GPII 1984 Insegnamenti - Alle confessioni cristiane - Seoul (Corea)

Alle confessioni cristiane - Seoul (Corea)

Titolo: Collaborazione ecumenica speranza per il futuro

Testo:

Cari amici, cari cristiani.

Non c'è modo migliore di incominciare questo nostro incontro nel Signore dell'ascoltare con cuore devoto l'appello dell'apostolo Paolo ai cristiani di Efeso. Esso è ancora molto valido per noi oggi: "Vi esorto dunque io, prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio, Padre di tutti, che e al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ep 4,1-6 [letto in coreano]).


1. Si, "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti". E' in questo solo Signore Gesù Cristo che oggi ho la gioia di salutarvi. E la gioia è veramente reciproca, poiché in questo stesso anno 1984 molti di voi, specialmente i presbiteriani e i metodisti, celebrano il centenario della fondazione delle loro comunità ecclesiali in Corea.

E' meraviglioso che in questo Paese i vostri predecessori nella fede siano arrivati a conoscere il Signore Gesù Cristo anche attraverso la parola scritta, attraverso la versione coreana della Bibbia diffusa con zelo dai laici prima che i primi missionari giungessero a istruire e battezzare nel suo nome! Il contributo dato al popolo coreano dai vostri primi missionari, dottor Allen, dottor Underwood e dottor Appenzeller, e dai loro successori, costituisce una parte importante della storia di questo Paese.

Un lavoro d'avanguardia nella medicina moderna e nell'educazione, la promozione della donna, l'insegnamento di ideali democratici, l'identificazione col destino della gente, tutte queste cose testimoniano le virtù del vostro superbo passato. Ma questo non sarebbe stato possibile senza la pronta accoglienza della fede cristiana proprio da parte del popolo coreano. Né le vostre comunità sono state risparmiate dalla persecuzione, in particolar modo nel Nord, ma sono rimaste fedeli agli occhi del Signore.


2. E oggi, dopo periodi turbolenti per tutte le comunità cristiane, è veramente rincuorante sapere che viene ora largamente accettata una versione ecumenica della Bibbia in lingua coreana, dove si proclama "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio e Padre di tutti". E ancora il fatto che persone di differenti comunità ecclesiali abbiano lavorato insieme, fra molte altre cose, per pubblicare un'opera importante di teologia, è sicuramente un segno incoraggiante di una crescente collaborazione fra i cristiani. E' anche molto bella l'amicizia e la stretta collaborazione che esistono fra le università di Yonse, Ewha e Songag.


3. Ma, più d'ogni altra cosa, si deve ardentemente sperare che tutti, nel rispetto delle convinzioni e della coscienza di ognuno, si sforzino con serietà di essere pienamente uno solo nella fede e nell'amore, secondo la volontà di Cristo, come egli è uno solo col Padre, così che il mondo creda (cfr. Jn 17,21). Tutti siano consapevoli che la credibilità della missione di Cristo dipende dall'unità dei suoi discepoli.

Attraverso la potenza della sua risurrezione il Signore Gesù faccia di noi uno solo. "A lui sia gloria ora e sempre fino all'eternità. Amen" (2P 3,18).

Data: 1984-05-06 Data estesa: Domenica 6 Maggio 1984




Alla conferenza pastorale coreana - Seoul (Corea)

Titolo: Secondo la tradizione, i laici siano luce per questo paese

Testo:

Cari fratelli e sorelle in Cristo.

"Andate dunque, fate diventare miei discepoli tutte le nazioni" (Mt 28,19).

Quest'ultimo comando del Cristo risorto, nell'inviare gli apostoli ai confini della terra per annunciare la buona novella, è la vera ragione per cui ci troviamo qui oggi riuniti.

Celebrando con gioia e gratitudine il bicentenario della fede cristiana nella vostra amata terra, avete deciso, con la grazia di Dio, di portare "una luce a questo Paese". In questa Conferenza pastorale nazionale volete pregare e cercare insieme in stretta collaborazione con i vostri vescovi e in unione con la Chiesa universale dei modi per fare di questa decisione una realtà viva.


1. Gesù Cristo, che vi affida questa missione, non fu solo il primo e il più grande evangelizzatore ma fu egli stesso la buona novella di Dio (cfr. EN 7). E al fine di conoscere qual è il vostro mandato e come eseguirlo, dovete quindi rivolgervi a lui. Gesù disse: "Devo predicare la buona novella del regno di Dio... perché per questo sono stato mandato" (Lc 4,43). Da quel momento Gesù incomincio a predicare, dicendo: "Cambiate vita, perché il regno di Dio e vicino" (Mt 4,17).

Ma cos'era in effetti questo regno? Secondo le stesse parole di Gesù, questo messaggio di speranza e di salvezza si traduce nelle beatitudini: "Beati quelli che sono poveri di fronte a Dio... Beati quelli che sono nella tristezza...

Beati quelli che non sono violenti... Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia... Beati quelli che hanno compassione degli altri... Beati quelli che sono puri di cuore... Beati quelli che diffondono la pace... Beati quelli che sono perseguitati per aver fatto la volontà di Dio... Beati siete voi quando vi insultano e vi perseguitano, quando dicono falsità e calunnie contro di voi per il fatto che siete miei discepoli" (Mt 5,3-11).

Cristo non solo predica queste cose. Con la sua vita, la sua morte e risurrezione, è egli stesso la buona novella di salvezza (cfr. Mc 1,1 Rm 1,3).

