GPII 1984 Insegnamenti - All'assemblea della Focsiv - Città del Vaticano (Roma)

All'assemblea della Focsiv - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'impegno cristiano esige il volontariato

Testo:


1. Sono lieto di accogliere nuovamente voi, rappresentanti della federazione degli organismi cristiani di servizio volontario, dopo l'incontro che ebbi con un vostro gruppo nel 1981. Vi esprimo il mio cordiale saluto, augurando buon esito ai lavori della vostra assemblea generale, per la quale vi siete riuniti in questi giorni a Roma.


2. Nel prendere conoscenza della documentazione che mi è stata segnalata, ho notato con soddisfazione che i volontari e le volontarie dei vostri organismi prendono sempre maggiore coscienza che il loro impegno merita di essere vissuto non in forma episodica o temporanea, ma "come scelta di vita" per servire l'uomo, ogni uomo, soprattutto quello più bisognoso di aiuto, che si trova a vivere in Paesi ancora in via di sviluppo e perciò è più svantaggiato dal punto di vista culturale, spirituale e sociale.

Voi volontari, volete rendere questo servizio all'uomo, anzitutto con la testimonianza della vita, perché sapete che non occorre solo trasmettere agli altri la "speranza" che è in noi (cfr. 1P 3,15), ma tradurla in atto anche mediante una condivisione profonda delle realtà prospere o avverse dei fratelli.

Ma perché la vostra azione sia efficace, occorre che abbiate una grande capacità di dialogo, di ascolto, di intuizione della situazione esistenziale altrui, di rispetto della persona e del suo inalienabile diritto ad essere protagonista e artefice della propria storia.


3. Come testimoni del Vangelo, poi, voi dovete assumere la funzione di "inviati", diventando così espressione della comunità ecclesiale in cui siete nati e generosi esecutori di un dovere che essa assolve per il vostro tramite. In questa prospettiva saprete scoprire e maturare la vostra vocazione all'interno della Chiesa locale di origine; la vostra presenza poi per la missione non deve rendervi estranei ad essa, ma spingervi a vivere la vostra esperienza missionaria in stretta comunione con essa.

Ma l'impegno di un reale inserimento nella Chiesa locale non tocca soltanto voi volontari, riguarda altresi gli stessi organismi che sono gli immediati responsabili dell'invio. E' necessario che anch'essi diventino effettivi centri pastorali, che sappiano animare del genuino spirito missionario i propri aderenti.

L'esperienza del volontariato cristiano internazionale, così concepita, diventa una forma esigente di impegno cristiano, che richiede dalle persone che la intraprendono solida maturità umana e cristiana, volontà determinata e virtù collaudate. E' una responsabilità, questa, che gli organismi, da cui è composta la vostra federazione, devono avvertire con piena consapevolezza; infatti la delicatezza del compito che i volontari devono svolgere, le difficoltà che essi incontrano nei vari ambienti in cui andranno ad operare, i valori che devono testimoniare, le proposte e i messaggi che sono chiamati a portare richiedono serietà nella selezione, cura nella preparazione e accompagnamento durante il servizio.


4. Cari volontari e volontarie, sono certo che voi studierete a fondo questi e altri problemi nella vostra assemblea generale; ma sono sicuro che saprete risolvere tutte le difficoltà se alimenterete nel vostro animo un grande amore e una grande fiducia nel Signore Gesù che vi chiama e vi manda nella sua mistica vigna (Mt 21,28). Da parte mia, vi assicuro un ricordo particolare nella preghiera perché le vostre iniziative abbiano a crescere in slancio e in efficienza, come sono cresciute le necessità delle terre di missione, e siano per voi sorgente di letizia e di copiosi meriti per il cielo.

A questo fine vi conforti la particolare benedizione apostolica, che volentieri imparto a voi qui presenti e a tutti gli appartenenti alla vostra federazione.

Data: 1984-02-25 Data estesa: Sabato 25 Febbraio 1984




A studenti di Azione cattolica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella certezza della fede guardare al futuro con motivata speranza

Testo:

Carissimi giovani!


1. Questo incontro con voi è per me motivo di gioia particolarmente viva e profonda. Voi siete giovani che hanno deciso di testimoniare la loro scelta per Cristo in mezzo ai coetanei, nell'ambiente della scuola. Una scelta dunque, la vostra, che ha il coraggio di uscire allo scoperto, nel desiderio di far partecipi anche altri della gioia che l'amicizia con Cristo vi mette nel cuore. Come non dirvi la mia stima per questa vostra coerenza? Come non esprimervi il mio incoraggiamento a perseverare in un impegno tanto generoso e meritevole? A voi, dunque, il mio saluto cordiale, che estendo ai vostri assistenti ecclesiastici e in particolare all'assistente generale, monsignor Fiorino Tagliaferri. Ho preso visione con interesse degli argomenti sottoposti alla vostra riflessione durante il presente convegno. Voi vi interrogate su come attuare in modo incisivo una presenza di evangelizzazione e di promozione umana nella scuola, così da recare nel mondo studentesco "un annuncio di speranza". Tema molto stimolante, tema che riflette un'urgenza oggi particolarmente sentita.


