GPII 1983 Insegnamenti - Omelia nella "Città dell'Immacolata" - Niepokalanow (Polonia)

Omelia nella "Città dell'Immacolata" - Niepokalanow (Polonia)

Titolo: L'amore è più forte della morte, ci attesta l'esempio del Kolbe

Signori Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e religiose, specialmente voi, figli e figlie di san Francesco, e voi tutti, diletti connazionali, fratelli e sorelle! Il giorno 10 ottobre dello scorso anno mi fu dato di elevare agli onori degli altari della Chiesa universale, il santo Massimiliano Maria Kolbe, figlio della terra polacca. Fu quella un'insolita canonizzazione. Vi convennero anche dei polacchi, dalla Polonia e dall'emigrazione, in numero piuttosto rilevante. Ma costituivano solo la minoranza di quella grande folla di pellegrini, che quella domenica riempiva Piazza San Pietro. Essi venivano certamente da Roma e da tutta l'Italia, ma anche in numero notevole dalla Germania e dagli altri Paesi d'Europa, come pure da altri Continenti, in particolare dai Giappone, che ha legato durevolmente il suo cuore col Cavaliere dell'Immacolata. Si avvertiva chiaramente che la proclamazione come santo, da parte della Chiesa, del Padre Massimiliano raggiungeva un punto nevralgico della sensibilità dell'uomo dei nostri tempi.

perciò comune fu l'attesa di tale canonizzazione, e la partecipazione confermo l'attesa stessa.

Riflettendo intorno ai motivi, si può affermare che Massimiliano Kolbe, mediante la sua morte nel campo di concentramento, nel "bunker della fame", confermo in modo particolarmente eloquente il dramma dell'umanità del XX secolo.

Tuttavia il motivo più profondo e più consono sembra essere il fatto che in questo sacerdote-martire divento particolarmente trasparente la verità centrale del Vangelo: la verità circa la forza dell'amore.


2. "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn

15,13): così dice Gesù, congedandosi dagli apostoli nel cenacolo, prima di andare verso la passione e la morte. "Noi siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli", ripeterà, dopo il suo Maestro, l'apostolo Giovanni nella sua prima Lettera. E concluderà: "Da questo abbiamo conosciuto l'amore: egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli (1Jn 3,14-16).

Proprio questa verità del Vangelo divenne particolarmente trasparente, mediante l'atto compiuto a Oswiecim di Padre Massimiliano Kolbe. Si può dire che il più perfetto modello lasciatoci dal Redentore del mondo sia stato assunto in quell'atto con un eroismo totale e insieme con un'enorme semplicità. Il Padre Massimiliano esce dalla fila, per essere accettato come un candidato al "bunker della fame", al posto di Franciszek Gajowniczek: egli prende la decisione, nella quale si manifesta al tempo stesso la maturità del suo amore e la forza dello Spirito Santo, e compie questa decisione evangelica fino in fondo: dà la vita per un fratello.

Questo avviene nel campo della morte, in un luogo dove subirono la morte oltre quattro milioni di persone di diverse nazioni, lingue, religioni e razze.

Anche Massimiliano Kolbe subi la morte: alla fine, gli venne dato il colpo di grazia con un'iniezione mortale. Tuttavia, in questa morte si manifesto insieme la vittoria spirituale sulla morte, simile a quella che ebbe luogo sul Calvario. E dunque egli "non subi" la morte, ma "diede la vita" per un fratello. In questo c'è la vittoria morale sulla morte. "Dare la vita per un fratello" vuol dire diventare, in qualche modo, ministro della propria morte.


3. Massimiliano Kolbe era un ministro: era, infatti, un sacerdote figlio di san Francesco. Ogni giorno egli celebrava in modo sacramentale il mistero della morte redentrice di Cristo sulla Croce. Frequentemente ripeteva queste parole del Salmo, ricordate dalla liturgia odierna: "Che cosa rendero al Signore / per quanto mi ha dato? / Alzero il calice della salvezza / e invochero il nome del Signore" (Ps


115(116),12-13).

E' così. Ogni giorno egli alzava il calice della nuova ed eterna alleanza, nel quale, sotto la specie del vino, il Sangue del Redentore viene sacramentalmente "versato" per la remissione dei peccati. Insieme al mistero del Calice eucaristico maturava in lui quell'ora della decisione di Oswiecim: "Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?" (Jn 18,11). E bevve, bevve fino in fondo questo calice, per testimoniare di fronte al mondo che l'amore è più forte della morte. Il mondo ha bisogno di questa testimonianza, per scuotersi dai legami di quella civiltà della morte che, specialmente in alcuni momenti dell'epoca odierna, mostra il suo volto minaccioso.