Egli è "la via, la verità, la vita" (Jn 14,6). Da qui il Concilio Vaticano II ha tratto una conclusione che ci riguarda tutti. "Sotto l'ispirazione dello Spirito Santo la Chiesa deve percorrere lo stesso sentiero che ha percorso Cristo: il sentiero della povertà, dell'obbedienza del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte, sulla quale egli riporto la vittoria con la risurrezione. Perché così tutti gli apostoli camminassero nella speranza" (AGD 5).

I primi cristiani non avevano né ricchezze, né prestigio, né potere e nemmeno chiese. Ma come Gesù stesso, e poiché erano ripieni dello Spirito, testimoniavano la buona novella con la loro vita, inducendo le moltitudini alla conversione (cfr. Ac 2,42ss).


2. E che cosa dire dei vostri santi antenati? Anch'essi credettero fermamente e vissero le beatitudini. Resero visibile e credibile la presenza di Gesù con la loro vita. Solo questa testimonianza di vita, sostenuta da una grande carità e da zelo evangelico, può spiegare come la Chiesa ha potuto crescere anche sotto la più crudele persecuzione. Oggi vi chiedete come testimoniare a vostra volta la buona novella del regno di Dio. E' ben noto che la Chiesa in Corea è oggi in sviluppo.

Si stanno facendo grandi cose. Per questo dobbiamo innalzare i cuori a Dio in gioioso ringraziamento. Ma molti interrogativi vi stanno di fronte: come vivere, in comunità ecclesiale, le beatitudini nelle attuali circostanze della vostra vita familiare, sociale e nazionale? Cosa fare per crescere, non solo numericamente, ma in maturità e profondità spirituali come cristiani? Questo e il tema della Conferenza episcopale. Questi sono i problemi che stanno alla base delle vostre discussioni e riflessioni.


3. Beati voi che avete un'eredità invidiabile e davvero inestimabile negli esempi eminenti dei vostri avi, ad ispirarvi e guidarvi nel vostro ingresso nel terzo centenario della vostra storia di cristiani.

Innanzitutto, c'era il legame dell'amore fraterno che non conosceva barriere: nobili e gente comune, ricchi e poveri, tutti stavano insieme, pregavano, soffrivano insieme e dividevano ogni cosa come fratelli e sorelle aiutandosi nelle avversità. Nessun gruppo aveva il predomino, né alcuno veniva dimenticato, come tanto spesso capita nel mondo. I più umili e i più poveri si trovavano perfettamente a proprio agio nella comunità di fede. Come dovrà essere la Chiesa coreana perché queste stesse virtù siano la vostra forza? Perché i poveri, gli operai, gli emarginati siano amati e serviti senza discriminazioni personali? Perché lo spirito delle beatitudini prevalga su ogni forma di discriminazione e di egoismo! C'è poi l'esempio ineguagliabile di un laicato pieno di iniziativa e di zelo apostolico. Seguendo la tradizione dei primi pionieri che di propria iniziativa cercarono la fede, studiarono, pregarono insieme e diffusero la buona novella, dei gruppi di catechisti e catechiste erano già attivi intorno al 1780.

Allo stesso modo si dovrebbe ancor oggi emulare l'esempio di lavoro inestimabile della comunità Myongdo, la "comunità che illumina la via" durante i decenni della persecuzione. Il generoso apostolato di san Paul Chong Hasang vi sia di stimolo! I vostri avi non chiesero né ricompense né riconoscimenti, ma con tranquillità e generosità servirono gli altri e diffusero il Vangelo. Degna di ammirazione è anche la fede che vissero all'interno della famiglia. Dei 103 martiri oggi canonizzati, molti appartengono alla stessa famiglia, sono consanguinei o discendenti da famiglie di martiri. E perché pregarono insieme e insieme raggiunsero una maturità di fede, imparando a temere e ad amare Dio, a proteggere, a rispettare e ad amare ogni essere umano come figlio di Dio, e tutto questo nella famiglia. La famiglia è la "Chiesa domestica", dove i genitori sono "i primi annunciatori della fede ai figli" e dove le vocazioni vengono incoraggiate (cfr. LG 11). La famiglia veramente cristiana è un "luogo dove si trasmette il Vangelo e dalla quale il Vangelo si diffonde" (EN 71). Avendo come fondamenta le grandi tradizioni spirituali e culturali dell'Asia, in quale altro modo diverrete ancor più una Chiesa di famiglie che pregano e un esempio per il resto del mondo?


4. I vostri predecessori nella fede fecero sforzi meravigliosi per incarnare il Vangelo nella cultura e nell'identità nazionale. Con linguaggio semplice, ma profondo e bellissimo, pregarono e composero canti, preghiere, inni, catechismi e libri di preghiera, così profondamente radicati nella loro cultura e nella loro anima da parlare direttamente alle menti e ai cuori della gente. Tali sforzi, se imitati e sostenuti, porteranno sicuramente all'evangelizzazione della cultura all'interno della propria identità. In particolar modo oggi che l'assalto di una mal assimilata civiltà straniera, con altri modelli di vita e di pensiero, crea confusione persino nella vita della Chiesa, quello che voi farete, in modo illuminato e lungimirante, in questa direzione, sarà di enorme valore.


