GPII 1983 Insegnamenti - Alla proclamazione di tre nuovi Beati - Città del Vaticano (Roma)

Alla proclamazione di tre nuovi Beati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Giacomo Cusmano, Domenico del SS.mo Sacramento, Geremia da Valacchia




1. Oggi la Chiesa esprime, con le parole del Libro della Sapienza, l'amore con il quale Dio abbraccia tutto il creato. Tali parole della liturgià odierna sono così belle che desidero ripeterle: "Tutto il mondo è davanti a te, come polvere sulla bilancia, / come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. / Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, / non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento. / Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi? / O conservarsi se tu non l'avessi chiamata all'esistenza? / Tu risparmi tutte le cose, perché tutte son tue, Signore, / amante della vita, poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. / Per questo tu castighi poco alla volta i colpevoli / e li ammonisci ricordando loro i propri peccati, / perché, rinnegata la malvagità, credano in te, Signore" (Sg 11,22-12,2).


2. Queste parole del Libro della Sapienza sembrano costituire come uno speciale accompagnamento di tutto ciò che la Chiesa vive nell'Anno della Redenzione. Esse sono per noi fonte di luce, nel momento in cui eleviamo alla gloria degli altari i servi di Dio: Giacomo Cusmano, Domenico del Santissimo Sacramento e Geremia da Valacchia.

L'Amore di Dio verso tutto il creato trova la sua particolarissima espressione nella santificazione dell'uomo. La Chiesa oggi gioisce proprio per questo, cioè perché tre suoi figli, collaborando con la Grazia di Dio, hanno percorso la via che conduce alla santità. Su questa via sono stati chiamati da Cristo, così come una volta fu chiamato il pubblicano Zaccheo. La vicenda di Zaccheo appare lo specchio di un'autentica conversione evangelica: egli infatti, accogliendo il Signore in casa e riparando le concussioni fatte nel suo lavoro, da un mirabile esempio di amore verso Dio e verso i fratelli. Questo duplice amore segna la via della perfezione cristiana, battuta dai Servi di Dio, che ora abbiamo proclamato Beati.

a) Anzitutto il Beato Giacomo Cusmano, medico e sacerdote. Egli, per sanare le piaghe della povertà e della miseria che affliggevano tanta parte della popolazione a causa di ricorrenti carestie ed epidemie, ma anche di una sperequazione sociale, scelse la via della carità: amore di Dio che si traduceva nell'amore effettivo verso i fratelli e nel dono di sé ai più bisognosi e sofferenti in un servizio spinto sino al sacrificio eroico.

Dopo aver aperto una prima "Casa dei poveri", diede inizio ad una più vasta opera di promozione sociale, istituendo l'"Associazione del boccone del povero", che fu come il granello di senapa da cui sarebbe sorta una pianta tanto rigogliosa. Facendosi povero coi poveri, non disdegno di mendicare per le vie di Palermo, sollecitando la carità di tutti e raccogliendo viveri che poi distribuiva agli innumerevoli poveri che gli si stringevano intorno.

La sua opera, come tutte le opere di Dio, incontro difficoltà che misero a dura prova la sua volontà, ma con la sua immensa fiducia in Dio e con la sua invitta fortezza di animo supero ogni ostacolo, dando origine all'Istituto delle "Suore Serve dei poveri" e alla "Congregazione dei missionari Servi dei poveri".

Egli guido i suoi figli e le sue figlie spirituali all'esercizio della carità nella fedeltà ai consigli evangelici e nella tensione verso la santità. Le sue regole e le sue lettere spirituali sono documenti di una sapienza ascetica in cui si accordano fortezza e soavità. L'idea centrale era questa: "Vivere alla presenza di Dio e in unione con Dio; ricevere tutto dalle mani di Dio; far tutto per puro amore e gloria di Dio".

Questo magnifico "Servo dei poveri" si spense nell'esercizio di una carità che andava sempre più divampando sino a toccare vertici eroici. Essendo scoppiato un nuovo colera a Palermo, egli si adopero senza pari per essere vicino, in tutti i momenti, ai suoi poveri. "Signore - egli ripeteva - colpite il pastore e risparmiate il gregge". Ne usci gravemente scosso nella salute e, a soli 54 anni, consumava il suo olocausto, consegnando amorevolmente la sua anima a quel Dio, il cui nome è Amore.

b) La seconda figura ecclesiale elevata oggi agli altari, il religioso trinitario Domenico Iturrate Zubero, nacque in terra di Spagna, nei Paesi Baschi.

