GPII 1984 Insegnamenti - Ai giovani nella Basilica vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Ai giovani nella Basilica vaticana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rompere la logica dell'egoismo

Testo:

Carissimi!


1. Sono molto lieto di accogliervi oggi nella Basilica vaticana per questa udienza dedicata solo a voi, giovani e ragazzi, perché in questo giorno celebriamo la festività liturgica della Cattedra di san Pietro. Ricordiamo cioè con particolare riflessione la missione data da Gesù all'apostolo Pietro e ai suoi successori, i vescovi di Roma, di essere il fondamento visibile della Chiesa da lui istituita e di confermare i fratelli nella fede (cfr. Mt 16,18 Lc 22,32). Siate dunque i benvenuti in questa singolare giornata nel massimo tempio della cristianità, che conserva la tomba del primo degli apostoli! Saluto cordialmente tutti gli alunni delle scuole italiane di vario ordine e grado, dalle elementari alle scuole superiori, insieme con i rispettivi presidi, i direttori didattici, gli insegnanti, il personale e i familiari..

Saluto poi, in modo particolare, gli alunni dei vari istituti dell'Opera nazionale per il Mezzogiorno d'Italia, accompagnati dai membri del consiglio di amministrazione e dei consigli generali della Famiglia dei Discepoli e della Congregazione femminile "Ancelle del Signore", che con questo pellegrinaggio giubilare vogliono ricordare il centenario della nascita del venerato fondatore, don Giovanni Minozzi insieme al confondatore dell'opera benemerita, il celebre e infaticabile padre Giovanni Semeria.

La vostra presenza così piena di gioia e di vita intorno alla Cattedra di san Pietro mi reca grande conforto e mentre vi ringrazio di cuore per il vostro gesto di fede e di devozione, vi esprimo pure l'affetto che nutro per voi; vi assicuro inoltre il mio costante ricordo nella preghiera, affinché possiate rimanere sempre fermi e forti nella fede, volenterosamente impegnati nello studio e nell'obbedienza, diligenti nella pietà, aperti alla carità verso il prossimo.

Auguro a ciascuno di voi che il pellegrinaggio giubilare e l'incontro col successore di Pietro siano di stimolo e di incoraggiamento per una testimonianza cristiana ancora più convinta e fervorosa.


2. L'esempio di fedeltà e di dedizione di don Giovanni Minozzi e di padre Giovanni Semeria nella loro vita avventurosa, come sacerdoti, studiosi, predicatori, educatori, cappellani militari durante la terribile prima guerra mondiale, padri amorevoli di tanta gioventù, umili ma tenaci servitori della Chiesa e dei poveri, può suggerire anche a voi, giovani e ragazzi d'Italia, un intenso programma di vita, che acquista maggior forza meditando il messaggio illuminante ed esigente dell'Anno Santo della Redenzione, che stiamo celebrando.

Dio si è fatto uomo, perché trovassimo in lui, in Gesù Cristo, il significato della nostra vita e la direttiva per viverla in modo valido e autentico. così scriveva san Paolo: "Il Figlio di Dio mi ha amato e ha dato se stesso per me". così seppero e vollero vivere questi due ministri di Dio, in sintonia con il loro tempo, partecipi delle vicende umane a loro contemporanee, ma con l'unico ideale dell'amore in nome di Cristo: l'amore, infatti, fu la luce e l'ideale della loro vita e delle loro iniziative ed è l'insegnamento fondamentale che danno a tutti voi: amate la verità, come essi l'hanno amata, con ricerca metodica e appassionata e con ardente entusiasmo; amate con viva partecipazione la Chiesa, come essi l'hanno amata; infine, amate in modo speciale i poveri, gli umili, i bisognosi, i sofferenti. Bisogna rompere l'egoismo! Bisogna veramente convincersi che la fede in Cristo deve tradursi nell'impegno della carità concreta e attiva.


3. Carissimi! Si legge nella biografia di padre Semeria che egli ripeteva spesso: "A far del bene non si sbaglia mai! E don Minozzi affermava: "Fin che vivro, restero fedele ai poveri, a qualunque costo!". Sono due magnifiche espressioni, che affido anche a voi, come due lampade accese, che devono illuminare la vostra vita. San Pietro vi assista e vi confermi nella fede; Maria santissima vi faccia sentire il suo materno affetto, per essere sempre degni del nome che portate! Vi accompagni anche la mia propiziatrice benedizione apostolica che ora vi imparto e che estendo a tutti i vostri familiari.

Data: 1984-02-22 Data estesa: Mercoledi 22 Febbraio 1984




A conclusione del Giubileo del clero - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Originalità e necessità del ministero sacerdotale

Testo:


1. "Lo spirito del Signore Dio è su di me, / perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; / mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, / a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, / a proclamare la libertà degli schiavi, / la scarcerazione dei prigionieri, / a promulgare l'anno di misericordia del Signore" (Is 61,1-2).

