GPII 1983 Insegnamenti - Incontro ecumenico - Varsavia (Polonia)

Incontro ecumenico - Varsavia (Polonia)

Titolo: Crediamo ancora in modo diverso, tuttavia non in un Altro

Cari fratelli in Cristo.

"Voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro Gesù dirigere il nostro cammino verso di voi! Il Signore vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti, come è il nostro amore verso di voi (1Th 3,11-12).

Queste parole della preghiera per l'amore vicendevole, che l'apostolo Paolo scrisse una volta alla comunità dei credenti a Tessalonica, le rivolgo oggi a tutti i fratelli cristiani nella mia Patria, con i quali mi unisce la stessa fede apostolica in Gesù Cristo.

Possiamo infatti ripetere insieme all'eminente teologo protestante, annoverato nella cerchia dei padri spirituali del rinnovamento auspicato con il Concilio Vaticano II, che "nonostante che ancora crediamo in modo diverso, tuttavia non in un Altro" (Karl Barth). L'esperienza di viva fede nello stesso Gesù Cristo, nostro Signore e Redentore, determina il carattere ecumenico dell'odierno incontro a Varsavia.

Ho desiderato ardentemente questo incontro già durante il mio primo viaggio apostolico nel Paese natale. Esprimendo riconoscenza per la lettera che ricevetti allora dai rappresentanti del Consiglio ecumenico polacco, dissi nel Blonia Krakowskie: "Anche se, a causa del programma così denso, non è stato possibile un incontro a Varsavia, ricordatevi, cari fratelli in Cristo, che questo incontro porto nel cuore come un vivo desiderio e come espressione della fiducia per il futuro (AAS 71 (1979) 878). Con gioia dunque rendo grazie a Dio perché oggi ha appagato il mio desiderio e ha fatto riuscire il mio progetto (cfr. Ps


19(20),5). Credo che questa gioia sia vicendevole, perché scaturisce dalla stessa Fonte, che è Cristo. E' lui che presiede il nostro incontro, perché lui stesso ci ha assicurato: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).

Con il saluto polacco "Sia lodato Gesù Cristo" do il benvenuto a tutti i partecipanti a quest'incontro ecumenico, sia al cattolici come agli altri cristiani.

Saluto cordialmente il Presidente della Commissione dell'Episcopato per i problemi dell'ecumenismo, il Vescovo Alfons Nossol, Ordinario della diocesi di Opole. C'è tra noi Monsignor Wladyslaw Miziolek, Vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Varsavia, Vice Presidente di detta Commissione; nella sua persona saluto l'instancabile araldo dell'ecumenismo sulla Vistola.

Fraterni saluti d'amore e di pace rivolgo ai presenti all'odierno incontro, e cioè ai rappresentanti delle otto Chiese associate nel Consiglio ecumenico polacco, il quale da alcuni mesi è presieduto dal Vescovo della Chiesa Augusburgo-Evangelica, Janusz Narzynski.

Saluto anche i rappresentanti delle Comunità israelitiche e musulmane qui presenti, con le quali ci unisce la fede in Dio Uno, Onnipotente, Misericordioso e Giusto.

Lo spirito d'amore fraterno, che distingue il Vangelo di Cristo, anima il nostro incontro. Da questo spirito di fraterno amore nasce nei rapporti interumani la reciproca comprensione, il rispetto delle opinioni e dei gusti altrui e specialmente delle diverse confessioni o usanze. Questo è lo spirito di tolleranza, così profondamente radicato nelle nostre tradizioni religiose, sociali e nazionali, per cui la Polonia si merito giustamente il nome di uno "stato senza roghi".

Spirito di apertura verso gli altri e desiderio di un reciproco avvicinamento tra le diverse confessioni cristiane da tempo animavano le aspirazioni ecumeniche in questo Paese. Permettete che nomini qui il "Colloquium Charitativum", convocato a Torun nel 1645, per iniziativa dei Vescovi cattolici radunati due anni prima, al sinodo di Varsavia, e con l'appoggio del re Ladislao IV. Quell'"incontro d'amore, aveva come scopo di restituire l'unione e la concordia tra i cattolici, luterani e calvinisti. Tutta l'Europa si interesso del suo svolgimento. Le lunghe discussioni, alle quali presero parte 76 teologi, comprendevano principalmente la dottrina, la prassi e i costumi. A causa delle stridenti differenze dogmatiche e anche dei condizionamenti sociali, non fu raggiunto l'accordo previsto. Secondo il parere degli storici, il "Colloquium Charitativum" di Torun costitui tuttavia un tentativo per giungere all'unità mediante il confronto delle opinioni. Anche se esso non porto i risultati attesi, ciò nonostante suscito rispetto per i capi spirituali e politici della Repubblica, dando inizio in un certo qual senso all'ecumenismo pratico.

L'ultimo Concilio Ecumenico Vaticano II ha chiaramente potenziato nella Chiesa Cattolica il desiderio dell'unità, chiesta da Cristo al Padre nell'ora del congedo dagli apostoli (cfr. Jn 17). Siamo consapevoli che il ritorno alla piena unione esige grande umiltà e amore, coraggio e speranza. Sotto il soffio dello Spirito Santo abbiamo ormai superato non poche difficoltà e non pochi ostacoli.

