GPII 1984 Insegnamenti - La concelebrazione eucaristica a Edmonton per lo sviluppo dei popoli (Canada) - Il Sud povero giudicherà il Nord ricco

La concelebrazione eucaristica a Edmonton per lo sviluppo dei popoli (Canada) - Il Sud povero giudicherà il Nord ricco

"Ascoltero che cosa dice Dio, il Signore, / egli annunzia la pace. / Misericordia e verità s'incontreranno; / giustizia e pace si baceranno" (Ps 84 [85]: 8,10).

Cari fratelli e sorelle in Cristo,


1. Queste sono parole dell'odierna liturgia, tratte dai salmi responsoriali. Il Dio dell'Alleanza è un Dio di pace. La pace sulla terra è un bene che appartiene al suo regno e alla sua salvezza. Questo bene si ottiene nella giustizia e nella fedeltà ai divini comandamenti. Questo bene, cbe è la pace, ci è promesso in differenti sfere; come bene interiore della nostra coscienza, come bene dell'umana convivenza, e infine, come bene sociale e internazionale.

Quest'ultimo significato era quello cbe Paolo VI intendeva quando scrisse queste memorabili parole: "II nuovo nome della pace è sviluppo". Egli scrisse queste parole nell'enciclica Populorum Progressio (PP 87).


2. Oggi siamo qui riuniti a Edmonton per fare di questo tema dello sviluppo o progresso dei popoli il principale obiettivo delle nostre meditazioni e preghiere nel Sacrificio eucaristico. In questa comunità eucaristica è prima di tutto raccolta l'intera Cbiesa dell'arcidiocesi di Edmonton. Desidero perciò salutare questa Chiesa insieme al suo pastore, l'arcivescovo MacNeil, e così ancbe l'eparchia di Edmonton degli ucraini, insieme con il vescovo Savaryn e il vescovo Greschuk. Accolgo inoltre con profonda gratitudine la presenza di un grande gruppo di fedeli di Saskatchewan, cbe banno portato le loro croci per essere benedette. E abbraccio nell'amore di Gesù Cristo nostro Signore tutti i pellegrini e i visitatori. I profughi dall'America Centrale, dal Sud Est Asiatico e dall'Europa Orientale, hanno un posto speciale nel mio cuore.

Desidero salutare tutti coloro che sono venuti dalle altre diocesi di Alberta, da Grouard-McLennan, da Calgary e Saint Paul: dalla Columbia Britannica, dai territori del nord-ovest, e i visitatori provenienti dagli Stati Uniti. Oltre agli ucraini di lingua germanica, saluto anche ogni gruppo etnico e culturale: italiano, portoghese, spagnolo, lituano, sloveno, boemo, croato, ungherese, e polacco. E ancora: i filippini, i cinesi, i coreani e i vietnamiti. A tutti voi e quelli che sono qui oggi, grazie e pace in Gesù Cristo, il Figlio di Dio e Salvatore del mondo.

Visto il tema, credo che in un certo senso tutto il Canada partecipi a questo incontro di Edmonton. Pur se il tema è stato proposto dalla comunità locale, certamente lo si è scelto con il pensiero rivolto all'intera società, per la quale la causa dello sviluppo dei popoli è una questione della massima importanza e di responsabilità sociale e internazionale. Specialmente dal momento che questo "sviluppo" o "progresso" è il nuovo nome della "pace".


3. La liturgia ci porta a considerare quest'importante tema, prima di tutto, così come esso è presentato nel venticinquesimo capitolo del Vangelo di san Matteo.

Abbiamo ascoltato oggi il Vangelo sul giudizio finale con la stessa emozione di sempre. Questo brano tocca alcune questioni fondamentali riguardo alla nostra fede e moralità. Questi due campi sono strettamente legati l'uno all'altro.

Forse nessun altro passo del Vangelo parla della loro relazione in modo altrettanto convincente.

La nostra fede in Gesù Cristo trova qui una specie di espressione compiuta: "Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio" (Jn 5,22). Nel Vangelo di oggi Cristo sta davanti a noi come giudice. Egli ha uno speciale diritto per emettere questo giudizio; perché egli divenne uno di noi, nostro fratello. Questa fratellanza con la natura umana, e allo stesso tempo la sua fratellanza con ogni singola persona, lo ha condotto alla croce e alla risurrezione. Quindi egli giudica nel nome della sua solidarietà con ogni persona e parimenti nel nome della nostra solidarietà con lui, che è nostro fratello e redentore e che noi scopriamo in ogni essere umano: "lo ho avuto fame... ho avuto sete... ero forestiero... nudo... malato... carcerato.." (Mt 25,35-36).

E quelli chiamati al giudizio, alla sua destra o alla sua sinistra, chiederanno: quando e dove? Quando e dove ti abbiamo visto come adesso? Quando e dove abbiamo fatto quel che tu dici? Oppure: quando e dove non lo abbiamo fatto? La risposta: "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

E, viceversa: "Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me" (Mt 25,45).