2. Il mondo - quello dei giovani soprattutto - ha bisogno di poter guardare al futuro con l'animo aperto a motivata speranza. La vostra società è pervasa dai veleni della sfiducia, del sospetto, della paura: situazioni interiori non certo adatte ad alimentare, in chi ne è affetto, prospettive rasserenanti sul futuro.

Chi riuscirà a far nuovamente germogliare nel cuore umano la tenera pianticella della speranza? Chi, se non il cristiano? La Sacra Scrittura, che gli è posta nelle mani, non è forse dal principio alla fine un messaggio di speranza? Fin dai primi capitoli della Genesi è annunciata la speranza di un Salvatore, la cui attesa, mantenuta viva fra il popolo eletto dalle voci dei profeti, si affina col passare dei secoli e giunge al suo vertice in una fanciulla di nome Maria.

Ella seppe sperare così ardentemente che Dio dette corpo alla sua speranza: e il Verbo si fece carne.

In Cristo la speranza ha già attinto il suo compimento. Ora non resta che aspettarne la manifestazione esterna, quando lui ritornerà nella gloria.

Allora sarà il tempo del trionfo, di cui a nostro conforto ci è data un'anticipazione nell'ultimo libro della Bibbia, l'Apocalisse. Questa è la motivata speranza, che il cristiano vive nella fede; del suo annuncio egli è debitore di fronte al mondo.


3. Succede a volte di incontrare situazioni paradossali: uomini di fede, che non hanno speranza: uomini di speranza, che non hanno la fede. Sono situazioni viziate da un'intrinseca contraddizione: senza la fede non è, infatti, possibile coltivare una speranza capace di resistere alle delusioni dell'esperienza, e soprattutto, allo scacco finale della morte. San Paolo non qualificava forse i pagani semplicemente come "coloro che non hanno speranza" (1Th 4,13)? Ma occorre dire con uguale chiarezza che non è possibile credere veramente in Cristo, senza che questa fede fiorisca in una speranza così luminosa da poter rischiarare e orientare ogni vicenda umana.

Giovani, se la vostra fede sarà così salda da farvi incontrare il Cristo risorto nella concretezza del vivere quotidiano, voi saprete portare ai vostri amici un annuncio di speranza capace di far rivivere anche un cuore minacciato e soffocato dalla delusione, dallo scetticismo, dalla disperazione.

Se avrete fede, carissimi giovani, voi saprete convincere chi vi sta accanto che sperare non è indulgere all'illusione di un sogno; ma che al contrario è il mezzo per trasformare un sogno in realtà. Il sogno è un mondo affratellato in lieta e operosa concordia. La realtà è la famiglia che Cristo ogni giorno costruisce intorno alla mensa eucaristica, sulla quale rinnova il suo sacrificio redentore. Di questa realtà siate i testimoni in ogni ambiente, e specialmente in quello della scuola; sarete uomini e donne di speranza per il futuro di questo mondo, che Cristo ha amato fino a versare per esso il suo sangue.

Vi sono vicino con la mia preghiera e con la mia benedizione.

Data: 1984-02-25 Data estesa: Sabato 25 Febbraio 1984




A pellegrini italiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il mistero della Redenzione è un invito alla riconciliazione

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono sinceramente lieto per l'odierno incontro con tutti voi, pellegrini che siete venuti a Roma per celebrare, nella preghiera, il Giubileo della Redenzione e avete anche desiderato di vedere il Papa e ascoltarne la parola di incoraggiamento.

Un cordiale saluto rivolgo innanzitutto ai pellegrini della diocesi di Rieti, i quali, guidati dal loro vescovo monsignor Francesco Amadio, sono qui presenti per ricambiare la mia visita, compiuta sia a Rieti che a Greccio il 2 gennaio dello scorso anno 1983.

La vostra numerosa partecipazione, carissimi fratelli e sorelle, mi porta alla memoria quel mio pellegrinaggio e i vari incontri che ebbi con le autorità, con tutti i fedeli nel corso della celebrazione eucaristica in piazza Battisti, con le varie componenti ecclesiali e civili della diocesi, con le claustrali a Greccio e infine anche con i responsabili e i rappresentanti delle quattro famiglie francescane. Furono ore piene di grande e intensa letizia ed emozione, trascorse tra la vostra gente, ricca di autentica laboriosità e religiosità.

