GPII 1984 Insegnamenti - Alla Pontificia Accademia - Città del Vaticano (Roma)

Alla Pontificia Accademia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il discernimento dote peculiare del rappresentante pontificio

Testo:

Monsignor Presidente, cari sacerdoti della Pontificia Accademia ecclesiastica.


1. Sono lieto di questo incontro con voi, che, a breve distanza dalla visita che ebbi la gioia di compiere l'anno scorso all'Accademia ecclesiastica, mi offre l'opportunità di rivedervi e di approfondire un dialogo che si colloca in una dimensione di fede e di grazia soprannaturale ed ecclesiale.

Ringrazio innanzitutto monsignor Cesare Zacchi per le cortesi espressioni che, interpretando il vostro animo, mi ha rivolto. A lui, al direttore spirituale e a quanti si prodigano per la vostra formazione esprimo il mio riconoscente apprezzamento. Un saluto e un augurio particolare rivolgo poi ai cinque alunni che, terminati i corsi accademici, si apprestano a iniziare il loro servizio alla Santa Sede.


2. Nel riprendere il dialogo con voi, cari alunni, vorrei proporvi alcune considerazioni su una dote e un dono peculiare, a cui deve tendere la vostra formazione e che deve caratterizzare la vostra personalità e ispirare la vostra missione: il discernimento. San Paolo, nella lettera ai Romani, così ci esorta: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi, rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12,2).

Voi vi state preparando a un ministero che esige particolare capacità di discernimento. Tale servizio, nel suo aspetto esteriore, si presenta con una struttura che ha alcuni punti di somiglianza con analoghe funzioni svolte dalla società civile e politica. Le motivazioni di fondo, tuttavia, e i criteri ispiratori del servizio dei rappresentanti della Santa Sede sono diversi e del tutto originali. Infatti ogni ministero, nella Chiesa, ha come modello Gesù Cristo, come norma suprema il Vangelo, come fonte ultima di ispirazione lo Spirito Santo e come fine il Regno di Dio. Queste realtà spirituali stanno a fondamento della vostra vita e della missione che vi sarà affidata. Occorre saperle percepire e vivere. Il discernimento è appunto questa capacità di saper giudicare e interpretare la vita, le attività e le situazioni della Chiesa e del mondo alla luce di Cristo e del Vangelo.


3. E' importante considerare con attenzione le condizioni poste da san Paolo perché si sviluppi il discernimento. Anzitutto, ci dice l'Apostolo, non ci si deve conformare alla mentalità del secolo. Non può essere il "mondo" ad offrirvi validi criteri di valutazione e di scelta. Il mondo, in quanto si contrappone allo spirito di Cristo, mette al primo posto la ricerca del prestigio, la carriera, la ricchezza, gli interessi, l'apparire più che l'essere. Da questa mentalità voi dovete ben guardarvi, se volete essere idonei a compiere un autentico e fruttuoso ministero ecclesiale.

D'altra parte, questo "distacco" dal "mondo", congiunto a una ricchezza interiore di fede, vi permetterà di capire meglio la realtà del mondo, le sue aspirazioni, le sue attese e le sue sfide, per potervi rispondere con la grazia e la luce di Cristo.


4. L'altra condizione, posta da san Paolo per avere il discernimento è la trasformazione interiore, il rinnovamento della mente. Questo rinnovamento è la vita nuova, la grazia e la verità, che sono opera di Cristo (cfr. Jn 1,17). A questo deve tendere tutta la formazione umana, spirituale e culturale che ricevete all'Accademia ecclesiastica. L'autentica educazione tende, infatti, a ricondurre tutti gli elementi e gli aspetti dell'esistenza, tutte le acquisizioni culturali a una sintesi vitale in Cristo, a "ricapitolare in Cristo tutte le cose" (Ep 1,10).


5. La Chiesa e la Sede Apostolica attendono da voi che possediate in abbondanza tale discernimento spirituale, perché quanto più ricco esso sarà, tanto più sarete servitori buoni e fedeli.

