GPII 1984 Insegnamenti - Al Corpo Diplomatico accreditato a Seoul

Al Corpo Diplomatico accreditato a Seoul

Titolo: La situazione mondiale invoca una risposta: un cuore nuovo

Testo:

Vostre eccellenze, Signore e signori, Un momento molto significativo in tanti dei viaggi che ho compiuto in diverse parti del mondo, nell'adempimento della mia missione apostolica nei riguardi delle comunità cattoliche delle varie nazioni, è stato l'incontro con i membri del corpo diplomatico. Ora, qui a Seoul, sono molto lieto di incontrarvi, membri del corpo diplomatico accreditati presso il governo della repubblica di Corea. Grazie per essere venuti qui questa sera.

Le ragioni della mia visita sono ben note a voi. La Chiesa cattolica in Corea sta celebrando il duecentesimo anniversario della sua esistenza nel "Paese del mattino placido". E' una Chiesa giovane, già ricca di esperienza e piena di promese per il futuro. Anche il popolo di Corea si presenta come un popolo giovane - a dispetto della sua lunga storia - con una vitalità che consente grandi promesse per il domani: un popolo pieno di speranze e di nobili aspirazioni, con un immenso desiderio di pace e di stabilità, e di risanamento dalle dolorose ferite che tuttora causano profonde sofferenze. Le aspirazioni di pace, di sicurezza e di unità nazionale, che sono ovunque oggi sempre più sentite, si avvertono in modo particolare tra il popolo coreano, e la mia visita intende indicare che questi desideri così nobili sono condivisi da me e dalla Chiesa.


1. Membri del corpo diplomatico, voi siete i rappresentanti ufficiali dei vostri rispettivi Paesi. Voi servite i vostri Paesi promuovendo e difendendo gli interessi dei vostri popoli. Ma è caratteristica del vostro servizio che voi dobbiate essere anche attenti osservatori e attivi partecipanti alla vita culturale e sociale e alla mentalità del Paese che vi ospita. Come diplomatici, siete chiamati ad avere una profonda sensibilità nei confronti dei genuini valori nazionali del Paese nel quale svolgete la vostra missione. Non c'è dubbio che, quanto meglio voi conoscerete e rispetterete il carattere autentico e originale del popolo coreano, tanto meglio svolgerete l'importante compito di promuovere la reciproca comprensione e simpatia. E non c'è dubbio che comprensione e simpatia, collaborazione e corresponsabilità sono in grado di mettere in moto "un più generale meccanismo di ricerca di pace" tra i popoli su scala mondiale.


2. Pace! Molto si dice di essa: eppure la vera pace appare sempre più sfuggente.

Da una parte, gli strumenti di guerra - ordigni di morte e di distruzione - aumentano continuamente. D'altra parte, le strutture di dialogo disponibili, sia tra le nazioni e le alleanze più importanti, sia tra le parti in grado di limitare e localizzare le dispute, hanno dimostrato di essere estremamente fragili e vulnerabili. Dovremmo allora smettere di parlare della pace? O dovremmo piuttosto trovare le parole che provocheranno una risposta di seria riflessione da parte di tutti coloro che hanno responsabilità nelle decisioni e nelle politiche attinenti alla pace? Non sarebbe un crimine rimanere silenziosi quando ciò che serve è un appello efficace per una vera "conversione del cuore" da parte dei singoli, dei governi e delle nazioni? "Conversione del cuore" è stato il tema del mio messaggio per la XVII Giornata mondiale della pace celebrata il primo gennaio di quest'anno: "La pace nasce da un cuore nuovo". Come ho fatto notare in quell'occasione, credo che una seria riflessione su questo tema "consente di andare al fondo della questione ed è tale da rimettere in discussione certi "presupposti" che minacciano appunto la pace. L'impotenza, nella quale si trova l'umanità, di risolvere le tensioni, rivela che gli intoppi o, al contrario, le speranze derivano da qualcosa di più profondo degli stessi sistemi" (n. 1).

Questo cambiamento o "conversione" del cuore non è un'esclusiva cristiana né un ideale religioso. E' un'esperienza umana fondamentale e originale che riguarda sia le nazioni, sia gli individui. Per ripetere quanto scrissi nel messaggio per la Giornata mondiale della pace: "Si tratta di ritrovare la chiaroveggenza e l'imparzialità insieme col rispetto dei diritti dell'uomo, il senso dell'equità con la solidarietà mondiale tra ricchi e poveri, la fiducia reciproca e l'amore fraterno" (n. 3).


3. La pace è minacciata ovunque lo spirito umano è oppresso dalla povertà e condizionato da imposizioni socio-politiche o ideologiche. Nel nostro mondo la pace è seriamente minacciata dalle tensioni che nascono da differenze ideologiche "tra Est e Ovest", e dal crescente contrasto tra i Paesi sviluppati "del Nord" e i Paesi in via di sviluppo del Sud.