Nell'esprimervi il mio sincero apprezzamento per la vostra visita, mi piace ricordare le parole che vi rivolsi nel corso della celebrazione liturgica: "E' necessario che la luce di Cristo risplenda dappertutto: nei singoli, per orientare le scelte determinanti della vita cristiana; nelle famiglie, per suscitarvi la fedeltà senza riserve, l'amore fecondo, il culto della vita; nelle parrocchie, strutture fondamentali della comunità ecclesiale, perché il popolo di Dio possa ricevervi il conforto della parola e il sostegno dell'Eucaristia, nella gioia della comunione fraterna; nelle esperienze associative ecclesiali, così varie nei metodi e diversificate nelle proposte, perché ciascuno possa conoscervi una progressiva maturazione nella fede e nell'impegno di adesione operosa al messaggio del Vangelo".

Ritornando alle vostre case, portate nel vostro cuore il proposito di dare sempre una limpida e coraggiosa testimonianza di vita cristiana in ideale coerenza col ricco patrimonio di fede, a voi tramandato dai vostri antenati.


2. E' anche presente un numeroso pellegrinaggio di fedeli della diocesi di Sessa Aurunca, insieme con il vescovo monsignor Raffaele Nogaro. Carissimi! So quanto avete desiderato di poter celebrare anche a Roma l'Anno Santo straordinario, e con quanto impegno, sotto la guida del vostro pastore e dei vostri sacerdoti, vi siete preparati interiormente a questo gesto così carico di valore e di significato spirituale! Il Giubileo, che ci ricorda il mistero della Redenzione operata da Cristo con la sua passione e morte, è un pressante invito al rinnovamento spirituale e alla riconciliazione con Dio e comporta quindi da parte dei singoli fedeli e delle varie comunità ecclesiali un impegno per vivere nella fede e nella penitenza tale mistero.

La conversione, cioè il ritorno a Dio, deve essere un atteggiamento costante del cristiano e trova la sua manifestazione sacramentale nella Confessione, incontro della fragile debolezza dell'uomo con l'infinita misericordia del Signore, per culminare in quell'incontro e contatto diretto e personale con Cristo, che si attualizza nell'Eucaristia.

E' questo l'auspicio che vi rivolgo, cari fedeli di Sessa Aurunca, in questa circostanza privilegiata. E desidero aggiungere un particolare saluto e una parola di affetto per il gruppo di fratelli e sorelle portatori di handicap, i quali, superando varie difficoltà e con l'aiuto meritorio dei loro accompagnatori, hanno voluto unirsi al pellegrinaggio giubilare della diocesi! La Chiesa e il Papa vedono in voi un particolare sostegno per le forze del bene; perché - come ho scritto nella mia recente Lettera apostolica sul senso cristiano della sofferenza umana - "coloro che partecipano alle sofferenze di Cristo conservano nelle proprie sofferenze una specialissima particella dell'infinito tesoro della Redenzione del mondo e possono condividere questo tesoro con gli altri" ("Salvifici Doloris", 27).

A tutti voi, pellegrini di Sessa Aurunca, e ai vostri cari, il mio sincero augurio di ogni bene!


3. Un cordiale saluto rivolgo poi ai pellegrini di Alife e di Caiazzo e al loro vescovo monsignor Angelo Campagna, venuti a Roma per il Giubileo della Redenzione! A voi, carissimi fratelli e sorelle, in questo odierno incontro vorrei ricordare le raccomandazioni che vi rivolsi nel novembre del 1979 in occasione delle celebrazioni del millennio della consacrazione episcopale del patrono di Caiazzo, santo Stefano Minicillo.

In una società spesso vittima del dubbio e dell'incertezza, specialmente per quanto riguarda i grandi problemi del significato dell'esistenza e della nostra suprema destinazione, voi dovete dare una serena testimonianza di fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, Redentore dell'umanità. Un fede, che diventa vita quotidiana di rapporto interiore, personale con Cristo, mediante i sacramenti della Riconciliazione e dell'Eucaristia. Una fede, che si fonda nella riflessione e nella meditazione personale e comunitaria della parola di Dio, dell'insegnamento del magistero della Chiesa. A tale proposito desidero manifestare il mio plauso per la scuola superiore di catechetica per laici, che il vostro pastore da due anni ha istituito, al fine di dare a tutti la possibilità di un serio e fecondo approfondimento della Rivelazione divina.