4. Nell'evento di Oswecim è inscritto quel dialogo fondamentale, che permette all'uomo di superare l'orrore della civiltà della morte, e quotidianamente gli permette di superare i diversi pesi della temporaneità. E questo è il dialogo dell'uomo con Dio: "Che cosa rendero al Signore?... / Io sono il tuo servo, Signore, / io sono il tuo servo, figlio della tua ancella (Ps 12 Ps 16).

Così dice l'uomo, ministro dell'Eucaristia quotidiana, l'uomo ministro della propria morte nel campo di Oswiecim. così dice l'uomo. E' questa una parola che riassume tutta la sua vita.

E Dio risponde con le parole del Libro della Sapienza. Ecco le parole che contengono la risposta di Dio: "Le anime dei giusti, invece, sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà... Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto" (Sg 3,


1.5-6).

E' veramente così? Veramente "tormento non tocco" il Padre Massimiliano? L'uomo che veneriamo proprio come martire? La realtà della morte per martirio è sempre un tormento; pero, il segreto di quella morte è il fatto che Dio è più grande del tormento. Grande è la prova della sofferenza, quel "saggiare come oro nel crogiolo"; pero, più forte della prova è l'amore, cioè più forte è la grazia.

"L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato" (Rm 5,5).

Così, dunque, sta davanti a noi un martire: Massimiliano Kolbe - ministro della propria morte - forte nel suo tormento, ancora più forte nel suo amore, al quale fu fedele, nel quale crebbe nel corso di tutta la sua vita, nel quale maturo nel campo di Oswiecim. Massimiliano Kolbe: un singolare testimone della vittoria di Cristo sulla morte. Un singolare testimone della Risurrezione.


5. "Io sono il tuo servo, Signore; / io sono il tuo servo, / figlio della tua ancella...".

Quella maturazione nell'amore, che riempi tutta la vita di Padre Massimiliano e si compi in terra polacca definitivamente mediante l'atto di Oswiecim, quella maturazione fu in modo speciale unita all'immacolata Ancella del Signore. Egli fu, come pochi, figlio spirituale "della tua ancella". Egli sperimento sin dalla prima giovinezza la sua maternità spirituale: cioè la maternità che si stabili sul Calvario, sotto la Croce di Cristo, quando Maria accetto come figlio il primo discepolo di Cristo.

Massimiliano Kolbe come pochi era pervaso dal mistero della divina elezione di Maria. Il suo cuore e il suo pensiero si concentrarono in misura particolare intorno a quel "nuovo inizio", che fu nella storia dell'umanità - per opera del Redentore - l'Immacolata Concezione della Madre della sua terrena incarnazione. "Che cosa significa Madre - scriveva - lo sappiamo, ma Madre di Dio, non lo possiamo comprendere con l'intelletto, con la testa limitata. Solo Dio stesso comprende perfettamente che cosa significa "Immacolata"... L'Immacolata Concezione è piena di misteri consolanti (M. Kolbe, Lettera del 12 aprile 1933).

Massimiliano Kolbe penetro in questo mistero in modo particolarmente profondo, particolarmente sintetico: non in astratto; ma attraverso il vivo contesto di Dio-Trinità, Dio che è il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e attraverso il vivo contesto dei disegni salvifici di Dio a riguardo del mondo.

Ecco, di nuovo, le sue parole: "Cerchiamo sempre di più, ogni giorno di più, di avvicinarci all'Immacolata; in questo modo ci avvicineremo sempre di più al Sacratissimo Cuore di Gesù, a Dio Padre, a tutta la Santissima Trinità, perché nessuna creatura sta così vicina a Dio come l'Immacolata. In questo modo avvicineremo pure tutti i vicini al nostro cuore all'Immacolata e al buon Dio" (M.

Kolbe, Lettera da Nagasaki, 6 aprile 1934).

Tutte le iniziative apostoliche di Padre Massimiliano Kolbe testimoniano che il mistero dell'Immacolata Concezione era al centro della sua coscienza. Di ciò danno testimonianza e la "Milizia dell'Immacolata", e il "Cavaliere dell'Immacolata". Ciò attesta la "Città dell'Immacolata" (Mugenzoi no Sono) giapponese. Ciò, infine, attesta questa nostra "Niepokalanow" polacca.