5. E, saldamente radicati come furono nella propria specifica identità, i vostri avi non cessarono mai di cercare l'unione, la più stretta possibile, con la Chiesa universale nella fede, nelle opere e nella vita. Non risparmiarono né sforzi né sacrifici per stabilire e mantenere dei legami vivi con l'arcivescovo di Pechino e il successore di Pietro. San Paul Chong Hasang si reco nove volte a piedi a Pechino, e in segreto, per vedere il vescovo! E ora, come cercherete voi l'universale nel particolare, e vivrete il particolare in modo tale da arricchire la Chiesa universale? I vostri avi coreani trovarono la fede attraverso la Cina. Ma pur restando pienamente fedeli alla propria identità, seppero essere perfettamente uniti alla Chiesa universale. Costituiscono così un esempio vivente del fatto che la vera identità e la vera cattolicità, lungi dall'escludersi l'una l'altra, hanno bisogno l'una dell'altra. Ed è bello vedere voi, cari fedeli di Corea, cercare seriamente di vivere questa preziosa eredità in modo creativo per l'oggi e per il domani. Il grande e saggio popolo della Cina, che per primo ricevette dall'esterno la fede, cerchi, da vero popolo cinese, di vivere quella fede in piena comunione con la Chiesa universale, per la gioia e l'arricchimento di tutti.


6. La nostra epoca presenta indubbiamente delle sfide del tutto nuove con un'accelerazione e profondità di trasformazione senza precedenti. E ora che entrate intrepidi nel terzo centenario della presenza della Chiesa nel vostro Paese, siate guidati, nell'annuncio della buona novella, da questi punti fermi: la testimonianza di vita, la riconciliazione attraverso la conversione, l'amore reciproco, che sono i temi della mia visita pastorale in Corea. Porterete così "una luce a questo Paese", ma soprattutto sarete "una luce per questo Paese". I vostri santi martiri vi accompagnino nel cammino e la beata madre Maria, stella del mare, conduca voi e i vostri cari al regno di suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, al quale vanno "onore, lode e gloria ora e sempre" (Ap 5,13).

Data: 1984-05-06 Data estesa: Domenica 6 Maggio 1984




Ai giovani - Seoul (Corea)

Titolo: Verità, giustizia, pace e fede per costruire un mondo migliore

Testo:

Cari giovani di Seoul, cari giovani di Corea.


1. Sono veramente felice di potervi incontrare e di abbracciarvi nel nome di Gesù Cristo, nostro Signore. Sono felice di incontrarvi proprio perché voi siete giovani. Poiché essere giovani significa essere in grado di apprezzare la sincerità. Significa cercare la strada di una vita che valga la pena di vivere.

Essere giovani vuol dire essere attratti dalla verità, dalla giustizia, dalla libertà, dalla pace, dalla bellezza e dalla bontà. Essere giovani significa essere desiderosi di vivere, ma di vivere pieni di gioia e di ideali: vivere una vita degna di essere vissuta.

Essere giovani vuol dire essere pieni di ideali e di speranze. Vuol dire anche sperimentare la solitudine e il timore che queste preziose speranze non possano trovare adempimento. E più amate la vita, più grandi sono le vostre speranze, più grandi, a volte, sono i vostri timori. Perché la posta in gioco è troppo importante per correre il rischio di perderla: l'unica vita che Dio vi ha dato, che nessun altro può vivere al vostro posto. Essere un giovane cristiano è tutto questo e di più: vuol dire essere vivo in Cristo!


2. Voi avete scelto come tema di questo incontro "Dio-io-il prossimo". Sono parole importanti. Ma per voi sono più che parole. Esse pongono problemi pieni di speranza e di angoscia. Sono le grandi sfide e aspirazioni dalle quali dipende la riuscita delle vostre vite. Ecco perché voi volete parlare di questi argomenti, porvi domande su di essi e pregare e fare qualcosa al riguardo: soli, con gli altri, con Dio.

Come è caratteristica dei giovani voi avete importanti domande sulla vita: vita a casa, nella scuola, nel più ampio contesto della società degli adulti. Ci sono molte cose nella vostra vita che vi turbano: perché la scuola deve essere un luogo di una tanto crudele competizione? Perché c'è tanta differenza tra quel che vi è stato detto a casa e quel che sentite a scuola? Perché gli adulti sembra che non vogliano capirvi e accettarvi, capire e accettare le vostre idee e i vostri desideri? Che cosa dovete pensare di tutta la disonestà, delle contraddizioni, delle ingiustizie che sono attorno a voi, e tutte vi vengono presentate come inevitabili nel contesto sociale? Perché la vita deve essere una lotta così difficile contro ostacoli artificiosi, specialmente per coloro di voi che già lavorano duramente negli anni giovanili? Che cosa potete fare per la pace nel vostro Paese e nel mondo di oggi, pervaso dall'odio e dalla violenza? Voi avete poi delle domande circa la Chiesa. E' essa abbastanza vicina a voi? E' essa veramente in grado di indurvi a vivere secondo il Vangelo, a prendervi cura dei deboli e dei poveri, a scrollarvi di dosso ogni forma di egoismo, a trattare ogni essere umano come un fratello o una sorella? Voi vi ponete queste domande perché vi interessano veramente. E credete che ciò in cui sperate si possa avverare. Ecco perché siete per tutti noi la speranza per il futuro, ecco perché vi amiamo tanto.

