GPII 1983 Insegnamenti - All'Università Jagellonica Cracovia (Polonia)

All'Università Jagellonica Cracovia (Polonia)

Titolo: Sapienza e rettitudine per il consolidamento della vita polacca

Egregio Signor Rettore Magnifico, Senato Accademico della prima Università in Polonia, Signor Ministro, professori, ricercatori, studenti, egregi e cari signori.


1. Non posso nascondere che con una particolare commozione varco oggi la soglia dell'"Alma Mater Jagellonica". Per molti anni, come abitante di Cracovia, mi sono incontrato abitualmente con questo complesso di edifici, che nascondono in sé l'Università, e tuttavia essa non ha perduto per questo nulla della sua grandezza.

Non è diventata comune. E' rimasta grande di quella fondamentale grandezza, che possiede nella storia della Patria e nella storia della cultura polacca, europea e mondiale. così l'ha vista il suo allievo, Padre Pietro Skarga, quando chiamo l'Accademia di Cracovia "una felice donazione dei Re polacchi e l'ornamento di questa Corona" ("Vita dei Santi", 1855, p. 73). Nel mio contatto giornaliero con essa, avuto nei quarant'anni del mio soggiorno qui, neanche per un attimo ho perso la consapevolezza di essere in relazione con qualcosa di grande. Una di quelle cose che decidono del posto della mia Patria nella storia della cultura universale-umana.


2. Entrai per la prima volta tra le mura del "Collegium Maius" come allievo decenne della scuola elementare, per assistere al conferimento della laurea al mio fratello maggiore, laureatosi nella Facoltà di medicina dell'Università Jagellonica. Ho ancora oggi negli occhi quella cerimonia nell'aula universitaria.

Sono passati quasi trentacinque anni dal momento in cui mi fu dato di ricevere un'analoga promozione, nella Facoltà di teologia. Tale promozione costituiva la conclusione degli studi in un certo qual senso presso due università: quella Jagellonica e quella romana, l'Angelicum, dove studiai negli anni 1946-48.

3. I precedenti anni dei miei studi a Cracovia coincidono col periodo della seconda guerra mondiale e dell'occupazione nazista. Iniziai gli studi nell'autunno del 1938 alla Facoltà di filosofia di allora, essendo iscritto alla facoltà di lettere. Porto profondamente impresso nella memoria quell'unico anno di studi prima della guerra: tutto l'ambiente universitario, i nomi dei grandi professori di cui ho avuto l'onore d'essere allievo, i volti degli amici e delle amiche, dalla maggioranza dei quali mi hanno separato gli eventi degli anni 1939-45. Con gioia tanto maggiore vedo alcuni di loro oggi qui presenti. Desidero porre nelle loro mani il ringraziamento per tutto ciò che debbo alla Facoltà di lettere dell'Università Jagellonica. Ancor oggi colgo i frutti di quegli studi che, di fatto, furono molto brevi e frammentari.


4. Nel periodo della clandestinità, durante l'occupazione, iniziai, come operaio in una fabbrica a Borek Falecki, gli studi alla Facoltà clandestina di teologia dell'Università Jagellonica. Era l'autunno del 1942. Fra le terribili prove della guerra, scoprii gradualmente in me la vocazione al sacerdozio, e imboccai una via nuova. Gli studi alla facoltà di teologia dall'autunno del 1942 segnano l'inizio di questa via. Essa passo prima attraverso la tappa della clandestinità, per poi proseguire, sin dal gennaio del 1945, negli studi regolari di questa facoltà.

Questo fu il secondo capitolo delle mie esperienze di studente, molto diverso da quello anteriore alla guerra, che in un certo modo completava il precedente. Come alunno del Seminario ecclesiastico maggiore di Cracovia, in quei primi anni del dopoguerra, potei partecipare alla vita della società accademica dell'Università; per un certo periodo di tempo fui persino vicepresidente dell'Aiuto fraterno degli studenti dell'Università Jagellonica "Bratniak".


5. Dopo la fine degli studi e il dottorato di ricerca alla Facoltà di teologia, continuai a rimanere in contatto con l'Ateneo. Nel novembre del 1953 mi fu ancora dato di ricevere l'abilitazione nel campo della teologia morale. Fu quella l'ultima abilitazione alla Facoltà di teologia dell'Università Jagellonica, prima dell'esclusione di tale Facoltà - dopo quasi sei secoli - dall'organismo dell'Università: della più antica "Alma Mater" in Polonia. Della mia "Alma Mater"!


