GPII 1984 Insegnamenti - A studiosi della Sacra Scrittura - Città del Vaticano (Roma)

A studiosi della Sacra Scrittura - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Aiutare la Chiesa a mettere a disposizione la parola di Dio

Testo:

Signor cardinale! Carissimi docenti e alunni del Pontificio Istituto Biblico!


1. Ho accolto molto volentieri la richiesta di questa udienza particolare con voi, in occasione del 75° anniversario della fondazione dell'Istituto Biblico, voluto dal mio santo predecessore, Pio X, al fine di promuovere il progresso degli studi biblici e curarne l'immunità da errori.

Saluto con sincero affetto il cardinale Baum, a cui va anche il mio ringraziamento per le nobili parole, con le quali ha voluto così gentilmente introdurre questo familiare incontro. Saluto parimenti il preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Hans Peter Kolvenbach, il rettore magnifico e tutto il corpo docente, che tiene alto il prestigio dell'Istituto; e voi, specialmente, carissimi giovani studenti provenienti da ogni parte del mondo e desiderosi di acquistare una profonda conoscenza della parola di Dio. Siate tutti benvenuti: "Grazia a voi e pace da parte di Dio, padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Ga 1,3).

Dalla sua creazione fino ai nostri giorni, il "Biblico" rimane uno dei luoghi privilegiati, dove gli studiosi dedicano il meglio di sé all'approfondimento della Sacra Scrittura, e di quelle scienze che permettono di comprenderla meglio. Per questo servizio che rendete alla Chiesa con totale fedeltà ai desideri del vostro fondatore, vi esprimo la mia gioia e gratitudine. E aggiungo un ringraziamento speciale alla Compagnia di Gesù che continua a spendersi generosamente affinché questo servizio ecclesiale, reso sia dalla Facoltà dell'oriente antico, sia dalla Facoltà biblica a Roma e dalla sede dell'Istituto a Gerusalemme, sia sempre più rispondente alle esigenze dei tempi.


2. Voi venite a Roma da tutti i Paesi del mondo per studiare, insegnare o collaborare a far meglio conoscere la Sacra Scrittura. Il vostro lavoro è destinato a produrre, e produce di fatto, abbondanti frutti. I vostri lavori hanno una grande risonanza e la vostra responsabilità si estende a tutta la Chiesa.

Siatene consapevoli! Certo, il vostro studio comporta un impegno serio e austero. La conoscenza delle lingue sacre e dell'ambiente, nel quale la Bibbia è nata, richiede sforzi perseveranti, disponibilità a capire un mondo tanto diverso dal nostro, in cui la parola di Dio ha preso una forma letteraria. Questo studio è perciò un servizio specifico reso alla Chiesa, un ministero, un apostolato. Esso richiede, come direbbe sant'Ignazio di Loyola, lo sforzo dell'uomo intero ("Constitutiones S.J.", IV, 4,2, n. 340): della memoria, della sensibilità, dell'intelligenza e della volontà. Non potete rispondere pienamente alla vostra responsabilità ecclesiale senza impegnarvi totalmente. perciò la buona volontà, la fede, la preghiera e l'amore a Dio e alla sua Chiesa non possono essere assenti dal vostro impegno per la parola ispirata. Come d'altronde uno studioso può avvicinare i libri sacri senza lo sforzo di ascoltare sinceramente e di mettere lui stesso in pratica ciò che legge e cerca di capire?


3. Il profondo rispetto che nutrite per la Sacra Scrittura vi porta a toccare più da vicino le testimonianze uniche su colui che sta al centro della nostra fede, Gesù Cristo, nostro salvatore, annunciato dai profeti, proclamato dagli apostoli.

I testi sacri sono il luogo privilegiato, dove si manifesta la misteriosa realtà della salvezza, che Dio ci offre in Gesù Cristo. Non cessate di scrutare questi testi con le vostre ricerche filologiche, linguistiche, letterarie, storiche: esse, anche se ardue e faticose, sono quanto mai utili per meglio comprendere la parola di Dio. La fedeltà al testo sacro, a noi trasmesso, rimane e deve rimanere una delle vostre caratteristiche. E' vero, nella ricerca di senso dei testi, come in quella dell'ambiente storico dove sono nati, rimangono ancora le oscurità che i lavori scientifici vanno chiarendo a poco a poco. Si propongono ipotesi sempre più affinate per riflettere ancor più fedelmente i dati offerti dal testo stesso. In tutte queste ricerche, necessarie oggi, la prudenza, la discrezione e la sobrietà sono richieste da colui che analizza i testi. E questo tanto più in quanto gli scritti biblici, che esprimono la fede della Chiesa, sono la regola della sua fede. Animati da queste virtù, e sulla scia dei vostri predecessori, tra i quali mi piace ricordare il cardinale Bea, continuate a dare il vostro contributo per una "più profonda intelligenza ed esposizione del senso della Sacra Scrittura, fornendo i dati previ, dai quali si maturi il giudizio della Chiesa" (cfr. DV 12).


