GPII 1984 Insegnamenti - Al personale dell'autoparco vaticano - Città del Vaticano (Roma)

Al personale dell'autoparco vaticano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le festività natalizie accrescano l'unione e il comune impegno

Testo:

Carissimi.


1. Sono trascorsi quasi tre anni da quando, il 5 gennaio 1981, ho visitato l'autoparco vaticano e ho avuto il piacere di vedere gran parte di voi sul posto di lavoro. Nel frattempo ho potuto apprezzare ancor di più il servizio che voi svolgete per la Santa Sede e ora sono lieto di accogliervi qui insieme con le vostre famiglie. Vi saluto tutti cordialmente.


2. Siamo nell'antivigilia di Natale. Tutto in questi giorni ci parla dell'ineffabile mistero, che la Chiesa sta per celebrare e rivivere: la nascita del Verbo di Dio fatto Uomo. So che, durante il tempo di Avvento, vi siete preparati anche comunitariamente a questa grande solennità, con speciale impegno, trattandosi del Natale del Giubileo della Redenzione. Nell'esprimervi il mio compiacimento, desidero rivolgervi i miei auguri, auspicando che sappiate cogliere, mediante la preghiera e il raccoglimento interiore, il vero significato di questa festa in tutte le sue dimensioni ed esigenze. Dio si è fatto uomo - commenta sant'Agostino - per comunicare all'uomo la sua vita divina. Questa verità deve illuminare tutta la vita del cristiano e guidarlo in ogni sua scelta. Da essa deriva un nuovo modo di vedere persone e cose, una maggiore capacità di accettare e amare i fratelli, la forza per affrontare e superare le prove e le difficoltà della vita, la giusta direzione per non lasciarsi sviare dalle molteplici forme di secolarismo del mondo circostante. Cercate, perciò, che nelle vostre famiglie le festività natalizie non vengano svuotate dal cosiddetto consumismo, ma accrescano l'unione tra tutti i membri e il comune impegno per una sempre più autentica vita cristiana.


3. Il 20 novembre dello scorso anno ho indirizzato all'Eminentissimo Cardinale Segretario di Stato una Lettera sul significato del lavoro prestato alla Sede Apostolica. In essa mi sono rivolto alla "particolare comunità" costituita da coloro che si prodigano al servizio della Chiesa universale, facendo notare che ad essi "sono assegnati incarichi e doveri, ciascuno dei quali ha una propria finalità e dignità in considerazione sia del contenuto oggettivo e del lavoro svolto, sia della persona che lo compie". In questa comunità, voi avete un ruolo ben preciso. Il vostro lavoro, collegato specialmente con le udienze e con i viaggi, vi mette a contatto con numerose persone, vi espone al giudizio del mondo esterno al Vaticano, anche per la targa da cui sono contrassegnate le macchine che portate. Questo richiede da voi una sentita partecipazione alla "sollecitudine per tutte le Chiese" propria della Cattedra di Pietro e comporta una maggiore responsabilità ecclesiale da vivere in spirito di autentica fede. Vi rinnovo perciò l'invito ad approfondire la coscienza personale del vostro impegno in quanto cristiani e come dipendenti della Santa Sede. Vi rivolgo questo invito alla presenza delle vostre famiglie, perché anch'esse devono essere consapevoli di tutto questo e cooperare con voi perché si possa realizzare. E nel dirvi la mia grande gioia di vedervi qui con le vostre famiglie, vi esorto a fare del vostro focolare "una comunità credente ed evangelizzante, una comunità in dialogo con Dio, una comunità al servizio dell'uomo (FC 50). A conferma di questi voti, vi assicuro il mio ricordo nella preghiera e imparto di cuore l'apostolica benedizione.

Data: 1983-12-23 Data estesa: Venerdi 23 Dicembre 1983




Messa di mezzanotte - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella notte dell'intera umanità la luce della Redenzione

Testo:

Ecco, annunzio la Mezzanotte! Questa Mezzanotte si sposta da Oriente a Occidente.

Segue ogni meridiano. In Oriente già ci ha preceduti, in Occidente sta per venire... Ecco, annunzio la Mezzanotte; in ogni luogo e in ogni momento in cui essa percorre il globo terrestre, annunzio la Mezzanotte! Io, custode del Grande Mistero. Io, Vescovo di Roma: annunzio dappertutto la Mezzanotte di Natale. "Cantate al Signore un canto nuovo, / cantate al Signore da tutta la terra" (Ps 95[96],1).