Con molte Chiese e Comunità cristiane stiamo conducendo un dialogo ecumenico ufficiale in spirito di ricerca della verità nell'amore. Danno buone speranze per il futuro l'avvicinamento sempre più grande e l'apertura del Consiglio ecumenico polacco e della Chiesa Romana-Cattolica, in special modo i colloqui sinceri e gli sforzi ecumenici comuni nella Commissione mista di ambedue le parti.

Con gioia ricevo dai miei fratelli nell'Episcopato ogni notizia sulla Settimana di preghiere per l'unità dei cristiani, che da molti anni viene celebrata tradizionalmente nel mese di gennaio. Le comuni preghiere dei confessori di Cristo sono non solo un'opportuna occasione per conoscere gli altri cristiani che vivono nella stessa società, ma soprattutto costituiscono un incoraggiamento a praticare una fede più viva. Esse sono in un certo qual senso una chiamata ad amare Cristo più profondamente. Quel Cristo, nel quale tutti siamo uno! Anche se a volte abbiamo differenti tradizioni, differenti costumi, differente modo di pensare, tuttavia ci sentiamo tutti chiamati alla più stretta unione con Cristo e intorno a Cristo. Proprio a questo servono le preghiere per l'unità delle Chiese.

Senza di esse il movimento ecumenico non sarebbe ciò che è.

Non mi sono estranei neppure gli altri concreti esempi dell'ecumenismo reale. Ho in mente specialmente la condivisione del patrimonio scientifico e culturale, che è frutto della riflessione cristiana sulla Rivelazione Divina e sulla storia delle Chiese. Nei libri e nei periodici cattolici e non cattolici - a dire il vero in esigua tiratura - sempre più frequentemente vengono pubblicati testi di autori appartenenti a diverse tradizioni teologiche. Queste pubblicazioni evidenziano il continuo approfondimento della reciproca conoscenza dei teologi cattolici e cristiani. Esse permettono a più ampie cerchie di fedeli di seguire le trasformazioni che avvengono nella Chiesa Universale e in tutto il cristianesimo.

Molto animati sono i nostri contatti con le singole Chiese Ortodosse. Con la Commissione mista cattolico-panortodossa collaborano attivamente i rappresentanti della Polonia; è conosciuta la loro partecipazione agli incontri a Patmos e a Monaco, dedicati alla problematica teologica. Tutto ciò contribuisce indubbiamente alla formazione di nuovi sinceri atteggiamenti ecumenici. Questo è anche uno specifico dialogo in favore del reciproco conoscersi e amarsi nell'ambito di una grande comunità di credenti in Cristo. Per questo servizio ecumenico degno di rispetto e di riconoscimento in Polonia, porgo ai cattolici e ai credenti delle altre Chiese cristiane, il dovuto "Bog zaplac" ("Dio vi ricompensi"), invocando per i loro sforzi e per i futuri successi le benedizioni del Signore.

Desidero anche porgere gli auguri per una fruttuosa, fraterna collaborazione a coloro che prenderanno parte al convegno del Consiglio mondiale delle Chiese, che terrà i suoi lavori tra il mese di luglio e il mese di agosto a Vancouver, con il motto: "Gesù Cristo vita del mondo".

Alla fine di questo incontro desidero rinnovare quel caldo appello che ho rivolto "a tutti i responsabili e ai membri delle altre Chiese e Comunità ecclesiali" quando ho proclamato il Giubileo della Redenzione a tutti i fedeli del mondo cattolico (Discorso ai cardinali e ai membri della Curia Romana, 9; 23 dicembre 1982). Indicando i valori di questo Giubileo, sottolineavo che esso è "un grande servizio alla causa dell'Ecumenismo. Celebrando la Redenzione andiamo al di là delle incomprensioni storiche e delle controversie contingenti, per ritrovarsi sul fondo comune al nostro essere cristiani, cioè redenti. La Redenzione ci unisce tutti nell'unico amore in Cristo, crocifisso e risorto. perciò vi chiedo, cari fratelli, di accompagnare insieme alle Chiese e alle Comunità le celebrazioni dell'Anno della Redenzione con la vostra preghiera, con la vostra fede nel Cristo Redentore, col vostro amore "che diventi con noi anelito sempre più sentito a realizzare la preghiera di Gesù prima della Passione redentrice: "Ut omnes unum sint" (Jn 17,21)" (Discorso ai cardinali e ai membri della Curia Romana, 9; 23 dicembre 1982).

Uniti con il legame del fraterno amore e della pace, preghiamo insieme con le parole della preghiera che Cristo stesso ci ha insegnato: Padre nostro...

Data: 1983-06-17 Data estesa: Venerdi 17 Giugno 1983



Ricevendo la laurea "honoris causa" - Varsavia (Polonia)

Titolo: Atenei cattolici elemento costitutivo della missione della Chiesa
Venerato Padre Rettore, Cari Signori e Signore.

