GPII 1983 Insegnamenti - Al Pontificio Collegio Pio latino-americano - Città del Vaticano (Roma)

Al Pontificio Collegio Pio latino-americano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In occasione del 125° anniversario di fondazione

Carissimi fratelli nell'Episcopato.

Nella festa della Presentazione di Maria santissima, voi, superiori e alunni del Pontificio Collegio Pio latino americano di Roma, avete voluto unirvi a me nella celebrazione della Santa Messa, in ricordo della visita che ho compiuto nella vostra casa all'inizio dell'anno scorso.

Questo nuovo incontro con voi che provenite da vari Paesi dell'America Latina, è un'occasione in più per ricordare tutti i vostri fratelli sacerdoti, le comunità religiose e il popolo fedele di queste Chiese locali che ho avuto la gioia di visitare e delle altre che spero di poter visitare un giorno.

La festa mariana di oggi ci avvicina ad ognuna delle vostre Nazioni che sono tutte consacrate alla Vergine Maria sotto diversi appellativi; e nello stesso tempo ci fa approfondire l'esempio della sua vita totalmente dedicata al Signore, esempio che voi siete chiamati a seguire con una risposta totale e generosa realizzata nel sacerdozio ministeriale.

Il tempo del vostro soggiorno a Roma, nel quale vi dedicate principalmente allo studio delle scienze sacre e umane, non deve costituire una interruzione del vostro servizio pastorale, ma vi deve fornire una maggiore preparazione e disponibilità verso le vostre rispettive comunità ecclesiali che vi attendono, e che voi dovete sentire e aiutare con totale generosità - come ci ha ricordato il brano evangelico di questa Eucaristia - giacché sono fratelli e sorelle del Signore tutti coloro che compiono la volontà del Padre celeste (cfr. Lc 12,46-50).

Data: 1983-11-21 Data estesa: Lunedi 21 Novembre 1983

Ai corsisti sul nuovo Codice - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Portate alle Chiese la conoscenza del Codice del popolo di Dio

Signor Cardinale, Venerati fratelli nell'Episcopato, e voi tutti fratelli nel sacerdozio di Cristo! Grazia e pace nel Signore!


1. E' per me motivo di gioia potervi incontrare stamani insieme con i cari professori dell'Università Gregoriana, che vi hanno commentato con amore e competenza il nuovo Codice, il quale entrerà in vigore domenica prossima, prima di Avvento. E' stata, la vostra, un'intensa sessione di studio che costituisce una testimonianza e un appello. Mi auguro che questo vostro esempio sia seguito, così da favorire una vita ecclesiale sempre più profonda, più unita e meglio ordinata.

Al riguardo nella costituzione apostolica "Sacrae disciplinae leges" ho detto espressamente: "Faxit ergo Deus, ut gaudium et pax cum iustitia ed oboedientia hunc Codicem commendent, et quod iubetur a capite, servetur in corpore" (AAS 75 (1983) II, XIII). Voi sapete che il testo promulgato è frutto di un lavoro eminentemente collegiale e resta un segno di vera comunione.

Il vostro impegno di questi giorni risponde a quello che è sembrato opportuno per la Chiesa, come dicevo nella menzionata costituzione: "Quo autem fidentius haec praescripta omnes probe percontari atque perspecte cognoscere valeant, antequam ad effectum adducantur, edicimus ac iubemus, ut ea vim obligandi sortiantur a die prima Adventus anni 1983" (AAS 75 (1983) II, XIV). Questo voi avete fatto! prima di applicare il Codice, avete voluto conoscerlo "perspecte", e studiarlo "probe", non per criticarlo - esso è certamente un'opera umana e chi oserebbe dire che è perfetta e deve esserlo? - ma l'avete studiato per applicarlo meglio, l'avete ricevuto, accolto, compreso e apprezzato; diciamolo con una parola sola: l'avete amato! Questa è la condizione fondamentale per comprenderlo bene e far si che la sua applicazione sia un nuovo "avvento" per la Chiesa di Dio.


2. Per essere compreso, questo Codice deve essere studiato seriamente. Esso non è ciò che soprattutto fu il Codice del 1917: l'unificazione e la purificazione del diritto esistente. secondo gli intendimenti di quel Pastore incomparabile che fu San Pio X. Il codice del 1983, promulgato e mandato in vigore in quest'Anno Giubilare della Redenzione, è un Codice molto differente. Esso si inserisce, certo, nella tradizione ecclesiale, ma la vivifica con lo spirito e le norme conciliari. E' il Codice del Concilio e, in questo senso, è l'"ultimo documento conciliare", il che indubbiamente costituirà la sua forza e il suo valore, la sua unità e il suo irraggiamento.

Quando avremo davanti agli occhi le "Fontes Novi Codicis" ci stupiremo e ci meraviglieremo di vedere dei testi canonici così densi e sicuri affondare le loro radici nella dottrina del Concilio e nell'esperienza che ne è seguita. Questo ci ha consentito di apprezzare meglio certe norme conciliari e di evitare gli abusi causati a volte da loro apparizioni azzardate o da false interpretazioni.