4. Opera scientifica e opera di fede, il vostro impegno infatti è essenzialmente un servizio ecclesiale. La Chiesa sente ogni giorno più chiaramente la necessità di attingere alla Sacra Scrittura per leggervi ciò che essa è, e ciò che è chiamata ad essere. Non c'è vita spirituale, catechesi o pastorale che non esigano questo ritorno costante ai libri sacri. Anche le altre scienze sacre, ugualmente fondamentali per la vita della Chiesa, richiedono da voi oggi una collaborazione, alla quale non potete sottrarvi. Esse, soprattutto la teologia dogmatica e la teologia morale, risentono l'urgenza di approfondire metodologicamente i loro fondamenti biblici. Il Concilio Vaticano II, riprendendo l'affermazione dei Padri, afferma che la Scrittura è come l'anima della teologia (cfr. DV 24). La vostra missione ecclesiale non si deve perciò fermare alla spiegazione del testo sacro, ma deve contribuire alla chiarificazione delle questioni dogmatiche e morali - per prendere soltanto questi due campi più urgenti - affinché sia messa sempre più in evidenza l'unità della fede e della morale cristiana. Aggiungo anche che nel dialogo con i nostri fratelli separati, come pure in quello con i figli di Abramo secondo la carne, la vostra presenza attiva è molto spesso di primaria importanza per ritrovare ciò che ci unisce all'unico Signore Dio e Padre. Infine poiché oggi tante culture si affiancano all'Istituto Biblico, prendete sempre più coscienza del vostro impegno esegetico, delle esigenze di una nuova sfida lanciata alla Chiesa del nostro tempo: aiutatela a mettere a disposizione di tutte le culture il tesoro della Scrittura che la Chiesa affida alla vostra laboriosa dedizione.


5. Cari fratelli, da 75 anni l'Istituto Biblico è al servizio della Chiesa e della Sede Apostolica, nello spirito del mandato ad esso affidato da san Pio X e dai suoi successori. Nel rinnovarvi oggi tale consegna, vi esorto a far risplendere con fedeltà sempre nuova la conoscenza e l'amore dei libri sacri nella Chiesa e nell'universo intero, in serena adesione al magistero vivo della Chiesa, cui è affidato l'ufficio di interpretare autenticamente la parola di Dio scritta e trasmessa e la cui autorità è esercitata nel nome di Gesù Cristo (cfr. DV 10). Come segno di incoraggiamento alla vostra specifica vocazione, vi imparto di gran cuore la mia speciale benedizione.

Data: 1984-05-17 Data estesa: Giovedi 17 Maggio 1984




Al Centro sportivo italiano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lo sport stimoli a una maturazione umana e cristiana

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di incontrarmi quest'oggi con voi, responsabili nazionali, regionali e provinciali del Centro sportivo italiano, riuniti a Roma per un convegno, in occasione del IV anniversario della fondazione della vostra associazione. Esprimo il mio cordiale saluto e il mio grato apprezzamento a voi e a quanti promuovono e presiedono questa organizzazione, benemerita per lo spirito cristiano con cui ha saputo e sa guidare le attività sportive di numerose schiere giovanili, formulando l'augurio che codesto centro possa felicemente continuare nella sua attività e sappia compierla con sempre maggiore impegno. A tutti dico: "Grazie e pace a voi in abbondanza" (1P 1,2).


2. Con la vostra riunione voi intendete ricordare una data che non è senza significato per la storia della vostra associazione, la quale nei suoi quarant'anni di vita ha registrato lusinghieri successi e consolanti affermazioni nel suo specifico intento di promuovere i valori cristiani in campo sportivo. Il vostro centro, infatti, oggi conta ottomila società sportive con oltre cinquecentomila atleti; esso è presente in tutto il territorio nazionale con proprie strutture, svolgendo la sua attività in piena armonia con le indicazioni della Conferenza episcopale italiana e dei singoli pastori delle comunità diocesane.

Mi è cara questa felice occasione per manifestare a voi e a tutti gli aderenti alla vostra associazione la mia soddisfazione per l'esempio che essa ha saputo offrire, in questo quarantennio, di una giovinezza forte, volitiva e ardimentosa, dando prova di padronanza di sé e di lealtà, di coraggio e di rispetto delle regole: sono tutti valori questi che la Chiesa ha sempre inculcato negli animi, non cessando di promuoverli soprattutto nei giovani.

Come ho detto in occasione del Giubileo degli sportivi nello stadio Olimpico: "Per essere un bravo sportivo sono indispensabili onestà con se stessi e con gli altri, lealtà, forza morale, oltre e più che quella fisica, perseveranza, spirito di collaborazione e di socievolezza, magnanimità, generosità, larghezza di mente, capacità di convivenza e di condivisione" (14 aprile 1984).


3. Ma tutte queste qualità umane e civili non possono restare fine a se stesse, ma devono formare come una pedana per salire su un piano superiore, cioè quello dello spirito; per superare ogni atteggiamento frivolo, che conduce verso un'esistenza grigia e priva di ideali; per non lasciarsi impigliare in quei piaceri che avviliscono e degradano. L'esercizio fisico dello sport vi richiami alla mente le belle parole di san Paolo ai cristiani di Corinto: "Glorificate e portate Dio nei vostri corpi" (1Co 6,20). Quello che fate nei vostri allenamenti per mettere il vostro corpo sempre più in grado di rendere il massimo nelle competizioni sportive, la Chiesa lo richiede su un piano più elevato per la vostra crescita spirituale. Infatti tutta la vita cristiana è come una corsa, come una gara, ma non per la conquista di una corona corruttibile, come dice ancora san Paolo, bensi per la conquista di una corona immarcescibile (cfr. 1Co 9,24-25). Sappiate cogliere nell'esercizio dello sport gli stimoli che esso vi offre per la vostra maturazione di uomini e di cristiani, in maniera da arricchire la vostra vita di quelle virtù naturali e soprannaturali che la rendono degna di essere vissuta, perché vista come una risposta consapevole e generosa al disegno che Dio ha su ciascuno di voi.


4. Con questi voti nel cuore ben volentieri imparto a voi, ai vostri dirigenti, a tutte le società del Centro sportivo italiano e ai singoli atleti che voi qui rappresentate una speciale benedizione, in segno di incoraggiamento e di augurio.

Data: 1984-05-18 Data estesa: Venerdi 18 Maggio 1984




A industriali svevi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lo sviluppo economico a servizio dell'uomo

Testo:

Egregi signore e signori.

