GPII 1984 Insegnamenti - Canonizzazione in San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Canonizzazione in San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Paola Frassinetti frutto maturo della Redenzione di Cristo

Testo:


1."...Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato..." (Mt 4,1).

Ogni anno, all'inizio della Quaresima, la Chiesa ricorda il digiuno di Cristo di quaranta giorni. Alla fine di questo digiuno, che precede l'attività messianica di Gesù di Nazaret, ha luogo la triplice tentazione da parte di satana, la cui descrizione, secondo il Vangelo di Matteo, è letta nell'odierna liturgia della messa. La tentazione si chiude con la sconfitta del tentatore. Gesù gli dice: "Vattene satana! Sta scritto: "Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto"" (Mt 4,10).


2. Mediante questa rivelazione della sua potenza messianica, Cristo ha toccato l'inizio stesso del peccato dell'uomo. Il peccato dell'uomo infatti ebbe il suo inizio nella tentazione dei progenitori. La liturgia della prima domenica di Quaresima ricorda questa tentazione nella prima lettura dal Libro della Genesi. La tentazione si concreta sul fatto dell'albero, che il testo biblico chiama l'albero della conoscenza del bene e del male. Le parole, di cui si serve il tentatore, indicano chiaramente il motivo dell'atto al quale induce i progenitori: "Dio sa che, quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male" (Gn 3,5).

La tentazione, che sta all'inizio del primo peccato dell'uomo, riguarda dunque le basi stesse del rapporto dell'uomo con Dio, della creatura col Creatore, del figlio col Padre. Il peccato, che segue a questa tentazione, distrugge dunque questo rapporto nelle sue fondamenta stesse. Insieme viene anche distrutta la grazia dell'innocenza originale e giustizia dell'uomo. Inizia nella storia umana il dominio del peccato.


3. La Chiesa desidera che ci rendiamo conto di tutto questo all'inizio della Quaresima. E desidera, al tempo stesso, che ci rendiamo conto della grandezza della Redenzione operata da Cristo.

Leggiamo nella Lettera di san Paolo ai Romani: "...a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così... anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato".

Ma il dono di grazia non è come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso... si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini; per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione che dà vita... come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti" (Rm 5,12 Rm 5,15 Rm 5,18-19).

Quest'atto del Giusto che giustifica tutti, si chiama Redenzione. Cristo opera la Redenzione mediante la sua obbedienza fino alla morte, e alla morte di croce. Il primo atto di questa obbedienza, sulla soglia dell'attività messianica, è il rifiuto del tentatore: "Vattene satana!... a lui solo [il Signore Dio] rendi culto".


4. Stiamo meditando queste verità fondamentali alle soglie della Quaresima, e le mediteremo costantemente in questo periodo particolare che, nell'esperienza e nella viva tradizione della Chiesa, è un periodo di conversione e di penitenza.

E ancor più in quest'Anno Santo, che è l'Anno della Redenzione e il tempo del Giubileo straordinario. La Quaresima dell'Anno Giubilare della Redenzione deve portare a una pienezza particolare quest'opera di riconciliazione con Dio in Gesù Cristo, che abbiamo intrapresa sin dal 25 marzo dello scorso anno, per concluderlo insieme con la Pasqua dell'anno corrente.

Se in questa prima domenica di Quaresima compiamo un rito di canonizzazione, lo facciamo per mettere in rilievo la potenza salvifica dell'opera della Redenzione. L'odierna liturgia rende testimonianza a questa potenza proclamando l'abbondanza, anzi la sovrabbondanza, della grazia della Redenzione, che supera il retaggio del peccato: "molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini... Molto di più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo" (Rm 5,15 Rm 5,17).


5. Vogliamo lodare e dar risalto a questa abbondanza, anzi sovrabbondanza del dono e della potenza della Redenzione, oggi, alle soglie della Quaresima, elevando agli altari la beata Paola Frassinetti e iscrivendo il suo nome nell'albo dei santi della Chiesa cattolica. I santi sono il frutto maturo della Redenzione di Cristo.


6. Paola Frassinetti è, infatti, uno splendido frutto della Redenzione, sempre in atto nella Chiesa. E' stato detto che, per distinguere se un'opera sia cristiana, bisogna vedere se c'è il sigillo della croce redentrice. Ora la croce di Cristo distese ampiamente la sua ombra o, meglio, la sua luce sull'intera vita e su tutte le opere della santa. Ella infatti era convinta che chi vuole iniziare un cammino di perfezione non può rinunciare alla croce, alla mortificazione, all'umiliazione e alla sofferenza, che assimilano il cristiano al modello divino che è il Crocifisso. Nella sua fervorosa immolazione per la salvezza di tutte le anime, ella riteneva che, a confronto dei patimenti di Cristo, ciò che uno può soffrire è nulla. La croce non solo non la spaventava, ma era per lei la molla potente che la muoveva, la fonte segreta da cui scaturiva la sua insonne attività e il suo coraggio indomito. Ella benediceva l'anno che si apriva con qualche croce, reputando un castigo qualunque alleggerimento di essa: "Ah, qualunque punizione - diceva - ma non mi si tolga la croce".

Non mancarono alla santa i tormenti interiori e quelli della persecuzione: calunnie, vituperi, insulti, beffe e soprusi. Ma ella seppe tutto sopportare con fortezza cristiana, convinta che, come il terreno ha bisogno di piogge fecondatrici, così il suo nascente Istituto doveva essere irrorato dalle sue lacrime.

La forza interiore che la conduceva a vivere così integralmente la "follia" della croce va ricercata nella tenera devozione al Cuore di Gesù Cristo.

