GPII 1983 Insegnamenti - Recita del Santo Rosario - Città del Vaticano (Roma)

Recita del Santo Rosario - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vi ringrazio per la testimonianza di devozione alla Madonna




1. Nel ringraziare tutti i presenti per la partecipazione alla recita del Santo Rosario, rivolgo un saluto particolarmente affettuoso al numerosi seminaristi di Milano. Vi ringrazio, cari giovani, per la testimonianza di devozione alla Madonna. Auspico di cuore che la Vergine santissima vi aiuti a sempre meglio scoprire i segreti del cuore sacerdotale di Gesù, così da poterne essere presto un riflesso per il bene di tanti fratelli.

Nel ricordo dell'incontro nel giorno di san Carlo, e della mia visita alla vostra grande e illustre città, saluto anche gli altri milanesi che hanno voluto unirsi alla recita del Rosario.


2. Saluto ora il gruppo dei giovani romani del Pontificio oratorio di San Pietro.

Carissimi, conosco la vostra bella e grande Istituzione e le sue iniziative. Siate grati al Signore per la formazione cristiana che, grazie ad essa, potete ricevere, e approfittatene con ogni buona volontà per prepararvi un avvenire sereno e fruttuoso in opere di carità a beneficio della Chiesa e della società.

Vi incoraggio nella vostra devozione alla Madonna e vi benedico di cuore.

Data: 1983-11-05 Data estesa: Sabato 5 Novembre 1983

Agli Episcopati di Argentina e Cile - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La controversia sulla sovranità nella zona australe

Ai cari Fratelli, Juan Carlos Aramburu, Cardinale Arcivescovo di Buenos Aires, Presidente della Conferenza episcopale argentina, Raul Francisco Primatesta, Cardinale Arcivescovo di Cordoba, José Manuel Santos Ascarza, Arcivescovo di Concepcion, Presidente della Conferenza episcopale cilena e Tomas Gonzales Morales, Vescovo di Punta Arenas.

Con gioia profonda ho letto la vostra lettera del giorno 12 di questo mese, con la quale, interpretando i sentimenti degli Episcopati di Argentina e Cile, avete voluto rinnovarmi il comune impegno pastorale di lavorare con coraggio per l'unità fraterna dei vostri due Paesi, rispondendo così allo spirito di questo Anno Santo della Redenzione e offrendo anche un frutto immediato del vostro incontro nell'assemblea generale del Sinodo dei Vescovi sulla penitenza e l'impegno di riconciliazione della Chiesa.

Trascorsi già quasi cinque anni da quando, all'inizio del mio pontificato, ho fatto mia la preoccupazione per la controversia delle vostre Nazioni sulla zona australe, non posso non accogliere con vivo compiacimento e intima gratitudine questo gesto di entrambi gli Episcopati, che desiderano accompagnarmi in maniera conforme alla loro responsabilità pastorale, nelle opere e nelle sollecitudini in cui la mia missione di Mediatore è impegnata.

Il processo di ricerca di una soluzione giusta ed equa, e di conseguenza onorevole per il Cile e l'Argentina, ha richiesto più tempo di quanto le aspettative di tutti potevano supporre. La vostra lettera, espressione generosa di un rinnovato impegno a favore della comprensione tra i due paesi, è anche un segno evidente delle profonde aspirazioni dei due popoli che anelano di vedere riconosciuta ufficialmente, il più presto possibile, questa fratellanza che da sempre li unisce al di là di passeggere divergenze.

Accolgo con gioia i vostri sentimenti e benedico la vostra decisione di compiere rinnovati sforzi, in un momento in cui mi piacerebbe percepire indicazioni più incoraggianti su un positivo e sostanziale svolgimento dei negoziati; confido, infatti, che le vostre autorità pubbliche, spinte da ideali di pace e consapevoli della necessità e dei vantaggi di una più stretta collaborazione, arrivino con sollecitudine al Trattato finale che, assumendo e riflettendo la mia Proposta del 12 dicembre 1980, soddisfi entrambe le Parti.

In giusta connessione col vostro impegno e con i desideri dei vostri Paesi, continuero a fare quanto è in mio potere per aiutare entrambi i Governi al conseguimento di questa felice conclusione, nella convinzione che alle autorità responsabili non debba mancare una risoluta e accresciuta disponibilità, soprattutto se si sentono comprese, sostenute e stimolate nelle loro decisioni dalle speranze di riconciliazione e di pace effettive dei loro rispettivi popoli.

Con voi, cari Fratelli nell'Episcopato, formulo fervidi voti perché il Cile e l'Argentina giungano a offrire al mondo questa risposta, umana e cristiana, alla sfida costituita dalle loro divergenze sulla zona australe. Confido in Maria santissima affinché col suo aiuto materno possiamo vedere presto i frutti concreti di questa risposta.

Accogliendo la vostra supplica, in pegno di abbondanti grazie, di accresciuto bene cristiano e di una migliore convivenza civile di tutti gli amati figli argentini e cileni, imparto alle vostre due Nazioni la mia cordiale benedizione apostolica.

Città del Vaticano, 28 ottobre 1983.

Data: 1983-11-06 Data estesa: Domenica 6 Novembre 1983

In memoria di Pio XII e Giovanni XXIII - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Apostolo di pace l'uno, promotore del rinnovamento l'altro




1. "Gesù Cristo... è il primogenito dei morti: a lui la gloria e la potenza dei secoli" (Ap 1,5-6).