2. Canta, o terra! Canta perché sei stata prescelta, prescelta tra tutto l'universo. E tutto l'universo è stato prescelto insieme con te. Canta, o terra! "Gioiscano i cieli, esulti la terra, / frema il mare e quanto racchiude; / esultino i campi e quanto contengono, / si rallegrino gli alberi della foresta" (Ps 95[96],11-12).

Canta, o terra, perché sei stata prescelta per essere il luogo della nascita di Dio in un corpo umano. Si riunisca tutta la terra attorno a quell'unica Mezzanotte! Parli la potenza di tutto il creato! Parli con l'esistenza di tutti i mondi creati! Parli con la lingua dell'uomo!


3. Ecco, parla l'uomo. Il suo nome è Luca, evangelista. Dice: "...si compirono per lei (Maria) i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo (Lc 2,6-7).

In questo modo è venuto al mondo il figlio di Dio. Maria era la sposa di Giuseppe, della famiglia di Davide; di Giuseppe che era carpentiere a Nazaret. Il Bambino è venuto al mondo a Betlemme perché li ambedue, Maria e Giuseppe, si erano recati a motivo del censimento che Cesare Augusto aveva ordinato.


4. Questo ha detto l'uomo. Contemporaneamente all'uomo parla l'Angelo del Signore.

Parla ai Pastori quando, nel mezzo della notte profonda di Betlemme, "la gloria del Signore li avvolse di luce". E i pastori "furono presi da grande spavento" (Lc 2,9). Dice loro: "Non temete! Ecco, vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo sarà per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,10-12).

L'uomo e l'Angelo parlano dello stesso fatto e indicano lo stesso luogo.

L'Angelo parla di ciò che l'uomo non osa dire: a Betlemme è venuto al mondo il Messia, cioè l'Unto, colui che viene a visitare l'umanità nella potenza dello Spirito Santo. A Betlemme è nato sulla terra il Salvatore del mondo. Lui... giudicherà la terra. Lui... giudicherà il mondo secondo giustizia. Si, egli darà "se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga..." (Tt 2,14). Egli darà se stesso per noi: ecco il suo Giudizio!


5. "Custos, quid de nocte?" (cfr. Is 21,11). Ecco, annunzio la Mezzanotte... Dal profondo della notte di Betlemme, che è la notte dell'intera umanità vivente sulla terra... "E' apparsa infatti la grazia di Dio, / apportatrice di salvezza per tutti gli uomini" (Tt 2,11).

Che cos'è la grazia? La grazia e il divino compiacimento. Essa si concentra completamente in questo Bambino che giace nel presepe. Questo Bambino è il Figlio Eterno, Figlio del divino compiacimento, Figlio dell'eterno Amore.

Questo Bambino è Figlio di Maria. E Figlio dell'uomo, e vero uomo.

L'eterno compiacimento del Padre si concentra sull'uomo: ecco è la Grazia! "Pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14). Questo divino compiacimento nei confronti dell'uomo è stato portato in terra dal Figlio di Maria nella notte di Betlemme. "E apparsa la grazia di Dio" (Tt 2,11). Da Betlemme inizia la sua irradiazione sull'uomo di tutti i tempi.

Che cosa è la Grazia? E' l'inizio della gloria, di quella gloria che Dio ha nel più alto dei cieli. E a questa gloria è stato chiamato l'uomo in Gesù Cristo. E ciò è successo proprio nella notte di Betlemme.


6. Quindi: esulti la terra! Terra, che sei abitazione dell'uomo! Accogli in te ancora una volta lo splendore della notte della nascita divina! Riunisciti presso questo splendore! Proclama a tutto il creato la gioia della Redenzione! Annunzia al mondo intero la speranza della Redenzione del mondo.

"Esultino i campi e quanto contengono, / si rallegrino gli alberi della foresta / davanti al Signore" (Ps 95[96],12-13). Ecco, viene. Ecco, è già tra noi: Emmanuele! Tutta la potenza della Redenzione del mondo è in lui. Alleluja!

Data: 1983-12-24 Data estesa: Sabato 24 Dicembre 1983




Messaggio natalizio al mondo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rompere il muro dell'egoismo e dell'odio per raggiungere la pace

Testo:


1. Ti ringraziamo, o Padre nostro, per il Verbo che si fece carne e, nella notte di Betlemme, venne ad abitare in mezzo a noi (cfr. Jn 1,14).