Con la sua sensibilità autenticamente apostolica, la santa percepiva che nessuno può svolgere vero apostolato se non ha impresse nel proprio cuore le stigmate di Cristo, se non è operante in lui quell'ineffabile intreccio di amore e di dolore che è compendiato nel cuore sacratissimo di Gesù. perciò volle che nel suo Istituto la devozione al Cuore di Gesù fosse professata per regola: per regola si digiunasse la vigilia della festa del Sacro Cuore; suore e alunne tutti i primi venerdi, si portassero a turno in adorazione dinanzi al divin Sacramento.

Nel 1872 consacrerà al Cuore di Gesù tutto l'Istituto.

La carica interiore di santa Paola Frassinetti non poteva non sfociare in un'intensa attività di apostolato, con speciale interessamento per la formazione cristiana dell'infanzia e della gioventù abbandonata. Proprio a questo fine ella fondo l'Istituto delle Suore di santa Dorotea. Esse oggi si rallegrano nel vedere la loro fondatrice iscritta nell'albo dei santi e sono ancora più fiere di seguire le sue orme luminose e il suo insegnamento sempre attuale. Infatti il messaggio che scaturisce dalla vita semplice, ma profondamente devota di santa Paola, tutta purezza e povertà, ma pure tutta carica di zelo ardente per le giovani emarginate dalla società, è un richiamo ai veri valori della donna, all'espressione delle più delicate doti femminili, all'affermazione dell'identità e dignità della donna che la Chiesa ha sempre protetto e sostenuto per l'incremento morale della società e per l'avvento del regno di Cristo.

Questo messaggio bene si inserisce nella cornice di questo Anno Giubilare, in quanto costituisce un invito a tradurre in atto la Redenzione, aiutando la donna a prendere coscienza di sé e del posto che occupa nella comunità cristiana e nella società civile, a prepararla secondo la propria condizione ad assumersi le proprie responsabilità e a svolgere il proprio compito. Auspico che tale messaggio sia di stimolo alle benemerite suore Dorotee a ben continuare a portare a tutti i continenti, lo spirito e lo zelo della loro santa fondatrice.


7. Alle soglie della Quaresima dell'Anno della Redenzione, rallegrandosi di una nuova santa sui suoi altari, la Chiesa pronuncia, con le sue labbra e con il cuore di tutti i propri figli e figlie, le parole del salmista: "Crea in me, o Dio, un cuore puro, / rinnova in me uno spirito saldo" (Ps 50,12): e pronuncia queste parole con una speranza nuova, che l'esperienza dell'Anno Giubilare della Redenzione ha infuso nei nostri cuori.

"Rendimi la gioia di essere salvato, / sostieni in me un animo generoso" (Ps 50,14): alle soglie della Quaresima Cristo ci insegna questa potenza, che egli stesso possiede sul male, e che attingono da lui tutti coloro che accolgono il Vangelo, convertendosi al regno di Dio.

"Signore, apri le mie labbra / e la mia bocca proclami la tua lode" (Ps 50,17): coloro che in Gesù Cristo trovano la via della conversione al regno di Dio, intraprendono contemporaneamente la grande opera della lode, che Dio riceve nell'eterna alleanza della comunione dei santi. Amen.

Data: 1984-03-11 Data estesa: Domenica 11 Marzo 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solidarietà con i popoli africani colpiti dalla siccità

Testo:


1. In questa prima domenica di Quaresima, che ci invita ad un rinnovato cammino di conversione, il nostro sguardo si volge a Maria, immagine perfetta della Chiesa.

In lei infatti contempliamo la creatura dal cuore nuovo, la donna attenta e premurosa, la discepola che sa ascoltare e pregare incessantemente, la Vergine del sacrificio silenzioso.

Maria è la creatura dal "cuore nuovo", annunciato dai profeti. Dio l'aveva promesso: "Vi daro un cuore nuovo, mettero dentro di voi uno spirito nuovo" (Ez 36,26). La vicenda storica di Maria, a partire dall'immacolato concepimento, si svolse tutta all'ombra dello Spirito; ma soprattutto nell'Annunciazione ricevette dallo Spirito Santo quel "cuore nuovo" che la rese docile a Dio, capace di accogliere il suo progetto di salvezza e di corrispondervi con assoluta fedeltà, per tutta la vita. E' la "Virgo fidelis": colei che compendia l'antico Israele e prefigura la Chiesa, sposata a Dio per sempre, nella fedeltà e nell'amore (cfr. Os 2,21-22).


2. Maria è ancora la donna attenta e premurosa alle necessità spirituali e materiali dei fratelli. Il Vangelo ne pone in evidenza la sollecitudine verso l'anziana Elisabetta, il discreto intervento alle nozze di Cana per la gioia di due giovani sposi, l'accoglienza materna del discepolo e di tutti i redenti ai piedi della Croce. Siamo certi che ella dal cielo prolunga ancora verso gli esuli figli di Eva la sua mediazione.

Maria inoltre è discepola che ha incarnato il Vangelo fino al sacrificio e al martirio della "spada" incruenta, che Simeone le aveva predetto nel tempio, congiungendo la sua sorte al sacrificio cruento del Figlio. Davanti alla proposta sconcertante di Dio, ella non dubito di ripetere ogni giorno il "si" dell'Annunciazione, perché diventasse il "si" della Pasqua, per sé e per tutto il genere umano.