Carissimi fratelli nella grazia del sacramento del sacerdozio! Un anno fa mi sono rivolto a voi con la Lettera per il giovedi santo del 1983, chiedendovi di annunziare, insieme con me e con tutti i vescovi della Chiesa, l'Anno della Redenzione: il Giubileo straordinario, l'Anno di misericordia del Signore.

Oggi desidero ringraziarvi per quanto avete fatto, affinché quest'anno, che ci ricorda il 1950° anniversario della Redenzione, diventasse veramente "l'anno di misericordia del Signore", l'Anno Santo. In pari tempo, incontrandomi con voi in questa concelebrazione, nella quale culmina il vostro pellegrinaggio a Roma in occasione del Giubileo, desidero rinnovare e approfondire insieme con voi la coscienza del mistero della Redenzione, che è la sorgente viva e vivificante del sacerdozio sacramentale, al quale ciascuno di noi partecipa.

In voi, qui convenuti, non soltanto dall'Italia, ma anche da altri Paesi e continenti, vedo tutti i sacerdoti: l'intero presbiterio della Chiesa universale. E a tutti voi rivolgo con l'incoraggiamento e con l'esortazione della Lettera agli Efesini: "Fratelli, vi esorto... a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto" (Ep 4,1). E' necessario che noi pure - chiamati a servire gli altri nel rinnovamento spirituale dell'Anno della Redenzione - ci rinnoviamo, mediante la grazia di quest'anno, nella nostra beata vocazione.


2. "Cantero senza fine le grazie del Signore". Questo versetto del salmo responsoriale (88,2) dell'odierna liturgia ci ricorda che noi siamo in maniera del tutto speciale "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1), che siamo uomini della divina economia di salvezza, che siamo uno "strumento" consapevole della grazia, ossia dell'azione dello Spirito Santo nella potenza della croce e della risurrezione di Cristo.

Che cos'è quest'economia divina, che cos'è la grazia del nostro Signore Gesù Cristo, grazia che egli ha voluto legare sacramentalmente alla nostra vita sacerdotale e al nostro servizio sacerdotale, anche se svolto da uomini tanto poveri, tanto indegni? La grazia - come proclama il salmo dell'odierna liturgia - è una testimonianza della fedeltà di Dio stesso a quell'eterno amore, con cui egli ha amato il creato, e in particolare l'uomo, nel suo eterno Figlio.

Dice il salmo: "Perché hai detto: la mia grazia rimane per sempre; la tua fedeltà è fondata nei cieli" (88,3). Questa fedeltà del suo amore - dell'amore misericordioso - è poi la fedeltà all'alleanza, che Dio ha concluso, sin dall'inizio, con l'uomo, e che ha rinnovato molte volte, benché l'uomo tante volte ad essa non sia rimasto fedele. La grazia è quindi un dono puro dell'amore, il quale soltanto nell'amore stesso, e non in altra cosa, trova la sua ragione e la sua motivazione.

Il salmo esalta l'alleanza che Dio ha stretto con Davide e al tempo stesso, grazie al suo contenuto messianico, esso rivela come quell'alleanza storica sia soltanto una tappa e un preannunzio dell'alleanza perfetta in Gesù Cristo: "Egli mi invocherà: tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza" (Ps 88,27).

La grazia, in quanto dono, è il fondamento dell'elevazione dell'uomo alla dignità di Figlio di Dio adottivo in Cristo, Figlio unigenito. "La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui / e nel mio nome si innalzerà la sua potenza" (Ps 88,25).

Proprio questa potenza, che fa diventare figli di Dio (quei figli di cui parla il prologo del Vangelo di Giovanni), l'intera potenza salvifica è conferita all'umanità in Cristo, nella Redenzione, nella croce e nella risurrezione. E noi - servi di Cristo - ne siamo gli amministratori.

Sacerdote: uomo dell'economia salvifica.

Sacerdote: uomo plasmato dalla grazia.

Sacerdote: amministratore della grazia!


3. "Cantero senza fine le grazie del Signore". Proprio questa è la nostra vocazione. In questo consiste la specificità, l'originalità della vocazione sacerdotale. Essa è radicata in maniera speciale nella missione di Cristo stesso, di Cristo-Messia.

"Lo spirito del Signore è su di me, / perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; / mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, / a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, / a proclamare la libertà degli schiavi, / la scarcerazione dei prigionieri... / per consolare tutti gli afflitti" (Is 61,1-2).