Ti ringraziamo per il Verbo, cui comunichi eternamente la realtà santissima della tua stessa divinità.

Ti ringraziamo per il Verbo, in cui hai dall'eternità deciso di creare il mondo, affinché esso rendesse testimonianza a te.

Ti ringraziamo, perché nel tuo Verbo hai amato l'uomo "prima della creazione del mondo" (Ep 1,4).

Ti ringraziamo, perché in lui, tuo Figlio prediletto, hai deciso di rinnovare tutto il creato; hai deciso di redimere l'uomo.

Ti ringraziamo, eterno Padre, per la notte di Betlemme della nascita di Dio, allorché il Verbo si fece carne e la potenza della Redenzione venne ad abitare in mezzo a noi.


2. "Ti ringraziamo, o Padre nostro, / per la santa vite di Davide, / tuo servo, che a noi rivelasti per mezzo di Gesù, tuo Figlio" (Didaché IX, 2), nato dalla Vergine e deposto in una mangiatoia.

In questa "vite di Davide", nell'eredità di Abramo hai promesso la tua salvezza e la tua eterna alleanza a tutti gli uomini, a tutti i popoli della terra.

Ti ringraziamo per l'eredità della tua grazia, che non hai sottratto al cuore dell'uomo, ma hai rinnovato mediante la nascita terrena del tuo Figlio, affinché noi, per opera della sua croce e della sua risurrezione, riacquistiamo, di generazione in generazione, la dignità di figli di Dio, perduta a causa del peccato, la dignità di fratelli adottivi del tuo eterno Figlio.

Ti rendiamo grazie, o Padre santo, per il tuo santo nome (Didaché X, 2), al quale hai dato di rifiorire nei nostri cuori mediante la Redenzione del mondo.


3. Ti ringraziamo, eterno Padre, per la maternità di Maria Vergine, che sotto la protezione di Giuseppe, il carpentiere di Nazaret, ha messo al mondo il tuo Figlio in una totale povertà. "Venne fra la sua gente, / ma i suoi non l'hanno accolto" (Jn 1,11).

E tuttavia egli ha accolto tutti noi già fin dalla sua stessa nascita, e ha abbracciato ciascuno di noi con l'amore eterno del Padre, con l'amore che salva l'uomo, che rialza dal peccato la coscienza umana: in lui abbiamo la riconciliazione e la remissione dei peccati.

Ti ringraziamo, Padre celeste, per il Bambino deposto in una mangiatoia: in lui "si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini" (Tt 3,4).

Ti ringraziamo, eterno Padre, per quest'amore, che discende come un debole Infante nella storia di ciascun uomo.

Ti ringraziamo, perché, "da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché diventiamo ricchi per mezzo della sua povertà" (cfr. 2Co 8,9).

Ti ringraziamo per la mirabile economia della Redenzione, dell'uomo e del mondo, che si rivela per la prima volta nella notte della nascita a Betlemme.


4. Padre nostro! "Tu, Signore onnipotente, hai creato ogni cosa per il tuo nome, / hai dato agli uomini il cibo / e la bevanda come nutrimento" (Didaché X, 3).

Guarda con gli occhi del neonato Bambino gli uomini che muoiono di fame, mentre somme ingenti sono impegnate per gli armamenti; guarda l'indicibile dolore dei genitori, che assistono all'agonia dei figli imploranti quel pane che non hanno e che non potrebbe essere procurato anche solo con una piccola parte delle spese profuse in mezzi sofisticati di distruzione, dai quali sono rese sempre più minacciose le nubi, che si addensano sull'orizzonte dell'umanità.

Ascolta, o Padre, il grido di pace che sale dalle popolazioni martoriate dalla guerra, e parla al cuore di quanti possono contribuire, mediante la trattativa e il dialogo, a soluzioni eque e onorevoli delle tensioni in atto.

Guarda il cammino ansioso e tribolato di tante persone che faticano per procurarsi i mezzi di sopravvivenza, per progredire e per elevarsi.

Guarda le angosce e le sofferenze, che straziano gli animi di quanti sono costretti a forzata lontananza dalle proprie famiglie o vivono in una famiglia disgregata dall'egoismo e dall'infedeltà; di quanti sono senza lavoro, senza casa, senza patria, senza amore, senza speranza.