3. Questa mattina ho avuto la gioia e la consolazione di elevare alla gloria dei santi Paola Frassinetti, apostola della gioventù femminile povera ed emarginata e fondatrice dell'Istituto delle Suore di santa Dorotea, che si dedicano all'educazione della gioventù, ai compiti parrocchiali e in particolare all'insegnamento della catechesi.

Con questo solenne riconoscimento, la Chiesa ha inteso onorare le virtù eroiche di questa intrepida figlia della Liguria, ma anche la sua ispirata opera destinata alla promozione della donna secondo lo stile cristiano. Essa fu infatti instancabile nell'aprire scuole, convitti, orfanotrofi, come pure nel realizzare opere caritative soprattutto a Roma, dove trascorse la maggior parte della sua vita.

Le Suore di santa Dorotea oggi esultano nel vedere la loro fondatrice iscritta nell'albo dei santi. Anche noi ci uniamo alla loro gioia, assicurando la nostra solidarietà spirituale e il nostro incoraggiamento, affinché esse continuino a portare in tutto il mondo, dove sorgono i loro Istituti, lo spirito evangelico di santa Paola Frassinetti.

In questa prima domenica di Quaresima desidero presentare alla vostra attenzione l'iniziativa conosciuta in Italia come "Quaresima di carità". Essa, com'è noto, è promossa dalla Caritas italiana e intende sviluppare una vasta azione di sensibilizzazione all'esercizio della carità, come testimonianza di un serio impegno di fede e di conversione.

Il tema di quest'anno; "Un cammino di riconciliazione insieme agli ultimi" proporrà alle comunità cristiane due obiettivi; un'attenzione particolare ai giovani emarginati e la solidarietà con i popoli africani colpiti dalla grave siccità. Sono certo che questa iniziativa, così valida e urgente, troverà la migliore accoglienza.

Data: 1984-03-11 Data estesa: Domenica 11 Marzo 1984



Alla fine degli esercizi spirituali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Protezione della Vergine per un mondo minacciato e diviso

Testo:

Miei confratelli, voglio insieme con voi ringraziare Dio, padre onnipotente, creatore del cielo e della terra; ringraziarlo nel nome del suo Figlio unigenito Gesù Cristo, che ci ha donato questi giorni, questa settimana di esercizi spirituali, compiuti nel nostro ambiente della Santa Sede, della Curia romana.

Ringraziamo per questa specifica celebrazione dell'Anno Giubilare della nostra Redenzione. L'abbiamo celebrato vivendo in un silenzio, almeno relativo, secondo le nostre possibilità, ascoltando la parola di Dio e meditandola per approfondire i misteri della santissima Trinità e specialmente il mistero della Redenzione, che sta al centro di questo Anno Giubilare. Voglio ringraziare tutti per la vostra partecipazione, per la vostra preghiera, specialmente per la preghiera offerta da parte di tutti per la mia persona e per la mia missione, per il mio ministero. E' stata una preghiera reciproca. Siamo stati coinvolti in questa profonda preghiera della Chiesa, in cui ogni giorno ci ha introdotti il nostro dilettissimo predicatore [cardinale Alexandre do Nascimento].

Siamo riconoscenti a vostra eminenza, carissimo confratello; è forse per la prima volta che qui, in questa cattedra degli esercizi spirituali in Vaticano, è venuto a insegnarci, a guidarci, un figlio della terra africana, dell'Africa Nera, dell'Angola, che è così vicina al nostro cuore e anche alle nostre preoccupazioni. Siamo grati per questa nuova testimonianza dell'universalità della Chiesa, data nel suo centro romano. Gli siamo grati per la ricchezza delle sue parole, delle sue meditazioni e per il contenuto, per questo contenuto fondamentale, direi trinitario: "Vultum tuum desidero". Questo desiderio di vedere il volto divino, il volto del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, è la struttura fondamentale dell'insieme delle meditazioni: io e il mio Creatore, io e il mio Redentore, io e il mio Santificatore. E la considerazione trinitaria si è mantenuta nei temi, centrali per ciascuno di noi, e tanto vicini e cari come la vocazione alla santità, il sacerdozio, nella sua caratteristica ministeriale, e infine la Madre del Signore e Madre nostra. E infine la dimensione escatologica della nostra vocazione trinitaria: "Vultum tuum desidero. In lumine tuo videbimus lumen". Sono, in sintesi, le parole dell'ultima meditazione.

Gli siamo grati per tutti questi contenuti che ci hanno guidato con grande efficacia, con grande ricchezza di riferimenti, di citazioni degli autori, e poi con una grande semplicità, quasi catechetica: è stata come una catechesi semplice per ricordare, per riprodurre nella memoria le verità fondamentali della nostra fede e della nostra vita, che deve crescere di fede. Vorrei, ringraziando il nostro predicatore, assicurarlo che certamente si è accresciuta la nostra fede grazie alla sua predicazione, alle sue meditazioni, a questi esercizi spirituali.

Possiamo dire che con questa settimana benedetta siamo passati, con una speciale preparazione, all'ultima tappa della Quaresima, già inaugurata, nel corso della quale la Chiesa romana si prepara ad alcuni incontri specialmente importanti e significativi in questo Anno della Redenzione. Ci prepariamo al giorno 25 marzo, primo anniversario dell'inaugurazione dell'Anno Santo, sia pure ancora entro il periodo del Giubileo. E' il giorno in cui vorrei, insieme con i vescovi di tutta la Chiesa, ripetere quello stesso Atto di affidamento alla Vergine, che ho già pronunciato durante il mio pellegrinaggio a Fatima, il 13 maggio 1982. E devo fin d'ora esprimere la mia gratitudine al nostro carissimo fratello vescovo di Leiria e Fatima che, per questa circostanza, ha voluto prometterci anche la presenza della statua della Vergine di Fatima qui a Roma. Aspettiamo l'arrivo di tale statua della Madonna con grande desiderio e la riceveremo con tutto l'amore che gode nei nostri cuori durante tanti decenni di questo secolo provato e segnato dalla sua materna sollecitudine verso la Chiesa, verso tutto il mondo, verso i diversi popoli, specialmente quelli che hanno bisogno di una speciale sollecitudine materna, la sollecitudine della Madre del nostro Redentore.