La sua breve esistenza, di appena ventisei anni, contiene un ricco messaggio che si concretizza nella tensione costante verso la santità. In questo cammino vi sono alcune caratteristiche peculiari che desidero passare in rassegna sinteticamente.

Il compimento fedele della volontà di Dio è una meta che raggiunse vertici altissimi, soprattutto negli ultimi anni della sua vita. Per questo, nel


1922 scriverà nelle sue note spirituali: "La nostra conformità con la volontà divina dev'essere totale, senza riserve e costante". Animato da questo spirito, e con il consenso del suo direttore spirituale, fece voto di "far sempre ciò che sapeva essere massimamente perfetto" proponendosi inoltre "di non negare niente a Dio Nostro Signore, ma di seguire in tutto le sue sante ispirazioni, con generosità e gioia".

Come religioso trinitario, fece in modo di vivere secondo le due grandi direttive della spiritualità del suo ordine: il mistero della Santissima Trinità e l'opera della Redenzione, che in lui si fece esperienza di viva carità. E in quanto sacerdote, ebbe una chiara immagine della sua identità di "mediatore tra Dio e gli uomini", o "rappresentante del Sacerdote eterno, Cristo". Tutto ciò lo portava a vivere ogni Eucaristia come un atto di immolazione personale, unito alla Vittima Suprema, in favore degli uomini.

Non meno notevole fu la presenza di Maria nella traiettoria spirituale del nuovo Beato. Dall'infanzia fino alla morte. Una devozione che egli visse con una grande intensità e che fece in modo di trasmettere sempre agli altri, convinto com'era di "quanto buono e sicuro è questo cammino: andare al Figlio per mezzo della Madre".

Questi soli accenni ci pongono dinanzi alla forza di un modello ed esempio valido per oggi. Con la sua testimonianza di fedeltà alla chiamata interiore e di risposta generosa ad essa, Padre Domenico mostra ai nostri giorni un cammino da seguire: quello di una fedeltà ecclesiale che plasma l'identità interiore e che conduce alla santità.

Desidero ora esortare i cristiani del popolo basco nella loro lingua: "Jarrai dezaten Beato berriaren Kristogana'ko zintzotasunikasbidea".

c) Il terzo Beato è il frate cappuccino Geremia da Valacchia: un figlio della Romania, la nobile Nazione che porta nella lingua e nel nome l'impronta di Roma. La glorificazione di questo servo fedele del Signore, dopo tre secoli di misterioso nascondimento, è riservata ai nostri giorni, segnati dalla ricerca dell'ecumenismo e della solidarietà tra i popoli a livello internazionale.

Il Beato Geremia da Valacchia venendo dalla Romania in Italia, riallaccio nella sua vicenda storica Oriente e Occidente, lanciando un emblematico ponte tra i popoli e tra le Chiese cristiane. Sorgente inesauribile della sua vita interiore era la preghiera, che lo faceva crescere ogni giorno nell'amore per il Padre e per i fratelli. Attingeva ispirazione e forza dalla meditazione assidua del Crocifisso, dall'intimità con Gesù Eucaristico e da una filiale devozione verso la Madre di Dio.

Per i poveri si prodigo generosamente, industriandosi con tutti i mezzi per sollevarne le miserie. Con illuminata larghezza di spirito diceva che bisognava ispirarsi alla liberalità del Padre celeste e dare gratuitamente quanto gratuitamente s'era ricevuto per condividerlo coi fratelli in necessità.

Nell'assistenza agli ammalati spese tutta la ricchezza della sua generosità e della sua eroica abnegazione. Serviva instancabilmente, riservandosi come ambito privilegio i servizi più umili e più faticosi, scegliendo di accudire i malati più difficili e più esigenti.

Una carità così straordinaria non poteva restare circoscritta tra le mura del convento. Ecclesiastici, nobili e popolani chiedevano, nella malattia, una visita del frate valacco. E fu appunto per recarsi a visitare un ammalato in un rigido giorno d'inverno, che contrasse una pleuropolmonite che ne stronco la robusta fibra.

Rivolgendomi a voi Romeni nella vostra lingua, mi compiaccio che abbiate chiesto di mettere sul candelabro questa lampada ardente. Voi avete scoperto il suo messaggio e vi siete uniti intorno alla sua figura, che sintetizza ed esprime la vostra tradizione cristiana e le vostre aspirazioni. Nella vostra storia bimillenaria, pur ricca di tanti valori di fede, Geremia da Valacchia è il primo romeno che ascende ufficialmente agli onori degli altari. Egli che nella sua vita realizzo una sintesi armoniosa tra la Patria naturale e quella adottiva, contribuisca ora, proclamato "beato", a promuovere la pace tra le nazioni e l'unità dei cristiani, additandone col suo esempio la strada maestra: la carità operosa per i fratelli.

