GPII 1983 Insegnamenti - A Vescovi messicani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)


1. Accogliendovi nell'Anno Santo della Redenzione in questa visita "ad limina", desidero salutarvi con le parole dell'apostolo san Paolo: "Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati" (Ga 1,3-4). E' il saluto che di cuore estendo a tutti i cristiani delle vostre diocesi di origine e al caro e indimenticabile popolo del Messico, giacché questa visita è espressione di una intensa comunione delle vostre Chiese particolari con la Sede di Pietro, uno scambio di informazioni e di esperienze alle quali desidero corrispondere anche con l'affetto cordiale che nasce dalla sollecitudine per tutte le Chiese.


2. Ho già avuto l'opportunità di proporre all'attenzione di altri Pastori della Chiesa del Messico alcuni temi dottrinali e pastorali che meritano attento studio e sollecita attuazione.

In questa occasione, concludendo gli incontri congiunti con i Vescovi messicani, desidero proporre alla vostra considerazione alcune riflessioni che sono in stretta relazione col ministero pastorale dei sacerdoti e con la formazione dei candidati al sacerdozio. Non c'è da sorprendersi che io fissi l'attenzione su questo tema; lo esige la vita della Chiesa e lo vuole anche la situazione vocazionale delle vostre diocesi, che richiede da voi una cura speciale per coloro che il Signore vi associa come collaboratori dell'ordine episcopale: i sacerdoti.


3. E' molto incoraggiante sapere che nella Chiesa del Messico si riscontra un aumento delle vocazioni sacerdotali. Con profonda gioia e speranza alcuni Vescovi constatano che nei loro seminari si sta superando una crisi che aveva cominciato ad essere preoccupante.

A ciò si aggiunge la constatazione che i giovani che aspirano al sacerdozio si presentano oggi, non solo con maggiore generosità per il servizio, ma anche con maggiore maturità per la coscienza della vocazione che sperimentano, con positivi risultati di una maggiore perseveranza. Ciò richiede anche una maggiore responsabilità e cura nella selezione degli educatori e nell'orientamento globale della formazione sacerdotale in tutti i suoi ambiti, come ha chiaramente espresso il Decreto del Concilio Vaticano II "Optatam Totius".

Vorrei ricordarvi come il Concilio presenta la formazione spirituale dei futuri sacerdoti, focalizzando tutto in quello che potremmo chiamare il progetto pedagogico della Chiesa per i futuri ministri dell'altare: la persona di Cristo, Maestro, Sacerdote e Pastore, perché essi si uniscano a lui come amici, entrino in comunione col suo mistero pasquale del quale devono essere annunciatori, vivendo in intima Comunione con lui, giacché devono essere configurati a Cristo per mezzo dell'ordinazione sacerdotale (cfr. OT 4 OT 8).


4. Per questo, la formazione dei futuri sacerdoti deve modellarsi secondo la stessa pedagogia con la quale il Signore ha voluto attrarre ed educare i suoi discepoli. Si tratta di chiamare personalmente ciascuno dei seminaristi a questa "convivenza" e "discepolanza" col Maestro che permette di fare un'esperienza simile a quella degli Apostoli: ascoltare le sue parole di vita eterna, sentirsi soavemente attratti dal fascino umano-divino della sua persona, mettersi con decisione alla sua sequela, rimanere interiormente segnati dall'incontro con Colui da cui non si può più prescindere nella vita.

La preghiera personale, nella quale si ascolta la Parola di vita e la si confronta con l'esistenza quotidiana, non è in realtà una forma di convivenza col Maestro e una scuola per tutti coloro che desiderano essere discepoli autentici di Gesù? Una preghiera che sia comunione col Signore e si traduca in un impegno di fedeltà evangelica, di opzione radicale per Cristo e per la sua causa che è il Vangelo, farà dei futuri sacerdoti dei discepoli della Parola di vita, secondo l'esortazione di Gesù: "Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando" (Jn 15,14).


5. La preghiera assidua, che è centrale nella vita del sacerdote, deve essere come il crogiolo della formazione spirituale. Non possiamo dimenticare che Cristo stesso ha fatto della preghiera - dalla sua entrata nel mondo (cfr. He 10,5-7) fino alla sua morte sulla croce (cfr. Lc 23,46) - il segreto della sua comunione col Padre e della sua missione in favore degli uomini; ad essa dedicava momenti significativi della sua vita apostolica (cfr. Mc 1,35).

Possiamo affermare che Gesù ha vissuto il suo mistero pasquale in forma cosciente e in piena adesione alla volontà del Padre per mezzo della sua preghiera. E così anche il sacerdote, educato negli anni del seminario, deve vivere come Cristo e con lui il mistero della sua vocazione e missione a partire dall'esperienza della preghiera, che è familiarità e comunione di vita con Cristo, Signore e Maestro.