Queste parole del Libro dell'Apocalisse acclamano a Cristo-Dio, il primo nato di tra i morti, gloriosamente risorto dopo la sua passione e la sua definitiva immolazione. A lui, unico Re-Salvatore divino, va la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

Il tema della risurrezione dei morti, così caro alla Chiesa nel mese di novembre consacrato alla memoria e alla preghiera per i defunti, è al centro della Liturgia della Parola di questa domenica. Infatti, nel Vangelo Gesù afferma con autorità che "i morti risorgono" e che "Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui" (Lc 20,37-38). D'altra parte, una fede invitta nella risurrezione diede la forza di sopportare le torture ai sette giovani ebrei, di cui la prima Lettura racconta il martirio. San Paolo poi ci ha parlato "di una consolazione eterna e di una buona speranza" (2Th 2,16).

Cari Fratelli e Sorelle! Gesù Cristo, primogenito dei morti, e cioè "primo di coloro che risuscitano dai morti" (Col 1,18 cfr. 1Co 15,20) annunzia e assicura con la sua parola divina e testimonia con la realtà della sua risurrezione il destino ultraterreno di ogni uomo e il significato trascendente di tutta la storia umana.

A questo riguardo, la cultura odierna è spesso ambigua e contraddittoria, mentre la rivelazione di Cristo, che è annunzio di Verità, accerta che l'anima è immortale e responsabile e che il corpo risorgerà nell'ultimo giorno. così il cristiano possiede la sicurezza di dover risorgere e imposta e vive la sua esistenza in modo da risorgere glorioso. Le parole della Liturgia odierna emanano una luce di consolazione e di speranza, nella cui scia noi riguardiamo i nostri defunti specie in questo mese di novembre, stabilendo con essi un'autentica comunione di spirito.


2. Nella cornice di tali certezze cristiane, con questa solenne Celebrazione eucaristica noi vogliamo particolarmente volgere lo sguardo verso due indimenticabili servi di Dio: i Papi Pio XII e Giovanni XXIII, in occasione del XXV anniversario rispettivamente della morte e della elevazione al supremo pontificato. Lo facciamo per commemorare coloro che ci furono padri nella fede, e lo facciamo, parimenti, nello spirito dell'Anno Santo Giubilare della Redenzione.

Esso è un tempo propizio di grazia e di salvezza, durante il quale la Chiesa è sollecita di farci incontrare con Cristo per essere, mediante lui, riconciliati con Dio, onde possiamo recare frutti abbondanti di santità.

I due grandi Pontefici hanno continuamente e instancabilmente predicato il Mistero salvifico della Redenzione, l'altissimo disegno di amore di Dio Padre, che nel Figlio suo e per opera dello Spirito Santo ci vuole tutti salvi. Il loro impegno sacerdotale, episcopale e pontificale fu totalmente rivolto a servire il Mistero della Redenzione e a donare la grazia divina, trovando così piena verifica in essi la parola dell'Apostolo Paolo: "Ognuno ci consideri come Ministri di Cristo e amministratori dei Misteri di Dio" (1Co 4,1). In tale fedele servizio di amore e di donazione a Cristo e ai fratelli, essi "buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio" (1P 4,10) hanno offerto prove indiscusse di eccelsa virtù, e sono apparsi anche in vita circonfusi da fama di santità.

Ora la Chiesa, raccogliendo tale ispirata voce del popolo cristiano, mediante la decisione di Papa Paolo VI, ha avviato il procedimento canonico per constatare l'esercizio di tale santità nella vita dei due Pontefici. Essa inoltre innalza la sua fervente preghiera, a cui ciascun fedele è chiamato ad associarsi, affinché Dio voglia confermare ad onore del suo popolo tale fama di santità da cui i suoi Servi eletti sono circondati.


3. A 25 anni dal passaggio di Pio XII all'eternità, non si è ancora cancellata dagli sguardi l'immagine sua dolce e austera, soffusa di riverberi di cielo e aperta con largo gesto all'abbraccio universale. Non si è spenta l'eco della sua voce energica, vibrante e persuasiva, consolatrice e dolente, ammonitrice e profetica.

Nel tragico vortice del secondo conflitto mondiale, ch'egli aveva cercato di scongiurare, e nella faticosa ricostruzione dalle rovine della guerra, Pio XII fu instancabilmente apostolo e coraggioso operatore di pace. Di questo sommo bene indico ripetutamente i presupposti nell'ambito dell'ordine internazionale e della vita sociale, in riferimento ai più urgenti problemi dell'ora, non senza richiamare alle loro responsabilità i reggitori dei popoli.

Prese le difese degli oppressi e dei perseguitati. Esercito indefessamente il ministero della carità a favore di tutte le vittime della guerra. E non si limito a questo. Nella sua preveggente sapienza, Pio XII delineo i rimedi di quel cruciale travaglio nella prospettiva della futura pace. Il suo ricchissimo Magistero, le sue instancabili cure per tutte le categorie del tessuto ecclesiale, le riforme da lui adottate o iniziate, costituiscono quella che Paolo VI defini "immensa e feconda preparazione alla successiva parola dottrinale e pastorale del Vaticano II" ("Insegnamenti di Paolo VI", XIII (1975) 216).