Vi ringrazio per la vostra visita a Varsavia, dato che non si è potuto giungere a una mia visita a Lublino. Desidero assicurarvi ancora una volta che ho tanto desiderato - e continuo a desiderare - di trovarmi all'Università Cattolica di Lublino, che per vari anni è stata il mio banco di lavoro. Devo tanto al lavoro nel vostro Ateneo, che apprezzo altamente. La Facoltà di Filosofia non volle rinunciare alla mia collaborazione persino quando, come Arcivescovo di Cracovia, potevo adempierla solo molto saltuariamente. E' vero, tuttavia, che fino all'anno 1978 mantenni contatti scientifici con l'Università, e prima di tutto - grazie ai meravigliosi collaboratori che mi sostituivano sul posto - potevo dirigere a distanza la Cattedra di Etica. Poiché, nonostante le ripetute offerte di dimissioni, il Decanato e il Rettore costantemente decidevano di mantenere questa impostazione, io vi trovavo una specie "di assoluzione".

I problemi della scienza, e particolarmente i problemi della scienza accademica, mi sono stati sempre profondamente a cuore. Ho considerato sempre e considero gli atenei cattolici un indispensabile elemento costitutivo della missione della Chiesa. Se Cristo invio gli apostoli per "ammaestrare tutte le nazioni" (cfr. Mt 28,19), allora in questo mandato è contenuto qualche fondamentale presupposto per entrare sul terreno della scienza, perché tra l'insegnamento e la scienza c'è uno stretto ed organico rapporto.

Sono lieto del fatto che, nell'anno della riacquistata indipendenza dello Stato - nell'anno 1918 - sia sorta a Lublino l'Università Cattolica. Questa coincidenza di date ha una sua molteplice eloquenza. Evidentemente corre un certo rapporto organico tra l'indipendenza e l'università e tra l'indipendenza e la "cattolicità". Questa eloquenza trova la sua espressione nel motto "Deo et Patriae", ai quale l'Università Cattolica di Lublino è rimasta fedele durante tutti gli anni della sua esistenza; e questi anni sono ormai 65. Sono lieto di aver potuto avere in questi 65 anni anche la mia modesta piccola parte.

Se oggi siete venuti nella decisione di consegnarmi il dottorato "honoris causa ex universa", ebbene, anche se ciò non trova riscontro nella tradizione del mio ministero, in questo caso mi arrendo. Non posso oppormi alle autorità dell'Università, che per tanti anni sono stati i miei datori di lavoro, e le autorità universitarie costituivano nei miei riguardi un'istanza superiore.

Devo, del resto, ammettere lealmente, che già una volta "mi arresi", in simile modo alla prepotenza universitaria, quando ciò ebbe luogo a Coimbra, in Portogallo. Come in quel caso - in questo ancor di più! - che questa mia sottomissione sia l'espressione del rispetto e dell'amore che nutro per la scienza e in particolare per l'Università Cattolica di Lublino. Sia espressione dell'amore, col quale circondo questa cattolica "Alma Mater" nella mia Patria.

Desidero rendere un profondo "homagium" davanti a tutte le generazioni dei Rettori, dei Professori, del Personale docente ed amministrativo, e infine davanti a tutte le generazioni di studenti dell'Università Cattolica di Lublino.

Anche se in condizioni economiche estremamente modeste - appoggiandosi sulla generosità della comunità cattolica in Polonia - essi hanno costruito un grande edificio. E lo hanno costruito in mezzo a tutte le difficoltà, che la Patria sperimento nell'arco di 65 anni, specialmente nel periodo della seconda guerra mondiale e della terribile occupazione.

Dalle generazioni che sono passate scrivendo le proprie pagine nella storia dell'Ateneo cattolico, vengo a quelle contemporanee. Mi rivolgo a tutte le Università, a tutte le Facoltà, a tutti gli Istituti di carattere scientifico, come pure all'apparato amministrativo, collegati con la struttura accademica dell'Università. Auguro che l'Università Cattolica di Lublino costituisca un autentico ambiente di lavoro scientifico ed educativo secondo le migliori tradizioni della cultura universitaria polacca, europea e mondiale. Auguro che essa sia una comunità viva di professori e di studenti, uniti dal profondo amore per la verità, e al tempo stesso profondamente radicati in un ordine di valori che sia cristiano e insieme veramente umano. Auguro che per mezzo della nostra Università Cattolica si moltiplichino gli uomini saggi e intrepidi in terra polacca.

Il mio incontro con una rappresentanza dell'Università Cattolica di Lublino avviene sull'itinerario del mio secondo pellegrinaggio in Patria, unito col Giubileo dei sei secoli di Jasna Gora. Mi trovo sulla strada che va da Varsavia, per Niepokalanow, a Jasna Gora. E là, davanti alla effige della Madre della nostra Nazione, desidero depositare come "votum" questa onorificenza accademica, che mi viene data da parte vostra. Là desidero affidare a Maria, Sede della Sapienza, la cattolica "Alma Mater" di Lublino e tutto ciò che essa sta facendo per il futuro della Chiesa, della Nazione e della cultura.