Sulla stessa linea di ciò che abbiamo chiamato progetto educativo di Cristo per i suoi discepoli, è necessario insistere nella creazione di un ambiente di comunità semplice e accogliente nel seminario, ove la presenza del Signore, che è presente in mezzo ai suoi discepoli (cfr. Mt 18,20), si traduca in un'esperienza di mutuo amore, di aiuto reciproco, di comunione sincera, che prepara i futuri sacerdoti a quella "fraternità sacerdotale" che è tanto importante per mantenere vivo il fervore della vita spirituale e lo stimolo della missione apostolica.

I sacerdoti che si formano a questa scuola del Maestro potranno essere a loro volta animatori della preghiera che il vostro popolo chiede e promotori di quella comunione di cui la Chiesa ha bisogno.


6. Nel recente Sinodo dei Vescovi si è parlato del sacramento della Penitenza. E, infatti, una delle preoccupazioni dei Padri sinodali, che è anche il grido del Popolo di Dio, è quella di formare tutti i sacerdoti - specialmente quelli che ora si accostano al sacerdozio - all'apprezzamento della bellezza, dell'urgenza e dignità di questo Sacramento. Non possiamo dimenticare che Cristo stesso ha conferito ai suoi discepoli il ministero del perdono e che Paolo, sentendosi investito della sua grazia per l'apostolato, riconosce: "Dio... ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2Co 5,18).

Infondete, dunque, nei vostri sacerdoti, precedendoli col vostro esempio, l'importanza di questo ministero che Cristo e la Chiesa hanno affidato esclusivamente ai presbiteri per il bene di tutti i fedeli. Essi hanno il diritto di essere accolti nella grazia del Sacramento, perché possano ricevere luce e consolazione, orientamento e incoraggiamento, perdono e grazia, quando si accostano al ministero della riconciliazione.


7. Nell'esercizio di questo ministero sacro, il sacerdote si identifica con Cristo Buon Pastore, agisce in persona Christi e con la forza dello Spirito Santo rappresenta la Chiesa che accoglie il peccatore e lo riconcilia.

Tutta questa realtà santificante del Sacramento, benché abbia come destinatario il penitente, è anche fonte di santificazione per il confessore, esercizio di carità pastorale che richiede preparazione spirituale, atteggiamento di preghiera nello svolgimento stesso del ministero delle Confessioni, per chiedere luce dall'alto e favorire nel penitente un'autentica conversione.

D'altra parte, i membri del Popolo di Dio, con istinto soprannaturale, sanno riconoscere nei loro sacerdoti il Cristo stesso che li riceve e li perdona e ringraziano di cuore la capacità di accoglienza, la parola che illumina e consola con la quale accompagnano l'assoluzione dei loro peccati.


8. L'abuso delle assoluzioni collettive contro le prescrizioni della Chiesa, fissate con chiarezza nel nuovo Codice di Diritto canonico (CIC 961-963), è in realtà un attentato alla vera dignità del sacramento della Penitenza; l'esercizio fedele del ministero delle Confessioni individuali dei cristiani, pone in risalto ancora l'amorosa attenzione di Cristo per ogni uomo, il suo amore personale per ogni battezzato, la capacità di riconoscere in ciascuno l'immagine di Dio, il dramma personale e intrasferibile, per il quale non possono servire consigli generali e direttive anonime.

Lo stesso sentimento personale e il segreto del peccato non richiedono, come conseguenza, questa forma segreta e discreta, adeguata e personalizzata della Confessione individuale? Nell'esercizio del ministero della Confessione, il sacerdote che offre la sua disponibilità e il suo tempo per ciascun fedele che richiede il suo servizio, è testimonianza visibile della dignità di ciascuno dei battezzati; i più poveri come sono soliti molti dei vostri diocesani per i quali nessuno ha tempo nella nostra società, inquieta e frettolosa, potranno dare testimonianza - se sono accolti con amore e rispetto dai sacerdoti nel sacramento della Penitenza - che la Chiesa accoglie tutti, tutti rispetta e ascolta, con questo amore personale che traduce la cura e l'affetto di Cristo per ciascun uomo, che egli ha redento col suo sangue.


9. Offrendovi questi orientamenti pastorali, la mia preghiera si rivolge alla Vergine, Nostra Signora di Guadalupe, che ogni messicano e tutto il popolo del Messico considerano segno efficace della loro speranza in mezzo alle difficoltà che attraversa il Paese e della riconciliazione di tutti i suoi figli.