Guarda i popoli che sono senza gioia e senza sicurezza, perché vedono conculcati i propri fondamentali diritti; guarda il nostro mondo odierno, con le sue speranze e le sue delusioni, con i suoi slanci e le sue viltà, con i suoi nobili ideali e i suoi umilianti compromessi.

Spingi le persone e i popoli a rompere il muro dell'egoismo, della prepotenza e dell'odio, per aprirsi al rispetto fraterno verso ogni uomo, vicino e lontano, perché è uomo, perché è fratello in Cristo. Induci ciascuno a porgere l'aiuto necessario e chi è nel bisogno, a donarsi per il bene di tutti, a rinnovare il proprio cuore nella grazia di Cristo Redentore.

Assisti la tua Chiesa nel suo prodigarsi per i poveri, per gli emarginati, per i sofferenti.

Custodisci e rafforza in tutti i cuori l'anelito alla fede in te e alla bontà verso i fratelli; la ricerca della tua presenza e del tuo amore, la fiducia nella tua potenza redentrice e salvifica, la confidenza nel tuo perdono e l'abbandono alla tua Provvidenza.


5. Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, nato nella notte di Betlemme dalla Vergine Maria! Gesù Cristo, nostro fratello e nostro Redentore! Abbraccia col primo sguardo dei tuoi occhi tutti i problemi assillanti del mondo d'oggi! Accogli nella tua comunione, mediante la tua nascita terrena, tutti i popoli e le nazioni della terra. Accogli noi tutti, uomini e donne, tuoi fratelli e sorelle bisognosi del tuo amore e della tua misericordia.

A quanti sono presenti o sono uniti mediante la radio e la televisione in questo Natale del Giubileo della Redenzione, rivolgo i miei più cordiali auguri, esprimendoli in alcune delle lingue principali... [seguono espressioni augurali nelle varie lingue].

Data: 1983-12-25 Data estesa: Domenica 25 Dicembre 1983




Visita al carcere di Rebibbia - Roma

Titolo: Rinascere a un senso più vivo della propria dignità di persona

Testo:


1. L'incontro con voi in questo periodo natalizio, carissimi fratelli e sorelle, qui presenti o con noi collegati, mi commuove profondamente. Immagino quel che si agita nei vostri animi: sono giorni, questi, nei quali il ricordo dei propri cari si fa più vivo e il desiderio di potersi ritrovare nell'intimità della propria casa invade il cuore con nostalgia struggente.

Lo immagino, ed è proprio pensando a questo che ho deciso di venire da voi, fra queste mura che voi non potete non sentire così estranee e fredde, per portarvi il calore di una parola amica e insieme il conforto di un invito alla speranza.

Desidererei poter parlare con ciascuno di voi, a lungo. Soprattutto desidererei poter ascoltare quel che ciascuno forse vorrebbe raccontarmi circa la propria vicenda personale e la situazione della propria famiglia, circa le delusioni accumulate nel passato e le aspettative con cui, nonostante tutto, egli continua a proiettarsi verso l'avvenire. Sono certo che un simile colloquio mi consentirebbe di misurare quale profondità di sentimenti e quale ricchezza di umanità ciascuno nasconde dentro di sé.

Purtroppo questo incontro a tu per tu non è possibile. Parlo quindi a tutti, ma vorrei che ciascuno mi ascoltasse come se le mie parole fossero rivolte a lui solo. In effetti, se per gli occhi questa Chiesa risulta gremita di persone, per il mio cuore essa non è che un crocevia nel quale gli è dato di incontrare un altro cuore e condividere con lui un momento di fraternità in un dialogo di speranza e d'amore.


2. La mia prima parola, come succede appunto quando ci si incontra, vuol essere un saluto, che rivolgo con affetto a ciascuno di voi, ringraziando vivamente per questa vostra accoglienza, nella cui spontaneità ravviso una chiara prova di fiduciosa disponibilità verso ciò che la mia presenza tra voi può significare.

Sono sentimenti che ricambio con intima commozione, una commozione che le parole, con cui uno di voi ha interpretato il comune pensiero, rendono anche più intensa.

Ho ascoltato e ho apprezzato: erano parole nobili, parole sincere, parole che hanno suscitato nel mio cuore un'eco profonda, che non si spegnerà.