I tre Beati si sono resi degni della chiamata del Signore mediante la loro profonda unione con Dio nella preghiera incessante e nella perfetta adesione alla Chiesa, che è stata fondata dal Maestro divino per dirigere, istruire e santificare i suoi figli e le sue figlie.

I nuovi Beati si sono lasciati ammaestrare dalla Chiesa, che hanno amato e seguito con grande docilità, e hanno così raggiunto quel vertice di perfezione e di santità, a cui essa non cessa di additare e di guidare le anime.


3. Oggi la Chiesa elevando, come Beati, alla gloria degli altari Giacomo, Domenico e Geremia, desidera venerare in modo particolare Dio: rendere gloria a Dio. L'uomo è ciò che è davanti a Dio; egli esiste per essere una "lode della sua gloria" (Ep


1,14). La lode di Dio dà il senso alla vita, giacché, come dice sant'Ireneo, "la gloria di Dio è l'uomo vivente" ("Adversus Haereses" IV, 20,7). La lode non realizza soltanto l'uomo singolarmente preso, ma anche la Chiesa, come popolo di Dio, il cui ruolo è narrare le meraviglie di Dio! Per questo i Padri amavano definire la Chiesa come il "luogo della dossologia". Lodare Dio significa riconoscere le meraviglie che esistono in lui e che egli riserva nell'Universo. Ma significa anche ammirare le meraviglie della Redenzione che egli opera nei santi, chiamandoli allo splendore della sua grazia e della sua perfezione. A questo proposito il Salmo responsoriale è quanto mai illuminante: "O Dio, mio re, voglio esaltare e benedire il tuo nome / in eterno e per sempre. / Grande è il Signore e degno di ogni lode, / la sua grandezza non si può misurare" (Ps 144(145),


1.3).

4. Si! I santi parlano della gloria del Regno di Dio. Proclamano la potenza della Redenzione di Cristo: la potenza della croce e della risurrezione. Sono una viva testimonianza che il Creatore e Padre ama tutte le cose esistenti (cfr. Sg


11,24).

Una tale testimonianza devono diventare al cospetto della Chiesa i beati Giacomo Cusmano, Domenico del Santissimo Sacramento, Geremia da Valacchia. Oggi desideriamo accogliere questa testimonianza nel tesoro della santità che la Chiesa custodisce con grande venerazione e gratitudine. Desideriamo accogliere la testimonianza dei nuovi beati nell'anno del Giubileo straordinario, affinché l'eredità del mistero della Redenzione sia viva e vivificante per le intere generazioni del Popolo di Dio.

"Tutte le cose sono tue, Signore, / amante della vita" (cfr. Sg 11,26).

Amen.

Data: 1983-10-30 Data estesa: Domenica 30 Ottobre 1983

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella passione di Cristo contempliamo il dolore umano

In quest'ultima domenica di ottobre, la nostra riflessione si sofferma ancora sul Rosario. Nei misteri dolorosi contempliamo in Cristo tutti i dolori dell'uomo: in lui angosciato, tradito, abbandonato, catturato, imprigionato; in lui, ingiustamente processato e sottoposto ai flagelli; in lui, frainteso e deriso nella sua missione; in lui, condannato con la complicità del potere politico; in lui, condotto pubblicamente al supplizio ed esposto alla morte più infamante; in lui, uomo del dolore predetto da Isaia, è assommato e santificato ogni dolore umano.

Servo del Padre, Primogenito tra molti fratelli, Capo dell'umanità, egli trasforma il patire dell'uomo in oblazione a Dio gradita, in sacrificio che redime. E' lui l'Agnello che toglie il peccato del mondo, il Testimone fedele, che ricapitola in sé e rende meritorio ogni martirio.

Sulla sua Via dolorosa e sul Golgota c'è la Madre, la prima Martire. E col cuore della Madre, alla quale dalla Croce consegno in testamento ogni discepolo e ogni uomo, noi contempliamo commossi i patimenti del Cristo, imparando da lui l'obbedienza fino alla morte, e alla morte di Croce; imparando da lei ad accogliere ogni uomo come fratello, per stare con lei presso le innumerevoli croci sulle quali ancora ingiustamente è inchiodato, non nel suo Corpo glorioso, ma nelle membra doloranti del suo Corpo mistico, il Signore della gloria.