Giovanni XXIII chiamato ad assumere tanta eredità si qualifico subito come personificazione del Pastore mite e buono. Con calma e coraggio, guardando in alto e lontano, fedele al suo motto episcopale "Oboedientia et Pax", sorretto da profonda umiltà e dal genio della semplicità, che erano caratteristiche della sua statura spirituale, elaboro in pochi mesi un programma di straordinarie proporzioni e non esito ad avviarne l'esecuzione.

Il suo operoso pontificato, relativamente breve nel tempo, è rimasto legato a gigantesche imprese, quali il Concilio e la revisione del Codice di Diritto canonico, che hanno determinato la stagione del rinnovamento ecclesiale a cui noi apparteniamo.


4. L'opera dei due Papi è già stata diffusamente ricordata nel corso del Sinodo dei Vescovi. Essa è ormai ben nota nella Chiesa e nel mondo intero per una vasta e circostanziata indagine biografica e storica. A noi oggi, in questa festiva celebrazione liturgica, importa soprattutto sottolineare che Pio XII e Giovanni XXIII furono supremi Pastori della Chiesa sulla Cattedra e nella sede di san Pietro.

La Chiesa nasce e fiorisce dall'opera della Redenzione di Cristo Signore, e mediante la forza salvifica di essa, incessantemente presente e in atto, la Chiesa continua a crescere tra gli uomini, permettendo così ad essi di crescere, a loro volta, nella Verità e nell'Amore fino alla misura della perfezione.

Ai Pastori della Chiesa è stato affidato il supremo compito di guidare responsabilmente gli uomini sulla via di questa crescita e di questa personale maturazione verso i destini definitivi del Regno di Dio. Personalmente impegnati a percorrere essi stessi le strade della Verità e dell'Amore, i Papi sono i garanti, in virtù del proprio mandato apostolico, dell'autentica diffusione di tale messaggio. A questo proposito ascoltiamo ancora una volta quanto il Concilio Vaticano II sottolineo con suprema autorità: "Gesù Cristo... prepose agli altri Apostoli il beato Pietro e in lui stabili il principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità della fede e della comunione" (LG 18b).

Pio XII e Giovanni XXIII sono grandi soprattutto per aver servito e garantito "l'unità della fede e della comunione" e cioè l'incessante diffusione della Verità e dell'Amore, in altre parole del piano salvifico di Dio per l'umanità. Essi brillano di viva luce nel firmamento del pontificato romano proprio per tale diaconia, che costituisce il senso essenziale e radicale della Chiesa stessa, con la chiara coscienza di agire e di lottare - non senza profonde sofferenze - per la causa di Dio e delle anime, nel turbinio di tante vicende fuori e dentro la compagine ecclesiale. In loro si verificarono pienamente le parole di Cristo all'apostolo Pietro: "Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede: e tu... conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,32).

I Sommi e amati Pastori che noi oggi ricordiamo ci fanno constatare con evidenza e consolazione, come il piano salvifico di Dio, realizzato da Cristo Rivelatore e Redentore e affidato alle mani provvide della Chiesa, si prolunghi nel tempo di Pontefice in Pontefice e avanzi entro la storia umana fino a sfociare nell'eternità.


5. Carissimi! Evocando a 25 anni di distanza tappe tanto significative della storia del Papato e della Chiesa, l'animo nostro si riempie di riconoscenza. Nello stesso tempo esso avverte più vivo e accentuato il bisogno della fedeltà. Una fedeltà totale a Cristo e alla sua Sposa, secondo gli esempi e gli insegnamenti dei due insigni Pastori; una fedeltà amica della tradizione e del rinnovamento, aliena da nostalgici ritardi e da spinte improvvide; una fedeltà limpida e operosa, per la vitalità del presente e a garanzia dell'avvenire.

Cristo "Primogenito dei morti", a cui va la gloria e la potenza nei secoli dei secoli, elargisca tale sua gloria e spirituale potenza ai Servi fedeli Pio XII e Giovanni XXLII! Essi hanno servito la Chiesa come Pastori del gregge sulla sede di Pietro; essi siano partecipi della gioia di Cristo glorificato e, mediante la Comunione dei santi, continuino a servire provvidamente la Chiesa di Dio.

Amen.

Data: 1983-11-06 Data estesa: Domenica 6 Novembre 1983

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nel Rosario rivivono le speranze del cristiano

Nei misteri gloriosi del santo Rosario rivivono le speranze del cristiano: le speranze della vita eterna, che impegnano l'onnipotenza di Dio, e le attese del tempo presente, che impegnano gli uomini a collaborare con Dio.

In Cristo che risorge, tutto il mondo risorge, e si inaugurano i cieli nuovi e la terra nuova, che avrà compimento al suo glorioso ritorno, quando "non ci sarà più morte, né lutto, né gemito, né affanno, perché le cose di prima sono passate" (Ap 21,4).

In lui che ascende ai cieli, è esaltata la natura umana, posta alla destra di Dio, e viene data ai discepoli la consegna di evangelizzare il mondo; inoltre, salendo al cielo, Cristo non si è eclissato dalla terra: si è celato nel volto di ogni uomo, specialmente dei più infelici: i poveri, i malati, gli emarginati, i perseguitati...

Effondendo lo Spirito Santo a Pentecoste, ha dato ai discepoli la forza di amare e di diffondere la sua verità, ha chiesto la comunione nel costruire un mondo degno dell'uomo redento e ha concesso la capacità di santificare tutte le cose nell'obbedienza alla volontà del Padre celeste. Ha riacceso in tal modo nell'animo di chi dona la gioia di donare e nel cuore di chi è infelice la certezza di essere amato.