Cerco di immaginare - e non mi è difficile - i desideri che ciascuno di voi si porta dietro e che, se potesse parlarmi, mi manifesterebbe. Molte delle cose a cui il vostro cuore aspira, non è purtroppo in mia facoltà concedervi, come voi ben comprendete. E tuttavia sento di avere qualcosa da darvi che può essere per voi di grande importanza. Quel che posso darvi, come uomo e come cristiano, è innanzitutto la mia stima per le vostre persone. Come sacerdote e come Vescovo, posso offrirvi un aiuto a comprendere il senso di questo momento della vostra vita, momento sofferto e tuttavia momento che può rivelarsi a modo suo utile per preparare un domani migliore.

L'altro ieri era Natale: abbiamo celebrato la nascita nel tempo dell'eterno Figlio di Dio. Abbiamo rivissuto quell'evento mirabile nel racconto semplice, ma così suggestivo, dell'evangelista Luca, racconto che ci è stato riproposto poc'anzi.

Avete notato le singolari coincidenze? Il Natale, Gesù lo ha vissuto lontano dalla sua casa, nel contesto squallido e anonimo di una grotta, in una situazione di pratica emarginazione. Ricordate la scarna ma eloquente annotazione dell'Evangelista: "Non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 2,7)? Se poi alla scena aggiungete quel che succederà ben presto, cioè la fuga precipitosa in Egitto e la prolungata permanenza in terra d'esilio (cfr. Mt 2,13ss), il quadro è completo.

Non vi pare che vi siano elementi più che sufficienti per poter guardare al presepe con la fiducia che quel Bimbo adagiato nella mangiatoia è perfettamente in grado di capire il vostro stato d'animo? Si, egli vi capisce e vi invita a non perdervi d'animo, ma a fare delle stesse circostanze difficili, nelle quali vi trovate, l'occasione di quella riuscita interiore, da cui dipende il vostro futuro. Non è forse questo il messaggio più vero del Natale? Da Cristo che nasce, ogni essere umano è invitato a rinascere a un senso più vivo della propria dignità e dei doveri che da tale dignità derivano. Nel neonato Salvatore, per altro, egli può trovare la luce e il sostegno necessari per individuare la strada di tale rinascita e per riuscire poi, giorno dopo giorno, a percorrerla.


3. Diritti e dignità della persona Gesù è nato, infatti, per essere il nostro Redentore. Come ben conoscete, la Chiesa celebra quest'anno il Giubileo straordinario della Redenzione, nel ricordo del 1950° anniversario di quell'evento decisivo per la storia umana, che è stata la passione e risurrezione di Cristo. Ebbene, sapete come il profeta Isaia annunciava, secoli prima, la venuta e l'opera del futuro Messia? Sono parole particolarmente significative, perché Gesù in persona le applico a se stesso all'inizio della sua vita pubblica. Eccole: "Lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l'anno di misericordia del Signore" (Is 61,1-2 cfr. Lc 4,18-19).

Dunque, il "lieto annunzio", che Gesù ha portato agli uomini, comprende anche la "scarcerazione dei prigionieri". Quale eco singolare suscitano nell'animo queste parole, a sentirle risuonare qui fra voi! Qual è il loro senso? Si debbono forse riferire alla struttura carceraria nella sua accezione più immediata, quasi che Cristo sia venuto per eliminare le prigioni e ogni altra forma di istituzione detentiva? In un certo senso è anche così, perché - in prospettiva finale - la Redenzione mira al superamento di tutte le conseguenze della miseria umana e del peccato. In quel "nuovo cielo" e in quella "nuova terra", che la seconda venuta di Cristo inaugurerà alla fine dei tempi, non ci saranno più carceri, come "non ci sarà più la morte, né il lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate" (Ap 21,1 Ap 21,4).

Ma anche ora, su questa terra e sotto questo cielo, le parole del Signore hanno avuto e hanno una loro efficacia nei confronti dell'istituzione carceraria, così come gli uomini l'hanno concepita e attuata. Chi potrebbe ignorare infatti l'influsso benefico che, nel corso dei secoli, il messaggio evangelico ha svolto nel promuovere un maggior rispetto per la dignità umana del carcerato, i cui diritti ad un trattamento equo, aperto alla possibilità di reinserimento nella società, erano spesso così ingiustamente conculcati.

Molto cammino s'è fatto in questo campo, ma altro certamente ne resta da fare. La Chiesa, come interprete del messaggio di Cristo, apprezza e incoraggia gli sforzi di quanti si prodigano per far evolvere il sistema carcerario verso una situazione di sempre pieno rispetto dei diritti e della dignità della persona.