Siate certi che vi accompagnano sempre nel vostro lavoro il mio affetto e il mio ricordo, insieme alla mia preghiera per tutte le vostre diocesi, sulle quali imploro abbondanti grazie celesti, con la mia benedizione spirituale.

Data: 1983-12-02 Data estesa: Venerdi 2 Dicembre 1983

A rappresentanti di settimanali cattolici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il giornalismo come il scerdozio corrisponde a una vera vocazione




1. L'incontro con rappresentanti del mondo giornalistico per me è sempre motivo di intimo godimento. Lo è per speciali titoli l'incontro che oggi ho con voi, carissimi direttori, amministratori, redattori dei settimanali cattolici d'Italia, che siete convenuti a Roma per la vostra settima assemblea nazionale.

Ringrazio cordialmente il Presidente della Federazione per le filiali espressioni, con cui s'è fatto portavoce dei vostri sentimenti, e gli sono grato per aver richiamato gli ideali e i principi ispiratori, ai quali attingete e - ciò che più conta - intendete restar fedeli nella vostra complessa e tanto benemerita missione.

Vi esprimo volentieri il mio profondo compiacimento, che desidero estendere, con affettuoso pensiero, all'intera famiglia dei vostri lettori, che sono a un tempo beneficiari e sostenitori dei settimanali cattolici: è come una grande famiglia che, disseminata nelle varie diocesi, abbraccia tutta la Penisola dalle Alpi alla Sicilia.


2. So bene, miei cari, che nel giornalismo odierno la formula specifica del settimanale cattolico comporta molti problemi e incontra gravi difficoltà. Ma so pure che tali problemi e difficoltà, grazie al buon volere, all'impegno, al coraggio di coloro che vi si dedicano, non valgono a sminuirne o ridurne il ruolo molteplice e insostituibile.

Per sua particolare fisionomia, il settimanale non è strettamente chiamato alla tempestività dell'informazione - ciò costituisce l'elemento qualificante della stampa quotidiana -, bensi dare una sintesi ragionata degli avvenimenti, una ponderata valutazione di essi. Questa specifica finalità presuppone una previa analisi delle notizie, compiuta con serenità e spiccato orientamento critico, nell'intento di assegnare il giusto rilievo a quelle che rispecchiano le tappe più significative dell'andamento della vita e meritano di essere illustrate con appropriati commenti.

La redazione di un settimanale, pertanto, richiede dedizione quotidiana, allenamento al sacrificio, applicazione attenta e severa: tutti quei requisiti, in una parola, che qualificano la dura e magnifica professione del giornalista che si senta e sia sempre consapevole delle proprie responsabilità. E' pero confortante notare che tale periodicità, o "cadenza settimanale", consente di assolvere meglio la funzione formativa, che è uno degli obiettivi che nobilitano distintamente l'attività della penna.

Corrispondenze, servizi, commenti, concepiti in questa luce, scritti con la chiarezza e la vivacità di cui voi giornalisti siete maestri e che traducono in forme accessibili a tutti le idee più profonde, un po' alla volta incidono nella mentalità, invitano alla riflessione, invogliano all'apprendimento. Mentre, se necessario, funzionano da correttivo a notizie deformate o a calcolati silenzi, i settimanali hanno il privilegio di poter contribuire decisamente a quella ponderata meditazione e a quella maturazione interiore che configurano la "civiltà del pensiero", della quale la società moderna, proprio perché esposta ai pericoli della distrazione e della superficialità, ha immensamente bisogno.


3. La dichiarata qualifica di "cattolico" arricchisce ed esalta incomparabilmente la vostra missione. Come cattolico è il settimanale, così lo è l'autore: ed è appunto questo titolo che del vostro lavoro fa un vero e proprio apostolato e, vorrei dire, un generoso sacerdozio. Vedo con piacere che parecchi tra voi sono sacerdoti. La vostra presenza, carissimi confratelli, ricorda un'affermazione del decreto conciliare "Presbyterorum Ordinis" (PO 11), secondo cui "sulla stampa vanno eloquentemente illustrate le necessità della Chiesa locale e della Chiesa universale".

Ma comunque, proprio in questo ordine di idee, nella prospettiva del servizio alla Chiesa, la connessione tra giornalismo e sacerdozio si addice anche a voi, carissimi fratelli del laicato. La consapevolezza di compiere un'opera "sacerdotale" accentua la grandezza della vostra professione che, esercitata in limpida coerenza col carattere sacramentale del cristiano, corrisponde ad una genuina vocazione. In effetti, i settimanali cattolici sono uno strumento prezioso per alimentare costantemente nel Popolo di Dio il "sensus Ecclesiae": dico il senso della Chiesa particolare, di cui essi sono diretta espressione ed emanazione, come non raramente risulta fin dal nome - umile e glorioso - delle loro testate; e dico il senso della Chiesa universale, dalla quale arriva alle singole parti la garanzia dell'autenticità circa i valori supremi della fede e della morale.