6. Mentre oggi, su gentile invito del rettorato, ritorno tra le sue mura, sento - così come la sentii sempre nel passato - questa storica grandezza dell'Università Jagellonica, alla quale la Provvidenza mi permise di legare, sebbene in modo alquanto frammentario, i giovani anni della mia vita. Attraverso il prisma di quell'indimenticabile e insostituibile esperienza, abbraccio gli oltre sei secoli di esistenza dell'Università al centro della storia della mia Patria.

"L'Università ha servito la verità e la Repubblica - scrive il Reverendo Konatanty Michalski - durante secoli interi, condividendo insieme con essa la buona e la cattiva sorte, le fortune e le calamità, così che tutta la Repubblica ha potuto dire con Jaghiello all'Accademia polacca: Figlia mia, ossa delle mie ossa e sangue del mio sangue" ("Dove andiam", Krakow, 1964, p. 91).

Torno indietro fino all'anno 1364, agli inizi, durante il regno di Casimiro; ritorno all'anno 1397, a quel secondo inizio, unito con i nomi dei fondatori della dinastia degli Jagelloni, i quali furono contemporaneamente i rifondatori dell'Ateneo omonimo.


7. Quanti nomi grandi nella storia della Nazione, della scienza, della cultura! Basti nominare soltanto: Wojciech da Brudzewo, Mikolaj Kopernik, Maciej Miechowita, Stanislaw da Skalbmierz, Pawel Wlodkowic, Jukab da Pradyz, San Jan da Kety, Zbigniew Olesnicki, Stanislaw Hozjusz, Mikolaj Rey, Jan Kochanowski, Andrzej Frycz Modrzewski, Marcin Kromer.

Questi sono appena alcuni nomi del primo periodo dell'Accademia Jagellonica, che del resto è stato il periodo del suo particolare splendore.


8. Poi passano i secoli. Epoche della storia della Polonia, dell'Europa e del mondo. Epoche della storia e della scienza e della cultura. Attraverso tutti questi secoli l'Ateneo Jagellonico perdura nel cuore stesso della scienza e della cultura polacche.

Non è possibile far qui un elenco esauriente. Permettete di fermarmi su Jan Sniadecki, Hugo Kollataj, Zygmunt Wroblewski, Karol Olszewski, Marian Smoluchowski.


9. Ed ecco, ci avviciniamo ai nostri tempi. A quei grandi nomi, con i quali mi fu dato di incontrarmi ormai personalmente durante i miei studi. Basti nominare solo i professori: Pigon, Kolaczkowski, Klemensiewicz, Kamykowski... di essi vive ancora soltanto il professor Urbanczyk, il quale nel primo anno della Facoltà di lettere dirigeva come assistente le nostre esercitazioni di fonetica descrittiva.

E in seguito nella Facoltà di teologia. Ricordo tutti i professori che vivono e quelli che ci hanno lasciato. Mi perdonino se non li nomino.


10. Una grande genealogia di maestri. E la genealogia dei discepoli di quella "madre delle scuole polacche" come l'ha chiamata Giovanni Sobieski, quando, dopo la vittoria di Vienna, depose sulla tomba di san Giovanni Kanty gli stendardi turchi. "Memore del fortunoso cibo della scienza nell'Università di Cracovia" (Iscrizione nella casa di san Giovanni Kanty). L'università è come una grande famiglia. Tutti uniti dal reciproco amore alla verità, di quella verità che è il fondamento stesso dello sviluppo dell'uomo nella sua propria umanità. Essa è anche il fondamento dello sviluppo della società nella sua identità più profonda.

Durante la mia visita all'Unesco il 2 giugno 1980 ho detto: "Io sono figlio di una Nazione, che ha vissuto le più grandi esperienze della storia, che i suoi vicini hanno condannato a morte a più riprese, ma che è sopravvissuta e che è rimasta se stessa. Essa ha conservato la sua identità e ha conservato, nonostante le spartizioni e le occupazioni straniere, la sua sovranità nazionale, non appoggiandosi sulle risorse della forza fisica, ma unicamente appoggiandosi sulla sua cultura. Questa cultura si è rivelata, all'occorrenza, d'una potenza più grande che tutte le altre forze... Esiste una sovranità fondamentale della società che si manifesta nella cultura della Nazione".

Quale sia la parte dell'Università Jagellonica nella creazione e diffusione di questa cultura, che forma la sovranità spirituale, lo sappiamo tutti.

Oggi - in queste circostanze veramente straordinarie - io, Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma, sto davanti a questi ritratti, di fronte a questa grande genealogia accademica della mia "Alma Mater" Jagellonica e, come avviene di fronte a una madre, bacio le mani, per dare con questo gesto la testimonianza di quanto grande è il debito che ho contratto. Io personalmente, insieme con tutta la mia Nazione.


