lunghi anni, con competenza, devozione e iniziativa, e anche con il signor Emilio Fracchia, che ha ricoperto allo stesso modo l'incarico di segretario generale. I miei calorosi voti vanno ai loro successori, e innanzitutto al nuovo presidente, il caro Cardinale Alexandre do Nascimento, Arcivescovo di Lubango, che rappresenta direttamente il Terzo Mondo in un organismo della Chiesa così importante, poi al segretario generale che sceglierete fra poco, e infine a tutti gli altri responsabili della Confederazione che sono stati designati a prendere il posto della équipe precedente.

Nel corso dei lavori della presente assemblea, avete voluto esaminare da vicino e senza compiacenza il cammino percorso da una quindicina di anni a questa parte, e valutarne il bilancio, programmare gli orientamenti e il lavoro per il prossimo periodo e darvi i mezzi di organizzazione. Senza entrare in queste considerazioni tecniche che sono di vostra competenza, voglio ricordare la vocazione essenziale della vostra Organizzazione e dei suoi delegati diocesani.


2. La vostra azione sociale vi rende particolarmente attenti, soprattutto sul piano internazionale, ad un certo numero di problemi umani, allo studio dei quali desiderate apportare il vostro contributo organizzando incontri o partecipando ad altri, senza ignorare d'altra parte che altre organizzazioni hanno anche in questo campo competenza diretta e responsabilità. Comprendo la vostra ricerca delle migliori condizioni di promozione delle persone, di particolari età della vita, di categorie sociali o di popoli svantaggiati.

Converrete con me tuttavia che il vostro particolare carisma è quello di rimanere sul campo, orientati ad azioni puntuali di assistenza e di sviluppo, o ancora di educazione in questi ambiti, che la vostra prima missione è l'animazione diocesana della carità. Si, voi siete ordinati alla carità, come dicevo quattro anni fa; non bisogna lasciare che venga svalutato il termine né la realtà della "carità"; semplicemente occorre rivalutarli nella loro ampiezza e nella loro profondità; essi sono più che mai d'attualità nel contribuire alla civiltà dell'amore sulla quale avete meditato e nel dare l'essenziale testimonianza della Chiesa. Come vi diceva Paolo VI, voi siete "gli attori e gli educatori di questa carità umile e calorosa, paziente e disinteressata, permanente e universale... pronta ed efficace" (15 maggio 1975). Ricordate certamente anche il decreto conciliare sull'apostolato dei laici che descrive ciò che questa azione caritativa, sigillo dell'apostolato cristiano, ricopre e soprattutto lo spirito nel quale essa deve essere condotta (AA 8).


3. Gli sforzi delle Caritas devono essere visti nel quadro della pastorale sociale della Chiesa, e la scelta del tema della vostra assemblea - "Realtà e avvenire nella pastorale sociale" - vi ha permesso, penso, di approfondire questo aspetto.

Questa pastorale sociale comprende molti settori, opere, servizi; fa appello ad impegni molto diversi da parte dei laici, di coloro che sono organizzati in movimenti o di coloro che non lo sono, ma anche da parte dei religiosi e delle religiose che hanno spesso la responsabilità di opere sociali; vi sono anche interessati, a titolo speciale, i sacerdoti ed evidentemente i diaconi. Infine, e soprattutto, a livello della diocesi, è il Vescovo che è il coordinatore di questa pastorale sociale, come di tutto ciò che concerne l'apostolato, così come ricorda il decreto "Christus Dominus". Le molteplici iniziative alla base non dovrebbero essere prese senza il suo accordo. La Caritas partecipa dunque a questa pastorale sociale con lui, e tra altri, ma con un carisma particolare, che consiste nel ricordare il primordiale posto della carità, nel risvegliare la coscienza dei cristiani e dei non cristiani, educando allo sguardo che esige l'amore di fronte ai bisogni numerosi del prossimo e all'assunzione delle responsabilità sociali, nel suscitare una volontà efficace di mutua assistenza, e coordinare questi sforzi.

Una tale pastorale deve essere rinnovata senza posa perché l'evoluzione delle società, talvolta rapidissima, e le difficoltà che sorgono in modo spesso imprevisto provocano sradicamenti, nuove forme di povertà che bisogna saper scoprire, problemi più acuti di persone disoccupate, di giovani trascinati nella droga o altri flagelli, famiglie divise, immigrati o rifugiati forzatamente.

Occupate dunque un posto scelto nel promuovere la pastorale sociale con il vostro Vescovo, o con la Conferenza episcopale a livello nazionale, e con la Santa Sede - in particolare Co Unum - sul piano internazionale.