"Studium Codicis, Schola Concilii"! E' proprio così che occorre vedere lo studio prolungato del Codice: la percezione delle connessioni che collegano i canoni tra loro, la comprensione dello spirito che li unifica, l'applicazione pastorale che deve farne attuazione sempre più fedele del Concilio, l'adattamento voluto dal Concilio ai Paesi, alle culture e alle situazioni differenti, la competenza riconosciuta nel Codice ai Vescovi diocesani e alle Conferenze episcopali sono un segno e una missione nuova, di cui tutto il Popolo di Dio prenderà coscienza a poco a poco.

Infatti questo Codice è il codice del Popolo di Dio, dove è stabilita la struttura della Chiesa, dove è facilitata l'apertura allo Spirito, dove è espressa la fedeltà ai doni e carismi diversi, dove è rafforzato l'autentico diritto, dove viene edificata l'unità nella comunione.

Alla sua redazione ha pure recato un contributo illuminante lo sforzo dei teologi, che hanno messo in evidenza, nel mistero della Chiesa contemplato con amore, le componenti essenziali volute da Cristo, Verbo Incarnato, suo fondatore e capo.


3. Paolo VI ha giustamente sottolineato che il diritto della Chiesa differisce da quello dello Stato (AAS 64 (1972) 781). Esso infatti è un diritto della grazia, se è un diritto di comunione. Amo citare Paolo VI, perché egli è stato per i canonisti un maestro di pensiero, un teologo del diritto; egli ha voluto che si riunissero di nuovo, nella contemplazione del mistero unico della Chiesa, scienza teologica e scienza canonistica ("Communicationes", 5 (1973) 124), per approfondire in una visione d'ordine e di pace ciò che vuole essere l'amore di Dio e degli uomini in Gesù Cristo, in piena sottomissione allo Spirito che conduce alla verità tutta intera e dirige la Chiesa tramite quelli che ha voluto, nella successione apostolica, come giudici della fede, maestri della verità e Pastori della carità: "Iudices fidei, doctores veritatis, pastores caritatis".

Si, se il diritto della Chiesa risponde alle attese del Concilio, se stabilisce le strutture che il Concilio ha voluto o suggerito, se vuole fare della vita della Chiesa quella grande "communio": "magna illa communio quam Ecclesia efficit" (AAS 69 (1977) 148), se contribuisce a che essa sia per tutti gli uomini segno e strumento di salvezza, se permette di realizzare l'opera della Redenzione in vista dell'unità del genere umano in Gesù Salvatore (LG 1), chi non vede il ruolo ecumenico che può avere un diritto canonico, che si situa nel mistero della Chiesa, si apre all'azione dello Spirito e unisce coloro che questo stesso Spirito raccoglie nella Chiesa per la gloria di Dio, suo Padre?


4. Desidero, qui, ringraziare i professori che hanno commentato il Codice e diretto i vostri lavori. Ringraziandoli, voglio esprimere altresi la riconoscenza a tutti coloro che, impegnandosi in una simile fatica, hanno studiato e spiegato il nuovo Codice. Il loro lavoro è eminentemente apostolico e pastorale; "edifica la Chiesa", fa crescere in essa l'amore, perché la Chiesa si costruisca sempre meglio sulla Parola di Dio e sui Sacramenti della salvezza, sulla missione dei Pastori e sulla corresponsabilità dei fedeli, sulla collaborazione attiva e sull'azione comune di tutti i membri del Popolo di Dio.

Esprimendovi la mia gratitudine e la mia gioia, vi assicuro la mia stima e il mio incoraggiamento. Che Dio vi benedica sulla via del ritorno; egli vi consenta di portare alle vostre Chiese la conoscenza del Codice, la volontà di osservarlo, la sensibilità a questa Legge della Chiesa che è, per volontà di Cristo, legge di Dio e segno di rinnovamento.

A tutti la mia più cordiale benedizione apostolica!

Data: 1983-11-21 Data estesa: Lunedi 21 Novembre 1983

Messaggio al patriarca Dimitrios I - In occasione della festa di sant'Andrea apostolo


A sua Santità Dimitrios I, Arcivescovo di Costantinopoli, Patriarca ecumenico. "A voi grazia e pace in abbondanza" (1P 1,2b).

Questo saluto l'apostolo Pietro lo indirizzava ai primi cristiani del Ponto, della Galazia, della Cappadocia, dell'Asia e della Bitinia, "eletti secondo il disegno di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi del suo sangue".

In occasione della festa dell'apostolo Andrea, fratello di Pietro, con identici sentimenti di fede, vi indirizzo oggi, venerato Fratello, lo stesso saluto di comunione.

Rappresentata dal Cardinale Giovanni Willebrands, la delegazione che vi invio si unirà alla preghiera della vostra Chiesa per ringraziare e benedire il Signore che, "nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo, per una speranza viva, per un'eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce" (1P 1,3-4). Io stesso desidero unirmi personalmente a questa preghiera.