Data: 1983-06-17 Data estesa: Venerdi 17 Giugno 1983

Omelia nello stadio "X Anno" - Varsavia (Polonia)

Titolo: Solo una vittoria morale può restituire unità alla società

Sia lodato Gesù Cristo!


1. Con questo saluto cristiano mi rivolgo a tutti gli abitanti di Varsavia, capitale della Polonia, riuniti in questa assemblea liturgica, e a tutti gli ospiti, che sono giunti qui da fuori Varsavia, dell'arcidiocesi di Varsavia, e in particolare, saluto il Cardinale Primate di Polonia nella sua qualità di Metropolita di Varsavia, tutti i Cardinali ospiti, Arcivescovi e Vescovi, in particolar modo quelli che concelebrano con me questa Santa Messa. Saluto il Capitolo metropolitano e tutto il clero di Varsavia e dell'arcidiocesi, i vicini e gli ospiti giunti dalle altre parti della Polonia. Saluto gli Ordini religiosi maschili e femminili, i Seminari ecclesiastici e gli Atenei cattolici qui rappresentati. Saluto voi tutti, fratelli e sorelle! Miei conterranei!


2. Ho lodato Gesù Cristo con l'antico saluto polacco, e voi tutti avete risposto "nei secoli dei secoli". Cristo è infatti "lo stesso ieri, oggi e sempre" (He

13,8). Cristo è "il Signore del secolo futuro", come attesta la prima lettura dell'odierna liturgia tratta dal Libro dell'Apocalisse. E' lui, Cristo crocifisso e risorto, colui che diede inizio alla "vita eterna" già nella storia del cosmo e nella storia dell'umanità. E' lui, come Redentore del mondo, a preparare ormai "un nuovo cielo e una nuova terra". E' per opera sua che Giovanni, l'autore dell'Apocalisse, vede "la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa... per il suo sposo". E' per opera sua, di Cristo, che Giovanni, l'autore dell'Apocalisse, sente una voce potente che dice: "Ecco la dimora di Dio con gli uomini! egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo, ed egli sarà il "Dio-con-loro". E tergerà ogni lacrima dal loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno... (Jn 21,1-4).

E' lui, Cristo crocifisso e risorto, a far si che quando le prime cose passeranno si compiranno insieme le parole del Libro: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21,5).

Quando ho lodato il nome di Gesù Cristo avete risposto "nei secoli dei secoli", raggiungendo con questa risposta non solo l'intero futuro, che è ancora davanti a noi, il futuro del mondo temporale che passa, ma anche tutta quella dimensione del "secolo futuro" al quale Dio stesso, per opera di Cristo, conduce nello Spirito Santo il mondo e l'umanità.


3. Cristo, "Padre del secolo futuro", è al tempo stesso "ieri e oggi". Quando sono stato in Polonia nel primo anno del mio servizio nella Sede romana di san Pietro, ho detto a Varsavia, in piazza della Vittoria, che è difficile capire la storia della nostra Patria, il nostro storico "ieri" e anche l'"oggi", senza Cristo.

Dopo quattro anni ritorno nuovamente come pellegrino a Jasna Gora, per partecipare al Giubileo nazionale di questa beata Effige, nella quale da sei secoli la Madre di Cristo dimora in mezzo al nostro popolo. Il Vangelo dell'odierna liturgia - lo stesso che viene letto a Jasna Gora - paragona questa dimora di Maria tra noi alla sua presenza a Cana di Galilea. Insieme a lei andarono là Gesù e i suoi discepoli.

Se diciamo che non è possibile comprendere il nostro storico "ieri, e anche l'"oggi" senza Cristo, allora il Giubileo di Jasna Gora mette in rilievo che questa presenza di Cristo nella nostra storia è -come a Cana di Galilea - mirabilmente unita alla presenza della sua Madre. A questa presenza, a noi cara, la Chiesa in Polonia rende proprio testimonianza mediante il Giubileo di Jasna Gora, dello scorso anno, prolungato per l'anno corrente. A questa stessa presenza materna desidero anch'io rendere testimonianza insieme a voi, e perciò vengo in Patria, ringraziando dell'invito tutte le componenti della società.

Insieme con voi, cari fratelli e sorelle, voglio proclamare, all'inizio di questo mio pellegrinaggio, che, grazie alla particolare presenza di Maria nella storia della nostra Nazione, Cristo stesso, nella sua divinità e insieme nella sua umanità, ci e maggiormente vicino. Cerchiamo di comprendere la Croce e la Risurrezione, cerchiamo di comprendere il mistero della Redenzione, attraverso il cuore di sua Madre. Cerchiamo l'accesso a Cristo, come quella gente a Cana di Galilea, per Maria. La caratteristica cristocentrica del nostro cristianesimo si è unita profondamente alla caratteristica mariana, materna. Lo dico a Varsavia, la capitale della Polonia, la cui Patrona è, da gran tempo, la Madonna delle Grazie.