4. "A uno di questi miei fratelli più piccoli". Dunque: all'uomo, a una persona umana che ha bisogno.

E ancora, il Concilio Vaticano II, seguendo tutta la tradizione, ci ammonisce a non fermarci a un'intepretazione "individualistica" dell'etica cristiana, perché l'etica cristiana ha anche la sua dimensione sociale. La persona umana vive in una comunità, in una società. E con la comunità divide fame e sete e malattia e malnutrizione e miseria e tutte le privazioni che ne risultano. Nella sua stessa persona l'essere umano è destinato a sperimentare i bisogni degli altri.

E' così che Cristo, il giudice, parla di "uno di questi miei fratelli più piccoli", e allo stesso tempo egli sta parlando di ciascuno e di tutti.

Si. Egli sta parlando dell'intera dimensione globale dell'ingiustizia e del male. Egli sta parlando di ciò che oggi siamo abituati a chiamare il contrasto Nord-Sud. Quindi non solo Est-Ovest, ma anche Nord-Sud: il Nord sempre più ricco, e il Sud sempre più povero.

Si, il Sud, che diventa sempre più povero; e il Nord, che diventa sempre più ricco. Più ricco anche dei missili con cui le super-potenze e i blocchi possono reciprocamente minacciarsi. E si minacciano a vicenda - anche questa è una delle ragioni - per non distruggersi a vicenda.

Questa è una dimensione a sé - e secondo l'opinione di molti è una dimensione di facciata - della mortale minaccia che pesa sul mondo moderno e che richiede specifica attenzione.

Cionondimeno, alla luce delle parole di Cristo, questo Sud povero giudicherà il Nord ricco. E i popoli poveri e le nazioni povere - poveri in vari modi, non solo per mancanza di cibo, ma anche per mancanza di libertà e altri diritti umani - giudicheranno quei popoli che gli portano via questi beni, arrogandosi il monopolio imperialistico dell'economia e della supremazia politica alle spese degli altri.


5. Il Vangelo dell'odierna liturgia è molto ricco di contenuti. E' pertinente alle differenti sfere dell'ingiustizia e della malvagità umana. Nel mezzo di ciascuna di queste situazioni sta Cristo stesso, e come redentore e giudice egli dice: "L'avete fatto a me", "non l'avete fatto a me".

Nondimeno egli vuole, in questo giudizio finale, che è costantemente a venire e che in un certo senso è costantemente presente, testimoniare prima di tutto del bene che è stato fatto.

E di qui prende le mosse anche quella significativa espressione dell'insegnamento della Chiesa, la principale formulazione della quale è divenuta la "Populorum Progressio". Quella che era l'intima preoccupazione di Paolo VI e della Chiesa universale è divenuta dinamica azione e un vibrato appello che echeggia ancor oggi: "Non è solo questione di eliminare la fame, o anche di ridurre la povertà. La lotta contro la miseria, benché urgente e necessaria, non è sufficiente. E' questione, piuttosto, di costruire un mondo dove ogni uomo, qualunque sia la sua razza, religione o nazionalità, possa vivere una vita pienamente umana, libero dal servaggio impostogli dagli altri uomini o dalle forze naturali; un mondo in cui la libertà non sia una parola vuota e dove il povero Lazzaro possa sedere alla stessa tavola con il ricco" (PP 47).

Si, "sviluppo" è il nuovo nome della pace. La pace è necessaria; è un imperativo del nostro tempo. E tale è anche questo sviluppo o progresso: il progresso di tutti gli svantaggiati.


6. Oggi noi preghiamo con questo spirito. L'odierna liturgia enfatizzata molto chiaramente il legame fra giustizia e la pace.

Guardate la prima lettura di Isaia: "Ma infine in noi sarà infuso uno spirito dall'alto... Effetto della giustizia sarà la pace, frutto del diritto una perenne sicurezza. Il mio popolo abiterà in una dimora di pace, in abitazioni tranquille, in luoghi sicuri" (Is 32,15).

Questo fu scritto dal profeta secoli prima di Cristo. Come sono durevoli e immutabili i desideri degli individui e dei popoli! E più tardi, dopo Cristo, l'apostolo Paolo scrive nella Lettera ai filippesi: "E la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù" (Ph 4,7).

Ancora, la condizione per tale pace è il comportamento umano in ogni dimensione dell'esistenza. Quindi, continua san Paolo: "Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi" (Ph 4,8-9).

Oggi in Canada, in questa città di Edmonton, noi preghiamo per il progresso dei popoli. Preghiamo dunque, secondo il senso delle parole del papa Paolo VI, per la pace, perché noi preghiamo per ciò che ad essa dona attualmente il suo significato. Le parole del profeta Isaia e dell'apostolo delle nazioni ci orientano nel medesimo senso. Per questo noi preghiamo mentre celebriamo questa Eucaristia e prendiamo parte ad essa.