In questa circostanza, voglio esprimere a vostra Santità i miei calorosi ringraziamenti per il messaggio fraterno che mi ha inviato in occasione del quinto anniversario del mio ministero come Vescovo di Roma e del venticinquesimo anniversario del mio episcopato. Le vostre affermazioni sul ruolo del Vescovo nella vita della Chiesa sottolineano un elemento essenziale della struttura della Chiesa voluta da Cristo, in vista della sua unità.

Nella Chiesa cattolica, il Concilio Vaticano II ha nuovamente insistito molto chiaramente sulla sua importanza. Le nostre Chiese, infatti, hanno in comune "dei veri Sacramenti e, soprattutto, in virtù della successione apostolica, il sacerdozio e l'Eucaristia". così, malgrado le vicissitudini della storia e gli ostacoli che, nel passato, sono sorti tra di esse, le nostre Chiese rimangono unite da legami molto profondi (cfr. UR 15). Né la diversità della celebrazione liturgica di questi Sacramenti né la diversità delle prescrizioni canoniche che regolano la loro amministrazione, mettono in causa questa fondamentale identità.

Mediante l'assistenza dello Spirito Santo, la successione apostolica dei Vescovi ha come ruolo quello di conservare la comunità cristiana nella fedeltà alla verità evangelica predicata dagli Apostoli e trasmessa senza interruzione fino a noi.

Ogni celebrazione della festa di un apostolo attira nuovamente la nostra attenzione su queste dimensioni del mistero della Chiesa e della sua missione che è, in ogni epoca, quella di predicare il Vangelo della salvezza a tutte le Nazioni, di insegnar loro ciò che il Signore ha ad essa confidato e di battezzarle nel nome della santissima Trinità (cfr. Mt 28,19-20), Inserendole così, sacramentalmente, nell'unico Corpo di Cristo.

Questa missione non potrà essere completamente compiuta se non quando le nostre Chiese, con la loro unità, permetteranno che il messaggio evangelico acquisti tutta la sua credibilità. Per questo ci rallegriamo del fatto che il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e tutte le Chiese ortodosse sta progredendo, lentamente certo, ma con sicurezza e cercando di fornire ad ogni passo solide basi.

Vorrei approfittare della circostanza che oggi mi si offre per affermare nuovamente che la Chiesa cattolica è disposta a fare tutto ciò che è possibile per facilitare questo progresso contribuendovi sia con lo studio che con la preghiera.

I santi apostoli Pietro e Andrea, apostoli fratelli e martiri per la fede in Gesù Cristo nostro unico Salvatore, intercedano presso il Signore, affinché doni a tutti la luce e la forza di fare la sua volontà.

In questo sentimento di gioia, di comunione e di speranza, assicuro vostra Santità del mio profondo affetto fraterno in Cristo Gesù.

Dal Vaticano, 12 novembre 1983

Data: 1983-11-22 Data estesa: Martedi 22 Novembre 1983







Ai Vescovi portoricani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Pesante, altamente distruttiva la politica contro la famiglia

Cari fratelli nell'Episcopato.


1. Attraverso le vostre relazioni quinquennali e i colloqui che ho avuto con ciascuno di voi, ho potuto familiarizzarmi con i problemi che dovete affrontare nello svolgimento della grave funzione di Pastori delle vostre Chiese locali. Ho provato anche la soddisfazione di sapere che, nonostante le difficoltà dovute alla mancanza di personale e di mezzi materiali sufficienti, avete ottenuto, con l'aiuto di Dio, frutti apprezzabili di santificazione per il bene delle anime che vi sono state affidate.

A quasi cinque secoli dall'inizio dell'evangelizzazione della vostra isola, con gioia profonda ricevo collettivamente i successori del primo Vescovo giunto in terra americana, don Alonso Manso. L'ininterrotta opera di evangelizzazione cominciata da quell'illustre Prelato è oggi a voi affidata, figli tutti di Portorico. E mi dà gioia sapere che lo stesso spirito di uomo di Chiesa del primo Vescovo, si è mantenuto vivo in voi, posti dallo Spirito Santo a reggere questa Chiesa a me tanto cara.

In questo incontro fraterno, desidero segnalarvi alcuni temi che considero particolarmente importanti e degni di una riflessione speciale.


2. Il primo di essi si riferisce alla famiglia. Il Sinodo dedicato a questo tema e la mia enciclica apostolica "Familiaris Consortio" non sono passati inavvertiti a Portorico: e l'interesse dimostrato verso questo documento da voi e dai vostri collaboratori, concretizzato in predicazioni, corsi di studio, ritiri, incontri e altre iniziative dirette a fortificare l'istituzione familiare, produrrà senza dubbio ottimi frutti che ora non è possibile stabilire.

Desidero chiedervi di comunicare ai vostri collaboratori: sacerdoti, diaconi permanenti, religiosi, religiose e laici impegnati, la gioia che provo come Pastore di tutta la Chiesa di fronte a questa generosa accoglienza del Magistero pontificio.