La pace è minacciata ovunque i diritti fondamentali dell'uomo vengono ignorati o calpestati, e specialmente il diritto alla libertà religiosa. La pace è minacciata dove non viene riconosciuto, promosso e salvaguardato il benessere integrale della persona umana; dove i diritti umani non vengono rispettati nella loro unica dignità e nel loro unico valore; dove essi vengono subordinati a interessi precostituiti e all'ambizione del potere in ogni sua forma; dove i poveri sono sfruttati dai ricchi, i deboli dai forti, gli incolti dai più preparati e privi di scrupoli. La pace è minacciata dove la persona umana è resa "vittima" del progresso scientifico e tecnologico, anziché essere "beneficiaria" delle meravigliose possibilità di vero progresso e di sviluppo che l'uomo strappa alla natura. La pace è minacciata dagli avvenimenti; ma questi stessi avvenimenti sono lo specchio di cause più profonde legate all'atteggiamento del cuore umano.


4. E' veramente necessario "ripensare le politiche e le priorità fondamentali". In questo momento storico è veramente necessaria la saggezza. C'è sempre meno spazio per giocare d'azzardo con il bene della famiglia umana. L'unica scelta è il dialogo sincero, la collaborazione reciproca, per l'edificazione di un ordine internazionale più giusto. Che cosa sia quest'ordine giusto, ancora resta, entro certi limiti, da scoprire attraverso uno scambio di idee e di valori fondato sulla fiducia, senza preconcetti; un dialogo che ha per oggetto il bene comune di tutti e gli inalienabili diritti di ogni essere umano.


5. Il mio appello a voi, signore e signori del corpo diplomatico, è affinché usiate ogni mezzo a vostra disposizione per promuovere tale dialogo. "Affinché si trovi un nuovo modo di pensare", insieme con il coraggio di ricominciare da capo! Le condizioni di base morali e psicologiche sottese alla presente situazione mondiale devono essere riesaminate con attenzione e con imparzialità.

Come ho suggerito, forse la difficoltà più grande nell'instaurare un dialogo costruttivo è la mancanza di fiducia reciproca tra gli individui, i gruppi, le nazioni, le alleanze. Esiste un'atmosfera di sospetto che porta una delle parti a dubitare della buona volontà dell'altra. ciò costituisce un serio ostacolo obiettivo alla pace, che consegue a reali circostanze riguardanti la vita delle nazioni. Si deve riconoscere che quest'atmosfera di timore, di sospetto, di sfiducia e di incertezza è estremamente difficile da dissipare. La sensazione di insicurezza è reale, e a volte giustificata. ciò porta, a sua volta, a livelli sempre più elevati di tensioni, aggravata dall'inevitabile ricerca, con tutti i mezzi e da ciascuna delle parti, di una superioriià militare, - e perfino ad avere il sopravvento con ati di vero e proprio terrorismo, come è avvenuto a Rangoon - o del predominio sull'altra parte mediante il controllo economico e ideologico. Le aspirazioni di centinaia di milioni di esseri umani ad una vita migliore, le speranze della gioventù per un mondo migliore saranno inevitabilmente frustrate se non ci sarà un cambiamento del cuore e un nuovo inizio!


6. In un riesame dei fondamentali presupposti morali e psicologici che costituiscono una minaccia per la pace, lo sviluppo e la giustizia, un requisito fondamentale è l'instaurazione di un nuovo clima di fiducia.

"La pace deve sgorgare spontanea dalla mutua fiducia delle nazioni, piuttosto che essere imposta ai popoli dal terrore delle armi" (GS 82). La stessa necessità di un clima di fiducia vale all'interno di una nazione o di un popolo. In modo speciale imcombe sui leader delle nazioni promuovere un clima di sincera simpatia all'interno e all'esterno. E mentre essi non possono ignorare la complessità delle relazioni internazionali, debbono altresi sentirsi obbligati a svolgere il gravoso compito della ricerca della pace. Servire la causa della pace: è questa un'opera dettata da supremo amore per l'umanità: "Quest'opera esige oggi certamente che essi estendano la loro mente e il loro cuore al di là dei confini della loro nazione, deponendo ogni egoismo nazionale ed ogni ambizione di supremazia su altre nazioni, nutrendo invece un profondo rispetto verso tutta l'umanità" (GS 82).

Rispetto per l'umanità: questo è certamente il nocciolo di tutta la questione. Se la persona umana è venerata e rispettata in tutta la sua inviolabile dignità e in tutti i suoi inalienabili diritti, allora l'ingiustizia e l'aggressione appariranno per ciò che veramente sono: un'arroganza che nasconde in sé un certo desiderio di morte perché sovverte l'equilibrio dell'ordine naturale del fondamentale equilibrio dei diritti e dei doveri, dando vita a una situazione di caos morale di cui prima o poi tutti diventano vittime. Le parole del Vangelo: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (Mt 7,12), sono l'espressione di un requisito fondamentale per la coesistenza umana, che si adatta egualmente alle relazioni tra gli individui e a quelle tra le nazioni.