Vi saluto cordialmente, partecipanti all'assemblea plenaria dell'industria sveva, guidati dal vostro presidente signor Hans Haibel. Voi considerate la vostra visita a Roma non tanto come un viaggio turistico, ma come un pellegrinaggio ai luoghi sacri della cristianità nella città eterna. Io, Vescovo di Roma, vi do sinceramente il benvenuto e vi incoraggio, conformemente al compito affidatomi dal Signore, alla finalità religiosa di questo vostro viaggio a Roma. Cristo infatti disse a Pietro: "Rafforza i tuoi fratelli!" (Lc 22,32).

Come responsabili dell'economia voi ricoprite posizioni importanti nella vita pubblica del vostro Paese. Il lavoro occupa lo spazio maggiore nella vita degli uomini e determina in modo decisivo lo sviluppo della personalità del singolo così come anche la convivenza umana in famiglia e nella società. La preoccupante disoccupazione ci ha portati a riconoscere nuovamente quale alto valore rappresenti il lavoro per l'uomo e per il bene comune. perciò anche la Chiesa, nella sua sollecitudine pastorale per il bene temporale ed eterno dell'uomo del mondo del lavoro, vi ha sempre dedicato particolare attenzione; e ciò particolarmente nella storia più recente, nella quale i principi morali che devono determinare la cooperazione umana in questo importante ambito, conformemente alla visione cristiana dell'uomo e del mondo, la Chiesa ha mostrato chiaramente nella dottrina sociale cattolica e ha sottolineato con sempre nuovo vigore. Il Concilio Vaticano II riassume brevemente la responsabilità morale dell'uomo nel mondo del lavoro in questa frase: "L'attività economica è da realizzare secondo leggi e metodi propri dell'economia, ma nell'ambito dell'ordine morale, in modo che così risponda al disegno di Dio sull'uomo" (GS 64).

La vostra grande responsabilità e il vostro compito è quello di dimostrarvi cristiani anche nel difficile mondo dell'economia, secondo il vostro ruolo e a vostra discrezione. La Chiesa vi offre il suo consiglio e il suo aiuto; naturalmente non in forma di soluzioni concrete ai singoli problemi sociali ed economici, ma nella forma di un responsabile orientamento morale di fondo, affinché il mondo dell'economia si configuri al servizio della dignità dell'uomo.

E' lasciata alla vostra coscienza e alla vostra specifica competenza la responsabilità di incarnare i principi morali nelle singole decisioni concrete e così portare il vostro contributo del tutto personale alla personalizzazione e cristianizzazione del mondo del lavoro e dell'economia.

In questo vostro compito di cristiani vorrei oggi incoraggiarvi in questo nostro breve incontro. Che questo pellegrinaggio a Roma vi rafforzi nella vostra fede in Gesù Cristo e nel vostro compito cristiano nell'odierna società.

Per questo imploro da Dio per voi luce e sostegno con la mia particolare benedizione apostolica.

Data: 1984-05-18 Data estesa: Venerdi 18 Maggio 1984




Alla segreteria del Sinodo dei vescovi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La missione del laicato nella Chiesa e nel mondo

Testo:

Venerabili fratelli.


1. Con viva gioia vi rivolgo il mio saluto cordiale. Questo vostro consiglio della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi si è adunato in questi giorni per la seconda volta dopo la celebrazione dell'ultima assemblea generale. Questo fatto, che si aggiunge ad altri, manifesta la vitalità della giovane istituzione sinodale, ed è nello stesso tempo segno del vostro generoso impegno nell'adempiere il compito di fiducia che vi è stato affidato. La Chiesa e il Papa vi sono grati per questa fatica supplementare a cui vi sobbarcate, nonostante i vostri numerosi e gravosi impegni. Ed è fatica che voi avete accettato in spirito di viva comunione con il successore di Pietro, come rileva il telegramma di saluto e di augurio inviatomi, a nome di tutti voi, dal moderatore dei vostri lavori, il venerabile fratello cardinale Zoungrana, e dal segretario generale, monsignor Tomko. Anche per questo siate ringraziati.

Questa vostra riunione costituisce come un ponte tra l'assemblea del Sinodo dell'ottobre scorso e quella da preparare per il 1986. In continuazione con la sessione del mese di febbraio, avete lavorato in primo luogo sul progetto del documento che dovrà essere il frutto e il coronamento del Sinodo sulla riconciliazione e sulla penitenza nella missione della Chiesa. Lo spirito di riconciliazione e di penitenza, che ha trovato nella contemporanea celebrazione dell'Anno Giubilare della Redenzione e del Sinodo un valido stimolo, dovrà diventare una linea costante del quotidiano cammino di rinnovamento e di santità della Chiesa. Il documento, per la cui elaborazione avete lavorato, servirà precisamente a tale scopo.


2. La vostra attenzione si è volta poi verso la futura assemblea generale. Già nel mese di febbraio mi avevate presentato il risultato dell'analisi dei temi proposti dalle diverse Chiese particolari, indicando anche le vostre riflessioni per alcune scelte di priorità. Questa consultazione per la scelta del tema da discutere si è mostrata molto opportuna ed è ormai entrata a far parte della prassi sinodale.

Essa consente di confrontarsi con i problemi pastorali più universali, più urgenti e più attuali della vita della Chiesa.

Tra i temi indicati nella presente occasione da gran parte dell'episcopato e da voi segnalati dopo attento esame, emerge nettamente quello della missione dei laici nella Chiesa e nel mondo. Non è difficile cogliere i motivi di tale convergenza di pareri. In realtà, la missione dei laici, come parte integrante della missione di salvezza dell'intero popolo di Dio, è di fondamentale importanza per la vita della Chiesa e per il servizio che la Chiesa stessa è chiamata ad offrire al mondo degli uomini e delle realtà temporali.