Sono cosciente che le forze private e pubbliche che, in Portorico, agiscono contro la famiglia sono poderose e altamente distruttive. I vostri predecessori e voi stessi avete dovuto affrontare per più di ottant'anni la realtà del matrimonio civile e del divorzio, con l'inevitabile sviluppo di una mentalità divorzista. Nella vostra isola è stato promosso il controllo della natalità mediante l'uso di metodi immorali, tra i quali è stata inclusa la sterilizzazione diretta, da circa cinquant'anni. L'aborto legalizzato è una realtà di poco più di dieci anni.

Tuttavia, l'insegnamento del Magistero ecclesiastico non è stato ancora indebolito né deformato per adattare la morale alla cosiddetta "mentalità dell'uomo moderno", come dimostrano i documenti emanati dalla vostra Conferenza episcopale e dai singoli Vescovi.

Vi esorto, poi, a continuare ad impartire, senza indugi né dissimulazioni, l'insegnamento della Chiesa sulla famiglia, nucleo di particolare importanza per la società civile ed ecclesiale. A questo proposito, non tralasciate di diffondere in tutta la loro ricchezza ed estensione gli insegnamenti del mio predecessore Paolo VI, contenuti nell'enciclica "Humanae Vitae". Incoraggiate i vostri sacerdoti, diaconi permanenti, religiosi, religiose e laici con particolari qualità di spirito e di impegno, perché vi aiutino a creare un ambiente di profondo rispetto e stima per la santità della famiglia.


3. Anche le vocazioni meritano una speciale attenzione. Ho potuto osservare con gioia un progresso in questo campo, che si riflette nell'aumento degli alunni nei vostri seminari diocesani e nelle case di formazione religiosa, così come di aspiranti ad altre modalità di vita consacrata.

Non è superfluo ricordare che il sacerdozio ministeriale è indispensabile per la vita della Chiesa e che la vita consacrata è stata e sarà un arricchimento irrinunciabile per la sua vitalità, con tutta la sua estesa gamma di carismi.

So che voi mostrate attenzione alla promozione delle vocazioni sacerdotali, diaconali e alla vita consacrata. Non posso fare a meno inoltre di manifestare vivo compiacimento per i dialoghi e gli incontri, che la vostra Conferenza ha istituito con i religiosi, per studiare congiuntamente documenti di interesse comune, come il documento "Mutuae relationes". Vi esorto a continuare questi dialoghi e incontri, al fine di ottenere una collaborazione generosa e sovrannaturalmente motivata, che convogli tutta questa ricchezza di carismi all'edificazione del Popolo di Dio.

So anche che ciascuno di voi ha cercato di rendere disponibile, anche se parzialmente, un sacerdote che promuova le vocazioni nelle vostre diocesi. Lodo e benedico quest'opera importante. Ciononostante dovrete infondere nel vostro clero l'idea che i parroci debbono essere i promotori più efficaci delle vocazioni, per il frequente contatto che hanno con i giovani e perché essi vedano concretizzato l'ideale sacerdotale nei presbiteri coi quali si incontrano nelle loro parrocchie (cfr. PO 11).


4. La formazione permanente del clero e la sua vita di preghiera è un altro punto sul quale desidero intrattenermi brevemente con voi, poiché i sacerdoti sono chiamati ad un costante esercizio del ministero della Parola e dell'amministrazione dei Sacramenti, a dare ragione della loro fede e della loro speranza, e a guidare le anime per condurle lungo sicuri cammini di edificazione.

Infatti, i sacerdoti più fedeli hanno posto sempre molto impegno nello studio delle coscienze ecclesiastiche e nell'acquisizione di quel bagaglio di conoscenze che rendono capaci di penetrare nelle profondità dell'anima umana.

La diffusione del sapere di cui siamo testimoni ai nostri giorni può influenzare negativamente i sacerdoti, portandoli a pensare o che un'elevata formazione culturale non è alla loro portata o che devono lasciare il servizio pastorale per dedicarsi allo studio. La soluzione sta in un giusto mezzo e in una scelta di priorità. In fin dei conti ci si aspetta dal sacerdote che sia innanzitutto maestro di fede. E' in questo campo che i fedeli si augurano una speciale competenza professionale dei loro sacerdoti ed è in questo campo che il sacerdote è chiamato a possederla.

Vi esorto perciò a che provvediate ai mezzi necessari, perché i vostri sacerdoti approfondiscano la loro conoscenza della Parola di Dio e acquisiscano quell'adeguato bagaglio di conoscenze non sacre che permetta loro di essere fedeli trasmettitori del messaggio salvifico e sicuri direttori spirituali. A sua volta, il vostro clero dovrà rispondere con prontezza e zelo, facendo uso dei mezzi che mettete a sua disposizione, non per mero desiderio di ostentare il sapere, ma come necessità vitale del proprio sacerdozio.

Le periodiche conferenze per il clero sono sempre state un poderoso mezzo per aggiornare i sacerdoti nelle conoscenze necessarie per il degno ed efficace esercizio della loro azione pastorale e per raggiungere un'unità di dottrina e disciplina nella Chiesa locale, sotto la presidenza del Vescovo diocesano. Niente indica che oggi questo strumento abbia perso la sua attualità e la sua efficacia.