Talora non siete capiti. A volte vi trovate davanti un muro di incomprensione. Non scoraggiatevi. C'è una strada da percorrere. Abbiate coraggio.

Il Signore è con voi lungo il vostro cammino.


3. E poiché voi volete essere con il Signore, voi siete venuti con tutte le vostre gioie e le vostre ansie, i vostri timori e le vostre speranze, da Gesù Cristo. San Pietro ha detto: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68). Si, Gesù Cristo ha parole di vita eterna, per voi, per tutti i giovani di Corea, per i giovani di tutto il mondo.

Questa sera Gesù vi parla con le parole di san Paolo al suo giovane discepolo Timoteo: "Combatti la buona battaglia della fede; cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato" (1Tm 6,12). La maggior parte di voi ha già ricevuto Gesù nel Battesimo, e voi siete stati rafforzati per la "buona battaglia della fede" nel sacramento della Cresima. Ma che cos'e questa "fede"? E' fede in "Cristo Gesù che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato" (1Tm 6,13). Voi ricordate la scena dal Vangelo di san Giovanni. Pilato vuole capire le accuse rivolte contro Gesù. Vuole sapere chi Gesù sia. E Gesù dichiara con chiarezza: "Per questo sono nato e per questo sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Jn 18,37).

Ma che cos'e la verità alla quale egli rese testimonianza? E' che Dio ci ama, che Dio stesso è amore; che chiunque vede Gesù vede il Padre (Jn 14,9). La verità è che Dio, il Padre di Gesù, è anche nostro Padre: "il beato e unico sovrano, il re dei regnanti e signore dei signori, il solo che possiede l'immortalità, che abita una luce inaccessibile; che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere" (1Tm 6,15-16). Questo Dio, che l'umanità e ciascuno di noi a suo modo ha cercato, si è fatto conoscere da noi e dal mondo attraverso Gesù. Gesù ha confermato la testimonianza della sua verità dando la sua vita per noi sulla croce e risorgendo dalla morte.


4. Accettando questa verità, e accettando la vostra partecipazione al sacrificio pasquale di Cristo, voi farete ciò che san Paolo esortava Timoteo a fare: "Raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato" (1Tm 6,12). Non è facile. Prima di tutto dovrete lottare contro lo scetticismo: quello tipico del vostro tempo; e quello di coloro che, come Ponzio Pilato, non sono interessati, oppure hanno rinunciato alla speranza di trovare il vero significato della loro vita. Come Pilato essi chiedono, senza speranza: "Che cos'è la verità?" e se ne vanno senza la risposta. Poi voi dovete combattere contro la tentazione di annacquare il contenuto del Vangelo, la tentazione di travisare il messaggio di Gesù affievolendo gli imperativi morali, personali e collettivi, che egli indica ai suoi seguaci. Combattere contro questa tentazione è "combattere la buona battaglia della fede".


5. Voi dovete domandarvi come in pratica dovete anche voi "dare buona testimonianza" a vostra volta, qui e ora, "al cospetto di Dio che dà vita a tutte le cose e di Gesù Cristo" (1Tm 6,13), e alla presenza dei nostri contemporanei. In altre parole, dove vanno "Dio e il prossimo"? Quale strada mi accingo a seguire? Nella lettura tratta dalla prima lettera a Timoteo che abbiamo ascoltato, vengono descritti due programmi di vita, due possibili atteggiamenti da assumere nella vita. Uno di questi è sbagliato e si deve respingere: l'altro è la strada giusta per una "vita che sia vita vera" (1Tm 6,19).

Dapprima c'e l'atteggiamento del "ricco in questo mondo" che è "orgoglioso", che ripone tutte le sue speranze nella ricchezza e in tutto ciò che ad essa attiene; privilegio, potere, influenza. Poi c'è l'atteggiamento di coloro che ripongono le loro speranze in Dio, che fanno del bene, che sono "ricchi di opere buone". Non è tanto un problema di avere o non avere ricchezze: ciò che conta è l'atteggiamento del cuore e le buone opere che da esso sprigionano. Anche i giovani e coloro che sono materialmente poveri possono essere "ricchi" nel cuore e "orgogliosi" nello spirito se limitano gli orizzonti delle loro speranze e dei loro sogni all'egoistica sequela del potere e del benessere materiale.

E' veramente grande, voi ben lo sapete, la tentazione di seguire questa strada. Voi lo sperimentate specialmente quando sentite, "realisticamente", come voi dite, che in fin dei conti è inutile sforzarsi di essere buoni e altruisti in un mondo così pieno di ingiustizia, così freddo e insensibile, dove sembra che non ci sia posto per i mansueti e per i poveri di spirito dei quali Gesù parlo nelle beatitudini. Ma combattere contro questo scetticismo è "combattere la buona battaglia della fede".

Nel vedere qui questa sera i vostri giovani volti franchi, so che voi volete vivere nel modo giusto. Sono convinto che sceglierete la strada che insegna Gesù e che non la perderete. E poiché vi battete per creare un mondo migliore, vi guarderete dalla tentazione dell'incoerenza nella vostra vita: la tentazione di combattere l'ingiustizia con l'ingiustizia, la violenza con la violenza o ogni altro male con il male. Le vostre armi sono di altra natura. Sono la verità, la giustizia, la pace e la fede, e sono invincibili. Il potere che voi avete in mano nella "buona battaglia della fede" e "la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio" (cfr. Ep 6,10-17). Soltanto la parola di Dio indica la strada della vittoria, che passa attraverso la riconciliazione e l'amore.