In virtù di questo discernimento voi avrete la capacità e il dono inestimabile di vedere e assumere il piano dell'uomo, della società e della storia, con le loro varie componenti socio-politiche e culturali, nella sfera di Cristo Rivelatore del Padre e Redentore dell'uomo, centro del cosmo e della storia. E questo discernimento che vi permetterà di cogliere il "kairos" della Chiesa, in un determinato contesto sociale e storico, nell'ottica del Regno di Dio e nel dinamismo trascendente della storia della salvezza. E' ancora il discernimento che vi metterà in grado di interpretare e di proporre quello che "lo Spirito dice alle Chiese", perché le Chiese sappiano vivere il Vangelo e rispondere alle attese e alle sfide del mondo d'oggi.


6. Il discernimento sarà ricco in voi, se lo riceverete come grazia dello Spirito Santo, quasi sintesi dei doni della scienza, dell'intelletto e della sapienza, che fioriscono in una vita spirituale fervente e intensa.

Affinché lo Spirito Santo vi conceda in abbondanza questo dono, invoco per voi l'intercessione di Maria, Sede della Sapienza e Madre del Buon Consiglio, e di cuore vi imparto la mia benedizione.

Data: 1984-01-30 Data estesa: Lunedi 30 Gennaio 1984




Alla Piccola Opera della Redenzione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La scuola deve educare alla giustizia e alla fratellanza sociale

Testo:


1. Sono assai lieto di incontrarmi quest'oggi con voi, cari alunni ed ex alunni della Piccola Opera della Redenzione, la quale a 40 anni dalla sua fondazione a Visciano, in diocesi di Nola, intende ricordare con questo pellegrinaggio alle memorie degli Apostoli e dei Martiri tale felice ricorrenza, che cade significativamente nell'Anno Santo della Redenzione.

A tutti do il mio cordiale benvenuto e tutti saluto nel nome del Signore; rivolgo un pensiero particolarmente affettuoso al Padre Arturo D'Onofrio fondatore e superiore generale della benemerita Piccola Opera, la quale ha visto sorgere nel suo seno due Congregazioni religiose: i Missionari della Divina Provvidenza e le Piccole Apostole della Redenzione. Anche a questi missionari e a queste apostole vada il mio saluto e il grato apprezzamento per la generosa attività che essi svolgono in Italia e nell'America Latina in favore dei ragazzi e dei giovani.

Alla luce del motto programmatico: "Amare e far amare Gesù, la Chiesa, il Papa, le Anime con Maria, per Maria e in Maria", la vostra Opera, in questi 40 anni di vita, ha promosso la formazione morale, religiosa, civile e professionale di circa 25.000 ragazzi orfani, abbandonati e poveri, qualificando schiere di tipografi, saldatori, tornitori, aggiustatori meccanici, fabbri, fresatori, elettricisti, bobinatori, elettromeccanici, tecnici della radio-televisione, falegnami, sarti, calzolai, marmisti, eccetera. Fa piacere anche sapere che la vostra Opera ha preparato per la Chiesa 45 sacerdoti, di cui 24 sono a servizio di varie diocesi e gli altri svolgono il loro specifico apostolato fra i giovani.

E' questo un bilancio confortante che lascia ben sperare per il futuro dei vostri istituti sorti per la gloria di Dio e per il servizio dell'uomo.

Auspico che questo binomio continui ad essere sempre la nota distintiva del vostro esistere e operare in seno alla Chiesa e alla società.


2. Al saluto, ora espresso, aggiungo una parola di compiacimento a quanti sono responsabili e impegnati nella direzione e animazione dei vostri istituti, e di lode a voi, alunni ed ex alunni, che oggi affollate quest'aula, testimoniando col vostro entusiasmo e con la vostra fede la vitalità e la bontà dei principi e dei metodi educativi, a cui si ispirano le vostre scuole.

Voi avvertite che la scuola vi ha dato qualcosa di più che una semplice istruzione; vi ha acceso nel cuore ideali chiari, forti e vitali; vi ha resi coscienti dei doveri che vanno oltre quelli personali e professionali, perché vi ha sensibilizzati nei confronti delle grandi cause della giustizia e della fratellanza sociale; vi ha dato la sicurezza della vostra vocazione cristiana e della "speranza che non delude" (Rm 5,5).