Inoltre, il sacerdote dev'essere uomo di preghiera. Il suo Battesimo lo richiede, lo esige il suo ministero, lo sperano i fedeli che sostengono i loro sacerdoti affinché preghino per loro. Sono cosciente che le grandi richieste che si fanno al tempo e alle forze del sacerdote costituiscono una terribile tentazione - nella quale sono caduti molti, purtroppo - di abbandonare la preghiera in favore di ministeri di secondaria importanza o di uno sterile attivismo.

Esortate, poi, i vostri sacerdoti a crescere nella loro vita di preghiera, assicurando loro che ciò non solo non diminuirà la loro efficacia pastorale, ma che, al contrario, renderà più fecondo il loro ministero (cfr. PO 13 PO 18).

5. Le scuole cattoliche sono un altro importante ambito in cui si esercita la vostra sollecitudine pastorale. Con grandi sforzi e contando solo sui contributi economici dei padri di famiglia, avete mantenuto centri educativi cattolici a livello primario, secondario e superiore. Sebbene siano pochi in rapporto a quelli diretti dallo Stato, essi costituiscono un luogo privilegiato di integrazione della fede con le conoscenze umane.

Nelle norme del nuovo Codice di Diritto canonico troverete un sostegno al vostro impegno in favore delle scuole cattoliche, non solo per continuare a rendere operanti e a migliorare quelle già esistenti, ma anche per aprirne, per quanto possibile, ove non ve ne sono, e anche affinché i vostri collaboratori in questo campo e i padri di famiglia conoscano la vera posizione della Chiesa a riguardo del valore singolare di questi centri di insegnamento nella vita della Chiesa.

Prego il Signore affinché i vostri sacerdoti, diaconi permanenti, religiosi, religiose e laici professionalmente competenti, mostrino la necessaria disponibilità e fedeltà senza riserve al Magistero, perché i vostri centri e quelli che riconoscete come cattolici siano luoghi di formazione, veri strumenti di quella integrazione morale ed evangelica che la Chiesa ricerca.

Lo spirito di cattolicità genuina che anima la vostra Università Cattolica è motivo di gioia per il Papa. So che ciò è stato ed è il risultato di una ricerca istituzionale sincera, continuata lungo gli anni, finalizzata a conoscere gli orientamenti pontifici espressi nelle direttive del competente Organismo di governo e di un'autentica volontà di realizzarla.

Approfitto di questa occasione per invitarvi a continuare a migliorarla e a renderla strumento ancora più efficace di evangelizzazione nel mondo professionale e intellettuale, senza trascurare il processo mai interrotto di evangelizzazione interna senza la quale non è possibile ottenere la prima.

Tra i risultati della vostra Università ve ne sono due che considero meritevoli di essere espressamente menzionati e che sono in piena consonanza con il suo carattere di Università Cattolica. Mi riferisco al dialogo interdisciplinare tante volte raccomandato e che li è una realtà e all'Istituto di Dottrina sociale della Chiesa.


6. Cari fratelli, tornando alle vostre diocesi incontrerete gli stessi problemi che pesano su ogni Pastore che è veramente tale. Conosco le difficoltà che dovete superare ogni giorno per compiere adeguatamente il vostro triplice ufficio di predicare, santificare e guidare. Sapete, perciò, che il Papa vi tiene molto presenti nelle sue preghiere e sa che non gli mancano le vostre.

Affidandovi all'intercessione materna di Nostra Signora della Divina Provvidenza, per mezzo vostro desidero far pervenire ai vostri sacerdoti, diaconi permanenti, religiosi, religiose e collaboratori laici, così come a tutte le anime affidate al vostro servizio pastorale spirituale, il mio cordiale ricordo e saluto, accompagnato da una speciale benedizione.

Data: 1983-11-24 Data estesa: Giovedi 24 Novembre 1983



All'assemblea del laicato a Hong Kong - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Adeguata formazione dei laici, priorità pastorale delle Chiese

Al mio venerabile fratello, Cardinale Opilio Rossi, Presidente del Pontificio Consiglio per i laici Attraverso di lei desidero estendere il mio cordiale saluto a tutti coloro che si sono radunati a Hong Kong per l'incontro sul tema: "Il ruolo dei laici nella vita della Chiesa e la missione nella società asiatica". Questo è il quarto di una serie di incontri a livello continentale patrocinati dal Pontificio Consiglio per i laici e desidero che voi tutti sappiate che in questo momento guardo a voi con amore e speranza.

In questa occasione vorrei richiamare le parole che ho rivolto ai membri della Chiesa d'Asia nel corso della mia prima visita nel continente asiatico, parole che si riferiscono direttamente a voi: "La Chiesa è stata presente in Asia fin dalle sue prime origini e voi siete i successori di quei primi cristiani che diffusero il messaggio evangelico di amore e di servizio attraverso l'Asia. In molti Paesi di questo continente siete ancora un piccolo numero, ma dappertutto la Chiesa ha posto radici. Nei membri della sua Chiesa - in voi - Cristo è asiatico" (Messaggio a tutti i popoli dell'Asia, 21 febbraio 1983).