(Saluto ai vari gruppi di pellegrini presenti:) Cari fratelli e sorelle, abbiamo appena presieduto a tre beatificazioni.

Vi invito ad unirvi nella gioia con le Chiese locali - d'Italia, di Spagna e di Romania - da cui sono usciti questi beati e con gli Istituti religiosi dei quali essi fecero parte: Servi e Serve dei poveri, Trinitari e Cappuccini. Sono dei begli esempi proposti dalla Chiesa, proprio prima della festa di Ognissanti, che dobbiamo preparare secondo il cammino di penitenza e di riconciliazione messo in luce dal Sinodo dei Vescovi, e pregando con Maria, Nostra Signora del Rosario. Vi benedico di cuore! E questa Benedizione si estenda specialmente alla "Comunità St.

Jean de Rimont", e a tutti coloro che l'accompagnano.

I miei saluti a tutti i visitatori di lingua inglese che sono giunti in pellegrinaggio a Roma. Possiate sperimentare una nuova gioia nella vostra fede e un rinnovato impegno per il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Portate i miei saluti e le mie benedizioni alle vostre famiglie e ai vostri cari rimasti a casa.

Saluto di cuore anche tutti i pellegrini e visitatori di lingua tedesca.

Nell'odierna ultima domenica di ottobre vi raccomando ancora una volta la preghiera del Rosario. Maria, la Madre di Cristo, ci introduce nei profondi misteri della vita e della morte del nostro Redentore, affinché noi diventiamo sempre più simili a lui. Questo vi accordi il Signore con la mia benedizione apostolica.

Saluto con affetto tutti e ciascuno dei pellegrini di lingua spagnola e portoghese qui presenti per la preghiera mariana dell'Angelus, e in particolare coloro che hanno assistito alla beatificazione di Padre Domenico Iturrate Zubero.

Nei misteri dolorosi del Rosario ci uniamo alla Vergine, nostra Madre, contemplando i dolori di suo Figlio e imparando da lei ad accogliere ogni uomo come fratello. Ci aiuti a comprendere il dolore alla luce della Redenzione, accettando ognuno la propria croce. A tutti imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

Saluto con pensiero particolarmente affettuoso i numerosi pellegrini provenienti da Palermo e dalla Sicilia. La loro esultanza per la glorificazione di un figlio della nobile terra siciliana è oggi l'esultanza di tutta la Chiesa.

Saluto inoltre i pellegrini provenienti da Napoli e i miei fratelli e sorelle che sono venuti dalla cara Romania.

Saluto poi il pellegrinaggio proveniente dall'Aquila e il pellegrinaggio nazionale dei Terziari e dei Gruppi laicali dei Servi di Maria. A tutti il mio cordiale saluto e la mia benedizione.

Data: 1983-10-30 Data estesa: Domenica 30 Ottobre 1983

Adorazione eucaristica in San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: E', per la Chiesa, fonte inesauribile di vitalità spirituale

Cari adoratori notturni spagnoli.


1. Esattamente un anno fa ci siamo incontrati riuniti nella parrocchia di Guadalupe a Madrid, per un momento di adorazione eucaristica. Era la prima notte dopo il mio arrivo per l'indimenticabile visita apostolica in Spagna. E' per me una grande gioia poter vivere insieme a voi, in questa basilica di San Pietro, alcuni istanti di adorazione a Gesù nel Santissimo Sacramento. In questo anno voi avete continuato a pregare per le intenzioni del Papa e della Chiesa. Egli si unisce anche alla vostra preghiera, per confermarvi nella fede e chiedere al Signore che ratifichi il vostro proposito di continuare ad essere una porzione viva e perseverante della Chiesa che prega.

Vi dissi in Spagna che l'Eucaristia è la fonte di tutta la vostra vitalità spirituale e apostolica; perché con il vostro atteggiamento di adorazione, approfondite nella fede, la speranza e la carità. In questo modo, orientate tutta la vostra vita verso Dio, e, pertanto, verso il mistero dell'uomo e della storia umana concreta.

Quanto mi piacerebbe sapere che, in questo anno, avete progredito nel cammino della contemplazione e dell'impegno cristiano, secondo le direttive che vi ho indicato nella preghiera che ho recitato con voi in quella notte madrilena!


2. L'adorazione è una pratica insostituibile della Chiesa. Voi, adorando Gesù nel Santissimo Sacramento, compite nelle Chiese locali il comando che l'Apostolo ci ha rivolto di pregare senza interruzione (1Th 5,17), imitando il Maestro che frequentemente trascorreva la notte in preghiera (Lc 6,12).