Così gli esercizi spirituali ci hanno preparato anche a quell'avvenimento che ha la sua grande importanza spirituale, attraverso il quale noi vogliamo esprimere, in un mondo tanto diviso, tanto minacciato, la nostra assoluta fiducia nella forza della Redenzione attraverso il cuore della Madre del nostro Redentore.

Ecco, venerati e carissimi fratelli, alcune riflessioni che ho voluto presentarvi alla fine di questi esercizi spirituali. Voglio offrire a tutti una benedizione conclusiva, come compimento della nostra celebrazione giubilare; sia, questa benedizione, fruttuosa dei doni spirituali dell'indulgenza, quali speriamo con profonda fede in questo Anno Santo. Vorrei anche chiedervi, carissimi confratelli nell'episcopato, di unire le vostre intenzioni nel trasmettere i frutti spirituali di questa speciale celebrazione, insieme con me, a tutta la Chiesa.

Data: 1984-03-17 Data estesa: Sabato 17 Marzo 1984




A pellegrini italiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vivere il sacerdozio dei fedeli con coscienza e gioia

Testo:

Amati fratelli nell'episcopato e carissimi fedeli.


1. Appena terminati gli esercizi spirituali, sono molto lieto di potervi accogliere in questa udienza, da voi tanto desiderata e attesa, come momento convergente e stimolante del vostro pellegrinaggio giubilare e di porgervi così il mio saluto più cordiale e la mia parola di esortazione per la vostra vita cristiana.

Saluto pertanto i singoli pastori e i pellegrini delle diocesi a loro affidate: monsignor Francesco Tarcisio Bertozzi e i fedeli delle diocesi di Faenza e Modigliana; monsignor Antonio Zama e i fedeli delle diocesi di Sorrento e Castellammare di Stabia; monsignor Giuseppe Casale e i fedeli di Vallo della Lucania; e infine porgo pure il mio affettuoso saluto al pellegrinaggio dell'Istituto "Cesare Arici" di Brescia, comprendente gli insegnanti, gli alunni e i loro familiari ed ex alunni, promosso a conclusione del primo centenario dell'Istituto.

La vostra presenza, animata da entusiasmo, in occasione del pellegrinaggio per l'Anno Giubilare della Redenzione è segno della vostra ardente fede cristiana e della vostra generosità nell'ascoltare la voce dei vostri pastori e nel servire la Chiesa.

Nelle vostre diocesi e nelle varie parrocchie molte attività spirituali sono state svolte, in quest'Anno Santo, nella prospettiva della penitenza e della riconciliazione, con pellegrinaggi comunitari e settoriali, missioni al popolo, corsi di cultura religiosa, impegno serio ed efficace per l'acquisto individuale e familiare dell'indulgenza plenaria, e altre simili iniziative e cerimonie. Tutto questo mi allieta grandemente e mi spinge a ringraziare con voi il Signore per l'immenso lavoro, invisibile ma reale, che la grazia divina sta compiendo nell'intimità delle coscienze.

Questo Anno Giubilare della Redenzione è stato certamente un'ispirazione dall'alto, non tanto per promuovere movimenti esterni di persone, cosa che per altro ha anche il suo valore di preghiera e di penitenza, ma piuttosto per suscitare un ripensamento interiore, una revisione con Dio, con la Chiesa, con i fratelli. Questo è avvenuto in tutto il mondo e quindi anche nelle vostre diocesi, nelle vostre comunità, nei vostri animi. Il pellegrinaggio giubilare da voi compiuto, la vostra preghiera sulle tombe degli apostoli e l'incontro con il Papa, siano per voi di stimolo alla perenne fiducia e alla salda fermezza nella fede cristiana. Considerando la società contemporanea in cui viviamo, si constata sempre più che nonostante aspre e violente negazioni della trascendenza e della morale cristiana, e pur con tutte le straordinarie conquiste della scienza e del benessere, l'uomo si sente tremendamente solo e minacciato, e non riesce a nascondere l'ansia del divino e l'anelito alla certezza circa il vero senso della sua esistenza. Dio ha creato l'uomo per sé e l'uomo ha bisogno essenzialmente di Cristo, il Redentore; siate dunque perseveranti nella fede, testimoni della verità con la coerenza della vostra vita, sensibili alle necessità morali e materiali del prossimo, impegnati a vivere con amore e ogni giorno la sublime realtà della Redenzione!


2. Dando ora uno sguardo al futuro, desidero lasciare ad ogni gruppo una parola, che serva come programma e come incoraggiamento. Le Chiese di Faenza e di Modigliana sono ricche di una grande e profonda tradizione cristiana, che in origine risale ai primi secoli della Chiesa, e che è stata sempre fervente, anche in tempi dolorosi; particolarmente viva, poi, nella devozione alla Madonna, che in Faenza è venerata col titolo di Beata Vergine delle Grazie. Recentemente sono stati celebrati gli anniversari dei cardinali Gaetano e Amleto Cicognani, ricordando in tale occasione, insieme ai due illustri porporati, anche benemerite figure di maestri e di educatori che hanno formato valide generazioni di sacerdoti e di laici.