La vostra fede deve inoltre alimentarsi della preghiera continua, instancabile, ed esprimersi concretamente nella carità operosa verso i poveri, i bisognosi, gli emarginati di tutte le categorie. Che l'Anno Santo della Redenzione porti abbondanti frutti di rinnovamento interiore in ciascuno di voi!


4. Un affettuoso saluto rivolgo anche al pellegrinaggio dell'Istituto "Carlo Tincani", diretto in Bologna dalle Missionarie della scuola: desidero ricordare i soci, i corsisti della Libera università per anziani, i membri del consiglio direttivo e i docenti. Un sincero plauso per le interessanti iniziative, a cui date vita nell'ambiente della città di Bologna, ricca di antiche e illustri tradizioni culturali.

Sono anche presenti a questa udienza le aderenti alla federazione italiana delle donne impegnate nelle arti, nelle professioni e negli affari. A voi tutte, che in questi giorni partecipate al congresso nazionale sul tema della pace nel mondo, il mio saluto e il mio incoraggiamento perché possiate raggiungere quei nobili ideali sociali e umanitari che perseguite con tanto impegno ed entusiasmo.

Desidero indirizzare un particolare saluto al pellegrinaggio dei lavoratori addetti all'aeroporto "Leonardo da Vinci" di Roma-Fiumicino, i quali con i loro familiari celebrano il Giubileo della Redenzione.

Nell'esprimervi il mio compiacimento, auspico che il messaggio di Cristo si incarni ogni giorno nella vostra vita a edificazione di tutto il popolo di Dio.

A tutti voi qui presenti e ai vostri cari la mia benedizione apostolica!

Data: 1984-02-25 Data estesa: Sabato 25 Febbraio 1984




All'arrivo al quartiere San Paolo - Bari

Titolo: Bari, città vitale, ponte naturale verso l'Oriente

Testo:

Signor ministro, signor sindaco, abitanti del quartiere San Paolo, cittadini di Bari e rappresentanti dell'intera Puglia!


1. Nell'esprimere il mio vivo ringraziamento per le parole di benvenuto così cordiali e cortesi, che mi sono state ora rivolte a nome di tutti voi qui presenti, io desidero subito manifestare la mia gioia e soddisfazione per il fatto di trovarmi o, meglio, di ritrovarmi in mezzo a voi.

Oggi, infatti, mi è stato dato di venire per la seconda volta in questa nobile terra, dopo la visita, non certo dimenticata, che compii nell'ottobre del 1980 a Otranto, per venerare i suoi santi martiri. Non c'è discontinuità tra queste due visite, ispirate come sono, da parte mia, a un'immutata finalità pastorale e all'intenzione, in particolare, di confermare voi e tanti vostri fratelli e sorelle nella professione aperta e coerente della medesima fede cristiana (cfr. Lc 22,32). E da parte vostra - debbo pure rilevare, perché ne ho già avuta chiara conferma - io ravviso lo stesso atteggiamento aperto e ospitale che è sinonimo di attenzione, di disponibilità e di affetto.


2. Come avete certo notato, nel mio saluto c'è stata, distinta e speciale, la menzione di quanti risiedono nel quartiere, che ora mi accoglie. Già il nome che lo contraddistingue nella compagine civico-amministrativa mi è caro per l'ovvia ragione che è il nome stesso del grande apostolo Paolo, che con Pietro è uno dei fondatori della Roma cristiana. Ma c'è di più: io so che questo quartiere, relativamente nuovo, ha particolari problemi di ordine strutturale e sociale, derivanti da una troppo rapida urbanizzazione e dalla situazione dei servizi. Ma so anche che unanime, da parte sia delle competenti autorità sia della popolazione qui residente, è la volontà di superare presto le accennate difficoltà, onde l'intero quartiere conosca l'auspicato e pieno sviluppo, a cui ha certamente diritto. Orbene, la mia sosta in mezzo a voi, cari amici del quartiere San Paolo, vuole avere il preciso significato di un augurio, di una confermata speranza e di un leale incoraggiamento ad agire in fattiva e concorde collaborazione.


3. Da qui muovero tra breve verso il centro della vostra città, della quale non da oggi conosco e grandemente apprezzo, oltre alle nobili tradizioni storico-culturali, la singolare funzione di "ponte naturale verso l'Oriente", la multiforme operosità marinara e commerciale, la rinomata qualità delle sue istituzioni scientifiche. Dire Bari oggi significa nominare una moderna e vitale città che, mentre svolge un definito suo ruolo nell'ambito del mezzogiorno d'Italia e dell'intera penisola, è chiamata altresi a proiettarsi con efficace dinamismo al di là del suo mare per raggiungere porti e terre e genti del Levante.