6. E' bene che ci siamo riuniti proprio qui dopo la canonizzazione del Padre Massimiliano. Già, dopo la sua beatificazione, una nostra grande assemblea in terra natale ebbe luogo a Oswiecim: fu una cerimonia emozionante. Oswiecim è, infatti, il luogo nel quale egli "diede la vita per un fratello". Oggi siamo qui a Niepokalanow, e Niepokalanow ci parla della scoperta del "nuovo inizio" dell'umanità di Dio. Niepokalanow è il luogo dove, in continua obbedienza allo Spirito di Verità sull'esempio dell'Immacolata, l'uomo formava se stesso giorno per giorno, così che il santo superasse l'uomo non solo in funzione della vita e dell'apostolato, ma anche in funzione di una morte da martire "per il fratello".


7. So che a quest'odierna assemblea partecipano numerosi rappresentanti della campagna, agricoltori polacchi. Sono qui presenti - come sono stato informato - i membri delle "comunità pastorali degli agricoltori che lavorano per il rinnovamento della campagna in unione con la Chiesa". Alcuni di voi mi hanno visitato, durante la mia malattia, al policlinico "Gemelli" a Roma; oggi ci incontriamo nella preghiera in questa terra di Francesco e di Massimiliano.

So che vi anima il pensiero per il rinnovamento delle migliori tradizioni culturali della campagna, per la vita cristiana nell'amore reciproco, per la perfezione mediante la preghiera comune; so che formate dei circoli per aiutarvi reciprocamente; partecipate agli esercizi spirituali; completate la vostra istruzione; studiate la dottrina sociale della Chiesa. Desiderate in questo modo scoprire di nuovo la vostra particolare missione; al lavoro dei campi volete ripristinare la dignità che gli è propria e nelle fatiche di questo lavoro ritrovate la gioia.

Consentitemi di rivolgere a voi le parole di un grande statista, rappresentante della campagna polacca, Vincenzo Witos: "Il contadino ha conservato nei peggiori momenti la terra, la religione, la nazionalità. Questi tre valori hanno dato la base alla creazione dello Stato. Senza di essi non avremmo potuto averlo. Dove il contadino ha messo piede, là si è mantenuto il fondamento della futura rinascita (Congresso a Wierzchoslawice, 1928).

Rimanete nell'amore di Dio! Cristo, che chiamo se stesso la vera vite, di lui, del suo Padre disse che è il vignaiolo. Rimanete in Cristo e portate molto frutto, in lui possiamo tutto (cfr. Jn 15,1-15). Siate la coltura di Dio! E rimanete nell'amore della vostra terra: di questa terra madre e nutrice.

Il Creatore ha affidato, in modo particolare, a voi ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme, affinché siano il cibo per tutti (cfr. Gn 1,29). Questa terra produce "spine e cardi", ma grazie al vostro lavoro deve produrre il cibo, portare il pane per l'uomo. Questa è una particolare sorgente della dignità del lavoro dei campi, della vostra dignità.


8. Questa nostra odierna assemblea a Niepokalanow richiama alla mia mente le categorie storiche. Una volta, nel XIII secolo, nel 1253, i polacchi giunsero alla canonizzazione del primo figlio della loro terra, che fu anche pastore della sede di Cracovia. La canonizzazione di san Stanislao si svolse ad Assisi: i connazionali, pero, e in particolare i Principi della dinastia di Piast, che allora governavano la Polonia, sentirono il bisogno di riunirsi a Cracovia per sperimentare sulla propria terra la gioia pasquale dell'elevazione di un loro connazionale alla gloria degli altari della Chiesa universale: la gioia della nascita di un Santo per la loro terra natale. Videro in lui un segno della Provvidenza divina per questa terra. Videro in lui il loro patrono e mediatore presso Dio. Unirono a lui le speranze per un futuro migliore della patria, che allora si trovava in una difficile situazione a causa della divisione in ducati.

Dalla leggenda che asseriva che il corpo di Stanislao, smembrato durante l'uccisione, doveva ricongiungersi, nacque la speranza che la Polonia dei Piast avrebbe un giorno superato la dinastica divisione in ducati e sarebbe ritornata come stato all'unità. Il seguito della storia, iniziando da Ladislao il Breve, confermo questa speranza.