11. Se desiderate, Magnificenza, chiarissimo Senato, che io accetti il dottorato "honoris causa", lo faccio in spirito di obbedienza nei riguardi dell'"Alma Mater", anche se le regole del mio ministero non lo prevedono.


12. Sul portale di una delle aule dell'antica Università, proprio qui nell'aula del "Collegium Maius", leggiamo questa iscrizione: "Plus ratio, quam vis".

Ti auguro, Università Jagellonica, che nel settimo anno della tua esistenza tu rimanga sempre fedele a questo motto accademico. Che la tua presenza nella vita della Polonia di oggi serva alla vittoria di ciò che è degno dell'uomo come essere ragionevole e libero. Che essa tuteli dal predominio delle sole forze materiali. Ti auguro, Università Jagellonica - grande protagonista fra tutti gli atenei nella Patria - che tu possa sempre contribuire al consolidamento di tutta la vita polacca sui fondamenti della sapienza, della conoscenza e della rettitudine.

Chiedo che Dio benedica le successive generazioni dei tuoi professori e studenti.

Data: 1983-06-22 Data estesa: Mercoledi 22 Giugno 1983

Omelia durante il Rito di Beatificazione - Cracovia (Polonia)

Titolo: Nella santità si manifesta la forza della redenzione di Cristo

"Il Signore è il mio pastore..." ().


1. Miei diletti connazionali! Desidero oggi, insieme con voi, rendere gloria al Signore, che è il nostro Pastore: è il Buon Pastore del suo gregge. L'ha detto lui stesso di sé nel Vangelo. Ce lo dice anche il Salmo dell'odierna liturgia.

Desidero dunque oggi, nel giorno conclusivo del mio pellegrinaggio in Patria, professare insieme con voi la verità sul Buon Pastore sullo sfondo del Giubileo di Jasna Gora. I sei secoli della mirabile presenza della Genitrice di Dio in quest'Effige che tutti ci unisce e lega spiritualmente, non sono opera del Buon Pastore? Sappiamo infatti che lui si adopera soprattutto per conservare l'unione del suo gregge. Si dà da fare, affinché nessuno perisca, ed egli stesso cerca la pecora smarrita.

Diamo testimonianza a ciò mediante l'Anno della Redenzione in tutta la Chiesa. E in terra polacca, dove continua ancora il Giubileo di Jasna Gora, poniamo la domanda: non compie Cristo, il Buon Pastore, tutta la sua opera per una particolare mediazione della sua Madre? Della nostra Signora di Jasna Gora? Il salmista dice del Buon Pastore: "...mi fa riposare, / ad acque tranquille mi conduce: / mi rinfranca..." (Ps 22,2-3).

Non è a Jasna Gora per noi un tale posto, dove possiamo riposare? dove le nostre anime si rinfrancano? Non è esso simile alla sorgente d'acqua viva, dalla quale attingiamo da generazioni? Attingiamo dalle inesauribili risorse della Redenzione di Cristo, alla quale ci avvicina Maria!


2. Nel giorno conclusivo del mio pellegrinaggio, unito con il Giubileo di Jasna Gora, desidero qui, a Cracovia, insieme con voi, miei cari connazionali, esprimere il mirabile mistero della presenza del Buon Pastore in mezzo a tutte le generazioni, che sono passate attraverso la terra polacca e qui, a Cracovia, hanno lasciato una particolare espressione della loro identità polacca e cristiana.

Proprio per questo è così cara e preziosa questa Cracovia. E c'è tanto bisogno di impegnarsi perché non se ne sciupi la sostanza storica, nella quale la nostra Nazione legge, in misura rilevante, non solo il proprio passato, ma semplicemente la propria identità. Di ciò ho parlato quattro anni fa, quando abbiamo celebrato a Cracovia i nove secoli di san Stanislao. Oggi desidero ritornare a questa "cresima della storia", che perdura e si sviluppa di generazione in generazione. A questa "cresima" che possiede un particolare significato per i polacchi dell'anno 1983, per voi, amati fratelli e sorelle, miei connazionali!


3. Vi do il benvenuto e vi saluto di tutto cuore nello stesso Blonia (Krakowskie), come quattro anni fa, nella prospettiva di Wawel e di Skalka, nella prospettiva di "Kopiec Kosciuszki", e dall'altra parte delle torri della Chiesa mariana e del municipio e dell'Università. La mia Cracovia...