4. E lo dico insieme in un preciso momento storico. Nell'anno 1983, sull'ampio sfondo del nostro millennio polacco e insieme del 600° di Jasna Gora, risalta con un luminoso riflesso la storica data di trecento anni fa: il soccorso a Vienna, la vittoria viennese! Questo è l'anniversario che unisce noi tutti, polacchi, e anche i nostri vicini del sud e dell'ovest, i più vicini e i più lontani. Come trecento anni fa ci uni la comune minaccia, così, dopo trecento anni, ci unisce l'anniversario del combattimento e della vittoria.

Questo combattimento e questa vittoria non scavarono un abisso tra la Nazione polacca e quella turca. Al contrario, destarono rispetto e apprezzamento.

Sappiamo che, quando la Polonia, alla fine del XVIII secolo, spari dalla carta politica d'Europa, il governo turco non riconobbe mai il fatto della spartizione.

Alla corte ottomana - come dice la tradizione -, durante i solenni ricevimenti dei rappresentanti degli altri Stati, veniva chiesto con insistenza: "E' presente l'inviato di Lechistan?". La risposta "non ancora", fu data per lungo tempo, finché giunse l'anno 1918 e il rappresentante della Polonia indipendente ando di nuovo nella capitale della Turchia. Ho avuto la possibilità di constatarlo durante il mio soggiorno nella capitale della Turchia, dove ho visitato il Patriarcato di Costantinopoli.

C'era bisogno di ricordare questo caratteristico particolare per apprezzare pienamente il valore del soccorso a Vienna nel 1683 e la vittoria del re Giovanni III Sobieski.


5. Il re avviso della vittoria la Sede Apostolica con le significative parole: "Venimus, vidimus, Deus vicit": sono giunto, ho visto, Dio ha vinto. Queste parole del sovrano cristiano si imprimono profondamente sia nel millennio del nostro Battesimo, sia nel Giubileo di Jasna Gora di quest'anno. Giovanni III, durante la sua campagna viennese, fece pellegrinaggi a Jasna Gora e agli altri santuari mariani.

Le parole del re hanno impresso nel nostro "ieri" storico la verità evengelica sulla vittoria, della quale parla anche la seconda lettura dell'odierna liturgia. L'uomo è chiamato a riportare la vittoria in Gesù Cristo. E' questa la vittoria sul peccato, sull'"uomo vecchio", che è radicato profondamente in ognuno di noi. "...Per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori... per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti" (Rm 5,19). San Paolo parla di Adamo e di Cristo.

"Deus vicit" (Dio ha vinto): con la potenza di Dio, che per opera di Gesù Cristo agisce in noi mediante lo Spirito Santo, l'uomo è chiamato alla vittoria su se stesso. Alla vittoria su ciò che vincola la propria libera volontà e la rende sottomessa al male. Tale vittoria significa vivere nella verità, significa la rettitudine di coscienza, l'amore del prossimo, la capacità di perdonare, lo sviluppo spirituale della nostra umanità.

Ho ricevuto negli ultimi mesi molte lettere da diverse persone, tra le altre dagli internati. Queste lettere sono state spesso per me una testimonianza edificante proprio di tali vittorie interiori, delle quali si può dire: "Deus vicit", Dio ha vinto nell'uomo. Il cristiano infatti è chiamato in Gesù Cristo alla vittoria. Tale vittoria è inseparabile dalla fatica, e perfino dalla sofferenza, così come la Risurrezione di Cristo è inseparabile dalla Croce.

"E ha vinto già oggi, benché giacesse calpestato per terra, colui che ama e perdona - disse il Cardinale Stefan Wyszynski - colui che, come Cristo, dà il suo cuore e perfino la propria vita per i suoi fratelli" (Omelia 24 giugno 1966).

6. La Nazione nel corso della sua storia riporta vittorie, delle quali si allieta, come gioisce quest'anno della vittoria viennese; pero subisce anche sconfitte che le provocano dolore. Queste sconfitte sono state numerose nell'arco degli ultimi secoli. Non avremmo detto tutta la verità affermando che queste siano state solamente sconfitte politiche, fino alla perdita della indipendenza. Esse sono state anche sconfitte morali: la decadenza della moralità nei tempi dei Sassoni, la perdita della sensibilità al bene comune fino a deplorevoli crimini contro la Patria. Pero già la seconda metà del XVIII secolo porta decisi tentativi verso il rinnovamento sociale, culturale e politico. Basti ricordare la Commissione di educazione e soprattutto la costituzione del 3 maggio. Sullo sfondo di questi tentativi, il colpo inflitto alla Prima Repubblica da parte degli Stati che attuarono la spartizione della Polonia, fu una terribile ingiustizia della storia, la violazione dei diritti della Nazione e dell'ordine internazionale.

Come un uomo sente di dover riportare una vittoria morale se la sua vita deve avere il proprio senso, così anche una Nazione, che è una comunità di uomini.

perciò per tutto il secolo XIX ci furono instancabili tentativi, che miravano alla ricostruzione morale e a far riacquistare l'indipendenza politica, ciò che avvenne in seguito alla prima guerra mondiale. Parlo di tutto questo perché la storia della Nazione si inscrive nel nostro Giubileo patrio, di sei secoli della presenza di Maria, Regina della Polonia, a Jasna Gora. Là pure trovano la loro profonda risonanza le vittorie e le sconfitte. Di là giunge costantemente l'appello a non arrendersi alla sconfitta, ma a ricercare le vie per la vittoria.