9. Oggi a Niepokalanow, al centro della nostra celebrazione nella terra natale - dopo la canonizzazione - c'è san Massimiliano Maria Kolbe: il primo santo della stirpe dei polacchi all'inizio del secondo millennio. Il primo e il secondo millennio della Polonia e del Cristianesimo in Polonia si incontrano in un simbolo profondo. Il patrono della Polonia di allora è il patrono... solo della Polonia? Non lo è piuttosto di tutto il nostro difficile secolo? Si, ma dato che è un figlio di questa terra, partecipe delle sue prove, delle sue sofferenze e delle sue speranze; perciò, in un certo modo, particolare è il patrono della Polonia.

Proprio di questa Polonia, che dalla fine del XVIII secolo si è cominciato a condannare a morte: alle spartizioni, alle deportazioni, ai campi di concentramento, al bunker della fame. E quando, dopo 120 anni, era ritornata allo stato di indipendenza, si è atteso il 1939 per ripetere ancora una volta questa condanna a morte. Infatti, proprio dal centro di queste lotte tra la vita e la morte della patria spunta l'opera di san Massimiliano a Oswiecim. "Mors et vita duello conflixere mirando" ("morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello"), come leggiamo nella Sequenza pasquale. Il figlio della terra polacca, che cadde sul suo Calvario, nel bunker della morte per fame, "dando la vita per un fratello", ritorna a noi nella gloria della santità. L'amore è più forte della morte.


10. Sorse un tempo, nel medioevo, la leggenda di san Stanislao. I nostri tempi, il nostro secolo non creeranno la leggenda di san Massimiliano. E' abbastanza forte l'eloquenza dei soli fatti, cioè la testimonianza della vita e del martirio.

Bisogna assumere l'eloquenza di questi fatti quasi contemporanei nella vita polacca. Bisogna costruire da essi il futuro dell'uomo, della famiglia, della nazione.

Che cosa vuol dire che l'amore è più forte della morte? Vuol dire anche: "Non lasciarti vincere dal male, ma vinci col bene il male" secondo le parole di san Paolo (Rm 12,21). Queste parole traducono la verità sull'atto, compiuto a Oswiecim dal Padre Massimiliano, in diverse dimensioni: nella dimensione della vita quotidiana, ma anche nella dimensione dell'epoca, nella dimensione del difficile momento storico, nella dimensione del XX secolo, e può darsi anche in quella dei tempi che verranno.


11. Radunati a Niepokalanow per il grande ringraziamento nazionale dopo l'elevazione alla gloria degli altari di san Massimiliano Maria - il nostro connazionale, il testimone del nostro difficile secolo, il martire, il primo santo della stirpe dei polacchi nel secondo millennio -, noi desideriamo arricchire l'eredità cristiana polacca dell'emozionante eloquenza dell'atto da lui compiuto a Oswiecim: "Non lasciarti vincere dal male, / ma vinci col bene il male".

E' un programma evangelico. Un programma difficile ma possibile. Un programma indispensabile.

Recandomi di qui in pellegrinaggio a Jasna Gora, chiedero alla Regina della Polonia e Madre di tutti i polacchi, di ottenerci, sull'esempio di san Massimiliano, la forza di spirito necessaria per intraprendere questo programma.

Affinché possiamo integrare nell'eredità spirituale polacca l'eloquenza della vita e della morte del Cavaliere dell'Immacolata. così sia.

(Prima della Messa il Papa ha risposto al saluto del Padre Sliwinski, con un discorso improvvisato, dicendo:) Miei cari fratelli e sorelle. Sulla strada del mio pellegrinaggio per il Giubileo di Jasna Gora, arrivo oggi a Niepokalanow. Durante il precedente viaggio, quattro anni fa, sono stato nel luogo dove è morto da martire san Massimiliano Maria Kolbe, a Oswiecim. Oggi, a un anno dalla sua canonizzazione, ci troviamo nel posto della sua eroica vita, del suo quotidiano lavoro. Egli ha chiamato questo luogo Niepokalanow. Città dell'Immacolata! Convento dell'Immacolata. Luogo dell'Immacolata. Officina di lavoro dell'Immacolata. E qui, a Niepokalanow, ringrazieremo la Santissima Trinità per aver innalzato alla gloria degli altari il primo santo, figlio della terra polacca, del secondo millennio. Ma prima di dare inizio alla solenne liturgia di ringraziamento desidero fermarmi per un momento in questa basilica, insieme con voi, con voi che rappresentate le famiglie degli Ordini religiosi maschili e femminili. I Santi ci vengono dati da Dio perché testimonino, con la loro gloria celeste, l'eroismo dell'esistenza terrena, l'eroismo della vita quotidiana qui a Niepokalanow.