3. La ricorrenza dei 40 anni della vostra Opera, che prende nome e si ispira alla Redenzione, costituisce inoltre per voi un motivo speciale per celebrare il Giubileo della Redenzione in piena consonanza con la vostra specifica spiritualità. Cristo Redentore, che vi ha condotti come per mano in questi anni della vostra nascita e del vostro sviluppo, vi conceda di vivere in profondità le esigenze di questo anno di grazia e di misericordia, di penitenza e di riconciliazione. La croce che occupa nel vostro animo un posto eminente, sia il vessillo che illumina i vostri passi. Sappiate riconoscere in essa l'incontro della colpa con l'innocenza, della crudeltà con la bontà, della morte con la vita; lo strumento di liberazione dalla schiavitù del peccato e di esaltazione ai fulgori della grazia santificante. E' in essa che prende luce e si attua il mistero della penitenza e della riconciliazione.

A queste realtà sublimi l'Anno Santo vuol richiamare le menti e i cuori dei fedeli. Per rispondere adeguatamente a questo messaggio, occorre ristabilire mediante il sacramento della penitenza nuovi rapporti con Dio e far rinascere amichevoli e pacifiche relazioni con i fratelli. Occorre estirpare dall'animo le radici dell'odio, che inaridisce il cuore e dissecca le sorgenti dell'amore e del bene; è necessario tornare all'ideale evangelico di quella eroica carità che Cristo non ebbe timore di proporre ai suoi seguaci: "lo vi dico: amate i vostri nemici, fate del bene a chi vi odia, e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano" (Mt 5,44). Queste parole dimostrano come la riconciliazione sia una necessità costituzionale del Regno di Dio. Nessuno si può qualificare cristiano se non sa "vincere il male col bene" (Rm 12,21) e se non è in grado di diffondere la bontà, la generosità e la magnanimità.


4. Carissimi fratelli e sorelle, accogliete questi pensieri e queste esortazioni con lo stesso affetto col quale ve le ho comunicate, e portatele nel vostro cuore sempre. La Vergine santissima, che voi venerate sotto il titolo di Maria Consolatrice del Carpinello, vi assista e vi ottenga dal suo figlio Gesù, Redentore dell'uomo, di tradurre in pratica i vostri buoni propositi e le vostre sante aspirazioni per il futuro. Sia ella ancora e sempre in mezzo a voi, come nel Cenacolo, per infondervi luce e conforto.

Con questo augurio e con questa preghiera vi imparto la benedizione apostolica, che volentieri estendo a tutti i vostri familiari e a quanti vi sono cari.

Data: 1984-01-30 Data estesa: Lunedi 30 Gennaio 1984





Alla Consiglio della regione Lazio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Società cristiana e civile per la stessa causa: l'uomo

Testo:

Onorevoli presidenti, illustri membri del consiglio e della giunta regionale del Lazio, signori capi gruppo e funzionari.


1. Sono lieto d'incontrarmi con voi, per scambiarci reciprocamente gli auguri per l'anno in corso. Ringrazio cordialmente i due onorevoli presidenti del consiglio e della giunta della regione, per le gentili espressioni a me rivolte, e saluto di cuore tutti e ciascuno degli intervenuti a questa visita, a me tanto più gradita in quanto voluta da rappresentanti dell'ente regionale, tanto degno di considerazione per le sue potenzialità di sviluppo a vantaggio della promozione umana.

La vostra presenza qui, in questo Anno Giubilare, dedicato alla commemorazione del 1950° anniversario dell'evento della Redenzione, si riveste di particolare significato quando si consideri che la regione Lazio svolge la sua attività non soltanto a servizio della popolazione stabile, che ha sede abituale nella sua area di competenza, ma - per un complesso di fattori geografici, artistici e logistici - ha modo di estenderla anche a favore del flusso dei pellegrini provenienti da ogni continente.

Nonostante la peculiare caratteristica dell'Anno Giubilare in corso, celebrato contemporaneamente a Roma e in tutte le diocesi del mondo, il movimento dei pellegrini non si è allentato, anzi molti elementi invitano a pensare a un incremento superiore a ogni previsione della vigilia. E, come conferma l'esperienza quotidiana, esso non si limita alla città di Roma, che non manca mai di esercitare una straordinaria forza di richiamo, ma coinvolge in qualche misura anche la vasta fascia che la circonda, in una parola tutto il Lazio, per conto suo già ricco di centri di attrazione sotto il profilo della natura, dell'arte, della fede. La regione, che ha la fortuna di vantare per capoluogo una capitale come Roma, è chiamata così di per se stessa a svolgere la sua funzione a un livello che supera il ritmo della normale amministrazione.