Proprio nell'intimo di questa missione messianica di Cristo-Sacerdote è radicata anche la vostra vocazione e missione: vocazione e missione dei sacerdoti della nuova ed eterna alleanza. E la vocazione e la missione degli annunciatori della Buona Novella; di coloro che debbono fasciare le piaghe dei cuori umani; di coloro che debbono proclamare la liberazione in mezzo alle molteplici afflizioni, in mezzo al reale che in tanti modi "tiene" l'uomo prigioniero; di coloro che debbono consolare.

Questa è la nostra vocazione e missione di servitori. E' vocazione e missione, cari fratelli, che racchiude in sé un grande e fondamentale servizio nei riguardi di ciascun uomo! Nessuno può compiere un tale servizio al nostro posto.

Nessuno può sostituirci. Dobbiamo raggiungere col sacramento della nuova ed eterna alleanza le radici stesse dell'esistenza umana sulla terra. Dobbiamo, giorno per giorno, introdurre in essa la dimensione della Redenzione e dell'Eucaristia.

Dobbiamo rafforzare la coscienza della figliolanza divina mediante la grazia. E quale prospettiva più alta, e quale destino più eccellente di questo potrebbe esserci per l'uomo? Dobbiamo, infine, amministrare la realtà sacramentale della Riconciliazione con Dio e della santa Comunione, nella quale si viene incontro alla più profonda aspirazione dell'"insaziabile" cuore umano. Davvero, la nostra unzione sacerdotale è inserita profondamente nella stessa unzione messianica di Cristo.

Il nostro sacerdozio è ministeriale. Si, noi dobbiamo servire! E "servire" significa portare l'uomo nelle fondamenta stesse della sua umanità, nello stesso midollo più profondo della sua dignità. Proprio là deve risuonare - mediante il nostro servizio - quel "canto di lode invece di un cuore mesto", per utilizzare ancora una volta le parole del testo di Isaia (61,3).


4. Cari, amati fratelli! Noi ritroviamo, giorno dopo giorno e anno dopo anno, il contenuto e la sostanza, veramente ineffabili, del nostro sacerdozio nelle profondità del mistero della Redenzione. E io auguro che a questo serva specialmente il corrente Anno del Giubileo straordinario! Apriamo sempre più largamente gli occhi - lo sguardo dell'anima - per scoprire meglio che cosa vuol dire celebrare l'Eucaristia, il sacrificio di Cristo stesso, affidato alle nostre labbra e alle nostre mani di sacerdoti nella comunità della Chiesa.

Apriamo sempre più largamente gli occhi - lo sguardo dell'anima - per capire meglio che cosa significa rimettere i peccati e riconciliare le coscienze umane col Dio infinitamente santo, col Dio della verità e dell'amore.

Apriamo sempre più largamente gli occhi - lo sguardo dell'anima - per capire meglio che cosa vuol dire operare "in persona Christi", nel nome di Cristo: operare con la sua potenza, ossia con la potenza che, in definitiva, si radica nel suolo salvifico della Redenzione.

Apriamo inoltre sempre più largamente gli occhi - lo sguardo dell'anima - per capire meglio che cosa è il mistero della Chiesa. Noi siamo uomini della Chiesa! "Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ep 4,4-6).

Quindi: cercate "di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ef. 4,3). Si. Proprio questo dipende, in modo particolare, da voi: "Conservare l'unità dello Spirito"! In un'epoca di grandi tensioni, che scuotono il corpo terreno dell'umanità, il servizio più importante della Chiesa nasce dall'"unità dello Spirito", affinché non soltanto non subisca essa stessa una divisione dal di fuori, ma riconcili e unisca, altresi, gli uomini in mezzo alle contrarietà che si accumulano intorno a loro e in loro stessi nel mondo d'oggi.

Miei fratelli! A ciascuno di voi "è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo... al fine di edificare il corpo di Cristo" (Ep 4,7 Ep 4,12).

Siamo fedeli a questa grazia! Siamo eroicamente fedeli a questa grazia! Miei fratelli! Il dono di Dio è stato grande per noi, per ciascuno di noi! Tanto che ogni sacerdote può scoprire in sé i segni di una divina predilezione. Ciascuno conservi fondamentalmente il suo dono in tutta la ricchezza della sue espressioni: anche il dono magnifico del celibato volontariamente consacrato al Signore - e da lui ricevuto - per la nostra santificazione e per l'edificazione della Chiesa.


5. Gesù Cristo è in mezzo a noi e ci dice: "Io sono il buon pastore" (Jn 10,11 Jn 10,14). E' proprio lui che ha "costituito" pastori anche noi. Ed è lui che percorre tutte le città e i villaggi (cfr. Mt 9,35), ovunque noi siamo mandati per assolvere il nostro servizio sacerdotale e pastorale.