I vostri settimanali sono, altresi, naturali e non meno preziosi strumenti di unione delle comunità cristiane con la Chiesa universale, garantita dal carisma di Pietro. In tale ottica la configurazione periodica, apprezzata con l'intelligenza e la versatilità che sono proprie degli operatori dei "mass-media", permette di svolgere un'azione evangelizzatrice sistematica e penetrante che, agilmente inserita nei programmi pastorali delle diocesi, nonché nel contesto socio-culturale dei rispettivi ambienti, rientra nel quadro generale della vita della Chiesa.

Molti altri compiti impegnano il settimanale cattolico, destinato ad essere eco attenta e amorosa della realtà, da cui emana e a cui si rivolge. Essi diventano tanto più ardui, quanto più scarse sono le risorse finanziarie e tecniche. Ma questa "modestia" mette in risalto il valore volontaristico, il quale costituisce, in certo senso, una ricchezza di primo ordine se rende più accetto il timbro di una voce che, anche nella sua povertà materiale, si caratterizza come voce amica e familiare. Una costante esperienza attesta che la penuria dei mezzi si abbina spesso a maggiore entusiasmo, a vigorosa serietà, a libertà da soffocanti condizionamenti: tutte caratteristiche, queste, che in ogni caso vanno accuratamente tutelate, perché la stampa cattolica sia in grado di svolgere responsabilmente il proprio servizio.


4. Uno dei compiti, che oggi vi deve stare sommamente a cuore, è la promozione e la salvaguardia dei valori morali. Infatti, nell'odierno clima di permissivismo, che non di rado è portato agli estremi eccessi anche da organi della pubblicistica, questa funzione di ordine etico assume un significato altissimo, che già da solo basterebbe a motivare la presenza della stampa cattolica.

Col coraggio e col vigore che, connaturati con la milizia giornalistica, sono indispensabili per andare controcorrente e superare la tentazione di allettamenti demagogici, oggi è necessario più che in passato propugnare, onorare e difendere la virtù e il bene; mostrare instancabilmente come essi siano in armonia con la verità dell'uomo e la qualità della vita, che invece la degradazione del costume e la connivenza col vizio assoggettano a varie forme di penosa schiavitù.

Non posso tacere, da ultimo, nell'Anno Giubilare della Redenzione che i grandi temi ad esso assegnati vi offrono argomenti di vasta portata e di acuto interesse. Pensate ai temi della penitenza, della riconciliazione e della pace.

Trattati con competenza e adesione alla realtà, essi possono dare un valido apporto all'auspicato risveglio della sensibilità delle coscienze e all'elevazione del livello della pubblica moralità. Io confido, o cari fratelli, che il rafforzamento dei vincoli federativi, che vi siete proposto come frutto della vostra assemblea romana, confermi e avvalori la tensione ai comuni ideali e incrementi la vitalità di ciascuno dei vostri, dei nostri settimanali cattolici.

Con questo cordiale auspicio invoco sulle vostre persone, sui vostri collaboratori e sul vostro lavoro copiose grazie celesti, mentre vi imparto di cuore la mia affettuosa e incoraggiante benedizione apostolica, estendendola volentieri alla famiglia dei vostri fedeli lettori.

Data: 1983-12-02 Data estesa: Venerdi 2 Dicembre 1983

A Vescovi americani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Solo una Chiesa orante può promuovere e portare la pace nel mondo

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo.


Con profondo affetto fraterno vi rivolgo un cordiale benvenuto nella Sede di Pietro e volentieri condivido con voi quest'ora particolare di unità collegiale e comunione ecclesiale. Attraverso di voi mando i miei saluti di amore e pace alle Chiese locali che voi rappresentate e servite: a tutti i sacerdoti, diaconi, religiosi, seminaristi e laici che sotto la vostra guida pastorale si sforzano di vivere in pienezza il mistero di Cristo e della sua Chiesa. E nelle vostre persone desidero onorare Gesù Cristo, Pastore e Guardiano delle nostre anime (cfr. 1P 2,25).