4. Liberare l'uomo dal carcere morale "Mi ha mandato... a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri". Se la missione di Cristo tocca anche le strutture esterne delle istituzioni umane, essa si rivolge pero, in primo luogo, all'interiorità dell'uomo, là dove hanno le radici gli egoismi, gli odi, le storture morali, che condizionano poi pesantemente gli stessi rapporti esterni delle persone e le istituzioni giuridiche e sociali, a cui esse danno vita per la convivenza con i loro simili.

Cristo è venuto innanzitutto per "liberare" l'uomo dal carcere morale, nel quale lo hanno rinchiuso le sue passioni. "Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato", egli afferma nel Vangelo (Jn 8,34); ed è proprio da questa schiavitù che egli intende liberare l'uomo con la Redenzione. Quella del peccato è una schiavitù a cui ogni uomo è soggetto fin dalla nascita per la comune discendenza da Adamo, ed è una schiavitù che purtroppo ciascuno aggrava con le colpe personali, alle quali per fragilità o volutamente nel corso della vita si espone. Vale quindi per ogni persona l'imperativo, risuonato nella prima Lettura, a convertirsi "dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani" (Jn 3,8). Non v'è uomo che non abbia bisogno di essere liberato da Cristo, perché non v'è uomo che non sia, in forma più o meno grave, prigioniero di se stesso e delle sue passioni.

Vera liberazione si ha, quindi, nella conversione e nella purificazione del cuore, cioè in quel radicale mutamento di spirito, di mente e di vita, che solo la grazia di Cristo può operare. Il Giubileo straordinario, che stiamo celebrando, mira soprattutto a tale risultato: stimolare i cuori alla conversione.

Quella, infatti, è la "scarcerazione" per la quale, in primo luogo, Cristo è venuto sulla terra, ha predicato il Vangelo, ha patito la morte ed è, alla fine, risorto. Tale "scarcerazione" sta alla radice di tutte le altre. Se la grazia della Redenzione scioglie l'uomo dai vincoli delle sue colpe, allora egli - qualunque sia la sua condizione esterna - comincia a godere di quella libertà interiore che è la sorgente di ogni altra libertà.


5. Un messaggio straordinario Carissimi, ecco l'annuncio che io, come ministro di Cristo, ho la gioia di recare a voi in questo giorno sul quale il Natale, da poco celebrato, diffonde ancora tanta luce di dolcezza e di pace. In questo giorno la Chiesa ricorda l'apostolo san Giovanni, il discepolo prediletto, al quale dobbiamo, fra tante meravigliose verità conservateci nei suoi scritti, anche quell'affermazione folgorante: "Dio è amore" (1Jn 4,16).

Mi è caro raccogliere questo suo straordinario messaggio, per lasciarvelo come sintesi mirabile di quanto ho inteso dirvi in questo incontro: "Dio è amore". Ciascuno, dunque, può rivolgersi a lui nella fiduciosa certezza di essere da lui amato. Quale che sia la vicenda personale che ciascuno si ritrova alle spalle, quali che siano le esperienze deludenti che la vita gli può avere riservato, di una cosa non dovrà mai dubitare: in cielo c'è un Padre buono che sa di lui (cfr. Mt 6,32) e che lo ama.

Sentitevi amati dal Signore! Di questo amore vuol essere segno la venuta del Papa tra voi. Di questo amore è pure testimonianza l'assidua presenza nel carcere del ministro di Dio, del cappellano, il quale partecipa ai vostri problemi, condivide le vostre preoccupazioni, vi sostiene con la sua solidarietà.

Apritegli il cuore e assecondate il suo ministero spirituale. Egli vi parla in nome di quel Cristo che, ponendosi al fianco vostro come di ogni persona che soffre, ha voluto identificarsi con voi. Ricordate? "Ero carcerato e siete venuti a visitarmi", egli ha detto? (cfr. Mt 25,36 Mt 25,40).

Cristo ha amato l'uomo, pagando per questo un altissimo prezzo: ha dato la sua vita per lui (cfr. Ga 2,20). Credete all'amore di Cristo e impegnatevi a corrispondervi. La vera novità nella storia di ciascuno di noi, come in quella del mondo, può scaturire solo di qui, da un amore accolto e offerto in umile atteggiamento di gratitudine verso un Dio che "per noi uomini e per la nostra salvezza" ha preso carne nel seno purissimo del presepe, in una notte di tanti anni fa, a Betlemme.