E' lui, Gesù Cristo, che insegna... predica il Vangelo del regno e cura ogni malattia e infermità dell'uomo, ovunque noi siamo mandati per il servizio del Vangelo e l'amministrazione dei sacramenti.

E' proprio lui, Gesù Cristo, che sente continuamente compassione delle folle e di ogni uomo stanco e sfinito, come "pecore senza pastore" (cfr. Mt 9,36).

Cari fratelli! In questa nostra assemblea liturgica chiediamo a Cristo una sola cosa: che ciascuno di noi sappia servire meglio, più limpidamente e più efficacemente, la sua presenza di pastore in mezzo agli uomini del mondo odierno! Questa è, insieme, cosa tanto importante per noi, affinché non ci prenda la tentazione dell'"inutilità", cioè la tentazione di sentirci superflui. Perché ciò non è vero. Noi siamo necessari più che mai, perché Cristo è necessario più che mai! Il Buon Pastore è più che mai necessario! Noi abbiamo in mano - proprio nelle nostre "mani vuote" - la potenza dei mezzi di azione che ci ha consegnato il Signore. Pensate alla parola di Dio, più tagliente di una spada a doppio taglio (cfr. He 4,12); pensate alla preghiera liturgica, segnatamente a quella delle Ore, nella quale Cristo stesso prega con noi e per noi; e pensate ai sacramenti, in particolare a quello della Penitenza, vera tavola di salvezza per tante coscienze, approdo verso il quale tendono tanti uomini del nostro tempo. Occorre che i sacerdoti diano nuovamente grande importanza a questo sacramento, per la propria vita spirituale e per quella dei fedeli.

E' cosa certa, fratelli carissimi: col buon impiego di questi "mezzi poveri" (ma divinamente potenti) voi vedrete fiorire sulla vostra strada le meraviglie dell'infinita misericordia. Anche il dono delle nuove vocazioni! Con tale coscienza, in questa comune preghiera, riascoltiamo le parole che il Maestro rivolgeva ai discepoli: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate, dunque, il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe!" (Mt 9,37-38). Quanto sono attuali queste parole anche nella nostra epoca! Preghiamo dunque! E preghi con noi tutta la Chiesa! E possa in questa preghiera manifestarsi la coscienza, rinnovata dal Giubileo, del mistero della Redenzione.

[Omissis. Il Papa ha salutato in varie lingue i sacerdoti presenti e ha concluso:] Salutando alla fine tutti i sacerdoti italiani voglio trasmettere i miei cordiali auguri a tutti i nostri confratelli viventi in Italia e voglio anche affidare voi carissimi e tutti i sacerdoti qui presenti, come anche tutti i sacerdoti del mondo intero, alla Madre dei sacerdoti, Madre di Cristo, unico e sommo sacerdote, e di tutti noi che al suo sacerdozio, sacramentalmente, indegnamente, partecipiamo. Sia lodato Gesù Cristo.

Data: 1984-02-23 Data estesa: Giovedi 23 Febbraio 1984




Al pellegrinaggio nazionale sloveno - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una Chiesa radicata nel popolo e unita alla Sede Apostolica

Testo:

Venerati fratelli nell'episcopato, cari figli e figlie, pellegrini sloveni, che dalla Iugoslavia e da altri Paesi siete venuti a Roma per celebrare qui, presso la tomba di san Pietro, il Giubileo della nostra Redenzione. Siate tutti benvenuti!


1. Porgo il mio deferente saluto ai vostri vescovi, che vi guidano in questo pellegrinaggio giubilare: il vostro metropolita e arcivescovo di Ljubljana monsignor Alojzij Sustar, il vescovo di Maribor monsignor Franc Kramberger, il vescovo di Koper monsignor Janez Jenko e i vescovi ausiliari, i monsignori Stanislav Lenic, Jozef Kvas e Jozef Smej. Saluto di cuore i sacerdoti, che vi accompagnano, i religiosi, le suore, i laici: voi tutti qui presenti.


2. La vostra presenza qui oggi mi è particolarmente cara. Voi rappresentate infatti i lontani eredi dei grandi evangelizzatori e apostoli dei popoli slavi e celesti compatroni, insieme a san Benedetto, dell'Europa, i santi Cirillo e Metodio. Già nel secolo scorso fu proprio uno dei vostri zelanti pastori, il vescovo servo di Dio Anton Martin Slomsek a risvegliare in mezzo a voi e ad altri popoli l'ideale cirillo-metodiano di una Chiesa particolare, profondamente radicata nella cultura del popolo e allo stesso tempo in vitale unità e comunione con la Sede Apostolica e con tutta la Chiesa universale e ansiosa di estendere questa pienezza di comunione ecclesiale a tutti i fratelli cristiani, specialmente quelli d'Oriente.