San Massimiliano Maria Kolbe, nella Chiesa del nostro tempo e, più in generale, nell'umanità contemporanea, ha una missione profetica, una missione molteplice. Qui, in questo incontro con voi, voglio soffermarmi solo su uno degli aspetti di tale missione: molto vicino a quello cui i Vescovi riuniti in Sinodo nel 1971, a Roma, diedero espressione nel giorno della sua beatificazione, e all'indomani della stessa. San Massimiliano - allora beato - era sacerdote. Il Sinodo del 1971 trattava il tema del Sacerdozio. Il nuovo beato era stato la viva incarnazione di ciò che è il sacerdote, della missione cui è chiamato il sacerdote cattolico. così, infatti, egli rispose a Oswiecim, alla domanda "Chi sei?": "Un sacerdote cattolico".

Penso che oggi, qui a Niepokalanow, bisogna mettere in rilievo un altro aspetto. Il figlio di san Francesco, religioso, uno dei tanti membri della grande Famiglia francescana, ci è stato dato nel nostro tempo, non solo per la Polonia, ma per tutta la Chiesa, ci è stato dato affinché nessun Ordine regolare - maschile o femminile -, nessun religioso e nessuna religiosa al mondo, abbia dubbi sul significato della sua identità e in che cosa consista la vera essenza della vocazione. Nel periodo postconciliare, nel mondo, sono sorti diversi dubbi, ma Dio, prima del Concilio, ha preparato un figlio della terra polacca, figlio di san Francesco, perché fosse la viva risposta che siamo qui, oggi a Niepokalanow. Come servo della Chiesa universale penso a questa nostra odierna celebrazione con cuore di polacco e, nello stesso tempo, di Papa, e vorrei che essa - legata alla canonizzazione, già avvenuta - arrivasse non solo alla Polonia dei nostri giorni, ma a tutto il mondo cattolico, a tutta la Chiesa, per testimoniare ciò che ha testimoniato san Massimiliano, figlio di san Francesco, in terra polacca.

In questo nostro secolo, nella prospettiva dell'avvicinarsi del terzo millennio, preghiamo molto, perché la testimonianza di questa nostra solenne celebrazione sia accolta da tutta ia Chiesa. E innanzitutto - naturalmente - da noi stessi, come parte speciale, parte eletta della Chiesa polacca, costituita dalle famiglie degli Ordini religiosi maschili e femminili.

(Conclusa la celebrazione ha salutato i partecipanti alla Messa:) Saluto i sacerdoti ex prigionieri dei campi di concentramento - soprattutto di Dachau - fra i quali i Vescovi Ignacy Jez e Kazimierz Majdanski.

Saluto tutti i superiori degli Ordini religiosi venuti da tutta la Polonia, e attraverso loro tutti i religiosi della nostra Patria, benemeriti della vita della Chiesa. Nel contempo saluto anche tutti gli Ordini religiosi femminili, qui rappresentati dal presidente della Commissione episcopale per gli affari degli Ordini religiosi, Arcivescovo Bronislaw Dabrowski, Segretario benemerito dell'Episcopato polacco. Saluto, in particolare, la Famiglia francescana, i Francescani conventuali con il loro padre superiore di Roma, padre Blazej Kruszylowicz. Saluto tutti i missionari polacchi - 1.100, sparsi in tutti i continenti - e contemporaneamente indirizzo un'ardente preghiera alla Chiesa di Polonia, al clero regolare, diocesano, ai laici, perché i figli e le figlie di questa terra si mettano in cammino per la grande messe di Dio, perché si rechino là dove Cristo li chiama. I bisogni sono enormi, la messe è abbondante.

Saluto poi due diocesi, legate alla vita di san Massimiliano: quella di Wloclawek, guidata dal Vescovo Jan Zareba, in cui è nato il Santo; e la diocesi di Lodz, retta dal Vescovo Jozef Rozwadowski, in cui egli si è formato. Saluto infine coloro ai quali è affidata la cura pastorale delle famiglie, con il presidente della Commissione episcopale, Vescovo Marian Przykucki, ordinario di Chelm.

Ancora un saluto speciale ai devoti dell'Immacolata di tutta la Polonia, che hanno preso parte all'odierna funzione. Saluto infine - prima della benedizione - tutti i partecipanti all'assemblea eucaristica, alla santa offerta, pregandoli di portare la benedizione del Papa nelle loro famiglie, nei loro ambienti, nelle loro parrocchie e diocesi, in tutta la Polonia.

Che l'Immacolata - regni nel cuore della nostra Patria.