7. Oggi, qui a Seoul, colgo l'opportunità per chiedervi, membri del corpo diplomatico, - e desidero estendere questo appello a tutti gli uomini che occupano posizioni di responsabilità - di lavorare per la pace lavorando per un cambiamento del cuore, impegnandovi per considerare la situazione mondiale con un'ottica nuova e con la volontà di superare antichi pregiudizi e punti di vista unilaterali.

Come diplomatici, avete particolari occasioni per sostenere e rafforzare la comprensione tra i popoli e tra i governi. Per far ciò dovete essere convinti che la pace è possibile; che la pace è migliore della guerra; che gli esseri umani meritano di essere salvati dall'attuale logica della paura e della mancanza di fiducia.

In questo momento il mondo ha bisogno di voi come costruttori di pace; ha bisogno di uomini e di donne con un senso del destino, dediti al compito di salvare la nostra civiltà dalle varie minacce che mettono a repentaglio la sua stessa esistenza.


8. Nel vostro servizio diplomatico in Corea voi potete vedere come contrastanti ideologie, e le passioni da esse determinate, provochino intensa sofferenza.

L'angoscia e la sofferenza di una Corea divisa sono il simbolo di un mondo diviso che è privo di fiducia e che non riesce a raggiungere la riconciliazione nell'amore fraterno. Sono il simbolo di una situazione mondiale che invoca una risposta: un atteggiamento nuovo, un cuore nuovo. La vostra missione qui, perciò.

assume un significato e un peso particolare. Prego che la vostra esperienza vi convinca che soltanto una piena affermazione dei diritti umani e dei valori fondamentali, insieme con un rispetto reale per la dignità di ogni persona umana, porterà una duratura risposta alle profonde aspirazioni di tutti i popoli del mondo a vivere in pace e in armonia.

Possa Iddio onnipotente proteggervi e darvi la saggezza e la forza di operare per la causa della giustizia e dell'armonia fraterna tra tutti gli uomini e i popoli. Possa Iddio farvi strumenti della sua pace.

Data: 1984-05-04 Data estesa: Venerdi 4 Maggio 1984




Durante le ordinazioni sacerdotali - Taegu (Corea)

Titolo: Il sacerdozio, dono di Dio per l'uomo

Testo:

Diletti fratelli e sorelle in Cristo, diletti giovani che ricevete il sacerdozio in questa solenne assemblea di fede e di fervente preghiera.


1. Questa mattina, qui a Taegu, alla presenza dei vostri vescovi, di tanti ospiti, circondati da tanti sacerdoti, religiosi e laici del popolo di Dio di questa terra - e da tanti giovani entusiasti che vi amano e che vi sostengono con le loro preghiere - voi ricevete il dono del sacerdozio. E' un dono a voi e alla Chiesa che viene da Cristo stesso.

In questa giornata dedicata alla partecipazione, è buona cosa che riconosciamo che Dio stesso è il primo a condividere i suoi doni con noi. "Che cosa mai possiedi - chiede san Paolo nella lettura che abbiamo ora ascoltato - che tu non abbia ricevuto?" (1Co 4,7). Infatti è attraverso il dono di Dio che d'ora innanzi sarete considerati "ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1). Sono sicuro che avete meditato profondamente queste parole e che sono impresse nelle vostre menti e nei vostri cuori. Rappresentano per voi la vostra identità di sacerdoti di Gesù Cristo.


2. Diventando sacerdoti, voi ricevete un'effusione sacramentale dello Spirito Santo. Cristo vi dà una partecipazione al suo sacerdozio: vi unisce a sé nell'opera di redenzione. E' certamente un privilegio per voi essere stati scelti, ma un privilegio che comporta un servizio: un servizio come quello di Gesù, che non è venuto per essere servito, ma per servire (cfr. Mt 20,28), come quello di Maria, l'umile serva di Dio (cfr. Lc 1,48).

Cristo vi ha scelti per essere ministri e amministratori. In quale modo lo servirete? Queste sono le sue parole: "Se uno mi vuole servire, mi segua" (Jn 12,26). Come sacerdoti siete chiamati a seguire il divino Maestro in una maniera particolare. Siete chiamati ad una funzione di discepoli, che coinvolge il livello più profondo della vostra personalità. Riceverete una conformazione sacramentale a Cristo che coinvolge ogni settore della vostra vita. Stiamo parlando infatti del modo particolare del sacerdote di partecipare al mistero pasquale della passione, morte e risurrezione del nostro Salvatore.

Ascoltiamo ancora le parole di Cristo: "In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Jn 12,24). La Chiesa insiste giustamente sul fatto che la vostra ordinazione sacerdotale è un "morire a se stessi", perché è precisamente questa donazione di se stessi che apre la via per dare frutti: se il chicco di grano muore, produce molto frutto.