3. Il Concilio Vaticano II ha svolto un'ampia e approfondita riflessione sulla natura, dignità, missione e responsabilità dei laici nella Chiesa e nel mondo, come splendidamente testimoniano numerosi documenti conciliari, in particolare la costituzione dogmatica "Lumen Gentium", la costituzione pastorale "Gaudium et Spes", il decreto "Apostolicam Actuositatem".

Com'è noto, la dottrina del Concilio ha riproposto con chiarezza e vigore il ruolo ecclesiale dei laici, di quei fedeli cioè "che, dopo essere stati incorporati a Cristo col Battesimo e costituiti popolo di Dio, e nella loro misura resi partecipi della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano" (LG 31).

Nello stesso tempo, il Concilio ha offerto una lettura teologica della condizione secolare dei laici, interpretandola nel contesto di una vera e propria vocazione cristiana: "Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Essi vivono nel secolo, cioè implicati in tutti i singoli impieghi e affari del mondo e nelle ordinarie condizioni di vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta.

Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno, a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l'esercizio della funzione loro propria e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a rendere visibile Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro vita e col fulgore della fede, della speranza e della carità" (LG 31).


4. A distanza di vent'anni dalla conclusione dell'assise conciliare non s'è affatto affievolita, al contrario si è resa più viva e urgente la necessità di una ripresa della riflessione della Chiesa sulla vocazione e sulla missione dei laici nel contesto del disegno di salvezza che Dio in Gesù Cristo compie nella storia. A sottolineare l'attualità e urgenza di un ulteriore approfondimento della dottrina conciliare sul laicato si impongono, tra le altre, due considerazioni in particolare.

La prima, d'indole più intraecclesiale: ci si deve interrogare sui numerosi e preziosi frutti che il Concilio Vaticano II ha suscitato, spingendo i laici a maturare una più viva coscienza del loro essenziale inserimento nella Chiesa e della loro responsabile partecipazione alla sua missione di salvezza. ciò consentirà di impegnarsi più efficacemente per far si che tali frutti siano propri non solo di una élite, ma anche e capillarmente della massa dei laici stessi.

La seconda considerazione è legata in particolare all'indole e al compito secolari dei laici. Il mondo, al quale si rivolge in una forma privilegiata la loro responsabilità cristiana, è in rapida evoluzione e presenta oggi una serie quanto mai numerosa di questioni nuove, complesse, a volte persino drammatiche. Come non rilevare, ancora una volta, il persistente pericolo di uno sviluppo scientifico e tecnico non sufficientemente radicato in quella ispirazione umana plenaria, di cui sono parte essenziale anche le dimensioni etica e religiosa? Proprio questo mondo, proprio questa cultura attendono, esigono l'intervento competente, generoso, deciso e cristianamente ispirato dei laici, i quali solo a questa condizione potranno sentirsi fedeli al compito loro assegnato da Gesù Cristo, quello di essere sale della terra e lievito del mondo. Ad essi spetta di promuovere, nelle attuali condizioni del mondo, l'indispensabile alleanza tra la scienza e la sapienza, tra la tecnica e l'etica, tra la storia e la fede, perché possa progressivamente attuarsi il disegno di Dio, e con esso raggiungersi il vero bene dell'uomo.


5. Si tratta, come ognuno vede, di ragioni convincenti. Sono quindi lieto di far mia la vostra scelta, giacché ritengo che essa presenti tutti i requisiti per essere discussa e approfondita in un'assemblea collegiale così qualificata come è quella del Sinodo dei vescovi.

Vi esorto, pertanto, a proseguire nel lavoro iniziato in preparazione della prevista assemblea sinodale del 1986, a cui spetterà, in adempimento della sua funzione di prezioso strumento della collegialità episcopale, di vagliare i risultati raggiunti e di formulare le opportune indicazioni.

A conforto della vostra fatica, invoco sopra di voi la continua assistenza di Dio e la protezione della Madre della Chiesa, mentre, in pegno di fraterno affetto, vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1984-05-19 Data estesa: Sabato 19 Maggio 1984




Recita del Regina coeli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Cristo ha riconfermato che il termine dell'uomo è Dio

Testo:


1. Cristo dice a Tommaso: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Jn 14,6). Pronuncia queste parole alla vigilia della sua passione. Dopo la risurrezione esse trovano una particolare conferma.

Le vie della vita sembrano tendere alla morte, che si pone davanti all'uomo come termine. Ma Cristo, con la sua risurrezione, ha riconfermato che il termine dell'uomo è Dio, e che lui è diventato la via al Padre. Dunque: non la via alla morte, ma alla vita in Dio. Questa via è in Gesù Cristo la verità dei destini dell'uomo: la verità della nostra esistenza già qui in terra. In Gesù Cristo - crocifisso e risorto - la verità è la vita, e non la morte. Egli infatti è la via.

"Regina coeli, laetare"! O Madre del Risorto, nel tuo Cuore Immacolato la Chiesa gioisca di questa via, verità e vita, che è Cristo, tuo Figlio.


2. Domenica prossima mi rechero, in pellegrinaggio pastorale, nella illustre e antica città di Viterbo, profondamente legata, attraverso i secoli, alla storia della Chiesa e del papato.

Intendo con tale visita unirmi alla gioia dei fedeli di quella diocesi, che celebrano il 750° anniversario della nascita di santa Rosa da Viterbo; il 400° della nascita di santa Giacinta Marescotti e inoltre la traslazione del venerabile corpo di san Crispino da Viterbo - frate cappuccino amante della povertà e dei poveri, esemplare nel suo servizio verso i bisognosi - che ho canonizzato il 20 giugno 1982.