C'è dunque in mezzo a voi, fedeli faentini, una realtà di fede cristiana, un patrimonio di cultura cattolica, una ricchezza di tradizioni e di ideali che devono essere mantenuti, testimoniati, sviluppati oggi con convinzione e con coraggio. Nel 1072, come voi sapete, moriva nel monastero faentino di Santa Maria foris Portam san Pier Damiani, romagnolo, che poi fu sepolto nella bella cattedrale della città, ed è ora vostro celeste patrono. Nella vita di san Pier Damiani, uomo austero, intelligente e lungimirante, monaco e cardinale della Chiesa, si legge che mentre si trovava a Roma per la predicazione, nel giorno dell'Epifania, fu presente a un discorso tenuto al popolo dal prefetto della città. In seguito, con una lettera il santo si congratulava con lui, perché aveva parlato non tanto come "prefetto" ma come "sacerdote della Chiesa". "E' certo infatti - scriveva - che per la grazia di Cristo ogni cristiano è sacerdote impegnato ad annunciare il messaggio... Come sacerdote - spiegava - pur rimanendo nel tuo ordine laico, tu possiedi le due qualità indispensabili per annunciare il Signore: l'abbondanza della dottrina spirituale e lo splendore della vita cristiana". Tali parole sottolineano il "sacerdozio dei fedeli", la necessità di impegnarsi a viverlo con coscienza e con gioia. E perciò anch'io, come san Pier Damiani, dico ad ognuno di voi: "Va' avanti, sforzati, lavora", armato di dottrina e di santità! (cfr. "Ep. VIII", 1).


3. L'arcidiocesi di Sorrento e la diocesi di Castellammare di Stabia hanno avuto la visita pastorale dell'arcivescovo, iniziata nell'ottobre del 1981 e terminata lo scorso febbraio. Mi è molto gradita questa notizia, perché, pur con le novità dei tempi, la configurazione diocesana e parrocchiale del territorio ecclesiale corrisponde sempre alla necessità di una vera e profonda formazione cristiana e cattolica dei fedeli. La visita dell'arcivescovo, diligente e metodica, è stata compiuta analizzando attentamente le condizioni socio-culturali, morali e religiose della popolazione; verificando le strutture pastorali esistenti per rinnovarle o adeguarle alle necessità; e formulando una programmazione generosa e coraggiosa per il futuro. Io non posso fare altro che esortare vivamente voi, sacerdoti, religiosi e fedeli, a meditare sulle conclusioni sgorgate dalla visita pastorale nelle singole situazioni, per realizzare con amore e buona volontà le indicazioni suggerite. Avete davanti a voi una traccia sicura di cammino e una certezza di efficacia, perché siete nella strada voluta da Dio. L'Anno Santo della Redenzione sia per voi, fedeli di Sorrento e Castellammare di Stabia, un punto di riferimento, luminoso e corroborante, per mantenervi tutti uniti nella fedeltà a Cristo, alla Chiesa e ai vostri pastori!


4. Guardando ora voi, fedeli di Vallo di Lucania, la mia immaginazione si configura quella vasta zona dell'Italia denominata dapprima "Cilento" e poi indicata con il nome di "Lucania", e il mio pensiero si inoltra nella vostra storia passata e presente. E' una terra che ha profondamente sofferto lungo i secoli. E tuttavia la vostra terra ha sempre creduto e ha sempre pregato! Le popolazioni hanno subito molta oppressione e molta discriminazione, tante lacrime sono state versate! Tuttavia, fin dai primi tempi della Chiesa e poi in seguito con il monachesimo basiliano e benedettino, sempre fu perseguitata la promozione sociale e cristiana del popolo, creando nobili tradizioni religiose e una spiccata devozione mariana, con celebri santuari, ai quali convengono numerosi pellegrini da molte zone del Mezzogiorno. Anche le confraternite nella cultura religiosa locale hanno rappresentato e rappresentano tuttora per molti uomini e giovani di varie categorie un momento di aggregazione e socializzazione di notevole importanza e rilievo. Molti problemi assillano la vostra regione; ma non perdetevi d'animo! Mi rallegro nel sapere che nella vostra diocesi è viva e sentita la necessità della collaborazione tra vescovo, sacerdoti e fedeli: in tal senso diventa più concreta l'azione sia per la formazione dei laici qualificati, sia per l'apostolato nelle famiglie, sia per l'incremento delle vocazioni, affinché il seminario diocesano sia veramente il cuore della diocesi, dove si formano i futuri ministri di Dio. Vi esorto pertanto a lavorare con sempre maggiore fervore insieme al vostro vescovo per fare della vostra diocesi un faro di luce cristiana e un centro di valide opere culturali e assistenziali.


5. Carissimi studenti, docenti ed ex alunni del collegio Cesare Arici di Brescia, che siete convenuti "ad Petri sedem" con le vostre famiglie, per celebrare il Giubileo e così concludere nel modo più degno il centenario della fondazione della vostra istituzione.

Una schiera innumerevole di grandi personalità - tra tutte amo ricordare il mio predecessore e vostro concittadino Paolo VI di venerata memoria - è idealmente presente con voi. Sono idealmente presenti tutti coloro che, in questi cento anni, hanno sperimentato e testimoniato la validità della scelta operata dai cattolici bresciani che hanno dato vita all'"Alessandro Luzzago" prima, al "Cesare Arici" poi. I fondatori delle vostre scuole erano mossi da una fede solida ed entusiasta; da un genuino e sofferto desiderio di essere, in pari tempo, buoni padri di famiglia e autentici educatori; da una sincera volontà di contribuire, come cittadini, alla vita dello Stato, salvaguardando i valori umani e cristiani in un contesto culturale-educativo veramente libero e pluralista. Basti ricordare al riguardo il servo di Dio Giuseppe Tovini.