Cristo è "il Padre del secolo futuro, e il Regno di Dio oltrepassa la dimensione delle questioni temporali. Al tempo stesso pero Cristo è "ieri e oggi" e qui si incontra con l'uomo di ogni generazione, qui si incontra anche con la Nazione, che è una comunità di uomini. Da questo incontro proviene quella chiamata alla vittoria nella verità, nella libertà, nella giustizia e nell'amore, della quale Giovanni XXIII ha parlato nell'enciclica "Pacem in Terris".


7. Questa enciclica fu pubblicata vent'anni fa, e conteneva in sé il profondo riflesso di quegli sforzi, miranti al mantenimento della pace nel mondo contemporaneo dopo le terribili esperienze della seconda guerra mondiale. La Chiesa prende parte a questi sforzi della famiglia umana, considera ciò compito della sua missione evangelica.

Come successore di Giovanni XXIII e di Paolo VI sulla Sede romana, ho avuto molte volte occasione di pronunciarmi su questo tema. Poco dopo il mio ritorno dalla Polonia nel 1979, lo feci davanti al forum dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, a New York. Rimarrà indimenticabile per me anche il messaggio-preghiera, lanciato da Hiroshima nel febbraio del 1981.

Non posso oggi non ritornare sullo stesso tema, mentre sono a Varsavia, la capitale della Polonia, che nell'anno 1944 fu ridotta in rovine dagli invasori.

Di qui dunque rinnovo il mio messaggio di pace, che da parte della Sede Apostolica giunge costantemente a tutte le Nazioni e a tutti gli Stati, specialmente a quelli sui quali grava la massima responsabilità per la causa della pace nel mondo contemporaneo.

Anche da questa città, capitale della Nazione e dello Stato che a prezzo dei più grandi sacrifici ha combattuto per la buona causa durante l'ultima guerra mondiale, voglio ricordare a tutti che il diritto della Polonia alla sovranità e anche al corretto sviluppo nel campo culturale e in quello socio-economico si appella alla coscienza di molti uomini e di molte società nel mondo. La Polonia ha mantenuto fino in fondo, anzi abbondantemente, gli impegni di alleata, che si assunse nelle terribili esperienze degli anni 1939-1945. La sorte della Polonia nell'anno 1983 non può essere indifferente alle Nazioni del mondo, specialmente dell'Europa e dell'America.

Cari miei connazionali! fratelli e sorelle! Nell'anno 1944 la capitale della Polonia venne trasformata in un cumulo di rovine. Dopo la guerra, la stessa Varsavia fu ricostruita così, come la vediamo oggi soprattutto da qui, da questo posto: antica e moderna insieme. Non è questa ancora una vittoria morale della Nazione? E tante altre città e centri sono stati ricostruiti sui territori polacchi, soprattutto quelli settentrionali e occidentali, dove mi sarà dato recarmi nell'ambito dell'attuale pellegrinaggio: cioè a Wroclaw e Gora Swietej Anny.


8. "Venimus, vidimus, Deus vicit": le parole del re pronunciate dopo la vittoria viennese si sono impresse nel contenuto del nostro millennio, esse si sono impresse anche nel contenuto di questo Giubileo di Jasna Gora, mediante il quale esprimiamo il ringraziamento per i sei secoli della presenza particolare della Genitrice di Dio nella nostra storia.

Il desiderio della vittoria, di una nobile vittoria, di una vittoria riscattata dalla fatica e dalla croce, di una vittoria riportata perfino mediante le sconfitte, fa parte del programma cristiano della vita dell'uomo. Anche della vita della Nazione.

La mia presente visita in Patria cade in un periodo difficile. Difficile per molti uomini, difficile per l'intera società. Come sono grandi queste difficoltà! Come siano grandi queste difficoltà, voi stessi, cari connazionali, lo sapete meglio di me, anche se io pure vivo profondamente tutta l'esperienza degli ultimi anni fin dall'agosto del 1980. Essa è del resto importante per molte società dell'Europa e del mondo; dappertutto non mancano uomini che si rendono conto di ciò. Non mancano neppure coloro che, specialmente sin dal dicembre del


1981, portano aiuto alla mia Nazione; di ciò anch'io sono grato a tutti.

Tuttavia, la Nazione deve vivere soprattutto con le proprie forze e svilupparsi con le proprie forze. Da sola deve riportare questa vittoria, che la Provvidenza Divina le dà come compito in questa tappa della storia. Tutti ci rendiamo conto che non si tratta di una vittoria militare, come trecento anni fa, ma di una vittoria di natura morale. Proprio essa costituisce la sostanza di un rinnovamento proclamato più di una volta. Si tratta dell'ordine maturo della vita nazionale e di quella dello Stato, nella quale saranno rispettati i fondamentali diritti dell'uomo. Solo una vittoria morale può portare la società fuori della divisione e restituire l'unità. Un tale ordine può essere contemporaneamente vittoria dei governati e dei governanti. Bisogna arrivare ad esso per la via del dialogo reciproco e dell'accordo, l'unica strada che consenta alla Nazione di poter godere di pienezza dei diritti civici e di strutture sociali rispondenti alle sue giuste esigenze, capaci di sviluppare il consenso, del quale lo Stato ha bisogno per assolvere i suoi compiti e mediante il quale la Nazione esprime la sua concreta sovranità.