Avro la gioia di incontrare i fratelli e le sorelle delle varie componenti ecclesiali della diocesi viterbese, come pure delle altre diocesi che sono al presente unite nella persona del vescovo: Tuscania, Montefiascone, Acquapendente, Bagnoregio. Avro così la possibilità di pregare con loro e di confermarli nella fede.

Chiedo a tutti voi un ricordo nella preghiera.

Data: 1984-05-20 Data estesa: Domenica 20 Maggio 1984




Omelia a Santa Maria Ausiliatrice - Tuscolano (Roma)

Titolo: Amore, carità e fedeltà alla Grazia per essere "pietre vive"

Testo:


1. "Io sono la via, la verità e la vita" (Jn 14,6). Con queste parole di Cristo risorto saluto la parrocchia romana dedicata a santa Maria Ausiliatrice.

Vengo qui come Vescovo di Roma, insieme con il cardinale vicario e con il vescovo ausiliare del vostro settore, per vivere con voi, cari fratelli e sorelle, nell'odierna domenica, quinta del tempo pasquale, la gioia della risurrezione del Signore. Questa gioia deriva dal fatto che Cristo, nella potenza della sua croce e della risurrezione, ci conduce al Padre. E nella casa del suo Padre vi sono molti posti. Egli va a prepararne anche per noi (cfr. Jn 14,2).

La gioia della risurrezione si trasforma ormai chiaramente nell'attesa del ritorno di Cristo al cielo. E ciò suscita una certa tristezza e paura. perciò il Salvatore dice: "Non sia turbato il vostro cuore" (Jn 14,1).

La risurrezione del Signore ha aperto una chiara prospettiva degli ultimi destini dell'uomo in Dio. Cristo ci guida verso questi destini nella potenza dello Spirito Santo. Ci prepariamo all'Ascensione e insieme alla Pentecoste. Nello spirito di questa preparazione desidero vivere l'odierno incontro con la vostra parrocchia.


2. Cristo è la via: nessuno viene al Padre se non per mezzo di lui (cfr. Jn 14,6).

La pagina del Vangelo di Giovanni di questa domenica contiene alcune delle affermazioni più profonde della teologia cattolica, che rispondono agli interrogativi e alle esigenze più sentite dell'uomo.

L'apostolo Filippo, con semplicità ma anche con ansiosa curiosità, chiede al divin Maestro: "Signore, mostraci il Padre e ci basta!". Sembra quasi di sentire la domanda che tormenta l'uomo di sempre, bisognoso di certezza e di sicurezza, desideroso di incontrarsi con Dio. Gesù risponde con ferma autorità: "Chi ha visto me, ha visto il Padre. Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è in me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me". Gesù sottolinea la perfetta identità di natura tra lui e il Padre, e quindi l'identità del pensiero ("Le parole che io vi dico, non le dico da me") e dell'azione ("Il Padre che è in me compie le sue opere"), pur nella distinzione delle divine persone.

Gesù sembra rimproverare Filippo per la sua domanda: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto?". Ma, più che un rimprovero, era una constatazione delle difficoltà che la ragione umana prova di fronte al mistero.

Infatti, ci troviamo qui al vertice del "mistero trinitario" e solo conoscendo profondamente Gesù Cristo e accettando tutto il suo messaggio è possibile conoscere Dio come Padre, che rivela il suo amore con la creazione e con la redenzione. Solo Gesù è la via al Padre; solo Gesù ci fa conoscere il "mistero trascendente" della Santissima Trinità e il "mistero immanente" della Provvidenza di Dio, presente nella storia degli uomini con il progetto di salvezza, che ci porta il suo amore, la sua misericordia e il suo perdono.

L'apostolo Tommaso espone poi, con altrettanta semplicità, la seconda domanda ugualmente fondamentale, riguardante il destino dell'uomo: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?". Gesù risponde con uguale chiarezza che egli ritorna al Padre, alla casa del Padre, dove tutti sono chiamati ad entrare, perché per tutti c'è un posto assegnato.

La via è lui stesso, con la verità che ha rivelato e la grazia sacramentale che ha portato con l'incarnazione e la redenzione. La concezione cristiana della vita è radicalmente "escatologica", e cioè proiettati oltre il tempo e oltre la storia: ognuno deve trafficare appassionatamente i propri talenti durante l'esistenza, in attesa del posto felice ed eterno nella casa del Padre: "Ritornero e vi prendero con me, perché siate anche voi dove sono io". E Gesù conclude rivolgendo anche a noi la sua parola decisiva: "Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me". Sulle questioni che riguardano i significati ultimi della nostra esistenza, Gesù solo è la luce; lui solo è la verità.


3. Cristo ci conduce al Padre, divenendo pietra angolare della Chiesa, e cioè del tempio spirituale. La seconda lettura, tratta dalla prima Lettera di san Pietro, ci fa meditare sulla Chiesa e sulla missione dei laici nella Chiesa.

Gesù ha voluto scegliere Pietro e gli apostoli e fondare su di essi e i loro successori la Chiesa, dando loro i suoi stessi poteri divini e consegnando loro la verità rivelata, per la sua trasmissione integra, il suo sviluppo con l'assistenza dello Spirito Santo e la sua difesa contro gli errori. Ma è anche evidente, come dice Pietro, che la "pietra angolare" dell'edificio spirituale rimane lui, il Cristo: pietra viva, scelta, preziosa e "chi crede in essa non resterà confuso". In un altro contesto, anche san Paolo afferma: "...quella pietra era il Cristo" (1Co 10,4). Su questa "pietra angolare", che purtroppo da tanti è scartata con danno comune, perché non può essere eliminata, tutti i seguaci di Cristo sono chiamati a essere "pietre vive" per la costruzione dell'edificio spirituale, "per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo". Grande è dunque la dignità e grande la responsabilità di ogni cristiano! "Onore a voi che credete! - scrive san Pietro - Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua mirabile luce!".