So quanto gli amministratori regionali hanno contribuito a elargire anche per la mensa dei poveri recentemente affidata alla Caritas diocesana di Roma. Come pure sono al corrente che l'ente regione, con la sua possibilità legislativa, è sollecito e disponibile per le numerose necessità tanto di Roma quanto del Lazio.

Questo mi sta a cuore perché vi sono alcune necessità che si fanno sempre più urgenti, come, ad esempio, la situazione delle persone sole, disadattate e abbandonate, per le quali occorrerebbe provvedere a un dormitorio dove possano essere provvisoriamente accolte.

Mentre da parte mia vi ringrazio sentitamente dello sforzo di collaborazione, da voi con tanto impegno e tanta competenza prestata, dall'altra parte assicuro la collaborazione dei competenti organismi ecclesiastici nei settori comuni di lavoro a servizio della società.


2. Infatti, anche se impegnate su piani diversi, con motivazioni e strutture proprie, la società religiosa e la società civile lavorano entrambe fondamentalmente al trionfo della medesima causa, riconducibile al bene della persona umana, realtà, come afferma efficacemente il Concilio, "superiore a tutte le cose, e i cui diritti e doveri sono universali e inviolabili" (GS 26).

La Chiesa riconosce - come ha sempre fatto - la realtà della società civile, le sue articolazioni e i suoi diritti. Essa afferma che l'autore dell'unione sociale è Dio, avendo creato gli uomini non perché vivessero individualisticamente, ma come membri di una comunità. L'uomo non può rispondere alla sua vocazione, proiettata al di là del breve arco della sua permanenza terrena, non può crescere in tutte le sue doti, né raggiungere la pienezza della sua maturazione, se non attraverso i rapporti con gli altri, i nostri doveri, il colloquio con i fratelli. Se principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali è e deve essere la persona umana, normalmente questa non può fare a meno di quelle. Sicché perfezionamento della persona umana e sviluppo della società sono tra loro interdipendenti. Camminano insieme. L'uomo influisce sulla società; e la società influisce sull'uomo, in positivo e in negativo.

Nel nostro tempo, insieme con un complesso di lati negativi, innegabili in ogni tipo di società, coesistono segni, che bisogna incrementare, di una crescita dell'uomo. Si sono moltiplicati i rapporti e le interdipendenze; e si sono moltiplicate pure le associazioni e le istituzioni di diritto pubblico e privato (GS 25). Questo fenomeno, pur soggetto a pericoli d'involuzione o di degenerazione, come tutte le cose umane, se giustamente inteso e attuato, è di per sé strumento efficace di bene comune e di promozione umana. In tale cornice si colloca l'ordinamento regionale, che perciò, già in partenza, va visto come indice e fattore di sviluppo.


3. Non si parlerà mai abbastanza sul tema fondamentale e vitale del primato dell'uomo sulle cose, dal momento che tutti noi abbiamo continue occasioni, a ogni livello, di constatare precisamente il contrario. L'uomo, spesso, volontariamente o involontariamente, diventa, per ragioni molteplici, schiavo delle cose, strumento di ideologie e di sistemi; diviene una cosa lui stesso in mano di altri uomini. Primato della persona significa creazione di ordinamenti sociali fondati sul rispetto dell'essere umano in quanto tale; sforzo di mettere ogni uomo, da prima della culla alla tomba, in condizione di essere se stesso e di sviluppare sempre più la sua umanità. Primato dell'uomo significa priorità dell'essere sull'avere; complesso di organizzazioni sociali volte a far trionfare l'amore sull'odio, la vita sulla morte. Il bene individuale di ogni uomo, se è bene vero, essenziale e inviolabile, non può opporsi al bene della società. Ne è, anzi, la garanzia. Diviene esso stesso bene comune.

Così nasce quello che tutti noi vogliamo: un mondo più umano.


4. Ho voluto soffermarmi con voi su questa serie di considerazioni, appena accennate, convinto dell'importanza istituzionale del ruolo della regione, nel contesto nazionale delle autonomie locali, in vista della promozione umana.