Nella gloria della Vergine assunta e prima redenta noi contempliamo, tra l'altro, la vera sublimazione dei vincoli del sangue, e degli affetti familiari: Cristo infatti ha glorificato Maria non solo perché immacolata e arca della divina Presenza, ma anche per onorare, come Figlio, la Madre: non si spezzano in cielo i vincoli santi della terra. Anzi, nella sollecitudine della Vergine Madre, assunta per diventare la nostra avvocata e protettrice, tipo della Chiesa vittoriosa, noi scorgiamo lo stesso modello ispiratore dell'amore premuroso dei nostri cari defunti verso di noi, non spezzato dalla morte, ma potenziato nella luce di Dio.

Infine, nella visione di Maria glorificata da tutte le creature noi celebriamo il mistero escatologico di un'umanità ricomposta in Cristo in unità perfetta, senza più divisioni, senza rivalità, che non sia il prevenirsi l'un l'altro nell'amore. Perché Dio è Amore.

Nei misteri del santo Rosario contempliamo dunque e riviviamo le gioie, i dolori e le glorie di Cristo e della sua Madre santa, che diventano le gioie, i dolori e le speranze dell'uomo.

(Ai gruppi provenienti dalle parrocchie:) Desidero rivolgere un particolare saluto a tutti i fedeli che questa mattina, in occasione del 25° anniversario della morte di Papa Pio XII e dell'elevazione al sommo pontificato di Papa Giovanni XXIII, hanno preso parte alla Celebrazione eucaristica nel loro venerato ricordo. A loro e a tutti i gruppi provenienti dalle parrocchie, scuole e associazioni religiose di Roma e d'Italia desidero additare le luminose figure di questi due miei predecessori, affinché il loro esempio e il loro insegnamento restino sempre vivi nel cuore a edificazione della Chiesa e a gloria di Dio. Non cessiamo di pregare per il loro riposo eterno e di implorare, in pari tempo, la loro intercessione.

Data: 1983-11-06 Data estesa: Domenica 6 Novembre 1983

Ad un Congresso sulla famiglia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La famiglia è una scuola di umanità

Signore, signori.


1. In occasione di questo congresso internazionale sulla famiglia - il settimo che organizzate -, sono felice di ricevervi e di incoraggiarvi a proseguire il vostro studio e la vostra azione volta alla promozione della famiglia. Come cristiani, cittadini e capifamiglia, venuti da professioni e da ambienti diversi, voi mettete in questo modo in comune le vostre esperienze, le vostre preoccupazioni, i vostri progetti e - ne sono convinto - le vostre certezze.

Il tema affrontato durante questo congresso - Famiglia e società - continua e completa una serie di riflessioni che avete già iniziato su altri aspetti, ed è esso stesso molto vasto. Vi lascio l'impegno di approfondirlo e di ricavarne dei precisi orientamenti per l'azione. Voi desiderate, come dite, migliorare il vostro impegno sociale e essere così in grado di aiutare un numero sempre più grande di famiglie ad educare i loro figli, cominciando col ricercare una maturazione personale, una conoscenza più oggettiva dei vostri figli e prendendo coscienza della necessità di preoccuparvi anche dei figli di altri.


2. In un tal campo, la prima cosa importante è di essere ben convinti della posizione originale e fondamentale che occupa la famiglia, nella società come nella Chiesa. Dovete riascoltare insieme le parole del Vangelo, l'insegnamento della Chiesa, che rivelano l'identità della famiglia, le sue risorse interiori, l'importanza della sua missione nella città degli uomini e in quella di Dio (cfr. FC 86). Ma non ho bisogno di riprendere con voi i principali passaggi della mia esortazione apostolica sui compiti della famiglia cristiana: voi l'avete letta e meditata. Siete persuasi che "il futuro dell'umanità passa attraverso la famiglia", che bisogna permetterle di giocare il ruolo che le compete. Ma non è sufficiente esaltare la famiglia e affermare i suoi diritti: bisogna considerare concretamente come possono articolarsi i compiti della famiglia e quelli della società. Il nostro breve incontro mi permette solamente di ricordare questi problemi. Diro semplicemente che, da una parte, la famiglia ha una missione che le è propria, al servizio dei suoi membri, ha dei diritti e dunque ha bisogno dell'aiuto della società per esercitarli. E, d'altra parte, essa ha anche dei doveri verso la società, deve offrire cioè la sua collaborazione al servizio della comunità.


3. Si, in un senso, la società è al servizio della famiglia, che deve rispettare e promuovere, essendo la famiglia una "società che gode di un diritto proprio e primordiale", senza sostituirsi ad essa, senza invadere il campo delle sue responsabilità né delle iniziative delle associazioni familiari. In questo ambito, più ancora che in altri, deve entrare in gioco la sussidiarietà.

Così, per non citare che qualche esempio significativo, coloro che vogliono fondare una famiglia hanno il diritto di aspettarsi dalla società di essere posti nelle condizioni morali, educative, sociali ed economiche più favorevoli a questo scopo. In particolare, il valore istituzionale del matrimonio deve essere sostenuto dai poteri pubblici. La famiglia ha diritto all'aiuto della società per l'impegno e la responsabilità che rappresentano la messa al mondo e l'educazione dei figli, e in particolare le famiglie numerose hanno diritto ad un aiuto appropriato. Gli orfani e i bambini privati dall'assistenza dei loro genitori o tutori devono godere di una particolare protezione da parte della società; in questo caso lo Stato deve facilitare, con la sua legislazione, l'accoglienza di questi bambini da parte di famiglie adatte.