In voi e attraverso di voi la missione affidata da Cristo alla sua Chiesa continua, e il vostro incontro, che prende in particolare considerazione la vocazione dei laici, sarà un contributo davvero prezioso all'approfondimento e al proseguimento di quest'opera di evangelizzazione in Asia.

La natura della Chiesa, comunione di tutti credenti in Cristo, è mirabilmente illustrata nella costituzione sulla Chiesa del Concilio Vaticano II.

Questo documento si riferisce allo Spirito Santo quale principio di "unione e unità della Chiesa nell'insegnamento degli Apostoli e nella comunione, nella frazione del pane e nell'orazione (LG 13). E' questa unità nella Chiesa che il vostro incontro a Hong Kong esprime così eloquentemente.

Nell'ambito della vostra riflessione sulla vita e la missione della Chiesa voi state considerando in particolare la vocazione dei laici. I laici devono avere consapevolezza della grandezza della loro vocazione, coscienza di costituire una componente essenziale della comunità ecclesiale, sentimento dell'unità profonda con Cristo. Ciò significa far proprio il richiamo di Leone Magno, di molti secoli or sono: "O cristiano, riconosci la tua dignità".

La partecipazione dei laici alla missione della Chiesa è espressa in molti modi. In unione coi loro pastori e sotto la loro guida, i laici promuovono la crescita e la vita della comunità ecclesiale, nell'esercizio di una grande varietà di servizi e apostolati secondo le grazie e i carismi conferiti dal Signore. Tra di essi, la famiglia occupa un posto di primaria importanza. Nelle parole di Paolo VI: "La famiglia, come la Chiesa, dovrebbe essere un luogo in cui il Vangelo è trasmesso e da cui il Vangelo si irradia. In una famiglia che è consapevole di questa missione tutti i membri evangelizzano e sono evangelizzati" (EN 71).

Desidero anche ricordare ai genitori che proprio la famiglia è la prima scuola di vita cristiana, il luogo dove viene nutrito l'amore per Cristo e la sua Chiesa, così come è li che le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa trovano il loro necessario accrescimento. Chiedo ai genitori di incoraggiare tali vocazioni e implorare la grazia di Dio per essere aiutati e guidati nel loro impegno.

Vorrei inoltre richiamare la vostra attenzione sull'apostolato dei lavoratori cristiani. E' necessario impegnarsi per far meglio conoscere l'insegnamento della Chiesa in questo campo. Ho espresso la mia sollecitudine e le mie riflessioni a questo proposito nella mia enciclica "Laborem Exercens". Sono certo che i temi della giustizia e della pace saranno al centro delle vostre riflessioni sul ruolo evangelizzatore del laicato cristiano nella società asiatica.

Lo speciale contributo che i laici, uomini e donne, sono chiamati a compiere per l'evangelizzazione della cultura assume un carattere particolare nel vostro grande continente. In Asia troviamo alcune delle più antiche culture del mondo e poiché Cristo e la sua Chiesa non possono essere estranei a nessun popolo, nazione o cultura, è compito dei laici far si che la Chiesa si radichi sempre più profondamente nel terreno spirituale e culturale dei loro rispettivi Paesi, assimilando tutti i valori genuini, e arricchendoli con gli insegnamenti di Gesù Cristo che è "la via, la verità e la vita" per tutta l'umanità (cfr. Jn 14,6).

In Asia, dove antiche religioni hanno dato e continuano a dare un contributo importante alla cultura di tanti Paesi, la Chiesa sente il profondo bisogno di entrare in contatto e in dialogo con tutte queste religioni. A voi che vi riunite per riflettere sul ruolo evangelizzatore dei laici in Asia vorrei ripetere ciò che ho detto a Manila due anni fa: "Tutti i cristiani devono essere impegnati nel dialogo coi credenti di tutte le religioni, in modo da far crescere la comprensione e la collaborazione, per rafforzare i valori morali, perché Dio sia lodato in tutta la creazione... Similmente i cattolici e i cristiani di altre Chiese devono unirsi insieme alla ricerca di una più completa unità, affinché il Cristo possa essere più manifesto attraverso l'amore dei suoi seguaci" (Messaggio a tutti i popoli dell'Asia, Manila, 21 febbraio 1981).

Alla luce di ciò che ho detto a proposito della vocazione dei laici nella vita e missione della Chiesa, c'è un punto che desidererei sottolineare ora che stanno per iniziare le vostre discussioni. Perché si realizzi tutto ciò è necessario che l'adeguata formazione dei laici diventi una priorità pastorale in ogni Chiesa locale. Nel corso del vostro incontro voi vi scambierete idee ed esperienze a questo proposito. Lasciate solo che vi dica questo: prima di essere chiamato, per volontà di Dio, alla Sede di Pietro, ho collaborato, mentre ero ancora Arcivescovo di Cracovia, all'opera del "Consilium de laicis", il dicastero che ha preceduto l'odierno Pontificio Consiglio per i laici. Per questo ero solito venire a Roma almeno una volta l'anno per gli incontri di quel Consiglio. Ero allora convinto, e lo sono ancora, che la formazione spirituale, morale e teologica dei laici, uomini e donne, è una delle priorità più urgenti nella Chiesa se si vuole applicare pienamente l'insegnamento del Concilio Vaticano II.