6. E' importante per voi rendervi conto che non siete soli. Tutta la Chiesa è accanto a voi nella scelta di seguire questa strada del nostro Signore e Redentore Gesù Cristo. Voi siete la generazione più giovane della Chiesa in Corea che ora ringrazia la beata Trinità per i duecento anni della sua missione nella vostra terra. E' il vostro turno, adesso, di abbracciare questa eredità nella sua pienezza e di trasmetterla alle generazioni future. Per questo motivo è importante per voi sentirvi di casa nella Chiesa, prendere il vostro posto nella Chiesa, specialmente diventando sempre più coinvolti nella vita delle vostre comunità parrocchiali e nelle opere di apostolato: "così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16).

Il mondo sappia che avete scelto la strada della verità, della bontà e della comprensione, dell'onestà e dell'amore, del perdono e della riconciliazione dove occorre, e dell'apertura verso gli altri. Si, il cammino della generosità, della disciplina personale e della preghiera. E quando qualcuno vi domanderà perché vivete in questo modo risponderete: a causa della mia fede in Gesù Cristo.


7. Avrete bisogno di forza, ma Dio vi darà la sua grazia. La grazia è invero la forza divina che illumina il cammino della vostra vita verso "la vita che è vera vita" (1Tm 6,19). Cari giovani, è in unione con Cristo, attraverso la preghiera con Cristo vostro fratello e vostro salvatore, Cristo il Figlio dell'eterno Padre, che voi capirete il pieno significato della vita e riceverete la grazia di viverla in pienezza, di essere vivi in Cristo! "La grazia sia con voi!" (1Tm 6,21).

E in questo bel mese di maggio, il mese della gioventù e il mese della beata madre Maria, possa ella, che è "piena di grazia", amarvi e custodirvi in suo Figlio nostro Signore Gesù Cristo per sempre! [Impartita la benedizione ha aggiunto:] Questa mattina ho celebrato il bicentenario del vostro ingresso nella Chiesa e ho canonizzato i vostri 103 martiri per la fede. Questa sera m'incontro qui con voi, che mi avete posto molte domande. Sono domande impegnative; le ho esaminate nella mia coscienza e mi sono chiesto se la risposta che volevate era quella contenuta nel mio discorso di poc'anzi. Credo di si: penso che la risposta giusta sia appunto quella che vi dà la Chiesa: Gesù Cristo. Ricordate che egli è la vostra origine; ricordate che egli sarà nel vostro futuro in tutte le situazioni della vita, anche le più difficili.

Gesù Cristo appartiene al vostro futuro!

Data: 1984-05-06 Data estesa: Domenica 6 Maggio 1984




Congedo dalla Corea - aeroporto di Seoul-Kinpo (Corea)

Titolo: Conceda Dio pace alla Corea e una società giusta e fraterna

Testo:

Eccellentissimo presidente della Repubblica, amato popolo di Corea.

Nel momento di prendere congedo da voi e dal vostro meraviglioso Paese, il mio cuore è colmo di gratitudine, di gioia e di speranza. Sono profondamente grato per la commovente cordialità e l'affetto che ho ricevuto, per la generosissima ospitalità concessami sia dal governo, sotto la guida di vostra eccellenza, che dalla Chiesa, e da tutta la gente di Corea. Desidero ringraziare in particolare coloro che, silenziosamente, con tanti nascosti sacrifici, hanno fatto si che questa visita potesse recare felicità ad altri e a tutti coloro che mi hanno così generosamente aiutato, accompagnandomi e provvedendo alla mia sicurezza, giorno e notte.

Soprattutto sono grato a Dio nostro Padre che mi ha messo in grado di compiere questo pellegrinaggio alla vostra terra, e mi ha concesso di elevare i suoi nobili figli e figlie, sant'Andrea Kim e i suoi 102 compagni di martirio, all'onore degli altari.

Mi congedo da voi anche con grande gioia; gioia soprattutto per avere avuto l'opportunità di unirmi a voi nel celebrare il bicentenario e la canonizzazione. Sicuramente è stato un grande avvenimento, non solo per la Chiesa cattolica, ma anche per l'intero popolo di Corea, che si onora di avere progenitori così santi. Ed è stata davvero una grande gioia per me prendere parte alla vostra felicità. La vita sarebbe triste e grigia, mancherebbe il conforto e la luce, senza tale spontanea letizia, e senza l'apertura ai valori trascendenti che questi eventi esprimono.

E questo nostro incontro mi ha dato grande e rinnovata speranza. La fresca vitalità, il fervore d'opere, la prontezza nel compiere qualunque sforzo e sacrificio che serva a edificare sia una nazione modello che una vera comunità cristiana, ispira fiducia e speranza per un'eccellente futuro. Allo stesso tempo, pero, tutto questo mi induce a ricordare con profondo rammarico, compassione e tristezza quelli fra i vostri genitori e figli, fratelli e sorelle, amici e parenti che, al Nord, non possono partecipare alla gioia della vostra celebrazione, e che attendono con sofferta inquietudine di ricongiungersi a voi come una sola famiglia felice.

Lasciate dunque che la mia parola d'addio sia un'ardente preghiera: possa il buon Dio misericordioso dispensare a voi tutti genuina felicità e pace, in una società dove regnino giustizia e amore fraterno.