3. Vi spaventano talvolta le richieste che Cristo vi fa? Certamente vi rendete conto che il vostro servizio sacerdotale esigerà spesso da voi il coraggio del sacrificio di voi stessi. E' in momenti come questi che dovete avere presente il modo di reagire di Gesù a queste stesse paure, come lo descrive la lettura odierna del Vangelo: "Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora!" (Jn 12,27).

Il vostro scopo come sacerdoti è di essere uno con Cristo nell'opera di redenzione: "Dove sono io, là sarà anche il mio servo" (Jn 12,26). Possa l'esempio dei vostri sacerdoti coreani martiri parlare ai vostri cuori, rivelandovi la vera natura della vostra vocazione, allontanando ogni falsa aspettativa. Possano questi uomini, che parteciparono pienamente al mistero pasquale di Cristo, essere vostri modelli di servizio generoso e di sacrificio sacerdotale.


4. Dove si attua oggi il mistero pasquale di Cristo? Si attua soprattutto nel grande dono dell'Eucaristia, del quale voi siete fatti ministri. Cristo affida questo supremo dono a voi. Nella celebrazione dell'Eucaristia, agendo nella persona di Cristo e proclamando il suo mistero, voi rinnovate e attualizzate il sacrificio unico del Nuovo Testamento, il sacrificio nel quale Cristo si offerse al Padre come vittima senza macchia per il perdono dei peccati (cfr. LG 28).

Egli non affida soltanto questo dono al vostro ministero; vi invita anche a parteciparvi ancor più pienamente. così l'Eucaristia diventa il nutrimento della vostra vita sacerdotale. Come la vita di Gesù riceve il suo pieno significato ed è completata nel mistero pasquale, così il sacerdote trova nell'Eucaristia il pieno significato della sua vita, la fonte della sua forza, e la gioia del suo servizio pastorale consacrato al popolo di Dio. Alla mensa della parola e del pane di vita voi rendete Cristo presente per la costruzione della comunità ecclesiale.


5. E' specialmente dall'Eucaristia che attingerete la forza per seguire Cristo ed essere dove egli è: "Dove sono io, là sarà anche il mio servo". Gesù Cristo è dove il Vangelo ce lo mostra: nella povertà, nell'umiltà e nella vulnerabilità, al momento della sua nascita; nel suo condividere le gioie e i dolori del suo popolo; vicino alla vita quotidiana degli uomini e delle donne del suo Paese; nel benedire i bambini; nel conversare con i giovani, nella sua comprensione per tutti. Lo vediamo soprattutto quando prega il suo Padre celeste, cercando il silenzio e la solitudine per riflettere sulla volontà del Padre, accettando questa volontà nell'obbedienza fino alla morte (cfr. Ph 2,8). Cristo era sempre là dove lo voleva il Padre. E anche oggi egli è vicino ai poveri, ai malati, agli emarginati, agli oppressi, ai peccatori. E' qui che si trova Cristo, è qui che si trova la Chiesa. Qui voi siete chiamati ad essere, come sacerdoti. Tutta questa gente è ancora in attesa della buona novella della redenzione, della speranza delle beatitudini.

Cristo ha qualche cosa da dare ad ogni uomo, ad ogni donna o bambino che ha redento. Schiude i tesori della verità ultima e i tesori dell'amore del Padre a tutti coloro che lo ascoltano e lo accettano. Ma per poter vivere "per gli altri", anche voi dovete vivere secondo questa verità e questo amore.

Non vi lasciate ingannare da altri messaggi, anche se sono proclamati nel nome di Cristo. Siete chiamati ad essere testimoni del paradosso proposto da Cristo: "Chi ama la sua vita la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna" (Jn 12,25). Si, siete chiamati ad essere portatori della speranza di vita eterna, una speranza che illumina e completa tutte le realtà temporali: "Se uno mi serve... il Padre lo onorerà" (Jn 12,26).


6. Fratelli carissimi: "Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?" (1Co 4,7). Il sacerdozio è il grande dono che Dio vi ha fatto. Metterà radici nei vostri cuori più pienamente, e produrrà frutti più abbondanti, quanto più comprenderete la gratuità del dono. Come Maria, anche voi dovete esultare in Dio vostro salvatore, che ha guardato la vostra umiltà (cfr. Lc 1,47-48). La consapevolezza della sproporzione tra la grandezza soprannaturale del dono e la vostra indegnità vi impedirà di diventare orgogliosi: come ci è stato ricordato nella prima lettura, ci impedirà di "vantarci" come se non l'avessimo ricevuto (1Co 4,7).

Soprattutto, sarete mossi a rispondere all'amore con amore: a donarvi per la salvezza del mondo con generosità e coraggio totali: a rispondere al dono con il dono. Questa è la vera sfida del vostro sacerdozio: "Quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele" (1Co 4,2). Che siate fedeli: è questa la mia preghiera per voi; questa deve essere la vostra risposta a Cristo e alla Chiesa; questa è la prova del vostro amore per i vostri fratelli e le vostre sorelle in questo Paese, che guardano a voi per una guida e per un esempio ispiratore.