L'augurio che rivolgo alla famiglia tutta del "Cesare Arici" è di tenere sempre accesa, nel mondo della scuola e della cultura, la lampada trasmessa dai vostri padri. Come loro fate si che la fede si proponga alla cultura quale forza vivificante e che la vostra vita cristiana sia sostenuta sempre dalla preghiera e impegnata nella carità.

A tutti la mia benedizione.

Data: 1984-03-17 Data estesa: Sabato 17 Marzo 1984




A pellegrini di Fiesole - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Accogliere il messaggio lasciato dal Beato Angelico

Testo:

Carissimi fedeli di Fiesole!


1. Sono lieto di porgere al vostro vescovo e a voi tutti il mio ringraziamento per la vostra visita in questo Anno Giubilare della Redenzione.

Il vostro pellegrinaggio alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo è segno di fedeltà ed è anche stimolo a una sempre più convinta e fervorosa vita cristiana. L'Anno Santo della Redenzione è stato un invito pressante e solenne a guardare verso Cristo crocifisso, a ricercare in lui solo le verità trascendenti e salvifiche, a riporre in lui solo le nostre speranze, perché lui solo conosce il segreto delle nostre esistenze e ha parole di vita eterna. L'Anno Santo perciò ha richiesto uno sforzo di riflessione e di ripensamento e quindi una decisione per la conversione e la riconciliazione sacramentale con Dio. Si tratta ora di continuare con perseveranza e con coraggio la via intrapresa. La mia viva esortazione è che la vostra vita cristiana sia sempre una testimonianza della fede che professate mediante la coerenza morale e l'esercizio della carità verso il prossimo, specialmente verso i malati e i sofferenti.


2. In modo particolare desidero indicare a voi, fedeli della diocesi di Fiesole, la figura del Beato Angelico, che per la sua arte mirabile e per la sua singolare personalità religiosa ha reso celebre in tutto il mondo il nome della vostra città.

Con il motu proprio del 2 ottobre 1982 è stata autorevolmente riconosciuta dalla Chiesa la santità di colui che i fedeli hanno sempre chiamato Beato Angelico. In tale documento ho scritto che era giunto il tempo "di collocarlo in luce speciale nella Chiesa di Dio, alla quale non cessa ancora oggi di parlare con la sua arte celestiale". Ebbene, il Beato Angelico parla specialmente a voi, fedeli di Fiesole. La stupenda armonia dei suoi dipinti e la pace rasserenante che essi infondono nell'anima sono indice non solo del suo genio, ma anche della sua certezza interiore. Il Beato Angelico invita a contemplare la verità, per poi viverla interiormente, convinti che solo in Cristo l'uomo trova la sua autentica dignità.


3. Carissimi! Come sapete, tra una settimana, domenica 25 marzo, tutti i vescovi della Chiesa uniti con me reciteranno solennemente l'Atto di affidamento a Maria.

Il mondo diventa sempre più complesso e i problemi sociali e politici si fanno sempre più difficili e a volte perfino drammatici. Dobbiamo ricorrere con totale fiducia alla Madre celeste, che anche voi amate e venerate con tanta dedizione, specialmente nei santuari della vostra diocesi. Preparatevi con cura a questo solenne rito di "affidamento" a Maria, affinché esso porti molti frutti spirituali nella vostra vita e nella società intera.

Con questi voti, imparto a tutti voi la propiziatrice benedizione apostolica, che volentieri estendo ai fedeli della vostra comunità diocesana.

Data: 1984-03-17 Data estesa: Sabato 17 Marzo 1984




Al Giubileo dei lavoratori - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il lavoro associa l'uomo all'opera del Redentore

Testo:

"Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indichero..." (Gn 12,1).


1. Il comando di Dio, che Abram - chiamato più tardi Abramo - ricevette con queste parole, segna l'inizio della storia di questo padre di tutti i credenti. Abram, infatti, accolse con fede la parola del comando divino. Essa divenne anche l'inizio della sua peregrinazione da Carran, dal paese di Ur, verso la terra di Canaan, che divenne per lui la terra promessa da Dio.

Il Signore fece anche un'altra promessa, dicendo ad Abramo: "Faro di te un grande popolo e ti benediro, rendero grande il tuo nome e diventerai una benedizione... in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra" (Gn 12,2-3).

In forza di queste parole - cari lavoratori e lavoratrici venuti a Roma in pellegrinaggio - inizia la peregrinazione ormai non solo terrena di Abramo: peregrinazione dapprima di una famiglia e poi della stirpe, della tribù e della nazione, che riempie la storia dell'Antico Testamento; peregrinazione che inizia nella fede e che sarà la sorte di tutte le generazioni del popolo di Dio nell'Antica e nella Nuova alleanza.

E' un peregrinare che ha una dimensione spirituale e soprannaturale; è un interiore protendersi verso la direzione indicata dalla promessa del Dio dell'alleanza, del Dio di Abramo. Tale protendersi, iniziato nella fede di Abramo, trova il suo culmine nella venuta terrena di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Da questa vetta si schiude la prospettiva definitiva di quel regno di Dio, nel quale devono trovare benedizione "tutte le famiglie della terra".