Grazie a voi tutti, e ancora Dio vi benedica!

Data: 1984-05-07 Data estesa: Lunedi 7 Maggio 1984




Saluto all'arrivo - Port Moresby (Papua Nuova Guinea)

Titolo: Celebrazione del centenario dell'arrivo dei missionari

Testo:

Eccellentissimo governatore generale, signor primo ministro, diletto popolo di Papua Nuova Guinea.


1. Con grande gioia del cuore ricevo il vostro caloroso benvenuto a Papua Nuova Guinea. Sono felice di essere giunto in questa giovane nazione in forte sviluppo, e sono grato a Dio per l'opportunità di trascorrere i prossimi giorni fra le dilette genti di questo Paese.

Come sapete, questa non è la prima volta che metto piede sulla vostra terra. Oltre dieci anni fa, quando ero ancora arcivescovo di Cracovia, ebbi già il piacere di essere fra voi. Ricordo ancora bene la bellezza del paesaggio e il calore della vostra ospitalità. Ricordo, anche, la ricca varietà della popolazione, che è composta da molte differenti etnie, ciascuna con una sua propria storia e proprie tradizioni.

Oggi vengo a voi con amicizia e fraternità, e col desiderio di rafforzare il rispetto e l'amore che ci uniscono. Ma vengo soprattutto come il Pastore supremo della Chiesa cattolica, per compiere una visita pastorale in questa terra.

E' da qualche tempo che nutro in cuore un particolare desiderio di celebrare a Papua Nuova Guinea il centenario dell'arrivo dei primi missionari che vennero a voi in obbedienza al precetto di Cristo: "Andate dunque e ammaestrate le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato..." (Mt 28,19-20). Lo sforzo solerte e i sacrifici personali di quei missionari sono ben noti in tutto il mondo, così come sono note la vitalità e il tenore della Chiesa che qui hanno contribuito a edificare. Nel corso della mia visita pastorale vedro e incontrero con gioia questa giovane e fiorente Chiesa. Potro constatare da vicino l'importante contributo che i suoi membri offrono al benessere e allo sviluppo della vostra società. Spero di incoraggiare e rafforzare i miei fratelli e sorelle nell'esercizio della fede. Allo stesso modo, attendo con trepidazione di incontrare molti degli altri miei confratelli cristiani, specialmente quelli della Comunione anglicana, così numerosi in questa terra. Su tutti invoco la grazia e la pace di Gesù Cristo. Con profondo rispetto desidero anche salutare tutti gli uomini e donne di buona volontà che ardentemente aspirano alla pace e all'armonia del mondo.

[In lingua Motu:] Il mio particolare saluto va a voi, gente di lingua Motu di Port Moresby, e a quanti di voi abitano i villaggi limitrofi della costa papuasica. Fin dai tempi antichi i vostri antenati hanno abitato questa terra e amato la sua bellezza. E sono felice di essere oggi qui con voi. Nel riverire questo suolo che tocco col mio piede, vi assicuro che vengo con l'annuncio della pace di Cristo. Vengo come amico, vengo come fratello. E mentre vi ringrazio per il vostro benvenuto, chiedo a Dio di essere con voi tutti, oggi e sempre.

[In lingua Pidgin:] Fratelli e sorelle, diletto popolo di Papua Nuova Guinea: sono lieto di essere con voi nel vostro Paese. Oggi è un giorno di grande gioia per me. Il mio pensiero si rivolge ora a san Michele arcangelo, protettore dell'intera Chiesa, ma in particolare modo venerato a Papua Nuova Guinea. Dopo l'indipendenza di questo Paese nel 1975, i vostri vescovi hanno proclamato san Michele vostro speciale patrono. Hanno scelto uno spirito perché voi credete negli spiriti buoni e temete quelli cattivi. A quel tempo, l'arcivescovo Herman To Paivu di Port Moresby affermo: "Papua Nuova Guinea è un Paese cristiano. perciò uno spirito buono vigila su di esso e noi dobbiamo essergli amici". Nel 1979 ho approvato ufficialmente questa scelta dei vescovi.

San Michele arcangelo è davvero l'amico del popolo di Dio. Egli vi aiuta a sconfiggere Satana e le sue tentazioni. Come arcangelo, uno spirito buono che vive in cielo accanto a Dio, egli vi protegge dagli spiriti del male. Oggi chiedo a lui di proteggere i capi del vostro governo, tutte le genti di questo Paese e anche il nostro incontro.

[In lingua inglese:] Benedica Dio Papua Nuova Guinea. Discenda la sua pace sulle vostre meravigliose isole, i vostri grandi fiumi, gli alti monti e le profonde valli; sosti sui vostri vulcani, riempia i vostri azzurri mari. E possa l'amore di Cristo dimorare nei vostri cuori e nelle vostre case, oggi e sempre.

Data: 1984-05-07 Data estesa: Lunedi 7 Maggio 1984




Messa per le vocazioni - Port Moresby (Papua Nuova Guinea)

Titolo: Vocazioni nelle giovani nazioni segno di maturità ecclesiale

Testo:

Cari fratelli e sorelle in Gesù Cristo.


1. "Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando... Vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" (Jn 15,14-15).

Queste parole Cristo le ha dette agli apostoli nella "sala al piano superiore", la notte prima della sua passione. Sono parole di amicizia e di amore per quanti aveva chiamato a seguirlo più da vicino, parole di sostegno e di incoraggiamento per quelli che avevano scelto di continuare la sua opera di salvezza in obbedienza alla volontà del Padre.