Nella luce che promana dalla mangiatoia e alle soglie ormai del nuovo anno, io rivolgo un augurio cordiale a tutti voi, come pure al signor ministro di Grazia e giustizia qui presente, alle autorità carcerarie, ai cappellani, alle guardie e al personale, mentre col pensiero mi porto nelle altre carceri di Roma e d'Italia, anzi in tutte le carceri del mondo, per tendere le mani verso le persone ivi detenute e a tutte augurare, con affetto profondo e partecipe, un anno migliore di quello che sta per concludersi. Sarà un anno migliore, se nel nostro cuore riusciremo a fare più spazio a Dio che "è amore".

A tutti giunga la mia benedizione.

[Dopo l'omelia il Santo Padre ha aggiunto:] Voglio ringraziarvi per la vostra partecipazione raccolta e sentita alla liturgia. Vi ringrazio anche per i doni che mi avete offerto e anche per le lettere che mi sono state consegnate. Voglio leggerle e lo faro, perché sono indirizzate a me. Adesso voglio avvicinarmi a voi e salutarvi personalmente e attraverso voi salutero anche tutti gli altri che non sono in questa cappella. Sono venuto qui per parlare con tutti. Il mio messaggio è per tutti. Ci troviamo vicini al primo gennaio, alla Giornata mondiale della pace.

In quella occasione il Papa pubblica un messaggio rivolto a tutto il mondo e io voglio lasciarvi in dono anche questo messaggio, perché certamente il problema della pace ci preoccupa tutti e ci unisce tutti. Vi lascio anche la corona del Rosario.

Ho potuto avvicinare personalmente ciascuno di voi. Forse mi avete detto cose già preparate, quasi tenendo presente uno schema. Qualcun altro ha voluto fare una piccola confessione. Io vi ho detto quello che avevo nel cuore. Vi assicuro di essere pronto a fare per voi ogni cosa, a essere sempre vicino a voi.

Faro per voi quanto è possibile.

La presenza di Maria, Madre di Cristo, è vicina, perché voi non siete più bambini, anche se tutti noi nella nostra vita rimaniamo bambini e dobbiamo essere spiritualmente dei bambini. A questa Madre io affido ciascuno di voi.

Perché lei è la fonte della nostra consolazione e quindi della nostra speranza.

Perché la Madre di Cristo e Madre nostra può darvi come dono l'amore di Dio.

Voglio affidarvi a questa Madre e voglio che questa Madre sia in mezzo a voi come una dolce, dolcissima presenza. Vi assicuro che questa data del 27 dicembre 1983 rimarrà nella mia anima e nel mio cuore come una grande esperienza umana e cristiana. Sia lodato Gesù Cristo.

[Dopo l'incontro con il suo attentatore:] Oggi ho potuto incontrare il mio attentatore e ripetergli il mio perdono, come già feci subito, non appena mi fu possibile. Ci siamo incontrati da uomini e da fratelli e tutte le vicende della nostra vita portano a questa fratellanza.

[Nella casa di reclusione e di osservazione maschile:] Volevo farvi una visita per completare quella che ho fatto nell'altra casa, dove si è anche celebrata la liturgia della Parola che voi avete potuto ascoltare: con le parole della Sacra Scrittura e anche con la mia omelia e con quello che ho presentato in quell'omelia ai vostri spiriti, alla vostra riflessione per il bene delle vostre anime, per una speranza per le vostre vite. Ma non volevo abbandonare le altre case: la vostra e quella femminile. Ripeto tutto quello che ho già detto e vi ringrazio per le parole rivoltemi, vi ringrazio per i doni che mi sono stati offerti. Ammiro questi doni artistici. Ringrazio specialmente per l'ultima parola detta dal vostro compagno. Ha parlato della speranza nell'avvenire. Ecco, questo auguro a tutti voi: un avvenire migliore, e di non perdere questa speranza in un avvenire migliore per ognuno di voi, per le vostre famiglie. La cosa che posso lasciarvi è quella sostanziale: l'assicurazione che Cristo è fra voi; anzi, egli si è identificato con i prigionieri, i carcerati, perché ha detto a tutti coloro che lo ascoltavano in tutte le epoche: se avete visitato un prigioniero avete visitato me. così egli si è identificato con ciascuno di voi. Questo ci dà molto da pensare, molto da pensare a ciascuno di noi, per me oggi e ogni giorno. Ma questo dà anche molto da pensare a ciascuno di voi.