3. So bene che la stessa fede anima ancora oggi voi e i fedeli vostri connazionali. Ne sono prova, tra l'altro, la vostra intensa partecipazione alla vita liturgica e sacramentale, il vostro amore al canto sacro, il vostro zelo per la casa del Signore, quale si manifesta nel rinnovare con immensi sacrifici le vostre chiese e nel costruirne di nuove, il vostro impegno per la catechesi e per la cultura religiosa mediante un generoso sostegno all'arte sacra e alla buona stampa, la vostra cura per i malati e i sofferenti, che si concretizza nel servizio della diakonia, il vostro zelo missionario.


4. La celebrazione del Giubileo della nostra Redenzione vi infonda nuovo coraggio e slancio e rafforzi il vostro impegno per il bene, affinché possiate essere testimoni convinti ed efficaci della verità della nostra Redenzione in mezzo alla società, in cui la Provvidenza vi ha posto. E per essere di fatto tali testimoni, la vostra vita in Cristo si rinnovi continuamente e cresca, secondo le parole del Signore: "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo... così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli" (cfr. Mt 5,13-16).

Siate quindi testimoni coerenti di fede viva e di amore ardente verso Dio e verso il prossimo. Sia di esempio a tutti il vostro rispetto per l'uomo e per la sua vita in tutte le sue fasi, dal concepimento alla maturità. Sia a tutti di stimolo la vostra fedeltà al vincolo matrimoniale indissolubile e alla famiglia. Nelle vostre famiglie e in tutta la comunità ecclesiale cresca l'impegno per l'educazione religiosa e morale dei bambini e dei giovani, che è compito oggi forse gravoso, ma allo stesso tempo dovere primario e diritto sacro inviolabile dei genitori e della Chiesa. Santificate il "giorno del Signore", come vi insegnano i vostri vescovi nella lettera pastorale per la prossima Quaresima. Non affievolisca mai la vostra preghiera per le vocazioni sacerdotali e religiose, di cui la vostra terra fu sempre madre feconda. Partecipando attivamente agli sforzi per il bene comune e per il progresso civile, traete sempre l'ispirazione e la forza nella fede cristiana autentica e vissuta. Sarete così realmente il fermento evangelico in Iugoslavia e in mezzo al mondo, l'umanità nuova redenta in Cristo, a cui ogni uomo è chiamato a inserirsi per la sua stessa piena realizzazione e felicità temporale ed eterna.


5. Ora, conoscendo la vostra affettuosa devozione alla Madre di Dio, affido voi e tutti i vostri connazionali alla materna protezione di colei, che voi nelle vostre famiglie e in tanti santuari invocate sotto il titolo di Ausiliatrice e Regina.

A voi qui presenti, ai vostri cari, specialmente ai malati e sofferenti, ai giovani, a tutto il popolo sloveno imparto di cuore la mia apostolica benedizione.

Data: 1984-02-25 Data estesa: Sabato 25 Febbraio 1984





A malati della diocesi di Vercelli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'esperienza del soffrire ci illumina sul suo valore redentivo

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle, pellegrini dell'Oftal.


1. E' con gioia e affetto profondi che io vi rivolgo il mio caldo saluto e vi do il più vivo benvenuto in questa circostanza dell'Anno Giubilare della Redenzione: un avvenimento ecclesiale che ha una risonanza tutta particolare con la situazione di coloro che, come voi, sono provati dalla sofferenza. E tanto più commovente per me è la vostra presenza, cari malati, se penso agli inevitabili disagi e sacrifici che avete dovuto affrontare per giungere fin qui, pur con tutte le cure amorevoli che vi sono state certamente dedicate.

Saluto con voi, cari fratelli sofferenti, tutte le altre persone che vi accompagnano e vi assistono: barellieri, dame, medici e sacerdoti dell'Opera federativa. Un grazie grande a tutti per questa testimonianza d'amore reciproco che vi lega e fa di voi una vera famiglia spirituale.

Siete giunti presso la tomba di Pietro per l'acquisto del dono dell'indulgenza. Con tale gesto, voi date al mondo una preziosa testimonianza di fede: non vi accontentate di offrire al Signore le vostre pene quotidiane, ma desiderate anche chiedere a Dio la sua misericordia attraverso la grazia e il condono del Giubileo.


2. La vostra presenza mi fa comprendere meglio le verità che ho esposto nella mia recente Lettera apostolica "Salvifici Doloris", e in particolare un tema che ho sviluppato e approfondito nel corso di questo documento: il legame della sofferenza con l'amore, secondo il piano della salvezza voluto dal Padre celeste.