Oggi la Chiesa celebra e vive queste parole di Cristo nella liturgia serale che ho la gioia di offrire con voi in questo stadio di Port Moresby.

Proclamo queste parole a voi ai quali Cristo ha fatto conoscere ciò che egli ha udito dal Padre suo, a voi che avete fatto ciò che egli vi ha comandato. Oggi offro queste parole a tutti coloro che continuano l'opera degli apostoli in Papua Nuova Guinea: ai vescovi innanzitutto, assieme ai loro sacerdoti, ai religiosi e alle religiose e agli apostoli laici di questo Paese, specialmente ai numerosi zelanti catechisti.


2. In questo momento i miei pensieri vanno in particolar modo ai missionari: a quelli che per primi portarono il messaggio di Cristo a queste isole e a quelli che continuano a prestare qui oggi il loro servizio. Non è possibile raccontare tutta la storia del Vangelo in Papua Nuova Guinea; voglio pero rendere omaggio alla sacra storia dell'evangelizzazione e ricordare alcuni di quegli apostoli vissuti e morti perché i figli e le figlie di questa terra potessero conoscere e amare Gesù Cristo, il Figlio di Dio e salvatore del mondo.

Il primo tentativo di evangelizzazione fu fatto dai Maristi nelle isole di Woodlark e Rooke nel 1847. Ma essi dovettero andarsene. Cinque anni dopo un altro tentativo fu fatto dai missionari del Pime. Ma dopo solo tre anni anch'essi furono obbligati ad abbandonare il lavoro missionario, non senza che uno di loro avesse dato la vita per la fede con il martirio: il beato Giovanni Mazzucconi, morto a Woodlark nel 1855 e recentemente beatificato a Roma.

Con l'arrivo dei missionari del Sacro Cuore nella festa di san Michele arcangelo nel 1882, spunto l'alba della nuova era, nell'ininterrotta evangelizzazione di quella che è oggi la Papua Nuova Guinea. Tre missionari, sotto la guida di padre André Navarre, sbarcarono sull'isola Matupit nel porto di Rabaul, in New Britain. Con gratitudine ricordiamo il popolo di Nodup e il loro "grande capo" To Litur, che accolsero fra loro i missionari e offrirono protezione e una terra nella quale vivere.

Da questi umili inizi a Nopud, si sviluppo progressivamente un'evangelizzazione inarrestabile attraverso l'infaticabile impegno dei missionari e sotto l'illuminata guida di una serie di santi e zelanti vescovi. Tra questi, uno speciale riconoscimento merita il vicario apostolico di New Britain, il vescovo Louis Couppé.

Nel 1885 i missionari del Sacro Cuore si assunsero l'incarico dell'attività missionaria in un'altra area, questa volta lungo le zone costiere della Nuova Guinea, note come Papua, non lontano da dove oggi celebriamo l'Eucaristia. Qui, il 4 luglio, per la prima volta su suolo papuano, veniva offerto a Dio il santo sacrificio della messa, un anniversario che viene ancora ricordato con particolare devozione. Tra gli operai apostolici che provvidenzialmente guidarono la crescita dell'attività missionaria lungo le coste della Papua e verso l'interno, due santi vescovi meritano una specifica menzione: il vescovo Henry Verjus, che mori in giovane età, essendo stata la sua salute gravemente pregiudicata dalle privazioni e dai sacrifici di una vita eroica; e il vescovo Alain Guynot de Boismenu, che, come secondo vicario apostolico della Nuova Guinea, promosse per molti anni la causa delle missioni e lascio dietro di sé un esempio luminoso di santità di vita. Non posso tralasciare di ricordare a questo punto che, fin dai primi inizi, il lavoro dei missionari del Sacro Cuore fu generosamente assistito dalle Figlie di nostra Signora del Sacro Cuore. Più tardi si unirono ad esse le suore missionarie del Sacro Cuore di Gesù. Cinque coraggiose donne di questo secondo istituto furono in seguito nel numero dei "martiri di Baining".

Nel 1896 la Società del Verbo Divino, sotto la guida di padre Eberhard Limbrock, inauguro una terza area di attività missionaria, lungo la costa nord-est della Nuova Guinea. Mentre i loro fratelli missionari predicavano il Vangelo nelle zone costiere, i padri William Ross e Ivo Schaefer si fecero pionieri nel portare la luce di Cristo Signore alle popolazioni delle valli montane. così, quello che comincio molto umilmente nell'isola Tumleo presso Aitape abbraccia ora le due arcidiocesi di Madang e di Mount Hagen, assieme a otto sedi suffraganee.

Tre anni dopo, i padri Maristi si assunsero l'incarico di una quarta area di conquista missionaria nelle Salomone settentrionali. Stabilitisi prima nelle isole Shortland nel 1899, spostarono poi il centro della loro attività missionaria a Kieta, nell'isola Bougainville. Oggi la diocesi di Bougainville con il suo vescovo autoctono dà un'ampia testimonianza del lavoro compiuto dai coraggiosi missionari.

Vediamo così come, da queste quattro differenti aree di attività missionaria, la Papua Nuova Guinea ha oggi quattro sedi metropolitane con quattordici diocesi. Dio ha largamente benedetto questo Paese e ha reso fecondi i coraggiosi sforzi dei missionari che vennero qui per comando di Cristo con il messaggio della salvezza e l'amore fraterno.