Saluto il mio successore, Metropolita di Cracovia, il Cardinale Franciszek, i miei fratelli nell'Episcopato: Julian, Jan, Stanislaw, Albin, con i quali mi hanno unito gli anni del comune servizio nell'arcidiocesi di Cracovia. Do il benvenuto e saluto cordialmente i Vescovi della Metropoli di Cracovia, di Czestochowa, da Katowice, da Kielce, da Tarnow. Do il benvenuto al Cardinale Primate della Polonia, al Cardinale Wladislaw Rubin, a tutti i presenti rappresentanti dell'Episcopato della Polonia. Saluto di tutto cuore i nostri ospiti dal di là della Polonia: il Cardinale Krol di Filadelfia, il Cardinale Ballestrero da Torino, il Cardinale Meisner da Berlino, e anche il Cardinale Casaroli, Segretario di Stato, che mi accompagna in questo viaggio, e tutti i Vescovi provenienti da fuori la Polonia.

Saluto cordialmente tutti i nostri ospiti dalla Polonia e dall'estero: il Cardinale Ballestrero, il Cardinale Lustiger e altri.

Saluto il Capitolo metropolitano e tutto il clero dell'arcidiocesi: i miei fratelli nel sacerdozio, ai quali appartengo con gli ordini e col cuore, conservando e approfondendo in me consapevolmente i legami di questa appartenenza.

Sono legato con questo Seminario ecclesiastico, nel quale mi sono preparato al sacerdozio, come pure con questa Facoltà di teologia, nella quale ho studiato, parzialmente durante la clandestinità del periodo dell'occupazione. Oggi saluto con particolare cordialità la Pontificia accademia di teologia, che porta in sé l'eredità dell'Ateneo, legato al grande nome della beata regina Edvige.

Oltre al clero dell'arcidiocesi di Cracovia do il benvenuto e saluto anche tutti i sacerdoti sia della provincia ecclesiale di Cracovia, sia di tutta la Polonia.

Con i rappresentanti delle Famiglie religiose, maschili e femminili, mi congratulo in modo particolare per questo giorno.


4. Ecco, infatti, mi è dato di compiere oggi un servizio particolare: l'elevazione agli altari di Servi di Dio mediante la beatificazione. Normalmente questo tipo di servizio viene compiuto a Roma. Tuttavia, già in tempi lontani, esso veniva compiuto anche fuori Roma. Sappiamo, per esempio, che san Stanislao fu canonizzato ad Assisi. A me stesso è stato già dato di compiere beatificazioni a Manila, durante la visita pastorale nelle Filippine, e in Spagna, a Siviglia, nel novembre dello scorso anno.

Ho tanto desiderato che il mio pellegrinaggio in Patria, in relazione col Giubileo di Jasna Gora, diventasse anche particolare occasione per elevare sugli altari dei Servi di Dio, la cui via alla Santità è legata a questa terra e a questa Nazione, nella quale regna la Signora di Jasna Gora. La loro beatificazione è una speciale festa della Chiesa in Polonia: dell'intero Popolo di Dio, che costituisce questa Chiesa. La Chiesa, infatti, come ha ricordato il Concilio Vaticano II, deve rammentare costantemente a tutti la vocazione alla santità e deve anche condurre a questa santità i suoi figli e le sue figlie.

Quando questa santità viene affermata in modo solenne mediante la beatificazione, e specialmente la canonizzazione, la Chiesa giubila di una gioia speciale. Questa è in un certo qual senso la massima gioia, che essa possa provare nella sua peregrinazione terrena.

Oggi dunque la Chiesa in terra polacca gioisce, lodando l'Eterno Pastore per l'opera di santità, che ha compiuto mediante lo Spirito Santo nei Servi di Dio: Padre Raffaele Kalinowski, e Fra Alberto (Adam) Chmielowski.

Alla letizia dell'odierna beatificazione prende parte l'intera Chiesa di Polonia. In modo particolare questa è la gioia della famiglia carmelitana, non soltanto in Polonia, alla quale apparteneva il Padre Raffaele, e della Famiglia francescana, specialmente di quella albertina, della quale Fra Alberto è stato il fondatore.

Desidero aggiungere che questa è anche una mia gioia particolare, perché ambedue queste meravigliose figure mi sono sempre state molto vicine spiritualmente. Mi hanno sempre indicato la via a quella santità, che è la vocazione di ognuno in Gesù Cristo.