1. Ho già avuto occasione di parlare ad un altro gruppo di Vescovi americani a riguardo della celebrazione domenicale della Chiesa e dunque, in particolare, della Celebrazione eucaristica domenicale. Oggi vorrei fare riferimento, in un contesto più ampio, alla sacra liturgia e alla preghiera in rapporto al ministero dei Vescovi e alla vita della Chiesa. Immediatamente prima della sua Ascensione, Gesù ha assicurato i suoi Apostoli che essi avrebbero ricevuto lo Spirito Santo e sarebbero stati rivestiti della sua potenza. Mentre aspettavamo il compimento della promessa di Cristo, "stavano sempre nel tempio lodando Dio" (Lc 24,53). Come successori degli Apostoli, i Vescovi sono chiamati a continuare attraverso la liturgia della Chiesa la grande attività apostolica della lode a Dio. Specialmente nella liturgia ciascun Vescovo è un segno del Cristo che prega, un segno del Cristo che parla al Padre suo, dicendo: "Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra" (Lc 10,21). La liturgia è il più grande strumento di lode, di richiesta, di intercessione e di riparazione che la Chiesa possiede. In nessun altro momento del suo ministero l'attività del Vescovo è più rilevante e più utile per il popolo di Dio di quando egli offre il Sacrificio di lode della Chiesa.

Quale Pastore del gregge di Cristo, il Vescovo sperimenta personalmente la necessità di ringraziare Dio per il mistero della croce e risurrezione di Cristo come esso è realmente vissuto, giorno dopo giorno, nella Chiesa pellegrina alla quale egli presiede e che egli serve. Il Vescovo loda e benedice "Dio; Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (1P 1,3) per le meraviglie di grazia che sono state compiute nel popolo cristiano grazie al sangue di Cristo per la fedeltà a Cristo vissuta da tanti sacerdoti e religiosi e da innumerevoli famiglie nel mondo; per gli splendidi sforzi compiuti dai giovani per seguire l'insegnamento di Cristo; per il dono della conversione costantemente conferito ai fedeli nel sacramento della Penitenza; per ogni vocazione al sacerdozio e alla vita religiosa; per il combattimento pasquale e per la vittoria sul male che il Signore continuamente realizza nel suo Corpo, la Chiesa; per il bene che è compiuto ogni giorno nel nome di Gesù: per il dono della vita eterna che è dato a tutti coloro che mangiano la carne di Cristo e bevono il suo sangue e per tutto ciò che Dio ha dato al suo popolo donandogli il Figlio suo.


2. La liturgia occupa un posto di capitale importanza nella vita della Chiesa. La piena e attiva partecipazione alla liturgia è stata giustamente indicata dal Concilio Vaticano II come "la prima e indispensabile fonte da cui i fedeli acquistano l'autentico spirito cristiano" (SC 14). Questo principio è vitale per un'adeguata comprensione del rinnovamento conciliare e merita di essere ripetutamente sottolineato. Altrettanto vitale è una comprensione della liturgia nel suo essere "principalmente culto della maestà divina" (SC 33). Come tale, deve essere accostata dai nostri sacerdoti e dal nostro popolo con quel profondo senso di rispetto che corrisponde ai più profondi sentimenti della fede cattolica. La liturgia contiene in se stessa un particolare potere di generare rinnovamento e santità, e la consapevolezza di questo potere da parte del nostro popolo - la sua contemplazione nella fede - la attua ancor di più. Mi sono recentemente così espresso a questo riguardo con alcuni Vescovi d'America: "Quando il nostro popolo, per grazia dello Spirito Santo, si rende conto di venir chiamato ad essere "stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa" (1P 2,9) e che è chiamato ad adorare e ringraziare il Padre in unione con Gesù Cristo, una immensa potenza si effonde nella sua vita cristiana. Quando il nostro popolo capisce di avere realmente un sacrificio di lode e di espiazione da offrire insieme a Gesù Cristo, quando esso capisce che tutte le sue preghiere di supplica sono unite a un'azione infinita del Cristo orante, allora vi è nuova speranza e rinnovato incoraggiamento per il popolo cristiano" (Discorso a Vescovi degli Stati Uniti, 9 luglio 1983).


3. L'autentico spirito cristiano derivato ai fedeli dalla liturgia assicura l'edificazione della Chiesa in molti modi. Mediante l'acquisizione da parte dei suoi membri di questo spirito cristiano, la Chiesa diviene sempre più una comunità di culto e di preghiera, consapevole "della necessità di pregare sempre, senza stancarsi" (Lc 18,1). Questa caratteristica di costante preghiera, come conviene al Corpo di Cristo, si manifesta nella preghiera ufficiale della liturgia, nell'Eucaristia, nella celebrazione degli altri Sacramenti e nella liturgia delle Ore. In tutte queste azioni, la mediazione di Cristo, il Capo, continua e tutta la Chiesa è offerta al Padre: tutto il Corpo di Cristo intercede per la salvezza del mondo.

Nello stesso tempo la Chiesa sa che la sua attività vitale e dunque il suo dovere di pregare non è limitato alla preghiera liturgica. Il Concilio ha esplicitamente affermato: "La vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola liturgia" (SC 12).