Che la nostra preghiera salga sino al cielo! Che il Dio della pace sia con noi! Che il Dio della pace sia con noi! Questo grido esprime anche tutto il dramma della nostra epoca, tutta la minaccia che pesa su di essa. La minaccia nucleare? Sicuro! Ma ancora: tutta la minaccia dell'ingiustizia, la minaccia che proviene dalla struttura rigida dei sistemi dei quali l'uomo non può evitare l'oppressione - questi misteri che non si schiudono mai abbastanza da poter andare verso l'uomo, servire lo sviluppo dei popoli, la giustizia con tutte le sue esigenze, e la pace.

Ovunque, nel mondo, non sembra che il bilancio si aggravi sempre di più, il bilancio di ciò che noi "non abbiamo fatto a uno di questi nostri fratelli più piccoli"? A milioni di questi nostri fratelli più piccoli? A miliardi? Questo lo dobbiamo dire ugualmente qui, in Canada, un Paese che è vasto come un continente. E allo stesso tempo da qui, da questo stesso luogo, dobbiamo dirlo a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, e a tutti i gruppi, le comunità, le organizzazioni, le istituzioni, i governi e le nazioni, che quel che veramente conta è tutto quello che noi "abbiamo fatto" e che noi faremo ancora, che noi progetteremo e realizzeremo con energia e determinazione sempre maggiori.

Così il bilancio può progredire, deve progredire grazie a tutto ciò che noi "abbiamo fatto" per una persona, per milioni, per miliardi di persone: sarà li il bilancio positivo di ciò che è buono nella storia dell'uomo.

Il giudizio di cui si parla nel Vangelo di oggi è costantemente in preparazione e sta già avendo luogo: quello che avete fatto a uno... a milioni... a miliardi, "lo avete fatto a me"! Il Dio della pace sia con noi, qui in Canada e ovunque.

Possano giustizia e pace baciarsi (cfr. Ps 84 [85]: 10) ancora una volta alla fine del secondo millennio che ci prepara alla venuta di Cristo, in gloria. Amen.

Al termine della santa messa, il Papa ha così salutato i fedeli presenti: Vi ringrazio moltissimo per la vostra partecipazione. Desidero esprimere la mia profonda gratitudine per tutta la celebrazione della vostra fede ad Edmonton, innanzi tutto all'arcidiocesi di Edmonton e all'arcidiocesi di questa regione, compresa una parte del Saskatchewan. Vi ringrazio per l'accoglienza di ieri lungo le strade. E' stata meravigliosa. Il mio grazie va specialmente ai gruppi che hanno cantato e danzato durante gli incontri della giornata. E ora vi ringrazio con tutto il cuore per la preghiera ecumenica.

Noi guardiamo e lavoriamo per l'unità dei cristiani, e anche per le religioni non cristiane, per la gente che crede in Dio, che lo cerca, come è possibile per tutti e con tutti costoro noi ci uniamo per andare insieme verso un comune destino, poiché questo destino è Dio stesso.

Il Concilio Vaticano II ha reso più profonda la nostra convinzione che gli uomini e le donne di tutta l'umanità sono fratelli e sorelle, che siamo stati creati dal medesimo Creatore, lo stesso Dio nostro Padre e noi tutti siamo stati redenti dallo stesso Cristo Gesù, figlio di Dio; da Dio, dal suo Spirito, dal suo Santo Spirito che opera nell'anima di ciascuno di noi e che questa è la divina dimensione dell'esistenza umana. Noi scopriamo sempre di più questa divina dimensione e cerchiamo il modo di esprimerla a Dio. La preghiera ecumenica ne era un esempio e vi ringrazio per questa solenne Eucaristia che abbiamo appena finito di celebrare qui ad Edmonton. Vi ringrazio per la partecipazione e per i diversi preparativi. Ringrazio assieme a voi la Provvidenza per il sole e per il vento. Vi ringrazio per le vostre preghiere e per i meravigliosi canti del vostro coro; ancora grazie all'orchestra. Rinnovo il mio benvenuto a tutti i gruppi, a tutti i gruppi etnici e a tutti voi ripeto: sia lodato, sia lodato Dio Padre, nostro Padre, la Santissima Trinità, il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo nei secoli dei secoli. Grazie.

Data: 1984-09-17 Data estesa: Lunedi 17 Settembre 1984




Messaggio radiotelevisivo alle popolazioni autoctone

Titolo: Libertà per una giusta autodeterminazione

A causa della fitta nebbia calata sulla zona del nord ovest del Canada, l'aereo papale non ha potuto atterrare nel piccolo villaggio di Fort Simpson dove avrebbe dovuto aver luogo l'incontro del Papa con i gruppi autoctoni della regione. Il Santo Padre è stato costretto a fare scalo a Yellow Knife, distante 250 chilometri da Fort Simpson, dove ha registrato il messaggio per le popolazioni autoctone trasmesso in seguito a Fort Simpson: Cari fratelli e sorelle in Cristo Gesù, So che voi tutti avrete compreso la sofferenza che provo in questo momento, sofferenza per la profonda delusione. Con questi sentimenti, desidero leggervi il messaggio che avevo preparato per voi in occasione della mia visita.