5. Dice il Signore Gesù: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi.

Rimanete nel mio amore" (Jn 15,9). Ecco due discepoli del Divino Maestro, che hanno scoperto pienamente, sulle strade del loro pellegrinaggio terreno, l'amore di Cristo, e che hanno perseverato in questo amore! La santità infatti consiste nell'amore. Si basa sul comandamento dell'amore. Dice Cristo: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Jn 15,12). E dice ancora: "Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore" (Jn 15,10).

La santità è dunque una particolare somiglianza a Cristo. E' una somiglianza mediante l'amore. Mediante l'amore rimaniamo in Cristo, così come lui stesso mediante l'amore rimane nel Padre. La santità è la somiglianza a Cristo che raggiunge il mistero della sua unione con il Padre nello Spirito Santo: la sua unione con il Padre mediante l'amore.

L'amore è il primo ed eterno contenuto del comandamento, che proviene dal Padre. Cristo dice che lui stesso "osserva" questo comandamento. E' anche lui a darci questo comandamento, in cui è racchiuso tutto il contenuto essenziale della nostra somiglianza a Dio in Cristo.

Il Padre Raffaele e Fra Alberto hanno raggiunto nella loro vita quelle vette della santità, che la Chiesa oggi conferma, sulla via dell'amore. Non vi è un'altra strada che conduca a queste vette. Oggi Cristo dice loro: "Voi siete miei amici... vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" (Jn 15,14-15). Questo "tutto ciò" si riassume nel comandamento dell'amore.


6. "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn

15,13). Padre Raffaele e Fra Alberto, sin dai primi anni della loro vita, capirono questa verità: che l'amore consiste nel dare l'anima; che amando bisogna dare se stessi, anzi, bisogna "dare la vita", così come dice Cristo agli Apostoli.

Questo dare la vita per i propri amici, per i connazionali, si è manifestato anche nel 1863 mediante la loro partecipazione all'insurrezione. Jozef Kalinowski aveva allora 28 anni, era ingegnere e aveva il grado di ufficiale nell'esercito dello zar. Adam Chmielowski contava allora 17 anni, era studente dell'istituto agrario e forestale a Pulawy. Ambedue erano spinti da un eroico amore per la Patria. Per avere partecipato all'insurrezione, Kalinowski pago con la deportazione in Siberia: la pena di morte gli fu commutata in "Siberia"; Chmielowski pago con la mutilazione.

Abbiamo ricordato ambedue queste figure nel 1963, nel centenario dell'insurrezione di gennaio, radunandoci davanti alla chiesa dei Padri Carmelitani Scalzi, come testimonia la lapide li posta. L'insurrezione di gennaio fu per Jozef Kalinowski e Adam Chmielowski una tappa sulla via verso la santità, che è l'eroismo di tutta la vita.


7. La Provvidenza Divina condusse ciascuno di loro sulla propria strada. Jozef Kalinowski, prima di entrare nel noviziato dei Carmelitani, dopo il ritorno dalla Siberia, fu professore di August Czartoryski, uno dei primi salesiani, il quale è anche lui candidato agli altari. Adam Chmielowski studio pittura e per diversi anni si dedico all'attività artistica, prima di incamminarsi sulla via della vocazione che, dopo i primi tentativi nella Compagnia di Gesù, lo condusse nelle file del Terz'Ordine Francescano, da dove prese il suo inizio la vocazione albertina.

Ognuno di loro, sulla propria strada, continuo a realizzare queste parole del Redentore e Maestro: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita...". Padre Raffaele ha dato questa vita in un severo convento carmelitano, servendo fino alla fine, in modo particolare nel confessionale, e i suoi contemporanei lo hanno chiamato "martire del confessionale". Fra Alberto la dono nel servizio dei più poveri e dei socialmente diseredati. L'uno e l'altro hanno dato fino in fondo la propria vita a Cristo. L'uno e l'altro hanno ritrovato in lui la pienezza della conoscenza, dell'amore e del servizio. L'uno e l'altro hanno potuto ripetere, con san Paolo: "Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose..." (Ph 3,8).

Padre Raffaele e Fra Alberto danno testimonianza di questo mirabile mistero evangelico della "kenosi", del distacco, della spogliazione, che apre la porta alla pienezza dell'amore. Egli Raffaele scrisse alla sua sorella: "Dio si è dato tutto per noi, come noi dobbiamo sacrificarci a Dio" (Lettera del 1° luglio


1866 alla famiglia).

E Fra Alberto confesso: "Guardo Gesù nella sua Eucaristia, il suo amore ha potuto provvedere qualche cosa di più bello? Se egli è pane anche noi diventiamo pane... doniamo noi stessi" (W. Kluz, "Adam Chmielowski", p. 199).