Data: 1983-06-18 Data estesa: Sabato 18 Giugno 1983

Agli ammalati nella cattedrale - Czestochowa (Polonia)

Titolo: Cristo crocifisso è la nostra saggezza e la nostra forza

Voglio ringraziare di cuore per l'accoglienza in questo tempio stazionale, come l'ha chiamato il mio caro fratello Monsignor Stefan, Vescovo della Chiesa di Czestochowa. Questo tempio è nello stesso tempo il cuore della Chiesa di Czestochowa, in quanto cattedrale di questa Chiesa. Al cuore della Polonia cattolica, a Jasna Gora, si arriva attraverso questo cuore della Chiesa di Czestochowa. Io faccio questa strada poiché, seguendo Pietro, devo legare sulla terra quello che è legato nei Cieli; e sulla terra le Chiese si legano ai loro Vescovi; si legano tramite le Cattedrali che costituiscono il cuore delle Comunità diocesane; si legano anche tramite i Santuari che costituiscono il cuore delle Nazioni e dei Popoli interi, così come la Nostra Jasna Gora costituisce il cuore della Nazione polacca, della Chiesa sulla terra polacca. Quindi, ringrazio per questa accoglienza, ringrazio per l'accoglienza nella Cattedrale di Czestochowa, intitolata alla Sacra Famiglia, nella Cattedrale che mi è ben nota, che mi è molto cara, che è stata visitata da me molte volte. Sono contento di potermi trovare qui ancora una volta e di poter iniziare ancora una volta la visita a Jasna Gora tramite il mistero della Sacra Famiglia.

Voglio esprimere la mia grande commozione per l'incontro che mi è dato vivere in questa cattedrale poiché avete invitato ammalati, e soprattutto giovani ammalati. Dico commozione poiché l'incontro con gli ammalati porta sempre con sé una profonda commozione: una commozione addirittura inesprimibile. Non è una commozione soltanto umana, ma commozione della sofferenza umana, è una commozione cristiana, evangelica, direi mistica.

Nella sofferenza ci appare in un certo modo il mistero della Redenzione che in un modo particolare, si fa presente tra noi, si fa visibile e palpabile.

Quelli che soffrono, quei giovani sofferenti sono una continuazione particolare del Cristo sofferente, e il Cristo sofferente, Cristo crocifisso, è la nostra saggezza e la nostra forza. perciò, quando mi incontro con voi, cari fratelli e sorelle, cari figli, credo di incontrare la forza e la saggezza divina che esiste nella Croce del Cristo. Mi appoggio tutto su questa forza e saggezza così come san Paolo assicurava che annunciamo il Cristo Crocifisso, il quale è la saggezza di Dio e la forza di Dio. Voi mi aiutate, seguendo l'apostolo, a pensare allo stesso modo, e ad annunciare allo stesso modo. Voi, cari malati, preparate in un certo senso la mia anima per salire a Jasna Gora. Siete quest'atrio di purificazione prima che io ci salga, prima che mi trovi dinanzi al volto della Madonna di Jasna Gora, della Madre e Regina della nostra Nazione; prima che io compia questa grande celebrazione del 600° anniversario in nome della Chiesa e della Nazione. Siete voi l'atrio di purificazione; attraverso l'incontro con voi vivo questa profonda conversione al mistero della Redenzione di Cristo della quale devo riempirmi affinché io possa presentarmi su, a Jasna Gora, con tutto l'impegno interiore di fede, di speranza e di amore, che mi deve riempire, affinché io possa con questa fede, speranza e amore servire tutti i pellegrini che sono venuti o che verranno, così come me, che vengo qui come pellegrino.

Quindi sono grato prima al giovani e dopo a tutti coloro che partecipano alla celebrazione di domani per avermi trattenuto in questa Cattedrale di Czestochowa intitolata alla Sacra Famiglia, vi sono grato di essermi venuti incontro, di avere portato qui la vostra sofferenza, il vostro sacrificio e la vostra preghiera e di avermi sostenuto sulla strada che porta a questo grande santuario della storia del nostro Popolo. Affido anche alle vostre preghiere e al vostro sacrificio questo mio servizio pastorale in terra polacca e altrove.

Ricordate che ogni giorno mi unisco a voi nel punto culminante dell'Eucaristia, e che vi invito sempre a questo momento; invito tutti quelli che soffrono e invito voi da qui, da Czestochowa, affinché possiamo, uniti in questo mondo, vivere sempre più fruttuosamente il mistero dell'Eucaristia; più fruttuosamente rinnovare la Croce, la Morte, la Risurrezione del Cristo nella forma sacramentale, eucaristica.