Cristo chiede ancora la preghiera individuale da tutti i suoi membri, ripetendo il suo comando: "Prega il Padre tuo nel segreto" (Mt 6,6).

Tra le forme non liturgiche di preghiera, ve n'è una che merita stima particolare ed è il Rosario della Beata Vergine Maria. Inoltre, ogni tentativo volto a rendere la famiglia cristiana un luogo di preghiera merita il nostro pieno incoraggiamento e appoggio.


4. La liturgia è eminentemente efficace nel fare della Chiesa una sempre più dinamica comunità di verità. Nella liturgia, viene celebrata la verità di Dio e la sua Parola diviene sostegno del Popolo che si gloria del suo nome. Per sua potenza, la liturgia ci aiuta ad assimilare ciò che è proclamato e celebrato tra di noi. Dice il profeta Geremia: "Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore, perché portavo il tuo nome, Signore, Dio degli eserciti" (Jr 15,16). Nella sacra liturgia il popolo di Dio riceve la forza di vivere la Parola di Dio nella sua vita: di mettere in pratica la Parola, non limitandosi ad ascoltarla (cfr. Jc 1,23).


5. La sacra liturgia e, in particolare il Sacrificio Eucaristico, è la fonte dell'unità interna della Chiesa - "quell'unità che è offuscata nel volto umano della Chiesa da ogni forma di peccato ma che sussiste indistruttibilmente nella Chiesa cattolica (cfr. LG 8; UR 2-3)" (AAS 71 (1979) 1226). E mentre la celebrazione del Sacrificio della Messa e la partecipazione alla Cena del Signore richiedono già questa unità cattolica, è attraverso di loro che noi indirizziamo a Dio il nostro ardente desiderio di quella completa unità nella fede e nell'amore che Cristo desidera per tutti i suoi seguaci. Nell'Eucaristia la Chiesa dichiara il suo desiderio di essere perfettamente conforme alla volontà di Cristo: per una maggiore purificazione, conversione e rinnovamento.


6. Il rapporto del culto e della preghiera con il servizio e l'azione ha un significato profondo per la Chiesa. La Chiesa si considera chiamata dal culto al servizio; contemporaneamente essa considera il suo servizio in rapporto alla preghiera. Essa attribuisce estrema importanza all'esempio di Cristo, le cui azioni erano tutte accompagnate dalla preghiera e compiute nello Spirito Santo. Il principio è lo stesso per tutti i discepoli di Cristo e, come Vescovi, dobbiamo aiutare il nostro popolo a non dimenticare mai questo aspetto essenziale del loro servizio; è una dimensione specificamente cristiana ed ecclesiale dell'azione.

E' nella preghiera che viene nutrita e valutata una consapevolezza sociale. E' nella preghiera che il Vescovo, insieme al popolo, riflette sulla necessità e le esigenze del servizio cristiano.

Sette anni fa, nel suo messaggio alla Conferenza "Call to action" a Detroit, Paolo VI formulo principi importanti, affermando: "Il Signore Gesù non vuole che dimentichiamo mai che il segno della nostra discepolanza è la sollecitudine per i nostri fratelli... Si, la causa della dignità umana e dei diritti umani è la causa di Cristo e del suo Vangelo. Gesù di Nazaret si identifica per sempre coi suoi fratelli". Nella preghiera la Chiesa capisce pienamente il significato della Parola di Cristo: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35). E' nella preghiera che la Chiesa capisce le molte implicazioni del fatto che la giustizia e la misericordia sono tra "le prescrizioni più gravi della legge" (Mt 23,23). Nella preghiera, la lotta per la giustizia trova la sua giusta motivazione e il suo incoraggiamento, e scopre e conserva mezzi veramente efficaci.

Solo una Chiesa che rende il culto e che prega può mostrarsi sufficientemente sensibile ai bisogni di chi è malato, sofferente, solo - specialmente nei grandi centri urbani - e dei poveri ovunque essi siano. La Chiesa come comunità di servizio deve sentire innanzitutto il peso del fardello portato da tante persone e famiglie, e poi cercare di aiutare ad alleviare quei fardelli.

La sequela che la Chiesa scopre nella preghiera si esprime nel profondo interesse per i fratelli di Cristo nel mondo moderno e per i loro numerosi e diversi bisogni. La sua sollecitudine, manifestata in vari modi, comprende - tra gli altri - gli ambiti dell'alloggio, dell'educazione, della salute, della disoccupazione, dell'amministrazione della giustizia, dei particolari bisogni degli anziani e degli handicappati. Nella preghiera, la Chiesa viene confermata nella sua solidarietà con chi è debole e viene oppresso, con chi è indifeso e viene manipolato, coi bambini che vengono sfruttati e tutti coloro che vengono in qualche modo discriminati.