In questo modo ciascuno di loro ha guadagnato Cristo e ha trovato in lui... giustizia che deriva da Dio... "Con la speranza che, diventandogli conforme nella morte, giungerà alla Risurrezione dai morti (cfr. Ph 3,8 Ph 3,9 Ph 3,10-11).

Con questa speranza Padre Raffaele chiuse la sua vita tra le mura del convento carmelitano a Wadowice, mia città natale, nel 1907; Fra Alberto nel suo "ricovero di mendicità" a Cracovia nel 1916.

Alla soglia del nostro secolo, alla vigilia dell'indipendenza riacquistata dalla Polonia, hanno concluso la propria vita questi due grandi figli della terra polacca, ai quali fu dato di tracciare le vie della santità ai loro contemporanei e, insieme, alle generazioni future.


8. Il Giubileo di Jasna Gora nella nostra Patria è coinciso con l'Anno della Redenzione e in esso si è fuso sin dal 25 marzo di quest'anno.

Il Giubileo straordinario della Redenzione indirizza tutti noi verso quel primo amore, con il quale Dio Padre "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Di quest'amore Cristo dice nell'odierno Vangelo: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore".

L'Anno della Redenzione ha per scopo di ravvivare specialmente questo "rimanere nell'amore" del Redentore. Per attingere da questo amore e, in questo modo, per approfondire e rinnovare il proprio amore cercando le vie della conversione e della riconciliazione con Dio in Gesù Cristo.

Questo particolare lavoro della Chiesa nell'Anno della Redenzione è unito alla realtà della Comunione dei Santi. Nei Santi, infatti, si è dimostrata e costantemente si dimostra l'inesauribile forza della Redenzione di Cristo. E' per la forza della Redenzione che essi hanno raggiunto questa particolare partecipazione alla santità di Dio, che è la meta e la gioia della Chiesa. A loro volta, i Santi ci aiutano ad avvicinarci alla Redenzione di Cristo, in un certo qual modo condividono con noi la loro beata partecipazione a questa forza salvifica.

Un Anno Santo è sempre, nella vita della Chiesa, una particolare occasione per ravvivare la mediazione dei Santi. Prima di tutto della Santissima Madre di Cristo, e di tutti i Santi.

perciò ringrazio in modo speciale la Trinità Santissima perché mi è stato dato durante il mio pellegrinaggio in Polonia, in occasione del Giubileo di Jasna Gora, di ampliare in un certo senso in modo visibile questa nostra cerchia patria della Comunione dei Santi: san Massimiliano Maria Kolbe; beato Raffaele Kalinowski; beato Alberto Chmielowski (Fra Alberto); beata Orsola Ledochowska.


9. "Venimus. Vidimus. Deus vicit" (Siamo giunti. Abbiamo visto. Dio ha vinto)! Qui a Cracovia, a Wawel, riposa il re che pronuncio queste parole: Giovanni III Sobieski. Le ho ricordate all'inizio del mio pellegrinaggio, a Varsavia. Oggi, ancora una volta, vi ritorno sopra. E vi torno perché sono i Santi e i Beati a mostrarci la via alla vittoria, che Dio riporta nella storia dell'uomo.

Desidero, pertanto, ancora una volta, ripetere (come ho già detto a Varsavia), che in Gesù Cristo l'uomo è chiamato alla vittoria: a quella vittoria che riportarono il Padre Massimiliano e Fra Alberto, il Padre Raffaele e la Madre Orsola, in grado eroico.

Tuttavia, a una tale vittoria è chiamato ogni uomo. Ed è chiamato ogni polacco che fissa lo sguardo negli esempi dei suoi Santi e Beati. La loro elevazione agli altari in terra natale è il segno di questa forza, che è più potente di ogni debolezza umana e di ogni situazione, anche la più difficile, non esclusa la prepotenza. Vi chiedo di chiamare per nome queste debolezze, questi peccati, questi vizi, queste situazioni. Di combatterle costantemente. Di non permettere di essere ingoiati dall'onda di immoralità e di indifferenza e di non cadere nella prostrazione spirituale. perciò guardate continuamente negli occhi del Buon Pastore: "Se dovessi camminare in una valle oscura, / non temerei alcun male, perché tu sei con me" (). così afferma il Salmo responsoriale dell'odierna liturgia.


10. Quattro anni fa qui, nello stesso "Blonia Krakowskie", ricordai quella "cresima della storia" legata alla tradizione di san Stanislao, patrono della Polonia.