Per quanto riguarda l'educazione, i genitori - che rimangono i primi e principali educatori dei loro figli - hanno il diritto di educarli conformemente alle loro convinzioni morali e religiose, e dunque di scegliere liberamente le scuole o gli altri mezzi necessari a questo scopo. Essi devono ricevere dalla società l'aiuto e l'assistenza necessari, mediante una giusta ripartizione dei sussidi pubblici. L'educazione religiosa e morale, l'educazione sessuale, devono essere sempre condotte sotto la loro attenta guida.


4. D'altra parte, le famiglie hanno il diritto e il dovere di esercitare la loro funzione sociale nella costruzione della società; è un servizio che deve contribuire al miglioramento della qualità dei rapporti sociali, al clima etico da cui dipendono i costumi della comunità.

Già, per se stessa, la famiglia che adempie bene alla sua missione nei confronti dei suoi membri è una scuola di umanità, di fraternità di amore, di comunione, che prepara dei cittadini capaci di esercitare quello che io chiamo amore sociale, con quello che esso necessariamente comporta: apertura, spirito di cooperazione, di giustizia, di solidarietà, di pace e anche di coraggio nelle proprie convinzioni.

E poi c'è tutto l'aspetto della collaborazione tra genitori ed educatori, nel quadro della scuola o delle organizzazioni per il tempo libero, in cui le famiglie cristiane possono offrire una fruttuosa partecipazione.

Penso ancora all'elaborazione delle politiche familiari, a tutto ciò che concerne lo statuto giuridico e sociale delle famiglie in generale e l'aiuto che deve essere offerto a quelle che sono svantaggiate sul piano materiale e morale.

Le famiglie e soprattutto le associazioni familiari hanno qui da offrire un importante contributo, di cui voi siete certamente ben consapevoli.

Come dimenticare del resto l'influenza che ha sempre di più l'uso di mezzi di comunicazione sociale - stampa, opuscoli, radio, televisione, cinema - nel presentare, in un modo che favorisca la dignità dei costumi, l'amore coniugale, la sua preparazione, l'istituto del matrimonio, tutti i valori familiari? Occorre qui, non solamente operare una vigilanza su ciò che, purtroppo, rischia di accentuare la crisi della famiglia, ma anche offrire un contributo positivo: le famiglie che tentano di vivere l'ideale del matrimonio alla luce della fede cristiana devono darne con chiarezza testimonianza nei mass-media e anche agire affinché articoli o filmati ne tengano conto.

Insomma, dovete esaminare lucidamente le situazioni che vi si presentano nel contesto della cultura d'oggi, con ciò che esse hanno di carente o di pericoloso, e anche con le possibilità e i punti fermi. così voi sarete in grado di entrare in vero dialogo con coloro che influenzano i costumi, esercitare la vostra parte di responsabilità, proporre rimedi adeguati, realistici ed efficaci, e soprattutto testimoniare continuamente una visione cristiana della famiglia che la nostra società ha grande bisogno di conoscere e di apprezzare. L'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" parlava di evangelizzare le culture; la famiglia è più che mai una realtà da evangelizzare.

Ecco un'opera meravigliosa che deve essere perseguita nell'interesse della famiglia e della società intera, nell'interesse della Chiesa che conta sulle famiglie a più titoli. Questo servizio, per essere efficace, suppone un'apertura e una ricerca di cooperazione con coloro che se ne preoccupano nei diversi movimenti e associazioni della Chiesa e nella società.

Sono felice di aver avuto l'occasione di incoraggiarvi su questo punto.

Pregando lo Spirito Santo di donarvi la sua luce e la sua forza, vi benedico di cuore insieme alle vostre famiglie.

Data: 1983-11-07 Data estesa: Lunedi 7 Novembre 1983

Agli alunni del Seminario Maggiore - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il mondo ha bisogno di sacerdoti all'altezza della loro vocazione

Cari Superiori e cari alunni del Seminario romano Maggiore.


1. Sono lieto di questo incontro attorno all'altare del Signore, all'inizio per voi di un nuovo anno scolastico. Vi saluto cordialmente tutti in Cristo Gesù: sia i seminaristi romani, sia quelli provenienti da varie parti d'Italia. Uno speciale pensiero rivolgo al Cardinale Poletti, a Monsignor Rettore e a tutti gli altri Superiori che vi hanno accompagnato e che concelebrano con me questa Eucaristia, dalla quale volete attingere luce e forza per approfondire i motivi ideali della vostra identità e alimentare così nel vostro animo l'entusiasmo di una testimonianza sempre più intensa e l'impegno di prepararvi al sacerdozio con responsabilità e generosità. Siete infatti chiamati a servire il mistero salvifico della Redenzione e a donare la grazia divina agli uomini del nostro tempo.


2. Nel Vangelo di Marco si racconta che Cristo ad un giovane che gli chiedeva: "Maestro buono, cosa devo fare per avere la vita eterna?", rispose: "Osserva i comandamenti". Avendo ricevuto da lui risposta affermativa, Gesù "fissatolo, lo amo" e gli rivolse poi l'invito a seguirlo (cfr. Mc 10,17-22).