Bari, come dai popoli vicini ha ricevuto (e basterà solo ricordare il culto di quel santo orientale, il grande Nicola, del quale essa è tanto fiera e per il quale è celebrata nel mondo), così è chiamata a sviluppare con lucidità e lungimiranza un programma di contatti e di scambi a distanza, a livello non solo economico, ma anche culturale e morale. Non posso, infatti, dimenticare la Bari cristiana, a cui desidero rivolgere, nella varietà e nell'articolazione di tutte le sue componenti, il mio saluto fiducioso e cordiale, auspicando che essa perseveri nella gelosa custodia del patrimonio di valori religiosi ereditati dagli avi, come pure nella ricerca di sempre più intensi contatti ecumenici con le Chiese cristiane d'Oriente.


4. Dopo la città il pensiero va naturalmente alla regione pugliese e, quindi, ai suoi capoluoghi di provincia, agli storici centri della sua costa come a quelli, non meno illustri, della zona appenninica, alle artistiche cattedrali e ai numerosi santuari, disseminati lungo il territorio. Il mio pensiero si rivolge poi alla città di Bitonto, nella quale oggi pomeriggio avro la gioia di incontrare i rappresentanti di quel mondo agricolo che tanta importanza ha nell'economia della regione. Tutti i pugliesi io desidero comprendere nel mio indirizzo e congiuntamente salutare, nel momento in cui mi accingo ad iniziare l'odierna visita pastorale, pregando e sperando che essa, con l'aiuto del Signore, possa produrre abbondanti frutti di bene, di grazia e di pace per quanti vivono e operano in quest'antica terra d'Italia.

Data: 1984-02-26 Data estesa: Domenica 26 Febbraio 1984




Alla concelebrazione eucaristica - Piazzale dello stadio (Bari)

Titolo: "San Nicola, un uomo per gli altri"

Testo:


1. Chi è il tuo Dio, Nicola? Chi è il tuo Dio, al quale tu rendi testimonianza? Molti pellegrini vengono alla città di Bari, sul litorale adriatico.

Vengono pellegrini dall'Italia, particolarmente dal meridione. Vengono dall'estero, da Occidente e da Oriente. Qui trovano le reliquie, le spoglie mortali del santo, che nel quarto secolo fu vescovo a Mira nell'Asia Minore. Da li il suo culto si è diffuso in tutte le direzioni, così che Nicola sembra diventato un santo universalmente noto e venerato in tutta la cristianità. La sua figura non cessa di essere un punto particolare di incontro tra l'Oriente e l'Occidente, il che ha assunto un significato nuovo in questo tempo di accresciuti sforzi ecumenici. Da tanti secoli san Nicola di Mira non cessa di attirare a sé i cuori umani con questa particolare testimonianza che egli ha dato a Dio: al Dio di Gesù Cristo, al Dio della Provvidenza...

Tutti coloro che vengono qui sembrano seguire questa testimonianza del santo. Sembrano domandare sempre di nuovo: Nicola dicci, chi è questo Dio al quale tu hai reso testimonianza? Rendici vicino questo Dio! E' strano: la storia ha fissato pochi fatti della vita del santo, ma questa testimonianza è pervenuta fino a noi. Si è fissata nella memoria del popolo di Dio, nel culto liturgico della Chiesa, nell'arte sacra e anche nei costumi e nelle consuetudini popolari di molte nazioni.


2. La liturgia dell'odierna domenica ci permette di trovare una risposta alla domanda che rivolgiamo a Nicola, vescovo di Mira, le cui reliquie riposano qui a Bari.

Questo Dio, al quale il nostro santo tanto rende testimonianza, è il Bene supremo e la sorgente di ogni bene. Ne parla, con il suo linguaggio tipico, il salmo responsoriale dell'odierna liturgia: "Solo in Dio riposa l'anima mia; / da lui la mia speranza. / Lui solo è mia rupe e mia salvezza, / mia roccia di difesa: non potro vacillare" (Ps 61,2-3).

Sono due versetti, ciascuno dei quali esprime con tali parole un unico pensiero: Dio è la sorgente di ogni bene; e perciò in lui è riposta la più profonda speranza dell'uomo. Infatti Dio non soltanto è il Bene infinito in se stesso, ma è il Bene per l'uomo: egli vuole per l'uomo il bene, vuole essere lui stesso il Bene definitivo per l'uomo. Vuole essere la "salvezza" dell'uomo: "Solo in Dio riposa l'anima mia".