La regione, nella sua natura di ente intermedio, elettivo, rappresentativo, autonomo, è espressione più diretta e immediata delle esigenze vive della comunità umana. Organismo di raccordo, di alcuni aspetti, tra esigenze nazionali più ampie ed esigenze locali, è in grado di svolgere una funzione di cerniera o di sintesi tra diritti a volte contrapposti; ma insieme di stimolo per la scoperta e la valorizzazione delle risorse soprattutto umane.

Forse più che tante altre istituzioni, a più alto o più basso livello, la regione ha la possibilità concreta, almeno potenziale, anche per via dell'ampiezza dei suoi poteri, di realizzare una partecipazione libera dei cittadini volta sia alla costruzione del bene comune, sia alla sua condivisione.

Essa è un fattore valido, se funziona correttamente, per l'affermazione di una società di persone. E, come tale, strumento di pace, promessa per l'avvenire; nucleo di una comunità più ampia di persone qual è lo Stato.

E', questo, il mio sincero augurio per voi.

Data: 1984-02-02 Data estesa: Giovedi 2 Febbraio 1984




Al Giubileo dei religiosi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Siate persone e comunità consacrate a Dio"

Testo:

"Lumen ad revelationem gentium, et gloriam plebis tuae Israel" (Lc 2,31-32).


1. Desidero oggi, cari fratelli e sorelle, prendere in prestito queste parole del vecchio Simeone, per adorare insieme con voi la luce: Cristo luce del mondo! Ci incontriamo nella basilica di San Pietro nell'anno della Redenzione, nell'anno del Giubileo straordinario. Ci incontriamo in quella comunità grande e insieme multiforme che voi tutti costituite, fratelli e sorelle di tanti ordini, congregazioni e istituti religiosi. Persone e comunità, consacrate a Dio! Quest'incontro raduna i rappresentanti delle famiglie religiose che vivono a Roma e, al tempo stesso, si estende a tutti i confratelli e consorelle, ai quali vi unisce l'unità e l'identità della vocazione. E mediante quest'unità e identità voi venite legati anche da una particolare unione di missione nella Chiesa, missione in mezzo al popolo di Dio in tutti i Paesi e in tutti i continenti, sino ai confini della terra. In questa grande comunità universale voi, oggi, vi unite insieme con il Vescovo di Roma e successore di Pietro, per gridare nello spirito dell'odierna liturgia: "Luce per illuminare le genti!". La luce: Cristo-luce e gloria del popolo di Dio in tutta la terra!


2. Con questo grido volete rispondere allo spirito della liturgia di questa festa particolare, e contemporaneamente desiderate manifestare ciò che costituisce il mistero interiore di ciascuno e di ciascuna di voi. Infatti a motivo della vostra vocazione voi camminate in modo particolare in questa luce che è Cristo, e inoltre rendete testimonianza in modo particolare.

Oggi lo manifestano le candele accese, che tra poco terrete nelle mani.

Ciascuna di queste ricorda innanzitutto il sacramento del Battesimo, mediante i quale Cristo ha cominciato a illuminare la vostra vita con la luce del Vangelo e con la luce della Redenzione: Cristo accolto mediante la fede nella comunità della Chiesa. Cristo tramandato di giorno in giorno nella vita della vostra famiglia cristiana, dell'ambiente, della scuola. Il fiorire pieno del Battesimo è l'Eucaristia; e, insieme, il costante rinnovamento della sua forza purificante è il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione.

Ognuna di queste candele vi ricorda poi - sullo sfondo della liturgia dell'odierna festa - il momento della vostra consacrazione: la processione religiosa, la scelta della via della vita secondo i consigli evangelici della povertà, della castità e dell'obbedienza.

La luce di Cristo risplendette allora d'una fiamma particolarmente viva.

La fiamma della vita e della speranza si è unita alla viva fiamma della carità concentrata sul cuore del divino Sposo e, al tempo stesso, mediante questa concentrazione, si è largamente aperta. così come è largamente aperto questo cuore divino nel mistero della Redenzione, del quale sappiamo che è universale, che abbraccia tutti e tutto.

La profondità e l'universalità sono i due tratti della vocazione religiosa, che testimoniano del suo essere radicata nel mistero della Redenzione, nella luce di Cristo.