Anche voi, miei cari giovani, siete stati guardati con amore da Cristo, perché non avete soffocato nel vostro cuore il desiderio di perfezione, di pienezza, di verità che lo Spirito Santo vi ha suscitato. Gesù vi ha raggiunto con il dono di una speciale chiamata, a cui avete corrisposto; e la misteriosa azione del suo Spirito nel cuore di ciascuno di voi è continua, profonda, efficace (anche quando non appare, anche quando tutto sembrerebbe smentirla) per coinvolgervi in un compito, per indicarvi una strada. Attraverso la vocazione Gesù vi ha rivolto la precisa, individuale proposta di fare della vostra vita un dono a lui e al mondo intero: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e seguimi!" (Mc 10,21).

Per poter dire il vostro "si" generoso ad ogni svolta della vita e, in particolar modo, in questo periodo di formazione in seminario, dovete interrogarvi sul compito che Cristo vi affida. A volte le apparenze ingannano. Uno crede di vedere chiaro circa la propria strada, di aver risolto tutto, e invece il Signore ha forse ancora da manifestargli qualcosa. "Non alla pietra tocca fissare il suo posto, ma al Maestro dell'opera che l'ha scelta" (Paul Claudel, "L'annuncio a Maria"). Il "posto" è quello del sacrificio generoso di sé, dell'assunzione totale del dramma dell'uomo. Sullo sfondo di ogni vocazione sacerdotale si staglia dunque il segno della croce. L'impegno verso cui Cristo vi orienta è l'amore. Ma nell'attuale condizione dell'uomo la croce è la prova dell'amore.


3. Nel brano evangelico che è stato letto, abbiamo sentito parole solenni, che devono costituire tutto un programma per la vostra vita: "Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore... Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,10-13).

L'accogliere, l'accettare l'altro, il condividerne la sorte fino magari a morirne, fanno traboccare su di lui la gioia pura che viene dall'aver scoperto il significato della vita; in particolare lo liberano dall'opaca negatività del male, lo sottraggono all'assurdo di un dolore senza senso: lo redimono. Voi siete chiamati ad essere gli annunciatori e i ministri di questa Redenzione. Essa rimane aperta ad ogni creatura umana che fa l'esperienza del male nelle varie sue forme.

Per mezzo della croce Cristo le offre la possibilità di trasformare ciò che era segno e conseguenza del peccato in strumento di salvezza e di santificazione.

Ecco il compito a cui è chiamato chi risponde alla vocazione sacerdotale: testimoniare e rendere in qualche modo sperimentabile la presenza salvatrice di Cristo, rendere evidente il suo amore per l'uomo. E questo è il mistero della Chiesa, corpo mistico di Cristo in continuo cammino sulle strade del mondo per la salvezza di tutti. Lo Spirito Santo è l'artefice di questa coralità misteriosa e operante, che voi volete servire con dedizione generosa nel ministero sacerdotale.


4. Preparatevi a questo servizio con preghiera assidua, con studio intenso, con obbedienza sincera, affinché possiate diventare sacerdoti santi che testimoniano nel mondo la carità di Dio, rivelatosi in Gesù Cristo Nostro Signore. La fecondità del vostro ministero pastorale di domani dipenderà in gran parte dall'intensità dell'impegno in questi anni tanto preziosi per la vostra formazione spirituale e culturale. Il mondo di oggi ha bisogno di sacerdoti che siano all'altezza del compito sublime a cui sono chiamati.

La Madonna, la Vergine santissima della Fiducia, che ha portato il Figlio di Dio sotto il suo cuore, vi aiuti a custodirlo nel vostro cuore. Sono sicuro che non mancherete di invocarla ogni giorno mediante la pia pratica del santo Rosario e la giaculatoria: "Mater mea, fiducia mea".

Proseguendo ora la celebrazione della Santa Messa, con cui viene rinnovato il sacrificio dell'amore redentore di Cristo e viene portata a pienezza l'unità ecclesiale, chiediamo al Signore che la proposta vocazionale sia accolta da sempre più numerosi giovani, affinché non scarseggino gli operai disposti a lavorare senza riserve nella vigna di Dio.

Data: 1983-11-08 Data estesa: Martedi 8 Novembre 1983



A parlamentari cattolici europei - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Responsabilità dell'Europa nella ricerca della pace e giustizia

Signore, Signori.


1. In occasione della vostra riunione di lavoro a Roma, avete manifestato il desiderio di questo incontro con il Papa. Ne sono commosso, tanto più che questa udienza si inserisce in un cammino religioso con il quale avete voluto celebrare anche voi il Giubileo della Redenzione, come desiderano fare i pellegrini cristiani in questo Anno Santo, a Roma o nelle loro Chiese locali.

Avete in comune una triplice caratteristica: ricoprite alte responsabilità politiche in seno al Parlamento europeo, o in seno ai vostri rispettivi Parlamenti; siete legati a metodi democratici di governo, nell'ambito dell'Unione mondiale - o dell'Unione europea - democratica cristiana; infine, avete uguali convinzioni cristiane che vi permettono di esprimere insieme la vostra fede, la vostra preghiera e il vostro impegno cristiano.


2. Comprenderete perché io mi soffermi innanzitutto su quest'ultimo aspetto: il vostro pellegrinaggio di Anno Santo. Venite davanti a Dio, santo e misericordioso, che ripete a tutti gli uomini, a ciascuna generazione, e specialmente in questo Anno Giubilare: "Convertitevi e credete al Vangelo".