Questo silenzio contemplativo vi comunicherà una grande capacità di amare Dio e i fratelli. Infatti, nel silenzio della notte, quando sembra che diminuiscano le ansie e la creazione tace come sperando la parola del Signore (cfr. Sg 18,15), udite nel cuore la voce del Padre che vi dice: "Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo" (Mt 17,5).

E sintonizzandovi sempre più con i sentimenti di Cristo Redentore, che è venuto a "dare la sua vita in riscatto per molti" (Mt 20,28), andate scoprendo l'interessamento salvifico del Signore per gli individui, la famiglia, la gioventù, la comunità ecclesiale alla quale appartenete, la vostra Nazione e l'umanità intera. così presentate al Signore tutto quello che è stata la vostra vita quotidiana, insieme ai problemi dei fratelli redenti da Cristo.

La Chiesa ha bisogno di uomini e donne come voi, convinti del valore insostituibile della preghiera e coerenti con il dovere di ogni uomo di rendere gloria a Dio, come premessa indispensabile a qualunque azione che voglia essere proficua per gli altri. Ma non potete limitarvi all'aspetto contemplativo dell'adorazione e della preghiera, perché non sarebbe autentica la vostra orazione, se non fosse accompagnata da un impegno di vita cristiana e di azione apostolica. Solo così risponderete alla chiamata di Cristo che vi invita a collaborare con lui nell'applicazione dei frutti della sua opera redentrice a tutta l'umanità. Considerate poi come parte importante dell'impegno apostolico della vostra Associazione la promozione del culto di Gesù nel Santissimo Sacramento e quanto ciò possa contribuire ad una più profonda partecipazione alle celebrazioni eucaristiche e alla comunione sacramentale da parte di tutti.

In questo modo sarete testimoni viventi del fatto che il vostro impegno di adoratori non solo non è qualcosa di sterile o di inutile per la comunità ecclesiale, ma è fonte di dinamismo ecclesiale. perciò siate fedeli al vostro carisma, testimoniando il primato della dimensione verticale nella vita religiosa dell'uomo. così, unendo a questa testimonianza il duplice impegno di vivere cristianamente e di aiutare spiritualmente i fratelli, sarete fedeli alla vostra identità di adoratori.


3. Stiamo celebrando l'Anno Santo della Redenzione che deve essere, in modo speciale per voi, un tempo di grazia e di rinnovamento spirituale. Nell'adorazione eucaristica incontrerete le linee forti di questo rinnovamento. Infatti, "l'Eucaristia rende presente l'intera opera della Redenzione che lungo l'anno viene perpetuata nella celebrazione dei divini misteri". Nel vostro caso concreto, desidero che, attraverso l'adorazione eucaristica, vi facciate portatori delle direttive date per l'Anno Santo: "Che i cristiani sappiano riscoprire nella loro esperienza esistenziale tutte le ricchezze insite nella salvezza a loro comunicata fin dal Battesimo e si sentano spinti dall'amore di Cristo" ("Aperite portas Redemptori", 3).

In questa vostra esperienza di vita spirituale e apostolica, scoprirete meglio l'immensa prospettiva del dogma della comunione dei santi, posto che "ogni ritrovata convinzione dell'amore misericordioso di Dio e ogni singola risposta d'amore penitente da parte dell'uomo è sempre un evento ecclesiale".

Effettivamente, "la grazia specifica dell'Anno Santo della Redenzione è dunque una rinnovata scoperta dell'amore di Dio che si dona e un approfondimento delle ricchezze imperscrutabili del mistero pasquale di Cristo" ("Aperite portas Redemptori", 8). perciò l'Anno Santo è una chiamata a ringraziare Dio per il dono ricevuto, a profittare dei frutti della Redenzione e a incorporarvi individualmente nella missione salvifica della Chiesa. Tutto ciò si vive nell'Eucaristia. Infatti, essa è sempre il veicolo appropriato per la nostra azione di grazie che ci è stata ordinata e deve esserlo come nostro ringraziamento per il beneficio della Redenzione. Per Cristo, con lui e in lui, le nostre azioni di grazia acquistano un valore che da sé non avrebbero mai avuto.

Ricevendo Gesù nel Santissimo Sacramento con le debite disposizioni facciamo nostri i frutti della Redenzione che ci chiamano attraverso i Sacramenti.