Riporto qui le parole della Lettera pastorale dell'Episcopato polacco per il giorno 29 agosto 1982: "La Nazione polacca ha bisogno di un vero rinnovamento morale e sociale, affinché possa ritrovare di nuovo la fede in se stessa, nel suo futuro, la fiducia nelle proprie forze; svegliare le energie morali e la generosità sociale per poter affrontare la grande fatica del lavoro e le rinunce necessarie che stanno davanti a tutti. Un'urgente necessità è la ricostruzione della fiducia tra la società e il potere per costruire nel comune sforzo il migliore avvenire della Patria, e assicurare gli interessi della Nazione e dello Stato".


9. Cari fratelli e sorelle! Partecipanti a questa liturgia del Papa pellegrino, vostro connazionale, nella capitale della Polonia! Di qui, da Varsavia, parto per Jasna Gora, che il defunto Primate di Polonia, Cardinale Stefan Wyszynski, era solito chiamare "Jasna Gora della vittoria" ("Chiaro monte della vittoria").

Desidero portare là questo particolare dono, che nell'anno del Giubileo di Jasna Gora è stato l'elevazione sugli altari del martire polacco di Oswiecim, san Massimiliano Maria. Sono grato alla Provvidenza Divina che mi è stato dato di compiere questa canonizzazione, il 10 ottobre dell'anno 1982.

Partendo da Varsavia per Jasna Gora, mi inserisco spiritualmente nel corteo di pellegrini, che dal 1711, dunque da 272 anni, si muove ogni anno dalla capitale della Polonia verso la capitale della Regina della Polonia: il pellegrinaggio di Varsavia.

Desidero presentarmi davanti alla Genitrice di Dio e davanti al suo Divin Figlio, Gesù Cristo, che è "il Padre del secolo futuro" e, insieme, è "ieri" e "oggi". In particolare: è "l'ieri e l'oggi" delle generazioni che sono passate e passano attraverso la nostra Patria. Desidero portare là tutte le sofferenze della mia Nazione, e insieme quella volontà di vittoria, che non l'abbandona pur in mezzo a tutte le sconfitte e le esperienze della storia.

E voglio dire: "Prendi sotto la tua protezione tutta la Nazione, che vive per la tua gloria. Che si sviluppi splendida. O Maria!".

(Terminata la celebrazione, si è trattenuto con i fedeli) dicendo:) Prima della benedizione finale, prego tutte le comunità che partecipano a questo Sacrificio Eucaristico di accogliere il mio saluto particolare. E' ovvio che è presente qui la città di Varsavia e l'arcidiocesi di Varsavia, ma ci sono anche dei pellegrini. Questa nostra Eucaristia, celebrata dal Papa pellegrino, si è effettuata con la partecipazione dei pellegrini di varie diocesi. Desidero salutarli tutti in questa comunità e chiedere che portino la benedizione del Papa alle loro diocesi, parrocchie e famiglie. Vi sono dei pellegrini dell'arcidiocesi in Bialystok, della diocesi di Drihiczy, sul Bug, ci sono dei pellegrini della diocesi di Danzica. (Qualsiasi cosa volessi aggiungere a questa menzione sarà inutile, di fronte a questa reazione dei qui radunati, or ora udita). Saluti e benedizione alla diocesi di Danzica. (Ci siamo messi d'accordo in questa faccenda, cioè su chi ha qui il diritto di parlare). Ci sono dei pellegrini della diocesi di Lublino, della diocesi di Lomza, della diocesi di Plock, pellegrini della diocesi di Sandomierz-Radom, infine della diocesi di Siedlce cioè di Fodlasie. Da tutte queste diocesi, durante l'offertorio ho ricevuto un dono particolare, dono spirituale e simbolico. Desidero ricambiare questo dono, offerto in nome delle comunità diocesane, con il saluto e la benedizione del Papa, affinché li portiate, cari pellegrini, con voi, là da dove siete venuti. Questo è il primo cerchio: ma dobbiamo allargarlo ancora, poiché al Sacrificio Eucaristico celebrato qui, su questo luogo imponente, sullo sfondo di tutto il panorama di Varsavia, posto tra il verde, si potrebbe dire tra lo sport e la liturgia (perché così bisogna chiamare questa Messa oltre lo stadio), vi sono diversi ospiti, venuti dall'estero: i Cardinali e i Vescovi. Ognuno di loro rappresenta la Chiesa e la società, la nazione nella quale questa Chiesa vive.