Di fronte a questa chiamata alla santità - che è la conseguenza del Battesimo -, l'uomo è rivelato a se stesso. Ciascuno di noi sente normalmente il peso dei suoi peccati, di tutto ciò che, nel segreto della sua vita personale, familiare, è stato o rimane un ostacolo al rapporto fiducioso con Dio, alla preghiera, alla carità, alla giustizia, alla purezza, alla verità, alle quali sono chiamati i discepoli di Cristo.

Con spirito umile e pentito, noi veniamo a deporre il nostro fardello per ripartire di nuovo, con lo Spirito Santo che purifica, libera, eleva. Una tale revisione di vita include per voi, in modo particolare, le vostre responsabilità sociali, poiché l'impegno al quale vi ha chiamati la fiducia dei vostri concittadini vi impone di ricercare il bene comune di tutti, di superare su questo punto le sterili divisioni tra voi, di evitare la demagogia e la parzialità riguardo a questo o quel gruppo dei vostri elettori.

Infine, vi sentite solidali nei confronti dei diversi mali di cui soffre la nostra società: discriminazioni, violenza, terrorismo, aggressioni militari, pericolose accumulazioni di armamenti, violazioni dei diritti umani fondamentali, disprezzo della vita degli innocenti, disparità stridenti tra ricchi e poveri.

Come i Vescovi hanno espresso recentemente nel loro messaggio al termine del Sinodo, questi sono dei mali che non ci possono lasciare indifferenti; benché assumano una vasta dimensione sociale e si incarnino nelle strutture, essi di fatto provengono dal cuore peccatore degli uomini, dalla loro avarizia, dalla loro ingiustizia, dal loro odio.

Essi mostrano il bisogno di una grazia divina di conversione e riconciliazione, per il mondo come per la Chiesa: l'imploriamo da Dio venendo noi stessi a riconciliarci con lui, e ci impegniamo a metterla in atto, per quanto dipende da noi, nell'ambito delle nostre responsabilità.


3. Noi, credenti, ci uniamo a tutti gli uomini di buona volontà attorno a degli ideali che onorano la loro coscienza, perché "il disegno del Padre per la nostra società è che noi viviamo costituendo una sola famiglia, nella giustizia, verità, libertà e amore", come ricordavano i Padri del Sinodo. Ma siamo convinti che il cambiamento e il progresso sperati sono in definitiva frutto della morte e risurrezione di Cristo, il Redentore dell'uomo, che ha distrutto la potenza del peccato sulla croce, mediante l'offerta della sua vita in un'abbondanza d'amore, e ha ottenuto la pace con Dio e tra gli uomini (cfr. Ep 2,13-18). Dio è più grande della nostra debolezza e la croce significa che l'amore è più forte dell'odio e del rancore, che bisogna impegnare la propria vita per il fratello.

Si, "nella croce sta la nostra speranza di un rinnovamento cristiano dell'Europa", come ho detto a Vienna il 10 settembre scorso. Abbiamo il compito di "creare una civiltà dell'amore guarendo, riconciliando, riunendo nell'armonia un mondo diviso e spezzato... Il mondo intero deve diventare sempre più una comunità riconciliata di popoli" (Messaggio dei Padri del Sinodo al Popolo di Dio).


4. Dopo queste considerazioni sul senso del Giubileo che voi state compiendo, desidero esaminare con voi alcuni punti della vostra vita di parlamentari cristiani, che siete chiamati ad approfondire o a rinnovare. E quello che sto per dire vale anche per tutti coloro che si riferiscono alla fede o all'ideale cristiano e che sono impegnati nella vita politica europea, in diversi partiti.

Innanzitutto, per mantenere le vostre convinzioni e per dare testimonianza, non è forse cosa molto buona che abbiate tra di voi dei momenti di meditazione? Penso prima di tutto alla preghiera, e sono felice di sapere che alcuni cristiani membri del Parlamento europeo non esitano a pregare insieme prima delle sedute plenarie.

La partecipazione ad alcune celebrazioni comuni, alla messa, costituirà anche un grande aiuto per i parlamentari cristiani. E, in maniera più generale, sono sicuro che i gravi dibattiti che impegnano le vostre coscienze potrebbero anche costituire oggetto di riflessione comune alla luce del Vangelo, per permettervi di esaminare le vostre decisioni e gli orientamenti del vostro gruppo politico secondo i criteri cristiani che, senza indicare scelte tecniche, offrono uno spirito e principi morali che non si dovrebbero mai trascurare.


5. Ricordiamo un po' questi principi di cui siete sicuramente convinti, ma che sono talvolta difficili da conciliare con le pressioni che vengono esercitate su ogni uomo politico.

Si tratta innanzitutto di servire il bene comune di tutti coloro che sono interessati dalla vostra istituzione europea, nei diversi ambiti sociali di ciascuno dei vostri Paesi, nei diversi settori della vita economica, in modo da assicurare il più possibile giustizia e armonia nella crescita economica, tenendo conto della sussidiarietà. So che questo equilibrio tra interessi apparentemente opposti, e questa imparzialità, quale che sia l'insistenza di coloro che vi hanno eletto o potrebbero rieleggervi, sono cose difficili. Più difficile ancora forse si dimostra la preoccupazione di fare spazio alle aspirazioni legittime dei diversi Paesi, nel quadro del Parlamento europeo, poiché voi siete li per stabilire una politica comune, e non solo quella del vostro Paese.