7. Il Papa vuole rivolgere uno speciale saluto anche ai molti giovani presenti a questa ordinazione. Sono veramente felice di vederne tanti. Siete pieni di vita e di speranza, riuniti qui per partecipare al mistero pasquale del Signore nell'Eucaristia, e anche per essere testimoni di questo meraviglioso avvenimento in cui dei giovani vengono ordinati al sacerdozio. E' certamente per tutti voi motivo di meraviglia che questi giovani, una parte così consistente della vostra generazione, diventino oggi sacerdoti. Anche a ognuno di voi si pone la sfida di dare un significato pieno alla propria vita, quella vita unica che vi è data di vivere.

Siete giovani, e volete vivere. Ma dovete vivere pienamente, e con uno scopo. Dovete vivere per Dio, dovete vivere per gli altri. E nessuno può vivere questa vita al vostro posto. L'avvenire è vostro, pieno come è di pericoli e di possibilità, di speranze e di angosce, di sofferenze e di felicità. Ma l'avvenire è soprattutto una chiamata e una sfida a "conservare" la vostra vita rinunciando ad essa "perdendola" - come ha ricordato il Vangelo -, condividendola attraverso il servizio amorevole agli altri. La misura del vostro successo sarà la misura della vostra generosità. In una parola sola, dovrete vivere in Cristo Gesù, per la gloria del Padre, nell'unità dello Spirito Santo. Amen.

Data: 1984-05-05 Data estesa: Sabato 5 Maggio 1984




Ai lavoratori - Pusan (Corea)

Titolo: Giustizia e fraternità valgono più del progresso tecnologico

Testo:

Fratelli e sorelle.

Voi occupate un posto speciale nel cuore della Chiesa. Cosa fu lo stesso Gesù se non un lavoratore? Quando egli comincio a insegnare, molti rimanevano stupiti e dicevano: "Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria?" (Mc 6,2-3).


1. Il Figlio di Dio si fece uomo e lavoro con mani umane. Il lavoro, perciò, ha una dignità propria nel piano divino della creazione. Proprio all'inizio del libro della Genesi leggiamo che l'uomo è stato creato "a immagine di Dio... maschio e femmina".

Affidandogli tutto l'universo, Dio gli disse di "essere fecondo e moltiplicarsi, di riempire la terra e di soggiogarla" (Gn 1,27-28). così noi sappiamo, non soltanto per mezzo della ragione ma attraverso la rivelazione, che con il suo lavoro l'uomo partecipa all'opera del Creatore. La prosegue e, in un certo senso, la perfeziona con il suo lavoro, con la sua fatica, con il suo sforzo quotidiano per trarre il sostentamento dalla terra, o dal mare, o per mettere le sue energie al servizio di vari processi di produzione. Quanto è nobile questa missione che soltanto l'uomo con il suo lavoro può realizzare! Certo, noi cristiani siamo convinti che i successi della razza umana nell'arte, nella scienza, nella cultura e nella tecnologia sono un segno della grandezza di Dio e la manifestazione del suo misterioso disegno.


2. Gesù Cristo ha dato particolare risalto a questa verità: l'uomo, attraverso il lavoro, partecipa all'attività del Creatore. Perché Gesù stesso fu un uomo lavoratore, un operaio come Giuseppe di Nazaret. Gesù appartenne inequivocabilmente al "mondo del lavoro". E anche la maggior parte dei suoi discepoli e seguaci: pescatori, agricoltori e operai. così, quando parla del regno di Dio, Gesù usa costantemente termini connessi con il lavoro umano: il lavoro del pastore, dell'agricoltore, del medico, del seminatore, del padrone, del servo, dell'amministratore, del pescatore, del mercante, del salariato. Ed egli paragona la costruzione del regno di Dio al lavoro manuale dei mietitori e dei pescatori.

Dall'insegnamento di Gesù possiamo chiaramente vedere che l'uomo che lavora è molto più importante del prodotto del suo lavoro. Il lavoro umano deriva dall'uomo; è destinato a beneficio dell'uomo, a promuovere la dignità che gli deriva da Dio. Perfino la città più grande, il più sofisticato computer, la nazione più importante non sono altro che opere dell'uomo, intese a servire l'uomo, a recargli beneficio. Mai altrimenti. Ecco perché il Concilio Vaticano II, parlando del valore del lavoro umano, dichiara: "L'uomo vale più per quello che è che per quello che ha. Parimenti tutto ciò che gli uomini compiono allo scopo di conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano nei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo tecnico. Questi, infatti, possono fornire, per così dire, la materia della promozione umana, ma da soli non valgono in nessun modo ad effettuarla" (GS 35).