Questa formazione non è qualcosa che si può raggiungere una volta per tutte e completare definitivamente. Formazione significa crescita e approfondimento di quella discepolanza di Cristo che caratterizza ogni membro della Chiesa e che non avrà fine se non nel giorno della nostra morte.

Pensando a tutti coloro che partecipano a questo incontro, penso anche a tutti i Paesi dell'Asia e li raccomando al Padre nostro che è nei cieli. Il mio pensiero va in modo particolare a coloro che soffrono per la testimonianza che essi rendono alla loro fede, a coloro che sono stanchi della violenza e della guerra o ne sono vittime. Prego affinché la consolazione e la pace di Dio siano con loro. Attraverso l'amore testimoniato loro dai cristiani dell'Asia, possano essi conoscere l'amore di Cristo.

Questo mi porta a offrirvi una riflessione finale. Il compito di ogni laico, uomo o donna, è di dare testimonianza personale nella Chiesa e nella società dell'amore di Dio che ci è stato rivelato in Gesù Cristo ed è stato effuso nei nostri cuori dal suo Spirito. Raccomando lei e tutti i partecipanti all'incontro di Hong Kong all'intercessione della Vergine Maria, Madre della Chiesa, di san Francesco Saverio, grande apostolo dell'Asia, di cui si celebrerà la memoria durante il vostro raduno, di tutti i martiri e i santi dell'Asia e della Chiesa universale, pregando affinché questo incontro possa essere fonte di molte benedizioni per la Chiesa di tutto il continente asiatico. Su di lei e su tutti i presenti invoco la grazia e la pace di nostro Signore Gesù Cristo, e con profondo affetto imparto la mia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 24 novembre 1983

Data: 1983-11-24 Data estesa: Giovedi 24 Novembre 1983



Ai Presidenti dei Parlamenti europei - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La democrazia va difesa da tutti con grande tenacia

Signori Presidenti, signore, signori.


1. La Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti degli Stati membri della Comunità europea è un'istituzione ancora giovane, e questa seconda riunione a Roma, dopo quella di Lussemburgo, vi ha offerto l'occasione di venire anche in Vaticano. Sono colpito dal fatto che voi stessi abbiate espresso il desiderio di questa udienza e vi ringrazio della vostra visita e delle nobili intenzioni che il vostro portavoce, il presidente Cossiga, ha appena espresso davanti a noi.

Nell'ambito del ruolo spirituale, qual è essenzialmente quello della Santa Sede, non si tratta per me ora di prendere in esame i mezzi tecnici con cui sviluppare la cooperazione tra il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali, la qual cosa costituiva l'oggetto del vostro incontro. Ma il buon esercizio del potere legislativo in ciascuno dei vostri Paesi e il giusto sviluppo dell'unità dell'Europa, o almeno, per quanto concerne voi, della Comunità, interessano vivamente la Santa Sede, perché è in gioco il buon andamento della vita sociale, del progresso della giustizia e della solidarietà tra gli uomini di questo continente, e dunque del loro progresso morale e del loro contributo al resto dell'Europa e della comunità mondiale.

La Chiesa non è estranea allo sviluppo equilibrato delle istituzioni politiche; la Santa Sede è, del resto, rappresentata presso ciascuno dei vostri Paesi, e presso le Comunità europee da un Nunzio Apostolico.


2. Voglio innanzitutto formulare degli auguri per voi, in quanto Presidenti e Segretari generali dei Parlamenti nazionali dei dieci Paesi qui rappresentati. Con diversità che risalgono alla loro storia, questi Paesi dispongono generalmente di due camere, elette dal popolo sovrano, per esercitare il potere legislativo, che si completano e si controllano a vicenda, affinché il bene comune di tutti i vostri compatrioti venga garantito dalle leggi con il massimo di saggezza, di prudenza, di giustizia. Come dicevo recentemente a parlamentari europei, una tale democrazia, ben compresa, con un'autorità pubblica sufficientemente forte, è una grande possibilità, se la si confronta con i regimi fondati sulla violenza, sulla dittatura o sui privilegi di una oligarchia potente. Si, in questo senso, la vera democrazia deve essere difesa con tenacia. E voi che presiedete personalmente al funzionamento delle Assemblee parlamentari, con tutto ciò che questo implica: rispetto della legge e delle istituzioni, imparzialità verso i diversi gruppi politici, accoglienza rispettosa delle persone chiamate ad esprimersi nell'emiciclo, in una parola equità e autorità, adempite a un impegno meritorio, un servizio qualificato delle vostre Nazioni, per il quale vi esprimo la mia stima, i miei auguri e i miei incoraggiamenti.