Desidero ripetere oggi le parole che pronunciai allora: "Dovete essere forti di quella forza che scaturisce dalla fede! Dovete essere forti della forza della fede! Dovete essere fedeli! Oggi più che in qualsiasi altra epoca avete bisogno di questa forza. Dovete essere forti della forza della speranza che porta la perfetta gioia di vivere e non permette di rattristare lo Spirito Santo! Dovete essere forti dell'amore, che è più forte della morte... tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, quell'amore che non avrà mai fine (1Co 13,4-8)".

Di questa fede, speranza e carità furono forti Massimiliano, Raffaele, Orsola e Alberto, figli di questa Nazione. Essi pure sono stati dati a questa Nazione come segno di vittoria. La Nazione infatti, come una particolare comunità di uomini, è anche chiamata alla vittoria, con la forza della fede, della speranza e della carità, con la forza della verità, della libertà e della giustizia.

Gesù Cristo! Pastore degli uomini e dei popoli! Nel nome della tua Santissima Madre, per il suo Giubileo di Jasna Gora, ti chiedo una tale vittoria! Gesù Cristo! Buon Pastore! Ti raccomando il difficile "oggi e il domani" della mia Nazione: ti raccomando il suo futuro!


11. "Se dovessi camminare in una valle oscura, / non temerei alcun male, perché tu sei con me". Tu, per mezzo della tua Madre. Amen.

Il Signore è il mio pastore... Il Signore è il nostro pastore! Amen.

(Prima della benedizione, il Papa si è ancora rivolto ai fedeli:) Alla fine del mio pellegrinaggio per il Giubileo di Jasna Gora, pellegrinaggio che per volontà della Provvidenza si svolge nell'Anno Santo della Redenzione, mi è stato dato, per la seconda volta, di decorare con il diadema regale la statua della Madonna dolorosa, celebre Pietà di Limanowa, della diocesi di Tarnow.

Con particolare commozione guardo oggi questa statua, celebre per le sue grazie, tanto conosciuta e venerata nei Beskidi Wyspowe, in tutta la diocesi di Tarnow e molto oltre i confini. Ed io pongo queste corone sul capo del Redentore del mondo e su quello di sua Madre nel momento del suo più grande dolore e contemporaneamente della sua più piena collaborazione e partecipazione nell'opera redentrice di suo Figlio, nel momento in cui ella regge sul suo grembo materno le spoglie di Cristo poco dopo che nella persona di san Giovanni tutti le sono stati affidati come figli e figlie ed ella è stata data loro come Madre. Ci uniamo nella nostra gioia con tutta la Chiesa di Tarnow, con il suo pastore, Vescovo Jerzy, con i suoi collaboratori nell'Episcopato, con tutti i pellegrini e con tutta la comunità diocesana.

Alla Madre incoronata diciamo: "Sotto questo segno difenderemo la fede dei nostri padri", ma in più la preghiamo di salvaguardare la nostra fede e quella delle nuove generazioni affinché noi, trasferiti al Regno dell'amatissimo Figlio, vi accediamo e rimaniamo e riceviamo la Redenzione e la remissione dei peccati, affinché niente riesca a spegnere in noi questa fede.

Chiediamo al Pastore della Chiesa di Tarnow e a tutti i pellegrini di questa diocesi di diffondere il nostro saluto e l'unione eucaristica nel Cristo in questa solenne adunanza eucaristica sul Blonia di Cracovia, il giorno in cui il Beato Padre Raffaele e il Beato Fra Alberto hanno ricevuto la gloria.

Cari fratelli e sorelle! L'Eucaristia non ha frontiere, e noi celebrandola oggi qui, sui Blonia di Cracovia, in questa forma solenne, la celebriamo in unione con tutta la Chiesa. Tutti i segni di questa unione, così come li ho elencati alla fine, nella dimensione geografica, sono per noi particolarmente eloquenti e cari. L'Eucaristia non ha frontiere.

Abbraccia l'uomo in tutte le dimensioni della sua esistenza e della sua vocazione. Questa è l'Eucaristia, la specie del pane, un pezzetto di pane che accogliamo nella nostra bocca, nel nostro organismo, nel nostro cuore. In questo cuore si incontrano la piccolezza dell'Eucaristia, l'umiltà dell'Eucaristia, il marchio della distruzione di Cristo con la sua non limitabile grandezza.

Vorrei che quelli che non hanno potuto partecipare alla nostra grande adunanza di beatificazione ricevessero i frutti di questa Eucaristia in modo particolare. Mi riferisco ai malati, alle persone prive di libertà, a tutti gli assenti che sono chiamati dal nostro amore e che tramite il nostro amore sono particolarmente presenti, poiché l'Eucaristia non ha frontiere. Cristo segue l'uomo dovunque egli vada, in tutti i posti dove egli è condotto.