Egli è il fondamento stabile e indefettibile, sul quale l'uomo può costruire l'edificio della propria vita e del proprio destino. E' per questo che il salmista paragona il Dio della speranza umana a una rupe e a una roccia: "il mio saldo rifugio e la mia difesa è in Dio" (Ps 61,8).

Tra le esperienze della precarietà, in mezzo alle sorti mutevoli della vita terrena, Dio è per l'uomo un sostegno definitivo, a cui esso attinge l'indispensabile forza dello spirito. Il Dio del salmista dell'odierna liturgia è il Dio del vescovo Nicola di Mira. Egli ha attinto da lui la sua speranza e la sua forza interiore. ln lui ha trovato l'appoggio per se stesso e per il gregge che gli è stato affidato. Dio, sorgente di ogni bene, fu per Nicola anche l'ispirazione a ogni bene, che egli cercava di fare agli altri nella sua vita. E proprio così è ricordato dalla viva tradizione della Chiesa: Nicola il benefattore. Nicola che, con gli occhi fissati in Dio, fonte di ogni bene, a tutti faceva del bene.


3. Il Signore, al quale egli ha reso testimonianza con la propria vita, è il Dio di Gesù Cristo, quindi è il Padre premuroso, che manifesta incessantemente la sua paternità nei riguardi delle creature e soprattutto nei confronti dell'uomo, mediante le opere della Provvidenza.

Ne testimoniano le parole di Cristo stesso nell'odierno Vangelo: "Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?... Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?... Il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno" (Mt 6,26 Mt 6,30 Mt 6,32).

Dio, che è la fonte di ogni bene nell'opera della creazione, è anche la Provvidenza incessante del mondo e dell'uomo. Vuole continuamente che i beni, chiamati da lui all'esistenza, siano partecipati dalle creature e in particolare dall'uomo; l'uomo, infatti, è stato distinto da Dio tra tutte le creature del mondo visibile.

Sin dall'inizio Dio ha circondato l'uomo con un particolare amore. E questo amore ha caratteristiche paterne e materne insieme, come lo testimonia il profeta Isaia nella prima lettura: "Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo grembo? Anche se vi fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimentichero mai" (Is 49,15).


4. La paternità di Dio fu una particolare ispirazione per il vescovo di Mira: la paternità, ma anche questa maternità di cui parla il profeta. Egli fu un grande testimone della Provvidenza divina: lo attestano gli avvenimenti della sua vita, ritenuta nella memoria dalla tradizione del popolo di Dio. La storia dei santi nella Chiesa ha dato molti simili testimoni della divina Provvidenza, anche in questa terra italiana. Nicola è come un modello e protagonista di essi.

Egli ha reso testimonianza alla divina Provvidenza non soltanto per il fatto di aver avuto lui stesso un'infinita fiducia, ma anche perché si studio di essere la provvidenza per gli altri. Si prendeva cura del prossimo come un padre e una madre e, in base alle sue possibilità umane, rimediava alle loro necessità.

Egli fu certamente fedele alle parole del divino Maestro: "Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena" (Mt 6,34).

Come tutti i testimoni eroici della divina Provvidenza egli fu uomo di una fiducia illimitata. Ecco, in lui la divina Provvidenza, la Bontà paterna e in un certo senso materna di Dio, ha trovato un'eloquente testimonianza in tutta la vita del vescovo di Mira. Da generazioni la Chiesa dell'Oriente e dell'Occidente, e perfino gli uomini che sono fuori della Chiesa, vengono in pellegrinaggio, da secoli, a questa testimonianza.


5. San Nicola sta davanti a noi come ministro di Cristo e amministratore dei misteri di Dio (cfr. 1Co 4,1). E mediante tutto il suo servizio episcopale, mediante l'amministrazione dei misteri di Dio, traspare la luce più profonda del Vangelo: il regno del Dio dell'Amore.

Se Nicola è stato - durante i secoli - un testimone così eloquente della divina Provvidenza, lo è stato perché aveva scelto, alla lettera, secondo le parole di Cristo, il servizio di Dio stesso. Cristo infatti dice: "Nessuno può servire a due padroni... non potete servire a Dio e a mammona" (Mt 6,24). Nicola ha scelto in modo indivisibile il servizio a Dio. E proprio da questo servizio indivisibile ha preso inizio la sua insolita testimonianza, che egli ha reso al Dio dell'Amore, al Dio-Provvidenza.

Lui stesso ha saputo essere "provvidenza" per gli altri, perché con tutta la sua vita ha cercato prima il regno di Dio. così come ha detto Cristo: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33).