3. Avendo davanti agli occhi i meravigliosi e lodevoli sforzi di tutti questi missionari e di molti altri, ci vengono alla mente le parole della prima lettura della odierna liturgia: "Dimentichi del passato" (comprese le loro famiglie, i loro amici e il Paese d'origine), essi erano "protesi verso il futuro", correndo verso la meta (cfr. Ph 3,13-14): la costruzione del regno del Dio vivente, la Chiesa di Gesù Cristo, in mezzo ai loro fratelli e sorelle di queste lontane isole, di quella che oggi è Papua Nuova Guinea. Per l'amore del Vangelo, essi "soffrirono la perdita di ogni cosa", al fine di "guadagnare Cristo" (Ph 3,8) e per lui guadagnare nuovi membri del regno di Dio, anch'essi redenti mediante la sua croce e la sua risurrezione.

E' oggi mio sincero desiderio rendere lode e grazie al Dio vivente, insieme con voi, amati fratelli e sorelle, per questa meravigliosa divina chiamata che ha già portato frutti copiosi in questa terra. "Te Deum laudamus"! La Chiesa che vive in mezzo a nuovi popoli e nazioni, gradatamente cresce verso la maturità man mano che i figli e le figlie indigeni accolgono e rispondono alla divina chiamata del Vangelo, non solo vivendo fedelmente i sacramenti del Battesimo e della Cresima, ma anche abbracciando le vocazioni evangeliche al ministero sacerdotale e alla vita consacrata.


4. La Chiesa, come corpo di Cristo, cresce in questa terra con una sua vita propria, con i suoi doni caratteristici di natura e di grazia, pur partecipando all'unità della Chiesa universale. E' mia fervida preghiera che la Chiesa in Papua Nuova Guinea, man mano che continua a crescere e a maturare, possa godere di una grande fioritura di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Vorrei che un numero sempre più grande di vostri figli e figlie potesse attentamente ascoltare e prontamente accogliere queste parole di Cristo che parlano di una speciale scelta personale da parte di Dio, di una fecondità apostolica: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Jn 15,16). E' nel piano di Dio che i sacerdoti e i religiosi si mettano al servizio delle famiglie cristiane e che le famiglie cristiane, a loro volta, contribuiscano a creare le condizioni di fede favorevoli nelle quali i giovani possano sentire la chiamata di Dio.

La Chiesa missionaria in questo Paese ha ben compreso l'importanza di favorire le vocazioni. In questo campo, l'istituzione delle scuole di formazione per catechisti e insegnanti si sono dimostrate provvidenziali nelle varie regioni.

Il risultato di questi sforzi si è visto quando Louis Vangeke, il primo sacerdote di questo Paese, ordinato nel 1937, fu ordinato vescovo da papa Paolo VI a Sydney, Australia, nel 1970.

Grandi sforzi richiese l'istituzione dei seminari minori. Il primo fu fondato a Vunapope, in New Britain, nel 1937, e il secondo un anno dopo ad Alexishafen presso Madang. Seguirono altre iniziative, e si deve fare particolare menzione del coraggioso lavoro di formazione seminaristica compiuto durante i difficili anni della Seconda guerra mondiale.

Oggi avete la fortuna di possedere il seminario regionale maggiore di Bomana, che prepara al sacerdozio giovani provenienti da tutte le Chiese locali.

Questi seminaristi ci danno grande speranza per il futuro della Chiesa in Papua Nuova Guinea. A mano a mano che il loro numero cresce, la Chiesa diventa veramente se stessa. Oggi quattro figli di questo Paese sono in mezzo a voi in qualità di vescovi.

Grazie a Dio molte donne di Papua Nuova Guinea hanno accolto la sua chiamata alla vita religiosa. Fin dal 1912 fu fondata la prima congregazione locale di suore: le Figlie di Maria Immacolata. E sei anni dopo ebbero inizio qui in Papua le Serve del Signore (Handmaids of the Lord). Inoltre, molte giovani donne si sono affiancate alle congregazioni missionarie rendendo il loro servizio sia nel Paese, sia fuori di esso. Ci sono state anche vocazioni di fratelli religiosi, e nonostante molte difficoltà, essi non mancano oggi in Papua Nuova Guinea. Prego che con la grazia di Dio il loro numero cresca.


5. Oggi ci riuniamo in questo stadio per dare testimonianza del fatto che la Chiesa di Cristo è un tempio vivente fatto di uomini e di donne di questa terra.

In questa storica circostanza, eleviamo i nostri cuori in ardente preghiera per un maggior numero di vocazioni sacerdotali e religiose grazie alle quali il lavoro di evangelizzazione possa progredire. Esse sono così necessarie per la vita e la continua crescita della Chiesa in Papua Nuova Guinea, così necessarie per il bene di tutto il popolo di Dio.

Come Gesù disse: "La messe e molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!" (Mt 9,37-38).

Facciamo questa preghiera, amato popolo di Papua Nuova Guinea, nel nome di Cristo, sapendo che tutto quello che chiediamo al Padre nel suo nome, egli ce lo concederà (cfr. Jn 15,16). Facciamo questa preghiera per la gloria della Santissima Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo. Amen.

Data: 1984-05-07 Data estesa: Lunedi 7 Maggio 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Alle confessioni cristiane - Seoul (Corea)