Cristo segue l'uomo poiché è un Buon Pastore. Ancora una volta affido a questo Pastore, Pastore Eterno, Pastore Buono, la nostra comunità sul Blonie di Cracovia. Gli affido la Chiesa di Cracovia, la Chiesa nella Patria, la mia Patria, gli affido la Chiesa di tutte le parti del mondo. Affido al Buon Pastore la Chiesa nella mia Patria tramite la Madre e la Regina di Jasna Gora.

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per la vostra partecipazione, per le profonde preghiere. Vi ringrazio per l'unione con Cristo e per aver permesso a me, vostro fratello, di essere ministro di questa unione con Cristo, in cui c'è la nostra speranza! Accogliete adesso la benedizione.

Data: 1983-06-22 Data estesa: Mercoledi 22 Giugno 1983

Al Senato accademico nell'Arcivescovado - Cracovia (Polonia)

Titolo: Confermare la presenza dell'ateneo teologico in ambito universitario



Ringrazio ardentemente per l'invito e per questo incontro. Penso che esso non avrebbe potuto mancare nel giorno iniziato con l'incontro con l'Università Jagellonica. In questo incontro con l'Università la Facoltà di teologia è stata continuamente presente, perché si trattava della dimensione di sei secoli. Nello stesso tempo è stata assente in modo formale. perciò questo incontro pomeridiano è indispensabile per confermare la presenza, si, per confermare il nuovo valore della presenza dell'antico ateneo teologico di Cracovia nell'ambiente universitario di Cracovia, nell'ambiente il cui nome deriva dall'"Alma Mater" Jagellonica.

Io personalmente ringrazio per questo incontro il Rettore e tutti i presenti. Contemporaneamente, nel giorno così solenne per la Polonia, per Cracovia, desidero che la grazia del Giubileo che viviamo passi alla Pontificia accademia teologica, il vostro ateneo: grazia del Giubileo, vissuto dalla Chiesa universale, e grazia del Giubileo vissuto ancora dalla Chiesa in Polonia, il Giubileo di Jasna Gora. Questa grazia, cioè l'azione salvifica di Dio, ha una sua dimensione particolare se si tratta dell'insegnamento, se si tratta della scienza, dell'ateneo, se si tratta dei professori e degli studenti.

Tutte queste istituzioni ecclesiastiche si racchiudono ovviamente nell'ordine della salvezza, nell'ordine salvifico, che ha le sue origini nel Cristo e nello Spirito Santo. perciò vi auguro che siate partecipi della grazia del Giubileo, poiché da questo risulta la fecondità del lavoro dell'ateneo, dell'Accademia teologica, dell'ateneo teologico. La fecondità di tale ateneo può risultare solamente dalle fonti teologiche, oppure, in altre parole, teologali nelle quali bisogna cercare le origini di questa fecondità e i frutti di ogni suo lavoro. E' questo che vi auguro, cari fratelli e sorelle, ve lo auguro a questo incontro di oggi, che è coinciso poiché questo giorno è altrettanto sovraccarico che solenne.

In questa occasione vorrei salutare tutti i vecchi amici, perché io stesso facevo parte di questo ateneo, sono stato legato ad esso per tanti anni, quindi mi trovo in una cerchia di amici; e salutare nello stesso tempo i nuovi collaboratori che vi hanno aderito. Entrano nel gruppo dei vecchi amici. Voglio offrirvi la benedizione per esprimere tramite questo atto tutto ciò che auguro.

Prima della benedizione facciamo una breve preghiera.

O, Dio Eterno Onnipotente, Fonte di ogni saggezza e sapienza ti supplichiamo, benedici l'Accademia teologica di Cracovia, i suoi professori, lavoratori e studenti. Fa si che questo ateneo, appoggiato sull'intercessione potente della Fondatrice della Facoltà teologica, la Beata Regina Edvige e del suo professore Jan di Kenty favorisca la Chiesa universale e la nostra Patria, la cultura della mente e del cuore guidando nei secoli le generazioni polacche nella verità e nell'amore verso la pienezza della vita e della gloria nel nostro Signore Gesù Cristo. Amen. Sede della Sapienza prega per noi.

Data: 1983-06-22 Data estesa: Mercoledi 22 Giugno 1983

Omelia per la consacrazione della chiesa - Nowa Huta (Polonia)

Titolo: Il Vangelo sul lavoro sia la buona novella della vostra vita




GPII 1983 Insegnamenti - All'Università Jagellonica Cracovia (Polonia)