Del resto, vi è un bene comune della comunità internazionale che i Paesi d'Europa devono ugualmente ricercare, con coraggio, senso d'equità e disinteresse, sia che si tratti della pace in Medio Oriente e in America Centrale, della pacificazione delle tensioni e dall'"avvicinamento" realista tra l'Est e l'Ovest, della solidarietà tra Nord e Sud nel dramma della fame e nelle ineguaglianze degli scambi, della violazione evidente delle regole di umanità, della libertà e dei diritti dell'uomo. Su tutti questi punti, per non citare che alcuni esempi, senza prendere il posto delle legittime autorità locali, l'Europa che voi rappresentate dovrebbe attingere dal suo patrimonio cristiano e umanitario la forza di offrire una testimonianza che sia di aiuto ai popoli in difficoltà e trovare con essi mezzi efficaci per contribuire alla pace, alla giustizia, alla speranza.

Il bene comune dei popoli non riguarda solamente le condizioni economiche e gli equilibri di pace, ma "l'insieme delle condizioni della vita in società che permettono all'uomo di raggiungere la propria perfezione in modo più completo e agevole"; "riguarda l'uomo tutto intero, con i suoi bisogni tanto materiali che spirituali" (cfr. "Mater et Magistra" e "Pacem in Terris"). E del resto il Parlamento europeo non cessa di preparare disposizioni giuridiche o risoluzioni che concernono la libertà della persona, il rispetto della vita, i costumi familiari, l'istituzione del matrimonio, la valida educazione dei giovani, nel rispetto dei diritti dei genitori, le situazioni sociali di miseria, eccetera.

E' una grande responsabilità per un parlamentare, per un parlamentare cristiano, favorire nelle sue discussioni e nei suoi voti i valori umani e cristiani, come la dignità della persona, l'amore autentico, il libero sviluppo nella solidarietà con gli altri uomini, la promozione della coscienza, l'apertura alle realtà spirituali! In quanto cristiani, voi siete chiamati a testimoniare e ad agire in un senso coerente con la fede, e, oso dire, con le "radici profondamente cristiane dei valori umani e culturali che hanno segnato in maniera decisiva il passato dell'Europa e che sono in grado di garantire il suo avvenire", come dicevo a Vienna.


6. Il senso dell'autentica democrazia al quale siete legati fa parte di questo patrimonio. Giustamente promuovete le vie della democrazia, siete preoccupati della corretta partecipazione dei cittadini alla vita della comunità politica, mantenendo la necessità di un'autorità pubblica sufficientemente forte (cfr. RH 16). Alcune pratiche democratiche che non tengono forse sufficientemente conto di quest'ultimo punto, che mancano di realismo o che si invischiano in lotte sterili di partiti e nella ricerca di interessi particolari, hanno purtroppo preparato talvolta il terreno a forme di dittatura. La lezione deve essere ricordata. Resta comunque il fatto che la democrazia ben compresa corrisponde al legittimo diritto della libera scelta del sistema politico e conserva le migliori possibilità di assicurare, grazie alle correzioni fornite dagli uni e dagli altri, una via di saggezza e di condizioni di giustizia per tutti.

Oggi, questo ideale può apparire forse come una debolezza, un insuccesso, di fronte al diffondersi della violenza e all'aumento delle soluzioni di forza. Certamente, quasi tutti i Paesi parlano di giustizia, di diritti dell'uomo, di volontà di pace e di soluzioni negoziate. Ma, in realtà, molti si indirizzano su vie di violenza più o meno camuffata. Si, la vera democrazia è difficile; essa deve essere difesa a tutti i costi, chiede un impegno risoluto, un senso accresciuto di responsabilità. così, io mi felicito con voi che ne fate il vostro metodo e il vostro ideale, e che raccomandate sempre le vie di un vero dialogo, quali io ricordavo nel mio messaggio per il primo giorno di quest'anno.

In definitiva, nessun partito è al riparo da deformazioni, decadenza, corruzione; bisogna vegliare e rinnovare l'azione secondo i principi di cui abbiamo parlato. Del resto, le soluzioni concrete, sul piano politico, non si deducono direttamente dalla fede. Ma la vostra ferma volontà di agire, ognuno per suo conto e in gruppo, secondo la vostra coscienza cristiana, e il vostro umile cammino di Anno Santo meritano i miei più vivi incoraggiamenti. Lo dicevo nel mio primo giorno di pontificato: "Alla potenza salvifica (del Cristo), aprite le frontiere degli Stati, i sistemi economici e politici...". E nella mia enciclica "Redemptor Hominis" (RH 16): "Su questa difficile strada, sulla strada dell'indispensabile trasformazione delle strutture della vita economica non sarà facile avanzare se non interverrà una vera conversione della mente, della volontà e del cuore. Il compito richiede l'impegno risoluto di uomini e di popoli liberi e solidali... (e), alla base di questo gigantesco campo bisogna stabilire, accettare e approfondire il senso della responsabilità morale, che l'uomo deve far suo".

Vi ringrazio della vostra visita e della vostra fiducia. Prego Dio di darvi la sua forza e la sua luce, per offrire ai vostri fratelli e sorelle d'Europa il servizio qualificato di cui voi siete capaci. E vi benedico di tutto cuore.

Data: 1983-11-10 Data estesa: Giovedi 10 Novembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - Recita del Santo Rosario - Città del Vaticano (Roma)