E, infine, come la Chiesa fa l'Eucaristia, così l'Eucaristia fa la Chiesa. Per questo l'Eucaristia, trasformandoci in Cristo, ci incorpora alla missione salvifica che la Chiesa realizza attraverso i singoli. Precisamente per questo la vostra preghiera, senza cessare d'essere rapporto intimo e personale con il Divino Amico, "Non vi chiamo più servi ma amici" (Jn 15,15), deve aprirsi alla dimensione comunitaria e missionaria del cristianesimo autentico, accogliendo come proprie le preoccupazioni di tutta la Chiesa e dei suoi membri e comunità.

Così diverrà realtà questo anelito: "Aprite le porte al Redentore", che deve significare per voi un'apertura del cuore, che non ha fretta nello stare col Signore e che, precisamente per questo, si dedica generosamente agli impegni della vita quotidiana, familiare e sociale. così, entrare nel mistero della Redenzione sarà sintonizzarsi con il "si" di Gesù al Padre. E il vostro "si" contemplativo e responsabile si unirà a quello di Cristo, e farà in modo che presto tutta l'umanità possa pronunciare il "si" di un "Padre nostro" universale.


4. La Vergine santissima, Madre di Gesù e Madre nostra, che con Giuseppe suo sposo adoro il Figlio di Dio fatto uomo la notte stessa della sua nascita, e che tante altre notti, a Betlemme e a Nazaret, veglio il suo sonno, sia il modello di tutti gli adoratori e adoratrici notturne di Gesù nel Santissimo Sacramento.

Che la sua presenza di Madre Dolorosa presso la Croce di Cristo Salvatore, ci insegni a scoprire nell'Eucaristia il medesimo sacrificio che ci ha redenti, ci stimoli ad approfittare personalmente dei frutti di questa Redenzione e ci faccia sentire la responsabilità di incorporarci efficacemente nella funzione salvifica della Chiesa incaricata di applicare la Redenzione di Cristo a tutti gli uomini. Che ella ci insegni le vie dell'amore profondo verso Dio e verso l'uomo e ci faccia preparare il nuovo avvento del Figlio suo per l'umanità. Che ci insegni ad essere autentica Chiesa. "La Chiesa del nuovo Avvento, la Chiesa che si prepara di continuo alla nuova venuta del Signore, deve essere la Chiesa dell'Eucaristia e della Penitenza" (RH 20).

Cari adoratori e adoratrici della Spagna, della Germania, del Belgio, del Cile, degli Stati Uniti, Francia e Messico: vi ripeto i miei sentimenti di gioia e di gratitudine per la vostra visita, mentre di cuore benedico voi e tutti i membri della vostra Associazione, le vostre famiglie e i vostri Paesi. "Sia lodato il Santissimo Sacramento dell'altare".

Data: 1983-10-31 Data estesa: Lunedi 31 Ottobre 1983

Messaggio al Cardinale Willebrands - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La verità storica su Lutero alimenti il dialogo per l'unità

Al mio venerato Fratello Cardinale Giovanni Willebrands, Presidente del Segretariato per l'unione dei cristiani.

Il 10 novembre 1983 ricorre il 500° anniversario della nascita del dottor Martin Lutero da Eisleben. In questa occasione numerosi cristiani, specialmente di confessione evangelico-luterana, ricordano quel teologo che, alla soglia del tempo moderno, ha contribuito in modo sostanziale al radicale cambiamento della realtà ecclesiale e sacrale dell'Occidente. Il nostro mondo fa ancora oggi l'esperienza del suo grande impatto sulla storia.

Per la Chiesa cattolica il nome di Martin Lutero è legato, attraverso i secoli, al ricordo di un periodo doloroso e, in particolare, all'esperienza dell'origine di profonde divisioni ecclesiali. Per questa ragione, il 500° della nascita di Martin Lutero deve essere per noi motivo di meditare, nella verità e nella carità cristiana, su quell'avvenimento gravido di storia che fu l'epoca della Riforma. Perché è il tempo che, distanziandoci dagli eventi storici, fa si che essi siano spesso meglio compresi ed evocati.

Pertanto, note personalità e istituzioni della cristianità luterana hanno indicato l'opportunità che l'anno dedicato a Lutero sia improntato a un genuino spirito ecumenico e che il discorso su Lutero contribuisca all'unità dei cristiani. Accolgo con soddisfazione questa intenzione e vi scorgo un invito fraterno per giungere insieme a un'approfondita e più completa visione degli avvenimenti storici e a una riflessione critica sulla molteplice eredità di Lutero.