Vi lascio questo pensiero. Che sia per voi una luce, una luce forte, luce di speranza. così come adesso celebriamo il Natale e ci avviciniamo al nuovo anno, questa luce natalizia, questa stella conduce gli uomini come conduceva i magi; direi: conduce gli uomini sulle loro strade, forse lunghe, molto lunghe, ma strade che finalmente conducono a un punto sicuro. Questo punto sicuro di ogni realtà umana è Dio, e la verità che Dio è amore. Questo è rivelato in Cristo: Dio è amore.

[Nella casa circondariale femminile:] Voglio completare la mia visita che ho iniziato con una celebrazione della Parola di Dio e con un'omelia, che anche voi avete potuto ascoltare. Vorrei completare questa visita con una visita specifica alla vostra casa. Devo dirvi che qui mi sento molto commosso, profondamente commosso, vedendo voi e avendo per voi donne una speciale stima, una stima che proviene dalla mia devozione alla Madre di Cristo, speciale in questo periodo natalizio. Avendo questa stima per ogni donna, rimango profondamente commosso dal nostro incontro, da questa visita. Voglio offrirvi l'espressione di questa stima nel periodo natalizio quando tutti ci incontriamo intorno al presepe, intorno alla Vergine Madre, intorno a Gesù Bambino. Anche qui ho incontrato alcune madri e alcuni bambini: anche questa è un'altra sorgente della mia commozione.

Vorrei augurarvi tutto quello che ho augurato nella prima allocuzione, nell'omelia tenuta nella prima casa, ma con un indirizzo specifico che tocca la vostra situazione femminile, la vostra psicologia femminile, la vostra vocazione umana e cristiana, se ci sono, e penso che siano la maggioranza, delle cristiane tra voi.

Vi auguro questa scarcerazione di cui parla la Sacra Scrittura di oggi. Questa "scarcerazione interna". Naturalmente anche quella esterna, pubblica, una reintegrazione nella vita delle vostre famiglie, dei vostri ambienti, del vostro popolo italiano e non italiano (perché so che ci sono tra voi anche persone di altra nazionalità).

Tutto quello che dico è poco di fronte alla realtà che vivo interiormente in questo incontro. Poiché questo è l'ultimo incontro, voglio aggiungere ancora una parola sull'insieme della visita. Rimarrà un giorno storico nella mia vita, come uomo, come cristiano, come Vescovo e come Vescovo di Roma. La visita in carcere, l'esperienza umana e cristiana, pastorale che questa visita mi ha portato. Esperienza ancora più profondamente vissuta nel contesto del periodo natalizio, ancora più profondamente vissuta nel contesto dell'Anno Santo della Redenzione.

In questa circostanza, ho potuto incontrare anche la persona, che voi tutti conoscete, di nome Ali Agca, che nell'anno 1981, il 13 maggio, ha attentato alla mia vita, ma la Provvidenza ha condotto le cose in una sua maniera, direi, eccezionale, direi anche, meravigliosa. Oggi, dopo più di due anni, ho potuto incontrare il mio attentatore e ho potuto anche ripetergli il mio perdono che ho concesso subito dopo l'attentato e poi ho anche dichiarato pubblicamente, quando era possibile per me, dall'ospedale. Penso che anche l'incontro di oggi, nel contesto, nella cornice dell'Anno della Redenzione, è provvidenziale. Non è stato pianificato, programmato; è venuto e il Signore mi ha dato, come penso abbia fatto anche a lui, la grazia di poterci incontrare da uomini e da fratelli, perché tutti siamo fratelli e tutte le vicende della nostra vita devono confermare quella fratellanza che proviene dal fatto che Dio è nostro Padre e che noi tutti siamo suoi figli in Gesù Cristo. così siamo tutti fratelli. Vi ringrazio per la vostra accoglienza, mi raccomando anche alle vostre preghiere e vi auguro di ritenere la vostra dignità personale, umana, femminile, intatta e di poter essere reintegrate nella vita della vostra famiglia e della vostra società.

Data: 1983-12-27 Data estesa: Martedi 27 Dicembre 1983





GPII 1984 Insegnamenti - Al personale dell'autoparco vaticano - Città del Vaticano (Roma)