La sofferenza, di per sé ripugnante alla natura, è assunta dal cristiano con un atto d'amore che imita quello stesso col quale il Padre "ha dato" il Figlio per la salvezza del mondo (cfr. Jn 3,16) e col quale il Figlio ha corrisposto, obbedendo, alla volontà del Padre (cfr. Mt 26,42). In tal modo, come ho detto nella mia Lettera, la sofferenza "è stata legata all'amore" e l'amore è anzi "la fonte più ricca del senso della sofferenza", cosicché "nel programma messianico di Cristo, che è insieme il programma del regno di Dio, la sofferenza è presente nel mondo per sprigionare amore" (nn. 18.13.30).

Questo amore si fonda su quello stesso di Gesù per il Padre e per l'umanità: è quell'amore sacrificale per il quale il Figlio di Dio, com'è scritto nel Libro di Isaia, volle offrire se stesso in espiazione per i nostri peccati (cfr. Is 53,10). Al fine di imitare quest'amore, e grazie ad esso poter proseguire il vostro cammino di salvezza, voglio esortarvi anch'io, cari fratelli, con san Paolo, "per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale" (Rm 12,1).


3. Tale assunzione cosciente e libera della sofferenza in vista di unirsi alla passione redentrice di Cristo, ha, come risultato, di portare l'uomo alla sua maturità spirituale. Si tratta di quello "stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo", di cui parla san Paolo (Ep 4,13). Si tratta di quella "perfezione", della quale parla ancora l'apostolo, legata alla vera sapienza, quella che non si vanta di saper altro che Cristo crocifisso (cfr. 1Co 2,2), "il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché, come sta scritto, chi si vanta, si vanti nel Signore" (1Co 1,30-31).

E la maniera migliore per verificare e per approfondire questo valore redentivo della sofferenza non è tanto un approccio dal di fuori, uno studio astratto, ma è l'esperienza dello stesso soffrire: la sofferenza stessa ci illumina sul senso della sofferenza: "Man mano che l'uomo prende la sua croce, unendosi spiritualmente alla croce di Cristo, si rivela davanti a lui il senso salvifico della sofferenza" ("Salvifici Doloris", 26).

E per mezzo di questa sequela di Cristo sofferente, la sua vita diventa sempre più alimento della nostra, sicché con san Paolo possiamo dire: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Ga 2,20), e semina nella nostra carne mortale il germe della vita futura e della gloria celeste.

Fratelli carissimi, lasciamoci tutti penetrare dalla vita di Cristo e giungeremo anche noi a quella gloria dove egli, con la Vergine santissima e tutti i santi, ci attende.

Con la mia affettuosa benedizione.

Data: 1984-02-25 Data estesa: Sabato 25 Febbraio 1984




Ai vescovi del Salvador in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Auspicata per il Salvador la fine degli orrori della guerra

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Nel ricevervi tutti insieme al termine della vostra visita "ad limina", desidero accogliervi con affetto del tutto particolare, poiché siete i pastori di un gregge che da anni sta soffrendo in modo tanto intenso e drammatico. Come vorrei, allora, che fossero una realtà immediata le parole di saluto di san Paolo, con le quali vi auguro "grazia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù Signore nostro" (2Tm 1,2)! La vostra presenza mi reca il graditissimo ricordo della mia visita pastorale nella vostra patria, poco meno di un anno fa, della calorosa accoglienza del popolo salvadoregno e del fervore col quale - malgrado la situazione eccezionale che viveva - ha partecipato all'Eucaristia celebrata per la riconciliazione e la pace nel centro di San Salvador. Ho voluto - come vi ho detto in tale occasione - annunciarvi il disegno di Dio che "non rivela la dialettica dello scontro, ma quella dell'amore che tutto rende nuovo", chiamando tutti ad essere artefici di pace e di una riconciliazione "capace di affratellare quanti sono oggi separati da steccati politici, sociali, economici e ideologici" (Omelia, 6 marzo 1983).

Purtroppo, non sono venuti meno negli ultimi mesi i motivi di preoccupazione. Nonostante gli sforzi realizzati, continuano le morti, gli attentati, l'esodo di migliaia di salvadoregni alla ricerca di un po' di pace, per poter lavorare onestamente e offrire alle loro famiglie un futuro migliore.

Seguo con immensa pena i dolorosi avvenimenti della vostra patria e prego il Signore che, insieme alla concordia tra tutti i salvadoregni, giunga presto il giorno nel quale cessi la violenza, cessi lo spargimento di sangue e si ottenga una pace stabile e duratura, frutto di un'improrogabile giustizia, che permetta di intraprendere gli immensi compiti della ricostruzione e dello sviluppo che il vostro Paese sta chiedendo a buon diritto e con angoscia.