"Grazie a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo" (2Co 1,2).

1. Dal profondo del cuore desidero dirvi quanto sono felice di essere tra voi, genti autoctone del Canada, in questa bella terra di Denendeh. E' certamente un onore per me essere invitato ad aggiungermi a voi in questa celebrazione spirituale così commovente, in cui molti dei partecipanti non sono cattolici.

In voi io saluto, con stima e amicizia, i discendenti dei primi abitatori di questa terra che hanno vissuto qui per secoli e secoli. Salutarvi è rendere un rispettoso omaggio all'inizio della società umana in questa vasta regione del Nord America. Salutarvi è ricordare con riverenza il piano di Dio e la Provvidenza che si sono sviluppati attraverso la vostra storia e vi hanno accompagnato fino ad oggi. Salutarvi in questa porzione del vostro territorio è evocare gli eventi di vita umana che hanno avuto luogo nello scenario della singolare creazione divina di una straordinaria natura in queste zone. Nello stesso tempo, la mia venuta tra voi si rivolge verso il passato per proclamare la vostra dignità e per migliorare la vostra sorte.

So che molti di voi sono giunti in pellegrinaggio da tutte le parti del Canada, dall'Artico gelido e dalle grandi praterie, dalle foreste e dalle regioni dei laghi, dalle grandi montagne e dalle zone costiere: da Est a Ovest, da Nord a Sud. Sono molto lieto che nulla vi abbia fatto desistere dal partecipare a questo incontro.

So che le principali organizzazioni aborigene - l'Assemblea delle prime nazioni, il Consiglio indigeno del Canada, l'Inuit Tapirisat del Canada, il Consiglio nazionale Métis - hanno deciso di programmare insieme questo evento spirituale sullo sfondo di questa vostra nordica terra natia. Questo tipo di collaborazione, data la diversità di tradizioni culturali e religiose che esiste tra voi, è un segno di speranza per costruire solidarietà tra i popoli aborigeni di questo Paese.

Voi avete scelto come vostro tema generale per questa celebrazione "l'autodeterminazione e i diritti dei popoli aborigeni". Da parte mia, sono lieto di poter riflettere con voi sugli argomenti che così da vicino toccano la vostra vita.


2. La mia presenza odiema in mezzo a voi intende essere una nuova espressione del profondo interesse e della sollecitudine che la Chiesa desidera dimostrare ai popoli indigeni del Nuovo Mondo. Nel 1537, in un documento intitolato "Pastorale Officium", il mio predecessore Paolo III proclamo i diritti dei popoli indigeni di quei tempi. Egli affermo la loro dignità, difese ta loro libertà, affermo che essi non avrebbero mai dovuto essere ridotti in schiavitù o privati dei loro beni e delle loro proprietà. Nello stesso tempo la mia presenza segna ancora una fase ulteriore nel rapporto che voi da molto tempo avete con la Chiesa. Si tratta di un rapporto che abbraccia ben quattro secoli e che è stato particolarmente stretto a partire dalla metà del XIX secolo. Missionari provenienti dall'Europa, non soltanto inviati dalla Chiesa cattolica, ma anche da altre tradizioni cristiane, hanno dedicato la loro vita a portare il messaggio del Vangelo ai popoli aborigeni del Canada.

Sono al corrente della gratitudine che voi, popoli Indiano e Inuit, avete nei confronti dei missionari che hanno vissuto e sono morti tra di voi. ciò che essi hanno fatto per voi è ben noto a tutta la Chiesa; è noto al mondo intero.

Questi missionari hanno cercato di vivere la vostra stessa vita, di essere come voi per servirvi e per portarvi il Vangelo di salvezza di Gesù Cristo.

Per quante colpe e per quante imperfezioni essi abbiano avuto, per quanti errori essi abbiano commesso, per quanti danni involontariamente abbiano provocato, si danno ora pena di riparare. Ma accanto a questo arrivo impresso nella memoria della vostra storia, c'è la documentazione, con infinite prove, del loro amore fraterno. Gesù stesso ci dice: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13).

I missionari rimangono tra i vostri migliori amici, dedicano la loro vita al vostro servizio, perché predicano la parola di Dio. L'educazione e la tutela della salute tra voi devono molto a loro, e specialmente a donne devote come le suore Grigie di Montréal.

La meravigliosa rinascita della vostra cultura e delle vostre tradizioni che voi state sperimentando oggi deve molto agli sforzi continui e pionieristici dei missionari in campo linguistico, etnografico e antropologico. Nomi come quelli di Lacombe, Grollier, Grandin, Turquetil sono indelebilmente inscritti nella vostra storia. E l'elenco è lungo.