3. Tuttavia, quest'ordine di valori non è sempre rispettato. La società d'oggi, così impegnata nella costruzione di una civiltà materialistica unidimensionale, considera spesso il lavoro come una forma di merce. L'uomo è spesso trattato come un semplice strumento di produzione, come uno strumento materiale che dovrebbe costare il meno possibile e produrre il più possibile. In questi casi il lavoratore non viene rispettato come un vero collaboratore del Creatore.

Sfortunatamente, tutta la questione del lavoro è stata spesso considerata dal punto di vista del conflitto tra "capitale" e "lavoro": un conflitto che ha vaste implicazioni sociali, ideologiche e politiche. Questo conflitto è stato per l'umanità una grande tragedia e una fonte di sofferenze per molti milioni di esseri umani e per le loro famiglie (LE 11).

Mi rendo ben conto che le relazioni tra datori di lavoro e lavoratori nel contesto delle vostre tradizioni culturali e sociali coreane hanno delle caratteristiche speciali, e che non è vero che la strada verso relazioni migliori si debba trovare nella semplicistica applicazione di regole e metodi ideati altrove. Ancor meno nell'imposizione di sistemi ideologici estranei che hanno consentito la continuazione di flagranti ingiustizie o ne hanno create di nuove, minacciando addirittura la pace nel mondo.

La giustizia impone che si trovi il modo di consentire ai lavoratori una maggiore partecipazione agli aspetti organizzativi della produzione e ai profitti, e sono lieto di sapere che in questa direzione sono state prese delle iniziative.

La giustizia richiede inoltre che gli stessi lavoratori traggano beneficio dal successo dell'impresa nella quale lavorano, e che essi abbiano la soddisfazione di sapere che attraverso un lavoro diligente e coscienzioso possono contribuire anche al progresso sociale del loro Paese.


4. Naturalmente, sappiamo che il lavoro non è pienamente appagamento e soddisfazione. Si, il lavoro implica fatica e sforzo, e tutti voi ne avete fatto esperienza. Il lavoro è stato fortemente condizionato dal peccato, come leggiamo nel Libro della Genesi: "Con il sudore del tuo volto mangerai il pane..." (Gn 3,19). Ecco perché non possiamo capire pienamente il significato del lavoro senza fare riferimento al mistero pasquale di Gesù Cristo in cui egli vinse il peccato e trasformo ogni lavoro. Il suo lavoro, la sua sofferenza, la sua obbedienza fino alla morte ricevono pienezza di significato nella sua risurrezione: è questo il "vangelo del lavoro" contenuto nella vita e negli insegnamenti del nostro Redentore.

E così noi cristiani troviamo nel lavoro umano una piccola partecipazione alla croce di Gesù Cristo. Noi dobbiamo imparare a vivere questa esperienza umana con l'atteggiamento di Cristo. Unendo il nostro lavoro con la missione del nostro Salvatore, noi contribuiamo alla realizzazione di una terra nuova dove ha stabile dimora la giustizia (cfr. 2P 3,13), e contribuiamo notevolmente all'avvento del regno di Dio.

Cari operai, contadini e pescatori, mi rendo conto che, insieme con milioni di altri lavoratori, avete dovuto soffrire molto e continuate a soffrire per la nascita di questa "nuova terra" nel vostro Paese. Spesso di fronte all'indifferenza, all'incomprensione e ad ogni vessazione, come cristiani consapevolmente impegnati nella promozione dei diritti e del benessere degli altri operai e contadini, voi portate pazientemente e coraggiosamente la croce. Tutti noi dobbiamo lavorare insieme in spirito di amore fraterno per dimostrare che una più equa partecipazione ai beni del mondo significa accesso a questi doni, specialmente mediante un giusto salario.

Attingete forza dalle parole del Vangelo! Le beatitudini e i dolori che voi avete appena ascoltato sono proprio le parole dell'appello del Signore in favore dei poveri e degli oppressi contro ogni forma di ingiustizia e di egoismo sociale e personale.

Prendete coraggio "perché vostro è il regno di Dio" (Lc 6,20). E poiché voi giustamente chiedete giustizia per la vostra causa e per le vostre vite, siate certi che le vostre "opere di fede" (cfr. Jc 2,17) contribuiscono sempre alla giustizia per il vostro prossimo.


5. Cari fratelli e sorelle di Corea, miei amici: voi occupate veramente un posto speciale nel cuore di Gesù e della sua Chiesa. So che la proporzione di cristiani tra i lavoratori dell'industria, tra gli agricoltori e tra i pescatori è esigua: di qui una grande sfida per i pastori della Chiesa in Corea e per voi stessi.

Siate certi che la vita e gli insegnamenti di nostro signore Gesù Cristo, il carpentiere di Nazaret, possono dare le risposte ai dubbi e agli interrogativi del lavoro degli uomini e delle donne. Soltanto Gesù Cristo può essere il sostegno alle vostre speranze e può dissipare le vostre ansie. Egli soltanto può mostrarvi il significato della vostra fatica quotidiana. Nel suo nome e insieme con la sua Chiesa continuate, attraverso mezzi pacifici e giusti, a perseguire la dignità umana, a promuovere i diritti umani e a creare un mondo migliore per voi, per i vostri figli e per i figli dei vostri figli.