3. Oggi verso questa luce vi conduce la liturgia della festa della Presentazione del Signore. Ecco, voi entrate nel tempio, come una volta Maria e Giuseppe, i quali portarono Gesù a Gerusalemme per offrirlo al Signore. La legge dell'Antico Testamento prevedeva che ogni maschio primogenito fosse sacro al Signore (cfr. Lc 2,22-23), e questa consacrazione era accompagnata da un sacrificio di una coppia di tortore o di giovani colombi.

Voi, amati fratelli e sorelle, entrate oggi in questo tempio per rinnovare - nella luce della Presentazione di Cristo - la vostra offerta a Dio in Gesù Cristo: la vostra consacrazione per essere la sua esclusiva proprietà.

Dal profondo del mistero della consacrazione si irradia questa particolare appartenenza a Dio stesso: appartenenza di cui è capace soltanto la persona, il soggetto consapevole e libero. Questa appartenenza possiede la natura di dono. Essa risponde al dono e contemporaneamente esprime il dono.

Nella luce di Cristo ciascuno e ciascuna di voi scorge, con una penetrante evidenza, che tutto il creato è una donazione e scorge in esso il dono particolare della propria umanità. E con il dono di questa umanità intera e indivisibile desidera rispondere al dono del Creatore, del Redentore, dello Sposo.

In questo modo, nell'"io" umano di ciascuno e di ciascuna di voi viene iscritto un particolare legame della comunione con Cristo e, in lui, con la santissima Trinità: col Padre, col Figlio e con lo Spirito Santo.


4. Entrando poi, insieme con Maria e Giuseppe, nel tempio - dove si compirà il rito della Presentazione di Gesù, previsto dalla legge - vi incontriamo due persone, totalmente consacrate a Dio, dedite all'attesa di Israele, ossia alla più grande speranza dell'umanità di tutti i tempi: sono Simeone e Anna.

Simeone, mosso dallo Spirito Santo, si era recato al tempio (cfr. Lc 2,27). Questo non vi fa forse venire in mente una "ispirazione" simile, dalla quale siete stati mossi una volta: l'ispirazione dello Spirito? Si! Poiché lo Spirito Santo, nella potenza della Redenzione di Cristo, è fautore di ogni santità. Egli è pure fautore di quella chiamata particolare sulla via della santità, che è racchiusa nella vocazione religiosa.

Oggi, quando rinnovate nel cuore la vostra professione, ricordate quell'"ispirazione" interiore dello Spirito, che si trova all'inizio della vostra via. Ricordate come quest'"ispirazione, è ritornata di nuovo dopo un certo tempo fino a quando avete riconosciuto in essa una chiara voce di Dio e la forza dell'amore sponsale del Signore che chiama.

Ricordatelo oggi per ringraziare con un cuore rinnovato, per professare "le grandi opere di Dio" (Ac 2,11). Quest'ispirazione "dello Spirito" non può spegnersi. Essa deve perdurare e maturare, insieme con la vocazione religiosa, durante tutta la vostra vita. Non potete separarvi mai da questa salvifica "ispirazione dello Spirito", custodendola in quel tempio interiore che è ciascuno e ciascuna di voi! Quanto eloquenti sono le parole sulla profetessa Anna nel Vangelo odierno: "Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere... Sopraggiunta in quel momento si mise... a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme" (Lc 2,37-38).


5. Simeone si china sul bambino, e pronuncia le parole profetiche: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori". Rivolge queste parole a Maria, sua Madre. Ed aggiunge: "A te una spada trafiggerà l'anima" (Lc 2,34-35).

Una strana profezia! Essa è forse la più concisa e al tempo stesso la più piena sintesi di tutta la cristologia e di tutta la soteriologia.

Cari fratelli e sorelle! Che questa profezia giunga oggi, con una nuova forza, alle vostre anime. Accogliete Cristo che è la luce del mondo: Cristo in cui Dio "ha preparato la salvezza davanti a tutti i popoli" (cfr. Lc 2,31). Accogliete Cristo, che è pure "segno di contraddizione". Questa contraddizione è iscritta nella vostra vocazione. Non cercate di toglierla né di cancellarla da essa. Questa contraddizione ha significato salvifico. La salvezza del mondo si realizza proprio sulla via di questa contraddizione operata da Cristo. Anche voi, accogliendo Cristo, siete manifestazione di questa contraddizione salvifica. Non può essere diversamente. Proprio in nome della contraddizione salvifica è iscritta nel vostro "io" cristiano e religioso la professione della povertà, della castità e dell'obbedienza.