4. così dunque Cristo è la via e noi camminiamo in lui verso il Padre, verso la casa del Padre. In lui: nella potenza della sua croce e della risurrezione. Nella potenza del suo Vangelo e dell'Eucaristia.

E contemporaneamente Cristo è pietra angolare: ci conduce al Padre nella comunità del popolo "che Dio si è acquistato" (1P 2,9), facendo noi "pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale" (1P 2,5).

Cristo ci conduce ai destini definitivi in Dio per mezzo della stessa Chiesa, che egli ha fondato sugli apostoli, come testimonia la prima lettura. In questa Chiesa vi sono pure diversi servizi, come, ad esempio, il servizio dei diaconi, la diaconia. La prima lettura degli Atti degli apostoli narra appunto l'istituzione del diaconato.

Mediante una molteplice partecipazione alla diaconia della Chiesa costruiamo, come pietre vive, un edificio spirituale. La pietra angolare permane sempre la redenzione: il servizio della croce e della risurrezione di Cristo. Ad essa attingiamo tutti la vita e la salvezza.


5. Eccomi dunque con voi, cari fedeli della parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice al Tuscolano! La visione biblico-liturgica, che abbiamo ricavato dalle letture, si addice perfettamente anche a voi, e così io oggi saluto coloro che in questa comunità costruiscono il "tempio di Dio" come pietre vive, "stirpe eletta, sacerdozio santo", chiamati ad offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo.

Sono molto lieto di trovarmi oggi con voi, perché è il mese di maggio, consacrato particolarmente alla devozione alla Vergine santissima, e inoltre perché quest'anno commemoriamo il cinquantennio della canonizzazione di san Giovanni Bosco. Queste circostanze mi spingono ad esortare i benemeriti Salesiani, che da tanti anni reggono questa parrocchia, ad essere sempre fervorosi e ardenti nel seguire la spiritualità di don Bosco e voi, fedeli, ad assecondare le loro direttive.

Certamente il lavoro pastorale da compiersi nella vostra parrocchia, che raggiunge quasi i cinquantamila abitanti, è molto impegnativo e faticoso e, mentre ringrazio di cuore i sacerdoti per la loro opera assidua e i coadiutori Salesiani per la loro collaborazione, desidero anche manifestarvi il mio vivo compiacimento per tutte le vivaci attività e iniziative che danno coordinazione all'intera comunità: la suddivisione della parrocchia in quattro settori affidati ciascuno a un viceparroco, che permette un maggior contatto personale e crea un più vivo senso di appartenenza; il consiglio presbiterale e pastorale, attorniati dalle consulte per le varie categorie di fedeli; il centro di formazione professionale; gli oratori maschili e femminili, con i gruppi musicali, sportivi, caritativi, missionari; il consiglio familiare, sempre più importante e necessario; l'attività catechistica, con settanta catechisti e con gli incontri di preparazione; i corsi di istruzione per il Battesimo, la Cresima e il Matrimonio; l'organizzazione di fraternità e amicizia E' un bel lavoro, intenso e organizzato, che state compiendo per vivere con sempre maggiore convinzione e coerenza l'ideale cristiano, e per avvicinare a Cristo quanti non lo conoscono o ne vivono lontani. Continuate con entusiasmo e generosità l'istruzione religiosa, metodica e completa, la frequenza alla santa messa festiva e ai sacramenti, e l'inserimento attivo e responsabile di molte altre persone nelle strutture delle attività parrocchiali.

La vostra parrocchia è dedicata a Maria Ausiliatrice. E' noto che don Bosco, verso il 1863, comincio a celebrare Maria Santissima sotto questo titolo per diversi motivi, e non solo per la costruzione del grandioso santuario in Valdocco, ma soprattutto per la difesa della Chiesa e del Papa in quegli anni particolarmente difficili. A don Bosco sembrava che l'aiuto di Maria fosse quanto mai necessario e ne propagava la devozione, convinto che non si trattava solo più "di tiepidi da infervorare, peccatori da convertire, innocenti da conservare", ma di salvare la stessa Chiesa "assalita da ogni parte" (cfr. "Maraviglie della Madre di Dio, invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice").

Certamente i tempi sono cambiati, ma le difficoltà sono sempre presenti: pregate ogni giorno Maria Ausiliatrice, vostra patrona, per le vostre necessità spirituali e materiali; ma pregatela soprattutto per le necessità della vostra parrocchia, e della Chiesa intera! Ancora don Bosco scriveva: "Uno solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell'eternità. Anch'io desidero questo ardentemente per tutti voi! E il segreto della felicità sta nelle "beatitudini", e cioè nell'amore, nella carità, nell'altruismo, nella generosità, nell'aiuto reciproco, nella fedeltà alla grazia di Dio, nella preghiera, nella misericordia, nel perdono.

Siano questi i vostri propositi concreti e quotidiani, per essere davvero le "pietre vive" del tempio spirituale della vostra parrocchia.


6. Cari fratelli e sorelle! Conservate profondamente nel cuore la verità salvifica che la Chiesa proclama nella quinta domenica di Pasqua. Si consolidi essa nella vostra coscienza. Guidi il vostro comportamento.

Cristo è la via, la verità e la vita. Camminiamo su questa via! Amiamo questa verità! Viviamo questa vita! "Non sia turbato il vostro cuore" (Jn 14,1 Jn 14,27). Lasciate che vi compenetri questa fortezza che scaturisce dalla risurrezione del Signore. La vittoria è la nostra fede (cfr. 1Jn 5,4).