A volte ascoltiamo le parole dell'odierno Vangelo quasi con una certa diffidenza. può l'uomo non preoccuparsi per la propria vita? Tuttavia il divin Maestro non dice: "non preoccupatevi", ma "non preoccupatevi troppo, non affannatevi". Egli non consiglia una noncuranza spensierata, ma indica una giusta gerarchia dei valori. La chiave alla comprensione di tutti questi paragoni: ai gigli del campo, all'erba del campo, agli uccelli del cielo, è appunto la frase: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta".

La giustizia del regno di Dio è un bene incomparabilmente superiore nei confronti di tutto ciò per cui l'uomo può affannarsi, servendo a mammona.

Nicola di Mira fu proprio un uomo che espresse nella vita questa sollecitudine prioritaria per il regno di Dio e per la sua giustizia. Tutte le altre cose gli sono state date in aggiunta per le sue necessità e per quelle degli altri. Egli è stato, durante i secoli, un testimone tanto eloquente della divina Provvidenza perché ha accettato, con cuore indiviso, il servizio di Dio e, insieme con esso, ha accettato la gerarchia dei valori che Cristo annuncia.


6. Veniamo in pellegrinaggio al santuario di san Nicola nella città di Bari durante l'Anno Santo della Redenzione, durante il Giubileo straordinario.

Il mistero della Redenzione non ci parla forse in modo speciale della divina provvidenza? Non ci parla di Dio che "ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chiunque crede in lui... abbia la vita eterna?" (Jn 3,16). Questo amore non è forse la misura definitiva della Provvidenza? La misura principale e sovrabbondante? Veniamo a Bari per trovarci, insieme col santo vescovo Nicola, dinanzi a questa divina Provvidenza, per professarla, per adorarla secondo questa testimonianza che il santo ci ha lasciato.

Il mistero della Redenzione non conferma forse la verità che bisogna cercare prima il regno di Dio e la sua giustizia? Proprio questa verità del Vangelo non è forse particolarmente minacciata nella vita dell'uomo dei nostri tempi? Non siamo testimoni di un capovolgimento della gerarchia evangelica dei valori? Il servizio a mammona (in diverse forme) non si impadronisce sempre di più del pensiero, del cuore e della volontà dell'uomo, offuscando il regno di Dio e la sua giustizia? In questo "servizio esclusivo" a ciò che è terreno, l'uomo non perde la giusta dimensione del suo essere umano e del suo destino? Che in questo Anno della Redenzione parli una volta ancora a noi la testimonianza di san Nicola, che, fissandosi in Dio quale sorgente di ogni bene, fu buono egli stesso, fece del bene agli altri, fu veramente "un uomo per gli altri"; fu ministro di Cristo e amministratore dei misteri di Dio.

Che questa testimonianza parli a noi! "Solo in Dio riposa l'anima mia, / da lui la mia speranza. / Lui solo è mia rupe e mia salvezza / mia roccia di difesa: non potro vacillare" (Ps 61,6-7). Amen.

Data: 1984-02-26 Data estesa: Domenica 26 Febbraio 1984




Alle categorie produttive alla Fiera del Levante (Bari)

Titolo: L'uomo, immagine di Dio, viene prima di ogni profitto

Testo:

Illustri signori e cari amici di Bari.


1. Sono lieto di questo incontro con voi, qualificati rappresentanti delle categorie produttive e dei servizi della città di Bari: imprenditori dell'industria; addetti ai trasporti delle ferrovie e dei servizi urbani ed extra-urbani; lavoratori del mare: pescatori, portuali, marittimi; artigiani e commercianti; addetti al pubblico impiego e al servizio sanitario. Voi recate e impersonate la struttura dinamica e laboriosa di questo capoluogo apulo.

Vi ringrazio con vivo calore per la vostra presenza e porgo a ciascuno di voi il mio saluto più cordiale. Il primo sentimento che ora sorge nel mio animo è quello di apprezzamento per l'impegno intenso di questa città, al fine di raggiungere il massimo dell'occupazione e un sufficiente livello di benessere e di sicurezza sociale per tutti.

Bari che, oggi, con le sue nuove costruzioni periferiche ha assunto l'aspetto tipico di un moderno centro industriale e commerciale, è sempre stata città dalle vivaci risorse, operosa e impegnata. Non è certo questo il momento di riandare sulle onde della storia a una sintesi dei passati eventi, ma non si può non ricordare che Bari ha mantenuto nei secoli la sua funzione essenziale di porta verso l'Oriente, di polo di sviluppo e di scambi.