3. Ma il problema ormai è quello di congiungere il lavoro legislativo e l'autorità dei vostri parlamenti nazionali, da una parte, con l'attività del Parlamento europeo, dall'altra.

Oserei quasi dire che siete ancora in un periodo di rodaggio. Un rodaggio difficile sotto molti aspetti! Perché, sul piano giuridico, il Parlamento europeo, anche se è stato eletto a suffragio universale e dunque ne riceve direttamente il potere, ha un'autorità limitata che deve accordarsi con le decisioni degli Stati membri. In ogni modo, queste Nazioni europee hanno ciascuna non solo degli interessi particolari, ma anche una lunga e ricca storia personale, un patrimonio proprio, che non bisogna livellare, ma piuttosto rispettare e coordinare. E pertanto il progresso della Comunità europea, la sua unità e la sua forza esigono che poteri efficienti siano, gradualmente e ragionevolmente, trasferiti o attribuiti al Parlamento europeo, affinché esso adempia il suo ruolo al servizio di tutti e assicuri il bene comune dei Paesi membri. Una tale articolazione richiede elasticità e prudenza, per unire il rispetto delle istanze locali e la volontà di raggiungere un'armonia superiore.

E' questa delicata coordinazione che voi cercate di realizzare o preparare; costituirà il vostro merito, agli occhi della storia, il riuscire in quest'opera difficile, con il massimo di equilibrio.


4. E, al di là del funzionamento delle vostre istituzioni, mi soffermero brevemente sull'oggetto della loro attività. Le misure comuni che vengono adottate a livello della Comunità toccano evidentemente l'economia, gli scambi commerciali, le produzioni agricole, minerarie e industriali, le realtà regionali, le realizzazioni culturali. Riguardano anche la vita sociale dei lavoratori, nativi del Paese o immigrati, la vita familiare, l'educazione e dunque le condizioni della vita morale. Praticamente, oggi, incontrate dei problemi simili in un Paese come nell'altro, per quel che riguarda, ad esempio, la gioventù. Nei liberi dibattiti, nelle discussioni o nei voti su queste importanti questioni, non bisogna solamente rispecchiare i costumi o le opinioni comuni dei vostri elettori, e non certamente decidere arbitrariamente, e nemmeno seguire necessariamente e sempre la linea del partito, ma occorre far riferimento, oso dire, sottomettersi a quei valori che fondano la vita in società e il suo autentico progresso, cercare in coscienza il vero bene, secondo convinzioni etiche ben stabilite e un acuto senso di responsabilità, voglio dire riguardo alle conseguenze di ogni vostra decisione. Insomma si tratta di sapere quale qualità di società deve essere promossa.

L'Europa che voi rappresentate corrisponde a Paesi di lunga tradizione cristiana; si potrebbe anche dire che, per la maggioranza, la loro storia nazionale si è quasi confusa fino ad oggi con la storia cristiana. Come non augurare che l'Europa dia a questo proposito una testimonianza originale, a tutti i livelli, ivi compreso quello della democrazia di cui ho poco fa parlato? La democrazia non ricerca un egualitarismo che livella tutto, ma il rispetto delle persone, dei loro diritti fondamentali, della loro libertà, restando attenta al ruolo primario delle famiglie e dei corpi intermedi, e mantenendo ugualmente la preoccupazione di superare gli interessi particolari quando è in gioco il bene comune. Si può parlare sotto questo punto di vista di un'etica parlamentare.


5. Ho appena nominato il "bene comune": quello dei vostri Paesi e dell'Europa, sicuramente, ma anche quello della comunità internazionale. Essa si aspetta dalla Comunità europea una testimonianza di giustizia e di fraternità, un contributo originale ed efficace alla conclusione delle guerre in corso, alla ricerca di soluzioni negoziate eque, al bando della violenza, del terrorismo, della tortura, e direi, ancora di più, delle esecuzioni sommarie anche perpetrate da governi legittimi, al disarmo progressivo e controllato, al miglioramento dei rapporti di scambio tra Paesi ricchi e Paesi poveri, al reciproco aiuto reale per sconfiggere la fame e permettere lo sviluppo dei popoli a partire dalle loro proprie risorse.

Malgrado l'acutezza delle proprie debolezze, l'Europa può offrire questo contributo. Essa lo deve offrire. Perché, non solo dispone ancora di molti mezzi, ma anche i suoi figli hanno avuto molte possibilità di conoscere ciò che è giusto e buono, di formarsi lo spirito e il cuore, di conoscere il prezzo della vita e della libertà, di attingere alle fonti dell'amore che il cristianesimo ha loro rivelato! Si, le Nazioni del mondo hanno il diritto di aspettarsi un aiuto particolare da essa.

Prego Dio di ispirarvi e di sostenervi nel vostro alto incarico. E gli raccomando il futuro delle vostre persone, delle vostre famiglie, delle vostre patrie, dell'Europa, di tutta l'Europa.

Data: 1983-11-26 Data estesa: Sabato 26 Novembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Al Pontificio Collegio Pio latino-americano - Città del Vaticano (Roma)