In una situazione che sta costando tante sofferenze e tante lacrime a un popolo degno e buono, mi conforta ciò che voi stessi mi avete detto: che la riflessione sulla pace e la riconciliazione che abbiamo fatto insieme l'anno scorso, unita al rinnovato impegno pastorale vostro e dei vostri sacerdoti e collaboratori e alla maturazione che in molte persone la sofferenza produce, sta suscitando nuove energie morali e un più profondo ricorso alla fede. Tutto questo sta conducendo a una lenta ma apprezzabile rinascita spirituale. Mi rallegra tale testimonianza e prego Dio che questo processo fruttifichi sempre più abbondantemente in tutte le sfere della vita sociale, per il bene dell'amato popolo salvadoregno.

Sono lieto anche di sapere che l'opera di pace e riconciliazione che voi pastori, affiancati dagli altri agenti della pastorale e organismi ecclesiali, state promuovendo, è una sicura speranza, forse la più consistente, nel cammino verso il miglioramento della situazione che il vostro Paese sta attraversando.

Desidero esortarvi a continuare quest'opera con rinnovata speranza, tenendo ben presente che essa sarà tanto più efficace quanto maggiore sarà l'unità tra di voi e tra le diverse forze ecclesiali. In modo particolare vi incoraggio in quest'opera durante l'Anno Santo della Redenzione, cercando, nello stesso tempo, di mantenere un dialogo costante con tutte le forze sociali.


2. E ora permettetemi di richiamare la vostra attenzione su alcuni temi cruciali che toccano molto da vicino la vostra realtà sociale e le necessità delle vostre comunità ecclesiali.

Desidero riferirmi innanzitutto al tema della famiglia che ho posto al centro delle mie preoccupazioni pastorali con la celebrazione del Sinodo dei vescovi nel 1980 e con l'esortazione apostolica "Familiaris Consortio", e anche con altri interventi e iniziative. La promozione della famiglia, la salvaguardia dei suoi valori, l'armonia tra i coniugi e la serena presenza dei figli, costituiscono la base di una convivenza che arricchisce, che a sua volta si ripercuote in una condotta sociale ordinata e influisce positivamente su tutta la vita della comunità (cfr. GS 4 GS 7). Al contrario, l'instabilità familiare, con tutte le sue conseguenze morali e sociali, favorisce la disgregazione, le tensioni generazionali, l'insoddisfazione e la ribellione che ingenerano a loro volta comportamenti violenti e ingiusti.

Nella grande opera di riconciliazione e pacificazione della nazione non si può tralasciare questa cellula fondamentale della società che è la famiglia (cfr. GS 52). Con la predicazione della dottrina cattolica sul matrimonio, con la pastorale familiare, finalizzata alla buona preparazione dei giovani al matrimonio, che favorisce l'educazione dei figli e crea ponti tra le famiglie per un mutuo aiuto spirituale e materiale, la Chiesa costituisce e promuove anche la società, specialmente nei Paesi ove le leggi civili non salvaguardano e non riconoscono gli elementi essenziale dell'ordine naturale corrispondente al progetto del Creatore sul matrimonio e la famiglia.


3. Le comunità ecclesiali, i movimenti apostolici, specialmente quelli a carattere familiare, possono offrire un'ampia collaborazione nell'attività della Chiesa (cfr. FC 40 FC 45 FC 75), in modo che siano i laici stessi a divenire evangelizzatori e promotori di un servizio alla famiglia nei vasti ambiti della pastorale del matrimonio: la preparazione umana, etica e spirituale al sacramento del matrimonio; l'aiuto personale alle coppie in difficoltà, perché possano superare le normali crisi di crescita; la preoccupazione di avvicinare alla vita della Chiesa coloro che vivono in maniera irregolare e che bisogna condurre al matrimonio canonico; l'aiuto nell'educazione dei figli; l'adozione di bambini rimasti senza genitori; la promozione di un'autentica e gioiosa spiritualità familiare che è tanto importante perché la Chiesa stessa acquisti la dimensione di ciò che è agli occhi di Dio: la famiglia del Signore.


4. In questa prospettiva, eminentemente positiva, si potranno alleviare indirettamente i gravi problemi che oggi attraversano molte famiglie nel Salvador, a causa dei recenti avvenimenti; specialmente quelli di coloro che hanno perso alcuni dei loro membri, delle famiglie rimaste divise, che hanno dovuto emigrare, che sono senza casa, senza lavoro, a volte senza speranza di un futuro migliore.