Prima di finire la Santa Messa, vorrei, in nome di tutti noi che abbiamo partecipato a questa liturgia eucaristica, mandare i saluti e le benedizioni a quelle Chiese, i cui pastori sono venuti da noi. perciò li elenchero. Quanto ci è vicino il nome dell'Arcivescovo di Filadelfia negli Stati Uniti, Cardinale Krol, e accanto a lui l'Arcivescovo di Detroit, l'Arcivescovo Edmund Szoka (invio saluti e la benedizione alla Comunità polacca all'estero e per tutta la comunità della Chiesa negli Stati Uniti, e anche per tutta la società). E' presente tra noi il Cardinale di Magonza, nella Germania Occidentale: perciò, saluti e benedizione ai nostri fratelli nella fede, giunti dall'ovest della Polonia. E' presente anche il Cardinale vescovo di Berlino: e mandiamo anche in quella direzione i nostri saluti e le parole dell'unità cristiana. Ma abbiamo tra i nostri ospiti anche il Presidente della Conferenza dell'Episcopato della Spagna; per rimanere nella lingua spagnola aggiungo, che abbiamo anche un rappresentante dell'Episcopato del Messico. Li preghiamo di portare il nostro saluto e le parole di unità nella fede, la fede che unisce nel Cristo e nella Chiesa. Ci accostiamo poi al nostri vicini.

E' presente il Cardinale arcivescovo di Zagabria, in Jugoslavia. Lo preghiamo di portare ai nostri fratelli slavi il saluto e le parole dell'unità nella fede, nella Chiesa e nel Cristo; dell'arduo amore per la Madonna Santissima. C'è infine il Cardinale Primate dell'Ungheria, l'Arcivescovo di Esztergom. Che questa comunità di fede e di Eucaristia, che oggi ci ha riuniti qui a Varsavia, si estenda largamente attraversando i confini dei popoli e perfino dei continenti; e che ci unisca in questa unità che costituiamo nel Cristo, mediante i nostri illustri fratelli nell'Episcopato, nella dignità cardinalizia, nella vocazione pastorale.

Voglio aggiungere che insieme a me è venuto da Roma il cardinale Segretario di Stato, nonché tre Vescovi, che partecipano alla nostra celebrazione di oggi, così come a tutto il pellegrinaggio. Auguro che si trovino in Polonia così bene come in Vaticano e come a casa loro; poiché il Papa deve trovarsi bene in Vaticano.

Infine... "pro domo sua": tra i Cardinali è ovviamente presente il metropolita di Cracovia, il mio successore sulla sede di san Stanislao; il Cardinale Wladyslaw Rubin da Roma, il nostro compatriota. Aggiungo ancora il Vescovo Alfred Abramowicz di Chicago, il presidente della Lega cattolica polacca di Chicago.

Così, miei cari fratelli e sorelle, ci siamo visti alla fine di questa grande unità eucaristica, in un cerchio ancora più grande di quello che qui abbracciano i nostri occhi, le nostre orecchie, e il nostro cuore. Ci siamo visti come inseriti nel cerchio della comunità della Chiesa di tutta la terra polacca e per lo meno in una sua parte rilevante; nonché della comunità della Chiesa universale, nei diversi Paesi e sui diversi continenti.

Adesso ancora l'ultima parola a voi, che avete partecipato così costruttivamente a questo Santissimo Sacramento dell'altare. Ieri, durante il mio saluto all'aeroporto, ho detto che il bacio sulla terra polacca ha un significato simbolico di un bacio della pace. Oggi ritorno a questo pensiero, voglio augurare la pace a tutti i partecipanti di questo grande raduno eucaristico; desidero, cari fratelli, che anche il giorno di oggi e tutti i giorni del mio soggiorno, del mio pellegrinaggio, in Patria, siano giorni di pace, di silenzio, di tranquillità interna: giorni che vivremo dinanzi a Dio, dinanzi alla Madonna di Jasna Gora; giorni durante i quali cercheremo le vie per il futuro, che ogni tanto ci pare così oscuro. Me lo auguro cordialmente e ve lo chiedo: vi chiedo la pace per tutto il soggiorno del Papa pellegrino in ogni posto: Infine, auspico che il fatto che ritornerete alle vostre case; che bacerete i vostri figli, che non hanno potuto venire qui; che vi avvicinerete ai vostri malati, che non hanno potuto essere presenti; che direte una buona parola ai vicini, portando loro i saluti e la benedizione del Papa, produca l'espressione di questa pace e di questo amore, che ci spingono in unità, e ci uniscono soprattutto nell'Eucaristia. Miei cari fratelli e sorelle! Che questa Eucaristia si estenda, che Varsavia viva di essa, che la Polonia viva di essa, ne tragga la pace, l'amore e la salvezza! Infine saluto tutto il mondo operaio e universitario, e lo saluto perché me l'aveva chiesto. Ciò non significa che senza quel loro richiamo non li avrei salutati; ma poiché me l'hanno chiesto, che l'abbiano! E ora, cari fratelli e sorelle, partecipanti di questo grande incontro eucaristico-mariano, accogliete la mia benedizione di Papa come l'ultima parola della nostra preghiera comune e del nostro sacrificio comune.

Data: 1983-06-17 Data estesa: Venerdi 17 Giugno 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Incontro ecumenico - Varsavia (Polonia)