Il mondo ha bisogno dell'autentica contraddizione della consacrazione religiosa come incessante lievito del rinnovamento salvifico.


6. Nelle vostre mani porterete accese le candele dell'odierna liturgia. Esse dicono che Cristo è la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Esse sono la testimonianza della vostra dedizione indivisibile a Cristo e a Dio, sono la testimonianza della vostra consacrazione.

Queste candele illuminano pure la vita umana, la vita di ognuno di noi.

Man mano che la candela brucia, si scioglie la cera e la candela si consuma. Che la vostra vita si bruci nella luce di Cristo! Che essa sia intera dedizione sponsale al suo servizio!

Data: 1984-02-02 Data estesa: Giovedi 2 Febbraio 1984





A calciatori messicani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Glorificate Dio nel vostro corpo"

Testo:

Carissimi calciatori messicani, sono lieto di ricevere i giocatori della nazionale di calcio del Messico, venuti a Roma per disputare un incontro amichevole con la nazionale italiana. Vi saluto cordialmente, cari giovani, e anche i vostri accompagnatori, e mando un saluto anche a tutti gli atleti messicani.

Questo incontro con voi mi offre l'occasione di manifestarvi il mio apprezzamento per gli aspetti sociali e morali che le competizioni sportive significano per le relazioni interpersonali e gli incontri internazionali, destinati a promuovere vincoli di amicizia e di pacifica convivenza tra i popoli di diversa origine, lingua, cultura e religione. Come ci insegna il Concilio Vaticano II: "Gli esercizi e le manifestazioni sportive... giovano a mantenere l'equilibrio dello spirito anche nella comunità e offrono un aiuto per stabilire relazioni fraterne fra gli uomini di tutte le condizioni, di nazioni e di stirpi diverse" (GS 61).

Il vostro impegno, tanto nobile e nobilitante, non deve limitarsi unicamente all'esito sportivo, ma deve essere occasione ineludibile per praticare le virtù umane e cristiane della solidarietà, della lealtà, del corretto comportamento e rispetto per gli altri, per coloro che vanno visti come competitori e non come avversari o rivali.

Prima di congedarmi da voi, desidero ricordarvi la consegna che san Paolo ha affidato ai fedeli di Corinto, in Grecia, la patria dello sport: "Glorificate Dio nel vostro corpo" (1Co 6,20). Che in questo modo, insieme ai vostri esiti sportivi, possa manifestarsi anche la vostra maturità di uomini e di credenti.

Con questi vivi sentimenti, vi rinnovo la mia stima e il mio affetto, impartendovi la mia benedizione apostolica, che estendo ai vostri accompagnatori, alle vostre famiglie e alla cara e indimenticabile nazione messicana.

Data: 1984-02-03 Data estesa: Venerdi 3 Febbraio 1984




Ai soci del Rotary Club d'Italia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Servite con umiltà il bene comune

Testo:


1. Sono lieto di rivolgere un fervido saluto a voi, rotariani dei Club d'Italia, e di sostare qualche istante a colloquio nel quadro delle udienze, che ogni giorno si succedono in questa Casa, che è Casa di tutti. Ringrazio voi qui presenti per questa visita, esprimendo, in particolare, viva gratitudine all'avvocato Carlo D'Amelio per le cortesi espressioni, con le quali, interpretando i comuni sentimenti, ha voluto introdurre questo incontro che si svolge in occasione del Convegno nazionale rotariano convocato a Roma per la celebrazione del Giubileo della Redenzione. Un saluto particolare va pure a tutti i vostri familiari, tra cui sono le rappresentanti dell'"Inner Wheel", che affiancano con generosa dedizione le attività dei vostri Club.


2. Diro, anzitutto, che non ho dimenticato l'incontro che ebbi con voi rotariani nel 1979, al termine di un vostro congresso internazionale; anzi vi assicuro che porto ancora vivido nell'animo il ricordo di quella manifestazione improntata a rispettosa cordialità.