Saluto anche tutti i presenti nella Cattedrale: Vescovi, rappresentanti del Capitolo di Czestochowa, sacerdoti, religiose, tutti i fedeli. Saluto tutti quanti radunati davanti alla Cattedrale.

Cari fratelli, vengo qui per essere uno di voi pellegrini, anch'io come pellegrino. Che la nostra strada sia comune, che la nostra preghiera sia umile, che il nostro amore sia potente, che la nostra speranza sia più grande di tutto ciò che la potrebbe ostacolare.

Desidero darvi la mia benedizione insieme con il Vescovo di Czestochowa e con i miei fratelli nell'Episcopato presenti qui, ai Cardinali, al Primate polacco, al Metropolita di Cracovia, agli altri ospiti, Cardinali e Vescovi, affinché sia segnata con questa benedizione la prima stazione della mia via verso Jasna Gora.

Data: 1983-06-18 Data estesa: Sabato 18 Giugno 1983

Alla diocesi di Szezecin-Kamien - Czestochowa (Polonia)

Titolo: L'operaio polacco ha rivendicato se stesso col vangelo e la preghiera




1. Do un cordiale benvenuto, e saluto l'antica, perché quasi millenaria, ma al tempo stesso molto giovane Chiesa, che è in Szczecin. Saluto il Vescovo ordinario Kazimierz e lo ringrazio per le parole pronunciate; saluto i Vescovi ausiliari, il Vescovo Jan e il Vescovo Stanislaw, il clero diocesano e regolare, le sorelle e i fratelli; saluto tutti coloro che si sono assunti la fatica di questo pellegrinaggio per pregare insieme col Papa qui, a Czestochowa, a Jasna Gora, in questo particolare regno di Maria, e concludere insieme con lui il Giubileo di Jasna Gora. Io do il benvenuto e saluto tutto il Popolo di Dio della diocesi di Szczecin-Kamien e tutta la popolazione sull'Odena e sul Baltico. A tutti dico, qui, da Czestochowa: "Pace a voi!". Questo incontro sottolinea in un certo modo ancor più fortemente ciò che ho detto dopo l'atterraggio all'aeroporto di Varsavia: "Desidero dunque... dire subito che vengo alla mia Patria intera, a tutti i polacchi. Dal Nord al Sud, e dall'Est all'Ovest".


2. Da quasi duemila anni la Chiesa annuncia ciò che ha ricevuto dal Signore. E per oltre mille anni la Buona Novella, che Gesù vive, risuona sulle nostre terre slave polacche.

E' nota la storia dell'evangelizzazione della Pomerania Occidentale.

Un'evangelizzazione difficile, spesso dolorosa, per ricordare solo i tentativi del missionario Barnard Lo Spagnolo. Pero Dio ha inviato di nuovo i suoi apostoli, per annunziare ai nostri padri ciò che hanno ricevuto dal Signore.

Sappiamo che un frutto della semina missionaria dell'uomo di Dio, sant'Ottone della tedesca Bamberga, fu la scuola vescovile fondata nel 1140 con sede a Wolin e successivamente a Kamien.

Sono noti gli sforzi e la sollecitudine per l'evangelizzazione anche dei regnanti di allora, specialmente di Boleslao Boccastorta, i quali, una volta battezzati, vedevano anche nella Chiesa un potente fattore, che integrava interiormente e consolidava lo Stato ancora giovane.


3. Vi guardo e col cuore abbraccio tutta la vostra diocesi, tutta la Pomerania, tutta la Costa.

La Chiesa ha fatto tanto su questi territori dopo il loro ritorno entro i confini dell'attuale Stato polacco; un grandissimo contributo di lavoro nella ricostruzione, nello sviluppo, nel radicamento. Grande lavoro perché tutti si sentono a casa e in famiglia. In mezzo a tutte le difficoltà e contrarietà, l'enorme sforzo della Chiesa, perché Cristo Crocifisso e Risorto fosse annunciato e vivesse nei cuori degli uomini. Fino ad oggi tuttavia questa Chiesa, contrariamente alle condizioni polacche, ha un numero eccezionalmente basso di sacerdoti.