[All'arrivo aveva detto:] Saluto con tutto il cuore la vostra parrocchia, parrocchia della santissima Maria Ausiliatrice. Saluto tutti i presenti, i parrocchiani; saluto tutto l'ambiente di Roma in cui si trova e vive la vostra parrocchia, in cui la Chiesa di Roma compie la sua missione per tramite della vostra parrocchia, della vostra comunità cristiana, affidata ai figli di san Giovanni Bosco. Mi rallegro di poter visitare la vostra parrocchia in questa domenica di maggio, che precede la memoria e la festa di Maria Ausiliatrice. Vengo qui per mettermi sotto la sua protezione, per cercare il suo materno ausilio, come lo hanno cercato i miei predecessori, vescovi di Roma, specialmente in tempi difficilissimi. Ma, vengo anche per mettere sotto la sua materna protezione, per cercare il suo materno aiuto per tutti voi, carissimi fratelli e sorelle, per tutti i parrocchiani di questa parrocchia, per tutte le persone sofferenti in questa parrocchia, per tutti i giovani di questa parrocchia, per tutte le persone vicine alla Chiesa e a Gesù Cristo e anche per le persone lontane da lui. Perché tutti devono sapere che ogni uomo, senza eccezione, è stato redento da lui. Come tutti, senza eccezione, siamo stati cercati da Dio, così anche siamo stati redenti da Dio in Gesù Cristo. Vi auguro che questo messaggio salvifico, evangelico, questa Buona novella possa permeare i vostri spiriti, possa permeare la vostra vita quotidiana, possa sollevare i vostri animi, possa aprire l'orizzonte alle vostre vite. Tante volte manca quell'orizzonte spirituale, quell'orizzonte pienamente umano, quell'orizzonte divino. Manca, ma è tanto necessario.

Che Maria, madre di Cristo, si dimostri vera ausiliatrice per tutti noi, per aprirci questi orizzonti, per aprire i nostri cuori umani che tanto hanno bisogno di essere aperti. Non chiusi ma aperti gli uni verso gli altri, ma anche aperti verso Dio. La vita non ha pieno significato se il cuore umano non è aperto verso Dio, verso i destini divini.

Venendo nella vostra parrocchia, voglio pregare la Madre Ausiliatrice.

Che sia di ausilio ai nostri cuori, ai cuori di tutti, specialmente ai cuori di tutti i presenti. Vi ringrazio per la vostra presenza. Vi abbraccio come vostro Vescovo. Abbraccio specialmente i vostri giovani, i vostri bambini, i vostri sofferenti. Vi chiedo di portare questo abbraccio pastorale del Papa a tutti.

Così, in questo spirito di comunione cristiana, fraterna, iniziamo la visita pastorale nella vostra parrocchia, sotto la protezione della santissima Ausiliatrice, Maria, madre di Cristo e della Chiesa.

[Dopo la messa, a vari gruppi. Al consiglio pastorale:] Vi auguro di essere sempre in contatto filiale con Maria Ausiliatrice, la Madre del buon consiglio, perché il vostro lavoro sia fruttuoso per voi personalmente, per i vostri familiari e per l'intera comunità parrocchiale.

[Ai catechisti:] Abbiate un grande amore, un amore come quello di san Giovanni Bosco: amore per i giovani e anche amore per la parola di Dio, perché questi due amori, messi insieme, costituiscono la figura di un catechista e di una catechista. Se volete una descrizione più ampia la potete trovare nella "Catechesi Tradendae". Ma sono essenziali questi due amori. Penso che questi due amori vanno bene insieme con ogni vero amore umano. Costituiscono una vocazione cristiana, una dimensione cristiana di ogni vero amore umano. Amare la parola di Dio e amare i giovani, amare tutte le persone alle quali si deve trasmettere la parola di Dio".

[Al gruppo "Focolari di don Bosco":] Carissimi amici, sono molto lieto di avervi trovato in questa parrocchia perché voi rappresentate la responsabilità per la famiglia, per il matrimonio, per questo mistero divino, per questo grande sacramento istituito insieme con la creazione dell'uomo e istituito per assicurare la continuazione della creazione dell'uomo. Se si pensa a questa realtà si vede quanto è importante, che cosa vuol dire matrimonio, che cosa vuol dire famiglia, perché san Paolo lo chiama grande sacramento e quale impegno è necessario da parte di noi tutti, della Chiesa, della società, perché questa grande realtà umana che è la famiglia sia sempre sicura, sia sempre degna della sua vocazione, dei suoi destini umani, sociali, anche cristiani, soprannaturali, eterni. L'uomo viene concepito per iniziare una vita che deve durare in eterno. Viene concepita una persona destinata alla vita eterna. Se si pensa solamente a questo particolare, a questo aspetto, si vede qual e la vera grandezza della famiglia. Per questo all'inizio ho detto che sono tanto lieto di incontrarmi con voi, di trovarvi in questa parrocchia, perché questo vuol dire che la parrocchia assume una responsabilità veramente apostolica, nei confronti della famiglia, del grande sacramento del matrimonio umano, della vocazione dei coniugi, dei genitori, nei confronti della vocazione di quella cellula sociale che si chiama anche Chiesa domestica. Vi ringrazio per il vostro impegno e vi auguro di continuare con questa consapevolezza e con questa responsabilità che è propria della Chiesa, del suo magistero, della sua responsabilità pastorale. Vi auguro di continuare anche con la gioia, perché la gioia si trova anche nelle sofferenze, se sappiamo compiere la volontà del Signore. Vi auguro quella gioia che è propria dei coniugi, dei familiari, dei genitori, delle famiglie. Vi auguro di saper trasmettere questa gioia agli altri. Questa gioia è un elemento del vostro apostolato. Se gli altri sposi, famiglie, vi vedono gioiosi, spiritualmente gioiosi, anche nelle sofferenze trovano, cercano di trovare la sorgente di questa gioia e la trovano nella grazia di Dio che portate in voi. Con queste poche parole di incoraggiamento vorrei rimanere nella vostra specifica comunità, e nella vostra parrocchia, perché il compito della santificazione della famiglia umana mi sta molto a cuore.