4. In tutti i casi, bisogna affrontare le cose in termini di promozione umana. Il soccorso immediato, la risposta alle urgenze, l'assistenza alle persone in miseria o alle popolazioni vittime di calamità conservano la loro importanza: sono espressioni sempre necessarie della carità che non aspetta e che conosce il valore di ogni persona, di ciascuna vita umana, come il buon samaritano: non le si deve dimenticare opponendo loro come unici aventi valore i soccorsi ad ampio raggio, le misure preventive, la soluzione delle cause dei mali, la sistemazione delle strutture sociali, l'azione per la giustizia, necessarie sicuramente a loro volta, come abbiamo avuto molte occasioni di ribadire.

Tuttavia, anche a livello dell'assistenza, la prospettiva dello sviluppo non deve mai mancare. Siete ben convinti che bisogna evitare di rendere, le persone o i gruppi sociali, gente semplicemente assistita. Bisogna piuttosto aiutarli ad assumersi il proprio destino, la propria vita, la propria famiglia, per quanto si può fare, e risvegliare anche l'ambiente, le istituzioni preposte, i corpi intermedi o le organizzazioni dello Stato, ad assumersi le loro responsabilità sociali. Del resto, la promozione non riguarda solamente il nutrimento, il tetto o la salute; essa ha di mira tutto l'uomo.

Questa prospettiva è tanto più evidente quando si tratta di contribuire allo sviluppo di villaggi, di regioni, per preparare un avvenire migliore e più sicuro. Senza dubbio, la Caritas, in quanto tale, non è in grado di assumersi i grandi progetti per i quali essa si associa ad altre istituzioni cristiane o neutre; ma tutti sanno che essa porta a compimento numerose realizzazioni di grande utilità, piccole o medie, e questo in maniera educativa, tanto per chi dona come per chi riceve.


5. Questo mi porta a ricordare il Terzo Mondo. Certamente vi sono già, in ciascuna diocesi o in ciascun Paese in cui operano le Caritas, un gran numero di situazioni che hanno bisogno di aiuto. Si parla spesso di isole del "quarto mondo" all'interno dei Paesi ricchi. Ma è essenziale, nella prospettiva cattolica, condurre le persone e le istituzioni del proprio Paese a sentirsi solidali nei confronti degli altri Paesi più poveri sul piano delle risorse materiali, dell'organizzazione sociale, dell'igiene, della cura dei malati, dell'alfabetizzazione, benché possano essere ricchi di qualità umane, morali o spirituali. Vi spetta dunque educare lo sguardo e la generosità a questo proposito.

Le strutture della Caritas presentano sotto questo aspetto grandi vantaggi: permettono scambi tra le Caritas diocesane, e soprattutto con l'aiuto delle Caritas nazionali, e dei servizi di informazione della Caritas internationalis. La vostra assemblea non è essa stessa una magnifica espressione di questa rete veramente universale della carità? Aggiungero che il Terzo Mondo è già presente in seno ai Paesi industrializzati con una quantità di immigrati che devono essere al primo posto delle vostre preoccupazioni.


6. Oggi, le parole solidarietà, aiuto allo sviluppo, dignità e diritti delle persone e dei popoli, giustizia, sono familiari ai nostri contemporanei, e bisogna rallegrarsene. Ma ciò che è importante, è la realizzazione del rispetto e dell'aiuto reciproco, è il modo di praticarli, e ciò che ispira questi atteggiamenti. Per voi, membri delle Caritas, è importante dunque, non solamente ben organizzare gli aiuti, ma anche mettere in luce le motivazioni cristiane della carità, farle ritrovare al bisogno, educare ad esse, insomma riabilitare la virtù della carità che si ispira all'amore stesso di Dio, che fa vedere nel prossimo l'immagine di Dio e di Cristo stesso, e impegna a trattarlo con delicatezza, rispettando la sua libertà, la sua responsabilità, la sua dignità, il suo destino spirituale (cfr. AA 8).

Riabilitare la carità! E' la principale missione che e stata affidata al Consiglio pontificio Co Unum, di cui voi siete membri. Voi tutti possiate collaborare ampiamente con esso, e con tutti gli organismi che, nella Chiesa, cooperano alla pastorale sociale! Domani la liturgia ci invita a contemplare il mistero della Visitazione di Maria, venuta a condividere con sua cugina Elisabetta la gioia della Buona Novella del Salvatore e ad offrire i suoi servizi. Possa ella aiutarvi a corrispondere alla vostra magnifica missione nella Chiesa, che è precisamente quella della condivisione! E io, di tutto cuore, benedico i responsabili della Caritas internationalis, vecchi e nuovi, tutti i delegati qui presenti, i membri della Santa Sede che hanno lavorato con voi nel corso di questa assemblea, e tutti coloro che operano disinteressatamente e attivamente in seno alle Caritas diocesane e nazionali.

Data: 1983-05-30 Data estesa: Lunedi 30 Maggio 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Ai partecipanti a un Congresso medico - Città del Vaticano (Roma)