Infatti, le ricerche scientifiche di studiosi evangelici e cattolici, ricerche i cui risultati hanno già raggiunto notevoli punti di convergenza, hanno condotto a delineare un quadro più completo e più differenziato della personalità di Lutero e della trama complessa della realtà storica, sociale, politica ed ecclesiale della prima metà del Cinquecento. Di conseguenza si è delineata chiaramente la profonda religiosità di Lutero che, con bruciante passione era sospinto dall'interrogativo sulla salvezza eterna. Parimenti è risultato chiaro che la rottura dell'unità ecclesiale non si può ridurre né alla mancanza di comprensione da parte delle autorità della Chiesa cattolica, né solamente alla scarsa comprensione del vero cattolicesimo da parte di Lutero, anche se entrambe le cose hanno avuto un loro ruolo.

Le decisioni prese avevano radici ben più profonde. Nella disputa sulla relazione tra fede e tradizione, erano in gioco questioni di fondo sulla retta interpretazione e sulla ricezione della fede cristiana, le quali avevano in sé un potenziale di divisione ecclesiale non spiegabile con sole ragioni storiche.

Pertanto un duplice sforzo è necessario, sia nei confronti di Martin Lutero, che nella ricerca del ristabilimento dell'unità. In primo luogo è importante continuare un accurato lavoro storico. Si tratta di giungere, attraverso un'investigazione senza pregiudizi, motivata solo dalla ricerca della verità, a un'immagine giusta del riformatore, di tutta l'epoca della Riforma e delle persone che vi furono coinvolte. La colpa, dove esiste, dev'essere riconosciuta, da qualsiasi parte si trovi, laddove la polemica ha offuscato lo sguardo, la direzione di questo sguardo deve essere corretta indipendentemente dall'una o dall'altra parte. Inoltre non dobbiamo lasciarci guidare dall'intento di ergerci a giudici della storia, ma unicamente da quello di comprendere meglio gli eventi e di diventare portatori di verità. Solo ponendoci, senza riserve, in un atteggiamento di purificazione attraverso la verità, possiamo trovare una comune interpretazione del passato e raggiungere allo stesso tempo un nuovo punto di partenza per il dialogo di oggi.

Ed è questa precisamente la seconda cosa che si impone. Il chiarimento della storia, il quale si volge al passato nel suo significato che ancora perdura, deve andare di pari passo con il dialogo della fede che, nel presente, noi intraprendiamo per ricercare l'unità. Questo dialogo trova la sua base solida, secondo gli scritti confessionali evangelico-luterani, in ciò che ci unisce anche dopo la separazione e cioè: nella Parola della Scrittura, nelle Confessioni di fede, nei Concili della Chiesa antica. Confido pertanto, signor Cardinale, che, su queste basi e in questo spirito, il Segretariato per l'unione, sotto la sua guida, conduca avanti questo dialogo iniziato con grande serietà in Germania, già prima del Concilio Vaticano II, e lo faccia nella fedeltà alla fede gratuita, la quale comporta penitenza e disponibilità ad imparare ascoltando.

Nell'umile contemplazione del Mistero della divina Provvidenza e nel devoto ascolto di ciò che lo Spirito di Dio ci insegna oggi nel ricordo degli avvenimenti dell'epoca della Riforma, la Chiesa tende a dilatare i confini del suo amore, per andare incontro all'unità di tutti coloro che, attraverso il Battesimo, portano il nome di Gesù Cristo. Accompagno il lavoro di codesto Segretariato e tutti gli sforzi ecumenici per la grande causa dell'unità di tutti i cristiani con la mia particolare preghiera e benedizione.

Dal Vaticano, 31 ottobre 1983

Data: 1983-10-31 Data estesa: Lunedi 31 Ottobre 1983

Ordinazione dell'Arcivescovo Stickler - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Vescovo, maestro fedele e zelante della divina dottrina

Carissimi fratelli e sorelle!


1. L'Eucaristia, che stiamo celebrando, e il sacramento dell'Ordine episcopale che ci apprestiamo a conferire al neo-eletto Arcivescovo, Monsignor Alfons Stickler, si svolgono nella cornice liturgica della Solennità di Tutti i Santi.

Le letture bibliche, ora proclamate, ci aiutano a dare un contenuto e un significato sia alla Festa liturgica, sia al sacro rito dell'Ordinazione. Nella prima lettura, tratta dal libro dell'Apocalisse, Giovanni ci introduce nella Gerusalemme celeste. Essa è popolata di beati "che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell'Agnello" (Ap 7,14) e ora cantano il cantico della vittoria: "La salvezza appartiene al nostro Dio" (Ap 7,10). Questo per dire che la salvezza e la santità non si sono realizzate per loro merito, ma per grazia di Dio. Lui solo, infatti, è santo, e gli eletti sono dei santificati. Giovanni ci fa contemplare la Chiesa dei salvati, i quali, chiamati da ogni razza, popolo e Nazione, sono entrati nella gioia del loro Signore e vivono ormai "nascosti con Cristo in Dio" (Col 3,3).