Alla soglia del suo 80° anno di vita il vostro sodalizio, sorto a Chicago nel 1905, vuole compiere una sosta a Roma per riflettere sulla molteplice attività svolta nel campo culturale, assistenziale, scientifico e professionale.

Il fatto che in questo non lungo lasso di tempo il vostro sodalizio si sia diffuso dappertutto e sia riuscito a interessare numerose persone pienamente assorbite nelle loro specifiche occupazioni, quali sono gli uomini d'affari, i liberi professionisti e gli esponenti della cultura e del pensiero, è un segno manifesto che esso ha saputo proporre ideali validi, perché fondati sulla serietà e sull'onestà, sulla promozione culturale e sullo sviluppo delle relazioni amichevoli.

In questo contesto va anche sottolineato lo sforzo da voi compiuto in questi anni per incrementare nei vostri Club l'apertura ai valori spirituali e religiosi e il rispetto di qualunque opinione. Fa piacere leggere nel vostro statuto che "Il Rotary non è agnostico in materia religiosa: esso chiede ai suoi soci di essere sempre coerenti con le proprie convinzioni religiose e di rispettare sinceramente quelle altrui" (C. 40-41). Tutto questo vi fa onore e contribuisce alla formazione e alla coesione dei vostri soci, stimolandoli ad assumere con più avveduta coscienza le funzioni loro proprie e a mettersi con più generosa dedizione a servizio del bene comune.


3. Si, a servizio del bene comune! Mi ha fatto piacere ascoltare più volte dalla bocca del vostro presidente la parola servizio. Ho preso conoscenza con soddisfazione come tale parola ricorra spesso nei messaggi annuali dei presidenti del Rotary internazionale. Nel 1957 il motto programmatico fu "Servire"; nel 1958 "Aiutare a foggiare il futuro"; nel 1977 "Servire per unire l'umanità"; nel 1979 "L'ideale del servire illumini la nostra via"; nel 1980 "Trovare il tempo per servire". Non posso non incoraggiarvi su questa linea di dedizione al bene comune, che oggi esige un forte impegno e una volontà pronta al sacrificio per soccorrere le enormi necessità materiali e spirituali dell'umana famiglia. Voi certamente non ignorate quanto la Chiesa abbia a cuore il progresso sociale e civile, e la promozione della giustizia e del benessere di ogni uomo: ne sono una dimostrazione i documenti del Magistero il quale, ispirandosi all'esempio e all'insegnamento del divino Maestro, "venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in redenzione di molti" (cfr. Mt 20,28), non cessa di ricordare ai fedeli che seguire Cristo vuol dire essenzialmente porsi nella condizione di chi serve, di chi concepisce la vita come vera "diakonia". In tale contesto, vi rammento la grande lezione che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli come consegna emblematica: "I re delle nazioni le dominano, e quelli che hanno autorità su di esse sono chiamati benefattori. Non sia così tra voi; anzi il più grande tra voi sia come il più piccolo; e chi governa sia come colui che serve... Io sono in mezzo a voi come uno che serve" (Lc 22,26-27). Vivete pertanto con questo spirito il vostro motto: "He profits most who serves best".


4. Cari rotariani, voi venite dalla basilica di San Pietro, dove avete partecipato alla cerimonia per l'acquisto dell'Indulgenza giubilare e alla liturgia eucaristica, presieduta dal cardinale Sebastiano Baggio, che, presente anche a questo incontro, saluto cordialmente.

Questa grazia speciale del Giubileo della Redenzione sia per voi uno stimolo a riscoprire l'amore di Dio che non cessa di donarsi a quanti lo cercano con cuore sincero: sia un motivo nuovo per approfondire le ricchezze imperscrutabili del mistero della Redenzione, sempre operante nella Chiesa; sia una sorgente di grazia che vi faccia sentire sempre più la bellezza e il conforto di vivere perfettamente riconciliati con Dio e con gli uomini in un abbraccio d'amore.

La benedizione apostolica scenda a confortare questi miei fervidi voti e attiri su di voi e sui vostri cari copiosi favori del cielo.

Data: 1984-02-04 Data estesa: Sabato 4 Febbraio 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Alla Pontificia Accademia - Città del Vaticano (Roma)