[Ai gruppi giovanili:] Siete giovani e avete scelto l'impegno. E' giusto che, oltre all'impegno con voi stessi, con le vostre famiglie, vi facciate apostoli con i giovani. I giovani sono gli apostoli dei giovani ma possono anche essere i loro distruttori. In questo breve incontro vorrei augurarvi di conoscere e approfondire sempre di più il progetto di vita che Cristo ci ha rivelato con la sua vita, con la sua parola, con la sua croce, con la sua risurrezione. Io auguro a ciascuno di voi di aver questo progetto, di assimilarlo nella propria sfera personale, e poi di offrirlo. Vi sono tanti giovani che soffrono per la mancanza di questo progetto. Il vostro compito è conoscere questo progetto che ha come sorgente Cristo e la sua Chiesa e aprire questo progetto agli altri giovani per avvicinarli, per farsi amici, veri amici per i propri coetanei, Gesù sia amico di tutti, così come dice lui: io non vi chiamo servi ma amici. Che voi possiate imitare questa amicizia, prolungare questa amicizia, realizzare questo progetto di vita che salva i giovani, che li rende felici, che li rende uomini, sicuri di sé, sicuri dei loro destini.

[Alle associazioni di apostolato:] Il vostro parroco mi ha detto che in questa popolosa parrocchia, quasi cinquantamila persone, ci sono molti che restano lontano dalla parrocchia, dal centro spirituale. Incontrandovi devo bilanciare questa realtà: ecco le persone che sono più vicine al centro spirituale di questa parrocchia, che vivono la parrocchia nel loro cuore, perché il cuore di una parrocchia è sempre la missione. E la missione ha sempre la sua sorgente in Gesù Cristo. La vostra parrocchia, la vostra Chiesa particolare, ha il suo centro in Gesù Cristo e da questo centro emana un apostolato. Come Gesù Cristo ha cercato gli apostoli, così anche dalla parrocchia, in cui egli si trova al centro, si diramano diversi apostolati. Voi rappresentate differenti forme di apostolato: nella preghiera, nell'azione cattolica, nelle missioni, nell'azione caritativa e, naturalmente, quella dei cooperatori salesiani. Devo esprimere la mia soddisfazione per questo incontro, per questa realtà che voi formate con il vostro apostolato. Voglio augurarvi di continuare su questa strada e vi auguro anche di cercare altri apostoli come faceva Gesù, che diceva ad Andrea: Fa' venire tuo fratello. E suo fratello si chiamava Simone che poi si è chiamato Pietro. così si devono cercare gli apostoli, per condurli a Gesù e intraprendere insieme la missione.

[Alle religiose:] Voglio salutare tutte le suore di questa parrocchia, di tre diverse comunità. Comunità con la loro identità differente, con il loro specifico carisma che proviene dal fondatore o dalla fondatrice e che rimane sempre la caratteristica della vita spirituale e dell'apostolato della famiglia religiosa e della sua vocazione. Voi siete nella Chiesa universale, dappertutto.

Due settimane fa ho visto suore come voi, con differenti carismi, in differenti culture, in differenti nazioni, come in Corea. Tante vocazioni, tanta gioia, tanta povertà. Suore in Corea, suore a Roma, rappresentano i vari aspetti di una stessa realtà spirituale, quella che viene espressa con tre parole: sposa, sorella, madre. Spose di Cristo e dello Spirito Santo, sorelle di tutti e madri non secondo una prospettiva umana ma secondo un'apertura universale a tutti i figli di Dio.

Con queste tre parole voi vi realizzate nella vostra vita: siano sempre per voi la fonte della vostra felicita interiore in Gesù Cristo.

[Ai giovani:] In questa parrocchia, sotto lo sguardo materno di Maria Ausiliatrice, voglio rendere omaggio al genio di san Giovanni Bosco. Questo genio si esprime con la parola santità. Si esprime, inoltre, con un'altra parola: carità. La carità è creativa. La santità è creativa. così san Giovanni Bosco, sotto lo sguardo materno di Maria Ausiliatrice, sapeva creare, direi, sa sempre creare cose buone, cose belle, cose vere. E queste sono le tre categorie cui aspira ogni spirito umano, a partire dai più giovani: il bene, il vero, il bello.

Egli sapeva introdurre tutto questo nel suo semplice programma, il programma degli oratori. Sapeva così avviare i ragazzi, i giovani: sapeva educarli; sapeva fare, come padre spirituale, tanti figli; sapeva formare tanti buoni cittadini in tante nazioni, non solamente in Italia; sapeva, come santo, fare dei santi. Ecco il genio di san Giovanni Bosco, al quale voglio rendere omaggio in questa circostanza, durante questa visita pastorale. Vorrei ancora augurare a tutti, alla grande famiglia salesiana, a tutti i collaboratori, a tutti i giovani di questa parrocchia, ai ragazzi e alle ragazze, ai giovani e alle giovani, che lo spirito di san Giovanni Bosco sia sempre per voi tutti uno spirito creativo, uno spirito che sa educare, che mostra la strada, che ci dà la gioia di vivere, di essere uomo, di essere cristiano, di essere figlio di Dio. Questo auguro alla vostra parrocchia e specialmente alla gioventù di quella parrocchia radunata nell'oratorio di san Giovanni Bosco.

Concludiamo con una benedizione con la quale voglio ringraziare per tutto quello che mi avete presentato come frutto delle vostre attività, della vostra preparazione in campo artistico, sportivo, professionale.

Data: 1984-05-20 Data estesa: Domenica 20 Maggio 1984





GPII 1984 Insegnamenti - A studiosi della Sacra Scrittura - Città del Vaticano (Roma)