3. Oggi desidero rendere uno speciale omaggio al vescovo Paul Piché, che celebrerà quest'anno il suo venticinquesimo anniversario come pastore di questa vasta diocesi. Vescovo Piché, la Chiesa ti ringrazia, e così i tuoi confratelli e il tuo popolo, per le comunità che tu hai edificato sulla parola di Dio e sui sacramenti.

Attraverso di te, io ringrazio tutti gli eroici missionari Oblati che l'amore e la grazia di nostro Signore Gesù Cristo hanno ispirato a porsi al servizio dei popoli del Nord.

Si, cari Indiani e Inuit, i missionari hanno sempre partecipato alla vostra vita culturale e sociale. Secondo l'insegnamento del Concilio Vaticano II, essi si sono adoperati con grande consapevolezza per dimostrarvi, come la Chiesa sinceramente desidera, il più grande rispetto per il vostro patrimonio, la vostra lingua e le vostre tradizioni (AGD 26).


4. E' in questo contesto di stima e di amore che essi vi portano il Vangelo di nostro Signore Gesù Crisio, insieme con il suo potere di consolidare le vostre tradizioni perfezionandole e rendendole ancora più nobili. La loro opera di evangelizzazione ha comportato la proclamazione "del nome, dell'insegnamento, della vita, delle promesse, del regno e del mistero di Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio" (EN 22).

E' stata proprio la Chiesa a inviarvi i missionari, per mettervi in grado di ricevere il messaggio datore di vita e liberante di Gesù. Questo messaggio ha posto le radici nei vostri cuori e si è incarnato nella vostra società, e perciò Cristo stesso è diventato Indiano e Inuit in voi, suoi membri.

Di questo argomento così importante ho parlato la scorsa settimana, sia a Sainte Anna de Beaupré, sia a Midland.

Predicando il Vangelo tra di voi, i missionari desiderano rimanere vicino a voi nelle vostre battaglie e nei vostri problemi, e nel vostro giusto sforzo per ottenere il pieno riconoscimento della vostra dignità umana e cristiana come popoli indigeni, come figli di Dio.


5. In questa occasione, nel sottolineare il contributo missionario che è stato dato attraverso gli anni, faccio appello a tutta la Chiesa nel Canada affinché sia sempre più sensibile alle necessità del Nord, terra di missione. Lo Spirito di Dio chiama la Chiesa a esercitare ovunque in questa terra, nel modo più completo, la responsabilità della condivisione dei bisogni del popolo di Dio nelle vaste regioni del Nord. La potenza del mistero pasquale di Cristo che ha sostenuto i missionari con grande generosità nel passato e nel presente non abbandonerà i giovani di oggi. E' lo stesso Signore Gesù che chiede a tutta la Chiesa del Canada di essere fedele al suo essenziale carattere missionario, senza il quale essa non può sussistere come la Chiesa di Dio.

Faccio appello ai giovani indigeni affinché si aprano all'accettazione di ruoli di guida e di responsabilità. Faccio egualmente appello alla gioventù cattolica che è tra voi affinché si apra alla chiamata di Dio al sacerdozio e alla vita religiosa, e chiedo a tutti i loro anziani, capi e genitori di onorare in modo particolare queste speciali vocazioni, di sostenere e di incoraggiare tutti coloro che liberamente desiderano abbracciare questo modo di vita.


6. Oggi sono venuto tra i carissimi aborigeni per proclamare ancora una volta il Vangelo di Gesù Cristo e per confermare le sue richieste. Sono venuto per parlare ancora una volta della vostra dignità e per rinnovarvi l'amicizia e l'amore della Chiesa: un amore che si esprime in servizio e in sollecitudine pastorale. Sono venuto per assicurarvi, e per assicurare a tutto il mondo, il rispetto della Chiesa per il vostro antico patrimonio, per le vostre numerose tradizioni ancestrali, degne di grande riguardo.

Si, cari fratelli e sorelle, sono venuto per chiamarvi a Cristo, per riproporre, a voi e a tutto il Canada, il suo messaggio di perdono e di riconciliazione. La storia ci documenta con chiarezza come nei secoli la vostra gente sia stata ripetutamente vittima dell'ingiustizia ad opera dei nuovi arrivati i quali, nella loro cecità, spesso considerarono inferiore la vostra cultura.

Oggi, fortunatamente, questa situazione si è ampiamente ribaltata, e la gente sta imparando ad apprezzare la grande ricchezza che c'è nella vostra cultura, e a dimostrare nei vostri riguardi un grande rispetto.

Come ho ricordato nel Midland, è giunta l'ora di fasciare le ferite, di sanare tutte le divisioni. E' tempo di perdono, di riconciliazione e di impegno a costruire relazioni nuove. Ancora una volta, con le parole di san Paolo: "Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezzan (2Co 6,2).