Gesù benedica il vostro lavoro! Benedica le vostre famiglie, i vostri amici e vi dia la sua pace in misura sovrabbondante! E, attraverso la sua grazia, possano tutte le vostre attività essere legate alla preghiera, così che voi possiate realizzare "opere di fede" che vi guidino alla salvezza e alla vita eterna.

Data: 1984-05-05 Data estesa: Sabato 5 Maggio 1984




Al clero e ai religiosi - Seoul (Corea)

Titolo: Sacerdozio e vita religiosa incarnazione delle beatitudini

Testo:

Diletti fratelli e sorelle in Cristo.


1. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli" (Mt 5,10). La verità di queste parole del nostro Salvatore, la verità delle beatitudini, è resa manifesta nella testimonianza eroica dei martiri coreani.

Questi santi uomini, donne e bambini che subirono una crudele persecuzione e la morte, sono veramente beati. Sono segno della potenza di Dio che trasforma i timidi e i deboli in testimoni coraggiosi di Cristo. Poiché furono pronti a morire per il Vangelo, hanno ricevuto una grande ricompensa in cielo e sono onorati dalla Chiesa in tutto il mondo. Alla presenza del Redentore, sono ora nella gioia, perché "ritenuti degni di soffrire per il nome di Gesù" (cfr. Ac 5,41).

La verità delle beatitudini si manifesta anche nel sacerdozio e nella vita religiosa, perché queste sono una particolare incarnazione delle beatitudini.

Come sacerdoti e religiosi voi date testimonianza di ciò che significa essere benedetti da Dio. Nel vostro celibato o nella vostra castità consacrata, abbracciata per amore di Cristo, manifestate la vostra fiducia nelle sue parole: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" (Mt 5,8). Con la vostra povertà evangelica vissuta nel servizio generoso agli altri, voi proclamate di nuovo la prima beatitudine: "Beati i poveri in spirito, perché di essi e il regno dei cieli" (Mt 5,3). In tanti modi diversi, isolatamente e in unione con altri, voi cercate di incarnare le beatitudini, di vivere una vita che è prova convincente che le beatitudini sono realmente vere, che sono la via sicura alla santità.


2. Voglio rivolgere per un momento le mie parole ai miei fratelli sacerdoti. Una delle mie più grandi gioie nel venire in Corea è di poter canonizzare in questo Paese i vostri martiri. Vi sono dei sacerdoti tra di loro, e tra essi il vostro primo sacerdote coreano, padre Andrew Kim Taegon. L'evento storico della canonizzazione puntualizza il prestigioso retaggio cristiano che è il vostro.

Nello stesso tempo stimola nei vostri cuori un maggior zelo per la santità, il desiderio di imitare i martiri nel vostro modo particolare.

Ricordate, fratelli carissimi, che santità sacerdotale significa somiglianza a Cristo: significa conformità alla volontà del Padre; significa esercizio fedele del vostro ministero pastorale. Siete chiamati a "vivere nella fede del Figlio di Dio" (Ga 2,20), e amare la parola di Dio. Voi nutrite ogni giorno la vostra mente e il vostro cuore alla mensa della parola così riccamente imbandita dalla Chiesa nella celebrazione dell'Eucaristia e nella liturgia delle Ore. Questa parola di Dio vi esorta a lodare il nome di Dio con cuore gioioso e ad ubbidire ai suoi comandi e ai suoi consigli. Vi sprona a rendere un servizio ancora più generoso al vostro popolo, proclamando il Vangelo di salvezza e guidando i fedeli nella preghiera.

Pur riservando la sollecitudine del pastore alla parte del gregge di Dio che vi è stata affidata, dovete dedicare un amore speciale ai poveri e agli emarginati, a coloro che sono dimenticati, a coloro che sono infermi o oberati dai loro peccati. Siete chiamati a riservare una parte abbondante del vostro tempo alla celebrazione del sacramento della Penitenza e all'istruzione del vostro popolo sul suo valore e la sua importanza per la vita cristiana. Non abbiate mai dubbi sull'efficacia del ministero della Confessione. Attraverso di voi il signore Gesù stesso riconcilia i cuori a sé ed effonde la sua misericordia e il suo amore.

E anche voi siete chiamati a sperimentare la misericordia e l'amore di Cristo e a dare testimonianza della vostra fede con la vostra partecipazione personale a questo grande sacramento. E' soprattutto all'Eucaristia che sono indirizzate tutte le vostre attività pastorali, e da essa si effondono i doni più ricchi di Dio. Il Concilio Vaticano II ci dà la magnifica certezza che "nel mistero del sacrificio eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l'opera della nostra redenzione" (PO 13).