Nel dialogo costruttivo che gli stessi coniugi sono capaci di intavolare, con la guida dell'insegnamento della Chiesa e il sostegno del proprio comportamento positivo, si potranno affrontare i temi delicati e ineludibili dell'educazione alla castità matrimoniale, dell'integrazione affettiva dei coniugi, dell'incontro spirituale delle persone, della preghiera comunitaria nella famiglia, che sono la base di una condotta morale cristiana e che fanno del matrimonio e della famiglia un cammino di santità, accessibile a tutti coloro che vivono con fedeltà la loro vocazione nella Chiesa.

Dall'esempio positivo delle famiglie cristiane vi è da sperare un autentico movimento di rinnovamento umano e spirituale che possa toccare tutto il popolo del Salvador, specialmente i giovani e i bambini, cresciuti nelle difficili circostanze degli ultimi anni e che sono la speranza della Chiesa e della patria salvadoregna per un futuro migliore.


5. Pensando innanzitutto ai giovani e ai bambini, non posso fare a meno di riferirmi a un altro importante tema della pastorale della Chiesa che interessa anche gli adulti: la catechesi. So che le vostre comunità contano di un crescente numero di catechisti tra i quali bisogna ricordare molti giovani, desiderosi di essere evangelizzatori dei loro stessi compagni e compagne. Sono molti coloro che nel vostro Paese hanno incontrato Gesù attraverso la catechesi biblica e i movimenti di spiritualità e ora desiderano porre le loro energie al servizio del Vangelo. Questi catechisti possono essere - e di fatto sono - preziosi collaboratori, capaci di avvicinarsi alle persone di ogni classe e condizione, ai giovani e agli adulti, a coloro che lavorano o che studiano.

Il compito di preparare catechisti che possiedano la dottrina autentica del Vangelo e sappiano trasmetterla, deve essere un obiettivo prioritario dei programmi organici di una pastorale che punta al futuro e che cerca di portare a tutti il messaggio di Gesù, il Redentore dell'uomo (cfr. CTR 62ss). Questo compito è tanto più urgente nelle vostre diocesi, a causa della pericolosa infiltrazione di certi gruppi di molto dubbia ispirazione religiosa, che cercano di strappare dal seno della Chiesa molti dei suoi figli, soprattutto se la loro fede manca di solide fondamenta dottrinali.

Da questa vitalità della catechesi il Papa spera che la vita della Chiesa in Salvador e il comportamento di tutti i cristiani siano impregnati dei sentimenti evangelici di perdono, di aiuto reciproco, di amore costruttivo, di solidarietà, che formano il nucleo essenziale del Vangelo di Gesù Cristo.


6. Non posso concludere queste riflessioni senza porre in rilievo una realtà che mi colma di gioia: l'aumento, che tanto fa sperare, delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Ogni grazia del Signore porta con sé una responsabilità. In questo caso, la grazia della vocazione, la chiamata di Gesù a seguirlo e a servire la causa del Vangelo, richiede da tutti coloro che hanno preso la generosa decisione di prepararsi al sacerdozio, una fedeltà assoluta alle esigenze di questa vocazione e un impegno per conseguire la formazione dottrinale, spirituale e umana che la Chiesa chiede e il popolo fedele spera.

Ma questa grazia esige anche una vigilante attenzione nella selezione degli educatori, nella qualità dei professori del seminario, con lo sguardo rivolto alla specializzazione scientifica, spirituale e pastorale indispensabile perché la formazione dei futuri ministri consacrati sia all'altezza delle necessità attuali. Ogni sforzo in questo campo non sarà mai abbastanza; e la collaborazione ecclesiale, che può essere offerta da parte di tutti i membri della Chiesa, si tradurrà in frutti duraturi per la comunità cristiana.


7. Miei cari fratelli nell'episcopato, prima di concludere, permettetemi che vi affidi un incarico, quello di portare ad ogni membro delle vostre diocesi il saluto, il ricordo cordialissimo e pieno d'affetto del Papa per tutti i salvadoregni. Assicurate i vostri fedeli che non li dimentico, né loro, né il loro Paese, che seguo con la mia sollecitudine e preghiera gli avvenimenti della vostra nazione e chiedo al Signore, Salvatore del mondo, che in questo Anno Santo della Redenzione possano finalmente terminare gli orrori della guerra, le lacrime delle famiglie, le sofferenze innocenti, la tragedia delle divisioni, l'angoscia di tanti bambini e si consolidino nella vostra terra la giustizia e la pace, cammini di speranza.

E' questa anche la mia preghiera alla Vergine Maria, la madre del Salvador e regina della pace, per ogni figlio della vostra nazione. A tutti, nel nome del Signore, vada la mia affettuosa e cordiale benedizione apostolica.

Data: 1984-02-24 Data estesa: Venerdi 24 Febbraio 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Ai giovani nella Basilica vaticana - Città del Vaticano (Roma)