7. Il mio predecessore Paolo VI ha spiegato molto chiaramente che ci sono stretti legami tra la predicazione del Vangelo e la promozione umana. E la promozione umana comprende lo sviluppo e la liberazione (cfr. EN 30-31). E così oggi, nel parlarvi, vi presento il messaggio del Vangelo con il suo comandamento dell'amore fraterno, con la sua richiesta di giustizia e di diritti umani e con tutto il suo potere liberante.

San Paolo ha voluto che capissimo l'importanza della libertà cristiana: libertà dal peccato e da qualsiasi forma di schiavitù. E san Paolo continua a gridare al mondo: "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi" (Ga 5,1).

Nello stesso tempo, sia san Paolo che san Pietro ci propongono il principio che la libertà non deve essere una scusa per la licenza (cfr. Ga 5,13 1P 2,16).

Oggi voglio proclamare quella libertà che è richiesta per una giusta ed equa misura di autodeterminazione nella vostra vita di popoli autoctoni. In unione con tutta la Chiesa, proclamo tutti i vostri diritti, e i relativi doveri. E condanno l'oppressione fisica, culturale e religiosa, e tutto ciò che in qualche modo potrebbe privare voi o un qualsiasi gruppo di quanto a giusto diritto vi appartiene.


8. E' chiaramente opinione della Chiesa che i popoli abbiano diritto nella vita pubblica a prendere parte alle decisioni riguardanti la loro vita: "La partecipazione costituisce un diritto che deve essere applicato nel campo economico, in quello sociale e in quello politico" (Iustitia in Mundo, 1; cfr. GS 75).

ciò è vero per tutti. Ma ha applicazioni particolari per voi come popoli autoctoni nei vostri sforzi di occupare il posto che giustamente vi spetta fra i popoli della terra, con un giusto e equo grado di autogoverno. Vi è inoltre necessaria una porzione di territorio con risorse adeguate per sviluppare una economia vitale per voi e per le generazioni future. Nello stesso tempo, avete bisogno delle condizioni necessarie a sviluppare le vostre terre e il vostro potenziale economico, a educare i vostri figli e a programmare il vostro futuro.

So che sono in corso negoziati e che molta buona volontà è stata dimostrata da tutte le parti interessate. Spero e prego che ci sia un risultato pienamente soddisfacente.


9. Voi siete chiamati a porre tutti i vostri talenti al servizio degli altri e a contribuire all'edificazione, per il bene comune del Canada, di una sempre più autentica civiltà della giustizia e dell'amore. Siete chiamati a un compito di grande responsabilità e ad essere un dinamico esempio dell'uso appropriato della natura, specialmente in un tempo in cui l'inquinamento e il deterioramente ambientale minacciano la terra. L'insegnamento di Cristo della fratellanza universale e il suo comandamento dell'amore fraterno è attuale e riguarda ogni parte del vostro retaggio e della vostra vita.


10. Cari amici, voi che siete i più antichi abitanti del Canada, mentre vi impegnate, in collaborazione con i vostri fratelli e con le vostre sorelle, a costruire il vostro destino e ad assumervi il vostro ruolo per il bene comune di tutti, ricordatevi sempre che la vostra filiale relazione con Dio si traduce nell'osservanza dei suoi Comandamenti. Essi sono iscritti nel vostro cuore, e san Giovanni li riassume dicendo: "Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui. E da questo conosciamo che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato" (1Jn 3,23-24).

Il vostro patrimonio più grande, cari amici, è il dono dello Spirito di Dio, che avete ricevuto nei vostri cuori e che vi porta a Cristo e, attraverso Cristo, al Padre. Con grande amore per tutti voi, miei fratelli e sorelle Indiani e Inuit, vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Amen.

Data: 1984-09-18 Data estesa: Martedi 18 Settembre 1984




Omelia all'aeroporto - Vancouver (Canada)

Titolo: Il cuore di Gesù è una chiamata di Dio all'umanità

Testo:

"Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome" (Ps 102,1).


1. Con queste parole dell'odierna liturgia, carissimi fratelli e sorelle, voglio rivolgermi, insieme a tutti voi, al Dio dell'amore. E voglio farlo attraverso il mistero del cuore di Cristo.

Ho scelto queste parole perché parlano del nostro cuore umano, quello che il salmo chiama "quanto è in me". E' precisamente questo che abbiamo in mente quando parliamo del "cuore": tutto il nostro essere, tutto quanto è in ognuno di noi. Tutto ciò che costituisce la nostra intera umanità, tutta la nostra persona nella sua dimensione spirituale e fisica. Tutto ciò che si esprime come persona unica e irripetibile nel suo "io interiore", e nello stesso tempo nella sua "trascendenza".

Le parole del salmo: "Benedici il Signore, anima mia" affermano che il nostro "cuore" umano si rivolge a Dio in tutta la maestà inimmaginabile della sua divinità e santità, nella sua meravigliosa "apertura" all'uomo: nella sua "condiscendenza". In questa maniera il "cuore" incontra il "cuore", il "cuore" parla al "cuore".