2. Dopo questa visione di gloria, la liturgia ci fa meditare nel Vangelo, la realtà della Chiesa pellegrinante sulla terra. Anche qui si parla di "beatitudini", ma di beati che sono nella povertà, nell'afflizione, che hanno fame e sete, che sono perseguitati a causa della giustizia (cfr. Mt 5,1-12). Questa delle beatitudini è la nostra Chiesa, alla quale il Signore indica "la via stretta che conduce alla vita" (Mt 7,14). perciò è a noi che qui parla il Signore! A differenza dei santi del cielo che sono nel possesso della beatitudine eterna, noi siamo nella speranza di poterla conseguire. Ma ci conforta il fatto che - come abbiamo ascoltato nella seconda lettura - "siamo già fin d'ora figli di Dio, anche se non si è rivelato ciò che saremo" (1Jn 3,2). così l'essenziale è già in nostro possesso: il Regno dei cieli è già cominciato per noi, grazie alla nostra qualità di figli di Dio. In questo senso, anche noi siamo nella comunione dei santi. Ma tutto ciò esige un impegno quotidiano per corrispondere pienamente alla vocazione divina e giungere alla futura gloria. Pertanto abbiamo il dovere, secondo le parole di san Paolo, di "operare con timore e tremore la nostra salvezza" (Ph 2,12) e di "operare il bene finché abbiamo il tempo" (Ga 6,9). Noi siamo la Chiesa nel tempo; la Chiesa che, a differenza di quella celeste, può ancora conquistare meriti; la Chiesa gerarchica, fondata sugli Apostoli e sui loro successori, chiamati dal Cristo a svolgere la diakonia della santificazione e della salvezza.


3. In questa luce dobbiamo vedere la figura del venerato Presule, che sta per ricevere la pienezza del sacerdozio. Egli è stato chiamato all'Episcopato, dopo un lungo e sapiente servizio presso la Biblioteca apostolica Vaticana, per dare maggiore autorità e significato all'impegno culturale che egli svolge a servizio della Santa Sede. Investito della dignità episcopale, egli sentirà certamente nel suo animo sempre più impellente l'ansia apostolica di mettere i tesori della sapienza antica e nuova a vantaggio della elevazione spirituale e culturale degli uomini del nostro tempo. Come Pro-bibliotecario di Santa Romana Chiesa, egli avvertirà l'urgenza di una sempre più adeguata promozione della conoscenza della dottrina cristiana e della tutela del patrimonio culturale nella sua più ampia accezione.

L'esercizio di tale responsabilità costituirà, ancor più da Vescovo, uno dei doveri principali della sua funzione, resa oggi tanto più grave in quanto maggiori sono la diffusione e lo smarrimento del pensiero moderno. La cultura umana, infatti, oggi preferisce compiacersi del calcolo e dell'osservazione sperimentale, limitandosi alla conoscenza empirica e sensibile del mondo esteriore, per cui è tanto difficile all'uomo contemporaneo assurgere alla conoscenza razionale e metafisica e tanto più a quella della religione e della fede.

Il possesso e lo studio della verità religiosa, quale la rivelazione cristiana offre al nostro spirito, si affermano e si sviluppano, oltre che nella sfera razionale, in quel "mysterium fidei", di cui scrive san Paolo nella prima Lettera a Timoteo (3,9); ma l'atto di fede, lungi dall'indebolire la nostra facoltà di pensare, la esige e corrobora. Grande responsabilità, dunque, quella del Vescovo che avverte nella propria coscienza il dovere di essere fedele e zelante maestro della divina dottrina: ogni Vescovo è, innanzitutto, maestro della fede.


4. A questo impegno ecclesiale, ella, Monsignore, continuerà ad apportare il suo specifico contributo, che d'ora in avanti sarà confortato dalla grazia propria del carattere episcopale.

Mentre prego il Signore perché fecondi le sue intenzioni e i suoi propositi, raccomando la sua persona e la sua attività alla intercessione di tutti i santi, che ricordiamo in questa liturgia e che ora invochiamo nelle litanie, prescritte per il rito dell'Ordinazione.

Data: 1983-11-01 Data estesa: Martedi 1 Novembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Alla proclamazione di tre nuovi Beati - Città del Vaticano (Roma)