Con questa speranza e con questa fiducia in questa Chiesa, nel Popolo di Dio della Pomerania Occidentale, benediro tra poco la prima pietra, proveniente dalla Basilica di San Pietro in Roma, per il nuovo Seminario maggiore a Szczecin! Che la grazia e la benedizione di Dio, il quale sceglie i servi tra il suo popolo, si posino su di esso, e i cuori siano sensibili alla sua chiamata! Permettete che, con una frase, ricordi qui tutti coloro che spesso eroicamente hanno lavorato perché in questi territori ci si sentisse in casa nella fede e nell'essere polacchi. Ai vivi e ai defunti dico a nome della Chiesa "Bog zaplac" (Dio vi ricompensi), e ai vivi, e a coloro che verranno, dico ancora "coraggio"! Che Dio vi aiuti.


4. Rappresentate, cari fratelli e sorelle, un centro potente e dinamico di vita operaia, intellettuale, spirituale e religiosa. Mi rivolgo a voi, allievi e professori di tutte le scuole; a voi allievi e professori degli atenei; a voi, lavoratori dei cantieri navali, portuali, metallurgici, lavoratori dell'industria chimica, uomini del mare e uomini del duro lavoro della terra. Venite per il Giubileo di Jasna Gora con il Papa, con il carico di tutto il difficile passato di queste terre e di questa Chiesa; venite specialmente con esperienze nuove, quelle del dopoguerra, e con quelle che ci siamo ormai abituati a dire degli ultimi anni.

Venite alla Madre di Czestochowa con una ferita nel cuore e con dolore. E questa vostra presenza ha forza di testimonianza, di quella testimonianza che ha stupito il mondo intero, quando l'operaio polacco ha rivendicato se stesso con il Vangelo in mano e con la preghiera sulle labbra.

Le immagini che nel 1980 giravano nel mondo, hanno toccato il cuore e le coscienze. E' successo così perché l'interrogativo fondamentale era la domanda - d'altronde importante - "quanto?", ma alla base si è trovata la domanda "nel nome di che cosa?", l'interrogativo per il senso del lavoro umano, della sua stessa essenza. Nella risposta ad una domanda posta così non possono mancare questi principi fondamentali, che sono così profondi come l'uomo stesso, e che hanno il proprio inizio in Dio. Non può mancare in questa risposta il Cristo. Per questo, anche nel più difficile e drammatico periodo, lo avete invitato in modo particolare.

Solo l'uomo rinnovato interiormente, per il quale il supremo criterio è la dottrina integrale sull'uomo, può in pace e con coraggio edificare una nuova realtà. perciò avete invitato da voi il Cristo Risorto, che Pietro e gli Undici annunciarono, che san Paolo, sant'Adalberto, sant'Ottone di Bamberg, san Stanislao, san Massimiliano Kolbe hanno annunciato. Il Cristo che vive e che salva. Il Cristo degli operai, degli uomini del lavoro negli anni Ottanta del nostro secolo. Il Cristo che si presenta davanti a noi e dice: Pace a voi! Non abbiate paura! "Venite a mangiare" (Jn 21,12).


5. In un'epoca in cui il mondo è scosso da tanti conflitti di diversa natura, pieno di diverse contraddizioni, quando spadroneggia l'ingiustizia nei suoi molteplici aspetti e ha luogo la divisione impropria dei beni, che fa nascere le tensioni e le lotte, il Papa non poteva non pubblicare un'enciclica sul lavoro umano. Non può non essere proclamato con forza particolare il Vangelo del lavoro e della pace.

E in questo momento, mentre mi guardate negli occhi, e io vi guardo negli occhi, e mentre gli occhi di tutti noi guardano pieni d'amore materno e di forza gli occhi della Signora di Jasna Gora, non potevo non parlare magari brevemente di questi grandi problemi, che si compiono prima di tutto nella coscienza e nel cuore dell'uomo di questa terra, affaticato ma pieno di fiducia e di fede, e non unire alla vostra testimonianza quella mia.

Alla Madre della Chiesa, che questa diocesi, tra tante difficoltà e sofferenze ma anche tra tanti sforzi e speranze, si è scelta come patrona, affido tutti, ogni stato, ogni uomo, ogni casa e famiglia, ogni ambiente.

Che essa vegli sul diritto del suo Figlio su di voi, sui vostri cuori e sulle vostre coscienze, e sul vostro diritto nei confronti di lui, del vostro lavoro e dei suoi frutti, della vostra dignità, e ad operare conformemente ad una retta coscienza e in accordo con i diritti universalmente riconosciuti.

Tutti voi qui presenti, e coloro che si uniscono a noi spiritualmente, di cuore benedico.

Data: 1983-06-18 Data estesa: Sabato 18 Giugno 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Omelia nella "Città dell'Immacolata" - Niepokalanow (Polonia)