2. In questo spirito desidero salutare anche tutti i partecipanti alla nostra assemblea eucaristica in questa messa votiva del Sacro Cuore e con essi tutti coloro che sono venuti ad esprimere la loro buona volontà e la loro solidarietà rispettosa con questa comunità in preghiera.

Sono molto lieto che la mia visita al Canada mi abbia portato alla città di Vancouver e a questo luogo di raccolta del popolo di Dio. La posizione della città è veramente meravigliosa, situata come è tra le montagne e l'oceano, massima città della vostra provincia, tutto un susseguirsi di bellezze naturali incomparabili. "Splendor sine occasu"! Danno testimonianza dell'importanza della vostra provincia le sue foreste, le risorse minerarie, l'acqua, la frutta, la pesca e le bellezze naturali che attraggono tanti turisti. Ancora più importanti siete voi, popolo della regione. E' qui che vivete e lavorate, impegnati a costruire un habitat a misura d'uomo e una società giusta. E' qui che lottate per risolvere i problemi sociali che sono diventati tanta parte del tessuto di vita in queste parti. E' qui che portate avanti la vostra ricerca di Dio e del pieno senso della vita dell'uomo, nella contrapposizione tra il bene e il male. A tutti voi voglio esprimere oggi il mio profondo rispetto e il mio fraterno amore.

Desidero salutare in particolar modo tutti i fedeli cattolici dell'arcidiocesi di Vancouver, guidati dall'arcivescovo Carney. Sono profondamente grato a tutti quelli che si sono sobbarcati un lungo viaggio da altre diocesi della Columbia Britannica, Victoria, Kamploos, Nelson, Prince George, dell'eparchia di New Westminster sotto la guida del vescovo Chimy e dei territori di Nord-Ovest del Pacifico. E probabilmente anche degli Stati Uniti.

Nell'unità dell'Eucaristia voglio esprimere il mio profondo affetto per tutti i miei confratelli vescovi e per l'intero clero, i religiosi e i laici della Chiesa cattolica.

Nella carità di Cristo, abbraccio tutti i miei fratelli cristiani che oggi mi onorano della loro presenza. Ricordo con sincero apprezzamento e rispetto lo zelo con cui, lo scorso anno, il consiglio mondiale delle Chiese proclamava in questa città Gesù Cristo al mondo.

Con stima fraterna voglio salutare calorosamente anche i membri di religioni non cristiane e tutti i cittadini di questo Paese che non hanno affiliazioni religiose. Affermo davanti a tutti voi il profondo interesse della Chiesa cattolica e la sua preoccupazione per l'incomparabile dignità di ogni uomo, donna e bambino su questa terra.

Sono profondamente grato dell'ospitalità estesami e dell'invito a celebrare questa Eucaristia. E' in questo spirito di pubblico culto che sono venuto a voi per proclamare Gesù Cristo, l'eterno Figlio di Dio: per proclamare il Dio invisibile che egli rivela; e per proclamare l'amore divino che egli comunica al mondo nel mistero del suo Sacro Cuore.


3. Quando diciamo "cuore di Gesù Cristo", ci rivolgiamo nella fede all'intero mistero cristologico: il mistero del Dio-uomo. Questo mistero è espresso in maniera profonda e ricca dai testi della liturgia odierna. Queste sono le parole dell'apostolo Paolo nella sua lettera ai Colossesi: "Egli è immagine del Dio invisibile, / generato per mezzo di lui / sono state create tutte le cose, / quelle nei cieli e quelle sulla terra, / quelle visibili e quelle invisibili: / troni, dominazioni, / principati e potestà" (Col 1,15-16).

Le ultime parole si riferiscono precisamente agli esseri "invisibili": le creature che hanno una natura puramente spirituale. "Tutte le cose sono state create / per mezzo di lui e in vista di lui. / Egli è prima di tutte le cose / e tutte sussistono in lui" (Col 1,16-17).


4. Queste frasi meravigliose della lettera di san Paolo si ricollegano a quanto viene proclamato oggi nel prologo del Vangelo di san Giovanni.

"In principio era il Verbo, / e il Verbo era presso Dio / e il Verbo era Dio. / Egli era in principio presso Dio: / tutto è stato fatto per mezzo di lui, / e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. / E il mondo fu fatto per mezzo di lui" (Jn 1,1-3 Jn 1,10).

Sia nel testo di Giovanni che in quello di Paolo è contenuta la dottrina rivelata del Figlio - il Verbo di Dio - che è della stessa sostanza divina del Padre. E' questa la fede che professiamo quando recitiamo il Credo, la professione di fede che ci viene dai due Concili più antichi della Chiesa universale, quello di Nicea e quello di Costantinopoli: "Credo in un solo Dio / Padre onnipotente, / creatore del cielo e della terra, / di tutte le cose visibili e invisibili. / Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, / Figlio unigenito di Dio, / generato eternamente dal Padre: / Dio da Dio, luce da luce, / Dio vero da Dio vero, / generato, non creato, / della stessa sostanza del Padre. / Attraverso di lui tutte le cose sono state fatte".