Oggi, seconda domenica di Quaresima, la Chiesa ci conduce su tale vetta, davanti al Cristo della promessa messianica: sul monte Tabor, dopo averci mostrato l'inizio della vita spirituale dell'intero popolo di Dio nel cuore di Abramo, padre di tutti i credenti. La Quaresima costituisce per la Chiesa un periodo di peregrinazione nella fede particolarmente intenso.


2. La basilica di San Pietro accoglie oggi i rappresentanti degli ambienti di lavoro qui convenuti da molte parti d'Italia, da vari Paesi d'Europa e anche da altri continenti. Sono qui con noi gli agricoltori, coloro cioè che con la loro quotidiana fatica traggono dalla terra i prodotti con cui tutti ci sfamiamo. Vi sono gli operai, i rappresentanti cioè di quel mondo dell'industria, che ha dato un volto nuovo alla nostra civiltà. Vi è poi una larga schiera di artigiani, di quella categoria cioè che nelle sue multiformi articolazioni svolge una parte importante nell'economia. Artigiani furono anche san Giuseppe e Gesù. Sono presenti pure le collaboratrici familiari, le quali rappresentano le moltissime persone che, nel nascondimento delle mura domestiche, attendono agli umili ma indispensabili lavori di casa.

Il pensiero si estende poi ai tecnici, agli impiegati, agli addetti al commercio, al personale dei pubblici servizi, e agli emigranti. A tutti, con l'assicurazione del mio affetto, va l'augurio di un fecondo impegno, sempre consapevole dei fondamentali valori umani in gioco.


3. Carissimi fratelli e sorelle legati al banco del lavoro, il nostro odierno pellegrinaggio alle tombe degli apostoli, ai luoghi resi sacri dal martirio dei santi Pietro e Paolo e di tanti altri eroici testimoni del mistero della Redenzione, costituisce una tappa particolare di quella peregrinazione spirituale, il cui inizio risale alla fede di Abramo.

In pari tempo la vostra odierna presenza - nell'ambito del Giubileo straordinario della Redenzione - possiede una particolare eloquenza. Vanite qui infatti come rappresentanti qualificati del mondo del lavoro portando con voi la vasta e molteplice esperienza del lavoro umano e i numerosi problemi che ne derivano per la vita personale, familiare, professionale e sociale.

L'esperienza del lavoro umano - l'intera esperienza, passata e presente, del lavoro umano - ha il suo inizio nelle parole dette dal Creatore al primo uomo e alla prima donna: "Crescete e moltiplicatevi e soggiogate la terra" (cfr. Gn 1,28). Anche se in queste parole non compare il termine "lavoro", alla realtà del lavoro si fa in esse chiaro riferimento. Le parole del Creatore stabiliscono il lavoro quale costante coefficiente della vita umana nella prospettiva dell'esistenza terrena.

Il lavoro unisce l'uomo alla terra, al mondo, alle sue molteplici risorse. Esso serve per lo sfruttamento di queste risorse e per la trasformazione del mondo dal punto di vista delle necessità dell'uomo. In tale concetto è contenuto qualsiasi lavoro umano, sia fisico che intellettuale. Si può dire che, partendo dalle parole riportate dal libro della Genesi, l'umanità ha iniziato il suo peregrinare storico, che l'unisce alla terra, e passa attraverso le vicende delle varie civiltà e i successi conseguiti dall'uomo per mezzo del lavoro.

Contemporaneamente pero, proprio a quest'uomo - legato, per mezzo del lavoro, alla terra e al mondo visibile - vengono indirizzate nella persona di Abramo, le parole: "vattene dal tuo paese!". Esse sono le parole del Dio vivo, che dischiudono davanti all'uomo la prospettiva del regno dei cieli come "terra promessa", simbolo del suo destino definitivo, che è Dio stesso. Queste parole possono essere accolte solo mediante la fede. E così le hanno accolte Abramo e l'intera sua discendenza spirituale.

La dimensione del lavoro nella vocazione terrena dell'uomo viene unita alla dimensione del regno di Dio per mezzo della fede.


4. In entrambe queste dimensioni entra Gesù di Nazaret: Gesù Cristo, colui nel quale culmina la promessa fatta ad Abramo. Cristo annuncia il Vangelo del regno dei cieli e, al tempo stesso, dedica al lavoro a fianco di Giuseppe, carpentiere di Nazaret, la maggior parte degli anni della propria vita.

Proprio domani, 19 marzo, ricorre l'annuale solennità di san Giuseppe.

Essa ci impone di leggere attentamente questo Vangelo del lavoro, che Gesù proclamo con tutta la sua vita, specialmente con la sua vita nascosta a Nazaret, quando lavorava fisicamente a fianco di Giuseppe e di Maria. Con questa sua scelta egli fece del lavoro una parte integrante dell'opera della Redenzione. Gesù Cristo ha redento il mondo e l'umanità, in definitiva per mezzo della croce e della risurrezione. Questo non toglie, pero, che tutta la sua vita terrena sin dal momento del concepimento nel seno della Vergine-madre - e in particolare il suo lavoro - si inserisca nell'insieme della missione redentrice, per la quale egli venne nel mondo. Cristo ha redento il mondo anche mediante il lavoro.

In questa luce il lavoro umano si presenta come redento, cioè nuovamente offerto a noi da Dio, creatore e padre, in Gesù Cristo. E nello stesso tempo il vangelo del lavoro proclama che ogni uomo, il quale lavora in unione con Cristo, partecipa alla Redenzione operata da lui. Il lavoro acquista così un nuovo valore per l'uomo: diventa qualcosa di sacro.