Il servizio della Chiesa in tutti questi campi deve assumere forme specifiche e concrete, e questo richiede comprensione e competenza da parte dei vari membri della comunità ecclesiale. Ma tutto il programma di diakonia deve essere sostenuto dalla preghiera, dal contatto vitale col Cristo che insiste sulla necessità di legare la sequela col servizio. Per questa ragione Paolo VI concluse il messaggio alla Conferenza di Detroit con queste riflessioni: "Nella tradizione della Chiesa, ogni chiamata all'azione è innanzitutto una chiamata alla preghiera.

E così voi siete chiamati alla preghiera e soprattutto a una maggiore condivisione del Sacrificio Eucaristico di Cristo... E' nell'Eucaristia che trovate l'autentico spirito cristiano che vi renderà capaci di uscire fuori e agire nel nome di Cristo".


7. C'è inoltre un reale rapporto tra la pace che è proclamata e attuata nell'Eucaristia e tutte le iniziative della Chiesa per portare la pace di Cristo al mondo. I vostri zelanti sforzi per promuovere la pace e per contribuire a stabilire nel mondo le condizioni che favoriscono la pace, come la pace stessa, dipendono totalmente dalla grazia di Dio. E questa grazia, questa forza, questo aiuto è dono di Dio a noi, conferito liberamente, ma conferito anche perché ricercato nel nome di Gesù, attraverso la preghiera, attraverso l'Eucaristia. Le vostre Chiese locali sono chiamate ad essere comunità che promuovono la pace, vivono la pace, invocano la pace.


8. Anche in ogni altro settore della vita cristiana, la Chiesa vive la sua natura e raggiunge i suoi fini con la preghiera e il culto. E' proprio in questo modo che essa diviene sempre più Chiesa di Dio, siamo chiamati a rendere il nostro specifico contributo alla costruzione della comunione d'amore con la pratica della collegialità, con ogni sforzo personale compiuto per promuovere, difendere e consolidare l'unità di fede e la disciplina tra le Chiese locali e la Chiesa universale. E tutti questi sforzi sono concepiti nella preghiera e attuati in unione con Cristo che prega. E' estremamente significativo che nell'atto stesso - l'offerta del Sacrificio Eucaristico - nel quale le vostre Chiese locali raggiungono la loro più profonda identità di comunità di culto e di comunione d'amore, voi e io siamo chiamati per nome.

L'identità del nostro popolo cattolico e l'autenticità del suo culto sono per sempre legati al nostro ministero che non è nient'altro che il ministero di Gesù Cristo, attraverso il quale, con il quale e nel quale viene resa gloria e onore al Padre e ogni preghiera raggiunge la sua efficacia.

Il culto che anima le vostre Chiese locali, l'ispirazione per la diakonia e tutto l'autentico spirito cristiano che viene dalla liturgia della Chiesa sono per loro natura cristocentrici e diretti al Padre nell'unità dello Spirito Santo.

Ogni preghiera che noi offriamo per il nostro popolo è fatta con Cristo, Signore e Sommo Sacerdote della nostra salvezza. E poiché la nostra preghiera di Vescovi è anche apostolica, noi la compiamo con Maria, la Madre di Gesù (Ac 1,14).

Cari fratelli Vescovi, pregando con Maria scopriremo sempre più chiaramente il significato del nostro ministero pastorale di culto, di preghiera e di servizio alla Chiesa di Cristo e al mondo moderno.

Data: 1983-12-03 Data estesa: Sabato 3 Dicembre 1983

All'iniziativa "Incontro coniugale" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoniate il Vangelo nella società contemporanea

Carissimi.


1. Avete molto desiderato questa Udienza speciale per celebrare il decennale dell'iniziativa "Incontro coniugale", promossa in Italia dai Figli dell'Amore Misericordioso, e diretta ad illuminare, formare e sostenere gli sposi cristiani nella loro specifica e sublime missione di apostoli della famiglia secondo il Vangelo.

Ben volentieri vi accolgo stamane e vi ringrazio per la vostra visita, mentre porgo a tutti il mio saluto cordiale, esprimendo sentito apprezzamento per il vostro lavoro, che contribuisce alla conoscenza e alla difesa dei valori umani e cristiani riguardanti il matrimonio e la famiglia, ed è rivolto, al tempo stesso, a favorirne l'esaltante esperienza.


2. Vedendo voi, responsabili della pastorale familiare, e voi, cari sposi, che a Collevalenza presso il Santuario dell'Amore Misericordioso avete recentemente rimeditato i grandi temi della dottrina cristiana riguardanti la famiglia, vengono alla mente le parole del Concilio Vaticano II, tanto chiarificanti: "L'intima comunità di vita e di amore coniugale è fondata dal Creatore ed è strutturata con leggi proprie...