Il Figlio è della stessa sostanza del Padre. Egli è Dio da Dio. Nello stesso tempo, tutto ciò che è stato creato ha il suo divino principio in lui, come il Verbo eterno. In lui tutte le cose sono state create e in lui hanno la loro esistenza.


5. E' questa la nostra fede. Questo è l'insegnamento della Chiesa sulla divinità del Figlio. E questo eterno Figlio, vero Dio, Verbo del Padre, si è fatto uomo.

Sono le parole del Vangelo: "E il Verbo si è fatto carne, e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

Nel Credo noi professiamo: "Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli: per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo". Qui tocchiamo più direttamente la realtà del cuore di Gesù. Il cuore, infatti, è un organo umano, che appartiene al corpo, che appartiene all'intera struttura, alla dimensione spirituale e a quella fisica dell'uomo: "E il Verbo si è fatto carne".

In questa duplice dimensione, il cuore trova il suo posto come organo.

Ha nello stesso tempo un significato come centro simbolico dell'io interiore, e questo io interiore è, per la sua stessa natura, spirituale.

Il cuore di Gesù fu concepito sotto il cuore della Madre Vergine, e la sua vita terrena cesso nel momento in cui Gesù mori sulla croce. Lo testimonio il soldato romano che foro il costato di Gesù con la lancia.

Per tutta la sua vita terrena il cuore di Gesù fu il centro in cui si manifesto, in maniera umana, l'amore di Dio: l'amore di Dio Figlio, e attraverso il Figlio, l'amore di Dio Padre.

Qual è il frutto più grande di questo amore nella creazione? Lo leggiamo nel Vangelo: "Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti pero l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio...(Jn 1,11-12). E' questo il dono più splendido, più profondo del cuore di Gesù, che troviamo nella creazione: l'uomo nato da Dio, l'uomo adottato come figlio nell'eterno Figlio, l'umanità alla quale viene dato potere di diventare figlia di Dio.


6. così, il nostro cuore umano "trasformato" in questo modo, è capace di dire, e dice realmente al cuore divino le parole che ascoltiamo nella liturgia odierna: "Benedici il Signore, anima mia, / non dimenticare tanti suoi benefici. / Egli perdona tutte le tue colpe, / guarisce tutte le tue malattie; / salva dalla fossa la tua vita, / ti corona di grazia e di misericordia. / Buono e pietoso è il Signore, / lento all'ira e grande nell'amore" (Ps 102,2-4 Ps 102,8).

Sono queste le parole del salmo in cui l'Antico Testamento parla del mistero dell'amore di Dio. Quanto più ci parlano i Vangeli del cuore divino del Figlio e indirettamente del cuore del Padre: Cuore di Gesù, sede di giustizia e d'amore! / Cuore di Gesù, paziente e misericordioso! / Cuore di Gesù, fonte di vita e di santità! Possiamo infine ripetere con Isaia che coloro che sperano nel cuore divino "riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi" (Is 40,31).


7. Il cuore di Gesù Cristo è una chiamata di Dio forte e costante, rivolta all'umanità, ad ogni cuore umano. Ascoltiamo ancora le parole di Paolo nella liturgia odierna: "Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; / il principio, il primogenito di coloro / che risuscitano dai morti, / per ottenere il primato su tutte le cose. / Perché piacque a Dio / di fare abitare in lui ogni pienezza / e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, / rappacificando con il sangue della sua croce, / le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli" (Col 1,18-20).

E' quella la prospettiva ultima che ci viene aperta dal cuore di Gesù Cristo attraverso la fede. E' il principio e la fine di tutto ciò che è stato creato da Dio stesso. E' la pienezza. Tutta la creazione visibile e invisibile cammina verso questa pienezza in lui. In lui è la pienezza alla quale tutta l'umanità è chiamata, riconciliata con Dio dal sangue di Gesù Cristo sparso sulla croce.

Signore Gesù Cristo, eterno Figlio dell'eterno Padre, nato dalla Vergine Maria, noi ti chiediamo di continuare a rivelarci il mistero di Dio: affinché possiamo riconoscere in te "l'immagine del Dio visibile"; affinché possiamo trovarlo in te, nella tua divina persona, nel calore della tua umanità, nell'amore del tuo cuore. Cuore di Gesù, in cui risiede la pienezza della divinità! Cuore di Gesù, della cui pienezza abbiamo tutti partecipato! Cuore di Gesù, re e centro di tutti i cuori, per tutta l'eternità. Amen!

Data: 1984-09-18 Data estesa: Martedi 18 Settembre 1984





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