Tutto ciò, rivissuto in sintetico "flash", permette di comprendere il carattere del cittadino barese e della provincia; ingegnoso, desideroso di lavorare, di intraprendere nuove esperienze; di tenersi all'altezza dell'aggiornamento imprenditoriale e commerciale. Tale fervore della città, della provincia e della regione trova la sua espressione spettacolare nella fiera del Levante, prestigiosa vetrina delle varie attività, punto di riferimento per tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo e quindi concreta dimostrazione del valore del dialogo tra le nazioni. E' significativo, dunque, che questo mio incontro con le forze dell'economia barese avvenga proprio nei locali che ospitano la suddetta fiera.


2. Naturalmente esistono numerosi problemi da risolvere; ed è qui che il mio sincero compiacimento diventa esortazione per tutti voi a non perdere mai l'entusiasmo; a non lasciarsi sopraffare dal peso delle difficoltà e dall'amarezza dell'insuccesso; ad impegnarsi fedelmente per programmare lo sviluppo, per preparare i giovani ai settori più promettenti dell'occupazione, per servire la comunità saggiamente, non tanto al fine di arricchire, ma piuttosto per distribuire in modo equo la sicurezza sociale e il benessere.

Questo impegno diretto alla promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo, nel suo contesto familiare e sociale, è certamente un'impresa nobilissima, ma al tempo stesso delicata e difficile. Anche i problemi economici più gravi vanno affrontati alla luce di una conoscenza globale dell'uomo e delle sue fondamentali esigenze spirituali.

E' necessario uscir fuori dalle teorie e dalle mode, anche da quelle politiche ed economiche, e ricondurre sempre le cose dell'uomo - comprese le sue attività produttive - alla fondamentale iniziativa creatrice e redentrice di Dio, vera chiave di interpretazione di ogni valore umano.

Ora è certo che, nel piano di Dio, l'uomo è destinato a realizzare ed esprimere l'amore, l'amicizia, la comunione anzitutto con Dio stesso e poi con tutti i fratelli. Quindi una politica economica, pur osservando il necessario rigore, l'auspicata oculatezza e lungimiranza, deve tendere anch'essa a favorire e a stabilire l'amore vicendevole, nel rispetto di tutti i diritti della persona umana. Solo così l'uomo "pellegrino verso l'eterno" potrà percorrere il cammino terrestre in una vitale atmosfera di solidarietà fraterna che lo conforti e lo incoraggi.

Nessuna legge del profitto economico e della produzione ottimale dovrà vanificare od ostacolare il raggiungimento di tali traguardi spirituali, essenziali all'uomo.

Ad esempio eloquente di un tale stile globale nell'affrontare i problemi economici e politici in sintonia con la realtà spirituale dell'uomo, desidero ricordare in questa città che gli diede i natali e che da lui fu tanto amata, la figura dell'onorevole Aldo Moro che consacro tutta la sua vita all'azione politica per il bene dell'intera nazione italiana e che concluse così tragicamente, nella luce di una definitiva oblazione ai supremi ideali, la sua nobile esistenza di statista. Egli scriveva: "Il cristiano deve essere estremamente cauto nel ricercare, dovunque si presentino e spesso nei modi più impensati, le vere cause che ostacolano il progresso del mondo: intransigente nel rimuoverle in se stesso e negli altri; coraggioso nelle grandi e nelle piccole cose; fiducioso nel lavoro oscuro... paziente nell'anelito infinito del bene". E concludeva: "Noi riconosciamo il valore dell'economia e della politica, ma le subordiniamo al supremo valore umano che è nella comunione dell'uomo con Dio" ("Un mondo migliore", in "Pensiero e vita", 9 settembre 1944).

Sono asserzioni serie che assumono il valore di un programma anche per chi non condivide la stessa fede, e che incoraggiano pure voi a perfezionare il vostro impegno di lavoro.


3. Concludo queste mie parole con l'auspicio di un avvenire sempre più prospero; ma soprattutto formo un augurio di conversione evangelica, cioè che il vostro domani possa vedere i cuori di tutti sempre più aperti agli ideali della fraternità, della mutua comprensione, della sensibilità operante in favore di quanti sono particolarmente stretti dalle angustie del bisogno e dell'insicurezza sociale. Affido al Signore questi voti e li pongo sotto la protezione della Vergine Odigitria, affinché essa vi assista in questo cammino di autentica promozione umana, mentre rinnovo a tutti voi il mio saluto, estendendolo ai vostri colleghi, alle vostre famiglie e ai vostri cari.

Con la mia benedizione.

Data: 1984-02-26 Data estesa: Domenica 26 Febbraio 1984





GPII 1984 Insegnamenti - All'assemblea della Focsiv - Città del Vaticano (Roma)