3. Voglio rivolgermi ora ai religiosi e alle religiose della Corea, a voi nei cui riguardi Dio nutre un amore particolare e la Chiesa una stima speciale.

Fratelli e sorelle carissimi, come religiosi voi partecipate in una maniera particolare alla missione di Cristo. Con la vostra preghiera personale e liturgica e con i carismi specifici dei vostri istituti, svolgete un ruolo importante e unico nella Chiesa. Ma soprattutto vi è stato affidato il compito di dare testimonianza di Gesù Cristo, che è stato sempre obbediente al Padre e che si fece povero affinché potessimo diventare ricchi.

Alcuni di voi sono stati chiamati alla forma contemplativa della vita religiosa nella quale, attraverso la preghiera e la penitenza come vostro ruolo specifico, cercate una comunione ancora più intima con Dio nella carità.

Attraverso il vostro esempio la Chiesa appare come la sposa di Cristo senza macchia, e le vostre vite stesse, vissute in unione con Gesù, assumono il potere di un atto continuo d'intercessione per il popolo di Dio. Altri di voi sono chiamati a dedicarsi in maniera non meno zelante alle varie opere dell'apostolato.

Negli ospedali e nelle scuole, nelle parrocchie e in campi specializzati di servizio, date testimonianza di Cristo e, insieme ai laici e al clero, collaborate all'unica missione della Chiesa. Quale che sia il tipo di vita religiosa al quale il Signore Gesù vi ha chiamati con la vostra consacrazione religiosa, partecipate alla sua passione, morte e risurrezione in un modo particolare.

Gesù ha detto: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Jn 12,24). La vita religiosa, come il martirio, è un invito speciale di Dio a diventare questo chicco di grano, a essere certi che morire in Cristo produce frutti abbondanti e porta alla vita eterna. Insieme a tutti i battezzati, ma in modo più pieno in virtù della vostra consacrazione religiosa, partecipate alla croce del nostro Salvatore. Mentre cercate di accettare gioiosamente le prove giornaliere della vita e le difficoltà che sorgono dal lavoro umano e dalle relazioni sociali, abbiate fiducia che la croce, quando viene abbracciata per amore di Cristo, è sempre un albero di nuova vita. Il grande carisma della vita religiosa è l'amore generoso, l'amore generoso di Cristo e dei membri del suo corpo. Questo amore si esprime attraverso il servizio e si consuma nel sacrificio. Siete disposti a dare nella misura in cui amate, e quando l'amore è perfetto, il sacrificio è completo.


4. Vi invito tutti a unirvi a me nell'esprimere gratitudine a Dio e nel lodarlo per le numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa che hanno caratterizzato la Chiesa di Corea in questi ultimi anni. Questo e un segno della vitalità della vostra fede; ed è anche un segno della potenza del mistero pasquale di Cristo e dell'efficacia del suo prezioso sangue. Non si riuscirebbe neanche a immaginare la Chiesa in questo Paese senza la vostra presenza insostituibile nelle parrocchie, nelle scuole, negli ospedali e in altri campi di impegno apostolico.

Il vostro servizio offre grandi speranze per il futuro, non soltanto per la Chiesa nel vostro Paese ma anche per altri Paesi i quali riceveranno missionari dalla Corea. La Chiesa universale conta sul vostro contributo missionario.

Vi incoraggio a pregare affinché vi siano più vocazioni, e a cercare instancabilmente di suscitarle tra coloro che servite. Chiedete ai martiri coreani d'intercedere per questa speciale intenzione, che è di tanta importanza per il futuro della Chiesa. Possano le vostre vite, che sono incarnazione delle beatitudini, essere segni eloquenti della presenza di Gesù Cristo nel mondo.


5. In una parola, carissimi sacerdoti e religiosi, milioni di vostri fratelli in Corea, tra i quali innumerevoli non cristiani, vi parlano con le parole rivolte allora all'apostolo Filippo a Gerusalemme: "Vogliamo vedere Gesù" (Jn 12,21). Si, fratelli e sorelle, voi dovete far vedere Gesù al vostro popolo; dovete condividere Gesù con il vostro popolo; il Gesù che prega, il Gesù delle beatitudini, il Gesù che, in voi, vuol essere obbediente e povero, mite, umile e misericordioso, puro, pacifico, paziente e giusto. E' questo il Gesù che voi rappresentate: l'eterno Figlio del Padre che si è incarnato nel seno della vergine Maria e che vuole essere visibile in voi. Il Gesù del mistero pasquale, che nel potere dello Spirito e con la cooperazione della sua Chiesa, desidera ardentemente condurre tutti gli uomini al Padre.

Questa è la sfida solenne delle vostre vite: mostrare Gesù al mondo; condividere Gesù con il mondo.

Data: 1984-05-05 Data estesa: Sabato 5 Maggio 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Al Corpo Diplomatico accreditato a Seoul