La Chiesa, attraverso i secoli, ha costantemente proclamato il vangelo del lavoro. Ha sottolineato tutti i suoi valori: sociali, economici, culturali; soprattutto ha messo in risalto la dignità personale del lavoro umano, e ha insegnato ai suoi figli e alle sue figlie a partecipare mediante il lavoro all'opera della Redenzione del mondo.

In quest'Anno Giubilare della Redenzione, a ciò siamo chiamati in un modo particolare!


5. La trasfigurazione sul monte Tabor, che attraverso la lettura del Vangelo di san Matteo ci viene ricordata dalla liturgia di questa domenica di Quaresima, costituisce quasi un raggio speciale di quella luce, che Gesù Cristo getta sulla vita e sull'immortalità dell'uomo.

Questa e la vetta, verso la quale intere generazioni del popolo di Dio vanno peregrinando nella fede. Sono le generazioni degli uomini del lavoro. E uomini del lavoro erano anche i tre apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni, ai quali fu dato di partecipare all'evento sul monte Tabor.

Attraverso il Vangelo della trasfigurazione, Cristo getta una luce particolare sulla vita e sull'immortalità, alle quali l'uomo deve prendere parte nel regno dei cieli. Questo Vangelo parla dell'elevazione spirituale dell'uomo a somiglianza del Figlio di Dio, e della sua immortalità in Dio. In Gesù Cristo l'uomo raggiunge quest'elevazione e questa dignità. In lui l'uomo va verso la propria immortalità gloriosa.

La trasfigurazione del Signore prepara gli apostoli alla passione di Cristo, ma prima di tutto alla sua risurrezione.


6. Voi tutti, cari fratelli e sorelle, che oggi partecipate all'Eucaristia e ascoltate il Vangelo della trasfigurazione del Signore, rafforzate la vostra fede nell'elevazione spirituale dell'uomo in Gesù Cristo. E, al tempo stesso, considerate in quale modo unire questa dimensione di fede - la dimensione del regno di Dio, nella quale il Vangelo schiude davanti a noi la prospettiva dell'immortalità - alla dimensione del lavoro, che sin dall'inizio è la vocazione terrena dell'uomo. Questa vocazione ci lega al mondo e si chiude con la prospettiva della morte.

Come unire queste due dimensioni: il lavoro e la Redenzione, la temporaneità e l'immortalità? Ascoltiamo le parole dell'apostolo Paolo nella Lettera a Timoteo: "Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo, aiutato dalla forza di Dio. Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa... secondo il suo proposito e la sua grazia; grazia che ci è stata data in Cristo Gesù..." (2Tm 1,8-9).

Prendi parte alle fatiche del Vangelo! E' proprio questa la chiamata dell'Anno Santo della Redenzione, che risponde al nostro pellegrinare nella fede. Risponde in modo particolare al vostro odierno pellegrinaggio del Giubileo straordinario.

"Soffri anche tu... per il Vangelo!".

Queste due dimensioni: la dimensione del lavoro e la dimensione della fede, non sono divise, come divise non sono la dimensione del mondo e la dimensione del regno di Dio. Esse sono state unite nell'eterno pensiero e nell'eterna volontà del Creatore. Sin dall'inizio, la via della fede passa attraverso il lavoro, e la via del lavoro attraverso la fede. Gesù Cristo - quel Figlio prediletto nel quale il Padre si è compiaciuto - lo ha confermato con tutto il suo vangelo del lavoro.

Non è dunque vero che la via della fede e la speranza del regno di Dio distolgano l'uomo dal lavoro. E' vero il contrario: sono proprio esse a far piena luce sul lavoro umano, sono esse a svelare sino in fondo il suo senso e il suo vero valore. E' il vangelo del lavoro che restituisce pienamente all'uomo il suo lavoro. Esso solo permette all'uomo di realizzare se stesso come uomo, mentre con l'opera delle sue mani trasforma la natura. Esso solo dà al lavoro la sua dignità.

E, in pari tempo, il Vangelo conduce sulla vetta di una "trasfigurazione" mediante la quale il lavoro partecipa all'immortalità dell'uomo, divenendo la via della sua salvezza.

Solamente quando è ridato completamente all'uomo in Gesù Cristo, il lavoro diviene dono di Dio alla creatura che deve "soggiogare la terra" (cfr. Gn


1,28). E insieme lo stesso lavoro dell'uomo deve diventare dimensione di quella terra promessa all'uomo in Dio, verso la quale si dirigono le generazioni del popolo di Dio, cresciute dalla fede di Abramo.


7. Cari lavoratori e lavoratrici, pellegrini dell'Anno Giubilare della Redenzione! Portate con voi questo dono della parola di Dio, che la Chiesa offre alla vostra meditazione nell'odierna domenica: "Poiché retta è la parola del Signore / e fedele ogni sua opera" (Ps 32,4).

Che la vostra presenza presso le tombe degli apostoli vi avvicini a quella giustizia e a quella grazia, che ci sono date in Gesù Cristo: "Egli ama il diritto e la giustizia / della sua grazia è piena la terra" (Ps 32,5). "Signore, sia su di noi la tua grazia, / perché in te speriamo" (Ps 32,22).

Si. Vi avvolga la grazia dell'Anno Santo della Redenzione. Siate forti della fede che fu propria di tutte le generazioni del popolo di Dio. Siate forti del vangelo del lavoro in Gesù Cristo!

Data: 1984-03-18 Data estesa: Domenica 18 Marzo 1984






GPII 1984 Insegnamenti - Canonizzazione in San Pietro - Città del Vaticano (Roma)