Perché è Dio stesso l'autore del matrimonio, che è dotato di molteplici valori e fini; tutto ciò è di somma importanza per la continuità del genere umano, il progresso personale e il destino eterno di ciascuno dei membri della famiglia" (GS 48). E' questa una meravigliosa sintesi dottrinale, che voi avete già molte volte meditato e che bisogna continuamente tener presente per vivere, nell'ambito coniugale e familiare, quella che è l'autentica volontà di Dio, il suo progetto primordiale al riguardo dell'uomo e della donna, cioè la comunità di amore stabilita per essi. Tale autentica volontà divina deve essere testimoniata dagli sposi cristiani, con delicatezza ma con coraggio, nella società moderna purtroppo fortemente tentata di trasferirsi nella sfera di altri principi e di opposti ideali.


3. Di fronte ai vertici di un disegno divino tanto eccelso e nella consapevolezza, d'altra parte, dell'impoverimento esistenziale recato dal peccato, gli sposi dovranno rivolgersi a Cristo Gesù, Redentore e Signore, che solo può rendere possibile la realizzazione della volontà divina. Giustamente, pertanto, la stessa costituzione conciliare sottolinea la presenza di Cristo che viene incontro ai coniugi cristiani perché possano sempre amarsi l'un l'altro fedelmente: "L'autentico amore coniugale è assunto nell'amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla potenza redentrice di Cristo e dall'azione salvifica della Chiesa". Il sacramento del matrimonio opera in voi, sposi, una vera "consacrazione" dell'uno all'altro e di ambedue ai figli, e al tempo stesso a Dio e alla Chiesa. Qui veramente si situa la vostra dignità, la vostra responsabilità.

Mediante il Sacramento, Cristo stabilisce una presenza permanente in ogni rapporto coniugale, per cui gli sposi dovranno instaurare con Cristo Redentore un colloquio ininterrotto, aperto e sincero, che li dischiuda alla sua grazia medicinale, restauratrice ed ognora santificatrice. Senza questa porta aperta al Redentore che "è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione" (1Co 1,30), non è possibile costruire un matrimonio cristiano, cioè "l'unione intima e continua di vita nella complementarietà tra uomo e donna" (Carta dei Diritti della Famiglia, Preambolo n. B), che sia al tempo stesso canale effettivo di vita soprannaturale.


4. Tutto ciò voi ben conoscete e cercate di testimoniare; tale vostra determinazione è per me motivo di gioia e mi spinge ad esortarvi a generosa perseveranza e ad ulteriore approfondimento, affinché possiate avvertire crescente entusiasmo per la vostra scelta e il vostro impegno.

Da quanto ho sopra accennato deriva che i coniugi cristiani sono chiamati a vivere una specifica spiritualità evangelica, che si alimenta soprattutto nel contatto sacramentale con Cristo Pane Vivo e con Cristo Medico delle anime, come pure nella preghiera personale e familiare. Siate gli apostoli della preghiera comune, che sa creare oasi di pace e di serenità proprio nel cuore della casa.


5. Al fine di approfondire e di essere aiutati a vivere la suddetta spiritualità, voi avete pensato di costruire, nel contesto parrocchiale e inter-parrocchiale, le cosiddette "comunità di amore", di cui fanno parte sacerdoti, religiosi e religiose, i quali, recando l'apporto della loro missione ed esperienza, sostengono il vostro cammino e contemporaneamente ne ricavano personale arricchimento. L'intera comunità, poi, allarga le proprie prospettive di lavoro verso la società e la Chiesa, perché la prima necessita di essere sempre più permeata da valori etici e da ideali trascendenti, mentre la seconda non può prescindere dalla presenza di membri assiduamente dediti all'opera divina della salvezza.

Carissimi, avrei voluto parlarvi più a lungo, ma quanto vi ho potuto dire vi sia di incoraggiamento a continuare una iniziativa tanto bella e di cui si deve essere grati anche ai Figli dell'Amore Misericordioso qui rappresentati dal loro Padre generale Gino Capponi; essi certamente sanno aiutarvi nel vostro cammino, perché la loro spiritualità fa bene intuire come il vero amore coniugale sia genuina espressione di quella divina benevolenza che il Padre di ogni Misericordia nutre per ciascuno in Cristo nostro Signore. Sulle vostre persone, sulle vostre famiglie e su tutti i vostri cari scenda letificante la grazia del Signore di cui vuol essere pegno la mia benedizione apostolica.

Data: 1983-12-03 Data estesa: Sabato 3 Dicembre 1983


GPII 1983 Insegnamenti - A Vescovi messicani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)